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Autore Discussione: Cancellieri, i confini di un ruolo e le parole inopportune  (Letto 3522 volte)
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« inserito:: Novembre 05, 2013, 06:12:01 pm »

Cancellieri, i confini di un ruolo e le parole inopportune

«Sensibilizzare» la giustizia non può restare privilegio di chi abbia il numero di telefono del ministro


«C’è modo e modo» di esprimere solidarietà ad «amici di vecchia data»: verrebbe da dirlo ad Annamaria Cancellieri usando le sue stesse parole nell’inappropriata telefonata alla compagna di Salvatore Ligresti. La responsabile del dicastero della Giustizia quel 17 luglio scorso stava infatti dicendo «c’è modo e modo» proprio di un arresto appena eseguito, per di più aggiungendo «non è giusto, non è giusto», «è la fine del mondo», «sono davvero dispiaciuta»: e lo stava dicendo alla compagna dell’arrestato, padre di altre due arrestate e di un indagato in quel momento ricercato e in seguito latitante, nonché ex datore di lavoro del figlio del ministro uscito dopo un solo anno dal gruppo con 3,6 milioni di liquidazione.
Più che farsi inchiodare dal suo amicale «qualsiasi cosa io possa fare tu conta su di me», il ministro rischia di restare crocefissa alla propria autodifesa: come se tutto il problema si riducesse al fatto che l’aver allertato due vicedirettori del Dipartimento penitenziario non abbia (per sua fortuna) sortito «alcuna interferenza» sul procedimento che poi indusse i pm torinesi di Caselli a prendere atto dei problemi di salute della detenuta Giulia Ligresti attestati da una perizia, a dare parere favorevole agli arresti domiciliari e ad accettare il patteggiamento a 2 anni e 8 mesi.

Se negli stessi giorni di luglio la vicenda di Alma Shalabayeva aveva palesato nei «non sapevo» del ministro dell’Interno Alfano l’inadeguatezza alle emergenze del Viminale, ora stupisce che anche l’attuale Guardasigilli mostri una così relativa consapevolezza del proprio ruolo, al punto da non cogliere l’evidente profilo di inopportunità nel momento in cui non frappone il diaframma della sopravvenuta funzione al comprensibile affetto per i vecchi amici: i quali, peraltro, appaiono i primi a poter far equivocare l’interessamento del ministro, vista la raccomandazione che Salvatore Ligresti afferma di aver speso presso l’ancora premier Berlusconi, nell’interesse e su richiesta dell’allora prefetto Cancellieri, in un frangente nel quale a dire di Ligresti ella avrebbe desiderato non spostarsi dalla sede che occupava.
E non conta tanto l’attendibilità di Ligresti, tutta da soppesare visto il suo fardello penale, né l’aspro commento proprio all’indomani della telefonata di «dispiacere» del ministro («Ma non ti vergogni di farti vedere adesso? Ma tu sei lì perché ti ci ha messo questa persona...») fatto a un interlocutore dalla compagna di Ligresti. Conta invece che la responsabile della Giustizia, nel momento in cui dichiara solennemente che sulla salute della detenuta Giulia Ligresti «non intervenire sarebbe stata una colpevole omissione» ed «era mio dovere invitare il Dap a porre in essere gli interventi tesi ad impedire eventuali gesti autolesivi», non si renda conto di stare così accreditando una sconfortante ammissione: e cioè di stare teorizzando che l’ordinario sistema penitenziario non appresti sufficienti tutele della salute e degli altri diritti dei detenuti diverse da quelle «segnalazioni» che il ministro rivendica di aver coltivato sempre «nello stesso modo» e «da chiunque fossero inoltrate».

Ma il punto sta proprio qui: nell’accesso all’attenzione del ministro o del suo staff come condizione per l’esercizio o il ristabilimento di diritti. L’hanno avuto i suoi amici nel caso dell’arrestata Ligresti. L’ha avuto chi in altri casi ha trovato il modo di fare arrivare una mail sul tavolo giusto. L’hanno avuto, con la forza dei loro scritti in quello stesso luglio, opinionisti come Corrado Augias e Adriano Sofri per il bene del detenuto-modello trasferito per cieca burocrazia dal carcere dove stava riabilitandosi. Ma «sensibilizzare» la Giustizia non può restare privilegio di chi abbia il numero di telefono del ministro o la ventura di conoscere un giornalista.

