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Autore Discussione: Fisco Equo pubblica una sintesi dell’intervento di Massimo Romano ...  (Letto 2011 volte)
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« inserito:: Maggio 22, 2016, 12:02:53 pm »

Salve Ggianni,

ti segnaliamo questo nuovo intervento pubblicato sul sito: Il creditore pubblico tra limiti del sistema e crisi economica
   
Fisco Equo pubblica una sintesi dell’intervento di Massimo Romano* nel corso del convegno “Debitore forte & debitore debole” che si è svolto a Rimini lo scorso 6 maggio.

La crisi economica ha evidenziato, e in alcuni casi messo a nudo, molti dei limiti strutturali che caratterizzano la nostra finanza pubblica. Da un lato le difficoltà nel contenere il debito pubblico, che anzi non accenna a diminuire. Dall’altro l’incapacità di far fronte a situazioni di grave iniquità, come testimoniano i dati sulla pressione fiscale, che peraltro è quasi integralmente sulle spalle di lavoratori dipendenti e pensionati. In questo contesto si inserisce il problema ulteriore del credito pubblico e dell’evasione fiscale. Un problema che sta assumendo contorni sempre più preoccupanti, e che vede lo Stato e le amministrazioni pubbliche non in grado di riscuotere i crediti già accertati ed esigibili. Quello che sta emergendo con sempre più forza, in altre parole, è il ruolo dello Stato come creditore debole.

Entrate sì, ma sulla carta. Per comprendere la portata del problema è necessario qualche dato. Nel 2014 le entrate contabilizzate dalle Pa ammontavano a 772,2 miliardi. Nel 2015 le entrate tributarie erariali di competenza sono state pari a 436,3 mld di euro, mentre quelle degli enti territoriali pari a più di 66 mld. Se a ciò si aggiungono le entrate extratributarie, si ha la dimensione di quanto il bottino sia considerevole. Ma tutto ciò che è accertato deve essere poi riscosso, ed è qui che iniziano i problemi. I numeri di Equitalia, in questo senso, sono emblematici: per gli affidamenti più remoti (dal 2000 al 2003), al 2015 la percentuale di riscossione supera di poco il 20%, e se si guarda al periodo più recente la situazione è ancora più desolante. Basti pensare che nel 2010, su un carico netto affidato di 68,2 mld, risulta un riscosso di poco superiore all’11%. E si tratta solo della punta dell’iceberg. Dal rendiconto 2014 della Corte dei Conti emerge come l’Irpef, Ires e Iva dichiarate e non versate dai contribuenti siano passate da 8 miliardi nel 2008 a 10,6 mld nel 2011, ma soprattutto che su 31,2 miliardi di sanzioni non tributarie accertate nel 2014 siano stati riscossi solo 2,8 mld.

Cause e soluzioni. Insomma, così il sistema di riscossione non funziona. Ciò è dovuto, tra gli altri, al meccanismo “scritture contabili/dichiarazione/versamento spontaneo” che non consente una emersione puntuale delle basi imponibili e quindi un adeguato contenimento dell’evasione, al contrario del meccanismo della ritenuta d’acconto utilizzato da lavoratori dipendenti e pensionati. Per ridurre l’evasione, sostanziale e di riscossione, si può agire su due fronti. In primis adottando, su base obbligatoria, la fatturazione elettronica, integrandola poi con l’obbligo, per le operazioni tra soggetti Iva, del pagamento tracciato con ritenuta d’acconto a cura della banca intermediaria.

Discorso più approfondito merita il capitolo relativo alla tutela del credito tributario. I diversi strumenti –si pensi alle proroghe di rateazione- messi a disposizione delle imprese al fine di evitare il fallimento sono stati utilizzati in alcuni casi a scopo dilatorio, in altri hanno portato a insolvenze definitive. A ciò si aggiunge un elemento di iniquità nel sistema di riscossione “coattiva”, che di fatto non tiene conto della situazione patrimoniale del debitore e finisce con il colpire essenzialmente chi ha un reddito visibile. A corollario, va poi sottolineato come anche sul piano legislativo il credito pubblico si trovi in una posizione deteriore rispetto al credito privato. Per i debiti fino a mille euro, l’agente di riscossione non può avviare azioni di recupero prima di 120 giorni dall’invio del sollecito; l’iscrizione ipotecaria non è consentita per i debiti inferiori a 20mila euro, e se superiore deve essere preceduta da una comunicazione “preventiva” in cui si invita al pagamento entro 30 giorni; l’espropriazione immobiliare è vietata se l’immobile è ad uso abitativo, ha un valore inferiore a 120mila euro o non sono trascorsi almeno sei mesi dall’iscrizione ipotecaria; le somme dovute a titolo di stipendio o indennità possono essere pignorate in misura pari a un decimo (per importi fino a 2500 euro) o un settimo (se di importo compreso tra 2500 e 5mila euro). Appare chiaro quindi che un sistema di riscossione efficiente non possa prescindere da una normativa in grado di tutelare il credito pubblico tanto e anche più del credito privato.

* L'autore è stato direttore del Dipartimento delle entrate dal 1996 al 2000 e direttore dell'Agenzia delle entrate nel 2001 e dalla fine del 2006 al maggio 2008. Attualmente è consigliere della Corte dei conti. (Qui la versione integrale).

Da – Fisco Equo
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