Zingari: chi sono, da dove vengono e perché sono così odiati
Di Gabriella Tesoro 19.05.2014 7:11 CEST
Ci sono molte leggende e luoghi comuni che circondano gli zingari, una popolazione di origine antichissima che ha però sempre avuto difficoltà nell'integrarsi nei Paesi in cui vivono. Come mai c'è questo odio nei loro confronti? Come vivono gli zingari? Da dove vengono? In quante etnie si dividono? Ecco un quadro completo su uno dei popoli più controversi della storia.
Iniziamo dall'origine: la loro provenienza. Spesso si pensa che i rom provengano dalla Romania, ma in realtà hanno origini in una regione che si trova tra l'India e il Pakistan, ammesso che provengano tutti da un unico luogo. Le etnie zingare sono infatti tantissime: sinti, rom, romanichais, kalè o pavee, ed è difficile dire con certezza se provengono tutte da un unico territorio. Tuttavia, pare ormai approvata la teoria che vede il popolo zingaro provenire dal sub-continente indiano per via delle similitudini linguistiche, le caratteristiche somatiche e grazie anche a documenti antichissimi che ne testimoniano la presenza. Ad esempio, la parola "rom" deriva dal termine in sanscrito (un'antica lingua indiana) "domba" che significa "uomo libero"; oppure il termine "sinto" deriva da "Sindh", il nome del fiume Indro, il più lungo del Pakistan.
Bisogna però specificare che, essendo un popolo storicamente portato all'emigrazione, non possiamo parlare di una vera e propria patria d'origine, ma più che altro di luoghi in cui hanno soggiornato per un periodo storico più o meno lungo. Dalla regione indo-pakistana, nell'XI secolo gli zingari si sono spostati seguendo l'Indro, il Tigri, l'Eufrate, il Danubio, l'Elba, il Reno e il Rodano. Le cause di questi spostamenti di massa rimangono sconosciute, anche perché, altro fattore di non poco conto, le testimonianze su questo popolo si trasmettono per via orale ed è dunque molto facile che la realtà dei fatti diventi leggenda, o peggio, pura finzione. Tuttavia, gli studiosi sono concordi nell'attribuire la causa di questa emigrazione alle devastanti invasioni del re afghano Mahmud di Ghazna. Giunti prima in Iran e poi in Persia, gli zingari raggiunsero l'Armenia e il Caucaso meridionale, zone di influenza bizantina. Da lì a poco arrivarono in Turchia per giungere nei Balcani, dove si stabilirono definitivamente. È probabilmente da attribuirsi a questa lunga permanenza la credenza popolare che vede gli zingari provenire dai Paesi balcanici. Nei Balcani, gli zingari cominciarono a praticare mestieri che ancora oggi fanno: fabbri, maniscalchi, ferrai, esperti nella lavorazione del metallo, costruttori di armi, ma divennero anche ricercatori d'oro in Transilvania, o importanti musicisti in Ungheria, dove entrarono letteralmente a far parte del folklore locale, soprattutto per i brani eseguiti con il violino.
Tra il XIV e il XV secolo, gli zingari giunsero in Europa occidentale e, in seguito alla battaglia del Kosovo del 1392, dove l'impero ottomano sconfisse l'esercito serbo-cristiano sancendo l'influenza islamica nel territorio, i gitani raggiunsero anche l'Italia seguendo i profughi croati, kosovari, albanesi e greci. Viaggiavano in gruppo, spesso spacciandosi per gente facoltosa proveniente dall'Egitto. Una falsità che però è entrata talmente tanto nell'immaginario collettivo che ancora oggi gli zingari vengono chiamati in Spagna "gitanos" (dal latino "aegyptanus", derivazione di "Aegyptus", cioè "Egitto"), o nel Regno Unito "gypsies".
La convivenza con gli europei fu drammatica. A causa del loro abbigliamento bizzarro, della lingua incomprensibile, del loro vivere di elemosina e per le pratiche di chiaroveggenza, spesso scambiata per stregoneria, le autorità locali emanarono una serie di decreti che penalizzavano e discriminavano la popolazione. In Germania, per esempio, la pena di morte, normalmente riservata agli uomini, venne estesa anche alle donne zingare, oppure, nel 1500, ci fu un provvedimento imperiale che garantiva l'impunità a chiunque avesse ucciso uno di loro. Non andò meglio in Moldavia o in Valacchia, dove divennero servi della gleba. In Spagna, nel 1492 furono condannati all'esilio assieme ai mori e agli ebrei. In Ungheria furono accusati di cannibalismo. In Italia, il primo decreto di espulsione fu emanato a Milano nel 1512 perché accusati di portare la peste. Insomma, il ripudio e l'odio nei confronti di questa popolazione hanno origini antiche.
