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Autore Discussione: Barbara CIOLLI Kurdistan, la lotta per un unico Stato  (Letto 2302 volte)
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« inserito:: Marzo 22, 2016, 05:55:57 pm »

Kurdistan, la lotta per un unico Stato
Dopo Kobane la conferenza a Erbil, poi il referendum. Lo scrittore curdo-iracheno Shorsh Surme sul progetto d'indipendenza. E le resistenze di Erdogan.

Di Barbara Ciolli
| 30 Ottobre 2014

Hanno partiti e idee anche diverse, come in ogni ipotetica democrazia, ma da più di 100 anni li unisce il sogno di uno Stato loro negato.
Chi sostiene che sono divisi, se la storia ha continuamente loro sbarrato la strada spingendoli a coltivare progetti federali separati, non conosce i curdi.
UNITI VERSO KOBANE. Dopo settimane di dinieghi e - loro malgrado - temporeggiamenti, i peshmerga del Kurdistan iracheno hanno superato le frontiere della Turchia, diretti a Kobane, verso una grande battaglia comune: 150 unità, cinque camion con armi pesanti e mezzi anticarro, un'ambulanza e sei minibus sono in viaggio, in rinforzo all'ala siriana (Ypg) del Pkk.
L'occasione è unica e certo molti, anche nei mesi a venire, remeranno contro, Ankara in primis.

LE BUGIE DI ERDOGAN. «Il governo di Recep Tayyip Erdogan ha insinuato che i peshmerga non volessero aiutare la resistenza di Kobane. Tutto falso», racconta a Lettera43.it Shorsh Surme, scrittore curdo rientrato da Erbil, il capoluogo della regione curdo-irachena, dopo l'esplosione della guerra contro l'Isis.
«Peccato. In buona fede, avevamo creduto nel dialogo tra Erdogan e Öcalan. Invece la Turchia ha messo prevedibilmente i bastoni tra le ruote ai combattenti del Pkk e del Ypg in Siria. E non è venuta incontro neanche ai peshmerga in Iraq».

REFERENDUM PER L'INDIPENDENZA. Ma, senza calcare la mano, i curdi vanno avanti. Specie dopo che Ankara, complici le manifestazioni e le pressioni degli Usa, ha dovuto cedere. «In Iraq ci siamo fatti una brutta guerra, non ripeteremo l'errore. Respingendo gli islamisti, in Siria c'era il rischio che i curdi combattessero contro altri curdi di formazioni minori, uniti ai ribelli. Così nel 2013», continua Surme, «Pkk, Ypg e tutti gli altri movimenti si sono riuniti a Erbil, in previsione di una conferenza nazionale curda. In vista di un referendum per l'indipendenza».

