Cgil in piazza, Susanna Camusso considera Matteo Renzi un nemico come Silvio Berlusconi Andrea Carugati, l'Huffington Post
Pubblicato: 25/10/2014 17:40 CEST Aggiornato: 4 ore fa
I “comunisti”, sbranati da Matteo Renzi alle primarie di dieci mesi fa rispuntano a piazza San Giovanni, la storica piazza della sinistra, scippata da Grillo nel 2013.
Rispuntano sotto il mare di bandiere rosse della Cgil, che porta in piazza un milione di persone (dato degli organizzatori) e mostra tutti i suoi muscoli a un premier che viene considerato un nemico, poco meno del Berlusconi del 2002.
Gli slogan, al netto della richiesta di lavoro e diritti, sono quasi tutti contro di lui, e così i video ironici dal palco, gli slogan conditi di “vaffa”, i manifesti e gli striscioni. E contro Renzi è quasi tutto il durissimo discorso finale di Susanna Camusso, t-shirt bianca con la scritta “Io sono Marta” e occhiali rossi griffati Cgil.
La leader chiude con il vecchissimo “Al lavoro e alla lotta!”, non ha paura di usare concetti d'antan, e si scaglia contro tutta la filosofia renziana. “Noi non ci consegniamo al mito dell'impresa”, “Noi gli obiettivi di questo governo non li condividiamo, abbiamo un'altra idea di Paese, il Jobs Act e la legge di Stabilità sono una delega in bianco alle imprese, c'è un'idea di lasciare ai padroni le leve della politica economica, ma gli imprenditori non sono tutti dei benefattori”.
Camusso utilizza molti dei topoi renziani, dal “cambia verso”, allo “stai sereno”. “Stai sereno Matteo, noi non vogliamo venire nella Sala Verde di palazzo Chigi, per concertare bisogna condividere almeno qualche obiettivo...”. Piazza San Giovanni fischia all'indirizzo del premier, Camusso spiega che non finisce oggi la battaglia, andrà avanti “fino allo sciopero generale”, e anche dopo un secondo voto di fiducia sul Jobs Act.
Tappa per tappa, “perchè questa stagione di lotta non sarà breve”. Camusso chiede una patrimoniale sulle grandi ricchezze, “quel 5% di famiglie che devono darci le risorse per creare nuovi posti di lavoro”. Tasse e investimenti pubblici, due concetti che fanno inorridire la Leopolda, ma Camusso non se ne cura, “l'uguaglianza è il motore del futuro”, e spara a palle incatenate contro il finanziare Davide Serra (uno dei principali sponsor del premier), che da Firenze nelle stesso ore parla di “limitare il diritto di sciopero”. La piazza esplode, “se pensano che siamo solo una fiammata di protesta si sbagliano”, avverte Camusso, che definisce “Renzi ossessionato dal numero 80, ma una finanziaria di tagli e bonus non porta da nessuna parte”.
Landini da sotto il palco rincara la dose: “Con noi dovranno fare i conti, il governo sull'economia non ha più il consenso delle persone che per vivere devono lavorare. Ci devono ringraziare per questa prova di democrazia e di partecipazione, che i partiti non sanno più organizzare, divisi come sono in correnti e leopolde...”.
Il leader Fiom è una delle star indiscusse della mattinata. “Non siamo qui solo per protestare, ma per cambiare questo Paese e abbiamo tante proposte. Con Renzi ho dialogato, poi ci ha diviso il merito, lui da agosto ha scelto Confindustria. Lo avevo avvertito: se tocchi l'articolo 18 ci sarà lo scontro, ora sta a lui scegliere. Per cambiare davvero bisogna farlo con chi lavora, e non contro, Renzi deve decidere se vuole ascoltare questa piazza o ignorarla. Noi tiriamo dritto, fino allo sciopero generale e anche oltre”.
