IL PERSONAGGIO
La vita avventurosa di Alessio De Giorgi, l'uomo (dei flop) di Matteo Renzi sui social network
Diventato famoso per la gaffe con la pagina "Matteo Renzi news", ha un passato tra successi e società fallite ed è il primo italiano “sposato” con i pacs.
Chi è davvero la persona che si occupa della strategia su Facebook dell'ex premier
DI SUSANNA TURCO
29 giugno 2017
Di recente è balzato fuori dall'anonimato per aver negato di essere l’amministratore della pagina “Matteo Renzi news”, con un post scritto proprio mentre utilizzava inavvertitamente l’account da amministratore di “Matteo Renzi news”: ma l’epica gaffe, l’io non sono io, un pezzo da teatro dell’assurdo, è solo la punta dell’iceberg.
In realtà Alessio De Giorgi, 48 anni, nato a Genova, vissuto a Pisa, imprenditore e giornalista pubblicista, come “social manager specialist” di Renzi è almeno alla sua terza o quarta vita: è stato ricco, indebitato, inseguito da decreti ingiuntivi, nerd smanettone, segretario Arcigay, sposo coi Pacs in carrozza, addetto stampa di sindaco, proprietario di discoteche, ha messo su il primo sito gay italiano, ha creato e liquidato una decina di società, costruito in Versilia quello che è stato il centro del turismo gay friendly per quindici anni (Torre del Lago: la chiamavano Piccola Mykonos), tentato una candidatura e intentato una causa al partito di Monti. Altro che social media: pura commedia all’italiana.
C’è chi lo ricorda nel pieno successo della sua discoteca Mama mia, primi anni zero, costretto a scappare di corsa lungo tutto il viale che taglia la pineta di Torre del Lago, inseguito dal grido di guerra «Te lo do io Pucciniiii» emesso dalla sua concorrente Regina Satariano, proprietaria trans del locale dirimpettaio, furiosa per non si sa quale trucchetto ruba-clienti («non ricordo bene», vagola adesso lei, gentile).
Ed ecco, in una delle sue molteplici incarnazioni, l’uomo che Matteo Renzi ha scelto per sferrare l’offensiva su Internet e social network. Colui che - naturalmente barcamenandosi con non particolare successo tra un Anzaldi, un Sensi, un Nicodemo, una Ercolani, e comunque al netto delle invidie e delle guerrette che, figurarsi, circolano anche nella sezione comunicazione del Pd - è di fatto il responsabile dell’operazione conquistiamo il web e contendiamolo ai grillini. Un personaggio il cui approdo al fianco di Renzi chiarisce da solo un mucchio di cose. Tanto per dare l’idea, basta forse l’incipit della sua vita lavorativa: De Giorgi ha infatti cominciato al commerciale dello Scatolificio pisano di Bientina. Insomma: vendeva scatole, vuote.
E così, quasi trent’anni dopo, mentre sul Washington Post ci si domanda se la democrazia possa sopravvivere a Internet, a Largo del Nazareno De Giorgi è chiamato a rispondere alla questione, assai più prosaica: può sopravvivere, il Pd, su Internet? Non che ne siano tutti convinti, comunque ecco la sfida, che per ora s’articola fra l’altro con cose come la rassegna stampa Ore 9 di Matteo Renzi, assolati pomeriggi a dibattere sulla terrazza desolata del Nazareno, e soprattutto sulla piattaforma Bob, una app attraverso cui passeranno i contenuti online del Pd - dovrebbe essere la risposta alla piattaforma Rousseau di Casaleggio, sempre ammesso che funzioni (il primo bilancio si farà in settembre). Non che il passato recente sia di buon auspicio: sempre De Giorgi, insieme almeno in teoria con l’indimenticato guru obamiano Jim Messina (indimenticato anche per il compenso), gestiva il fortunato sito “Basta un sì” ai tempi sciagurati del referendum costituzionale.
Il Pd ha pubblicato il nuovo software per smartphone che, nelle intenzioni di Matteo Renzi, dovrebbe essere la risposta alle strategie digitali del Movimento 5 Stelle. Ma, al momento, è solo un prodotto malfunzionante
Lasciando traccia di sé, in verità, soprattutto per un tweet, successivo alla sconfitta bruciante, in cui chiamava in causa Bersani: «Che ne dite di dire a ’sto signore che cosa ne pensiamo di lui?», scrisse aizzando gli haters. Troppo grillino? Nel Pd son parecchio schizzinosi sulle derive a Cinque stelle, De Giorgi a quanto pare lo è di meno. Se oggi non disdegna l’uso martellante di certi espedienti come le crocette (+++) e il “condividiamo”, già nel pieno dibattito parlamentare sulle unioni civili diede grande scandalo pubblicando online nome, cognome e recapiti web dei trenta senatori del Pd contrari alla stepchild adoption. Lo fece attraverso il sito che aveva messo su vent’anni prima: Gay.it, il cui dominio aveva comprato nel 1996 per diecimila lire. Quando, come ha spiegato una volta «sulla rete non c’era niente che riguardasse il mondo omosessuale italiano».
