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« Risposta #2 inserito:: Novembre 03, 2007, 08:05:34 am » |
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La morte del fondatore dell'associazione Papa Giovanni XXIII
Don Benzi, una vita per gli ultimi
Gli ideali: «Condividere la vita degli ultimi, condurre una vita da poveri, lasciandosi guidare nell'obbedienza»
RIMINI - Don Oreste Benzi era nato il 7 settembre 1925 a San Clemente, un paesino nell'entroterra romagnolo, da una famiglia di operai, settimo di 9 figli. A 12 anni entra in seminario e viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1949. Pochi giorni dopo è nominato cappellano della parrocchia di San Nicolò, a Rimini. Nell'ottobre 1950 viene chiamato in seminario come insegnante e nella stessa data è nominato vice assistente della Gioventù Cattolica di Rimini (ne sarà poi assistente nel '52). In quel periodo matura in lui la convinzione dell'importanza di aiutare gli adolescenti, nei quali si formano «i metri di misura definitivi dei valori di vita». Don Oreste riteneva fondamentale realizzare attività che favorissero un «incontro simpatico con Cristo». In questo progetto rientra la costruzione di una casa alpina ad Alba di Canazei (Trento), dal 1958 al 1961.
ASSOCIAZIONE - Mantenendo l'impegno fra i giovanissimi, nel '53 è chiamato a direttore spirituale nel seminario di Rimini per i giovani dai 12 ai 17 anni. Nel frattempo oltre che in seminario insegna religione nella scuola agraria «San Giovanni Bosco» di Rimini. Nel '59 viene trasferito al liceo classico «Giulio Cesare», nel '63 allo scientifico «Serpieri» e nel 1969 allo scientifico «Volta» di Riccione. Proprio in quegli anni avviene il reclutamento di giovani con il compito di animare i soggiorni montani degli adolescenti in difficoltà. Nel '68, con questo gruppetto di giovani e con alcuni sacerdoti, Benzi dà vita all'associazione Papa Giovanni XXIII, che ottiene poi il riconoscimento della personalità giuridica. Don Oreste Benzi guida l'apertura della prima Casa Famiglia a Coriano il 3 luglio 1972.
LE STRUTTURE - Oggi l'associazione conta 200 case famiglia in Italia, «disponibili ad accogliere non solo i propri figli naturali ma anche quelli da rigenerare nell'amore», 6 case di preghiera, 7 case di fraternità, 15 coop sociali in cui vengono inserite persone svantaggiate, 6 centri diurni per valorizzare le capacità di persone con handicap gravi, 32 comunità terapeutiche, la Capanna di Betlemme per i poveri. L'impegno della comunità fondata da don Benzi prevede varie forme di condivisione con minori e giovani in condizioni di disagio, persone con handicap, detenuti, zingari, tossicodipendenti, etilisti, senza fissa dimora, immigrati, anziani, malati di Aids, madri in difficoltà, donne costrette a prostituirsi. E ancora, il sostegno all'obiezione di coscienza (anche con l'Operazione Colomba, «una presenza non violenta nei fronti contrapposti delle zone di guerra per "gettare ponti e lenire le ferite"), l'azione missionaria con progetti di autosviluppo nei Paesi poveri, l'attività editoriale con il mensile Sempre.
ALL'ESTERO - Da oltre trent’anni la comunità opera nel mondo dell’emarginazione anche all’estero. È presente in Albania, Australia, Bangladesh, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Croazia, India, Kenya, Romania, Russia, Tanzania, Venezuela e Zambia. Nell'83 ha ottenuto il riconoscimento di aggregazione ecclesiale da parte dell'allora vescovo di Rimini mons. Giovanni Locatelli e nel '98 è stata riconosciuta dal Pontificio Dicastero dei Laici. Recentemente ha ottenuto i riconoscimenti canonici del Pontificio Consiglio dei Laici.
GLI IDEALI - «Mossi dallo spirito a seguire Gesù povero e servo - si legge nello Statuto e nella Carta di fondazione della comunità - i membri, per vocazione specifica, si impegnano a condividere direttamente la vita degli ultimi mettendo la propria vita con la loro vita, facendosi carico della loro situazione, mettendo la propria spalla sotto la loro croce, accettando di farsi liberare dal signore attraverso loro. L'amore ai fratelli poveri di cui si condivide la vita deve spingersi fino a cercare di togliere le cause che provocano il bisogno e quindi porta la comunità a impegnarsi seriamente nel sociale, con un'azione non violenta, per un mondo più giusto ed essere voce di chi non ha voce». Questo, nella pratica, «condividendo la vita degli ultimi, conducendo una vita da poveri, lasciandosi guidare nell'obbedienza, dando spazio alla preghiera e alla contemplazione, vivendo la fraternità secondo il Vangelo».
02 novembre 2007
da corriere.it
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