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6541  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / Colpo di stato in Turchia, ma lo Stato reagisce. inserito:: Luglio 18, 2016, 12:26:01 pm
Colpo di stato in Turchia, ma lo Stato reagisce.
Erdogan atterra a Istanbul: “Sono ancora il presidente”
Jet, carri armati ed elicotteri su Ankara, diciassette poliziotti morti.
Il premier Yildrim: «Pagheranno un prezzo molto alto, un Paese democratico non permetterà azioni del genere»
Il presidente turco Erdogan parla attraverso uno smartphone alla Cnn

15/07/2016
A cura di Dario Marchetti, Fulvio Cerutti, Marta Ottaviani

È colpo di stato in Turchia. Questa sera una frangia dell’esercito ha bloccato gli accessi ai ponti sul Bosforo a Istanbul. Sono state isolate anche le strade che portano alla sede dello Stato Maggiore, ad Ankara, mentre jet militari e elicotteri stanno volando sopra la capitale della Turchia. Attorno all’aeroporto Ataturk di Istanbul un gruppo di carri armati sta bloccando qualsiasi tipo di accesso, causando la cancellazione di tutti i voli in partenza e in arrivo. Colpi d’arma da fuoco e di carri armati sono stati avvertiti all’esterno del palazzo presidenziale, mentre 17 poliziotti sono rimasti uccisi nell’assalto dei golpisti contro la sede delle teste di cuoio di Ankara. La tv di stato TRT è stata oscurata, bloccato l’accesso a siti media, Facebook e Twitter. Migliaia di persone sono scese in strada in 81 diverse province. 

LA REAZIONE DELLO STATO 
Per lunghe ore la situazione è sembrata essere sotto il controllo dei golpisti. Poi, con il passare delle ore, quando in Turchia erano già le due di notte, la situazione è sembrata cambiare. Prima fonti dell’intelligence turca (Mit), fedele al presidente Erdogan, hanno detto che il golpe sarebbe stato sventato. Poi è stato il ministro degli Interni Efkan Ala a dichiarare che il colpo di stato è stato «sventato» e che i golpisti «sono stati arrestati». Nelle piazze di Ankara e Istanbul sono nel frattempo continuati scontri, anche violenti, con esplosioni e spari nelle principali vie. Alle tre di notte il premier turco Yildrim ha dichiarato. «La situazione è largamente sotto controllo». Nella notte la tv statale Trt è tornata a trasmettere. I militari, che ne avevano preso il controllo, hanno lasciato la sede dell’emittente statale dopo l’ingresso nell’edificio di una folta folla lealista.

LA FUGA E IL RITORNO DI ERDOGAN 
«Elimineremo questa minaccia in breve tempo, e io tornerò ad Ankara - ha dichiarato il presidente Erdogan durante la fuga, parlando attraverso uno smartphone alla Cnn turca -. Sono ancora il presidente della Turchia ed il comandante in capo: resistete al colpo di stato scendendo nelle piazze e negli aeroporti». Secondo fonti americane citate dall’emittente Msnbc, l’aereo di Erdogan non sarebbe atterrato a Istanbul per dirigersi verso la Germania. Che però, secondo Der Spiegel, avrebbe rifiutato la richiesta d’asilo del presidente in fuga. Erdogan sarebbe dunque diretto verso l’Europa, secondo il Daily Beast. Ma la situazione può essere cambiata. 
Poco dopo le tre di notte il volo con a bordo il presidente turco Erdogan è atterrato a Istanbul, secondo quanto affermato dal ministro della Difesa.

Nel suo messaggio alla nazione Erdogan aveva definito il golpe come l’opera di pochi ribelli interni all’esercito, anche se, secondo fonti diplomatiche, gli attaché delle ambasciate turche nel mondo avevano ricevuto, mezz’ora prima del golpe, un messaggio di avvertimento. Un segnale che corrobora la tesi di un’operazione gestita dai massimi livelli delle forze armate, e non il folle piano di pochi colonnelli. Ma non tutti i militari sarebbero d’accordo: secondo la Cnn turca il capo della Marina militare, Bostan Oglu, avrebbe dichiarato che «le forze sotto il suo controllo non aderiscono alla sollevazione». 

L’EQUILIBRIO INTERNAZIONALE 
Dopo un lungo silenzio, le grandi potenze mondiali si sono espresse sul golpe. Gli Stati Uniti sono con il governo democraticamente eletto in Turchia, ha affermato la Casa Bianca, sottolineando che il presidente americano, Barack Obama, ha parlato del colpo di stato in Turchia con John Kerry. Poco dopo è stata la Nato a ribadire l’appoggio a Erdogan, come anche la cancelliera tedesca Angela Merkel.

 DISORDINI A ISTANBUL, ANKARA E SMIRNE 
Scontri violenti si sono verificati nella notte la polizia in assetto anti-sommossa e l’esercito turco in piazza Taksim, a Istanbul. In un clima da guerra civile, migliaia di persone sono scese in strada anche ad Ankara, per sostenere o contrastare il colpo di stato militare. Sempre nella capitale sarebbe in corso un secondo raid aereo contro il quartier generale dell’intelligence nazionale. L’aeroporto Ataturk di Istanbul, inizialmente occupato dai militari, è nelle mani dei civili pro-golpe.

Proteste in strada anche vicino a uno dei ponti sul Bosforo, bloccati dai militari all’inizio del golpe. Tre persone sarebbero rimaste ferite dai colpi sparati sulla folla, scesa in piazza per protestare anche su invito delle autorità religiose, che hanno spinto i fedeli ad agire per contrastare l’intervento delle forze armate. Feriti anche ad Ankara, dove un jet militare F-16 ha abbattuto un elicottero controllato dai golpisti. 

Un colonnello e tre soldati sono stati arrestati dalla polizia militare turca nei pressi dell’aeroporto Ataturk di Istanbul.

IL MANIFESTO DEI GOLPISTI 
I golpisti, dopo aver preso in ostaggio il capo di stato maggiore turco Hulusi Akar, hanno fatto sapere di «aver preso il potere in tutto il Paese per ristabilire l’ordine democratico e la libertà». Attraverso la tv di stato TRT, le forze armate turche hanno dichiarato l’entrata in vigore della legge marziale e del coprifuoco su tutto il territorio turco. «Le forze armate turche hanno preso il potere su tutto il Paese per riportare in Turchia l’ordine costituzionale, lo stato di diritto, le libertà civili e la sicurezza generale - si legge nel comunicato dei golpisti, diffuso dal Guardian -. Tutte le relazioni diplomatiche e commerciali saranno mantenute.».

GLI ATTACCHI ALLE SEDI ISTITUZIONALI 
Nelle prime fasi del golpe un elicottero d’attacco dell’esercito aveva aperto il fuoco contro la sede dell’intelligence ad Ankara, riferisce il sito russo di informazione Sputnik, secondo il quale i militari stanno disarmando le forze di polizia sia ad Ankara che a Istanbul. Mentre, stando a quanto riferisce la CNN turca su Twitter, una forte esplosione aveva scosso il centro di addestramento delle forze speciali della polizia turca, causando la morte di 17 poliziotti. Secondo fonti locali, in tutto il Paese gli utenti avrebbero gravi difficoltà ad accedere ai social network come Facebook e Twitter, così come ai principali mass media e siti di informazione. 

LA PRIMA RISPOSTA DEL PREMIER 
Il premier Binali Yildirim, da poco insediato, aveva rilasciato una dichiarazione all’inizio della serata, parlando di «un gruppo di militari che ha tentato un colpo di stato militare» e aggiungendo che «un Paese democratico come la Turchia non permetterà una cosa del genere. Il governo eletto dal popolo resta in carica. Questo governo lascerà solo quando il popolo lo deciderà: useremo la forza contro la forza».

I PRECEDENTI 
Per anni le forze armate, tradizionali custodi dello Stato laico fondato da Mustafa Kemal Ataturk, hanno rappresentato una vera e propria spina nel fianco per il presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan. I militari sono già intervenuti nella vita civile dello stato in altre quattro occasioni: 1960, 1971, 1980, 1998. 

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Da - http://www.lastampa.it/2016/07/15/esteri/spari-e-tensione-in-turchia-chiusi-due-ponti-sul-bosforo-FzNjAkwoiittQFiBsphXHK/pagina.html
6542  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Roberto GALULLO. Rapimento di Aldo Moro C’era il boss di ‘ndrangheta ... inserito:: Luglio 18, 2016, 12:24:10 pm
Rapimento di Aldo Moro
C’era il boss di ‘ndrangheta Antonio Nirta: parola di Ris e commissione d’inchiesta

    15 luglio 2016 Roberto Galullo Senza categoria

Il 24 marzo 2015, alla fine dell’audizione del capo della Procura di Tivoli Luigi De Ficchy, il presidente della commissione parlamentare d’indagine sul rapimento e la morte di Aldo Moro, Giuseppe Fioroni (Pd) fu risoluto: «Credo che possiamo decidere, senza andare in ufficio di presidenza, di dare delega al dottor Donadio (Gianfranco Donadio, pm consulente, ex procuratore della Direzione nazionale antimafia, ndr) di seguire anche, oltre alla vicenda di Nirta e di tutti gli altri elementi della ’ndrangheta, anche le piste, che a me colpiscono molto, di Selis e della banda della Magliana, di Cutolo e della mafia, in relazione a quanto ci ha riferito il dottor De Ficchy circa la mancata reperibilità di coloro che erano interessati per la ricerca di Moro».

E’ stato di parola e, come ha raccontato questo blog nel corso degli anni precedenti all’insediamento della Commissione parlamentare e poi seguendone espressamente il profilo dell’eventuale presenza e/o gestione del rapimento da parte delle mafie, il  22 gennaio 2015, in trasferta a Genova, una delegazione della Commissione bicamerale di inchiesta sul sequestro e la morte di Moro aveva già incontrato il generale dei Carabinieri Nicolò Bozzo (si veda http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/10/07/esclusivo-il-generale-nicolo-bozzo-riapre-il-capitolo-della-presenza-della-ndrangheta-nel-sequestro-di-aldo-moro/) .

Il 4 febbraio 2015 Donadio ha presentato una prima relazione concernente possibili adempimenti istruttori riguardanti la strage di via Fani (verosimilmente anche per questo il 22 febbraio 2015 la polizia scientifica ha effettuato nuovi rilievi con tecniche all’epoca impensabili in Via Fani, con l’auspicio di trovare novità rilevanti, espresso dal vicepresidente della Commissione Gero Grassi) e l’Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 18 febbraio ha incaricato Donadio di effettuare due missioni, rispettivamente, a Trieste e a Reggio Calabria, per svolgere attività ricognitiva di documentazione e di risultanze di indagini (si legga http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/03/04/morte-aldo-moro-riesplode-il-mistero-sulla-ndrangheta-in-via-fani-donadio-in-missione-in-calabria-i-racconti-dei-pm-marini-e-ionta/).

Il 21 gennaio di quest’anno Il Messaggero di Roma, con un articolo di Italo Carmignani, ha pubblicato una foto che risale al 16 marzo 1978. Ritrae la Fiat 130 che ospita il presidente della Dc, l’Alfa Romeo della scorta, i corpi dei carabinieri uccisi dalle Br, i curiosi e un uomo con la sigaretta, dall’aria amletica tra l’indifferente e l’interessato. Quella foto del reporter Gherardo Nucci darà ancora più sprint alla commissione parlamentare, che decise di dare un’identità a quell’uomo misterioso comparandolo con la faccia di Antonio Nirta, esponente di spicco della ‘ndrangheta.

Di Nirta questo blog ha raccontato tanto negli anni e dunque rimando ai link a fondo pagina. Riassumo però brevemente: Nirta, nato a San Luca (Rc), l’8 luglio del ’46, è il nipote del capo clan suo omonimo, morto a 96 anni nel 2015. A tirarlo in ballo per il caso Moro fu inizialmente il pentito della ‘ndrangheta Saverio Morabito, secondo cui Nirta, detto” due nasi” per la sua confidenza con la doppietta, sarebbe stato confidente del generale dei carabinieri Francesco Delfino e uno degli esecutori materiali del sequestro di Aldo Moro.
Il 21 gennaio 2016, giorno del servizio del Messaggero, la Commissione parlamentare ascolta Ansoino Andreassi, che durante le settimane del sequestro Moro, dirigeva il commissariato del quartiere Montesacro di Roma. All’inizio del giugno del 1978 fu trasferito alla Digos di Roma, dove rimase fino al gennaio 1984. Ha seguìto varie indagini, anche in contatto con organi di polizia di altri Paesi europei, relative al sequestro e all’assassinio di Aldo Moro e alla strage della sua scorta.

