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Autore Discussione: Frena l’export verso Turchia, Russia e Cina  (Letto 1698 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Settembre 23, 2018, 04:36:23 pm »

Frena l’export verso Turchia, Russia e Cina
A luglio. Con il -2,6% congiunturale anche nel terzo trimestre il contributo del commercio estero potrebbe essere negativo. Deboli le aree extra-Ue
Il trend. Istanbul e Mosca appesantiscono le performance. L’Europa migliora con Francia e Germania. Crolla l’export di auto verso Pechino

Milano
La dinamica delle esportazioni è meno brillante rispetto a quella degli acquisti dall'estero e di questo passo il contributo al Pil del commercio internazionale anche nel terzo trimestre rischia di essere negativo. Dopo la doccia fredda della produzione industriale, in calo deciso ben oltre le attese, i segnali in arrivo dalle vendite oltreconfine paiono in realtà meno problematici, anche se evidenziano le prime crepe di un meccanismo fino a pochi mesi fa quasi perfetto.
Se il confronto è con il mese precedente il calo è deciso, una frenata del 2,6% “figlia” soprattutto del rallentamento sui mercati extra-Ue. Discesa che per l’ufficio studi di Intesa Sanpaolo aggiunge nuovi rischi al ribasso alla stima di Pil del terzo trimestre, già limata peraltro ad un magro +0,2%. In presenza di importazioni più toniche (nel trimestre maggio-luglio al momento il passo è quasi triplo) l’apporto della componente estera potrebbe proseguire il trend precedente, che ha già prodotto un impatto negativo di mezzo punto sul Pil del secondo trimestre.
Il rallentamento dell’export è visibile anche nel confronto annuo, dove però il bilancio è decisamente migliore, con una crescita delle nostre vendite del 6,8%, per la verità agevolata (1,7% la stima Istat) dalla presenza di una giornata lavorativa in più. Evidente però la divaricazione dei risultati, perché a fronte di un’Europa che resta tonica (+8,5% nel mese, +5,6% da gennaio), sono numerosi i mercati extra-Ue a palesare difficoltà, relegando l’area ad una crescita più che dimezzata rispetto alla performance continentale. Il contrasto più netto rispetto allo scorso anno, quando per l’Italia di questi tempi il progresso era quasi doppio, riguarda Cina e Russia, paesi lanciati nel 2017 in una corsa a doppia cifra per gli acquisti di made in Italy e ora finiti in rosso: -3,9% da gennaio per Mosca, -0,2% per Pechino. “Motori” alternativi al momento non se ne vedono, con gli Usa poco oltre i livelli dello scorso anno e il Medio Oriente in perenne affanno. Difficoltà a cui si aggiunge la crisi di Ankara, che già a luglio, prima della forte svalutazione della lira, presenta al made in Italy un primo parziale “conto”: -10,2% gli acquisti nel mese, difficile che ad agosto e settembre le cose siano andate meglio. Un clima migliore c’è però in Europa, dove i nostri progressi sono ampi, in particolare per i primi due mercati di sbocco, Germania (+9%) e Francia (+11,9%). Acquisti che ci consentono nel bilancio 2018 (finora +4,2%)di non perdere terreno rispetto al resto d’Europa: in termini di crescita di export siamo ad una manciata di decimali da Berlino e Parigi mentre sopravanziamo Londra e Madrid. Molto dell’evoluzione futura dipenderà comunque dall’andamento generale delle economie continentali, per le quali è già in atto un parziale rallentamento. Proprio a luglio l’output tedesco ha quasi azzerato la crescita (una debacle, dal +2,5% di giugno allo 0,6%) realizzando la peggior performance da gennaio 2017, elemento che ha certo giocato un ruolo nel tonfo ancora più pesante (noi siamo andati a -1,3%) sperimentato dall’Italia.
Se in termini di mercati l’andamento è misto, dal punto di vista settoriale i risultati sono quasi ovunque favorevoli, anche se va segnalata la battuta d’arresto delle auto.
Uno stop targato Cina, che proprio nel mese in cui abbatte i dazi commerciali dal 25 al 15% va quasi ad azzerare (-94%) gli acquisti da auto made in Italy. Questo, in coincidenza tra l’altro con importazioni record da parte di Pechino: +70% a 7,3 miliardi di dollari, recuperando il crollo del mese precedente dove in attesa dei nuovi dazi “light” nessuno o quasi aveva comprato dall’estero. In termini di mancate vendite rispetto al 2017 le frenata nel solo mese di luglio costa 200 milioni, 600 dall’inizio dell’anno, con l’ipotesi concreta di lasciare sul campo nell’intero 2018 un miliardo di euro. Brusca inversione di rotta che colpisce anzitutto Maserati (quasi dimezzate le vendite del brand nel secondo trimestre proprio a causa della Cina), per cui lo scorso anno Pechino era diventato addirittura primo mercato di sbocco.

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Luca Orlando

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