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Autore Discussione: Michel SERRES: "Non solo progresso, serve un'altra utopia"  (Letto 2254 volte)
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« inserito:: Giugno 08, 2017, 11:21:32 am »

Michel Serres: "Non solo progresso, serve un'altra utopia"
Intervista al teorico francese che di fronte alla crisi attuale e ai rischi di nuove violenze propone una filosofia della storia alternativa: aperta e ottimista

Di FABIO GAMBARO
06 giugno 2017

PARIGI In questi tempi duri di crisi e d'incertezze, il filosofo Michel Serres prova a guardare la realtà con altri occhi, cambiando punto di vista e valorizzando quello che troppo spesso si tende a dimenticare: l'epoca di pace e di progresso in cui viviamo da oltre settant'anni. Lo spiega con intelligenza e passione nel nuovo saggio intitolato "Darwin, Napoleone e il samaritano" (Bollati Boringhieri), in cui propone niente meno che una nuova filosofia della storia adatta all'andamento erratico dell'epoca contemporanea. Dopo la fine delle grandi narrazioni, colui che Le Monde ha definito "un Montaigne dell'era digitale", sente infatti il bisogno di restituire un senso al nostro divenire e una prospettiva - relativa e provvisoria - alla condizione umana. Conscio dei rischi di una simile operazione, il ragionamento di Serres parte da una riflessione sul passato e sulle sue illusioni: "Nel XIX e XX secolo, le filosofie della storia hanno condotto all'impasse e alla catastrofe. Nate dalla filosofia dell'illuminismo, hanno prodotto un'idea di progresso inevitabile e costante che postulava un mondo in continuo miglioramento. Hiroshima ha fatto a pezzi questa illusione, segnando la fine di tale filosofia. Da allora sappiamo che il prezzo del progresso è talvolta altissimo", spiega l'autore di Non è un mondo per vecchi e Il mancino zoppo, ricevendoci nella sua casa alle porte di Parigi. "Così oggi non abbiamo più una vera filosofia della storia e manchiamo di una direzione da seguire. Anche la politica sembra a corto d'idee. E se i politici non sono più capaci di governare, è perché siamo privi di progetti e utopie. Per questo abbiamo bisogno una nuova filosofia della storia".

Lei ne propone una che non è più lineare né a senso unico. È una filosofia della storia che ha perso le sue sicurezze?
"Con Hiroshima abbiamo scoperto che il progresso scientifico, invece di essere sempre positivo, poteva diventare assassino. Ma dopo la tragedia atomica è anche vero che alcune persone straordinarie hanno avviato la costruzione dell'Europa unita che ci ha permesso di vivere in pace per settant'anni. Non era mai successo prima. A partire da queste due novità di segno diverso, ho riletto la storia recente in un'altra prospettiva, elaborando una filosofia della storia in cui la relazione spazio/tempo è complessa e relativa. Da qui un'idea di progresso non più lineare, senza un fine: solo un insieme di possibili di segno diverso. Il mio avvenire è fatto di paesaggi contrastanti e contraddittori".


Avere questa consapevolezza cosa cambia?
"Per esempio ci consente di guardare la storia passata dal punto di vista delle vittime. In passato ci si è interessati solo ai vincitori che incarnavano il senso della storia. Io però, se penso a Napoleone, non penso alle conquiste, ma agli innumerevoli morti che ha provocato. L'attenzione alle vittime ci aiuta ad avere coscienza di quanto la pace sia un bene prezioso che dobbiamo preservare e difendere ad ogni costo. Lo stesso vale per la salvaguardia del pianeta. Comprendere che la storia non è una progressione lineare, dovrebbe spingerci ancor di più a difendere il nostro ecosistema. Insomma, dobbiamo essere sempre più vigilanti perché tutto è molto più difficile di quello che credevamo. La storia non avanza da sola verso il bene e il progresso".

Significa che gli individui hanno una nuova e più grande responsabilità per ognuna delle loro scelte?
"Non esiste più una ragione della storia che noi dobbiamo solo accompagnare, come pensavano Hegel e Marx. Siamo noi che dobbiamo inventare la storia, questa è la nostra nuova responsabilità. Inoltre, alle nostre spalle non c'è solamente la storia nata con la scrittura, ma l'intera storia del pianeta, i cui codici sono iscritti in ogni cosa. Di conseguenza la totalità della realtà naturale fa parte della nostra eredità. Bisogna quindi prendersene cura".

A Napoleone, simbolo dell'età della guerra e della violenza, lei contrappone alcuni eroi positivi, che sarebbero i simboli dell'epoca di pace contemporanea...
"La nostra epoca è innanzitutto quella del miracolo della medicina. Il samaritano che si prende cura di colui che soffre è il simbolo di questo atteggiamento nei confronti degli altri, dell'empatia per il prossimo. Ho ricordato anche François de Callières, che, al servizio di Luigi XIV, ha scritto un trattato sull'arte di negoziare. È il simbolo della diplomazia che cerca di evitare ad ogni costo la guerra. Infine, ho scelto come terzo eroe di questa nostra età della pace Pollicina, la bambina che usa e controlla le nuove tecnologie aprendo nuove frontiere e nuove prospettive".

Nella sua riflessione sembrano echeggiare il pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà di Gramsci. È così?
"Quello di Gramsci potrebbe essere il mio motto. Oggi in Francia domina il pessimismo, io vorrei contrapporre un ottimismo temperato che deve soprattutto essere uno strumento per combattere in nome della pace e della salvaguardia del pianeta".

Nella realtà però esplode spesso una violenza cieca e indiscriminata.
"Siamo tutti portatori sani di violenza e in ciascuno di noi c'è una dimensione che può trasformarsi in violenza. Persone rispettabili possono diventare belve assassine. La Germania prima della guerra era all'avanguardia delle arti e della filosofia, eppure si è affidata al nazismo. La cultura non impedisce la barbarie, bisogna sempre essere vigili. La filosofia della storia che ho delineato ci aiuta a combattere la violenza potenziale che è in noi. La storia passata è una sequenza di lacrime e sangue da cui siamo usciti solo da poco. Solo se ne abbiamo coscienza, terremo a bada la violenza che è in noi. Solo guardando al passato, eviteremo di ripetere gli stessi errori nel presente".

Non le sembra che il terrorismo esprima una violenza incontrollabile su cui abbiamo poco possibilità d'intervento?
"È vero, ma va detto che gli attentati non sono certo una novità di questi nostri anni. La storia passata ne è piena. Inoltre, anche la violenza del terrorismo va relativizzata e rimessa in una prospettiva storica. Per quanto gli ultimi attentati siano una tragedia dolorosa, le decine di vittime di Parigi, Manchester, Nizza o Londra non sono nulla di fronte al bombardamento di Dresda che fece duecentomila morti in una sola notte o alla battaglia napoleonica di Borodino nella quale morirono decine di migliaia di persone in un solo giorno. Oggi la morte per guerra o terrorismo è l'ultima delle cause di mortalità. Viviamo in un tempo di pace. E se le vittime degli attentati sono innocenti, purtroppo lo erano anche le vittime d'Hiroshima. Detto ciò è chiaro che bisogna fare di tutto per combattere e prevenire la violenza del terrorismo".

© Riproduzione riservata 06 giugno 2017

Da - http://www.repubblica.it/cultura/2017/06/06/news/michel_serres_non_solo_progresso_serve_un_altra_utopia_-167396235/
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