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6076  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / LA RAPPRESENTAZIONE DI SÉ E DELLA REALTÀ SOCIALE NELLA PERSONA ANZIANA ... inserito:: Novembre 20, 2016, 12:13:49 pm
LA RAPPRESENTAZIONE DI SÉ E DELLA  REALTÀ SOCIALE NELLA PERSONA ANZIANA: considerazioni psicologiche e psicopatologiche.
Romeo Lucioni
 
 
Sempre pensiamo che bisogna  aiutare i più giovani perché indifesi,  …  ma chi è più giovane del vecchio  davanti all'ultima esperienza  della vita?   
                                   
Amin Cormani
 
 
Quello di Edipo rappresenta il mito del paradosso: Laio e Giocasta conoscono l'oracolo e decidono di sopprimere il figlio, andando contro la legge che può essere letta come la "legge della natura": da questa storia nasce "l'eterna colpa di Edipo". I "figlicidi" non sentono "colpa" perché il loro agire diventa un atto di autodifesa: possono cambiare le regole e la "natura" si trasforma in lesa maestà. Tra tutti gli animali viventi, l'uomo è l'unico a sovvertire la natura: chi domina, chi comanda, chi "possiede la femmina" è il vecchio non il più possente, il più forte "naturalmente". Qualcosa entra, nella storia dell'uomo, a cambiare la natura, in senso generale, paradigmatico, mitico e anche mistico: l'intelligenza. Questa diventa: • la potenzialità intrinseca dell'uomo, la forza sottile che gli permette di dominare la natura, di deviare lo svolgersi degli eventi, di cambiare la "storia" che diventa la storia della forza e non più storia del diritto naturale; • il mito di "dio padre" che disarticola la triade primogenita (padre, madre e figlio) facendone sparire il fulcro, l'elemento portante ("porta" per nove mesi) e sostituendolo con un elemento nuovo, mitizzato e misticizzato: lo Spirito Santo; • la legge suprema è creata per costituire il potere (a sua immagine e somiglianza), per porlo nelle mani di chi, per natura, non dovrebbe averlo e così l'elemento istintivo, quindi naturale , del giovane che vuole prendere il posto del padre si trasforma in colpa creando il conflitto ed il "simbolo" del disordine mentale, mentre l'elemento imposto, allucinato, antinaturale del dominio del padre, del Super-Io (mitizzato) assume il valore di legge, di parola divina, di nuova natura, di tradizione.
 
L'evento mitico-storico della legge che scende dal cielo trascende la natura dell'uomo che crea il suo proprio dio (il vitello d'oro) perpetuando l'immagine di Dio che vuole essere non solo creatore, ma dominatore … riprendersi le sue saette, riconquistare il potere attraverso la lex.
"Dura lex … sed lex", "…per il peccato originale …. vivrai con dolore": viene così creata l'infelicità, la perdita, la condanna e, per sempre, … la colpa. L'uomo per natura non sarà più felice, stretto tra il desiderio ed il dovere, posto nel dilemma della scelta tra istinto e costruzione mentale (che diventa anche sapere). "Cogito ergo sum", dice Descartes distruggendo la natura, sovvertendo le norme universali per dare il dominio alla mente e relegare il corpo che è verità, è procreazione, è vita. L'immagine del Senex e del vecchio saggio è la vera "creazione" dell'uomo che così ha creato il suo Dio, la legge, la verità ed anche … la sua condanna. In questa c'è il dolore, non per la colpa, che viene fatta svanire nel mito, ma nell'immagine allucinata del figlio che carpisce il posto di comando, che ruba ciò che gli spetta di diritto. In questo atto deicida l'uomo acquista il diritto di sovvertire la natura, si pone al centro del mondo, non come legge di natura, ma come legge dell'uomo: da qui la scelta e le decisioni cominciano a passare nelle mani dei vecchi che sono più meditativi che esecutivi, che pensano più che fare, che dominano più che guidare, che scelgono …. anche i loro successori. Rispettando la nuova legge, i figli non sono più solo i successori, ma diventano la longa manus del potere che li usa per dominare, per conquistare, per fare le guerre. Nasce così la nuova forza (non più naturale), ma anche la condanna dell'uomo che non potrà più essere felice: la percezione di sé non è più individuale, come succede per tutti gli altri animali del creato, ma sociale. In questo modo, non si vivrà più rispondendo alla legge naturale, ma con l'obiettivo ed il desiderio di esorcizzare la morte, di annullare la o le perdite, di perpetuare la propria presenza, di eternizzare il proprio sogno che, però, diventa una specie di condanna. In qualche modo, la natura si vendica dell'uomo che, dominandola, ha saputo allungare la vecchiaia (si muore, ormai, anche a 120-130 anni) e la società deve affrontare il più grave dei problemi, il suo stesso invecchiamento: già il 20-25 % della popolazione è formata da ultra-sessantenni. La vendetta consiste nel creare i presupposti per una vecchiaia iper-numerosa, dominante per presenza, ma insicura, senza ruolo, sempre più emarginata.
 
