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Autore Discussione: Sanità pubblica, Bush usa il veto: niente assistenza per i poveri  (Letto 3059 volte)
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« inserito:: Ottobre 03, 2007, 10:46:57 pm »

Sanità pubblica, Bush usa il veto: niente assistenza per i poveri


Come annunciato, George W. Bush ha posto il veto sulla legge che estendere l'assistenza sanitaria ai bambini poveri. approvata dal congresso a maggioranza democratica. La quarta volta dal suo insediamento nel 2001 che Bush usa questa prerogativa presidenziale.
Il provvedimento, il "Children's Health Insurance Program" (Chip) garantisce la copertura sanitaria solo ai bambini indigenti, attualmente 6,6 milioni di minori, ma ne esclude altri 4 milioni leggermente più fortunati che comunque non riuscirebbero a pagarsi un'assicurazione sanitaria. Proprio per questi ultimi il provvedimento bocciato da Bush prevedeva fondi extra per 35 miliardi di dollari ai programmi sanitari dei singoli Stati. La somma sarebbe stata raccolta grazie all'incremento della tassazione sulle sigarette. Bush aveva motivato la contrarietà con ragioni di copertura fiscale e ha proposto uno stanziamento per 30 miliardi, che secondo gli analisti non sono sufficienti a garantire neppure il programma attuale.

I Democratici avevano scelto Graeme Frost, un ragazzino di 12 anni come testimonial della campagna a favore della legge. Il bambino di Baltimora dai microfoni delle radio, dalle tribune del Congresso accusava Bush di volere la sua morte e la morte di tutti i bambini e le bambine come lui che per sopravvivere a malattie e incidenti dipendono da quella sanità pubblica che la Casa Bianca vorrebbe falciare nel nome dell'ideologia privatista e degli interessi del "big business" assicurativo.

Secondo un rapporto del Census pubblicato lo scorso ottobre nel corso degli ultimi 12 mesi gli americani che non hanno copertura sanitaria sono cresciuti di due milioni e mezzo, un incremento record che negli Usa ha portato a 43,6 milioni le persone senza assistenza sanitaria, pari al 15,2% della popolazione. Di questi circa 8,5 milioni sono bambini e adolescenti.

Secondo dati governativi, negli Usa ci sarebbero oltre 30 milioni di persone considerate ufficialmente sotto la soglia di povertà, e solo 10 milioni hanno avuto accesso a servizi rimborsati dallo Stato. Il che vuoi dire anche che quasi 15 milioni di "non poveri" non possono pagarsi l'assistenza sanitaria.

La crescita del numero delle persone senza assistenza è dovuta nella maggior parte dei casi al licenziamento di un componente della famiglia; il licenziamento oltre il posto di lavoro e lo stipendio fa perdere anche l'assicurazione medica. Nel contempo l'amministrazione Bush ha dirottato maggiori risorse pubbliche nelle manovre fiscali a vantaggio dei più ricchi e nella cosiddetta lotta al "terrorismo" tagliando i già miseri fondi a disposizione degli enti Medicaid e Medicare che forniscono una minima assistenza a anziani e meno abbienti. Negli Usa, la cosiddetta patria della "libertà" e della "democrazia", non esiste un sistema sanitario nazionale come in tutti gli altri paesi industrializzati, anche se in via di progressivo smantellamento. Gli enti pubblici offrono, quando possono, una minima assistenza ai pensionati oltre 65 anni e ai poveri con un reddito lordo inferiore ai 16 mila dollari l'anno per una famiglia di 4 persone.


L'assistenza sanitaria è affidata alle compagnie private che hanno alti costi e che comunque rifiutano i nuovi iscritti se non sono perfettamente sani alla visita di controllo. Per garantirsi da "errori" di valutazione le polizze private spesso richiedono un periodo di "prova" da uno a tre mesi durante il quale l'assicurato paga ma non ha ancora diritto all'assistenza finché non è accertato che non abbia malattie preesistenti. Il sistema che tratta la salute come merce ha inoltre polizze molto alte che costano ai lavoratori pesanti trattenute sulla busta paga e riguardano essenzialmente i lavoratori di grandi aziende; chi lavora in piccole aziende quasi sempre non ha il "benefit" dell'assistenza sanitaria, come i moltissimi occupati nei lavori precari considerati di basso livello.


La maggioranza dei 44 milioni di americani senza assistenza medica sono afroamericani; la popolazione nera priva di copertura è il doppio di quella bianca, rispettivamente il 20,2% contro il 10,7%. Sono di più gli uomini che le donne, 23,3 milioni contro 20,2 milioni; nell'ultimo anno il numero degli uomini è cresciuto di 1,6 milioni, più del doppio della crescita delle donne pari a 760 mila unità. La situazione è diversificata tra i vari Stati e si passa dall'8% della popolazione senza assistenza nel Minnesota al 24,1% nel Texas; lo stato di Bush ha il primato dell'infame classifica con un abitante su quattro. senza assistenza.


Pubblicato il: 03.10.07
Modificato il: 03.10.07 alle ore 20.12   
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 04, 2007, 11:16:44 pm »

Soldi alla guerra, non ai bambini

Luigi Bonanate


Bush sembra uno di quei policemen grandi e grossi, vestiti di nero, con lo sfollagente in mano, che se la prendono con i bambini piccoli, dei monelli, come quello celeberrimo di Charlie Chaplin che quanto a critica dell’establishment americano non scherzava. A Hollywood, insomma, non è una novità che la politica passi anche per le pellicole cinematografiche.