DOMANDA. Poi cos'è successo?
RISPOSTA. Guarda caso è riesplosa la guerra in Iraq contro l'Isis. Anziché puntare direttamente verso Baghdad o verso i pozzi petroliferi del Sud, i jihadisti hanno preso Mosul, a una cinquantina di chilometri dalla regione autonoma curda. Vengono tanti dubbi.
D. A Mosul c'è la diga, strategica per il controllo del Paese.
R. Certo, infatti i peshmerga hanno respinto i jihadisti anche fuori dal Kurdistan per salvarla. Ma loro hanno continuato ad accanirsi nel Nord, contro i curdi yazidi.
D. Come vive il fronte iracheno i raid degli Usa?
R. L'Isis è stato allontanato dai centri della provincia di Ninive, la vecchia Mosul, vicini al confine curdo. Ma Mosul, e in parte anche Kirkuk, restano in mano ai jihadisti. L'esercito iracheno è inesistente. Era stato ricostruito dagli Usa su base etnica e religiosa e abbiamo visto i risultati.
D. Chi ha combattuto e combatte sul terreno?
R. Al Nord i peshmerga curdi iracheni, aiutati dai fratelli del Pkk dalla Turchia e dalla Siria. E dai curdi iraniani, venuti a respingere l'Isis. Si resiste, ma fa freddissimo. Piove sul bagnato.
D. Dopo no perentori, è arrivato il sì della Turchia ad aprire le frontiere ai peshmerga. Ma poi si è detto: «Sono loro che non arrivano».
R. Tutte falsità, mancavano i permessi. E l'entrata, rimandata il più possibile, il presidente del Kurdistan iracheno Masoud Barzani l'aveva chiesta non una, ma cento volte. È Ankara che vuole separare i curdi iracheni dal Pkk e dai curdi siriani. Una guerra psicologica continua.
D. Qualche esempio?
R. Al mio rientro da Erbil ho fatto scalo in Turchia, con l'unica compagnia aerea che ancora volava, la Turkish Airlines. Lufthansa e Austrian Airlines erano ferme. Intanto, potendoci guadagnare, Turkish aveva alzato i prezzi alle stelle.
D. Poi?
R. Oltre al passaporto, mi sono state richieste la patente e la carta d'identità. Documenti inutili ai fini dei controlli.
D. Eppure nel 2013 Erdogan sorprese accettando la tregua armata con il Pkk, grazie anche alla mediazione di Barzani.
R. Una delusione. Io stesso, in buona fede, ci avevo creduto. Invece era solo una mossa elettorale per guadagnare consensi. Per far votare il partito islamico di Erdogan anche ai curdi. Se in Turchia tutti avessero votato per i due partiti curdi, ora avrebbero più forza.
D. Invece com'è andata?
R. Siamo stati ingannati. Archiviato il successo alle Presidenziali, Erdogan e il suo ex ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, promosso premier, hanno iniziato una guerra sporca.
D. Erdogan pareva amico dei curdi di Erbil...
R. Per forza, gli imprenditori turchi hanno investito miliardi nel Kurdistan iracheno. Non era sincero. Non solo non ha aiutato, come prevedibile, i curdi vicini al Pkk in Siria. Ma non ha neanche mosso un dito in Iraq contro l'Isis. Mai ci saremmo aspettati un'ostilità del genere.
D. Davvero tutto ruota sempre attorno alla paura di un Kurdistan unito?
R. Per me sì. Se davvero i jihadisti sunniti fossero spinti solo dal fanatismo religioso da Mosul avrebbero attaccare la maggioranza sciita a Sud. Invece hanno improvvisamente cambiato rotta. C'è lo zampino della Turchia.
D. Le autorità turche non hanno chiuso neanche gli uffici dell'Isis a Istanbul.
R. Se è per questo hanno anche curato i jihadisti: la frontiera era sbarrata solo ai curdi. Nella capitale Ankara, poi, è stato ucciso un capo dell'Isis. Notizia passata in silenzio: hanno insabbiato tutto.
D. Quanto è concreta una prossima dichiarazione d'indipendenza dei curdi?
R. Nel 2013, a Erbil, tutti i partiti curdi dei diversi Paesi si sono raggruppati, in previsione di una grande conferenza nazionale. E, in prospettiva, di un referendum per uno Stato curdo. La reunion è servita anche a ricompattare i movimenti di vari orientamenti politici.
D. La Turchia e anche l'Iran si saranno allertati.
R. Chiaramente non è andata loro giù. Neanche ai nazionalisti arabi iracheni. L'ex premier Nuri al Maliki ha iniziato a non pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici della regione autonoma curda. E neanche il suo successore, Haider al Abadi, si è rivelato più elastico.
D. Dove sono più frammentati i curdi?
R. In Siria. Con la guerra, all'inizio è capitato che combattessero addirittura tra loro: i laici del Ypg di Kobane contro i curdi che avevano aderito al Consiglio nazionale siriano dei ribelli.
D. Poi hanno trovato un accordo.
R. A Erbil è stato anche firmato un protocollo per la collaborazione di tutti i partiti alla creazione di un'entità curdo-siriana: la regione autonoma di Rojava, che al momento ha tre cantoni, sul modello svizzero.
D. Per il Kurdistan iracheno si tratta di una possibile annessione territoriale...
R. Volevamo innanzitutto scongiurare l'errore imperdonabile di una nuova guerra fratricida, come in Iraq. Con il Pyd, il partito dei guerriglieri Ypg che governa a Kobane, i peshmerga hanno siglato un accordo militare. Faranno tutto il possibile per aiutarli.
 D. Con i rinforzi della Free Syrian Army (braccio armato dei ribelli) mandati in aiuto a Kobane, è esplosa un'altra polemica. La Turchia li ha fatti addirittura entrare prima dei peshmerga.
R. È un'altra mossa diabolica per affossare il progetto curdo e coronare il sogno ottomano. Le brigate di insorti siriani si sono man mano radicalizzate, alcuni gruppi di ispirazione islamista hanno finito per combattere contro i curdi. Chiaramente il soccorso della Free Syrian Army crea malumore.
D. Cosa intende per sogno ottomano?
R. Prima del crollo, tra i vari territori dell'attuale Turchia c'erano Mosul e il Nord della Siria: una zona ricca, alla quale Ankara non ha mai rinunciato. I peshmerga curdi danno fastidio.
D. Ma infine li hanno fatti passare, lentamente e contingentati.
R. Non solo per le pressioni degli Usa. In Turchia vivono circa 20 milioni di curdi, senza contare gli altri 4 milioni nel Kurdistan iracheno e i milioni di curdi che protestano nel mondo. Abbiamo iniziato a boicottare i prodotti turchi.
D. Dopo i raid, gli Stati Uniti hanno fatto abbastanza per i curdi?
R. Ho sempre tifato molto per Obama. Ma adesso sono critico. Nessuno pretendeva un intervento dei turchi a terra, come surrogato ai marine. Ma gli americani dovevano obbligare Ankara a fornire le basi, i turchi sono alleati della Nato.
D. Gli Usa dovevano anche ripulire l'Iraq dalle presunte armi di distruzione di massa di Saddam. Invece, ancora una volta, i curdi potrebbero essere stati vittime del vecchio arsenale chimico del regime.
R. Aspettiamo i risultati. Le ustioni chimiche riportate dai curdi a Kobane sono compatibili con le ferite da gas mostarda. Pare che una caserma semi-abbandonata con delle testate chimiche nell'Al Anbar, la provincia irachena invasa dall'Isis, sia stata assaltata dai jihadisti.
 
Twitter @BarbaraCiolli
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Da - http://www.lettera43.it/politica/kurdistan-la-lotta-per-un-unico-stato_43675145960.htm
« Ultima modifica: Aprile 16, 2016, 10:26:40 am da Admin » Registrato
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