Politica
31/08/2012 - ANTICIPAZIONE
D'Ambrosio: "Ma quel sistema crollò per colpa della politica"
"Di Pietro dal console? Non sapevo nulla, mi sarei arrabbiato"
Gerardo D’Ambrosio, 71 anni, senatore Pd, dal 1992 è stato tra i protagonisti del pool di Mani Pulite con Borrelli, Di Pietro (foto), Davigo e Colombo. È stato anche procuratore capo di Milano
OPINIONI Alla storia non servono ultrà
MICHELE BRAMBILLA
Fabio Poletti
Milano
Onorevole Gerardo D’Ambrosio, se li ricorda gli americani quando era nel pool di Mani pulite?
«Io di questa storia non ne ho mai sentito parlare prima. Me la sto leggendo ora».
Però il suo collega di allora Antonio Di Pietro, ammette tranquillamente di avere incontrato il console Usa Peter Semler...
«Ecco, questa è una cosa che mi ha stupito e pure molto. A me Di Pietro non ha mai detto niente, né in quegli anni né dopo. Però non mi stupisce. E sono convinto che nemmeno gli altri del pool sapessero di questi incontri. Di sicuro io non sono mai andato dagli americani. Però non mi sorprende affatto che Di Pietro fosse stato zitto con me».
Perché?
«Io avevo compiti di coordinamento nel pool. Mi sono arrabbiato a leggerlo oggi di questi incontri. Immagino cosa gli avrei detto allora. Noi magistrati, per la nostra funzione, dovevamo andare avanti per la nostra strada senza certo rendere conto a diplomatici stranieri».
Si tratta di capire quando sono avvenuti gli incontri. Di Pietro dice dopo l’arresto di Mario Chiesa. L’ex ambasciatore Reginald Bartholomew e l’ex console Peter Semler dicono l’anno prima, nel ‘91. Lei che pensa?
«Reginald Bartholomew non c’è più. E’ difficile interloquire con un morto. Però ci sono un paio di cose che non tornano. La prima è che Di Pietro nel ‘91 non lo conosceva nessuno, non aveva ancora avuto inchieste importanti, non si capisce perché avrebbero dovuto cercare proprio lui. La seconda è che anche con l’arresto di Mario Chiesa non sapevamo certo dove saremmo arrivati con la nostra indagine. Mario Chiesa era un esponente socialista noto a Milano, ma da lì a pensare a quello che sarebbe successo dopo... La svolta con la nostra indagine avviene mesi dopo il suo arresto».
Quando?
«Quando gli imprenditori iniziano a fare la fila a venire in procura ad ammettere e poi a denunciare il sistema di corruzione in cui erano infilati. E’ sbagliato pensare che il sistema sia crollato sotto la spinta di noi magistrati. Il sistema è crollato perché gli imprenditori non potevano sostenere più i costi della politica e del sistema dei partiti».
Ma prima del 17 febbraio 1992, la procura di Milano sapeva chi era Mario Chiesa?
«Inchieste contro la corruzione ce ne erano state tante, prima di Tangentopoli: quella sul costruttore Bruno De Mico, sulle Poste, su Antonio Natali della Metropolitana. Anche Mario Chiesa era stato indagato dopo un articolo del “Giorno” che parlava dei malaffari della Baggina. Ma di sicuro nessuno poteva immaginare che partendo da quelle indagini saremmo arrivati ai vertici dei partiti. Oltre alle confessioni ci metterei le intercettazioni tra gli elementi che facilitarono il nostro lavoro. Non mi stupisce che oggi che il sistema della corruzione funziona ancora, stiano facendo di tutto per limitarle».
Che gli americani fossero interessati alla vostra inchiesta invece non la sorprende?
«Beh questo no. Né mi stupisce che alcuni colleghi di Roma siano andati in ambasciata a dire quello che pensavano di noi. Può anche essere, i magistrati di Roma non vedevano di buon occhio la nostra inchiesta. Ma alla mia età francamente non mi stupisce quasi più niente».
Anche i vostri colleghi di allora avrebbero sostenuto che usavate metodi poco ortodossi...
«Questa storia la ripetono da vent’anni. Ma fanno finta di dimenticarsi che noi chiedevamo gli arresti e i giudici li firmavano. E si dimenticano che il 99% degli arrestati ha confessato. E che poi ci sono state una quantità di condanne che non ha precedenti. Nei nostri uffici c’era la fila a confessare. Non riuscivamo a starci dietro. Ma tutte queste critiche ricorrenti al lavoro del pool non servono a ricostruire altre verità storiche. Servono per non fermare quello che è continuato dopo. Il pool finisce in pochi anni, diciamo con l’addio di Di Pietro alla magistratura. La corruzione invece va avanti ancora oggi».
Tra i metodi poco ortodossi di cui vi accusano, c’è l’invito a comparire spedito a Napoli a Silvio Berlusconi durante il G8 a Napoli. Eccessiva spettacolarizzazione, è l’accusa.
«Io ero contrario a mandarlo in quel momento. Gli altri, pensando che non si sapesse, decisero di mandarlo comunque. Ero convinto poi che Berlusconi non ci avrebbe detto nulla. Tanto valeva continuare ad indagare per conto nostro».
Alla luce di tutto questo, sono ripartite le richieste sulla necessità di una commissione parlamentare d’indagine su Tangentopoli. Che ne dice?
«Contro il nostro lavoro non c’è solo molto risentimento per quello che abbiamo fatto allora. C’è la volontà di imbavagliare la magistratura per quello che potrebbe fare oggi. Piuttosto, visto che non è cambiato niente, si faccia la legge contro la corruzione sostenuta pure dal ministro della Giustizia Paola Severino».
Da -
http://www.lastampa.it/2012/08/31/italia/politica/d-ambrosio-ma-quel-sistema-crollo-per-colpa-della-politica-zEp5gunw2LswS73QGe0OPK/pagina.html