E lo sa bene anche Michael Moore, che senza essere candidato alle elezioni americane ha dato una bella botta all’amministrazione Bush con il suo ultimo film Sicko, visto il quale persino l’Italia appare come campione di sanità pubblica! E ora Bush ha stabilito un nuovo record.

Sarà stato - e resterà facilmente a lungo - l’unico Presidente, non solo degli Stati Uniti ma di qualsiasi altro paese al mondo, ad aver provocato un corteo di protesta davanti alla Casa Bianca formato da centinaia di bambini di 7-8 anni! Bush ha deciso di porre il veto a un progetto di legge che metteva appena una pezza a un sistema sanitario inammissibile e insensato, non per carenze professionali o per incapacità tecniche (E. R. – Medici in prima linea ci ha ben abituati all’efficienza e alla professionalità di un pronto soccorso Usa!), ma per una distorsione sociale di assoluta gravità. Infatti, come tutti sappiamo, negli Stati Uniti se non sei assicurato è meglio che non t’ammali, perché un improvviso e magari improvvido ricovero ospedaliero può costarti la casa, la famiglia, un’eredità. Alla buona, oggi come oggi, il sistema Usa prevede che la mano pubblica intervenga sulla salute dei cittadini soltanto in caso di loro assoluta indigenza. Sul fronte opposto ci sono gli assicurati, che riescono a tenere il ritmo dei premi assicurativi, e in mezzo... in mezzo restano milioni di persone né abbastanza ricche né abbastanza povere: non possono provvedere da soli ma vengono lasciati soli.
Ovviamente il caso diventa ancora più drammatico quando a farne le spese sono i bambini.

O meglio: il Congresso Usa ha cercato, negli ultimi dieci anni, di sovvenire alle difficoltà estreme in cui possono trovarsi quelli che nascono in famiglie povere (il programma si chiama «Chip» — Children’s Health Insurance Program — e cerca di dotare di un fondo assicurativo i bambini bisognosi) garantendo loro le cure necessarie. Circa 4 milioni in più di bambini potrebbero beneficiarne, ma Bush ha un grande timore: che questo intervento pubblico sia null’altro che una pericolosissima intrusione del potere pubblico nella vita privata dei cittadini! La privacy di morire senza nessuno lo sappia...

Su questa decisione, che Bush vuole spingere fino al veto contro la promulgazione della legge, il dibattito statunitense merita di essere sviluppato. La democrazia cresce soltanto attraverso la discussione, e vedere dei bambini che sfilano con i cartelloni davanti alla Casa Bianca è una bella lezione per tutti noi! Ma è anche il segno che Bush intende combattere anche su un fronte che non è quello iraqueno: apre un vero e proprio fronte interno nel quale la contrapposizione è tra la spesa militare che il Presidente continua a chiedere di aumentare e quella sanitaria che gli pare appunto una specie di spreco.

Le cifre in gioco sono addirittura simili: Bush vuole 40 miliardi di dollari per le armi; i bambini 35 dollari per la loro assicurazione. L’argomento soggiacente alla linea di Bush è, come al solito, che la sanità è una voragine, che il servizio pubblico non può addossarsi costi sociali che distruggerebbero il bilancio statale, e via discorrendo. Ma neanche la sua grande maestra, Margareth Tatcher, a questo punto riuscirebbe a difenderlo. Altro che l’alternativa classica: «burro o cannoni»; qui è in gioco la salute di milioni di bambini e si capisce subito da che parte l’opinione pubblica dovrebbe inclinare.

Se ciò non succede in modo sufficientemente chiaro e se la Camera dei rappresentanti non osa raccogliere i suoi due terzi per superare il veto di Bush è perché purtroppo l’opinione pubblica statunitense non è (più?) abituata a discutere di principi e di valori, ma soltanto di vantaggi relativi, di opportunità e di business. Non illudiamoci: non è che tutte le mattine l’elettorato (di qualsiasi paese) discuta le sorti del mondo, ma quando andiamo a votare non è forse per indicare la nostra preferenza per questo o quel modello di società, per questo o quel pacchetto di diritti — diritti fondamentali, come quello alla salute?

La salute non è né di destra né di sinistra, ma universalistica e spontaneamente ugualitaria: il male e la sofferenza sono simili per tutti. Non dico di farne la base di una nuova filosofia sociale, ma almeno il presupposto elementare di un umanitarismo minimalistico al quale ogni essere umano ha diritto. Troppe volte abbiamo scherzato sul sistema sanitario statunitense o l’abbiamo ridicolizzato, senza renderci conto fino in fondo dei drammi che vi sottostanno: nulla dispera di più che non avere i soldi per una medicina o per una cura. Non è qualunquistico ma saggio e dignitoso dire che non c’è confronto tra l’acquisto di una pallottola e quello di una pillola.

Negli Stati Uniti le elezioni non si vincono sui grandi temi della politica internazionale, diversamente da come in Europa crediamo, ma sui profili di politica interna, o più precisamente sugli aspetti sociali della vita quotidiana: che Bush stia indicando una via ai suoi successori repubblicani? Può darsi, e questo renderà il loro cammino più impervio. Quel che impressiona, in questo quadro, è la costanza delle scelte: Bush non è forse anche tra i più tiepidi sostenitori della lotta contro il degrado ambientale? È proprio ancora vero, allora, che destra e sinistra non sono chiacchiere, e a seconda di che scelte fai si capisce da che parte stai.

Pubblicato il: 04.10.07
Modificato il: 04.10.07 alle ore 9.21   
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