Ad un certo punto il presidente Fioroni gli chiede: «Ha mai inteso parlare nella sua attività di passaggi di armi tra una parte della ’ndrangheta e le Br anche prima del sequestro Moro?». E Andreassi: «Ne ho sentito parlare, ma…». Fioroni: «Non se ne è mai occupato». Chiude Andreassi: «Non me ne sono mai occupato. Nirta, ma…».

La Commissione d’inchiesta va avanti su questa pista senza tentennamenti e il 22 aprile 2016 il colonnello dei Carabinieri Leonardo Pinnelli, consulente della Commissione, deposita una nota, riservata, con allegata fotografia di Antonio Nirta risalente al 1976-1977 (poco prima del rapimento e dunque confrontabile)

Il 13 maggio 2016 il colonnello Pinnelli deposita una nota, riservata, relativa ad Antonio Nirta, con allegata documentazione fotografica.

Il 17 maggio 2016 la Commissione incarica il Reparto investigazioni scientifiche dell’Arma dei carabinieri di svolgere una comparazione sulla documentazione fotografica relativa a Antonio Nirta.

Il 24 maggio 2016 il colonnello Pinnelli trasmette una nota, riservata, con allegata documentazione fotografica relativa a Antonio Nirta, che sarà trasmessa al Reparto investigazioni scientifiche dell’Arma dei carabinieri.

Infine il 13 luglio 2016 Fioroni dirà: «Grazie alla collaborazione del Ris dell’Arma dei carabinieri, possiamo affermare con ragionevole certezza che il 16 marzo del 1978 in via Fani c’era anche l’esponente della ‘ndrangheta Antonio Nirta. Il comandante del Ris, Luigi Ripani che ringrazio per la collaborazione, ha inviato in questi giorni l’esito degli accertamenti svolti su una foto di quel giorno, ritrovata nell’archivio del quotidiano romano Il Messaggero, nella quale compariva, sul muretto di via Fani, una persona molto somigliante al boss Nirta. Comparando quella foto con una del boss, gli esperti sostengono che la statura, la comparazione dei piani dei volti e le caratteristiche singole del volto mostrano una analogia sufficiente per far dire, in termini tecnici, che c’è l’assenza di elementi di netta dissomiglianza. E’ in corso una analoga perizia sul volto di un altro personaggio legato alla malavita e che comparve tra le foto segnaletiche dei possibili terroristi il giorno dopo il 16 marzo: si tratta di Antonio De Vuono, killer spietato, morto nel 1993 in un carcere italiano. Le informazioni che abbiamo fin qui acquisito – conclude Fioroni – ci consentono di dire che la relazione di fine anno sulla nostra attività sarà di grande interesse per tutti coloro che chiedono di conoscere la verità del delitto di via Fani».
Onore al merito della perseveranza di una Commissione che ha lavorato sottotraccia, senza clamore, con perseveranza e professionalità. Chi pensava (tantissimi) che il suo compito fosse inutile, è servito. E le soprese d’indagine e investigative non sono certo finite.

r.galullo@ilsole24ore.com

da - http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/07/15/rapimento-di-aldo-moro-cera-il-boss-di-ndrangheta-antonio-nirta-parola-di-ris-e-commissione-dinchiesta/
6543  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / UGO MAGRI Il «nuovo» Renzi: più pensioni, meno tasse (e meno referendum) inserito:: Luglio 18, 2016, 12:22:10 pm
Il «nuovo» Renzi: più pensioni, meno tasse (e meno referendum)
Rovesciare la scala delle priorità è fra gli obiettivi del premier al fine di dimostrare l’attenzione della politica per gli interessi primari dei cittadini

ANSA
15/07/2016
Ugo Magri

Da alcuni segnali si direbbe che Renzi ha aggiustato il tiro. Anziché insistere tipo martello pneumatico sul referendum, come aveva fatto nelle scorse settimane con una campagna mediatica in certi momenti ossessiva, negli ultimi giorni il premier ha rimesso al centro temi a più alto impatto sociale come le banche, il lavoro, le tasse. Nei suoi ragionamenti privati il voto di autunno resta inevitabilmente il cruccio maggiore, perché è su quel verdetto popolare che Renzi si sta giocando la carriera. Ma nei discorsi pubblici, perlomeno in quelli, l’argomento referendario viene messo un po’ tra parentesi. Almeno per ora. Ne continua a parlare in veste di ministro Maria Elena Boschi (si è recata pure a Bruxelles per convincere l’Europa sull’importanza della «sua» riforma), però la sensazione generale è che Renzi voglia concedere un attimo di tregua agli elettori. 

Noi e loro
Se sia una mossa azzeccata o meno, lo scopriremo alla fine. Ma la sensazione è che il premier non possa fare diversamente. La riforma del Senato, per quanto importante, forse addirittura decisiva, non è certamente al primo posto nella gerarchia degli interessi collettivi; la riforma elettorale lo è ancora meno. Calcare troppo la mano sul referendum avrebbe effetti sicuramente negativi. Darebbe l’idea (già abbastanza diffusa) che la classe al governo preferisce occuparsi di se stessa e non di noi; si eccita tantissimo quando sono in gioco riforme della politica, però rimane distratta quando ci vanno di mezzo risparmi, stipendi o pensioni. Meglio rovesciare la scala delle priorità, rimettere al centro i problemi della gente comune, e non stressarla troppo su un referendum che in fondo poco appassiona. Tanto ci sarà tempo per tornarci su: mancano quattro mesi, e la data esatta dev’essere ancora decisa.

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Da - http://www.lastampa.it/2016/07/15/italia/politica/il-nuovo-renzi-pi-pensioni-meno-tasse-e-meno-referendum-DifKzDbMSq85JLHLomhuvK/pagina.html
6544  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Marcelle Padovani: “Attaccano i simboli del benessere da cui si sentono esclusi” inserito:: Luglio 18, 2016, 12:20:47 pm
Marcelle Padovani: “Attaccano i simboli del benessere da cui si sentono esclusi”

Terrorismo   
ANSA/MASSIMO PERCOSSI   

“Siamo al centro degli attacchi ma i cittadini non si sono fatti intimidire”

«La Francia adesso è al centro del mirino. Questo è il quarto attacco in poco più di un anno, e arriva il 14 luglio, in un momento molto simbolico. In questo naturalmente c’è anche un desiderio di sfregiare i nostri valori, ma soprattutto, come in altri casi, di colpire i francesi nel pieno della festa, nella manifestazione del loro benessere e della loro gioia di vivere». Giornalista e scrittrice francese, Marcelle Padovani snocciola l’elenco degli attacchi che si sono succeduti negli ultimi anni. Perché è un fatto che tutti i più gravi attentati compiuti di recente in Europa si sono svolti in Francia, salvo uno, che ha colpito il suo vicino più prossimo: il Belgio. Ma non ci sono stati solo gli attacchi più eclatanti, come quello alla redazione di Charlie Hebdo (gennaio 2015) e al Bataclan (novembre), operazioni dettagliatamente pianificate, messe in atto da commando armati, addestrati e organizzati in modo professionale. A seminare morte e paura è anche lo stillicidio di attacchi più o meno improvvisati, opera di singoli, da Amedy Coulibaly, l’uomo che negli stessi giorni dell’attacco a Charlie Hebdo uccideva prima una poliziotta e poi quattro clienti di un supermercato kosher, fino all’uomo che appena un mese fa ha assassinato una coppia di poliziotti nel loro appartamento vicino Parigi, davanti al figlio di tre anni. «Quello che mi colpisce di più – prosegue Padovani – è il fatto che gli attacchi sembrano concentrarsi sui simboli del lusso, del benessere, della società dei consumi e dei suoi divertimenti»

A quali simboli pensa?
«Al Bataclan, allo stadio di calcio, ai grandi eventi sportivi e alle grandi feste. La Promenade des Anglais a Nizza è un simbolo di lusso millenario, il Negresco è il più bell’albergo del mondo. L’obiettivo sono luoghi che hanno una forte carica simbolica, che rappresentano quella società dei consumi da cui alcuni si sentono esclusi e che per loro resta però un oggetto del desiderio. È anche questo che mi fa pensare che alla fine l’Isis, l’integralismo, la religione, sia più che altro un’etichetta, per dare una spiegazione, una parvenza di dignità, a comportamenti che hanno altre motivazioni di fondo. Se fosse ancora vivo, ad esempio, sarei curiosa di sapere se l’attentatore di Nizza sarebbe stato capace di recitare un versetto del Corano».

Una delle caratteristiche della Francia, di cui si è molto parlato per spiegare come mai gli attacchi si concentrino qui, è la questione delle periferie. Lei che cosa ne pensa?
«Penso che sia certamente una delle questioni centrali. In Francia ci sono banlieue in cui puoi camminare anche per venti minuti, magari per andare a prendere la metropolitana, senza mai incontrare un bar, un negozio, un locale. Niente. Il deserto. Dopo le sette di sera, c’è il coprifuoco. Questo è il problema. E credo non sia un caso che sempre più spesso dalle biografie degli attentatori emergano piccoli precedenti, episodi di delinquenza comune. Anche questo mi pare significativo, come segno più di ribellione e disagio sociale che di fanatismo religioso».

Come ha influito la successione degli attentati di questi due anni sulla vita quotidiana dei francesi, come stanno reagendo a questa nuova situazione?
«I francesi vanno avanti. A Parigi la metropolitana è sempre piena, la gente va al cinema, al mercato, non c’è un clima di paura. Per gli europei, a Champ de Mars, davanti alla Tour Eiffel, a vedere le partite c’erano centomila persone. Devo dire che io stessa ho pensato che se fossi stata un terrorista avrei attaccato lì. Invece non è successo niente. E infatti in questi giorni tutti si dicevano molto contenti per come era stato gestito l’ordine pubblico. C’era molta soddisfazione per come i controlli avevano funzionato. Mi stupisce piuttosto l’emotività delle reazioni italiane».

A quali reazioni si riferisce?
«A una emotività nelle reazioni che mi pare spropositata. Qualcuno, ad esempio, dice di chiudere la frontiera a Ventimiglia. È ridicolo, non c’è rapporto con quello che è accaduto. Sono reazioni populistiche, emotive, non all’altezza della gravità dell’evento».

COPIA GRATUITA Da - http://www.unita.tv/interviste/marcelle-padovani-attaccano-i-simboli-del-benessere-da-cui-si-sentono-esclusi/
6545  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Alberto Quadrio Curzio. Reagire alla crescita (incompiuta) dell’Europa inserito:: Luglio 18, 2016, 12:17:58 pm
Reagire alla crescita (incompiuta) dell’Europa

di Alberto Quadrio Curzio

L’Eurogruppo e l’Ecofin dei giorni scorsi non sembra abbiano trattato ufficialmente né della questione bancaria né della debole crescita europea alla quale è riservato solo un accenno senza neppure esaminare il recentissimo parere annuale dell’Fmi sulla Eurozona. Pur sperando che i colloqui informali siano stati più incisivi bisognava stare di più sui temi della crescita di cui tratteremo qui anche in base al parere del Fondo.

Attenzione hanno invece avuto Spagna e Portogallo per decidere se avviare una procedura sanzionatoria delle loro infrazioni alle prescrizioni sul deficit della Commissione Europea. Entrambe i temi intersecano le politiche di bilancio su cui pure è bene riflettere anche in relazione all’Italia.

Eurozona e Fmi. L’Eurogruppo, considerando le politiche di bilancio in base ai programmi nazionali di stabilità degli stati della Uem e accennando anche a Brexit, ha concluso che le iniziali turbolenze sui mercati si stanno placando ma che l’incertezza rimane alta specie tra gli investitori. Il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem giudica le politiche di bilancio solide e pro-crescita prefigurando un passaggio da politiche espansive del 2016 a neutrali per il 2017. Per accelerare la crescita sottolinea la necessità di riforme strutturali e del sistema bancario nonché un rilancio degli investimenti soprattutto rimuovendo gli ostacoli strutturali e regolamentari (efficienza della pubblica amministrazione, contesto imprenditoriale, strozzature settoriali).

In definitiva non si percepisce un’urgenza innovativa ben diversamente dalle valutazioni dell’Fmi di qualche giorno prima. Infatti per il Fondo aumentano i rischi di rallentamento della Uem con previsioni di crescita quinquennali mediocri all’1,5% medio annuo. Rischi politici (post-Brexit, immigrazione, sicurezza anti terrorismo) e rischi economico-finanziari (bassa crescita e inflazione, alta disoccupazione, fragilità bancaria), in assenza di forti ammortizzatori, rendono molto fragile la Uem.

