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Autore Discussione: La lettera di Gemayel trovata in casa di Scajola: «Lo portiamo in Libano»  (Letto 2290 volte)
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« inserito:: Maggio 10, 2014, 07:02:02 pm »

La lettera di Gemayel trovata in casa di Scajola: «Lo portiamo in Libano»
Venti righe al computer scritte dall’ex presidente: «Caro Claudio, Matacena avrà un documento»

di Giovanni Bianconi e Fiorenza Sarzanini

ROMA - Una lettera di una ventina di righe scritta al computer, in lingua francese, per garantire che «la persona potrà beneficiare in maniera riservata della stessa posizione di cui attualmente gode a Dubai. Avrà un documento di identità. Della questione si occuperà un mio incaricato e troveremo un modo per far uscire la persona dagli Emirati Arabi e farlo arrivare in Libano». È indirizzata a «mio caro Claudio», si conclude con un «amichevolmente», ed è stata sequestrata a Claudio Scajola durante la perquisizione effettuata dopo l’arresto. In calce c’è una sigla illeggibile, ma gli investigatori della Dia sono convinti che il mittente sia l’ex presidente libanese Amin Gemayel. Proprio lui sarebbe infatti il terminale della «rete» tessuta per favorire la latitanza dell’ex parlamentare del Pdl Amedeo Matacena, aiutandolo a trasferirsi da Dubai a Beirut e così a sfuggire all’esecuzione della condanna definitiva a cinque anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, inflitta in Italia. Nella missiva l’autore specifica che «per poter agire bisogna soltanto aspettare che si trovi un accordo per la formazione del nuovo governo». Ma soprattutto rassicura l’ex ministro italiano sulla consapevolezza che «la questione merita la massima attenzione e il mio incaricato ti terrà informato».

La scorta usata anche dalla signora per spostamenti più agevoli
I magistrati - il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho, il suo sostituto Giuseppe Lombardo e il sostituto procuratore nazionale antimafia Francesco Curcio - accusano Scajola di aver favorito la latitanza di Matacena «per tutelare gli interessi di natura economico-imprenditoriale in comune e portare a buon fine le operazioni in corso» e di aver «messo a disposizione un completo apparato logistico e una fitta rete di relazioni personali». Di questo apparato fa parte anche la scorta dell’ex ministro che, evidenziano i pubblici ministeri, «risulta parte attiva e determinante a garantire agevoli spostamenti nel territorio italiano della moglie di Matacena». Non solo. I pedinamenti e le intercettazioni dimostrano come Scajola «si spinge a dare disposizioni che la scorta si rechi in territorio estero senza “gli attrezzi”».

Spesso Scajola utilizza gli uomini della scorta anche per effettuare controlli per conto della signora Matacena. Annotano gli investigatori: «La prudenza e le procedure utilizzate per lo spostamento da Montecarlo a Milano e l’attenzione dimostrata per situazioni ritenute anomale - vedi il caso dell’autovettura di cui Stefano (uno dei poliziotti inseriti nel dispositivo di tutela, ndr ) si annota la targa e per la quale Scajola si adopera per sapere il proprietario - non fanno altro che confermare la natura illecita della condotta, particolarmente grave per la piena consapevolezza che si registra in capo al predetto e per la strumentalizzazione verso fini antigiuridici, ed ancor prima eticamente riprovevoli, del suo ruolo pubblico e della particolare influenza che ne deriva».

L’interesse «autonomo» di Scajola verso l’operatività di Matacena
Nella richiesta di arresto i pm scrivono: «La determinazione che caratterizza l’agire dello Scajola dimostra in modo inattaccabile che lo stesso è portatore di un interesse autonomo verso la pianificata conservazione dell’operatività diretta del Matacena... Ciò che merita di essere sottolineato è l’utilizzo distorto di pregressi rapporti con esponenti politici libanesi, che vengono piegati verso interessi di parte finalizzati a concordare le modalità di una operazione diretta a procurare la “evasione” di un soggetto condannato in via definitiva».

