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Autore Discussione: E l’Uomo creò se stesso.  (Letto 2233 volte)
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« inserito:: Settembre 15, 2017, 06:22:10 pm »

E l’Uomo creò se stesso.

Pensiero e materia, Paul Klee diceva che l’arte non riproduce ciò che si vede, ma “rende visibile ciò che non sempre lo è”. Perché nell’arte ci sono linguaggi che contemplano le mille sfumature dei colori e delle forme e i mille modi che ciascuno di noi ha per interpretarle. Insomma, la parola “arte”, così stringata e semplice, contiene in realtà un mondo tecnico e di pensiero. Ed è proprio quel mondo che il Festival della Filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo di scena dal 15 al 17 settembre andrà ad esplorare sotto il titolo evocativo “Le forme del creare”: come l’uomo attraverso le arti costruisca sé stesso a cominciare dal proprio corpo.
È così nel teatro, nella moda, nella cosmesi e in altri campi. Il corpo è un tramite, un libro, un dialogo fra noi e gli altri. È una proiezione di quello che vogliamo dire e comunicare fuori. E al corpo la diciassettesima edizione del Festival dedica ampio spazio nella sezione “Tecnica. Fare l’umano” con interventi di Emanuele Severino e Umberto Galimberti e poi con quello, per esempio, di Emanuele Coccia, docente di filosofia all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, che affronta il tema della nostra seconda pelle, cioè delle cose che mettiamo addosso. «La specificità della moda sta nella capacità di trasformare qualsiasi materia, qualsiasi oggetto nella nostra seconda pelle: cotone, lino, o la pelle di altri animali ». D’altra parte, i miti su cui si basa la nostra civiltà, dice Coccia, raccontano che, «prima ancora dell’invenzione e della fabbricazione dei tessuti, i vestiti siano stati quelli ricavati dagli animali uccisi per la caccia: le vesti erano le spoglie degli animali morti, i mantelli dei viventi di cui l’uomo si era nutrito.
È probabilmente a causa di questa lontana origine, soprattutto, che le vesti, quale che siano le loro forme, i loro colori, le loro materie, sono maschere: vestirsi significa sempre mettersi nella pelle degli altri, vivere la vita dal punto di vista di un altro, incarnarsi in un altro corpo». Sempre secondo Emanuele Coccia «un vestito non è un oggetto appoggiato appoggiato casualmente su un corpo, ma materia che aderisce talmente al corpo fino a diventarne il respiro più intimo», dice citando la lezione del grande creatore di moda Azzedine Alaïa. «Il vestito», prosegue Coccia, «è il modo attraverso cui estendiamo il volto a tutto il nostro corpo anatomico. D’altra parte, a partire dagli anni Sessanta, abbiamo imparato a condensare nel modo in cui ci vestiamo la nostra identità sociale, politica, psicologica e individuale. E anche quando, come nel caso della nuova tendenza normcore o new normal (vestirsi in modo anonimo contro l’eccesso hipster) vogliamo che quella scelta comunichi qualcosa, un’identità anonima».
Al centro del Festival della Filosofia - poco meno di 200 appuntamenti e tutti gratuiti - c’è l’uomo con tutte le sue metamorfosi. Tre giorni di incontri e confronti promossi dal Consorzio per il Festival Filosofia di cui sono soci i Comuni di Modena, Carpi e Sassuolo, la Fondazione Collegio San Carlo di Modena, la Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi e la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. «Siamo partiti da una constatazione etimologica», spiega Daniele Francesconi, alla sua prima volta da direttore della manifestazione, che è stata governata fin dalla sua nascita da Michelina Borsari, oggi nel comitato scientifico. «Quella che per i latini era “ars”, per i greci era “techne”; non sono ambiti separati ma strettamente congiunti, arte e mestiere, mondo artistico e mondo produttivo. Cosa li unisce se non in il saper fare?». Il Festival racconterà anche come si arriva all’arte, il lavoro che c’è prima dell’opera compiuta, quando si parte da un’idea.
Per restare ai linguaggi del corpo, fra le conferenze ce ne sarà una di Georges Vigarello che spiegherà come con l’intervento cosmetico la bellezza diventi un progetto d’insieme per la personalizzazione del Sé. Vigarello, direttore degli studi all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, si è occupato di temi che riguardano l’igiene, la salute e le rappresentazioni del corpo nella storia. A lui toccherà una riflessione sulla bellezza, sull’evoluzione dei modelli e sul conformismo: «I canoni della bellezza cambiano passando attraverso le epoche, e la storia della loro metamorfosi è in qualche modo anche lo specchio delle trasformazioni delle società nel corso dei secoli». Titolo della lectio del filosofo francese: “La bellezza come cura totale”. «Inseguire la bellezza è una proiezione del Sé», riprende Vigarello, «ed è un concetto dinamico. Per esempio, il Ventesimo secolo è il trionfo del corpo che si manifesta attraverso mille spie sociali: dai consumi nei grandi magazzini ai primi concorsi di bellezza, dalle sfilate alle copertine dei rotocalchi e poi via via fino alla diffusione della chirurgia estetica, che offre la possibilità di modificare le parti del nostro corpo che non ci piacciono». Il Festival esplorerà la radice comune delle arti e delle tecniche e lo farà con ospiti che vanno dai filosofi come Massimo Cacciari agli imprenditori come Brunello Cucinelli, a uno scrittore e drammaturgo come Stefano Massini e poi Michela Marzano, Remo Bodei, Massimo Recalcati, Marc Augè, Enzo Bianchi e tanti altri. «In questa edizione», aggiunge Francesconi, «avremo venti nuovi relatori accanto a nomi che ci hanno seguito con fedeltà in tutti questi anni. Come al solito ci interessa sviluppare un tema, in questo caso l’arte, senza muri disciplinari, ma con orizzonti allargati».

Da - http://temi.repubblica.it/le-guide-festival-della-filosofia/2017/09/08/e-l%E2%80%99uomo-creo-se-stesso/
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