Inventore di mondi e distruttore di mondi, in effetti De Giorgi almeno fino a un certo punto ha messo in piedi realtà di un qualche successo. Anche se poi sono finite - tutte o quasi - fallite, liquidate, decadute o dimenticate. A partire dalla metà degli anni Novanta, col suo compagno Christian Panicucci aveva un piccolo impero. Da una parte il portale internet, che in dieci anni sarebbe arrivato a 500 mila contatti al mese e un giro di affari da 650 mila euro, e che oltre alle notizie conteneva pure una sezione di incontri, stile antesignano di Grinder; dall’altra la costellazione di locali, discoteche e spiagge e bar di Torre del lago (Gruppo Gesticom), persino una agenzia di viaggi specializzata (Out travel), e un mensile freepress (Clubbing). Era la Versilia Friendly, il cuore pulsante di tutta la faccenda.
E un festival dove, tra una settimana della Queen e il concorso di miss trans e un Mardi Gras, sotto la direzione artistica di Fabio Canino e la benedizione del guru Arcigay Franco Grillini si invitavano politici, scrittori, gente dello spettacolo. C’erano insomma i Village People ma anche il premio per Nichi Vendola, la festa per l’allora presidente della Regione Claudio Martini, la cena con Massimo D’Alema, e addirittura un incontro con Giovanardi. Venti trentamila persone a sera, oltretutto. Una stagione tanto fortunata, quanto bruscamente finita: dal tempo, dalle difficoltà burocratiche, secondo alcuni anche dall’ingordigia imprenditoriale di chi l’aveva messa su. Di certo dalla fine - anche a tratti rancorosa, ve n’è ancora traccia giusto sul web - della relazione con Panicucci (lui sul profilo facebook tutt’ora si descrive come: «Quello che ha firmato le cambiali»). E dire che il sodalizio, quasi ventennale, era stato celebrato persino col primo Pacs celebrato in Italia, in pompa magna, alla Ambasciata di Francia, nel 2002: notizia anticipata da Barbara Palombelli sul Corriere, gran spolvero di romanità, testimoni di nozze Grillini e Gianni Vattimo, pranzo di nozze a casa dell’imprenditrice toscana e amica Marialina Marcucci, cravatte in seta cruda arancione, fedi coi brillanti.
Giusto in quel momento, quando tutto comincia a crollare (anche Gay.it, andrà in liquidazione dal 2014), De Giorgi arriva a conoscere Matteo Renzi. Che è ancora sindaco di Firenze, si prepara alle primarie contro Bersani (le prime, quelle che perderà) e ha bisogno non tanto di qualcuno che conosca il linguaggio html, quanto di interlocutori nel mondo gay, che nel suo radar ancora scarseggiavano («sono stato tra le 3-4 persone che hanno convinto Renzi a sposare la battaglia per le unioni civili», dirà poi De Giorgi). Ed ecco che l’ex proprietario del Mama mia (tutt’ora possiede metà delle mura, ma non gestisce più nulla) si prestava perfettamente a diventare un renziano della prima ora: iscritto a 14 anni alla Fgci di Cuperlo negli anni Ottanta, corrente migliorista, scuola alle Frattocchie, a partire dai vent’anni aveva poi spostato il suo attivismo politico sull’Arcigay toscana, senza più seduzioni piddine (tranne una breve passione per il veltronismo).
Ci sarebbe stato argomento anche per una candidatura, ma in lista nel 2013 c’erano pochi posti per i renziani: così De Giorgi finì tra le braccia di scelta civica, insieme a un gruppo di renziani come Pietro Ichino e Adriana Galgano («...le caprette ti fanno ciao...ti sorridono i Monti!», scrisse quel giorno su Facebook il suo ex marito).
La candidatura però durò soltanto una settimana: Libero pubblicò un paio di scatti di De Giorgi con le Drag Queen, roba che il professore in Loden non poté tollerare. Da candidato che era, De Giorgi divenne nel giro di poco creditore di Scelta civica: aveva collaborato a social network e comunicati stampa, voleva cinquantamila euro, intentò causa e alla fine a cosa si concluse con una transazione. Poi, per quasi due anni, poi ha fatto l’addetto stampa del sindaco di Viareggio, Leonardo Betti. Per poi tornare, un anno fa, alla corte renziana. Dove adesso, a occhio, c’è molto più posto che nel 2013.
© Riproduzione riservata 29 giugno 2017
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