 
Freud diceva che la felicità non compete alla quotidianità dell'uomo perché "… i suoi conflitti, la sua angoscia, come la civiltà, sono eterni!". Pur con il passare del tempo, persiste nella società contemporanea un profondo sentimento di malessere che si accompagna ad una specie di "incessante maratona" per dimostrare "efficienza" di fronte alle continue e vertiginose modificazioni scientifico-tecnologiche. In questo ambito, in questo "teatro degli eccessi", si osserva una sfrenata ricerca della felicità che crea l'illusione che il progresso sarà sufficiente per risolvere le carenze e le difficoltà personali. Questa falsa deduzione sembra essere legata alla percezione comune che il mondo, nel suo insieme, sia efficiente, preparato, adeguato, efficace ed anche felice nella ricchezza, nell'abbondanza, nello sviluppo continuo. A questo si aggiunge, di contro, che il soggetto, l'individuo, il singolo si trova sempre nella
condizione di sentirsi lo "sfortunato" che non riesce a salire sulla barca dei "gaudenti", ma che comunque … gli potrebbe bastare così poco per poter integrare il gruppo degli eletti !
 
Nella persona anziana queste caratteristiche rappresentazionali devono fare il conto con le perdite biologico-funzionali che determinano un continuo cambiamento rappresentativo del mondo che oscilla tra amico e nemico, tra buono e cattivo, tra facile e difficile, tra bello e brutto, tra proprio ed estraneo. La vecchiaia non corrisponde ad una determinata età, ma può essere indicata come uno "stato" e vista come un "processo bio-psicologico" caratteristico di ogni persona e che risponde non solo all'età, ma anche al sesso, al livello socioculturale ed alle esperienze vissute. Oggi possiamo però anche determinare un quadro caratteristico della vecchiaia, tanto più che l'allungamento dell'aspettativa di vita (che può essere considerata in 78 anni per la donna e 73 anni per l'uomo) ha permesso di valutare meglio le perdite bio-funzionali e psico-intellettive che caratterizzano il vecchio. In ordine di comparsa possiamo annotare la grande e progressiva perdita di elementi strutturali, di capacità e di funzioni: - perdita delle capacità funzionali della sfera sessuale, accompagnata anche da riduzione del desiderio e della disponibilità; - alterazione strutturale della cute e degli annessi: pelle secca, rugosa, macchiata, sottile e trasparente; capelli bianchi e radi; - caduta dei denti, ipoacusia, diminuzione del visus; - riduzione delle secrezioni cutanee e gastro-intestinali; - riduzione del metabolismo basale; - difficoltà di recupero funzionale per rallentamento delle funzioni anaboliche; - riduzione del tempo di sonno REM; - riduzione della funzionalità cardio-respiratoria accompagnata eventualmente da ipertensione arteriosa e da difficoltà respiratorie; - affievolimento delle capacità cognitivo-intellettive.
 
Le funzioni psico-mentali necessitano un particolare riferimento perché la loro complessità aveva portato ad alcune considerazioni che oggi sono state corrette. Le persone anziane non perdono le capacità intellettive, ma, prima di tutto, quelle legate all'attenzione ed alla memoria procedurale.  Da un punto di vista psichico, poi, l'anziano presenta una modificazione del carattere che, in una parola, si dimostra maggiormente incline all'isolamento, al ripiegamento su di sé, ad atteggiamenti egoistici, personalistici ed anche ipervalorativi ed interpretativi, proprio come reazione alle perdita ed alle difficoltà sociali che il soggetto deve affrontare.
 
