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6646  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Veltroni: "Democrazia in pericolo, sinistra dia subito risposte" inserito:: Giugno 26, 2016, 11:44:51 am
Veltroni: "Democrazia in pericolo, sinistra dia subito risposte"
Intervista all'ex segretario del Pd. "Bisogna farsi carico del disagio sociale e riuscire a progettare una società nuova. Dal governo cose importanti, ma a Renzi dico di riflettere sull'Italicum"

Di SEBASTIANO MESSINA
26 giugno 2016

ROMA.  Quando gli chiedo cosa pensi delle tempeste politiche che investono l'Europa, Walter Veltroni mi risponde aprendo un libro che ha sulla scrivania: "Vediamo distintamente come tutte le cose che una volta ci apparivano salde e sacre, si siano messe a vacillare: verità e umanità, ragione e diritto. Vediamo forme di governo che non funzionano più, sistemi di produzione che agonizzano. La rimbombante macchina di questo nostro tempo formidabile sembra in procinto di incepparsi". Poi posa il libro, La crisi delle civiltà. "Johan Huizinga scriveva queste parole nel 1933. Molti pensarono che esagerasse. Ma poi scoppiò la guerra, e lui morì nel 1945, prigioniero dei nazisti".

Lei pensa che il vento di follia che soffia sull'Europa sia lo stesso degli Anni Trenta?
"Ci sono dei momenti della storia in cui, per slittamenti progressivi, improvvisamente diventa plausibile l'implausibile. C'è una parola che non possiamo e non vogliamo pronunciare, ma l'ha pronunciata Papa Francesco quando ha parlato di una Terza Guerra Mondiale. L'Europa è stato il grande antidoto alla guerra: popoli che si erano fatti la guerra scoprivano la bellezza della pace, gli ex nemici si stringevano la mano. Ma oggi, purtroppo, le cose stanno cambiando. E quello che più mi spaventa è la totale assenza di quella che il cardinal Martini chiamava "l'intelligenza complessiva delle cose". È come se ci fossero davanti a noi dieci indizi di un assassinio, e la politica fosse come l'ispettore Clouseau, che non riesce a metterli insieme. La vittoria di Trump alle primarie, il voto austriaco, la Brexit, l'ascesa di Marine Le Pen, i muri che risorgono nell'Est Europa. Che altro deve accadere, perché ci si renda conto che siamo in un tempo della storia nuovo, carico più di pericoli che di possibilità?".

Qual è il principale pericolo che lei vede, leggendo questo quadro di indizi?
"La crisi della democrazia. Perché non è detto che la democrazia, che è necessariamente processualità e delega, in una società così frenetica, presentista ed emotiva sia la forma di governo considerata naturale. Nascerà alla fine un pericoloso desiderio di semplificazione dei processi di decisione".

Cosa si può fare per allontanare questo pericolo?
" Accelerare nella direzione degli Stati Uniti d'Europa. Ma subito, perché i margini di tempo non sono infiniti. Altrimenti un'Europa fredda, lontana e censoria che non accende nessuna speranza verrà sancita, nella sua fine, dal dilagare di questo virus nazionalista e antieuropeo".
Cosa c'è, nel vento di destra che soffia da una parte all'altra del pianeta?
"Oggi il mondo è dominato dalla precarietà e dalla paura. Un mix pericolosissimo. E se la politica non si rende conto che siamo all'alba di un nuovo mondo, continuerà a pensare che si possa essere di sinistra o di destra come lo si era nel Novecento. Oppure, errore ancora più grave, comincerà a pensare che non esistano destra e sinistra. È vero che l'orizzonte socialdemocratico è in crisi, perché è finita la società nella quale erano inscritte le idee del socialismo, del comunismo e della socialdemocrazia, ma non è finita la missione storica della sinistra: quella di essere giustizia sociale, equità, opportunità, diritti".

Ma a volte si ha la sensazione che sia la sinistra, per prima, a non rendersene conto...
"Perché, finite le ideologie, ha smesso di immaginare un mondo diverso. E oggi è schiacciata sul presente, sembra una forza che garantisce la continuazione di una società che ha un livello di ingiustizia, di diseguaglianza, di precarietà, e dunque viene investita dalla protesta della gente. Ma è possibile che la sinistra non abbia l'intelligenza, la modernità, il coraggio di progettare una nuova società?".

Nel giro di cinque giorni abbiamo avuto la vittoria a sorpresa di Grillo nelle città e il voto inglese per l'uscita dall'Europa. Quale di questi due risultati è più allarmante, per un italiano di sinistra?
"Il secondo, senza dubbio. Diciamoci la verità: nel voto ai Cinque Stelle c'è tanto voto di sinistra".

È un voto perduto, per la sinistra?
"No, non lo è. È un voto che racconta di uno smarrimento, di una protesta, di una rabbia. Ma non è perduto. A condizione che la sinistra sappia cambiare".

Lei è stato il primo segretario del Pd, oltre che uno dei suoi fondatori. Il partito oggi è nella tempesta, e c'è chi minaccia di non votare più neanche la fiducia al governo Renzi. È svanito il sogno del Partito democratico?
"Io mi ostino a pensare che quel sogno non sia svanito. Penso che se non ci fosse il Pd il Paese sarebbe esposto a rischi molto maggiori. E allora, non da fondatore ma da italiano dico: non sciupate il Pd. Non dividetelo. Lo dico a tutti, a chi ha le massime responsabilità e a chi si oppone. E aggiungo tre cose. Primo, questo governo deve essere consolidato: se noi oggi avessimo in Italia una crisi di stabilità, le conseguenze sarebbero devastanti. Secondo, bisogna esercitare la funzione di guida del Pd, avendo una maggiore capacità di inclusione. Questo non è un momento in cui basta dire: io ho fatto. Bisogna farsi parte del disagio sociale. Bisogna farsi carico del fatto che c'è un dolore, un malessere, esteso in tutta la popolazione, e assumerlo dentro di sé".

E la terza cosa?
"Il Pd è il Pd. Non deve essere la prosecuzione dei vecchi partiti e delle vecchie correnti. È una cosa nuova, è la sinistra riformista del nuovo millennio".

Eppure perde voti. Perché?
"Per molte ragioni. Oggi perde voti chiunque è identificato col potere. Il governo ha fatto cose importanti, penso innanzitutto alla legge sulle unioni civili. Ma la recessione agisce in profondità. Ed è a quella profondità che la sinistra riformista deve tornare".

Per esempio facendo propria, magari rimodellandola, la proposta grillina del reddito di cittadinanza?
"Tutto quello che dà stabilità, sicurezza e tranquillità alle famiglie italiane in questo momento è da studiare. Il welfare va ripensato. Noi dobbiamo evitare che il cittadino moderno sia lo spettatore rabbioso di qualcosa che sente sempre più lontano".

Cosa dovrebbe fare Renzi per recuperare il consenso degli italiani?
"Per esempio evitare che un referendum sul rafforzamento della democrazia diventi un'elezione politica camuffata. È la prima cosa da fare. Anche perché altrimenti quelli che sono contro il governo finiscono con l’essere, numericamente, più di quelli a favore. Poi, alla luce di quello che sta accadendo, bisogna fare una riflessione sulla legge elettorale".

Lo dicono in molti, ma non tutti chiedono la stessa cosa. Come bisognerebbe cambiarla?
"Bisogna tener conto che oggi il Paese non è più bipolare ma tripolare. Le soluzioni possono essere diverse. Purché non venga meno il punto dal quale si è partiti: dalle elezioni deve uscire un governo, lo devono scegliere i cittadini e deve durare per cinque anni. Lo scettro deve tornare agli elettori, e non alle alchimie dei partiti. E' la democrazia che deve rigenerarsi. Il ricorso alla democrazia diretta come fuga dalla responsabilità della politica è sbagliato. Immagini se Roosevelt avesse promosso un referendum per chiedere se i giovani americani dovevano andare a morire per la libertà dell'Europa...".

