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Autore Discussione: Roberto Rezzo - Columbine e le altre mattanze made in Usa  (Letto 2370 volte)
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« inserito:: Novembre 08, 2007, 06:52:58 pm »

Columbine e le altre mattanze made in Usa

Roberto Rezzo


School Shooting. È il termine con cui viene definito un particolare tipo di violenza, quella delle stragi a scuola. Giovani che uccidono compagni e insegnanti in un apparente raptus di follia omicida. È un fenomeno sproporzionatamente americano. Nel resto del mondo in trent’anni si contano sette casi in Canada, tre in Israele, due in Finlandia, uno in Australia, Germania, Libano, Scozia e Yemen. Trentasette negli Stati Uniti. Il primo nell’estate del 1966 ad Austin: Charles Whitman, 25 anni, studente alla Texas University, si barrica sulla terrazza dell’osservatorio con due fucili e comincia a sparare all’impazzata. Uccide 14 persone e ne ferisce 31 prima di essere colpito a morte dalla polizia. L’ultimo il 10 ottobre scorso alla SuccessTech Academy di Cleveland in Ohio: Asa Coon, 14 anni, sospeso per un litigio in classe, si presenta a lezione con due pistole e ferisce quattro compagni prima di suicidarsi con un colpo alla testa.

A scuola gli episodi di ordinaria violenza come pestaggi, aggressioni con armi da taglio, rapine avvengono soprattutto nei quartieri più degradati delle grandi metropoli. Le stragi sono un fenomeno della provincia, delle aree residenziali, della classe media. Un fenomeno refrattario ai normali provvedimenti disciplinari. Il problema delle armi da fuoco in classe viene dichiarato un’emergenza nazionale nel 1997 quando le statistiche del dipartimento all’Educazione contano in merito 6.300 espulsioni: il 58% degli studenti era stato beccato con una pistola, il 17% con un fucile a pompa, gli altri con un assortimento di mitragliatori di uso militare. Da allora le scuole sono corse ai ripari rivolgendosi a imprese specializzate nella sicurezza di aeroporti, centrali nucleari e carceri. Sono stati installati metal detector, telecamere, cancelli elettrici con comando a distanza, porte blindate. Guardie private per controllare borse e zainetti, ispezionare armadietti, presidiare gli ingressi. Le organizzazioni per i diritti civili hanno sollevato dubbi di costituzionalità e in alcuni casi sono state intraprese azioni legali per violazione delle privacy. Un’idea dei risultati ottenuti la fornisce lo studio pubblicato nel 2005 dal Center for Disease Control and Prevention di Atlanta: 1.079.301 studenti delle superiori hanno portato un’arma a scuola almeno una volta al mese e 1,3 milioni in un anno sono stati quelli minacciati o feriti con un’arma.

Il documentario di Michael Moore sulla strage di Columbine nell’aprile del 1999 in Colorado ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica il problema della facilità con cui nella maggior parte degli stati americani è possibile comprare armi e munizioni. I protagonisti di Elephant, il film di Gus van Sant che ha raccontato nei dettagli la lucida follia di un massacro a scuola, fanno shopping su Internet e si fanno recapitare a casa un arsenale da guerra. La potente National Rifle Association, l’organizzazione degli armaioli, sostenendo che nella maggior parte dei casi le armi erano state rubate, ha avuto buon gioco con i legislatori nel bloccare ogni tentativo di regolamentarne seriamente il commercio. E minacciando di chiudere i cordoni della borsa dei finanziamenti elettorali è riuscita persino a non far rinnovare il bando imposto dall’amministrazione Clinton sulla vendita al pubblico di armi da guerra. In compenso sono stati creati sofisticati modelli computerizzati per aiutare le scuole a identificare i potenziali stragisti, con un business di consulenze che fattura centinaia di milioni di dollari l’anno. Il più celebre e controverso è la versione scolastica del Mosaic Threat Assessment Systems, metodo creato per aiutare le forze dell’ordine a individuare potenziali criminali sulla base di un profilo statistico. Uno studio condotto su scala nazionale dalla polizia mette in guardia sulla sua affidabilità: fornisce un profilo troppo generico. E le statistiche confermano che non esiste una tipologia di studente serial killer. Alcuni vivono con entrambi i genitori in un modello ideale di famiglia americana, altri sono figli di divorziati. Qualcuno è un solitario, ma nella maggior parte dei casi hanno un normale giro di amicizie. L’elemento comune è che non improvvisano, tutto è accuratamente pianificato. Acquistano le armi, studiano l’azione, parlano dei loro piani con i compagni. E nessuno li prende sul serio. Sono stati tre milioni i crimini denunciati lo scorso anno.

Pubblicato il: 08.11.07
Modificato il: 08.11.07 alle ore 15.07   
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