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Autore Discussione: Salvatore BRAGANTINI. La rete di sicurezza, il pilastro che manca nell’Unione...  (Letto 2207 volte)
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« inserito:: Dicembre 30, 2015, 06:11:23 pm »

La rete di sicurezza, il pilastro che manca nell’Unione bancaria
La questione resta aperta e le posizioni distanti, la Germania ritiene che si potrà pensare a una assicurazione europea sui depositi solo quando diminuirà l’incidenza del debito pubblico sui bilanci


Di Salvatore Bragantini

Nel 2016, con il nuovo regime dei salvataggi, andrà completata l’Unione bancaria avviata nel ‘14, sciogliendo il nodo dell’assicurazione sui depositi; la partita si giocherà sul peso del debito pubblico, ritenuto con quella incompatibile. Su questo tema si decideranno i destini dell’euro e in definitiva della Ue.

Per Jens Weidmann, presidente Bundesbank, l’euro deve replicare il Deutsche Mark, perché questo è stato promesso ai tedeschi. Conta, invece, quanto sta nei Trattati, riflesso dell’intesa franco-tedesca che partorì la moneta unica: la Germania rinunciava al monopolio della politica monetaria europea per condividerlo con altri, anzitutto la Francia che, potendolo fare, non bloccò l’unificazione, meta storica della leadership tedesca.

L’Unione bancaria deve riunificare il mercato europeo, ora segmentato dalla crisi, rompendo il circolo vizioso fra la solvibilità delle banche e quella degli Stati i cui titoli detengono. È una complessa costruzione, basata su una regolamentazione unica per tutta la Ue. Per sostenerla nell’eurozona servono tre pilastri, di cui due esistono già: un unico vigilante, il Single Supervisory Mechanism e un Fondo di Risoluzione, che salirà (troppo gradualmente) a 55 miliardi. Manca un pilastro, l’assicurazione europea dei depositi. A fine novembre la Commissione Ue ne ha proposto uno schema, che la Germania ora rigetta. Per Weidmann e per il suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, si potrà pensare ad un’assicurazione europea solo quando l’incidenza dei titoli del debito pubblico di uno Stato sui bilanci delle banche sarà scesa molto; nel frattempo, esse dovranno appostare capitale per coprirne i rischi, altrimenti una crisi del debito di quello Stato metterebbe a rischio la banca e i depositi che raccoglie, facendo scattare la responsabilità di altri Stati. Ovviamente, per loro chi va in crisi sarebbe l’Italia, e alla Germania toccherà tappare i buchi. Serve una pazienza infinita per reiterare quanto la leadership tedesca sa ma tace. Che l’Italia non è costata un euro ai contribuenti degli altri Paesi; il nostro debito pubblico è invece salito di 60 miliardi, versati per salvare altri Paesi permettendo alle banche tedesche e francesi di rientrare dai crediti improvvidamente concessi. Tanto per chi paventa sì i rischi dell’azzardo morale, ma solo a corrente alternata.

Il debito pubblico italiano pare eccessivo da 30 anni, di cui 15 con la lira e 15 con l’euro, eppure il calabrone sempre vola; chi lasciò il rischio Italia per i quieti lidi sudamericani ancora si lecca le ferite. Certo, il nostro debito pubblico è la zavorra che, insieme ora ai crediti dubbi, strangola lo sviluppo; non va però dimenticato il basso livello del debito privato, e la disponibilità di valori finanziari delle famiglie (4.000 miliardi).

In ogni sistema finanziario servono «valori àncora», cioè privi di rischio: per definizione i titoli di Stato. Se si leva l’àncora, la nave va alla deriva. E se le banche devono disfarsi dei titoli pubblici italiani, che a quel punto perderebbero il rating investment grade, in cosa investiranno? Senza l’àncora, anche i titoli corporate italiani sarebbero venduti a man bassa; resterebbero solo i titoli della Core Europe?

Che in un’unione monetaria ed economica, ma con mercati così segmentati, qualcuno di responsabile affermi di doversi premunire dalla crisi di debito di uno Stato sovrano, per di più grande, equivale ad urlare alla bomba in un teatro chiuso. Una follia, questa sì da controbattere duramente nei vertici europei, a difesa non dell’Italia, ma di tutta la Ue; la cui moneta è l’euro, se il diuturno lavorìo delle termiti britanniche non riuscirà a disfarla.

Senza una rete di sicurezza europea sui depositi, all’Unione bancaria manca un pilastro essenziale: lo ha ricordato più volte la Bce, per bocca del suo presidente. Ben lo sanno i mercati, che trarrebbero presto le conseguenze se Berlino insistesse su quella linea; la finanza mondiale ci metterebbe un decennio a superare eventi come quelli che la leadership tedesca odierna — ombra di quella che fu — quieta prende in considerazione apertamente.

Fondamento del sistema finanziario è la fiducia, che tali affermazioni picconano. È difficile pensare che chi le fa ne ignori la gravità; cosa può davvero volere? Magari le linee rette della prospettiva ordo-liberale contemplano l’ordinata ristrutturazione dell’eurozona, con l’uscita degli ignavi terroni e la costituzione di un nucleo duro e puro di Paesi allineati; certo, ci sarà qualche problemino a esportare con una moneta fortissima, ma ce la faremo, wir schaffen das! Se poi gli ignavi volessero proprio restare nell’euro, dovranno aprire i loro ricchi portafogli per ricondurre il debito pubblico verso il 60% prescritto dalle tavole di Maastricht. Se fossero davvero questi i piani B e C di Berlino, ne vedremmo delle belle.

24 dicembre 2015 (modifica il 25 dicembre 2015 | 08:13)
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Da - http://www.corriere.it/opinioni/15_dicembre_24/rete-sicurezza-pilastro-che-manca-nell-unione-bancaria-e87df4bc-aa1f-11e5-85c0-9f00ee6a341c.shtml
« Ultima modifica: Gennaio 09, 2017, 06:11:24 pm da Arlecchino » Registrato
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