LA-U dell'OLIVO
Novembre 24, 2024, 12:21:57 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Marco BARDAZZI. Rubare segreti non cambia la storia  (Letto 2003 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Giugno 11, 2013, 05:22:29 pm »

Editoriali
11/06/2013

Rubare segreti non cambia la storia

Marco Bardazzi
[marco bardazzi su g+]


Bradley Manning e Edward Snowden, il protagonista di Wikileaks e quello del Datagate: eroi o traditori? Informatori o talpe? Paladini della trasparenza o criminali? 

 

E ancora, usando le parole che rimbalzano sui media americani: con Snowden, l’esperto di informatica che ha consegnato ai giornali i segreti della Nsa, siamo di fronte a un whistleblower (un termine con un’impronta etica positiva) o a un leaker, un’irresponsabile gola profonda?

 

Dalle risposte a questi interrogativi dipende la lettura che prevarrà su casi sicuramente destinati a passare alla storia come due tra le più grandi fughe di notizie di ogni epoca. Un’interpretazione positiva, collocherebbe le gesta di Manning e Snowden nello stesso filone di scandali celebri come i «Pentagon Papers», il Watergate, Iran-Contra o le rivelazioni su Abu Ghraib. 

 

Lo meritano? La risposta deve partire da cosa significhi essere un whistleblower. Il termine, intraducibile in italiano, si riferisce alla figura
dell’arbitro che usa il fischietto (whistle) per segnalare un’irregolarità. Emerso negli Anni 70, è stato poi codificato in una serie di leggi federali. Fu il presidente George Bush padre a firmare nel 1989 il Whistleblower Protection Act , una legge che prevede la protezione dei dipendenti pubblici che si fanno avanti per segnalare attività illecite. La legislazione è stata poi rafforzata, anche sulla scia dei vari scandali di Wall Street come quello della Enron del 2002. Il Dodd-Frank Act, la legge che ha riformato l’attività della Borsa americana, ha tra l’altro previsto l’istituzione di un vero e proprio «Ufficio del Whistleblower» presso la Sec (l’equivalente americano della Consob). 

 

Manning e Snowden, quindi, sono da considerare whistleblowers? Difficile. Di solito in questa categoria rientrano coloro che denunciano attività illegali e chiedono alle autorità di intervenire per ripristinare la legalità. Il soldato di Wikileaks e l’informatico del Datagate hanno invece compiuto atti che vengono considerati illegali (Manning è sotto processo militare, Snowden verrà senza dubbio incriminato) per denunciare programmi governativi che, fino a prova contraria, risultano legali, gestiti dal governo e approvati dal Congresso.

 

Regge poco il confronto che viene fatto con i «Pentagon Papers». Anche Daniel Ellsberg, l’analista militare che nel 1971 fece avere al «New York Times» i documenti riservati del Pentagono sulla guerra in Vietnam, oggi loda l’attività di Snowden. Ma le storie sono diverse da quelle degli Anni Settanta. In quel caso si trattava di carte che dimostravano come il ministero della Difesa americano sapesse da tempo che non era possibile vincere la guerra in Vietnam, e che proseguirla avrebbe portato a un numero di vittime enormi. Eppure non la fermò. Lo si può considerare l’equivalente delle intrusioni di questi giorni nelle liste telefoniche e dentro i profili di Facebook, compiute per cercare tracce di progetti terroristici? 

 

C’è un altro caso, però, che dovrebbe costituire il vero metro di paragone per questa vicenda. È quello delle tre whistleblowers che nel 2002 si meritarono la copertina di «Time» come “Persone dell’anno”: Sharron Watkins di Enron, Cynthia Cooper di WorldCom e Coleen Rowley dell’Fbi.
Le prime due anticiparono i futuri scandali di Wall Street, svelando le irregolarità nei due colossi in cui lavoravano. La terza raccontò le omissioni compiute dall’Fbi che nel 2001 avevano fatto svanire le chance di intercettare gli attentatori dell’11 settembre. 

 

Sharron, Cynthia e Coleen sono rimaste eroine nell’immaginario collettivo americano. I giovani Bradley ed Edward non sono eroi. Non sono neppure traditori. Sono due ventenni idealisti che si sono attribuiti il diritto di decidere da soli cosa sia giusto o sbagliato nel più complesso apparato di sicurezza del pianeta. I loro gesti passeranno alla storia, ma non cambieranno la storia. Cosa è rimasto del ciclone Wikileaks?
Identità bruciate in Pakistan, imbarazzi nella diplomazia planetaria e Julian Assange ancora rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra.
I «Pentagon Papers» affondarono una guerra. Il Watergate distrusse una presidenza indifendibile. Il caso Enron rivoluzionò Wall Street.
L’epilogo di Manning e Snowden rischia di ridursi a una falla nell’apparato d’intelligence e a qualche decennio dietro le sbarre.

da - http://lastampa.it/2013/06/11/cultura/opinioni/editoriali/rubare-segreti-non-cambia-la-storia-Lx3Wvy7H8qFGZbfw3JVGBJ/pagina.html
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!