SALE IN ZUCCA
Se il braccio di ferro con l’Europa si ritorce contro l’Italia
Di Giancarlo Mazzuca
05 novembre 2018
Un'ammonizione tira l'altra: se un giorno arriva il cartellino giallo dell'Istat che attesta lo stop alla crescita dell’Italia nel terzo trimestre dopo tre anni positivi, ecco, il giorno dopo, quello rosso per l’aumento della disoccupazione. E, intanto, Bruxelles, prima di sanzionarci definitivamente il prossimo 21 novembre, è tornata a chiederci per quali motivi abbiamo abbandonato la strada del rigore mentre si susseguono pure i richiami del presidente Mattarella.
Insomma, rileggendo le cronache delle ultime settimane, il governo gialloverde non sembra rendersi conto di una verità lapalissiana: il braccio di ferro con l’Europa finisce, in un modo o nell'altro, per ritorcersi contro di noi. E non è un caso che già in settembre le esportazioni italiane siano scese del 3,7 per cento: più facciamo la voce grossa con i partner Ue, più la nostra economia s’indebolisce, un vero e proprio “harakiri” a cinque stelle, se non di più considerando che, grillini a parte, nella bandiera europea ci sono ben dodici stelle.
Gli imprenditori – che, prima di prendere posizione, sono stati alla finestra per vedere concretamente all’opera il tandem Di Maio-Salvini - sono molto preoccupati: è inutile attribuire tutta la responsabilità ai governi precedenti perché, se il “made in Italy” va giù, la responsabilità è anche dell'esecutivo in carica. Intendiamoci, adesso sta frenando l'economia mondiale, ma, con una locomotiva che rallenta, l’Italia rischia comunque di essere il suo fanalino di coda. Stiamo soprattutto perdendo colpi sul fronte dell'export per il semplice motivo che i tanti punti interrogativi dell'Italia si assommano alle incognite internazionali (dai dazi decisi da Trump alla maggiore capacità competitiva della Cina).
Tocchiamo ferro, ma le cadute della produzione industriale e dell'occupazione – senza considerare l’eventuale blocco di opere pubbliche come Tav e dintorni - rischiano di essere ben più gravi se non si cambierà rotta in tempi brevi. Basta guardare al mercato “dell'automotive”, uno dei settori trainanti della nostra industria: in settembre le immatricolazioni di nuove vetture sono crollate del 25,4 per cento rispetto allo stesso mese del 2017. Uno stop particolarmente brusco che rischia d’estendersi a macchia d’olio. Per non parlare delle ripercussioni sul mondo bancario che potrebbe anche essere penalizzato da una stretta fiscale in cantiere secondo quanto ha denunciato il presidente dell'Abi, Patuelli. Tante incognite che si stanno puntualmente riflettendo sull'andamento dei mercati finanziari e sullo spread.
È vero, a Bruxelles non ci amano molto, a cominciare dal presidente della Commissione Ue, il lussemburghese Jean Claude Juncker. Proprio pensando a lui, mi sono ricordato di un suo connazionale, il campione ciclista Charlie Gaul, grande scalatore, che nel 1956 perse il Giro d'Italia sul Bondone per essersi fermato sul ciglio della strada per un'esigenza fisiologica: a distanza di tanti anni, anche Juncker potrebbe avere il suo Bondone alle prossime Europee, ma il probabile “forfait” del presidente Ue non risolverà certamente i problemi dell'economia italiana. In effetti, con la crisi che incalza, mai come oggi non possiamo fare a meno dell'Europa: la “crescita zero” metterà tutti d'accordo.
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