Cancelli e vetrate in centro per tenere lontani i clochard
Decine di lettere alla Soprintendenza da via Roma e Santa Teresa
In Galleria San Federico una coppia dorme sotto i portici da mesi
Pubblicato il 06/05/2017 - Ultima modifica il 06/05/2017 alle ore 11:00
EMANUELA MINUCCI
TORINO
Hanno scritto alla Soprintendenza. Per chiedere di poter costruire davanti al proprio condominio o negozio, un cancello o una vetrata. Un modo per difendersi «dal degrado dell’invasione dei clochard in centro». Sono decine le lettere arrivate in questi giorni alla Soprintendenza per chiedere non solo maggiore decoro in quella fetta di città che è il suo biglietto da visita, ma un’autorizzazione per chiudere gli spazi comuni, gli androni, i bei cortili che rendono il centro di Torino unico e irripetibile. Da via Roma a via Santa Teresa, passando per piazza San Carlo, via Buozzi e via Lagrange. E-mail indirizzate alla soprintendente Luisa Papotti, che ha subito girato queste segnalazioni al Comune.
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I BIVACCHI
«Mi hanno molto colpito queste lettere - spiega la numero uno di Palazzo Chiablese - arrivano da normali cittadini che vivono e lavorano in centro. Sanno benissimo che non è compito della Soprintendenza chiedere la rimozione dei bivacchi, infatti per la prima volta oltre a chiedermi di vegliare sul decoro e l’immagine stessa della città, mi hanno contattato per chiedermi un permesso per costruire cancelli e vetrate a protezione dei loro spazi».
Chiarisce: «Si tratta di un problema sociale, di un’emergenza che colpisce persone in difficoltà, e questo è il primo piano su cui va considerata la questione, quindi abbiamo subito contattato l’amministrazione; poi c’è il problema di un centro che è il salotto della città, e in una Torino sempre più turistica si tratta di un bene che va tutelato».
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I NEGOZI CHIUSI
Fino all’anno scorso il problema era circoscritto ad alcune zone, come i portici del Museo del Risorgimento che confinano con piazza Carlo Alberto. Oggi le zone trasformate in rifugio semi-permanente da chi è costretto a vivere per strada (per mille cause diverse, un divorzio pesante, una depressione o un lavoro che non c’è più) si sono moltiplicate, come spiegano i vigili, con un rapporto di uno a dieci. Complice anche la chiusura prolungata di alcuni esercizi commerciali (come nel caso dell’ex sede della boutique Mariangela di piazza San Carlo adiacente all’omonimo ex caffè che ha chiuso da parecchi mesi) anche a pochi metri dal Caval d’Brons, si moltiplicano gli spazi occupati dai cartoni con sopra vecchi plaid che la notte si gonfiano perché qualcuno ci dorme dentro. Due clochard dormono tutte le notti fra cartoni e plaid fioriti in galleria San Federico, sotto la vetrina illuminata del negozio «& Other Stories». Qualcuno, anche fra i turisti, scatta una foto con il cellulare. E commenta: «Queste sono davvero “altre storie”, quelle che però fanno male al cuore». Eppure la gente che vive per strada, cercando di ripararsi da pioggia e freddo sotto i portici del centro, si moltiplica ogni giorno.
ESISTENZE SPEZZATE
Anche persone che fino a ieri avevamo una famiglia e una casa: un granello di sabbia è finito nell’ingranaggio della loro esistenza, e di lì a breve si sono ritrovati a dormire nei sacchi a pelo, sfiorati dallo struscio dello shopping o di chi la sera va al cinema. Sono circa 150 i rilievi fatti dai vigili, che li conoscono uno per uno. Quella distesa massiccia di bivacchi, più o meno improvvisati, giacigli di fortuna sorvegliati da cartelli che chiedono «anche solo un centesimo» ha indotto cittadini e negozianti del centro a chiedere l’intervento della Soprintendenza. I portici riparano da freddo e pioggia. E se si chiede l’elemosina, nelle strade più ricche della città è più probabile riempire il bicchierino di carta con qualche euro. Ma ora, a giudicare dal mare di proteste che si sta levando dal centro, la misura pare colma. Cittadini e negozianti si lamentano di dovere, ogni mattina, pulire gli androni e i marciapiedi. Ma non invocano più il passaggio più frequente degli spazzini. Chiedono cancelli, vetrate e serrature.
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