Inchiesta Mose, mai più grandi opere ‘urgenti’
Di Laura Puppato | 5 giugno 2014
Ieri mattina aprire i siti internet dei principali quotidiani mi ha gettato nello sconforto. Non che le notizie non fossero attese, ma di queste dimensioni, con i controllori (Guardia di Finanza e Magistrato alle Acque) e soprattutto una parte politicamente non irrilevante del Pd (per quanto sia la vecchia guardia) coinvolti, questo davvero non me l’aspettavo.
Valuteremo con attenzione le carte prima di esprimere giudizi definitivi, ma il ricco Veneto, il Veneto che vuole staccarsi dall’Italia perché di cultura “diversa”, è risultato invischiato, per molto, molto tempo, nel più italiano degli affari. Uno scandalo trasversale ai partiti, agli ambienti militari e civili, alla magistratura e alle stesse istituzioni. In meno di un mese Lombardia e Veneto, le due regioni forza motrice dell’intero paese si sono ritrovate nell’abisso del malaffare, travolte dai casi Expo e Mose. Non che non lo si potesse prevedere, visto il prevalente interesse delle forze politiche al governo verso i “grandi affari” sempre più occultati alla valutazione e alla semplice visualizzazione da parte di cittadini e rappresentanti politici interessati. Da anni, entrambe le opere sono al centro della lente di magistrati e comitati variamente composti, ma la dimensione presa dagli eventi è sconcertante.
E’ chiaro che in un momento del genere ognuno deve guardare in casa propria e ha poco senso giocare a chi l’ha combinata più grossa, cambierebbero infatti i parametri di confronto, ma non il succo. E’ altrettanto chiaro che in questo momento ha buon gioco chi dice “sono tutti uguali”, perché se lo stesso giorno vengono arrestati l’assessore regionale di centrodestra e il sindaco di centrosinistra, l’europarlamentare di centrodestra e il consigliere regionale di centrosinistra, i distinguo e i però non sono compatibili con un’analisi seria di quello che accade e soprattutto dovrà accadere fin da subito.
Fermo restando il principio, sacro allo stato di diritto, dell’innocenza fino a sentenza contraria, questo è il momento, per il Pd, del mea maxima culpa, della spiegazione senza giustificazioni agli elettori. Il partito è in una fase di transizione, con due forze interne che rappresentano due diversi modi di intendere la politica, in alcuni tratti decisamente contrastanti. Da una parte la vecchia idea di politica consociativa, che ha agganci ovunque e che accetta il compromesso e un’area grigia dove si può (ma non si deve perché è l’uomo a fare l’occasione ladra e non il contrario) insinuare il malaffare o la promiscuità con i grandi gruppi economici, imprenditoriali e finanziari. Dall’altra la contrasta una recente generazione di dirigenti, figlia della politica europea, del partito leggero e aperto, dell’autonomia della politica.
E’ evidente che la battaglia dei secondi è vincente, perché ne ha bisogno il paese, ma non è ancora vinta. Per vincerla definitivamente servono alcune forti e determinate decisioni politiche. Il famoso D.A.SPO. per i politici corrotti, subito una nuova legge sull’autoriciclaggio e l’anticorruzione che superi quella firmata Severino e soprattutto la cancellazione di alcune norme derivanti il codice degli appalti, in particolare la legge obiettivo e le leggi che bypassano procedure con motivazioni quali “emergenze di traffico, emergenze ambientali, etc…”.
E’ necessario assumere subito la nuova Valutazione Ambientale Integrata siglata in Europa grazie al lavoro di un europarlamentare italiano e veneto non rieletto (sigh!), Andrea Zanoni. In essa tempi e modalità vengono finalmente resi…europei! Già si è azionato l’acceleratore sulle opere pubbliche di grande valore, ma di scarsa consistenza economica individuale, inoltre si è attivata l’agenda digitale italiana rimasta lettera morta per troppo tempo, cosa che, non solo ha fatto perdere competitività, ma ha reso impermeabile e iper-burocratizzata la Pubblica amministrazione, con l’inevitabile soggettività e discrezionalità che questo implica.
Basta ad un’Italia con opere ed interventi pubblici commissariati per impedire accessi e democrazia o, al contrario, in altri casi per evitare continui rinvii e salassi in zone ad alto tasso di delinquenza. E’ evidente che questo sistema non può procedere così, Venezia segna il fallimento finale, negando efficienza, serietà e celerità di intervento, inserendo il Mose in una triste lista formata da quasi tutte le grandi opere a partire dai mondiali di nuoto di Roma, ai cantieri post terremoto in Abruzzo, alla Maddalena, etc...
Queste cose che oggi scrivo in diversi le stiamo dicendo da tempo, con una lunga “letteratura” consultabile online, non ultima l’interrogazione firmata assieme a Felice Casson che anticipava di quasi un anno quanto sarebbe successo sul M.O.S.E. Finché la classe politica non avrà ultimato la propria rigenerazione l’Italia non riuscirà a presentarsi come partner affidabile agli occhi dell’Europa e del resto del mondo. Il processo, nonostante tutto, è avviato, ma è ancora embrionale e va sostenuto e accelerato per non ricadere costantemente in un passato da cui sembriamo non riuscire a slegarci.
Da -
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/05/inchiesta-mose-mai-piu-grandi-opere-urgenti/1014885/