02 novembre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
LUIGI FERRARELLAlferrarella@corriere.it

Da - http://www.corriere.it/cronache/13_novembre_02/cancellieri-confini-un-ruolo-parole-inopportune-f75804c8-4388-11e3-830a-3ecafc65029e.shtml
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« Risposta #1 inserito:: Novembre 05, 2013, 06:25:04 pm »

Salvatore Ligresti: "Parlai con Silvio Berlusconi per non far trasferire la Cancellieri quando era prefetto"

L'Huffington Post  |  Pubblicato: 02/11/2013 10:32 CET  |  Aggiornato: 02/11/2013 10:47 CET

Salvatore Ligresti si sarebbe attivato con Silvio Berlusconi per non far trasferire l'allora prefetto Anna Maria Cancellieri. L'indiscrezione, che compare oggi sul Corriere, è il racconto di una delle deposizioni dell'imprenditore siciliano di fronte ai magistrati di Torino. "Già nel 2012 - scrive Ferrarella - Ligresti viene interrogato più volte come indagato a piede libero. Non sono mai verbali esplosivi. Però ogni tanto lanciava delle briciole che, al vaglio degli inquirenti, prendono comunque corpo".

Accade ad esempio quando Ligresti racconta di aver interceduto con Berlusconi per far ottenere a Giancarlo Giannini presidente Isvap (autorità di controllo delle assicurazioni), un incarico all'Antitrust. Ed proprio mentre parla di Giannini che - spiega sempre il Corriere - spunta il nome della Cancellieri che in quel momento non è più solo un prefetto ma ministro del governo Monti. E lì che Ligresti spiega come si fosse fatto più volte portavoce di istanze altrui di fronte a Berlusconi, citando il caso Cancellieri e il suo desiderio, quando era prefetto, di non cambiare incarico.

"Un episodio in sè piccolo - scrive Ferrarella - e privo di rilevanza penale ma che ora a posteriori potenzialmente in grado di mettere in una luce differente il telefonico dispiacere del Guardiasigilli per gli arresti della famiglia il 17 luglio e il suo successivo interessamento con in vertici del Dap per la salute di Giulia Ligresti".

DA - http://www.huffingtonpost.it/2013/11/02/berlsconi-caso-ligresti-cancellieri_n_4199731.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #2 inserito:: Novembre 05, 2013, 06:33:32 pm »

Il figlio del ministro e i Ligresti La lite sull'aumento di capitale

"E' entrato da noi per distruggere, ma è protetto".

L'indagine dei Pm sul ruolo di Piergiorgio Peluso e lo scontro con la famiglia siciliana


di GIOVANNI PONS
02 novembre 2013

MILANO — Il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri è nella bufera per essersi interessata alle condizioni di salute di Giulia Ligresti, in carcere per le vicende legate al falso in bilancio di Fonsai. Tuttavia i rapporti tra la Cancellieri e la famiglia siciliana si erano deteriorati da tempo a causa del ruolo ricoperto dal figlio del ministro, il manager Piergiorgio Peluso che nel maggio 2011 era entrato in Fonsai come direttore generale. Arriva da Unicredit, dove ha seguito il cliente Fonsai in qualità di creditore, ma ci resta solo un anno. Nel settembre 2012 è già diventato direttore finanziario di Telecom. Più ruoli giocati su più fronti che gli atti dell’inchiesta della procura di Torino sui bilanci di Fonsai permettono di inquadrare meglio, anche alla luce di interrogatori e intercettazioni. Il passaggio da Unicredit a Fonsai Peluso lo racconta così al sostituto procuratore Marco Gianoglio: «Raggiunsi un accordo con la famiglia Ligresti ... Per quanto mi riguarda si trattava di una possibilità di crescita professionale, anche perché vi erano alcune incertezze riguardo il mio futuro in Unicredit. Tengo a sottolineare che sul mio nome non vi fu una imposizione da parte di Unicredit ».

