Opinioni
Riccardo Nocentini - @nocentinir
· 16 gennaio 2017
Per selezionare la classe dirigente non basta la legge elettorale
Le classi dirigenti cadono quando si chiudono in se stesse, quando prevale quella negoziazione che degenera in clientelismo e corruzione, si formano invece quando forti ideali politici si organizzano e mobilitano la fiducia dei cittadini.I cittadini oggi, con la televisione, la rete, Facebook, Twitter e tutti gli altri social, sono più informati ma meno consapevoli. Questo è il motivo per il quale la questione degli intellettuali dovrebbe essere ancora centrale per riformare la classe politica.
Secondo Gramsci gli intellettuali non devono essere degli eruditi, ma coloro che cercavano di dare organicità a un pensiero, con una comprensione partecipe, si occupano di concezioni globali, di direzione ideale all’interno di una lotta tra visioni contrapposte.
Oggi potremmo dire che sono coloro che aiutano a fare chiarezza nel caos illogico del bombardamento delle immagini e delle informazioni. Riportare la virtualità delle parole al confronto con i fatti. Un intellettuale si deve porre come scopo primario quello di rappresentare il rapporto tra pensiero e azione, che non è mai scontato e vive di una tensione vitale che richiede uno continuo riequilibrio. Gli intellettuali, cioè coloro che cercano di elaborare un pensiero collettivo da tradurre in azioni, sono il presupposto imprescindibile per formare una nuova classe dirigente.
Il PD non può pensare che per selezionare la classe dirigente basti la legge elettorale. Le classi dirigenti cadono quando si chiudono in se stesse, quando prevale quella negoziazione che degenera in clientelismo e corruzione, si formano invece quando forti ideali politici si organizzano e mobilitano la fiducia dei cittadini.
Benedetto Croce parlava di Classe dirigente come di una “classe non classe”, perché non è un ceto, ma una categoria spirituale che media tra gli interessi economici e porta a sintesi ideali superiori. La storia della letteratura rappresenta spesso la coscienza di un popolo che, nelle contraddizioni e rielaborazioni delle idee, trova la contestualizzazione dentro il proprio tempo. Questo è vero sicuramente per l’Italia e l’intellettuale che ne ha compreso e descritto lo sviluppo è Francesco De Sanctis.
Ci sono delle pagine magistrali nella “Storia della letteratura italiana” dove l’autore contrappone Machiavelli a Guicciardini. Machiavelli, importante anche per essere stato il primo a conferire valore letterario alla lingua come prosa anziché in versi, è l’uomo nuovo che, non curandosi delle questioni sopraterrene, rimette l’uomo con i piedi per terra, al centro della vita sociale e artefice del proprio destino, per lui la virtù è la forza e la coerenza nel raggiungere gli obiettivi. L’uomo di cui parla Machiavelli non è immorale, ma sa che le leggi che governano la politica hanno una loro “autonomia” rispetto alla morale ed è nostro compito cercare “la verità effettuale” e non le nostre immaginazioni. Insieme, però, Machiavelli coltiva una grande utopia, quella di una Patria, indipendente e libera alla quale abbiamo il compito di dedicare il meglio di noi stessi.
Dall’altra parte c’è Guicciardini, acuto storico e conoscitore dei costumi del popolo, che considera il pensiero di Machiavelli non così concreto, bensì velleitario, e consiglia sì di guardare all’interesse generale, ma solo fintanto che questo non contrasta con il nostro “particulare” che è ben più importante, a suo dire.
Pensiamo anche a quanto, ancor oggi, la distinzione tra “particulare” e virtù pubblica, sia presente nel popolo italiano e soprattutto in quella parte che avrebbe il compito di essere “classe dirigente”, cioè di elaborare, in ogni ambito, dall’impresa alla pubblica amministrazione, dall’opinione pubblica alle Istituzioni, le idee, gli indirizzi strategici per riposizionare la nostra comunità nel futuro. Forse oggi, più che di una “classe dirigente” , termine che strizza un po’ l’occhio anche a Guicciardini, un partito come il PD che vuole svolgere una funzione nazionale e riformatrice deve porsi l’obiettivo di far nascere una classe al servizio della comunità, quello che nei paesi anglosassoni, con parole più fortunate, viene chiamato “civil servant”. Una collettività di persone che sceglie il servizio del bene pubblico anziché il proprio “particulare”.
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http://www.unita.tv/opinioni/per-selezionare-la-classe-dirigente-non-basta-la-legge-elettorale/