© Riproduzione riservata
26 giugno 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/06/26/news/walter_veltroni_bisogna_farsi_carico_d_el_disagio_sociale_e_riuscire_a_progettare_una_societa_nuova_dal_governo_cose_im-142827182/?ref=HREC1-3
6647  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Cominciamo a metterli alla prova sulla patata bollente che la furbizia della ... inserito:: Giugno 22, 2016, 06:38:54 pm
Che i ragazzi del 5Stelle facciano il chiasso da stadio per festeggiare la "CONQUISTA" di comuni incazzati la si può definire una novità giovanile.

Da questo a pensare ai 5Stelle al governo del Paese ce ne corre ... a meno che la Insania-Mentis già dimostrata, in altre occasioni (p.e. gli anni di Silvio), da una parte notevole di noi Italiani, non raggiunga livelli drammatici.

Cominciamo a metterli alla prova sulla patata bollente che la furbizia della politica italiana ha messo nelle loro mani.

ciaooo
6648  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Maria Teresa MELI «Roma sarà il vero banco di prova del Movimento 5 Stelle» inserito:: Giugno 22, 2016, 06:37:20 pm
Elezioni Amministrative
Renzi e i ballottaggi: vedremo che cosa sanno fare i grillini Dimettermi? Non ci penso
Il premier resta convinto che il voto non sia stato contro il governo, ma determinato dai problemi delle città.
«Roma sarà il vero banco di prova del Movimento 5 Stelle»

Di Maria Teresa Meli

ROMA - «Non mi dimetto da niente». Sono giorni he Matteo Renzi va ripetendo mestamente, ma anche realisticamente: «Roma non la recuperiamo più». E quando arrivano gli exit poll, a confermare le sue parole, il presidente del Consiglio scuote il capo e dice: «Ora vedremo che cosa sanno fare i grillini». Già, perché secondo il premier gestire la Capitale, ridotta così com’è, non sarà facile e sarà quello il vero banco di prova del “Movimento 5 stelle”.

Su quella ribalta Virginia Raggi e il direttorio che la segue passo passo avranno tutti i riflettori accesi, e, chissà, «quella vittoria potrebbe rivelarsi anche un boomerang». Ma Renzi non crede che quello di Roma sia stato un voto contro di lui. O contro la riforma costituzionale: «Lì abbiamo perso le elezioni nelle periferie non perché si sono espressi sul bicameralismo o sul sistema elettorale. Abbiamo perso perché quelle periferie erano piene di immondizia e problemi e perché la Capitale è stata governata male. Ho visto le immagini dei telegiornali sul voto a Roma. Si vedevano i cassonetti che straripavano di rifiuti davanti ai seggi...».

Il Nord, invece, tiene sospeso sino all’ultimo il Partito democratico e il premier. Nel settentrione, a Torino e a Milano, «può succedere di tutto», spiega il presidente del Consiglio nel tardo pomeriggio, dando per scontato che a Torino «vincerà Appendino» e a sera ne avrà la riprova.

Ciò a cui però Renzi non crede è che quel voto rappresenti la prova generale della Santa Alleanza contro di lui, quella che tenterà l’assalto al palazzo coagulandosi attorno al “No”, il giorno del referendum istituzionale. «A Milano come a Torino - è il ragionamento del premier - non c’è nessuna Santa Alleanza contro di me. Basti pensare che tra chi vota Appendino a Torino c’è, ahimè, anche gente che poi dirà “si” alla riforma e che addirittura vota e ha votato per me. Si tratta di gente (molti giovani) che si esprime contro quella che considera la vecchia politia». Per questa ragione, il presidente del Consiglio dice di non temere per le conseguenze che le elezioni amministrative, qualsiasi sia il risultato definitivo, potranno avere sul voto di ottobre: «Io aspetto tutti al varco del referendum e lì ci divertiremo».

Il premier ragiona anche sull’offensiva che la minoranza interna potrebbe mettere in atto all’indomani del voto delle amministrative. E’ convinto che diranno che «ci vuole un segretario che lavori a tempo pieno» e che, quindi, chiederanno la modifica di quell’articolo dello Statuto del Pd secondo il quale il leader del partito è automaticamente il candidato premier. Ma per raggiungere questo obiettivo «ci vuole un congresso», spiega ai collaboratori il presidente del Consiglio. E aggiunge: «Ma comunque bisogna passare prima per il referendum e io quello sono sicuro di vincerlo. Stavolta ci sarò io in campo e quella sarà una sfida fantastica». «Io comunque non mi dimetto da niente». Ma una registrata al partito, Renzi la vuole dare sul serio e «la si darà - ha annuncia il premier ai suoi già nei giorni scorsi- a prescindere dai risultati elettorali». Come intende procedere il premier in questo senso? «Partendo dall’organizzazione del referendum», precisano i renziani. Sarà quello, infatti, lo strumento che il presidente del Consiglio utilizzerà «per capire chi lavora nei territori, chi sono gli alleati interni di cui ci si può fidare» e per comprendere anche «come funziona effettivamente la rete renziana». Insomma, di fatto il referendum costituzionale sarà lo strumento attraverso il quale il premier preparerà il “suo” partito. Dopo si svolgerà il Congresso nazionale e, quindi, verrà il tempo delle elezioni politiche. Perciò la “macchina elettorale” che verrà creata per far vincere i “Si” al referendum sarà la stessa “macchina” che, per dirla con le parole di un renziano molto influente, «terrà il motore acceso per il dopo...». Insomma, mentre si prepara a parare gli attacchi interni ed esterni, il premier di una cosa è assolutamente certo: «Che fine farò io dipenderà dal referendum, non dalle amministrative”. Da aggiungere dove sarà al momento del voto

20 giugno 2016 (modifica il 20 giugno 2016 | 04:02)
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Da - http://www.corriere.it/amministrative-2016/notizie/renzi-ammette-batostaho-rottamato-troppo-poco-5c942204-3675-11e6-88d7-7a12a568ff47.shtml
6649  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / PRODI : “Due anni bastano per logorarsi, necessario cambiare politiche” inserito:: Giugno 22, 2016, 06:35:06 pm
Prodi, messaggio al governo: “Due anni bastano per logorarsi, necessario cambiare politiche”
L'ex premier e il terremoto elettorale: "I populisti crescono perché c'è troppa ingiustizia. L'ascensore sociale è bloccato e dentro si soffoca"

Di MICHELE SMARGIASSI
22 giugno 2016

BOLOGNA. “Cambiare politiche, non solo politici. Se non cambiano le politiche, il politico cambiato si logora anche in due anni". Quasi uno scioglilingua, ma condito con un sorriso ammiccante. Dal suo ufficio di Bologna Romano Prodi, padre fondatore del Pd in ritiro politico, osserva le elezioni di domenica, le maggiori città del paese governate da partiti che non esistevano fino a pochi anni fa, e manda un messaggio a Palazzo Chigi.

Esplode il mappamondo politico. Cosa sta succedendo?
"Non basta guardare il voto di questa o di quella città. C'è un'ondata mondiale, partita in Francia, ora in America. Lo chiamano populismo perché pur nell'indecifrabilità delle soluzioni interpreta un problema centrale della gente nel mondo contemporaneo: l'insicurezza economica, la paura sociale e identitaria".