Le raccomandazioni dell’Fmi sono ben più incisive delle autovalutazioni dell’Eurogruppo. Per spingere la crescita e la produttività il Fondo chiede sia di aumentare la complementarietà tra politiche monetarie (che vengono apprezzate con qualche caveat) e politiche economiche unitarie sia di favorire la convergenza tra gli Stati con surplus di bilancio (per noi: Germania) che devono investire di più e Stati con deficit che devono rispettare i vincoli di bilancio ma anche proseguire (incentivati) con riforme strutturali e riduzione della tassazione su fattori di produzione per aumentare la produttività (per noi: anche Italia). Netta è la richiesta sia di una espansione di progetti di investimento euro-centrati (per noi: non basta il Piano Juncker) o di fondi per progetti comuni (per noi: Eurobond) sia del completamento dell’unione bancaria con l’assicurazione comune sui depositi (per noi: basta opposizione tedesca).

L’Fmi è dunque critico e preoccupato per l’Eurozona, non perché disconosca i suoi successi ma perché si aspetta che da una delle più importanti economie mondiali venga di più per la geo-crescita e la geo-stabilità per la quale non basta la complessità delle prescrizioni fiscal-finanziare, che per il Fondo vanno semplificate.

Portogallo e Spagna. Di questa complessità (e minacciosità) procedurale senza effetti (salvo quelli reputazionali) troviamo un esempio nelle decisioni di Ecofin che ha avviato la procedura per disavanzi eccessivi di Portogallo e Spagna. Difficile che ciò accada alla fine della trattativa tra Commissione, Ecofin e i due Paesi citati.

Il Portogallo chiese un programma di assistenza internazionale nell’aprile del 2011 ottenendo prestiti per 78 miliardi (in parti eguali) da due Fondi istituzionali europei e dall’FMI. Nel contempo, oltre alle prescrizioni della Troika (Bce, Commissione, Fmi), le istituzioni europee chiesero di avviare una riduzione del rapporto del deficit sul Pil entro il 2013. Data poi spostata al 2014 e al 2015, anno nel quale Lisbona avrebbe dovuto arrivare a un rapporto del 2,5% mentre si è fermata al 4,4%. Ecofin si sofferma su questi dati dove al miglioramento dovuto soprattutto al calo degli interessi e alla ripresa della crescita si è associato un peggioramento (per l’1,4% del Pil pari a 2,2 miliardi di euro) per il salvataggio di una banca detenuta per il 60,5% dallo Stato.

La Spagna ha una vicenda ancora più lunga che inizia nel 2009 quando le istituzioni europee stabilirono che doveva corregge il deficit sul Pil entro il 2012. Di proroga in proroga siamo arrivati al 2015 (deficit al 5,1% contro la prescrizione di 4,2%) e al 2016 (deficit previsto al 3,9% contro la prescrizione del 2,8%). In aggiunta la Spagna ha ottenuto dal Fondo salva Stati europeo (Esm) un prestito per ricapitalizzare le sue banche fino a 100 miliardi dei quali ne ha utilizzati circa 40.

Adesso le istituzioni europee pensano di multare (con sanzioni fino allo 0,2% del Pil) Portogallo e Spagna per le violazioni delle prescrizioni sul deficit ma la storia dice che più di un centinaio di passate violazioni di Paesi membri rispetto al rapporto al 3% del deficit sul Pil non hanno portato a sanzioni!

Conclusioni per l’Italia. Non obiettiamo alla tolleranza delle istituzioni europee per il Portogallo e la Spagna che, pur beneficiate di sostanziosi prestiti, hanno violato le prescrizioni di deficit e avuto nella crisi enormi aumenti del debito sul Pil (circa 60 punti percentuali ciascuno ovvero il doppio dell’incremento italiano). Ripetiamo però che l’Italia ha sbagliato a non chiedere nel 2011 e 2012 il sostegno dei Fondi salva Stati europei per il suo sistema bancario. Anche perché da allora il rigore ce lo siamo applicato da soli ricevendo poi dalle istituzioni europee un po’ di flessibilità solo dal 2014 al 2016. Le riforme in Italia vanno proseguite per l’efficienza del sistema Paese senza accettare però il ritornello che siamo il problema dell’Eurozona, dove i problemi sono tanti anche per la mancanza di una forte politica di investimenti comunitari, come pure argomenta l’Fmi.

© Riproduzione riservata

    Alberto Quadrio Curzio. È Presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei dal 2015 e Presidente della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche della stessa Accademia dal 2009.È Professore Emerito di Economia politica ...

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-07-14/reagire-crescita-incompiuta-dell-europa-231854.shtml?uuid=ADeIW1s
6546  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Alessia TRIPODI - Turchia, Renzi: «Sollievo, prevalgono stabilità e democrazia» inserito:: Luglio 18, 2016, 12:16:46 pm
Dopo il fallito golpe
Turchia, Renzi: «Sollievo, prevalgono stabilità e democrazia»

Di Alessia Tripodi 16 luglio 2016

Il premier Matteo Renzi esprime «sollievo» per gli sviluppi in Turchia, dove la scorsa notte è stato neutralizzato il tentativo di colpo di stato messo in campo da alcuni militari. «La preoccupazione per una situazione fuori controllo in un partner Nato come la Turchia lascia spazio al prevalere della stabilità e delle istituzioni democratiche», ha sottolineato Renzi.
«Auspichiamo che non ci siano rovesci e pericoli per la popolazione e per tutti gli stranieri presenti in Turchia» ha aggiunto il premier, nella convinzione che «libertà e democrazia siano sempre la via maestra da seguire e difendere».
    “Auspichiamo che non ci siano rovesci e pericoli per la popolazione e gli stranieri presenti in Turchia”
    Matteo Renzi

Il ministro Gentiloni: «Soddisfazione per difesa istituzioni»
Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, in un colloquio telefonico con il suo omologo turco Mevlut Cavusoglu ha espresso la «soddisfazione» dell'Italia per «la difesa delle istituzioni in Turchia». Lo rende noto la Farnesina, spiegando «il ministro degli Esteri turco, che parlava dalla capitale Ankara, ha confermato il fallimento del tentativo che ha definito terroristico».

Salvini: «Con Erdogan prosegue islamizzazione forzata»
«Con Erdogan ancora al potere, la Turchia proseguirà sulla via di una islamizzazione forzata, con tanti saluti alla libertà di stampa e al rispetto delle minoranze, con il sostegno a gruppi terroristici islamici. E qualcuno continua a volere la Turchia in Europa". Questo il commento del segretario della Lega Nord e presidente Ncs Matteo Salvini, che su Twitter ha lanciato l'hashtag #maiturchiaineuropa.

Casini: «Golpe fuori dalla storia»
Per il presidente della Commissione Affari Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini ««Pensare che la soluzione siano i carri armati e i generali significa essere fuori dalla storia. Da Erdogan ci divide tantissimo, ma dobbiamo essere grati al popolo turco e alle forze politiche per aver respinto questo golpe militare».


    LO SCENARIO 16 luglio 2016

Cicchitto (Ncd): «Ricreare dialettica democratica»
«Se come appare dalle ultime dichiarazioni il golpe è fallito e contro questo golpe si erano pronunciati anche i partiti di opposizioni - ha dichiarato Fabrizio Cicchitto (Ncd) - ci auguriamo che passati questi momenti più drammatici Erdogan tragga una lezione positiva da tutto ciò, in primo luogo ristabilendo la normale dialettica democratica nel suo Paese. E poi rivedendo i rapporti con i curdi».
Appello ad «aprire sui diritti» anche da Daniela Santanché (Fi): «Il fallimento del golpe militare in Turchia fa tirare il fiato al mondo intero, ma è evidente che Erdogan ora non può far finta di nulla - ha detto - e se la Turchia vuole continuare a dialogare con l'Europa e diventare una democrazia compiuta deve fare passi in avanti sul fronte dei diritti umani e della libertà di stampa».

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6547  Forum Pubblico / LEGA VALORI e DISVALORI. / Guanto di sfida a Verona e Venezia: «2 milioni di presenze da sviluppare» inserito:: Luglio 18, 2016, 12:14:35 pm
Guanto di sfida a Verona e Venezia: «2 milioni di presenze da sviluppare»
La santa alleanza è "Terre vicentine"
Terre Vicentine è il nome dell'organizzazione turistica che coinvolge quasi 70 comuni

Di Roberto Cervellin

VICENZA - Vicentino contro Verona e Venezia. Altopiano di Asiago, Bassano del Grappa, Marostica, il capoluogo berico e le altre le bellezze del territorio si uniscono per fare concorrenza ai prestigiosi cugini, campioni di incassi in materia di turismo. Quasi 2 milioni di presenze. Tante quelle che si porta in dote la provincia. L'obiettivo è fare di più e meglio. Come? Coordinando interventi e iniziative sotto un'unica regia, battezzata Terre Vicentine.
 
 Vicenza, turismo: comuni uniti per battere la concorrenza
In termini tecnici si tratta di “un'organizzazione di gestione della destinazione turistica”. In altre parole è un patto per contare di più. Nel fanno parte 15 privati e una settantina di comuni sui 121 totali. L'associazione raggruppa tutti i comuni del Basso Vicentino e della parte orientale, ma non l'area a nordovest, rappresentata da centri quali Schio, Valdagno, Malo, Tonezza, Thiene, Valli del Pasubio, Arsiero, Rotzo e Roana. L'interesse tuttavia sta aumentando, ammette il presidente della Provincia Achille Variati, che non nasconde la volontà di riunire l'intero territorio sotto il marchio Terre Vicentine: «Stanno arrivando richieste di adesione da parte di altri comuni. La chiave dello sviluppo turistico è mettere insieme le potenzialità».

Stop quindi al turismo “vedi e fuggi”. Ora si punta sui pernottamenti. «Il Vicentino è una terra ricca - afferma Chiara Luisetto, consigliera provinciale delegata al turismo - Abbiamo il compito di svilupparne le potenzialità lavorando su settori come cultura, montagna, enogastronomia, sport, turismo congressuale e religioso». «Finalmente possiamo confrontarci con forza con competitor come Venezia e Verona», aggiunge il sindaco di Chiampo Matteo Macilotti.

Ma la strada è in salita e sul piatto ci sono pochi quattrini. Dall'aggiornamento delle informazioni turistiche alla riqualificazione dei servizi, gli operatori avranno molto da fare. «Dobbiamo concretizzare gli obiettivi e dettare le linee guida per i progetti che parteciperanno ai bandi per reperire fondi», annunciano gli amministratori.
Questi gli enti pubblici che hanno aderito al consorzio. Provincia, Camera di Commercio di commercio, Albettone, Alonte, Altavilla Vicentina, Altissimo, Arcugnano, Arzignano, Asiago, Asigliano Veneto, Barbarano Vicentino, Bassano del Grappa, Bolzano Vicentino, Brendola, Bressanvido, Brogliano, Caldogno. E ancora: Camisano Vicentino, Campiglia dei Berici, Campolongo sul Brenta, Cartigliano, Cassola, Castegnero, Chiampo, Cismon del Grappa, Costabissara, Creazzo, Crespadoro, Dueville, Gallio, Grancona, Grisignano di Zocco, Grumolo delle Abbadesse, Longare, Lonigo, Marostica, Montecchio Maggiore, Montegalda, Montegaldella, Monticello Conte Otto, Mossano, Nanto, Nogarole, Nove, Noventa Vicentina, Pianezze, Poiana Maggiore, Pove del Grappa. Chiudono la lista Pozzoleone, Quinto Vicentino, Recoaro Terme, Romano d'Ezzelino, Rosà, Rossano Veneto, Sandrigo, San Germano dei Berici, San Nazario, San Pietro Mussolino, Schiavon, Solagna, Sossano, Sovizzo, Tezze sul Brenta, Torri di Quartesolo, Valstagna, Vicenza, Villaga e Zovencedo.

Tra i privati, ecco Fiera, Confcommercio, Confesercenti, Confindustria, Cna, Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Unpli, Vicenza è, consorzio regionale di promozione turistica città d'arte del Veneto, Confartigianato, Cuoa, il consorzio pedemontana veneta e valli e quello delle proloco Colli Berici-Basso Vicentino.

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Martedì 12 Luglio 2016, 10:44

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6548  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Rolla SCOLARI Anatomia di un fallimento: quattro ragioni della sconfitta del ... inserito:: Luglio 18, 2016, 12:11:24 pm
Anatomia di un fallimento: quattro ragioni della sconfitta del golpe contro Erdogan
Le sostanziali differenze fra l’azione fallimentare di venerdì notte e quanto accadde in Egitto nel 2013 quando, con l’appoggio del popolo, i militari destituirono il leader Morsi

16/07/2016
Rolla Scolari

«Le forze armate egiziane hanno dichiarato e continuano a dichiarare che rimarranno sempre distanti da quelle politiche». 

