Gentiloni, Prodi, Veltroni e l’accordo per Calenda alla guida del (nuovo) Pd
Santagata: «È una buona risorsa per il partito».
Renzi e l’ipotesi di Delrio segretario
Di Maria Teresa Meli
I «padri nobili» del Pd, a quanto pare, hanno deciso. Gentiloni, che ne è stato il primo sponsor, Prodi e Veltroni, dopo una serie di consultazioni informali, ritengono che l’uomo adatto a guidare il Pd sia Carlo Calenda. Con un avvertimento da parte del Professore: che non sembri una candidatura dall’alto. Il che potrebbe significare passare per un congresso vero con le primarie. L’ex braccio destro di Prodi, Giulio Santagata, per la cui lista il Professore si è speso in campagna elettorale, spiega a un amico: «Calenda è una persona di qualità, una buona risorsa per rifare il Pd». Il ministro dello Sviluppo economico si è sempre schermito dalle domande dei giornalisti a questo riguardo: «È Gentiloni il leader», ha detto quando ha annunciato che avrebbe preso la tessera del Partito democratico. Ma anche quella decisione di iscriversi al Pd l’ha definita con il presidente del Consiglio. E non fa mistero di questa intesa con l’inquilino di palazzo Chigi: «Ogni mia mossa — ha spiegato a qualche amico — è concordata con Paolo».
Calenda, che lunedì sarà al Nazareno per la Direzione, nelle intenzioni dei promotori di questa soluzione potrebbe essere un Renzi più di sinistra. Lui stesso si è definito di recente «un socialdemocratico». E i giri che Calenda sta facendo in questo periodo nelle fabbriche da salvare gli stanno procurando una certa popolarità a sinistra. Non solo, con la sua linea, il suo dinamismo e il suo modo di fare, il ministro dello Sviluppo economico, potrebbe togliere acqua al mulino dei renziani ortodossi, che promettono battaglia dentro il partito. I renziani delusi, invece, hanno già manifestato tutto il loro entusiasmo per la decisione del ministro di prendere la tessera del partito. «Preparo subito un comitato d’accoglienza per Calenda», ha esclamato Matteo Richetti alla notizia. L’accordo è riservato e ne sono a conoscenza in pochi perché non si sa ancora quale sia la reazione di tutto il Pd di fronte a questa ipotesi. L’unica, secondo i promotori di questa operazione, che «potrebbe consentire un rilancio del Pd dopo la brutta sconfitta del 4 marzo». Già, perché Calenda ha dalla sua anche il fatto di essere relativamente giovane. L’operazione però per andare in porto ha bisogno del coinvolgimento di altri soggetti: Dario Franceschini in primis, che in questa fase appare particolarmente schivo e prudente. Ma dopo qualche contatto con lui, gli sponsor di Calenda sembrano ottimisti.
E poi viene la parte più difficile. Cioè quella di convincere Renzi. Il segretario dimissionario continua a dire che lui si vuole «tenere fuori da tutto». E per dimostrare quanto ciò sia vero non solo ha smentito di voler fare un partito in proprio ma ha anche fatto sapere che per ora non procederà più nemmeno con l’associazione a cui pure aveva pensato subito dopo le dimissioni. Però, anche se si considera fuori da tutti i giochi, la sua presa su una parte del Pd è notevole. Il timore è che Renzi possa decidere alla fine di giocare un’altra partita, appoggiando Graziano Delrio. Il ministro delle Infrastrutture ha con sé un pezzo importante del Pd (un nome per tutti, Lorenzo Guerini), oltre a essere in ottimi rapporti con il Quirinale. Una soluzione di compromesso potrebbe essere quella di affidargli il ruolo di segretario-traghettatore all’Assemblea nazionale, per poi andare, nel 2019 e non nel 2021 (data di scadenza di quel mandato) al Congresso con Calenda.
8 marzo 2018 | 23:48
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