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Autore Discussione: Carlo Macrì. Delitto La Rosa: l’oculista fu ucciso per una parola di troppo  (Letto 2099 volte)
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« inserito:: Marzo 28, 2015, 04:46:06 pm »

L’indagine sull’omicidio di Canolo (Reggio Calabria) avvenuto nel 2005
Delitto La Rosa: l’oculista fu ucciso per una parola di troppo
Scoperto il movente: aveva protestato perché delle mucche appartenenti ai capi delle ‘ndrine avevano invaso i suoi terreni

Di Carlo Macrì

CANOLO(Reggio Calabria) – Una parola di troppo rivolta ai capi delle ‘ndrine gli è costata la vita. Il medico oculista Fortunato La Rosa assassinato l’8 settembre del 2005 a Canolo (Reggio Calabria), ha pagato con la vita il «rimprovero» ai proprietari delle cosiddette «vacche sacre» che abusivamente occupavano i sui poderi, distruggendo il raccolto.

Conclusioni
A questa conclusione sono arrivati i carabinieri di Locri che venerdì mattina hanno arrestato Giuseppe Raso, 74 anni, già ai domiciliari per altri reati e il cognato Domenico Filippone considerati i mandanti dell’omicidio. Il professionista ha pagato con la vita la sua intransigenza all’illegalità. La Rosa fu ucciso con tre colpi di fucile caricato a pallettoni mentre a bordo della sua auto si stava dirigendo a Canolo, piccolo centro aspromontano, dove aveva i suoi possedimenti. I killer lo attesero in prossimità di una curva e mirarono alla testa. Un omicidio preparato nei dettagli, senza testimoni. Ci sono voluti dieci anni per capire il movente dietro il quale è maturato il delitto. Anche se la moglie dell’oculista Viviana Balletta, medico in pensione, sin da subito aveva individuato la matrice dell’omicidio nel pascolo delle «vacche sacre». Animali «intoccabili», che rappresentano il simbolo dell’occupazione. Le invasioni degli animali di proprietà di Raso e Filippone, nei terreni del medico La Rosa, erano diventate continue e a nulla sono servite le raccomandazioni dell’oculista che, dopo aver svolto la sua attività all’ospedale di Locri, aveva deciso di dedicarsi all’agricoltura.

Raccomandazioni
Per i due arrestati quelle raccomandazioni sono sembrate «fuori luogo» perché nessuno avrebbe potuto impedire alle loro mandrie di circolare liberamente nella zona. E soprattutto nessuno avrebbe dovuto rinfacciare loro, capi ‘ndrine in quel territorio, di limitare le scorribande delle loro bestie. Le «vacche sacre», soprattutto nella Piana di Gioia Tauro, sono state un problema da sempre. Nel 1986 la procura della Repubblica di Palmi ne aveva decretato l’abbattimento perché costituivano pericolo per l’incolumità dei cittadini. Nel 1995 i carabinieri ne avevano abbattuti 268 capi vaccini donando le loro carni a ospizi e orfanatrofi. Le «vacche sacre» furono protagoniste anche di un deragliamento del treno e di numerosi incidenti stradali: una ragazza perse un occhio e un giovane rimase paralizzato. Nessuno ha mai avuto un risarcimento per queste tragedie. In compenso, però, un contadino che ha aiutato a partorire una vacca, il giorno dopo si è trovato, dietro l’uscio di casa, uno scatolone pieno di vino, salame, zucchero e caffè.

La vicenda
La storia delle «vacche sacre» ha avuto origine dallo scontro di due famiglie mafiose i Facchineri e i Raso-Albanese. Una guerra di ‘ndrangheta originata dal furto di un maiale, che ha causato un centinaio di morti. Le famiglie impegnate in questa mattanza, non avendo il tempo per accudire alle loro bestie, le hanno abbandonate allo stato brado. E questo è stato sempre un problema, perché dopo il loro passaggio non resta nulla. Un giorno l’allora procuratore di Palmi Agostino Cordova non potendo contare sulla gente del posto, fece arrivare un gruppo di butteri dalla Maremma per radunare le mandrie sacre. Prima ancora di affidare l’incarico a questi guardiani, Cordova ha dovuto però pensare alla loro sicurezza e a quella dei cavalli. Le poche decine di capi che furono catturati non furono mai vendute all’asta, andata deserta. Il procuratore di Palmi contattò allora la «Simmenthal». Ci fu il problema del trasporto. Nessuno era disposto a caricare quelle bestie sui propri camion. E così fu necessario far giungere in Calabria un autotrasportatore dell’Umbria.

27 marzo 2015 | 16:25
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http://www.corriere.it/cronache/15_marzo_27/delitto-rosa-l-oculista-fu-ucciso-una-parola-troppo-9cdd3cce-d474-11e4-831f-650093316b0e.shtml
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