LA STORIA DI MOMAR
L’imprenditore senegalese in Italia: «Ai miei connazionali consiglio di restare in Africa. Non venite»
Dalla vendita dei fazzoletti alla reggia di Caserta è diventato imprenditore.
«I tempi sono cambiati, in Italia troppa crisi e razzismo, restate in Senegal»
Di Jacopo Storni
Si rivolge direttamente ai suoi connazionali senegalesi e dice: «Fratelli, non venite in Europa, qui per voi non c’è futuro, restate in Africa, costruite voi il futuro del continente nero». Momar Nate Lo vive a Pontedera e fa l’imprenditore. Mentre tanti africani sognano di partire verso l’Europa, lui sfodera consigli in direzione contraria: «Ripensateci». Lo dice con cognizione di causa, perché sa quant’è difficile emergere nell’Italia di oggi.
Dai Cd contraffatti all’azienda
Momar è cartongessista e imbianchino. Ha fondato un’azienda propria dopo mille sacrifici in Italia. «Se guardo indietro, quasi non riesco a credere a tutto quello che ho fatto». Se guarda indietro, vede lui stesso quindici anni fa, a ciondolare in ciabatte sotto il sole della Reggia di Caserta. «Vendevo fazzoletti e accendini nel parcheggio della Reggia». Intercettava i turisti, li implorava di comprare qualcosa. Un braccialetto, un paio di calzini, magari una semplice offerta. «È stata dura la vita del mendicante». Mendicante e ambulante, per quasi un anno. Vendeva anche Cd contraffatti. «Me li portavano da Napoli, li vendevo perché grazie ai Cd si guadagnava qualcosa di più. Se andava bene, 10mila lire al mese. Era dura, era sofferente». Ed era pericoloso, c’era il rischio di finire in galera. Erano Cd contraffatti. E poi quelle stanze sovraffollate condivise con altri connazionali. «Dormivamo in dieci in due stanze». L’integrazione sembrava una chimera: «Stavo per dire basta, stavo per tornare in Senegal, poi è arrivata la svolta».
La svolta
La svolta è arrivata quasi per caso, grazie a una partita di calcio. «Gioco bene a pallone, mi divertivo in una squadra di amici a Pontedera». Si trasferì in Toscana perché qui aveva conoscenze. Il miracolo, quel giorno, arrivò al termine della partita, durante una cena con tante persone. Alla fine della cena, Momar si mise a disegnare su un pezzo di carta. «La pittura è sempre stata la mia passione». Fu notato da un amico italiano, imbianchino e titolare di un’azienda. «Si accorse che ero appassionato di pittura, mi reclutò nella sua ditta, in prova. Cominciammo la mattina dopo alle 7.30». Da allora non ha più smesso.
Il lavoro di imbianchino
Oggi Momar, 42 anni, trascorre le giornate a dipingere pareti nelle case degli altri. Pennello, secchio, rullo, livella, metro, stucco. Conosce alla perfezione gli attrezzi del mestiere. Dopo alcuni anni come dipendente, ha maturato l’esperienza necessaria per mettersi in proprio. È uno dei 590mila imprenditori immigrati in Italia. Si è fatto un nome a Pontedera, in tanti lo reclamano. «È un lavoro che mi piace tantissimo, non sento mai la stanchezza, non mi passa mai la voglia, è stato questo lavoro a cambiarmi la vita qui in Italia».
«Non ci sono più le possibilità di vent’anni fa»
Guadagna bene Momar, i soldi che guadagna li manda in patria per far vivere la moglie con la figlia. Sogna di tornare in Senegal per costruire il futuro del suo Paese natale. E quando vede quegli sbarchi in televisione, soffre: «Questi ragazzi pagano una fortuna per venire in Italia, ma non si rendono conto che questo non è il paradiso che speravano. Oggi non ci sono più le possibilità che c’erano vent’anni fa. Per gli immigrati di oggi, è molto più difficile integrarsi, ci sono meno possibilità, a tutti i miei connazionali senegalesi che stanno per partire alla volta dell’Europa, consiglio di restare a casa. Meglio vivere in Senegal piuttosto che rischiare la vita per venire in Italia per poi perdere la dignità vendendo accendini. O magari stare in un centro d’accoglienza senza far niente». Momar ne è profondamente convinto.
«Il rischio non vale il guadagno»
Lui è arrivato in aereo tanti anni fa, ma oggi per gli africani è quasi impossibile ottenere un visto, anche soltanto turistico, per raggiungere l’Europa. L’unica possibilità è imbarcarsi su un gommone. «Ma il rischio non vale il guadagno» dice Momar. Ad avvalorare i suoi consigli, i recenti episodi di razzismo. «Ma non è razzismo, è ignoranza». Tutto questo non aiuta lo straniero: «In Italia non c’è lavoro, se sei immigrato è ancora più difficile, il clima di diffidenza e i pregiudizi verso gli stranieri complicano le cose. Non è un buon momento per venire qui».
6 agosto 2018 (modifica il 6 agosto 2018 | 15:53)
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