Era il 3 luglio 2013, quando l’allora ministro della Difesa e comandante dell’esercito oggi presidente dell’Egitto Abdelfattah al-Sisi parlava alla televisione di Stato nel giorno in cui, con l’appoggio di milioni di persone nelle strade, i militari hanno destituito il leader eletto e membro dei Fratelli musulmani Mohammed Morsi.

Tutti sapevano allora, al Cairo, ad Alessandria, nel Sud e nel Nord del Paese, nelle campagne e nelle città, fuori dai confini dell’Egitto, chi era dietro agli eventi. Qualsiasi sia la definizione esatta da dare ai fatti del luglio 2013 al Cairo, rimane una vittoria dei militari che hanno messo da parte quello che per decenni è stato l’obiettivo delle repressioni dell’apparato di sicurezza interna: l’Islam politico. 

E’ in un certo senso simile dunque il tentativo portato a termine, e fallito, venerdì notte in Turchia, dove una parte dei militari ha agito contro il partito e la leadership islamista del presidente Recep Tayyip Erdogan, che ha parentela ideologica con quei Fratelli musulmani finiti nell’ombra delle repressione in Egitto. 

1) Un putsch senza volto 
Qualcosa, però, è andato storto nei piani dei golpisti. Nel mezzo degli eventi, persino il generale americano in pensione che ha comandato le operazioni della Nato in Kosovo sembrava dare lezioni di golpe sulla CNN. Gli errori dei golpisti, ha detto Wesley Clark, sono molti: lasciare internet funzionante - venerdì notte circolavano notizie di una interruzione dei social- media, ma molti corrispondenti stranieri a Istanbul hanno continuato a postare su Twitter e Facebook -, e non detenere il presidente. 

Se in Egitto nel 2013 il generale Sisi è subito comparso in televisione in seguito al fermo del leader Morsi, mostrando la propria faccia e inviando il chiaro messaggio di chi era al potere al momento, venerdì notte per diverse ore - e ancora adesso - era difficile capire chi fosse dietro agli eventi: l’esercito intero, una fazione dell’esercito, e quale? Il golpe senza leader ha confuso, ingigantendo la percezione di instabilità. 

2) L’appello di Erdogan 
L’unica faccia a emergere, dopo ore di speculazioni sui suoi movimenti, è stata proprio quella del presidente Erdogan. Per quanto la sua apparizione su Face Time attraverso un iPhone mostrato alle telecamere da una giornalista della CNN turca possa aver trasmesso un senso di debolezza, è così che il leader turco è riuscito a comunicare con la sua base e a invitarla a scendere in piazza. 

Un altro fattore che sembra essere stato fatalmente tralasciato dagli organizzatori del colpo di stato è proprio quello della strada. Nel 2013, i militari egiziani hanno agito soltanto dopo giorni di sostegno popolare, ben conoscendo le capacità di mobilitazione della piazza dei rivali islamisti. Inoltre, si sono mossi contro un movimento, il Fratelli musulmani, che seppure arrivati al potere dopo decenni di organizzata opposizione non avevano avuto né il tempo né lo spazio di manovra per infiltrare la mostruosa struttura burocratica politica e militare del regime egiziano.

3) Il presidente sottovalutato 
Erdogan è al potere da oltre dieci anni, ed è a capo di un movimento islamista che, come la Fratellanza in Egitto, sa riempire la piazza. L’appello a scendere in strada arrivato dai minareti delle moschee nella notte prova che il presidente ha il sostegno della popolazione religiosa e conservatrice. E’ quella a essere scesa in strada ieri, benché il governo eletto abbia ricevuto appoggio anche dai partiti di opposizione. Erdogan, il «sultano» con velleità da autocrate che da mesi accentua una propensione per la repressione dei rivali politici, guida da oltre un decennio un Paese con una lunga storia di colpi di Stato ai danni della leadership civile. Ha fatto i suoi conti: non è infatti un caso che il capo di Stato maggiore Hulusi Akar, che assieme ad altri alti vertici militari ieri si è schierato con il leader, sia un suo uomo. 

Tuttavia, il presidente sapeva, come ha spiegato bene il Wall Street Journal a maggio, quando già prevedeva un possibile coup, i militari estromessi da anni dal potere stavano tornando sulla scena politica, spingendo per una maggior cooperazione con i tradizionali alleati occidentali - la Turchia è un membro della Nato -, mentre cresceva l’isolamento internazionale creato dalle politiche di Erdogan. 

4) Nessun sostegno esterno 
Si spiega forse così la recente decisione del presidente di riallacciare i rapporti con la Russia, Israele, di ripensare all’Egitto, con cui Erdogan ha rotto dopo l’uscita di scena dei Fratelli musulmani, e al resto di una regione che guarda ad Ankara con sempre maggior distacco. Nessun sostegno è arrivato nella nottata da parte dei vicini di casa, e un certo imbarazzo si è percepito anche altrove: silenzio dal Golfo e dall’Egitto, ma silenzio anche da Mosca, nonostante il recente riavvicinamento. Ci hanno messo un po’ ad arrivare le dichiarazioni di appoggio dell’Unione europea, e quella della Casa Bianca. Israele ha emesso un comunicato a 15 ore di distanza. 
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6549  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Adriana CERRETELLI L’accelerazione di Londra inserito:: Luglio 18, 2016, 12:09:27 pm
L’accelerazione di Londra

    –di Adriana Cerretelli 15 luglio 2016

I paralleli sono sempre antipatici e, a volte, sono anche sbagliati. Nel caso specifico lo shock è lo stesso, si chiama Brexit. I contraccolpi rischiano di essere devastanti per la maggioranza degli inglesi che l’hanno voluto come per l’Europa che lo subisce. Dal 23 giugno, il fatidico giorno del no, la reazione dei mercati è stata pesante per tutti, al di là e al di qua della Manica. Le convergenze finiscono qui.

La Gran Bretagna ha accelerato al massimo i tempi della risposta interna: dimissioni a raffica e quasi istantanee dei grandi protagonisti della scommessa referendaria, cambio di Governo in 20 giorni e ieri, 24 ore dopo il suo insediamento, l’annuncio di un prossimo cambio di passo della politica economica del Regno in predicato di divorzio dall’Unione.

Anche se ha deluso sull’immediata riduzione dei tassi, la Banca d’Inghilterra lascia intendere che si muoverà in agosto, quando potrà meglio valutare l’entità del rallentamento della crescita economica provocato da Brexit. Deciso ad agire di concerto con il governatore, il nuovo cancelliere della Scacchiere, Philip Hammond, preannuncia subito rottura con la strategia del predecessore: niente bilanci rettificativi o d’urgenza, invece frenata sulla politica di austerità.

«Visto che lasciamo l’Ue, dobbiamo farlo in modo da proteggere l’economia britannica»: in concreto, il processo di riduzione del deficit continuerà ma cambieranno «ritmo e parametri di riferimento».

In altre parole, per minimizzare i costi dell’abbandono, la politica monetaria ed economica inglese diventerà più espansiva, si allontanerà dal modello europeo per farsi più americana. Non che fin qui l’approccio di Londra sia stato in regolare sintonia con quello continentale. Tutt’altro. Solo che ora la spinta autonomista sembra destinata ad accentuarsi. Per provare a cavalcare con le mani completamente libere il mondo e la globalizzazione. Scavalcando la dimensione europea: però solo fino a un certo punto, visto che ieri Hammond ha contestualmente promesso di difendere a spada tratta gli interessi della City, assicurando alla florida industria finanziaria che vi è accasata l’accesso al mercato unico Ue, passaporto europeo compreso, cioè alla licenza che oggi consente a chi opera da Londra di poterlo fare su tutto il mercato europeo. Anche se l’Europa non pare affatto condividere e la Francia ha già detto no.

L’uscita della Gran Bretagna non arriverà prima del 2018, anche perché le elezioni dell’anno prossimo in Olanda, Francia e Germania non consentiranno di farlo prima. Però il Governo di Theresa May non perde tempo nell’indicare il nuovo corso. Perché, dice il suo cancelliere, «se c’è una cosa dannosa per l’economia è l’incertezza, la crisi di fiducia che scoraggia le imprese che vogliono investire, aprire nuovi impianti, creare lavoro».

Terremotata dallo stesso shock, con implicazioni anche più gravi per il contagio separatista che potrebbe portarsi dietro e il raffreddamento di una ripresa economica già piuttosto stentata, l’Europa per ora rifugge dal “nuovismo”, fedele alla strategia merkeliana del passo dopo passo, calibrato sullo scorrere degli eventi.

Brexit è stato il detonatore di una crisi bancaria europea con epicentro l’Italia? Va fermata subito però senza sconfessare le regole vigenti, piuttosto sfruttandone al massimo tutti gli spazi per ridurre al minimo destabilizzazione economica e finanziaria e impopolarità dell’Europa presso cittadini e risparmiatori.

È evidente che senza banche sane, liberate della zavorra delle sofferenze accumulate, l’economia non riesce a ripartire: gli enormi sforzi della Bce, finora poco premiati dai risultati, sono del resto la spia tangibile di una malattia che ha radici profonde quanto finora trascurate. È altrettanto evidente che una ripresa solida passa per riforme strutturali ben fatte, iniezioni di liberismo ed efficientismo all’inglese nonché per un rigore più temperato e convincente piani di investimento su scala continentale.

Sarebbe sbagliato però non riconoscere che da mesi, sia pure con calma (troppa), qualcosa si muove: le regole si fanno meno arcigne, gli spazi di manovra nazionale si ampliano, si afferma un approccio più ragionevole. Naturalmente ci vuol altro per muovere il pachiderma Europa afflitto da troppe crisi. Bisognerebbe anche agire in fretta perché più languono disoccupazione e insicurezze sociali e più prosperano i populismi, nazionalismi, euroscetticismi di ogni colore.

La Gran Bretagna si sta imbarcando nella sua solitaria rivoluzione copernicana con tempestività e il coraggio di reinventarsi cercandosi un nuovo posto al sole. Sarebbe ora che l’Europa provasse a imitarla un po’. La crescita economica non può più attendere. E nemmeno un nuovo ordine europeo.

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6550  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / ALESSIA CANDITO 'Ndrangheta: scoperta cupola segreta in Calabria, chiesto... inserito:: Luglio 18, 2016, 12:08:02 pm
'Ndrangheta: scoperta cupola segreta in Calabria, chiesto l'arresto del senatore Caridi
Gli 'invisibili' infiltrati nella politica: in manette anche Alberto Sarra, uomo di fiducia di Scopelliti.
Ma ci sono pure Alemanno e Gasparri fra gli uomini con cui i vertici della criminalità erano direttamente o indirettamente in contatto


Di ALESSIA CANDITO
15 luglio 2016

REGGIO CALABRIA - Ci sono anche l'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e l'attuale vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, fra i politici con cui la direzione strategica della 'ndrangheta era direttamente o indirettamente in contatto. Lo ha scoperto il pm Giuseppe Lombardo della Dda di Reggio Calabria, che ha diretto l'indagine del Ros dei carabinieri in grado di svelare un nuovo, più importante e più pervasivo livello della 'ndrangheta. Una cupola in grado di pianificare i destini politici ed economici non solo della Calabria, anche grazie a uomini forgiati solo per questo.

Strumenti per infettare le istituzioni nelle mani dell'èlite dei clan, come l'ex sottosegretario regionale Alberto Sarra, e il senatore Antonio Caridi. Il primo è finito in manette questa notte, insieme al funzionario regionale Francesco Chirico, mentre per Caridi (Gal) si attende l'autorizzazione della Camera di appartenenza.

Per i magistrati, con diversi ruoli e compiti sono tutti uomini di cui questa nuova struttura della 'ndrangheta si è servita per governare la Calabria e in parte anche il Paese.  È la "mammasantissima" o "santa" ed è il luogo in cui la 'ndrangheta si mostra nella sua essenza più pura, il potere. Non agisce mai in via diretta, ma solo tramite i suoi insospettabili uomini, i cosiddetti "riservati".