I populismi sono figli solamente di una crisi di paura?
"La paura di non farcela è tremenda ma non immaginaria. La chiami iniqua distribuzione del reddito, ma per capirci è ingiustizia crescente. Quando chiedo ai direttori di banca: quanti dipendenti avrete fra dieci anni? mi rispondono: meno della metà. L'iniquità post-Thatcher e post-Reagan si è sommata alla dissoluzione della classe media, terribile tendenza di tutte le economie sviluppate e di mercato, e sotto tutti i regimi".

Cos'è classe media?
"Nel senso più ampio possibile, chiunque avesse una sicurezza anche modesta sulla propria vecchiaia e sul futuro dei figli. Ma il pensionato che diceva orgoglioso "io non ce l'ho fatta, ma mio figlio è laureato", ora non lo dice più. L'ascensore sociale si è bloccato a metà piano e dentro si soffoca".

I Cinquestelle gridano "onestà- onestà", sembra soprattutto una rivolta morale...
"La disonestà pubblica peggiora le cose, ma la radice è la diseguaglianza. Ci siamo illusi che la gente si rassegnasse a un welfare smontato a piccole dosi, un ticket in più, un asilo in meno, una coda più lunga... Ma alla fine la mancanza di tutela nel bisogno scatena un fortissimo senso di ingiustizia e paura che porta verso forze capaci di predicare un generico cambiamento radicale".
La rabbia poteva avere altri sbocchi politici, non crede?
"Quando il socialismo era all'opposizione appariva come la grande alternativa. Ma cos'è successo poi? Una fortissima omologazione delle politiche, da Clinton alle grandi coalizioni tedesche all'Italia... Non mi faccia dire del "partito della nazione", ma è chiaro che qualcosa del genere è accaduto anche qui".

Una politica uniformata fa nascere i populismi?
"No, lo fa una politica uniformata quando occupa tutto il campo, ma non sa dare soluzioni. Allora la rabbia della gente crea un altro campo. Se il voto diventa liquido, è per questo. Quando tu vedi che solo il centro storico delle città è rimasto ai partiti della sinistra... Vogliamo chiederci perché Trump è odiato a Wall Street e osannato dai metalmeccanici del Michigan? È un leader più europeo di quel che pensiamo, non è semplicemente reazionario ma tocca, certo in modo sbagliato, le paure reali del ceto medo".

Ma anche quando la politica tradizionale dà soluzioni, perde. Piero Fassino amareggiato dice che non basta più governare bene.
"Fassino ha governato bene, nessuno ne dubita, ma chiunque governi oggi viene identificato col potere costituito, ed è un bersaglio. Il gioco è molto più grande di un municipio, il problema è che alle grandi forze politiche nazionali manca un'interpretazione della storia e del presente".

Un problema di questa classe politica di governo?
"Non si tratta di cambiare i politici ma di cambiare politiche. Cambiare i politici è condizione necessaria ma non sufficiente".

Be', i politici di governo li abbiamo cambiati da poco.
"Se non cambi le politiche, il politico cambiato invecchia anche in un paio d'anni... C'è sempre un'usura, e corre veloce. La mancanza di risposte efficaci logora. E al momento si sente la mancanza di risposte che affrontino il problema delle paure e delle cause reali delle paure".

È un Pd de-ideologizzato che non ha queste risposte?
"Rifiutare le strettoie delle ideologie è diverso dal non avere radici e risposte fortemente orientate. Non abbiamo un Keynes, un progetto per uscire in modo collettivo dalla crisi. Quando governi, devi dare operativamente il messaggio che sai affrontare i problemi, e questo non lo puoi fare senza il coinvolgimento di una forte base popolare nel cambiamento delle politiche. Devi dimostrare di capire e di andare incontro ai problemi. Il rinnovamento per il rinnovamento non è una risposta sufficiente".

C'entra anche la personalizzazione della politica? Paradossalmente, quando Grillo si eclissa i Cinquestelle vincono, mentre il Pd, dove Renzi "pone la fiducia", soffre...
"Di fronte alla crisi la prima risposta è sempre quella della forte personalizzazione, sia da parte dei governi che dei populismi. Ma dura poco, perché la realtà la mette alla prova dei fatti. La gente vota i politici perché spera che cambino le cose, la personalizzazione è un riflesso. Infatti in queste elezioni hanno vinto dei volti sconosciuti. La personalizzazione non regge se non cambia le cose, o non dà almeno la speranza concreta di poterle cambiare".

I trionfatori di queste elezioni vincono perché danno questa speranza?
"Hanno risposte emotive e confuse, semplici motti specifici su angosce specifiche, via gli immigrati, punire le banche, ma neanche una riga che spieghi come potrebbero fare. Ma il loro vantaggio è un altro: sanno adattarsi alle paure. Questi movimenti nascono in genere molto di parte, orientati, partigiani. Hanno un certo successo poi si fermano, perché le loro soluzioni mostrano un limite ideologico. E allora si allargano da destra a sinistra e da sinistra a destra. Marine Le Pen è stata la prima a capire i limiti di un populismo di parte, e ha "ucciso il padre". In quel momento è diventata una potenziale presidente della Repubblica francese. In Italia sta succedendo la stessa cosa".

È il limite che ha cercato di superare Salvini?
"Ma prima di lui è arrivato il Movimento Cinquestelle. Hanno capito per primi che bisogna cavalcare la protesta, non una protesta. Guardi il loro atteggiamento sull'immigrazione: prese di posizione così inafferrabili da poter essere interpretate sia in senso di destra che di sinistra. E dalle analisi che leggo, ha funzionato: prendono voti anche fra gli anziani delle periferie metropolitane, i ceti deboli tra i quali la paura dell'immigrato è più forte".

Professore, lei si tiene lontano dalla politica italiana, ma qui c'è una morale, no?
"Progetto e radicamento popolare. Il cambiamento possibile, fatto entrare nel cuore della gente. Il solo ad averlo capito è papa Francesco".

© Riproduzione riservata
22 giugno 2016

Da  - http://www.repubblica.it/politica/2016/06/22/news/prodi_messaggio_al_governo_due_anni_bastano_per_logorarsi_necessario_cambiare_politiche_-142541909/?ref=HREA-1
6650  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / EZIO MAURO. La storia rottamata inserito:: Giugno 22, 2016, 06:33:52 pm
La storia rottamata

Nei municipi delle città che si aprono alla vittoria dei Cinque Stelle, nasce così davvero la Terza Repubblica tanto spesso annunciata e ogni volta incapace di realizzare una vera svolta nel meccanismo politico-istituzionale

Di EZIO MAURO
21 giugno 2016

Con tutto il vento seminato in questi ultimi anni, il Pd non può certo stupirsi della tempesta che ha raccolto domenica sera nelle urne. Quando la sorte e le circostanze trasformano un partito da forza di maggioranza relativa in perno del sistema politico-istituzionale e questa occasione storica viene dissipata, la politica si vendica, l'opinione pubblica si ribella e il voto lo certifica. Da ieri il perno non c'è più, il sistema gira su se stesso, imballato, e l'energia politica residua prende l'unica via di fuga rimasta dopo il fallimento parallelo di destra e sinistra, trasformando il voto comunale in un certificato nazionale di protesta, e chiedendo alla protesta di governare, cambiando.

Nei municipi delle città che si aprono alla vittoria dei Cinque Stelle, nasce così davvero la Terza Repubblica tanto spesso annunciata e ogni volta incapace di realizzare una vera svolta nel meccanismo politico-istituzionale. In realtà dopo Tangentopoli, la morte dei grandi partiti storici e l'era berlusconiana durata vent'anni, abbiamo vissuto fino ad oggi nella palude finale della Seconda Repubblica, segnata da un confronto-scontro tra destra e sinistra che ha prodotto l'alternanza anche se non è riuscito in due decenni a riformare il sistema e a cambiare il Paese.

