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Autore Discussione: La rete segreta del Cavaliere che pilotava Rai e Mediaset (il morbo B. ndr).  (Letto 3126 volte)
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« inserito:: Novembre 22, 2007, 03:27:56 pm »

CRONACA

Nelle intercettazioni tra 2004 e 2005 allegate all'inchiesta sul fallimento della Hdc dell'ex sondaggista Crespi, la prova che alla concorrenza si era sostituita la complicità

La rete segreta del Cavaliere che pilotava Rai e Mediaset

Ecco le telefonate dei dirigenti vicini a Berlusconi

di EMILIO RANDACIO e WALTER GALBIATI

 
MILANO - "Media-Rai". Le due superpotenze nazionali della tv, che dovrebbero competere aspramente per la conquista dell'audience, fare a gara nella pubblicazione di servizi esclusivi, in realtà si scambiano informazioni sui palinsesti. Concordano le strategie informative nel caso dei grandi eventi della cronaca. Orchestrano i resoconti della politica. Su tutto, la grande mano di Silvio Berlusconi e dei suoi collaboratori, che quotidianamente tessono la tela, fanno decine, centinaia di telefonate, si scambiano notizie, organizzano fino ai più piccoli dettagli. È il quadro che emerge dalle intercettazioni telefoniche - realizzate tra la fine del 2004 e la primavera del 2005 - allegate all'inchiesta sul fallimento della "Hdc", la holding dell'ex sondaggista del Cavaliere, Luigi Crespi. E in particolare dai resoconti, redatti dalla Guardia di Finanza, delle conversazioni telefoniche di Debora Bergamini, ex assistente personale di Berlusconi e, all'epoca, dirigente della Rai, e di Niccolò Querci, pure lui ex assistente di Berlusconi e, all'epoca, numero tre delle televisioni Mediaset.

La "ragnatela" avvolge e intreccia le vicende della tv di Stato con quelle di Mediaset. I direttori di Tg1 e Tg5 (all'epoca Clemente J. Mimun e Carlo Rossella) fanno, testuale, "gioco di squadra". Il notista politico del Tg1 informa la Bergamini e la rassicura sul fatto che le notizie più spinose saranno relegate in coda al servizio di giornata. Fabrizio Del Noce cuce e ricuce, assicurando che Bruno Vespa, nella sua trasmissione, accennerà "al Dottore in ogni occasione opportuna". Querci, insieme al gran capo dell'informazione Mediaset, Mauro Crippa, cuce sul versante opposto. E arriva fino ad occuparsi delle vicende del festival di Sanremo (quell'anno affidato a Paolo Bonolis), cioè della trasmissione di massimo ascolto dell'azienda che dovrebbe essere concorrente. E poi ancora, le fibrillazioni in due fasi delicate: la morte del Papa e le elezioni amministrative dell'aprile 2005.

L'allora presidente Ciampi è pronto per una dichiarazione a reti unificate per onorare Giovanni Paolo II? La Bergamini allerta prima l'assistente personale del Cavaliere e poi Del Noce per preparare una performance parallela dell'inquilino di Palazzo Chigi. E ad essere allertato è anche il "rivale" Crippa. Le elezioni sono andate male? Bisogna "ammorbidire" i resoconti sui risultati elettorali. La Bergamini contatta Querci e con lui concorda la programmazione televisiva. La ragnatela avvolge tutto, pensa a tutto, provvede a tutto.

(21 novembre 2007)

da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Novembre 22, 2007, 06:53:11 pm »

Cattaneo: «Sì, le pressioni c’erano...»