Nei due cortei che arrivano a San Giovanni si materializza tutto il vasto arcipelago delle sinistre: Vendola con Sel, Rifondazione, i comunisti di Ferrando, Falce e martello, fino alle sigle più improbabili. Tutti sotto l'ombrello larghissimo del sindacato, anche le minoranze del Pd. Arrivano Cuperlo, Fassina, Civati, Epifani Bindi, D'Attorre, Damiano, Pollastrini, la deputata Monica Gregori con tanto di stampella si fa tutto il corteo. Non manca l'eurodeputato Sergio Cofferati, che parla di manifestazione “riuscitissima”: “C'è lo stesso sole e la stessa aria del Circo Massimo”.
I big della sinistra Pd partono da piazza Esedra con un saluto ai poligrafici dell'Unità (senza stipendio e senza cig da aprile). Poi si fanno avanti nel corteo, accompagnati da un servizio d'ordine molto stretto, per evitare contestazioni che alla fine non arrivano. Molti manifestanti li spronano a uscire dal Pd, altri a dare battaglia a Renzi dall'interno per riprendersi la Ditta.
Fassina è il più cercato, toccato, selfie e strette di mano. “Gianni, ti devi svegliare, siamo gli ultimi mohicani”, grida un signore di mezza età da un marciapiede, Antonio Iannacchero, uno che la tessera Pd l'ha cestinata dopo l'avvento di Renzi. Poi vede Fassina e lo abbraccia e si commuove: “Lo dovete pugnalare anche voi, come lui ha fatto con Bersani”. “Noi combattiamo a viso aperto”, risponde Fassina, chiaro su un punto: “Se il Jobs Act non cambia sui licenziamenti io non lo voto, neppure con la fiducia”. A Cuperlo si avvicina un ragazzo, per un selfie in bianco e nero. “Ma così alla Leopolda dicono che siamo del secolo scorso”, sorride l'ex sfidante delle primarie. “Ma noi siamo del secolo scorso!!”, s'infuoca il ragazzo.
Istantanee di un lungo corteo, che alla fine è un balsamo per la minoranza Pd. “Senza questa piazza non c'è il Pd”, sintetizza Cuperlo. “Certo, c'è anche chi ci spinge a una rottura”, prende atto Fassina. Civati ormai paragona Renzi a un leader “di destra”, “quella frase sui 60 milioni che restano a casa l'ha copiata pari pari dal Berlusconi del 2002”. Dunque? “Bisogna dare rappresentanza politica ai tantissimi elettori del Pd che sono qui, combatteremo fino all'ultimo dentro il partito, poi nel caso convocheremo un luogo con tutti quelli che non la pensano come Renzi...”. Mentre i parlamentari scorrono lungo il corteo, partono molti cori contro il premier, “Chi non salta Renzi è”, e anche molti vaffa. Fassina si dice “preoccupato da questa distanza che noi dobbiamo ricucire”, D'Attorre è più netto: “Certo, Renzi ci ha messo del suo con la continua irrisione del sindacato, la vicinanza a Marchionne, le frasi sui licenziamenti...”.
Spinte, controspinte, temperate da chi come Damiano e Epifani cerca di allontanare il fantasma della scissione. Il primo, presidente della commissione Lavoro alla Camera, giura che “sul Jobs act faremo delle correzioni” e invita a ricordare che “un partito del 40% non può avere un pensiero unico”. Ma anche una moderata come Barbara Pollastrini teme che, se Renzi inasprirà lo scontro con la Cgil, anche il Pd non potrà restare immune dalla scosse. “Non si può continuare a raccontare il nostro dibattito come una bad company antica contro una new company della modernità”.
Sul palco sfilano lavoratori di molti settori, precari, operai delle acciaierie Ast di Terni che domenica saranno alla Leopolda a protestare, i musicisti dell'Opera di Roma licenziati che cantano il “Nessun dorma” di Puccini. Arriva anche Agnese, bracciante di colore immigrata in Calabria dalla Costa d'Avorio: “E' la Cgil che è stata al mio fianco contro il caporalato!”. La piazza si scioglie che sono passate le due del pomeriggio, sulle note di Bella Ciao remix dei Modena City Ramblers. “Questo governo non cancellerà la voce del lavoro”, tuona Camusso, “sull'articolo 18 altri ci hanno già provato e hanno fallito”.
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http://www.huffingtonpost.it/2014/10/25/camusso-renzi-berlusconi_n_6046704.html?utm_hp_ref=italy