Tutto questo è finito domenica. La destra non ha più un'identità riconoscibile, è divisa tra lepenismo d'accatto e moderatismo improvvisato, non ha un leader capace di incassare l'eredità di Berlusconi, che come erede concepisce peraltro soltanto se stesso. La sinistra ha un leader, e nient'altro: l'eredità storico-politica, che fa parte della storia migliore del Paese, è stata derisa e svenduta a saldo, come se le idee e gli uomini si potessero rottamare al pari delle macchine. Ma dopo il salto nel cerchio di fuoco, spenti gli applausi, rimane solo la cenere.

Quando si destrutturano i valori e i fondamenti culturali di storie politiche che hanno attraversato il secolo, rimane un deserto politico da presunto Anno Zero: teatro solo di performance, come se la politica fosse pura rappresentazione e interpretazione di pièce improvvisate ed estemporanee, senza un ancoraggio nella carne della società, nei suoi interessi legittimi, nelle sue forze vive. La destra, come il talento di Berlusconi ha dimostrato troppo a lungo, può vivere di questo teatro dilatato ed estremo, nella ricerca titanica di una fisionomia culturale che il populismo camuffa secondo il bisogno. La sinistra no. Sganciata dal sociale e dalla storia, si perde nel gesto politico fine a se stesso, dove tutto è istintivo e istantaneo, fino a diventare isterico.

Desertificato di riferimenti culturali (che certo sono ingombranti, perché obbligano terribilmente) il campo della contesa disegnato dalla sinistra al potere diventa basico e nudo, con parole d'ordine elementari e radicali. Una su tutte: il cambiamento ma senza progetto, senza alleanze sociali, senza uno schema di trasformazione, cambiamento per il cambiamento, dunque soprattutto anagrafico, spesso con una donna al posto di un uomo. La rottamazione della storia si è portata via anche il deposito di significato, la traccia di senso che la storia lascia dietro di sé, comprese le competenze e naturalmente le esperienze, quel legame tra le generazioni che forma il divenire di una comunità e si chiama trasmissione della conoscenza, del sapere, delle emozioni condivise. Tutte cose che altrove fanno muovere le bandiere di un partito, consapevole di avere un popolo che in quelle insegne si riconosce. Solo da noi la bandiera della sinistra, ammesso che ci sia ancora, è floscia come se vivessimo sulla luna, dove non c'è vento.

È evidente che una forza nata dal nulla dunque geneticamente "nuova" come i Cinque Stelle, si è trovata il campo politico spalancato. Anzi di più: irrigato con la sua acqua, concimato col suo stesso fertilizzante. Prima Berlusconi ha preso a pugni le istituzioni, dal Capo dello Stato alla magistratura, alla Corte costituzionale, rifiutando ogni loro controllo. Poi la sinistra ha predicato per tre anni che nulla della sua storia civica e politica valeva la pena d'essere salvato e indicato come riferimento, solo la germinazione spontanea del nuovo meritava attenzione, mentre la classe dirigente non andava rinnovata ma sostituita, come si fa con una gomma bucata.

Ed ecco i nuovi gommisti all'opera. Non hanno storia, solo una feroce gioia per la crisi delle istituzioni, da combattere in attesa di comandarle. Soltanto un rifiuto senza distinzioni di tutto il sistema politico del Paese, come dice quella "V" incastonata nel simbolo per ricordare il "vaffa", supremo riassunto di un movimento e del suo programma. Infine, com'è ovvio, non scelgono tra destra e sinistra: sono la creatura perfetta del nuovo mondo. Una promessa facile e basica, che semplifica la politica riducendola appunto a un "vaffa". E alla prima resa dei conti, molti cittadini tra il "cambiamento di governo" di Renzi e il "cambiamento contro tutti" di Grillo hanno preferito la spallata. Perché governare e rottamare insieme è difficile, quasi impossibile. E soprattutto, governare senza una storia politica a far da cornice e dei valori di riferimento, diventa un'interpretazione autistica, staccata dal corpo sociale. Si irrideva alla competenza e all'esperienza, promuovendo ministro la famosa cuoca di Lenin? Bene, ecco gli apprendisti cuochi di Grillo, più nuovi del nuovo, digiuni delle cucine del potere, totalmente inesperti da sembrare ignoranti, così politicamente "ignoranti" da apparire innocenti, talmente innocenti da funzionare come garanzia non solo di novità ma molto di più: di alterità, come se venissero da un altrove ingenuo e incontaminato, per molti cittadini il mondo ideale residuo, dopo che della politica si è voluto coscientemente fare un deserto, chiamandolo partito della nazione.

Roma viene conquistata facilmente dai grillini, sia per la debolezza del candidato di sinistra (simbolo capitale della debolezza del Pd di pensare in grande su una platea internazionale come quella del Campidoglio) sia per la sciagurata gestione del surreale caso Marino. Milano viene vinta d'un soffio dal centrosinistra, bloccando per il momento l'emorragia sui due fianchi, destro e sinistro. Torino riserva la sorpresa più significativa, perché qui con Fassino battuto dalla rimonta grillina s'infrange una storia ventennale di guida della città da parte della sinistra, storia di competenza e di buongoverno, che improvvisamente non conta più nulla. Il Pd e il suo segretario dovrebbero riflettere su questa spinta "contro", che nel ballottaggio coaliziona chiunque comunque contro il candidato che rappresenta la sinistra al potere e il governo nazionale: oltre ad alcune lobby cittadine che si autogarantiscono sulle poltrone del potere da qualche decennio, come se a Torino ci fosse un "fordismo" politico superstite anche dopo che il fordismo di fabbrica non c'è più, come anche la fabbrica.

E qui, c'è l'ultima questione. Perché l'irruzione delle forze antisistema nel campo vuoto della politica è sicuramente una sirena d'allarme per Renzi, che forse ha esaurito il capitale politico della sua avventura, e oggi dopo aver svuotato il Pd fa i conti con la sua assenza. Ma è una campana a morto per il cosiddetto establishment, incapace di proiettare un'immagine civica di sé e di costruire una vera classe dirigente del Paese in grado di coniugare gli interessi particolari legittimi con l'interesse generale: più facile da domattina — scommettiamo? — lusingare il nuovo potere nascente, per mantenere una rendita di posizione, come sempre. Questa è la verità: gli antisistema vincono perché non c'è più il sistema. Ecco perché oggi la campana suona per tutti, suona per noi.

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21 giugno 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/06/21/news/mauro_elezioni-142473406/?ref=HRER2-1
6651  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / Davide Casaleggio: non mi candiderò - Di Emanuele Buzzi inserito:: Giugno 22, 2016, 06:31:31 pm
Davide Casaleggio: non mi candiderò
Nel nome di mio padre continuo a lavorare per la democrazia diretta

Di Emanuele Buzzi

«Non intendo candidarmi, né fare politica in prima persona. Intendo occuparmi dello sviluppo delle applicazioni di democrazia diretta del Movimento 5 Stelle in rete affinché tutti i cittadini possano fare politica». Davide Casaleggio il giorno dopo la vittoria dei pentastellati ai ballottaggi a Roma, Torino e in altri diciassette comuni rompe il silenzio che lo circonda da anni, dal suo ingresso al fianco del padre Gianroberto nel mondo dei Cinque Stelle, e lo fa per spazzare via ogni dubbio sul ruolo futuro. La sua presenza a Roma, quasi inaspettata per via della sua riservatezza, ha fatto nascere qualche dubbio che Casaleggio jr. respinge, ribadendo la sua volontà di assistere in presa diretta a una vittoria più volte definita «storica» da parlamentari e militanti. «Peccato non ci sia mio padre — avrebbe confidato la sera delle elezioni — proprio per un soffio».