Le persecuzioni ebbero fine intorno al XVIII secolo, quando i sovrani illuminati piuttosto che condannarli a morte o all'esilio, cercarono di integrarli con la popolazione del luogo. Questo però significava spogliarli delle loro tradizioni e delle loro usanze. Ad esempio, in Ungheria e Transilvania, dove ormai vivevano da secoli in base alla loro cultura, furono obbligati ad abbandonare la loro lingua per esprimersi esclusivamente nella lingua nazionale. Inoltre, dovevano rinunciare alla loro vita nomade per stabilirsi in appartamenti, esercitare mestieri comuni, non mendicare, andare in chiesa e vestirsi come la popolazione locale. In cambio, il governo distribuiva case, mezzi agricoli e bestiame. L'iniziativa ovviamente fallì.
Abbandonata questa finta filantropia, i diversi Paesi divennero via via più liberali nei loro confronti, tant'è che in Romania, tra il 1855 e il 1856, vennero liberati dalla schiavitù. Da lì in poi, cominciò un'altra ondata migratoria che coinvolse non solo l'Europa, ma anche l'America, Brasile e Argentina in primis.
Tuttavia, dato lo storico odio nei loro confronti, era inevitabile che finissero nel mirino dei nazisti. Circa 500mila morirono in quello che gli zingari chiamano "barò porrajmos", che in lingua romanì significa "il grande genocidio". Considerati non solo come una razza inferiore, ma anche come degli "asociali", i gitani erano talmente discriminati tra i discriminati che ad Auschwitz vivevano in baracche a loro riservate.
Oggi gli zingari in Europa si aggirano intorno ai 10-12 milioni. In Paesi come Romania, Slovacchia, Turchia, Bulgaria e Serbia raggiungono il 5 per cento della popolazione. Tuttavia, è Bucarest ad ospitare il maggior numero di gitani in Europa. I dati sugli zingari in Italia sono piuttosto confusi, tra chi parla persino di 200mila e chi di appena 80mila. Circa l'80 per cento di loro ha la cittadinanza italiana e appena il 20 per cento sarebbe straniero e proveniente per lo più dai Balcani. I due più grandi ceppi si dividono in rom e sinti. I primi si sono insediati soprattutto nell'Italia centro-meridionale, mentre i secondi nel Nord. I sinti storicamente esercitano il mestiere di giostrai (per esempio, Moira Orfei e la sua famiglia sono di origine sinti), ma dato che si tratta di un lavoro "in via di estinzione" si stanno reinventando rottamatori o venditori. Entrambi, sia sinti che rom, sono per lo più cattolici. Difatti, le popolazioni zingare tendono ad adottare la religione del luogo in cui vivono. Questo fa sì che in Italia, ben il 75 per cento di loro è cattolico, il 20 per cento musulmano e il 5 per cento raggruppa ortodossi, pentecostali e testimoni di Geova.
Si tratta di un popolo piuttosto giovane: circa la metà di loro non supera i 18 anni e appena il 3 per cento arriva a oltre i 60. Il tasso di natalità è alto (5-6 bambini a famiglia), così come lo è quello di mortalità. Il matrimonio, in genere, avviene in giovane età ed è regolato da usanze e tradizioni che variano in base all'etnia di appartenenza. Difatti, per i sinti avviene tramite la fuga, cioè i due ragazzi vivono per qualche giorno da alcuni parenti; mentre per i rom la famiglia dello sposo "compra" la sposa, cioè corrisponde una cifra in denaro alla famiglia della giovane come una sorta di risarcimento. Ad ogni modo i matrimoni non sono regolati da rigide norme sociali, tant'è che possono sposarsi anche persone appartenenti ad etnie diverse.
A differenza di quanto si pensi, non tutti sono nomadi, anzi. Molti vivono in appartamenti e perfettamente integrati con la comunità locale, soprattutto da quando le loro storiche professioni, che li portavano a girovagare continuamente, stanno venendo meno. Ma il pregiudizio rimane, tant'è che nel rapporto sull'Italia della Commissione europea contro il Razzismo e l'Intolleranza (Ecri), Bruxelles ha invitato Roma ad abbandonare "il falso presupposto che rom e sinti siano nomadi" dato che, in base a tale idea, viene attuata "una politica di segregazione dal resto della società" con l'installazione dei "campi nomadi" nati per ospitare solo temporaneamente queste popolazioni e spesso sforniti dei servizi più basilari.
Ma non è solo l'Italia a guardare con disprezzo gli zingari. Anche negli altri Paesi i pregiudizi e la discriminazione persistono, sintomo che le credenze che si sono trascinate per secoli sono dure a morire.
Da -
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