E' la componente segreta in grado di decidere nomi e volti di chi è chiamato a governare, in Calabria e come a Roma, ma anche di determinare e orientare i grandi flussi economici dei finanziamenti pubblici e acquisire informazioni riservate, provenienti da apparati informativi ed istituzionali, in cui infiltravano i loro uomini. Avevano contatti con Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita e insieme definivano strategie, ma questo - dice il procuratore capo Federico Cafiero de Raho - "sarà oggetto di altra indagine". Un centro di potere, invisibile ai più, che ha sempre indirizzato la 'ndrangheta militare, per decenni guidata da una componente di cui non ha mai neanche sospettato l'esistenza.
Neanche i magistrati, come commentava soddisfatto il funzionario regionale Chirico "Sapevano dell'Australia, dell'America... che c'erano varie cose, le sanno queste cose ormai... ...(inc.)... questa, l'ultima operazione del Rono (Reparto operativo del nucleo operativo), che sapevano i cazzi di tutti... e i cazzi ...(inc.).... però c'è un'altra cosa ancora che non la sanno nemmeno loro... qua a Reggio contano i... i Segreti". Che adesso sono stati scoperti.
Ed è proprio su questa struttura occulta che la 'ndrangheta ha costruito la propria forza. "È la mafia più potente d'Italia", per il generale Giuseppe Governale, comandante del Ros, "in grado di attentare alla democrazia" perché capace di infiltrare le istituzioni con uomini selezionati e forgiati per favorire la 'ndrangheta. Quali fossero, dove dovessero essere collocati e cosa dovessero fare lo hanno deciso per decenni gli avvocati Paolo Romeo e Giorgio De Stefano, fin dagli anni Settanta veri registi delle più raffinate strategie criminali dei clan. Entrambi condannati definitivamente per concorso esterno negli anni Novanta, di recente sono stati riarrestati in due diverse operazioni per estorsione, ma solo con il provvedimento di cui oggi sono stati destinatari è possibile capire pienamente il loro ruolo.

Sono loro che hanno scelto, preparato e indirizzato uomini come l'ex sottosegretario regionale Sarra, e il senatore Caridi. E tramite loro, hanno condizionato tutti gli appuntamenti elettorali dal 2001 al 2010, amministrativi o politici che fossero. Sono stati gli invisibili a scegliere l'ex sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, per gestire la città e al contempo spedire Sarra in Regione da assessore, al posto del neo primo cittadino. Nello stesso anno, hanno portato sullo scranno più alto della provincia Pietro Fuda, per poi lavorare all'elezione dell'allora assessore regionale Umberto Pirilli al Parlamento europeo. Una manovra scientifica e progressiva, destinata - spiegano i magistrati - a coprire tutte le caselle di governo locale, da inondare di fondi diligentemente procurati a Bruxelles dal loro candidato. 

In tanti però hanno beneficiato dei loro servigi e dei loro pacchetti di voti nelle diverse tornate elettorali. Si tratta di Demetro Strati del Cdc, di Leandro Savio della lista civica Alleanza per Scopelliti, di Massimo Labate, Paolo Gatto, Beniamino Scarfone e Seby Vecchio, per An, Francesco Germanò. Quest'ultimo, poliziotto prestato alla politica, finirà anche per diventare presidente del consiglio comunale. Avranno i voti degli invisibili anche Alessandro Bruno Delfino e Bruno Nicolazzo, mentre su loro ordine troveranno posto in lista candidati voluti dai singoli clan come Giuseppe Adolfo Alati, voluto dai Lampada di Milano.

Per ordine della direzione strategica della 'ndrangheta saranno anche create liste ad hoc, come "Noi Sud", in cui trovavano posto Sebastiano Giorgi, dell'omonimo clan, e il noto legale Antonio Managò, poi nominato sottosegretario regionale. Altri troveranno posti di sottogoverno come Felice Romeo, uomo di spicco della cosca Alvaro, catapultato al vertice dei forestali. Hanno scelto loro i posti dirigenziali in tutte le partecipate della città. Hanno governato, in silenzio, per decenni. Adesso però sono stati scoperti. "Questo - dice il generale Governale - è uno spartiacque. Chiunque voglia affrontare seriamente la lotta alla criminalità organizzata, da domani dovrà partire da qui.

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15 luglio 2016

DA - http://www.repubblica.it/cronaca/2016/07/15/news/calabria_operazione_anti_ndrangheta_5_arresti_tra_loro_senatore_caridi-144127843/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_15-07-2016
6551  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / Anatomia di un golpe che rafforza Erdogan inserito:: Luglio 18, 2016, 12:05:44 pm
Anatomia di un golpe che rafforza Erdogan

Tutti i nemici di Erdogan, anche quelli interni al suo partito (Akp), ora potranno essere accusati di voler sovvertire la volontà popolare, e dunque venire repressi

Doveva essere il quinto colpo di stato militare della storia della repubblica turca: è stato il primo che è fallito. Sessanta persone sono morte nella notte, la maggior parte civili, negli scontri seguiti a questo tentativo di golpe messo in atto da una parte dell’esercito diciannove anni dopo l’ultimo, quello del 1997, noto come il colpo di stato post moderno perché agli ufficiali bastò dichiarare che avrebbero usato la forza per far dimettere il primo ministro islamista Necmettim Erbakan, padre politico di Erdogan.

Ieri, invece, dopo che il consiglio di pace dell’esercito ha dichiarato di aver preso tutto il potere, occupato i luoghi strategici di Ankara e Istanbul, proclamato la legge marziale, fatto volare i caccia bombardieri F-16 a bassa quota, aperto il fuoco sui civili, cosa che non era mai avvenuta nei quattro precedenti putsch, si è dovuto arrendere alla polizia, rimasta leale al presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan.

Al momento in cui scriviamo, non si sa ancora dove sia il generale Hulisi Hakar, il capo delle forze armate, preso in ostaggio dai militari golpisti. Secondo il primo ministro Binali Yildirim, la situazione è largamente sotto controllo: il governo ha ripreso le redini del paese ed Erdogan, che nella notte aveva lasciato la Turchia, è rientrato in mattinata a Istanbul, accolto dalla folla festante. Il presidente della Repubblica, dopo l’annuncio del colpo di stato, è apparso sulla CNN Turk in un surreale collegamento telefonico via Facetime. Ha chiamato i suoi sostenitori a resistere scendendo in piazza, promettendo che avrebbe punito duramente i responsabili del golpe e dicendo che il potere ultimo appartiene al popolo, che avrebbe dovuto riprenderselo. L’appello è stato ascoltato. Migliaia di persone sono scese in strada nelle più grandi città. E dopo scontri a fuoco tra esercito e polizia, l’abbattimento di un aereo e di un elicottero usati dai golpisti, 754 soldati sono stati arrestati.

Il presidente statunitense Barack Obama, la NATO, il capo del consiglio europeo Donald Tusk, tutti hanno chiesto il rispetto delle istituzioni democraticamente elette. E i maggiori partiti della politica turca – il partito repubblicano (Chp), quello nazionalista (Mhp) e il filo-curdo (Hdp) – hanno rifiutato di appoggiare al colpo di mano. Così, isolati dentro e fuori dalla Turchia, i militari si sono arresi, dimostrando che il lungo governo di Erdogan gli ha tolto definitivamente il ruolo che da Ataturk in poi si erano auto-assegnati, quello di custodi dell’ordine laico della repubblica fondata da Mustafa Kemal. E, inoltre, mostrando che la loro aurea di infallibilità è evaporata.

L’obiettivo del golpe, Erdogan, esce paradossalmente più rafforzato da questo colpo fallito. Tutti i suoi nemici, anche quelli interni al suo partito (Akp), ora potranno essere accusati di voler sovvertire la volontà popolare, e dunque venire repressi. Erdogan, appena rientrato in Turchia, ha detto che quelli che hanno preso i «tank dovranno tornare da dove sono venuti». E, ieri, nel suo appello alla resistenza ha parlato di una «struttura parallela». Espressione già usata per riferirsi all’intellettuale islamico auto esiliatosi negli Stati Uniti Fetullah Gulen, un tempo suo alleato, da qualche anno suo nemico principe. Su di lui e i suoi seguaci cadrà la colpa di quello che è accaduto. La Turchia ha di nuovo il suo uomo forte. Ma meno stabilità.

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6552  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / QUIRICO I volti dell’innocenza cancellati dal fanatismo, così è morta la pietà. inserito:: Luglio 18, 2016, 12:03:34 pm
I volti dell’innocenza cancellati dal fanatismo, così è morta la pietà

16/07/2016
Domenico Quirico

Il volto dei bambini morti a Nizza dobbiamo immaginarlo. Quella serietà estremamente misteriosa, quando la morte cancella dal volto tutto ciò che prima rappresentava la giovinezza: il sorriso, la malizia, la bellezza. Quel che rimane è diverso, indefinibile. Non chiede nulla, non ci chiama, non trasmette alcun messaggio. Come se quella piccola vittima avesse appreso troppo presto qualcosa per cui avrebbe avuto diritto di attendere tutta una vita.

LEGGI ANCHE - Caro musulmano i tuoi fratelli adesso siamo noi (Massimo Gramellini) 

Il terrorista autore della più terribile strage di bambini in Europa degli ultimi anni non ha visto e non vedrà i volti delle sue piccole vittime. Il modo di uccidere che ha scelto, calpestarli con il camion lanciato a tutta velocità, lo ha asserragliato nella corazza della bestialità, della sete di sangue, del fanatismo. In fondo l’attimo in cui la belva salta fuori dal fitto della foresta, la rabbia, l’odio, di più: una indifferenza fosca e spietata che erompe a fiammate a cui forse ci si abbandona senza rimpiangere nulla e senza compatire se stessi. 

LEGGI ANCHE - Nizza, 84 morti e 50 feriti in pericolo di vita. Hollande: “Colpiranno ancora” 

Solo perché non li ha guardati negli occhi prima di schiacciarli a morte ha avuto la forza di uccidere, perché ha evitato la trappola miracolosa della pietà che permette all’uomo di essere per alcuni istanti qualcosa di diverso da quello che spesso, purtroppo, è? E’ questa la soglia davanti a cui per un attimo la bestia insanguinata si arresta. La pietà che non è amore perché l’amore sa essere implacabile egoismo. La pietà non chiede di essere ricambiata, non giudica, è misericordia per un attimo, senza condizioni.

Questo terrorista franco-tunisino che per troppi, purtroppo, la illegittima qualifica di «martire» spingerà tra gli ingiudicabili profeti, ci impone la domanda terribile: come è possibile decidere di uccidere decine di bambini? Anche questa volta è stato in contatto con le sue vittime, ha guardato la folla che inconsapevole ammirava i fuochi artificiali. Fino all’ultimo ha avuto la facoltà di scegliere. 

Eppure quest’uomo è fatto come tutti noi, respira mangia dorme legge sente vede. Ma cosa c’era dentro di lui? Chi era quest’uomo? Come può esser stato quello che è stato, aver fatto quello che ha fatto, come è possibile? E quante altre persone esistono come lui nel mondo e che cosa ha prodotto in loro, sani di mente, tanta disumanità? 

È la più terribile arma del fanatismo totalitario: la capacità di eliminare l’obbligatorietà del rimorso tra i suoi combattenti e missionari di morte. Se riesci a convincere un gruppo di uomini, e sono ormai migliaia e migliaia, che le loro azioni sfuggono al giudizio morale, sono al di sopra e al di là di una condotta definita universalmente inumana, hai in mano la macchina perfetta per illimitate e pianificate atrocità. Sgozzi un innocente? Schiacci un bambino? Non temere! Sei lo strumento dell’azione di un dio terribile e immanente nella Storia. Allora l’assassino diventa, e si sente, il sacerdote di un sanguinoso ma sacrosanto sacrificio. Aiutare dio a purificare il mondo: che impresa, altro che appassire nella malinconia di certe sventure mediocri, senza nobiltà di catastrofe! 

Allora il rimorso non esiste più, ogni azione diventa legittima e neppure quegli occhi di bimbi ti fermeranno. Un mondo in cui nessuno è innocente, salvo tu: avete ucciso la pietà, adesso sì che i carnefici possono mettersi al lavoro.


 LEGGI ANCHE Chi sono gli italiani dispersi (Alberto Abburrà) 
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6553  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / Golpe farsa studiato per rafforzare Erdogan e dargli carta tragicamente bianca.. inserito:: Luglio 18, 2016, 12:01:36 pm
Turchia, colpo di stato fallito. La diretta – Il premier: “Saranno puniti come meritano”.
Erdogan riprende il potere. “265 morti e 2839 militari arrestati” (FOTO E VIDEO)

Dopo ore di bombardamenti e combattimenti i militari hanno fatto marcia indietro. Il popolo in strada a difesa del presidente. Che poi dice: "Tradimento. Pagheranno un caro prezzo". Il premier contro gli Usa: "Il paese che sostiene Gulen non è amico". Rimossi e in manette anche giudici accusati di fiancheggiare l'imam considerato un terrorista
Di F. Q. | 16 luglio 2016

Il giorno dopo la notte più lunga per la Turchia – con 265 morti, centinaia di feriti, 2839 militari arrestati, 2745 giudici rimossi e una decina di magistrati arrestati – è già arrivata la resa dei conti. “I golpisti sono nelle mani della giustizia turca e saranno puniti come meritano. Sono peggio del Pkk – dice il primo ministro turco, Binali Yildirim -. La Turchia ha risposto nel modo migliore ai terroristi”. Che potrebbero pagare con la vita il fallito golpe: “La pena capitale non è prevista dalla Costituzione turca, ma valuteremo la questione dal punto di vista legale”. Del resto il presidente Erdogan ha promesso che “i traditori” pagheranno “un prezzo alto”.