Si aspettava un successo simile? Cosa rappresentano Roma e Torino per il Movimento?
«Sono molto soddisfatto del risultato ottenuto. Non mi ha sorpreso perché rispecchia il lavoro fatto dal Movimento a tutti i livelli. Attivisti, portavoce e candidati».

Cosa vi siete detti lei e Grillo appena appreso il risultato delle urne?
«Abbiamo celebrato questo nuovo successo e abbiamo ricordato mio padre».

Seguirete le linee guida tracciate da suo padre?
«Sì, per mio padre la stella polare del Movimento era il Movimento stesso che si esprime online tramite i propri iscritti seguendo le poche regole che sono state fissate. Questa é l’impostazione che ne garantisce il successo. Anche per Roma, ad esempio, i candidati consiglieri si sono presentati e sono stati votati su Rousseau. Virginia Raggi stessa è stata votata e scelta tramite questo sistema di democrazia partecipata online».

Avete vinto 19 ballottaggi su venti: teme che questo successo possa portare le altre forze politiche a rivedere l’Italicum?
«Quello che faranno le altre forze politiche è un problema loro. Il Movimento ha proposto una legge elettorale dopo un percorso di scrittura partecipata in rete grazie agli oltre 130 mila iscritti a Rousseau. La legge elettorale dovrebbe essere ancorata alla Costituzione e non essere merce di scambio per i partiti alla vigilia di ogni elezione».

Hanno accusato Raggi di essere eterodiretta da lei. Cosa risponde?
«È un’assurdità inventata da chi non capisce nulla di come funziona il Movimento 5 Stelle. Gli elettori di Roma lo hanno capito e lo hanno dimostrato con il voto».

Appendino ha fatto un discorso dai toni molto istituzionali, sottolineando anche che terrà conto dei meriti degli avversari. Volete dimostrare che avrete un approccio in caso di governo diverso da alcuni toni usati in passato?
«Chiara Appendino è il nuovo sindaco di Torino perché si è interessata dei problemi reali dei cittadini. E questo è quello che tutti i nostri portavoce cercano di dimostrare».

Come crede che il Movimento gestirà questa vittoria?
«Nel migliore dei modi possibili, rispettando le promesse fatte come ha già fatto in Parlamento, nelle Regioni e nei Comuni dove è chiamato a governare. Con il taglio dello stipendio, con il rifiuto dei finanziamenti pubblici, rinunciando alle auto blu e a tutti i privilegi».

L’associazione Rousseau è nata da poco, che risultati ha raggiunto e che obiettivi si pone?
«L’associazione Rousseau sta potenziando il sistema operativo dei Cinque Stelle, ossia la piattaforma Rousseau. Abbiamo rilasciato da poco l’applicazione “Lex Iscritti” che consente ai cittadini di proporre direttamente le leggi che i portavoce 5 Stelle porteranno in Parlamento. È la prima applicazione e unica al mondo nel suo genere. Siamo all’avanguardia e continuiamo a lavorare».

Sono in vista novità?
«Nei prossimi giorni verranno pubblicate le proposte di legge ricevute perché possano essere scelte dagli iscritti. La prossima applicazione che rilasceremo sarà quella di e-learning».

Di cosa si tratta?
«Saranno delle lezioni online corredate di video e approfondimento tenute da alcuni consiglieri comunali per dare supporto ai nuovi eletti di questa tornata».

Come si finanzia l’associazione Rousseau? Lei prende un compenso per la sua attività?
«L’associazione Rousseau si finanzia esclusivamente con piccole donazioni volontarie dei cittadini che vogliono supportarci, come per tutte le attività del Movimento 5 Stelle. La raccolta fondi è ancora attiva. Finora siamo stati sostenuti da 8.423 persone che hanno donato in media 30 euro a testa. La mia attività per Rousseau è a titolo totalmente gratuito».

La democrazia diretta è una direzione che continuerete a perseguire?
«Certo. Noi siamo un’avanguardia, ma in altri Paesi la democrazia diretta e online è applicata a vari livelli. Per esempio in Estonia oltre il 30% degli elettori già oggi vota per le elezioni politiche online, l’istituto del recall che permette di richiamare un politico eletto è attivo in Paesi come la California o il Venezuela, esperimenti sulla scrittura della costituzione da parte dei cittadini sono stati portati avanti in Islanda e Colombia. Bilanci partecipati, scelta dei candidati con primarie online e referendum consultivi sono sempre più diffusi nel mondo. Il nostro obiettivo è di portare la democrazia partecipata on line verso la sua realizzazione completa in Italia».

È vero che organizzerete una cabina di regia per i Comuni?
«Il responsabile degli enti locali è Luigi Di Maio. Per quanto riguarda Rousseau sono già previste delle applicazioni per i sindaci e in generale per i comuni e anche queste saranno rilasciate nei prossimi mesi».

Come vi comporterete in vista del referendum di ottobre?
«La posizione dei Cinque Stelle per il referendum è già stata espressa».

Dopo la nascita dell’associazione Rousseau che ruolo avrà la Casaleggio associati?
«Casaleggio Associati si occupa di definire strategie di rete innovative per i propri clienti. La nostra società ha creato e sviluppato il sistema operativo del Movimento e l’ha poi donato all’associazione Rousseau che si sta appunto occupando di accelerarne lo sviluppo».

21 giugno 2016 (modifica il 21 giugno 2016 | 09:54)
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Da - http://www.corriere.it/politica/16_giugno_20/davide-casaleggio-non-mi-candidero-nome-mio-padre-continuo-lavorare-la-democrazia-diretta-3838357e-3730-11e6-88d7-7a12a568ff47.shtml
6652  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / FRANCESCO BEI. La risposta allo smacco delle urne inserito:: Giugno 22, 2016, 06:05:12 pm
La risposta allo smacco delle urne

22/06/2016
Francesco Bei

Meglio tardi che mai, verrebbe da dire. C’è voluto il clamoroso risultato di questa tornata elettorale per portare finalmente al centro della politica il tema delle periferie. O meglio di come concretamente vivono i cittadini a dieci fermate dal centro storico. Il governo sembra aver capito che la direzione di marcia deve essere quella e il piano di riqualificazione edilizia con cui apriamo oggi il giornale è un primo segnale di ascolto.

D’altronde lo stanno testimoniando le nostre inchieste per strada in questi giorni e lo confermano i flussi elettorali: fuori dalla cerchia delle mura cittadine cova un giacimento di rabbia pronto a esplodere, un deposito che ha trovato sfogo domenica nell’urna. E siamo fortunati che sia ancora il voto democratico a incanalare questo risentimento, mentre in altri Paesi l’odio sociale si è trasformato in incendio. 

E ha infiammato i quartieri-ghetto con la benzina dell’immigrazione. Per chi si sente abbandonato da tutti, il voto ai cinque stelle è stato come un grido di dolore e un insulto sparato in faccia a chi governa. «Il problema dell’eguaglianza e delle periferie - sembra abbia riconosciuto il ministro Andrea Orlando nella tesa riunione di governo di lunedì a urne ancora calde - è stato poco affrontato dal Pd in questa campagna elettorale».

Sbaglia Beppe Grillo a considerare quel voto un’adesione incondizionata al programma M5s (una serie di slogan che faticheranno a trovare applicazione concreta) e un’investitura anche per il governo nazionale, ma sbaglierebbe anche Matteo Renzi a ridurlo a una questione che si può risolvere rafforzando la segreteria del Pd con qualche innesto. 