Roberto Brunelli


Flavio Cattaneo non ci sta. «Ne va della mia dignità», dice. Colui che venne, allora trentanovenne, dalla Brianza a guidare in qualità di direttore generale la grande palude Rai oggi si trova nel cuore della bufera. C’è chi gli vuole «chiedere i danni», Veltroni parla di «servizio pubblico umiliato», lo scenario che emergerebbe dalle intercettazioni tra Deborah Bergamini e Niccolò Querci - all’epoca rispettivamente dirigente Rai e numero tre delle tv Mediaset - vede proprio in Flavio Cattaneo, oggi amministratore delegato di Terna, uno dei fulcri operativi di quella che è stata presentata come «la grande ragnatela MediaRai» messa su per offuscare la sconfitta elettorale del centrodestra nell’aprile 2005.

Cattaneo, qui si parla di una triangolazione tra dirigenti Rai e Mediaset per ritardare la messa in onda dei risultati elettorali 2005...
«Innanzitutto una premessa: essendo un tecnico, non entro nell’aspetto politico della vicenda, che non mi compete. Non è vero che io abbia mai ritardato i dati elettorali, o che io abbia intrapreso una qualsivoglia azione in questo senso. Ci sono i fatti che parlano: fatti che dicono che quel giorno, a partire dalle 15 fino a notte fonda, la Rai - su tutte e tre le reti, a partire dal Tg3 - ha comunicato in tempo reale tutto quel che poteva essere comunicato, come peraltro tutti hanno potuto vedere, man mano che i dati affluivano. Tutto è stato detto, tutti hanno visto: e non poteva essere diversamente. E poi ricordiamoci che in quelle occasioni i direttori di testata hanno la piena responsabilità, che tutte le trasmissioni rispondono alle diverse testate giornalistiche. “Camuffare i dati”, come si è detto, diventerebbe del tutto irrealizzabile».

Insomma, lei le accuse le rispedisce al mittente...
«Sì. Visto che si parla di concorrenza sleale, la cosa alla quale tengo di più è proprio la questione della competizione tra le due aziende. Anche qui ci sono dati verificabili da tutti. Sotto la mia gestione, nel prime time la Rai ha vinto sempre e la raccolta pubblicitaria è aumentata. Poi basta pensare al fatto che noi qualche mese prima avevamo fatto causa a Mediaset per la querelle Affari tuoi. Figuriamoci la combutta... almeno per quel che ne so io. È anche un fatto di logica: se fossi stato un servitore così indefesso della concorrenza, non sarei stato destituito di lì a poco. Ne faccio una questione di dignità: un manager mai può accettare che lo si possa accusare di aver avuto rapporti di “intelligence” con il competitor».

Dunque lei esclude che ci siano state quelle telefonate tra Bergamini e Querci?
«Io non so nulla di queste cose. Io non posso escludere telefonate tra la Bergamini e chicchessia. Per quel che so io non è avvenuto niente. Per quanto mi consta, ed io ho vigilato in questo senso, si è sempre fatto l’interesse della Rai, con difficoltà, certo, con tutte le problematiche del caso, ma io ho lavorato per l’azienda».

E telefonate dai politici le ha ricevute?
«Guardi, in termini generali e non sul fatto particolare non è importante chi ti telefona, ma cosa si risponde... a tutti quelli che ti chiamano si dice “adesso vedo” e queste cose qui, ma quel che importa è quel che si fa dopo. Certo che i politici chiamano per perorare la loro causa, per motivi più o meno legittimi, ma poi uno sceglie per il bene della propria azienda».

E invece ora c’è chi dice che bisognerebbe chiederle i danni...
«Non so per quanto dovrò pagare l’onta per aver lavorato per la Rai. Ma io ho già pagato, sulla mia pelle... Io vado fiero del mio lavoro in Rai: nelle circostanze date, ho dato il massimo. La Rai è una realtà particolare: normalmente nelle aziende si scelgono i propri uomini, io invece non ho portato nessun dirigente da fuori, perché in Rai ci sono metodi di gestione diversi rispetto ad altre società. Insomma, uno deve fare la guerra con i soldati che ha...».


Pubblicato il: 22.11.07
Modificato il: 22.11.07 alle ore 12.57   
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