Chi era Giancarlo Siani?
Giancarlo Siani era un giovane giornalista pubblicista napoletano.
Fu ucciso a Napoli, la sera del 23 settembre 1985, sotto casa, nel quartiere residenziale del Vomero: aveva compiuto 26 anni il 19 settembre, pochi giorni prima.
Appartenente ad una famiglia della borghesia medio-alta napoletana, Siani, aveva frequentato con ottimo profitto il liceo classico al "Giovanbattista Vico" dove, alla cultura classico-umanistica aveva affiancato quel fermento politico dei movimenti della sinistra studentesca, conosciuto come "i ragazzi del 77" dal quale si distaccò per un passaggio attraverso i movimenti non violenti.
Si era iscritto all’Università e, contemporaneamente, aveva iniziato a collaborare con alcuni periodici napoletani, mostrando sempre spiccato interesse per le problematiche sociali del disagio e dell'emarginazione, individuando in quella fascia il principale serbatoio della manovalanza della criminalità organizzata, "la camorra".
Iniziò ad analizzare prima il fenomeno sociale della criminalità per interessarsi dell'evoluzione delinquenziale delle diverse "famiglie camorristiche", calandosi nello specifico dei singoli individui. Fu questo periodo che contrassegnò il suo passaggio dapprima al periodico "osservatorio sulla camorra" rivista a carattere socio-informativo, diretta da Amato Lamberti e successivamente al quotidiano "Il Mattino", come corrispondente da Torre Annunziata presso la sede distaccata di Castellammare di Stabia, Comune di oltre 90mila abitanti, distante una decina di chilometri da Torre Annunziata. E cosi Siani iniziò a frequentare quella redazione, trattenendosi a scrivere lì i propri articoli: in pratica faceva vita di redazione, pur non potendo ufficialmente, essendo solo un corrispondente.
Ma era accettato, non soltanto perchè si sapeva che di lì a qualche tempo il Direttore avrebbe firmato la lettera d'assunzione, ma perchè Giancarlo si faceva accettare per il suo modo di essere allegro, gioviale, sempre disponibile, sempre pronto ad avere una parola per chiunque, di conforto o di sprone, nella gioia come nella tristezza. Comunque le voci giravano: si sapeva che era soltanto questione di pochi mesi, un anno al massimo e Giancarlo sarebbe stato assunto. Fu in questo lasso di tempo che Siani scese molto in profondità nella realtà torrese senza tralasciare alcun aspetto, compreso e forse soprattutto quello criminale, che anzi approfondì con inchieste sul contrabbando di sigarette e sull'espansione dell'impero economico del boss locale, Valentino Gionta.
Un'esperienza che lo fece diventare fulcro dei primi e temerari movimenti del fronte anticamorra che sorgevano. Promotore di iniziative, firmatario di manifesti d' impegno civile e democratico, Siani era divenuto una realtà a Torre Annunziata: scomodo per chi navigava nelle acque torbide del crimine organizzato, d'incoraggiamento per chi aveva una coscienza civile, ma non aveva il coraggio per urlare.
Lui, invece, urlava con i suoi articoli, urlava con umiltà, ma paradossalmente riusciva ad insinuarsi. Aveva capito che la camorra s'era infiltrata nella vita politica, della quale riusciva a regolare ritmi decisionali ed elezioni. La decisione di ammazzarlo fu presa all'indomani della pubblicazione di un suo articolo, su "Il Mattino" del 10 giugno 1985 (clicca sul bottone…) relativo alle modalità con le quali i carabinieri erano riusciti ad arrestare Valentino Gionta, boss di Torre Annunziata (attualmente in carcere condannato all'ergastolo) Siani spiegò che Gionta era diventato alleato del potente boss Lorenzo Nuvoletta (deceduto) , amico e referente in Campania della mafia vincente di Totò Riina.
Nuvoletta aveva un problema con un altro potente boss camorristico con il quale era giunto sul punto di far scoppiare una guerra senza quartiere. L'unico modo di uscirne era soddisfare la richiesta di costui e cioè eliminare Gionta. Nuvoletta che non voleva tradire l'onore di mafioso, facendo uccidere un alleato, lo fece arrestare, facendo arrivare da un suo affiliato una soffiata ai carabinieri. Siani venne a conoscenza di questo particolare da un suo amico capitano dei carabinieri e lo scrisse, provocando le ire dei camorristi di Torre Annunziata. Per non perdere la faccia con i suoi alleati di Torre Annunziata, Lorenzo Nuvoletta, con il beneplacito di Riina, decretò la morte di Siani.
L’organizzazione del delitto richiese circa tre mesi, durante i quali Siani continuò con sempre maggior vigore la propria attività giornalistica di denuncia delle malefatte dei camorristi e dei politici loro alleati, proprio nel momento in cui piovevano in Campania i miliardi per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 1980. Questa è la verità giudiziaria dimostrata dagli inquirenti 8 anni dopo il delitto, con la collaborazione di alcuni pentiti e confermata per tutti gli imputati, (con la sola eccezione del boss Valentino Gionta,) nei tre gradi di giudizio con una serie d'ergastoli. Ma sicuramente dietro l'uccisione del giornalista Siani ci sarà anche dell'altro……… Da -
http://www.giancarlosiani.it/biografia.html