Tuttavia il capo del governo è ancora in tempo per recuperare. Ma deve ritrovare quello spirito di attenzione al particolare, quell’atteggiamento da sindaco che sta sempre «sul pezzo» che gli consentì di vincere le primarie e poi di convincere il 40 per cento degli italiani. Quando a Firenze, durante il primo mandato, lo accusarono di essersi dimenticato delle periferie e di pensare solo alla pedonalizzazione di piazza della Signoria, Renzi non negò il problema, non cambiò assessori, fece una cosa di buon senso: studiò il modo per allungare la tramvia che collega la zona di Piagge con il centro. E ricucì il territorio. Con l’ultima legge di Stabilità ha stanziato 500 milioni di euro per le periferie, grazie alla flessibilità strappata a Bruxelles. Il decreto di Renzi che stabilisce le modalità di erogazione di questi fondi alle città porta la data del 7 giugno, due giorni dopo il primo turno elettorale. Ma tutto va troppo lento, si aspettano i progetti dei sindaci, e ci vorrà molto tempo prima che i cittadini si accorgano che qualcosa sta cambiando. Il problema in fondo è tutto qui. Perché una volta in periferia c’era il Pci con le sue sezioni e la Dc con le sue organizzazioni collaterali, c’erano i sindacati, le parrocchie, un mastice che teneva incollato il mondo dei privilegiati e il mondo di sotto. Ora in questo vuoto non c’è più nulla. E Renzi ha solo il governo per provare a farsi ascoltare. Ma lo deve fare in fretta. 

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Da - http://www.lastampa.it/2016/06/22/cultura/opinioni/editoriali/la-risposta-allo-smacco-delle-urne-6H8DvpeHmAT64tzjDvhKEM/pagina.html
6653  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Arlecchino. Da FB del 22/06/2016 ... inserito:: Giugno 22, 2016, 05:57:05 pm
Matteo Renzi dove hai sbagliato lo sai (altri hanno fatto moltooo peggio) la patata bollente se la sono presa i 5Stelle e ci fanno anche festa.
Adesso chiacchiere a zero, fatti positivi a mille e non raccontati ma ottenuti.
Importante non cedere alla sinistra-Sinistra che da un secolo commette errori favorendo i drammi fascisti e di destra. Ciaoooo

Da FB del 22/06/2016
6654  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / CURZIO MALTESE La stagione renziana è finita, fatevene una ragione inserito:: Giugno 22, 2016, 05:53:01 pm
La stagione renziana è finita, fatevene una ragione

Pubblicato: 22/06/2016 13:17 CEST Aggiornato: 4 ore fa

Curzio Maltese
Giornalista e scrittore, eurodeputato Lista Tsipras

È incredibile come, anche di fronte all'evidenza, il coro dei media si rifiuti di considerare l'ipotesi che la portentosa stagione del "renzismo" sia già finita. Qui non si tratta neppure di politica, ma di matematica. Combinando gli ultimi risultati, referendum e comunali, è oggi impensabile che Renzi possa portare a ottobre 15 milioni d'italiani a votare Sì al referendum costituzionale, contro i 15 milioni che quasi certamente andranno a votare No. Naturalmente molte cose possono accadere da qui a ottobre, il governo può inventarsi bonus, sconti fiscali e mance elettorali.

Può cambiare anche l'atteggiamento e l'impegno degli avversari politici, il centrodestra e i 5 stelle, riguardo al referendum. In fondo, nell'essenza, questa riforma della Costituzione serve a ridimensionare il ruolo del parlamento e in particolare delle opposizioni, e ad accrescere in maniera consistente i poteri dell'esecutivo. Fino a quando il Pd di Renzi era percepito come il sicuro vincitore delle prossime elezioni, per le opposizioni il No era questione di vita o di morte. Ora che la possibilità di vittoria del Pd sono scemate di molto, soprattutto nel ballottaggio previsto dall'Italicum, la riforma può diventare un boomerang per chi l'ha proposta e una formidabile clava nelle mani di chi la osteggiava.

Il vibrante No di destra e 5 stelle potrebbe insomma diventare, strada facendo, un più cauto "Ni". Renzi è finito e non lo sa, avevo scritto dopo il primo turno delle comunali. Con il ballottaggio la situazione è cambiata. Renzi è finito, ma lo sa anche lui. E infatti ha già cambiato tono e stile, smettendo l'arroganza guascona di tutti questi mesi e riconoscendo con chiarezza la vittoria dei 5 stelle. In questo, al solito, Renzi si rivela più intelligente della mediocre corte di miracolati cui si è circondato, politici e giornalisti. I secondi ancora più patetici dei primi. Tanta era la felicità, dopo l'inusitato 41 per cento alle europee, d'essere saltati stavolta per tempo sul carro del sicuro vincitore, che ora fanno fatica più degli altri a tornare coi piedi per terra. Ricordano quel mezzobusto socialista Rai che tanti anni fa, alla vigilia del crollo della prima repubblica, cercava di convincere Bettino Craxi d'aver vinto le elezioni a sua insaputa.

Il "renzismo" era apparso a molti il nuovo sol dell'avvenire e si sta invece rivelando il breve crepuscolo del "berlusconismo" che l'ha preceduto. Rispetto al quale è assai meno solido. Berlusconi era un leader amato dal suo popolo, portatore di un mito che esaltava il tradizionale egoismo della destra fino a condurlo all'utopia scintillante di un arricchimento collettivo (il sole in tasca). Renzi è un leader non amato dal suo popolo, ma tollerato in virtù di un mito vincente, all'apparenza, che comporta l'umiliazione dei valori storici della sinistra in cambio di una promessa di potere, modernità e benessere generale. Si capisce allora perché il mito naturale (per la destra) berlusconiano abbia potuto resistere quasi un ventennio, contro l'evidenza del mancato "nuovo miracolo economico".

Erano anche tempi migliori in economia e più lenti. Prima che si materializzassero gli effetti della crisi del 2008, Berlusconi ha continuato a vedere ristoranti di lusso strapieni e il signor Tremonti ha potuto raccontare a lungo la favola di un paese estraneo alla crisi e di un sistema bancario "più solido che nel resto d'Europa". Grottesche menzogne che oggi si rivelano anche fonti di tragedie personali. Il mito "renziano", già politicamente contro natura, è invece già franato con la brutale smentita nei fatti di una narrazione irrealistica e infantile nei toni (la guerra ai "gufi"), incentrata sull'ottimismo e la crescita.

È un mito che resiste soltanto per un ceto mediatico ancora più separato dalla realtà di quanto non appaia il famigerato ceto politico e di conseguenza ancor meno popolare. Renzi confidava molto nell'appoggio dei media per la conquista del consenso al suo progetto di partito della nazione: un altro miraggio. Alla vigilia del ballottaggio tv e giornali hanno dedicato chilometrici retroscena dietrologici alle voci di presunti accordi sottobanco anti Renzi fra grillini, leghisti, sinistra e minoranze dem, ma in compenso hanno ignorato la notizia vera che a Napoli i candidati del Pd avevano apertamente invitato per lettera i propri elettori a votare il candidato del centrodestra, Lettieri, contro De Magistris.

Questa sfrontata propaganda mascherata da informazione politica produce ormai un rigetto istantaneo nell'opinione pubblica, come forse sono in grado di capire anche gli astutissimi strateghi di comunicazione al servizio del piccolo principe.