Anche la candidatura sfumata dell’ex titolare del Viminale al Parlamento europeo, secondo l’accusa rientrava nei piani del gruppo che fa capo a Matacena. «Lo stesso Scajola - scrivono i pubblici ministeri - diviene funzionale nel complessivo panorama criminale, proprio in quanto interlocutore istituzionale proiettato verso una candidatura di rilievo alle prossime elezioni europee. La reazione scomposta di cui si rende protagonista Scajola nel momento in cui realizza di essere stato estromesso, è la migliore conferma del particolare interesse, non solo personale, verso quell’ambito politico sovranazionale particolarmente appetibile». Nella ricostruzione della procura viene evidenziato «il sistema perverso e illegale finalizzato a garantire ancora oggi la utilizzabilità di canali privilegiati di arricchimento anche in ambito comunitario».

Il ruolo di mediatore
«Decidi, mi sono esposto»
L’8 ottobre scorso, quando Matacena viene liberato dopo essere stato fermato a Dubai, Scajola contatta la moglie Chiara Rizzo.
Scajola : «Allora, senti sono contentissimo, stanotte ho dormito bene fino alle sette e mezza di mattina, ieri sera l’ho detto subito a Maria Teresa che tu mi hai chiamato per dirmi che Amedeo ti aveva detto la notizia, te l’aveva data Amedeo a te».
Rizzo : «Sì».
Scajola: «E che ti ha ... e che ti ha detto, “avverti per primo Claudio perchè Claudio ci è stato molto vicino!”».
Rizzo : «Okay».
Scajola : «”Maria Teresa” (verosimilmente Verda Maria Teresa, moglie di Scajola, ndr ) mi ha detto, “se la senti ancora, un abbraccio forte forte!”, punto ... seconda cosa, tu, qualunque cosa tu abbia bisogno adesso, qualunque cosa, telefonami, dalla più scema alla più importante, capito?».
Rizzo : «Va bene».
Scajola : «Per andare giù ti serve qualcosa?».
Rizzo : «No, no, non mi serve niente».
Scajola : «Non hai bisogno di...».
Rizzo : «No, niente, grazie, non ho bisogno di niente ... che fai tu?».
Scajola : «Sei sicura, tranquilla».
Rizzo : «Sicura... tranquilla!».
... OMISSIS ...
Rizzo : «Ma ora la notizia uscirà, secondo te?».
Scajola : «Ma io aspetterei ... se serve te la faccio uscire io ma, bisogna aspettare, prima sappiamo bene le motivazioni».
Rizzo : «No, ora se la tengono ... no, no, io non la voglio, però, per dirti ... per dirti, prima fanno 50.000 pagine, “ah, ecco ... così, colà ... “, ora voglio vederla tutta per vedere, no?».
Scajola : «Eh, si, ma lì ce la giochiamo poi bene... ieri sera ho ricevuto un messaggino...».
Il ruolo di mediatore con gli esponenti libanesi ricoperto da Scajola emerge in maniera chiara proprio dalle sue conversazioni con la moglie di Matacena, Chiara Rizzo. Il 10 dicembre scorso, dopo aver avuto alcuni contatti riguardanti la permanenza di Matacena a Dubai, l’ex ministro la chiama «siccome dobbiamo definire quelle cose, volevo sapere se ti interessano o se non ti interessano perché bisogna prendere delle decisioni perché io mi sono esposto... e sono di tre generi le decisioni, una... non so se mi riesco a far capire, una è quella laggiù dove io devo dare delle risposte».

10 maggio 2014 | 07:52
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/cronache/14_maggio_10/lettera-gemayel-trovata-casa-scajola-lo-portiamo-libano-64a5a1f0-d805-11e3-8ef6-8a4c34e6c0bb.shtml
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