In diretta televisiva, il premier descrive il caos di venerdì notte come “una pagina nera per la democrazia in Turchia” ed elogia la polizia e le forze di sicurezza. Non tutto sembra chiuso e definito: un gruppo di 150 militari è ancora asserragliato nel quartiere generale del comando delle Forze armate ad Ankara: i soldati ribelli vorrebbero trattare la loro resa. Altri 700 militari, invece, si sono consegnati alle forze di polizia. Il fallito golpe sta generando anche una tempesta diplomatica tra la Turchia e Stati Uniti. E Ankara richiede l’estradizione di otto golpisti – sette militari e un civili – che hanno chiesto asilo ad Atene.

Le autorità turche intanto hanno diffuso un allarme alle frontiere di terra e agli aeroporti del Paese per bloccare i membri del movimento Gulen. Secondo l’agenzia Anadolu le autorità hanno scoperto un piano di fuga in base a delle liste ritrovate in cui sono elencati nomi di comandanti e loro vice da collocare in luoghi di responsabilità qualora il golpe avesse avuto successo. Nel mirino del governo anche la magistratura: sono stati rimossi 2.745 giudici tra cui cinque membri del Consiglio superiore dei giudici e dei pubblici ministeri (Hsyk) della Turchia, riunitosi per un vertice straordinario. Sono stati arrestati una decina di magistrati membri del Danistay, una della autorità giudiziarie più importanti della Turchia nell’ambito amministrativo, equivalente del Consiglio di Stato. Altri 48 membri del Danistay sono ricercati. È così cominciata l’azione di contrasto contro il cosiddetto” stato parallelo”. Guidato, secondo le autorità turche, dall’imam Fetullah Gulen in autoesilio in Usa. Contro cui si è scagliato il premier: “Il paese che lo sostiene non è amico”.  Il segretario di Stato americano, John Kerry, ha replicato di non aver ricevuto alcuna richiesta per estradare il religioso musulmano. Kerry ha chiesto alla Turchia di consegnare le prove sul fatto che l’ex imam sia dietro al golpe fallito.
Scenari da guerra civile
Ieri il paese ha vissuto scene da guerra civile. Con i militari che tentano la presa del potere, il presidente che fugge ma resiste e il popolo che si schiera dalla sua parte. La notte più lunga della Turchia si è conclusa con il fallimento del golpe tentato da una fazione dell’esercito. Dopo ore di bombardamenti e combattimenti a Istanbul e nella capitale Ankara, con i carri armati schierati sui ponti del Bosforo i militari, che avevano sparato sulla folla, hanno fatto marcia indietro e questa mattina, mani alzate al cielo, si sono arresi. Tra le vittime c’è anche un fotoreporter.

Una notte di caos e confusione con le persone preoccupate di fare scorte di soldi, benzina e generi alimentari e un inizio di giornata che sembra restituire al “sultano” il suo potere. La sconfitta dei ribelli – anche se alcune sacche di resistenza hanno annunciato sabato mattina che continueranno a combattere – appariva già chiara durante la notte, quando l’aereo del numero uno è atterrato all’aeroporto Ataturk di Istanbul, solo poche ore prima nelle mani dei “ribelli”. Il repulisti nell’esercito ribelle, che aveva chiesto inascoltato al popolo di rimanere in casa, è già di fatto completato. L’esercito ha avuto per alcune ore un nuovo capo di Stato maggiore, Umit Dundar, a sostituire temporaneamente, Hulusi Akar che, fedele al presidente, era stato preso in ostaggio ma è stato rilasciato. 

Tornato a Istanbul, il presidente è stato accolto da una folla festante e ha salutato con il gesto della rabia, mutuato dai Fratelli musulmani, il “sultano” ha ringraziato il suo popolo per averlo sostenuto scendendo in piazza, mentre una folla festante sventolava bandiere turche e inneggiava ad Allah.
A loro, ha promesso che “i traditori” che hanno tentato di rovesciarlo “pagheranno un caro prezzo“. La mente dietro il golpe, per Erdogan, è il suo ex alleato diventato nemico numero uno, l’imam e magnate autoesiliatosi in Usa, Fethullah Gulen. Che però, in un comunicato, ha condannato il tentativo di golpe, giurando di esserne estraneo: “Per qualcuno come me che ha sofferto sotto diversi colpi di stato militari nelle ultime cinque decadi, è particolarmente offensivo essere accusato di avere legami con un tentativo del genere”. 

La Turchia si è svegliata ancora in stato d’assedio e con la notizia sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. L’emittente statale Trt e la tv privata Cnn Turk, entrambe occupate e poi abbandonate nella notte dai putchisti, mostravano le immagini dei soldati che si arrendevano sul ponte del Bosforo, chiuso al traffico dalla scorsa notte. Vicino a loro, i sostenitori di Erdogan festeggiavano sopra i tank.

In mattinata, ancora scontri armati venivano segnalati in diverse zone della città. In queste ore, assicura la compagnia di bandiera Turkish Airlines, l’aeroporto Ataturk sta comunque riprendendo a funzionare regolarmente. Situazione critica anche ad Ankara, dove è stato bombardato il Parlamento ma nessun deputato risulta ferito. Quando era già giorno, sotto attacco è finita anche l’area della faraonica residenza presidenziale, il simbolo del potere di Erdogan.
Cronaca ora per ora

Ore 16.39 – Erdogan: “Scendere di nuovo in piazza contro golpe” –  “Scendere in strada anche stasera” a sostegno del presidente Recep Tayyip Erdogan e per festeggiare la “vittoria della democrazia” contro i militari golpisti: è l’invito lanciato dal governo alla popolazione turca dopo il fallito colpo di stato nel Paese.

Ore 16.22 – Obama convoca sicurezza nazionale - Il presidente americano, Barack Obama, convoca la sua squadra per la sicurezza nazionale e per gli affari esteri per discutere della Turchia. Lo afferma la Casa Bianca. L’incontro è in programma a breve nella Situation Room.

Ore 16.00 – Consolato Usa: “Turchia ha lasciato al buio base anti Is” -“Le autorità locali impediscono spostamenti da e per la base aerea di Incirlik. E’ stata interrotta la fornitura di corrente elettrica”. E’ quanto si legge in un messaggio diffuso sul web dal consolato Usa nella città di Adana, nel sud della Turchia. “Per favore, evitare la base aerea fino a che non riprenderanno le normali operazioni”, prosegue il messaggio del consolato Usa. La base di Incirlik, che si trova a 12 km a est di Adana, viene utilizzata dalla coalizione anti-Is a guida Usa che interviene in Siria e Iraq. Vi si trovano velivoli e militari di Usa, Germania, Gran Bretagna e Arabia Saudita.

15.49 – Usa: “Turchia ci dia prove contro Gulen” – Il segretario di Stato Usa John Kerry ha chiesto alla Turchia di consegnare le prove sul fatto che l’ex imam Fethullah Gulen, che vive in esilio in America, sia dietro al golpe fallito, così come sostenuto da Ankara. Inoltre, ha aggiunto Kerry, gli Stati Uniti non hanno ricevuto alcuna richiesta di estradizione per Gulen.

15.39 – Governo greco esaminerà richiesta asilo golpisti
Il governo greco esaminerà la richiesta di asilo degli “otto militari turchi” golpisti fuggiti in Grecia “tenendo però in considerazione che i soldati sono accusati in Turchia di aver violato la costituzione e di aver tentato di rovesciare il governo democratico”. Lo dice la portavoce del governo ellenico Olga Gerovasili nel primo comunicato ufficiale sulla vicenda ribadendo che gli “otto militari” sono stati arrestati. Atene fa anche sapere di essere in contatto con le autorità turche per il rientro “il prima possibile” dell’elicottero militare.

15.20 – “Erdogan partito da Istanbul, ma destinazione ignota”
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è partito dall’aeroporto internazionale Ataturk di Istanbul. Lo riferisce la tv satellitare Al-Jazeera che sottolinea come non sia chiaro dove è diretto Erdogan.

15.16 – “Completata operazione contro i golpisti”
Le forze di sicurezza turche hanno completato un’operazione contro i golpisti nel quartier generale dell’esercito. Lo riferisce l’edizione turca della Cnn.

13.39 – Il premier turco: “Paese che sostiene Gulen non è amico”
“Non riesco a immaginare un Paese che possa sostenere quest’uomo”, Fethullah Gulen, “questo leader di un’organizzazione terroristica, soprattutto dopo la scorsa notte. Un Paese che lo sostenga non è amico della Turchia. Sarebbe persino un atto ostile nei nostri confronti”. Così il premier turco Binali Yildirim, riferendosi agli Usa, dove Gulen – che Ankara accusa di aver organizzato il fallito tentativo di golpe – vive in autoesilio dal 1999. Yildirim ha ricordato che la Turchia ha già inviato una richiesta di estradizione

13.16 – Riaperto l’aeroporto di Istanbul
Sta tornando alla normalità il traffico aereo in Turchia, con la riapertura dell’aeroporto internazionale di Ataturk a Istanbul e la ripresa dei voli. Decolli e atterraggi erano stati sospesi dalle autorità locali per motivi di sicurezza dopo il tentato colpo di stato militare. Cinque minuti dopo le 18, ora locale, sarà anche riaperto lo spazio aereo per i voli civili sulla regione nordoccidentale di Marmara, chiuso dopo il tentato golpe.

12.56 – Ancora in ostaggio capo di Stato maggiore dell’Aeronautica
Il capo di stato maggiore dell’Aeronautica turca, il generale Abidin Unal, risulta in ostaggio dei golpisti. Il militare è stato rapito mentre si trovava ieri a una cerimonia di nozze della figlia del generale Mehmet Sanver, comandante dell’unità dell’Aeronautica della zona asiatica di Istanbul. Secondo la ricostruzione fornita dal quotidiano Hurriyet, cinque elicotteri sono atterrati nel giardino dov’era in corso la cerimonia. Alcuni militari golpisti sono scesi dagli elicotteri e hanno preso in ostaggio Unal, Sahver e altri comandanti. I lealisti sono attualmente al lavoro per ottenere il rilascio di Unal e degli altri militari ancora in ostaggio.

12.42 – Golpisti inviavano ordini via WhatsApp
Gli autori del fallito golpe in Turchia avrebbero usato il sistema di messaggistica WhatsApp per comunicare tra di loro. Lo riporta l’agenzia Anadolu, che ha mostrato un video nel quale compaiono alcuni dei messaggi scambiati, che fanno riferimento al blocco del traffico in entrata verso Istanbul e al blocco del segnale video proveniente dal sistema di comunicazione di emergenza del governo. Dai messaggi emerge che gli ordini erano inoltrati da un maggiore.

12.33 – Riaperti i ponti sul Bosforo
Sono stati riaperti i due principali ponti sul Bosforo che collegano la zona europea a quella asiatica di Istanbul. Lo ha reso noto l’emittente al-Jazeera. I ponti erano stati chiusi per la presenza di carri armati usati dai golpisti contro il governo del presidente Recep Tayyip Erdogan.

12.31 – Turchia chiede a Grecia di consegnare golpisti
Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha chiesto alla Grecia di consegnare alle autorità di Ankara gli otto presunti golpisti che sono atterrati in elicottero nella città settentrionale di Alexandroupolis, in Grecia, e che hanno chiesto asilo. Cavusoglu lo ha scritto sul suo profilo Twitter.

12.17 – Israele “rispetta processo democratico in Turchia”
“Israele rispetta il processo democratico in Turchia e si aspetta che prosegua il processo di riconciliazione fra Turchia ed Israele”: lo afferma il portavoce del ministero degli esteri Emmanuel Nahshon in un comunicato diffuso alla stampa in deroga dal riposo sabbatico imposto di norma ai funzionari di governo israeliani.

12.13 – “Otto golpisti hanno chiesto asilo in Grecia”
Otto uomini sono atterrati a bordo di un elicottero militare turco nella città settentrionale di Alexandroupolis, in Grecia, e hanno chiesto asilo. Lo hanno fatto sapere le autorità greche. Sarebbero coinvolti, secondo i media, nel tentato golpe militare.

12.12 – Renzi: “Sollievo, prevale stabilità”
Il premier Matteo Renzi esprime “sollievo” per gli sviluppi in Turchia. “La preoccupazione per una situazione fuori controllo in un partner Nato come la Turchia lascia spazio al prevalere della stabilità e delle istituzioni democratiche”, sottolinea Renzi.  “Auspichiamo che non ci siano rovesci e pericoli per la popolazione e per tutti gli stranieri presenti in Turchia”, aggiunge il premier nella convinzione che “libertà e democrazia siano sempre la via maestra da seguire e difendere”

11.30 – Il premier turco: “Golpisti peggio del Pkk”
“I golpisti sono nelle mani della giustizia turca e saranno puniti come meritano. Sono peggio del Pkk – dice il primo ministro turco, Binali Yildirim – Ci sono 165 martiri e 1.440 feriti. La Turchia ha risposto nel modo migliore ai terroristi”.