La figura di Peluso, in quel momento, sembra soddisfare tutti. Sia i Ligresti, che hanno da molti anni un buon rapporto con la madre Annamaria (a quell’epoca prefetto a Bologna, ndr.), amica della compagna di Salvatore, Gabriella Fragni, sia i vertici di Unicredit che conoscono bene le capacità del banchiere. La situazione della compagnia è critica, la banca guidata da Federico Ghizzoni si è da poco impegnata a sottoscrivere un aumento di capitale in Fonsai e Milano per raddrizzare la situazione patrimoniale in peggioramento. «Era opinione comune all’interno di Unicredit - racconta Peluso agli inquirenti - che Fondiaria fosse una buona compagnia dal punto di vista industriale, pur con la consapevolezza della sussistenza di problemi dal punto di vista patrimoniale, compagnia che necessitava, pertanto, per tornare a produrre utili, di un’attività di riorganizzazione».

Peluso entra dunque in Fonsai, a luglio si conclude l’aumento di capitale e contestualmente tra i soci compare anche il fondo Amber, che ha acquistato da Unicredit diritti di opzione rimasti inoptati. Una modalità che ha insospettito gli inquirenti. «Il sospetto pare sia legato al fatto che la partecipazione al capitale sociale del fondo Amber sia stato in qualche modo “agevolato” dall'ex direttore generale di Fonsai, Piergiorgio Peluso, attraverso uno sconto sui diritti», si legge nelle annotazioni a margine delle intercettazioni. Amber è il fondo che a ottobre 2011 denuncia al collegio sindacale di Fonsai le gravi irregolarità nelle operazioni che avevano come controparte la famiglia Ligresti. Fatti che poi hanno fatto scattare le indagini della magistratura, della Consob, dell’Isvap e accelerarono l’uscita di scena dei Ligresti.

A settembre 2011, però, Peluso si rende conto che la situazione dei conti della compagnia è peggiore del previsto e comincia a pensare che occorra un nuovo aumento di capitale. Il manager informa la famiglia Ligresti in una riunione del 27 settembre tenuta negli uffici di Fonsai. «L’analisi che viene rappresentata lasciò perplesso l’ingegnere e i suoi figli, che non erano convinti della necessità di procedere a nuovi aumenti di capitale», racconta Peluso. «Feci loro presente che tale aumento era soluzione da prendersi in considerazione, anche al fine di evitare che il processo di ripatrimonializzazione fosse governato da terzi e così nei fatti imposto».

Ma la famiglia non ne vuole sapere, da quel momenti i rapporti con Peluso si incrinano e le strade divergono. Il manager tira dritto sulla strada dell’aumento, forte del sostegno di Mediobanca e di una relazione dell’Isvap che indicava la necessità di rimpinguare le riserve della compagnia per 314 milioni. Il cda di Fonsai del 23 dicembre quantifica il nuovo intervento in 750 milioni con l’Isvap che a quel punto indica una mancanza di riserve per Fonsai e Milano di 660 milioni. Tra Natale e Capodanno c’è un primo accordo tra i Ligresti e Unipol, sollecitato da Mediobanca, per l’unione delle due compagnie e il cda di Fonsai del 29 gennaio porta l’aumento di capitale fino a 1,1 miliardi. Era in effetti così grave la situazione della Fondiaria o è stata amplificata per pilotarla nelle braccia di Unipol? È a questa domanda che le procure di Torino e Milano stanno cercando di rispondere.

Di certo i rapporti tra Peluso e la famiglia Ligresti non sono più quelli di una volta. «Sto Peluso è il figlio del ministro Cancellieri... Siccome lui è talmente protetto, figurati cosa gli daranno in Telecom», afferma Giulia Ligresti in una intercettazione. «É entrato da noi un anno fa ed è uscito ieri con una buona uscita di 5,5 milioni (in realtà 3,6 milioni più lo stipendio di un anno, ndr.). É entrato e ha distrutto tutto. Ha avuto il mandato. Come se tu entri in un’azienda e svalorizzi tutto, distruggi tutto, fai in modo che uno la può prendere a zero».

http://www.repubblica.it/politica/2013/11/02/news/il_figlio_del_ministro_e_i_ligresti_la_lite_sull_aumento_di_capitale-70055209/?ref=HRER1-1
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