Da - http://www.huffingtonpost.it/curzio-maltese/la-stagione-renziana-finita_b_10608802.html?ncid=fcbklnkithpmg00000001
6655  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Arlecchino. Da FB del 30/5 inserito:: Giugno 18, 2016, 12:24:08 pm
Neppure menti eccelse comprendono che l'Italia ha necessità di cambiamento culturale profondo. Come il sindacato obsoleto (capace solo di ricattare con gli scioperi) e allo stesso modo degli esagitati (naturali o comandati) che fanno sassaiole contro le forze dell'ordine schierate a nostra difesa, anche queste degne persone colte usano un tipo particolare di violenza, scrivono una giusta protesta motivata e si dimettono. Rinunciano a battersi sul posto per la loro giusta battaglia e voltano le spalle alla realtà da modificare per il meglio. Anche loro se ne infischiano che in tal modo offendono, scappando, noi Cittadini.

Da FB del 30/5 sulle biblioteche trascurate.

Allora da cosa si dimettono? I Cittadini degni di questo nome si battono democraticamente, motivando le loro ragioni o le ragioni del miglior vivere da raggiungere restando "sul pezzo".
Dal governo si deve pretendere ma con il governo si deve cooperare. Noi non abbiamo ideologie da soddisfare ma un benessere per tutti da raggiungere. ciaooo
6656  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Arlecchino. Da FB del 13/06/2016 ... inserito:: Giugno 18, 2016, 12:18:58 pm
Dopo i vari ventenni sofferti dagli Italiani (compreso quelli capaci di commenti da giovanile d'oratorio) dovremmo avere imparato che il problema non sono gli anni in cui un leader domina la scena politica ma la sua qualità di persona e di statista. Che una mezza calza (magari intrallazzata) duri poco a noi poco importa non li vogliamo.

Se Renzi porta risultati positivi perchè smettere! Non essere tifosi di tizio o di caio ci permette di ragionare soltanto sui risultati ottenuti non sui polveroni creati ad arte per confonderci. Ciaooo

Da FB del 13/06/2016
6657  Forum Pubblico / I.C.R. Immaginare Conoscere Realizzare. "Le TERRE DI RANGO" e "Le TERRE DI FANGO". / Celentaneggiare. Imitare, scimmiottare il modo di fare, muoversi, cantare e ... inserito:: Giugno 18, 2016, 12:09:45 pm
Celentaneggiare
Vocabolario on line


Celentaneggiare v. intr. (scherz.) Imitare, scimmiottare il modo di fare, muoversi, cantare e parlare del cantante e intrattenitore Adriano Celentano. ◆ Per la prima volta Jovanotti-Gino Latino si muove a tutto palco, celentaneggia, balla e lancia i suoi ululati da idiota del villaggio spalleggiato da una vera band. (Giacomo Pellicciotti, Repubblica, 7 dicembre 1989, p. 20, Musica) • «Tutti quelli che arrivano alla sua corte tendono a celentaneggiare e finiscono fuori posto e fuori tempo, come il mio amico Claudio Bisio. Per non parlare dell’intervista ‘dalemiana’ che si è fatto fare dalla Neri. Un messaggio a Celentano? Acqua in bocca» [Antonio Ricci]. (Piero Degli Antoni, Quotidiano.net, 30 ottobre 1999) • Erano più trascinanti i tredicenni che salivano sul palco leggendo parole altrui contro il regime. Serena Dandini con The Show Must Go Off e Daria Bignardi con Le invasioni barbariche si ritrovano spiazzate. Gli ospiti della compagnia di giro celentaneggiano e perdono mordente. (Mariarosa Mancuso, Corriere.it, 18 marzo 2012, Cultura, Il club della Lettura).
Derivato dal nome proprio (Adriano) Celentano con l’aggiunta del suffisso-eggiare.

Da - http://www.treccani.it/vocabolario/celentaneggiare_%28Neologismi%29/
6658  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / GOFFREDO DE MARCHIS. Olimpiadi a Roma Renzi prepara un nuovo affondo contro i 5S inserito:: Giugno 18, 2016, 12:06:25 pm
Olimpiadi a Roma, Renzi prepara un nuovo affondo contro i 5 stelle
Il premier inaugura la nuova sede del volley, occasione per attaccare ancora Virginia Raggi e Beppe Grillo.
Presto andrà a Rio de Janeiro per i giochi brasiliani accompagnato dalla famiglia. Arrivo il 3 agosto, ritorno il 7.
Vedrà le gare dei suoi "amici" Nibali e Fiamingo


Di GOFFREDO DE MARCHIS
09 giugno 2016

ROMA - Che c'azzecca, nell'agenda di un presidente del Consiglio, l'appuntamento di oggi a mezzogiorno: inaugurazione della nuova sede della Federazione Italiana Pallavolo? C'entra molto se Matteo Renzi ha deciso di puntare tutte le carte, per rimontare la sfida della Capitale, sulla candidatura olimpica del 2024.

Il premier prepara dunque un nuovo affondo contro i "no" dei 5Stelle. Il sogno delle Olimpiadi viene individuato da Palazzo Chigi come il tema forte che consentirà a Roberto Giachetti di colmare lo svantaggio prima del secondo turno di domenica 19. Obiettivo: trasformare il ritorno alle urne in un "referendum" olimpico. La politica del "sì" contro i dubbi di Virginia Raggi, la politica dello sviluppo (posti di lavoro, Pil, riassetto urbano) contro la decrescita felice sempre sostenuta da Beppe Grillo.

Secondo Renzi questo è l'unico argomento in grado di spostare gli equilibri a Roma. "Tutti dicono che sono matto, ma penso che Roberto ce la possa fare", ripete continuamente il premier. E l'appuntamento di oggi è uno dei passaggi della sua campagna per i ballottaggi. Lontano dai candidati, con i quali non farà più manifestazioni pubbliche, ma vicino ai programmi che possono aiutarli a conquistare la vittoria.

La scelta della Federazione Pallavolo non è casuale. Il volley porterà alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, che cominciano il 5 agosto, ben 30 atleti, il record assoluto di partecipazione per quello sport. Gareggeranno sia la squadra maschile sia quella femminile e per la prima volta l'Italia ha tre coppie nel beach volley: 2 maschili e una femminile.

Insomma, la pallavolo è un fiore all'occhiello della spedizione azzurra. Renzi ha stabilito un filo diretto con il presidente della Fipav Carlo Magri che è a suo modo un simbolo dell'anti-rottamazione: ha 76 anni e guida la pallavolo italiana da ben 21 anni. Ma tra i due c'è feeling. All'inaugurazione della nuova sede sarà presente anche il presidente del Coni Giovanni Malagò.

Roma 2024, Malagò: "Incontro con Raggi? Molto positivo, lei non è prevenuta"
Le Olimpiadi sono una scommessa di Renzi, a prescindere dal voto comunale. Il premier infatti volerà a Rio de Janeiro per i Giochi brasiliani. Arriverà il 3 agosto per l'inaugurazione di Casa Italia dove sono invitati tutti i membri del Cio (comitato olimpico internazionale), gli stessi che avranno l'ultima parola sulla città che organizzerà le gare del 2024. Il 4 assisterà all'alzabandiera nel villaggio olimpico e la sera vedrà il capo di Stato brasiliano. Il 5 c'è la cerimonia d'apertura, il 6 invece è giorno di sport.

Renzi vedrà dal vivo le prove di Vincenzo Nibali, il vincitore del giro d'Italia, e di Rossella Fiamingo, spadista catanese, campionessa mondiale, destinata a diventare uno dei volti più belli di questa edizione dei Giochi. 