11.15 – Cina auspica ritorno stabilità e ordine
La Cina auspica che la Turchia possa ritrovare stabilità e ordine il più presto possibile dopo il tentativo fallito di colpo di Stato: lo rileva in una nota il portavoce del ministero degli Esteri Lu Kang, secondo cui Pechino “sta osservando la situazione con attenzione”.

11.12 – Vice leader Akp: “Ripristinare pena di morte”
È necessario ripristinare la pena capitale in Turchia per punire chi ha tentato di rovesciare l’attuale governo con un colpo di Stato militare. A lanciare l’appello è il numero due del partito al governo Akp, l’ex ministro alla Sanità Mehmet Muezzinoglu. Dopo i suoi commenti, l’hashtag #Idamistiyorum (“Io voglio la pena di morte”) è stato usato più di 23mila volte su Twitter in Turchia.

11.09 – Mosca pronta a collaborare
La Russia è pronta a “un lavoro costruttivo congiunto con i leader legittimamente eletti della Repubblica Turca nell’interesse della promozione delle relazioni bilaterali per i popoli dei nostri paesi e per la ricerca di efficaci soluzioni alle attuali questioni internazionali, prima di tutto legate alla lotta contro la minaccia del terrorismo”: lo fa sapere il ministero degli Esteri russo in una nota.

11.08 – Ministero esteri: “Unità e solidarietà hanno fatto fallire golpe”
“I recenti avvenimenti in Turchia sono da definire come un tentativo di colpo di Stato con lo scopo di rovesciare il governo democraticamente eletto”. È quanto si legge in una nota diffusa dal ministero degli Esteri di Ankara nella quale si sottolinea che “la nazione turca ha respinto questo tentativo dimostrando la propria unità e solidarietà”. La diplomazia turca conferma che “il nostro Presidente della Repubblica e il nostro governo sono in carica. Non si tratta di un evento che vede coinvolto l’intero corpo delle Forze Armate turche, ma solo un gruppo al suo interno. La nostra nazione ha dato la dovuta risposta allo loro azioni”.

11.07 – British annulla voli, Easy jet li mantiene
La compagnia aerea British Airways ha fatto sapere di avere annullato tutti i voli previsti per oggi tra il Regno unito e la Turchia, a causa del tentativo di golpe nella penisola anatolica. Easy Jet, compagnia britannica low cost, ha fatto sapere di non aver modificato i suoi piani di volo: tutte le tratte continuano ad operare normalmente.

10.53 – Ue, lunedì situazione a Consiglio ministri
La situazione in Turchia sarà discussa lunedì nel Consiglio dei ministri degli esteri europei. Lo ha reso noto il Servizio di azione esterna con una nota in cui specifica che nella notte Federica Mogherini ha riunito i ministri degli esteri europei presenti al vertice dell’Asem a Ulan Bator per coordinare i messaggi politici e gli aiuti ai cittadini europei in Turchia. Inoltre, l’alto rappresentante ha parlato con il ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ed è stata in contatto con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. I ministri hanno “espresso sostegno alle istituzioni democratiche e condannato l’uso della violenza contro di esse” concordando che “deve essere evitata ogni escalation di violenza che coinvolga i civili”

10.31 – “Molti comandanti ancora in ostaggio”
Molti comandanti dell’esercito turco sono tenuti in ostaggio dai soldati che hanno tentato un golpe. Lo ha dichiarato il capo di Stato maggiore ad interim, generale Umit Dundar, in una dichiarazione su Cnn Turk

10.25 – “Nuovo tentativo di golpe possibile in ogni momento”
Un altro tentativo di colpo di stato in Turchia potrebbe avvenire in qualsiasi momento, quindi le autorità devono restare nelle strade per mantenere il controllo della situazione. È quanto si legge sull’account Twitter della presidenza turca

10.22 – “Uccisi 104 militari golpisti”
Sono 104 i militari golpisti uccisi dalle forze di polizia e dai lealisti del presidente Recep Tayyip Erdogan, che nella notte hanno sventato il tentato golpe in Turchia. Lo ha dichiarato Umit Dundar, nominato Capo di Stato Maggiore mentre Hulusi Akar era stato preso in ostaggio dai golpisti. Akar è stato ora rilasciato. Tra le 90 persone uccise dai militari che hanno tentato il golpe, invece, si contano 47 civili. Citato dall’emittente al-Jazeera, Dundar ha confermato i 1.154 feriti.

10.19 – Ministro esteri Gb: “Solidarietà a governo”
Il ministro degli Esteri della Gran Bretagna Boris Johnson ha espresso la sua solidarietà al governo turco, dopo lo sventato colpo di Stato militare. A rivelarlo è lui stesso su Twitter. “Ho appena parlato con il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu. Ho sottolineato l’appoggio della Gran Bretagna per le istituzioni democratiche elette e il governo”.

9.57 – Portavoce Cremlino: “Speriamo in soluzione legittima”
“Di certo noi tutti siamo interessati alla situazione attuale in Turchia, a una soluzione legittima nel più breve tempo possibile e al ritorno del Paese alla stabilità, alla prevedibilità e all’ordine pubblico”: così il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, citato dalla Tass. Né il presidente turco Recep Tayyip Erdogan né i golpisti hanno provato a contattare il leader russo Vladimir Putin: lo afferma il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, rispondendo a una domanda dei giornalisti. “No. Nessun tentativo di comunicazione e nessun contatto ha avuto luogo finora”, ha dichiarato Peskov.

9.49 – Almeno 700 soldati turchi si sono arresi alla polizia
Almeno 700 soldati turchi che hanno preso parte al tentato golpe si sono arresi e consegnati alla polizia ad Ankara. Lo ha riferito l’agenzia di stampa turca Anadolu, mostrando un video in cui si vede una lunghissima fila di militari uscire di corsa da un cancello ed entrare in luogo chiuso.

9.38 – Hamas si congratula con Erdogan
Hamas si è congratulato oggi con il presidente Tayyp Erdogan per il fallimento del colpo di Stato a suo danno. “Ci congratuliamo col grande popolo turco e con la sua leadership eletta – si legge in un comunicato ufficiale – per il fallimento del colpo di Stato organizzato contro il volere democratico” del popolo turco. Fonti locali riferiscono da Gaza che per tutta la notte la leadership di Hamas ha seguito con apprensione l’evolversi della crisi in Turchia, un Paese particolarmente vicino alla popolazione della Striscia. In molti caffè gli avventori hanno trascorso la notte davanti ai televisori per seguire le trasmissioni in diretta dalla Turchia delle emittenti arabe al-Jazira e al-Arabya.

9.37 – Farnesina invita gli italiani a restare in casa
La Farnesina invita gli italiani che vivono in Turchia a non lasciare le proprie case. “In relazione alla situazione in atto in Turchia, dove si registrano ripetute sparatorie sul Bosforo e ad Ankara – si legge sul sito dell’Unità di crisi – si raccomanda ai connazionali di evitare gli spostamenti e di attendere lo sviluppo degli eventi tenendosi informati sui media locali e internazionali”. Per informazioni ed emergenze, spiega ancora il ministero degli Esteri, è possibile contattare l’Ambasciata d’Italia a Ankara ai numeri: +90 532 374 81 77 e +90 534 074 33 63 ed il Consolato Generale a Istanbul al numero 00905554585844.

9.32 – Pinotti: “Seguo l’evolversi della situazione”
“Seguo l’evolversi della situazione in Turchia con lo Stato Maggiore Difesa. L’Unità di crisi Farnesina invita connazionali a restare a casa”. Lo scrive su Twitter il ministro della Difesa, Roberta Pinotti.

9.31 – Fiumicino, voli cancellati da e per Istanbul
A causa del tentato golpe in Turchia, all’aeroporto di Fiumicino ci sono ripercussioni sui voli da e per Istanbul. Per il momento, risultano cancellati i primi tre voli previsti in arrivo dalla città sul Bosforo, rispettivamente di Turkish Airlines, Alitalia e Pegasus. Figurano operativi i successivi voli previsti in arrivo nel pomeriggio. Per quanto riguarda i voli del mattino in partenza, due voli, rispettivamente della Turkish e della Pegasus, sono stati cancellati mentre un altro risulta ritardato di tre ore.

9.18 – Vertice del consiglio superiore dei giudici
Il Consiglio superiore dei giudici e dei pubblici ministeri (Hsyk) della Turchia ha convocato per oggi un vertice straordinario per decidere se e quali azioni prendere nei confronti di quei giudici e pm legati al cosiddetto “stato parallelo”. Lo rende noto l’agenzia di stampa Anadolu citando fonti interne all’Hsyk a condizione di anonimato. Verrà invece resa pubblica la decisione adottata dal Consiglio, hanno aggiunto le fonti. Del aver creato uno “stato parallelo” è accusato il rivale numero uno del presidente Recep Tayyip Erdogan, l’imam Fetullah Gulen, che in Turchia e altrove vanta di moltissimi seguaci. Tra questi anche militari, magistrati, giornalisti e politici.

9.11 – Ad Ankara 200 soldati si arrendono
Circa 200 soldati disarmati sono usciti dal quartier generale militare di Ankara e si sono arresi alla polizia. Lo riferisce l’agenzia ufficiale Anadolu. Non è frattanto chiaro se siano stati già conteggiati o meno tra i 1.563 militari che in tutto il Paese sono stati arrestati dopo il fallimento del colpo di stato.

9.01 – Leader opposizioni riferiranno in Parlamento
I leader dei tre principali partiti di opposizione in Turchia riferiranno oggi pomeriggio alle 14, ora locale, in Parlamento. Lo ha annunciato il presidente del Parlamento turco Ismail Kahraman. Nella notte i tre principali partiti dell’opposizione in Turchia avevano denunciato e preso le distanze dal colpo di Stato militare. Unanime è stata infatti la condanna da parte del partito filo curdo Hdp, del partito nazionalista Mhp e del Partito del popolo repubblicano Chp. Il leader del Chp il più grande partito di opposizione in Turchia, Kemal Kalicdaroglu, ha ricordato su Twitter che in passato il Paese ha già “sofferto molto” per i colpi di stato che ha subito. Anche il leader dell’Hdp, Selahattin Demirtas, ha affermato che non è questa la strada giusta verso il cambiamento in Turchia, ma serve un percorso democratico.

8.58 – Golpisti: “Continueremo a combattere”
La fazione militare golpista in Turchia ha annunciato di essere determinata a continuare a combattere. In una email inviata dall’indirizzo di posta elettronica del capo di stato maggiore dell’esercito, in cui si è definita Consiglio della pace in patria, la fazione ha anche invitato i turchi a restare all’interno delle abitazioni per tutelare la propria sicurezza.

8.56 – Riunione straordinaria del Parlamento
È in corso una riunione straordinaria del Parlamento di Ankara per discutere del tentato colpo di Stato militare in Turchia. A convocare i deputati in seduta straordinaria è stato il primo ministro Binali Yildirim. La riunione si sta svolgendo nella sede del Parlamento che nella notte è stata colpita dai golpisti e che ha subito danni a causa di numerose esplosioni.

8.32 – Bbc: “Coprifuoco, ma misura non rispettata”
È in atto un coprifuoco in Turchia, dopo il tentato colpo di Stato militare di ieri. Lo annuncia la corrispondente della Bbc in Turchia, spiegando però che la misura non viene” applicata nei termini più rigidi”. Anche per questo, aggiunge la Bbc, la “gente sta lentamente uscendo per la strada”, i negozi hanno iniziato a riaprire e circolano alcune auto civili e taxi. Il governo ha dichiarato di avere la situazione sotto controllo, ma sacche di resistenza sono ancora presenti e così scontri sporadici, precisa il Guardian.

8.31 – Iran ha chiuso il confine e sospeso i voli
L’Iran ha chiuso stanotte il confine con la Turchia ed ha sospeso i voli verso il paese vicino. Lo riferiscono i media della Repubblica islamica. Nella notte, mentre era in corso il tentativo di colpo di stato contro Erdogan, il presidente iraniano Hassan Rohani ha convocato il consiglio di sicurezza nazionale e le forze armate iraniane sono state messe in stato di massima allerta.

8.24 – Il ministro degli Esteri elogia il popolo
Il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, si è complimentato attraverso Twitter con la “coraggiosa difesa della democrazia e del loro governo eletto da parte del popolo turco. Ciò dimostra che i colpi di stato nella nostra regione sono destinati a fallire”.

