La Bce come una bad bank?
Cosa hanno detto (davvero) Savona, Di Maio e Salvini
Scritto da Francesco Mercadante il 31 Ottobre 2018
Forse, ai più le recenti dichiarazioni del ministro Savona sono parse ininfluenti. Essendosi abituata alle frasi shooting di questo esecutivo, la gente, verosimilmente, per un naturale processo di assuefazione o – perché negarlo? – avendo riconosciuto cieca fiducia a taluni capipopolo, ha trascurato il vero significato di certe parole e le ha lasciate ‘circolare’ incondizionatamente. Anche i media, di fatto, le hanno riprese con una certa leggerezza. “Calmierare lo spread è compito della Banca Centrale”, ha detto Paolo Savona durante un’intervista a SKY TG24 (25 ottobre 2018).
La tecnica delle frasi shooting (definizione dello scrivente) è di recente acquisizione; la sua genesi può essere fissata nell’ultima trionfale campagna elettorale di Lega e M5S. Essa consiste nello ‘sparare nel mucchio’ mediante i cosiddetti atti commissivi, cioè promesse, le quali, diversamente da quanto accadeva nel passato, devono generare scandalo e indicare sempre un nemico.
Qual è la vera novità? Il più delle volte, questi atti linguistici violano palesemente lo stato di diritto e, soprattutto in economia, finanza e politica economica, denunciano un eccesso di incultura. Ebbene? Un esempio concreto: il 26 giugno scorso, Il vicepremier Luigi Di Maio ha detto: “La mafia è un atteggiamento prima di tutto, prima ancora che un’organizzazione criminale. Questo atteggiamento lo vediamo nelle organizzazioni criminali, che Nico De Masi ha denunciato come imprenditore, ma lo vediamo anche in organizzazioni che non sono criminali. Lo vediamo in alcuni atteggiamenti delle banche perché ci sono sentenze che riconoscono l’usura delle banche”. Dunque, di fatto, Di Maio ignora la letteratura del TUB (il Testo Unico Bancario) e tante altre cose. È probabile, per carità. Ma la sua cultura non è il nostro focus.
Quanto è grave mettere mafia e banche sullo stesso piano? Qualche mese dopo, il 26 ottobre, il suo pari grado, Matteo Salvini, recita esattamente il contrario. Si badi bene! Non solo il contrario di ciò che ha detto Di Maio, ma anche il contrario di ciò che s’è sbandierato in campagna elettorale: “Sosterremo le banche, costi quel che costi!”. Se questo comportamento linguistico fosse stato assunto da altri rappresentanti politici, da Berlusconi a Renzi, si sarebbe gridato allo scandalo. Eppure, con loro non accade, anzi tanto più si contraddicono e sbagliano, quanto più la gente si eccita. Perché? Anzitutto, perché le frasi shooting, come le abbiamo definite, sono già esse stesse scandalose. In quanto al resto, proviamo a rispondere attraverso un elenco di valutazioni circostanziali.
1. ‘Andare contro’ qualcosa e qualcuno fa sognare, risveglia l’identità collettiva e la voglia di riscatto.
2. Se la povera gente non riesce ad arrivare alla fine del mese, figuriamoci cosa possa pensare delle previsioni a medio-lungo termine fatte da politici ed economisti, cosicché si getta a capofitto su contenuti da consumare subito.
3. Qualcosa di simile accade nel mondo delle piccole imprese finite in rovina. In genere, nessun imprenditore è disposto ad ammettere di avere commesso degli errori o di non saper leggere quel bilancio che ha firmato alla cieca per anni; di conseguenza, la colpa del suo fallimento è o delle banche o del governo. Se, per giunta, arriva qualcuno in grado di urlare alla nazione le sue ragioni, egli non può esimersi dal supportarlo.
4. Dal punto 3 si ricava immediatamente una considerazione: ciascuno di noi tende ad estendere il disagio personale al disagio del paese e, siccome un popolo è fatto, in gran parte, da persone che hanno naturali difficoltà economiche, il populismo predatorio ha avuto la meglio su qualsivoglia forma di ragionevolezza.
5. Le ‘sparate’ non hanno quasi mai né testa né coda, per dirla in parole povere; sono delle vere e proprie categorie vuote, entro le quali ciascuno può immaginare di dire la propria perché la vaghezza è tale che manca quasi sempre un substrato scientifico-economico.
6. Qualcuno, per caso, s’è mai premurato di spiegare al popolo come stanno davvero le cose? L’educazione finanziaria ed economico-sociale in Italia non s’è mai fatta, è vero, ma è mancata principalmente nel periodo in cui ce n’era maggiore bisogno, il periodo dell’austerità, e soprattutto non è stata fatta da chi avrebbe dovuto farla per ontologia politica. Come scrive l’autorevole cronista parlamentare Ettore Maria Colombo: “Il PD dovrebbe preoccuparsi di fare opposizione, invece pensa solo al congresso e non è secondo a nessuno per scissioni e divisioni”.