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09 giugno 2016

Da – repubblica.it
6659  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Angelo PANEBIANCO. I rischi della Ue tra Brexit e Trump inserito:: Giugno 18, 2016, 12:02:42 pm
Scenario
I rischi della Ue tra Brexit e Trump
Nel giro di due mesi ci potrebbe essere l’uscita della Gran Bretagna e la vittoria del repubblicano alla Casa Bianca.
O ci si rassegna alla propria definitiva implosione o ci si impegna in una radicale riorganizzazione

Di Angelo Panebianco

Ipotizzare il peggio può aiutare ad aguzzare l’ingegno, a ricercare le soluzioni se il peggio si realizzasse. In questo momento, l’Europa è con il fiato sospeso in attesa del referendum britannico del 23 giugno. Ma le tegole che potrebbero cadere in testa all’Europa nel giro di pochi mesi sono due. Nello scenario più cupo, la Gran Bretagna abbandona l’Unione Europea e pochi mesi dopo Donald Trump viene eletto presidente degli Stati Uniti. Se questi due eventi si realizzassero entrambi, l’Europa si troverebbe a fare i conti con un mondo completamente diverso rispetto a quello fin qui conosciuto e dovrebbe molto presto scegliere fra rassegnarsi alla propria definitiva implosione o impegnarsi in una radicale riorganizzazione di se stessa.

Le conseguenze di una vittoria dei fautori dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione — tutti gli osservatori concordano — sono imprevedibili. I danni economici per la Gran Bretagna sarebbero, presumibilmente, ingenti ma lo sarebbero anche per gli altri Paesi europei data la stretta interdipendenza esistente. I danni politici sono ancora meno calcolabili. È vero che l’Unione sarebbe forse tentata di trattare con la massima durezza la Gran Bretagna allo scopo di farle pagare un prezzo economico salatissimo cercando così di scoraggiare il contagio, di rendere il più possibile difficile la vita agli imitatori, a tutti coloro che in giro per l’Unione vorrebbero seguire le orme del Regno Unito È anche vero che la Gran Bretagna non è la Grecia e che colpirla troppo duramente potrebbe rivelarsi un boomerang, provocare danni altrettanto gravi ai Paesi membri, come hanno giustamente osservato Alesina e Giavazzi sul Corriere di due giorni fa.

In ogni caso, le conseguenze di Brexit sarebbero di vasta portata. Il prestigio e la reputazione dell’Unione, già piuttosto bassi di questi tempi, diminuirebbero ancora nel momento in cui uno Stato membro così importante se ne andasse sbattendo la porta. Lungo tutta la loro storia, le istituzioni europee avevano potuto contare sul fatto che i vari Paesi facessero la fila per entrare, non per uscire. Inoltre, la Brexit modificherebbe i rapporti di forza dentro l’Unione facendo venire meno un contrappeso, che comunque esisteva, rispetto alla potenza tedesca. Da ultimo (ma questo pare interessare solo ai pochi europei che ancora hanno a cuore l’economia liberale), verrebbe meno un elemento di resistenza a quegli eccessi di dirigismo economico sempre troppo apprezzati e praticati sul Continente. In ogni caso, la natura dell’Unione cambierebbe.

Ma l’attenzione spasmodica per la possibile tegola numero 1, la Brexit, non dovrebbe farci dimenticare la possibilità che ci arrivi in testa, nel giro di pochi mesi, anche la tegola numero 2. Forse (qualunque europeo dovrebbe augurarselo) Hillary Clinton vincerà le elezioni presidenziali americane. E forse no. Data la scarsa simpatia che l’ex segretario di Stato riscuote persino fra gli elettori democratici, date le affinità di fondo (il comune sentire economicamente protezionista e politicamente isolazionista) che esistono fra l’elettorato che ha votato Sanders e quello che vota Trump, una vittoria finale di quest’ultimo non può essere esclusa. Fuori dagli Stati Uniti, chi più potrebbe rallegrarsi per il trionfo di Trump sarebbe Vladimir Putin. Trump significherebbe il definitivo affossamento del trattato di libero scambio fra Europa e Stati Uniti. Ma significherebbe, soprattutto, l’apertura di una crisi, la più grave da quando l’organizzazione esiste, della Nato. Gli Stati Uniti di Trump pretenderebbero, come egli ha già anticipato, un impegno finanziario assai più ampio dell’attuale da parte dei Paesi membri dell’organizzazione.

Ma l’America ha sempre accettato fino ad oggi di sopportare gli oneri finanziari maggiori in cambio del riconoscimento della sua leadership da parte degli europei. Un diverso atteggiamento significherebbe rinunciare alla leadership. E poiché i Paesi europei membri della Nato difficilmente potrebbero accedere alle richieste americane, la conseguenza sarebbe una crisi del sistema di sicurezza occidentale. Si sfregherebbero le mani soddisfatti tutti coloro che, da sempre, vogliono sbarazzarsi dell’«impero» americano. Ma si aprirebbe anche una voragine: chi potrebbe, e come, sostituire la Nato come garante della sicurezza europea? Nascerebbe finalmente il famoso «esercito europeo» sognato da sempre dai federalisti spinelliani? Chi conosce lo stato dell’Europa sa che questa è solo un’illusione. In materia di sicurezza, gli europei, senza gli americani, sono in grado di combinare poco o nulla. È anche la ragione per cui Putin brinderebbe a champagne in caso di elezione di Trump. La sua influenza politica sull’Europa (come sul Medio Oriente) si accrescerebbe. I gravissimi problemi economici della Russia non impedirebbero alla più grande potenza militare che incombe sui nostri confini orientali di sfruttare ogni occasione per condizionarci sul piano politico. Per la gioia dei tanti amici europeo-occidentali dell’uomo forte di Mosca.

Già duramente provati a causa dell’incapacità di trovare soluzioni condivise nel governo dei flussi migratori, gli europei si troverebbero a dover fronteggiare la peggiore combinazione possibile: i danni economici e politici provocati da Brexit e l’avvento di un presidente americano isolazionista e protezionista. Se ci arrivassero addosso tutte e due le tegole, l’Europa continentale dovrebbe decidere in fretta — prossime elezioni francesi e tedesche permettendo — come riorganizzarsi. Si noti per giunta che una riorganizzazione, che a quel punto dovrebbe anche farsi carico della sicurezza (un tema con cui l’Europa, nonostante Maastricht, non ha alcuna dimestichezza) in una Unione resa ancora più «tedesca» di oggi dall’uscita della Gran Bretagna, richiederebbe di essere condotta con grande tatto e abilità: per non alimentare sentimenti ancora più forti di quelli che già oggi circolano di ostilità per la Germania. Magari poi il fosco scenario sopra immaginato non si realizzerà. La Gran Bretagna resterà nell’Unione (i fautori del Remain vinceranno con un buon margine) e Trump verrà sonoramente sconfitto da Hillary Clinton. L’Europa, allora, continuerà a galleggiare restando così come è oggi ancora per un po’.

15 giugno 2016 (modifica il 15 giugno 2016 | 21:39)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/opinioni/16_giugno_16/i-rischi-ue-brexit-trump-3d51b1b0-3330-11e6-a482-ab4404438124.shtml
6660  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Arlecchino. Da ... FB del 16/6 inserito:: Giugno 18, 2016, 12:00:37 pm
Ai terroristi non violenti di casa nostra dobbiamo aggiungere i vecchi responsabili dei nostri guai che pur di farsi notare combattono Renzi, i violenti ideologizzati che vorrebbero imitare in Italia le violenze accadute in Francia, i violenti "tanto chi se ne frega" (squadristi internazionali), ed altri ancora compresi gli indifferenti (tanto io non voto).

Ma nel sostenere il governo quando si mette a "fare" provvedimenti corretti non dobbiamo dimenticare la massa (ancora non ben definita in termini quantitativi) degli Italiani imbecilli.
Il nostro appoggio al governo? E' presto detto: è l'unico governo possibile oggi e i "non-ancora-renziani" non essendo tifosi aspettano provvedimenti a favore della gente. ciaooo       

Da FB Arlecchino del 16/6
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