8.23 – Sms di Erdogan: restate per strada
“Tutti in strada”. È l’invito rivolto dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan in un sms inviato a tutti i cittadini e da lui firmato dopo il tentativo fallito di golpe della notte scorsa. “Degno figlio della nazione turca” è l’intestazione del messaggio, in cui il presidente stigmatizza quanto accaduto ad Ankara e Istanbul, dove, spiega, con “veicoli blindati e armi”, è stato messo in atto un tentativo di sollevazione contro la nazione, “come negli anni ’70”. Erdogan invita quindi “il popolo turco con onore” a “stare con la democrazia e la pace”, invitando i cittadini a scendere in piazza.

8.07 – Ripreso controllo della gendarmeria: 16 golpisti uccisi
Le unità speciali della polizia turca hanno ripreso il controllo del Commando generale della gendarmeria ad Ankara uccidendo 16 soldati golpisti. Lo ha reso noto il capo della polizia della Turchia Celalettin Lekesiz citato dall’agenzia di stampa Anadolu.

8.07 – Rilasciato generale preso in ostaggio
Sarebbe stato rilasciato il capo di stato maggiore, generale Hulusi Akar, preso in ostaggio durante il tentativo di golpe dai militari ribelli. Per sostituirlo il premier aveva nominato all’incarico il generale Ümit Dündar.

8.00 – Erdogan: “Atto di tradimento”
Un “atto di tradimento”. Così il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha definito il tentato golpe compiuto dai militari in Turchia sottolineando la necessità di ripulire l’esercito. Il premier turco, Binali Yildirim, ha intanto annunciato questa mattina di aver nominato un nuovo capo di stato maggiore ad interim per sostituire il generale il generale Hulusi Akar. La Turchia ha democraticamente eletto un governo e un presidente”, ha aggiunto Erdogan. “Siamo in carica e continueremo ad esercitare il nostro potere fino alla fine. Non cederemo il paese a questi invasori. Finirà bene”. I responsabili pagheranno “un caro prezzo”.

Di F. Q. | 16 luglio 2016

COPIA-INCOLLA gratuito da http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07/16/turchia-colpo-di-stato-fallito-la-diretta-il-premier-saranno-puniti-come-meritano-erdogan-riprende-il-potere-194-morti-oltre-2839-militari-arrestati-foto-e-video/2910123/
6554  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / JACOPO IACOBONI. Napoli e Roma, rivolta nel M5S. - (IL PARCO GIOCHI DEI 5STELLE) inserito:: Luglio 18, 2016, 11:55:36 am
Napoli e Roma, rivolta nel M5S.
Gli espulsi reintegrati: “Chiediamo l’assemblea nazionale”
Pizzarotti si sfoga coi suoi: inutile restare dove ti cacciano

18/07/2016
Jacopo Iacoboni
Roma

Ora gli espulsi del Movimento reintegrati a Napoli e guidati da Luca Capriello chiedono un’assemblea di tutti gli iscritti d’Italia. Lo annunceranno giovedì in conferenza stampa. «Vogliamo un’assemblea nazionale di tutti gli iscritti da tenersi a Roma dopo l’estate», spiega Roberto Motta, storico militante romano, ex braccio destro di Roberta Lombardi, l’uomo che ha collaborato a lungo alla stesura dei suoi testi di legge. Motta era uno di quelli che avevano preso alla lettera la storia del Movimento «assembleare e partecipativo», e per farla breve, dopo una serie infinita di scontri su tante vicende romane è stato infine espulso assieme a un’altra trentina di attivisti romani, prima delle ultime elezioni comunali (era uno che poteva entrare nella cinquina degli aspiranti sindaci). Altri due avevano fatto con lui il primo ricorso a Roma, ottenendo il reintegro sul portale. I romani sono difesi da Lorenzo Borrè, lo stesso avvocato dei napoletani: a Napoli il meet up era stato azzerato da Fico e Di Maio due giorni prima delle votazioni - trentasei espulsi, 23 dei quali hanno fatto ricorso. Ora tutti sono stati reintegrati dall’ordinanza del Tribunale. Insomma, a Roma e a Napoli i dissidenti si sono collegati. Hanno adesso vari strumenti per creare problemi giuridici, economici, politici al M5S centrale, la Casaleggio e il direttorio.

La risposta che preparano il direttorio (e Davide Casaleggio) è opposta: cogliere la palla per azzerare apertamente il Non-Statuto, dotandosi di uno statuto da “partito”, non da “movimento”, e sancendo anche de iure la metamorfosi (o tradimento di Gianroberto, dipende dai punti di vista) che raccontiamo da due anni.

Gli espulsi però attaccano. Motta sostiene: «Fico e la Lombardi non possono dire “valuteremo quali modifiche fare”, “risolveremo il problema senza aspettare i giudici”, perché il problema stabilito dal tribunale è proprio quel “noi”: chi è che risolverà, la Casaleggio? Il direttorio? Ma nessuno di questi soggetti, hanno detto i giudici, è titolato a prendere decisioni sulle espulsioni. Solo l’assemblea può decidere modifiche statutarie. E perciò noi ora vogliamo un’assemblea».

I ricorsi cominciano a moltiplicarsi: sono tutte micce che accenderanno precedenti giuridici, dopo quello di Napoli. C’è un ricorso a Bruxelles, due a Messina, cinque in Abruzzo, mentre da Parma Marco Bosi, capogruppo di Pizzarotti nel Consiglio comunale, è in contatto con l’avvocato di questa rivolta romano-napoletana. Pizzarotti è sul depresso, ai suoi ha detto «inutile restare in un Movimento che ti caccia», ma sa anche che le sentenze cominciano a favorirlo.

A Quarto una celebre espulsa, la sindaca ex M5S Rosa Capuozzo, si toglie vari sassolini dalla scarpa. Il Movimento la cacciò dopo averla messa alla gogna a corrente alternata e tardivamente, ma lei non è neanche indagata nella vicenda del presunto voto di scambio che ha lambito un consigliere grillino, e ora ci dice: «Il direttorio dovrebbe andare a casa, dopo questa sentenza. È un organismo che non è mai stato eletto e dovrebbe, invece, essere scelto dalla base, dagli associati». In realtà, spiega meglio l'avvocato Borrè, secondo il non-Statuto dell’associazione originaria (quella del 2009), all’articolo 4 si dice chiaramente che la democrazia «diretta e partecipativa» del Movimento non prevede «corpi intermedi», quale appunto il direttorio sarebbe. Di qui la possibilità che qualcuno ricorra anche contro Fico-Di Maio-Di Battista-Ruocco-Sibilia, mettendo tecnicamente fuorilegge la costola centrale del M5S. Capuozzo dice: «Non chiederò di rientrare in questo momento, perché il Movimento come è gestito ora è senza una democrazia veramente partecipata». Quella, di certo, non possono assicurarla ordinanze e sentenze. Ma altri - magari qualcuno dei parlamentari espulsi - potrebbero farlo.

Un’assemblea - che naturalmente mai si farà - sarebbe epocale. Sugli iscritti al Movimento non si hanno cifre certe; nel settembre del 2013 il blog parlò di 80mila iscritti certificati, e 400mila in tutto «in via di certificazione». Gianroberto Casaleggio confermò queste cifre a Imola nel 2015. Negli anni fondativi, quando in pochi vedevano ciò che stava nascendo, Casaleggio ripeteva come un mantra «il Movimento è le sue regole»: ma senza, cos’è?

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6555  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / PRODI Ricostruire la rete sociale per battere il terrorismo inserito:: Luglio 18, 2016, 11:53:35 am
La forza della libertà
Ricostruire la rete sociale per battere il terrorismo

Di Romano Prodi

La strage di Nizza ci ha colpito non solo per la sua tragica crudeltà, che le doverose ma impietose immagini ci hanno mostrato, ma anche per lo strumento con cui questa strage è stata provocata e per il luogo in cui è avvenuto. Niente fucili kalashnikov, niente cinture esplosive, niente granate, ma un semplice autocarro costruito per portare gelati: uno strumento quotidiano e naturale per venire incontro alle richieste di tanta gente che si stava godendo serenamente la conclusione della festa nazionale. Non ho potuto evitare di pensare che per provocare una tragedia di questo tipo non vi è nemmeno bisogno di molto denaro e nemmeno di un’organizzazione complessa: basta una persona ed un camion. Ed è proprio questa terribile normalità dello strumento (e quanti altri simili ne possiamo immaginare?) che mi fa sentire inutili tutte le future indagini sulle possibili negligenze del controllo della polizia e degli altri organi preposti a garantire che la festa nazionale francese potesse concludersi in tutta serenità. Da molti decenni siamo infatti abituati a vivere senza tenere conto della possibilità di questi eventi e nulla sfugge ai controlli come la normalità. Quando il terrorismo ha cominciato a colpire abbiamo iniziato giustamente a proteggere i luoghi più vulnerabili, a partire dagli aeroporti. Tuttavia ciascuno di noi, mentre pazientemente si toglieva le scarpe di fronte ai controlli dei cancelli di partenza, rifletteva su altri aspetti. Ad esempio sul fatto che nessuno ti avrebbe poi protetto quando prendevi il treno o entravi in un supermercato.

Col progredire del pericolo si sono naturalmente moltiplicati anche gli apparati di sicurezza, che comprendono ora alcune stazioni ferroviarie e centri commerciali. E quindi gli stadi dei campionati di calcio e le più grandi manifestazioni religiose. Ma li possiamo estendere a tutte le scuole, a tutte le strade, a tutti i teatri e a tutte le chiese? Tra i Paesi minacciati dal terrorismo lo ha fatto soltanto Israele che tuttavia, pur pagando un elevatissimo prezzo in termini di normalità della vita quotidiana (saremmo in grado di farlo anche noi?) è riuscito a ridurre ma non certo ad eliminare gli attentati sanguinosi contro la propria popolazione. Con queste osservazioni non voglio certo invitare a limitare gli sforzi specifici per proteggere la nostra sicurezza, anche perché essi sono uno strumento indispensabile per diminuire i pericoli e per garantire lo svolgimento della vita normale dei cittadini. Dobbiamo tuttavia avere coscienza che tutto ciò è una condizione necessaria ma non sufficiente, soprattutto da quando gli attentati e gli attentatori si vestono con gli abiti delle persone normali e fanno uso degli strumenti normali e indispensabili della nostra vita quotidiana.

È la nostra società intera che deve difendersi, con tutti gli strumenti di prevenzione che essa possiede. Cominciando dall’alto, è inammissibile che strutture statali o parastatali di Paesi a noi amici continuino a finanziare in modo diretto o indiretto (acquistando ad esempio il petrolio) le reti del terrorismo internazionale. Gli interessi di qualcuno non possono mettere a rischio la sicurezza dell’intera società. Non è nemmeno ammissibile che i predicatori dell’odio religioso siano liberi di esprimerlo in modo sistematico. È vero che molti degli ultimi attentatori non frequentavano le moschee radicali e nemmeno avevano stretti legami religiosi ma è tuttavia altrettanto vero che da essi ne erano e ne sono indirettamente e profondamente influenzati. Non può essere inoltre permesso che le nuove reti di informazione vengano utilizzate come strumento di incitazione alla violenza. È chiaro che con questo entriamo nel delicato campo della libertà di espressione ma anche questa libertà deve essere riportata sotto la maestà della legge.

Questo tuttavia non basta se non si mette in atto una paziente opera di ricostruzione dei fili della nostra società che sono stati troppo spesso spezzati dalla caduta dei rapporti di vicinato e dall’isolamento prodotto da strutture urbane e da modelli di vita che allentano quel minimo controllo sociale che è il più importante elemento di prevenzione degli atti criminali. Oggi tutta la nostra comunità è a rischio: all’azione repressiva deve essere affiancata un’azione preventiva capace di coinvolgere tutta la comunità, dalle amministrazioni locali alle scuole, dalle associazioni sportive alle parrocchie, ma soprattutto i rapporti di vicinato che diventano forzatamente inesistenti negli immensi quartieri periferici. Contro un terrorismo che diventa ancora più pericoloso, proprio perché usa gli strumenti “normali”, dobbiamo affiancare agli strumenti straordinari gli strumenti “normali” della nostra vita sociale. Sarà una guerra lunga e ci saranno altre inaspettate tragedie ma, se lavoreremo insieme all’interno dei nostri Paesi e collaborando fra i diversi Paesi, riusciremo a vincere anche questa guerra. La libertà e la democrazia riescono a prevalere solo se si usano anche quegli strumenti che hanno reso forte sia la libertà che la democrazia.

Domenica 17 Luglio 2016 - Ultimo aggiornamento: 10:34
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