Sulla base di questo chiarimento basilare dei ‘metodi d’informazione’, è ora possibile tornare all’enunciato del ministro per gli Affari Europei: “Calmierare lo spread è compito della Banca Centrale”. Anzitutto, per sgomberare il campo da equivoci grossolani è bene dire che calmierare lo spread non è un compito della BCE. Dunque: ciò che ha detto Savona è falso. E non è escluso che il ministro abbia forzato il linguaggio appositamente. Certo, la BCE potrebbe farsene carico, è vero, ma è altrettanto vero che, se così facesse, si trasformerebbe in un soviet supremo e violerebbe il libero mercato.
Lo spread è, sì, un differenziale tra titoli di stato, ma deve essere l’espressione chiara e inequivocabile di un mercato libero in cui gli investitori possano scegliere se reputare affidabile o meno un paese e se puntare su un’asset class, anziché su un’altra. Gli interventi di politica monetaria della BCE sono sempre da considerare come ‘stimoli, aiuti o regole di consociazione’, non come obblighi per investitori e consumatori. Se decidiamo di acquistare BTp o negoziarli, la componente di rischio rientra nell’esercizio delle nostre facoltà intellettuali tanto quanto l’opportunità di guadagnare di più a causa degli errori di manovra di un governo. Tra le altre cose, l’interferenza massiccia di una banca centrale ci condurrebbe alla violazione di un altro principio comunitario: l’indipendenza degli organismi sovranazionali.
Qualche obiettore potrebbe invocare in fretta e furia la stabilità finanziaria tra i compiti della BCE a sostegno della tesi del ministro, ma s’imbatterebbe in un clamoroso errore. Se un governo sceglie il deficit e l’indebitamento strutturale come elementi di politica economica, in pratica non sta facendo altro che indebolire la propria contabilità e accrescere la propria esposizione finanziaria; di conseguenza, punta deliberatamente all’instabilità finanziaria, non altrimenti che se un figlio dicesse al padre: “Papà, ho speso tutto e sono indebitato fino al collo. Adesso, devi aiutarmi”. Il padre potrebbe chiedere, a quel punto, per cosa abbia speso tutto il denaro. “Per una casa?”, “Per avviare un’attività?”. Qualora il figlio rispondesse dicendo che i soldi sono serviti solo a garantirgli un certo tenore di vita, il padre avrebbe tutto il diritto di non soccorrerlo. Se questo figlio, pur essendo così indebitato, avesse ancora opportunità di rivolgersi a una banca, questa per concedergli il denaro gli chiederebbe un ‘premio’ di rischio più alto, per così dire. In altri termini, applicherebbe uno spread superiore a quello che avrebbe applicato a un cliente meno esposto.
Lo spread non è nato a caso, tirato fuori dal cilindro magico di un prestigiatore della finanza. Anzi, è stato il prezzo che s’è pagato per la crisi globale del periodo di fuoco 2008-2011, allorché gli investitori, in buona sostanza, non s’accontentarono più del normale profitto garantito dai titoli di Stato, ma cominciarono legittimamente a chiedere un premio, per l’appunto, in funzione del rischio. Deve essere chiaro tuttavia che, prima d’allora, la moneta unica aveva garantito differenziali minimi proprio perché i paesi dell’Eurozona erano considerati affidabilissimi. Il default sistemico, come alcuni onestamente ricorderanno, causò un innalzamento fino a 574 punti e le dimissioni del governo Berlusconi.
Le implicazioni di una frase come quella di Savona sono molto più complicate di quanto, sulle prime, si possa immaginare, soprattutto se teniamo conto della politica non convenzionale rappresentata dal Quantitative Easing. In pratica, la Banca Centrale ha acquistato ‘abbondantemente’ titoli di stato facendone aumentare il prezzo e diminuire il rendimento, ha iniettato liquidità nelle banche stimolando l’impiego verso imprese e famiglie e ora, cioè dopo aver attuato questa politica monetaria… Che cosa dovrebbe fare? Calmierare lo spread? Cerchiamo di capirci! Dovrebbe farsi garante dell’equilibrio del mercato, limitandosi a controllarne prezzi e stabilità, cioè dovrebbe farlo in linea teorica, ma, di fatto, dovrebbe fare qualcosa di simile a quanto segue: comprare i titoli – per quel che ne resta –, ‘rinfrescare’ i bilanci delle banche e, nello stesso tempo, dovrebbe ridurre i rendimenti. La BCE, in pratica, dovrebbe diventare una specie di bad bank gestita da un politburo?
Speriamo che il ministro voglia chiarire questa affermazione, altrimenti ci tocca pensare che voglia solo fare un regalo alle banche. Non che in questo momento non ne abbiano bisogno, ma far passare il messaggio così spudoratamente è anzitutto inelegante. Vuoi vedere che le parole di Salvini (“Sosterremo le banche, costi quel che costi”) non erano poi così peregrine e insensate? Di certo, dalle parti di Casaleggio non mancano le entrature nel mondo dei banchieri, dei lobbisti o del famigerato Bilderberg, anche se la gente non lo sa o fa finta di non saperlo.
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