Essere nel mondo o fuori di esso dipende da come l'anziano può viversi in relazione anche con il suo passato, oltre che con il suo presente. Le perdite sociali che sono in diretto rapporto con il ruolo svolto nel presente possono essere riassunte come difficoltà a: - produrre beni, per cui all'anziano resta solo la possibilità di usare e di donare quelle disponibilità o ricchezze che ha accumulate durante gli anni dedicati all'attività professionale;
- aiutare culturalmente i più giovani perché è troppo ampio il divario; gli manca l'aggiornamento sugli sviluppi tecnologici che subiscono rapidi e profondi cambiamenti e l'ampia diffusione delle informazioni scientifiche rende inutile l'apporto del cosiddetti "riferimenti tradizionali"; - adeguarsi alle esigenze personali e di gruppo, caratteristiche dei giovani e che portano ad un sempre più profondo distacco generazionale; - staccarsi dalla situazione personale che comunque impone continue ed imperiose necessità di applicazione; - occuparsi delle proprie necessità legate ad un preciso controllo medicosanitario ed anche ad una richiesta di prevenzione e di mantenimento funzionale attraverso pratiche psicomotorie e ludico-ricreative.
 
Queste considerazioni devono tenere in conto anche delle diverse situazioni personali relative al ruolo sociale e lavorativo ed alla forma di vita che l'anziano ha condotto nel suo passato perché queste fanno cambiare l'ottica e le aspettative con le quali l'anziano deve misurarsi nella quotidianità.
 
 
La rappresentazione del mondo e della realtà nella persona anziana è dominata da un senso di sé caratterizzato da: - incomprensibilità del mondo esterno; - inadeguatezza fisica e psichica di fronte alla velocità, alle richieste di adattamento, alla complessità, alla destrutturazione del processo di causa-effetto sostituito dalla casualità; - estraneità; - incapacità a recuperare rapidamente di fronte ad uno stress fisico e/o psichico; - debolezza mnesica: non ricorda più in forma automatica quanto ha fatto qualche momento prima (ne deriva sempre una difficoltà a ritrovare gli oggetti appena appoggiati in qualche posto); - impossibilità a mantenere nel proprio discorso quanto detto in altre occasioni (si trova a dover "inventare" sempre discorsi nuovi); - fare fatica a trovare le parole, soprattutto i nomi propri o i numeri, oppure "… correre dietro alle idee che stanno per andarsene": questi oblii non fanno parte dell'ordine patologico proprio perché sono sottoposti alla critica di un giudizio pertinente. La concezione dinamica riferisce questi "oblii benigni" all'affievolirsi delle tracce mnestiche; mentre la credenza popolare li riporta ad una mancanza di attenzione, supponendo che la ritenzione presupponga un lavoro psichico. In realtà questo "lavoro psichico" subisce una riduzione quando: a- il ripiegamento narcisistico porta al disinvestimento del "di fuori" o degli oggetti; b- l'indebolimento pulsionale conduce al disinvestimento dell'interno; dimostrando che è impossibile conservare tracce mnesiche senza averle prima investite.
 
 
 
 
Il discorso e la relazione.
 
L'esperienza del "proprio discorso" nasce come "realtà interessante" all'interno di una relazione e, conseguentemente, come oggetto (o pensiero), costituisce la materia psichica che permette un'articolazione identificatoria con il sé e con l'altro. In questo modo il proprio discorso • riempie di significato il Sé • àncora all'Altro qualcosa del Sé (una parte del soggetto) che può essere così conservato, permanendo anche dopo la morte (in questa eternizzazione, la morte non fa più paura).
 
Il poter fare un discorso equivale a "chiarire il proprio punto di vista" che è farsi capire e farsi accettare. Questo ha il significato affettivo di "acquisire valore" e, con questo, il soggetto può perpetuarsi come simbolo, come "parola", al di là della propria morte. Solamente con il proprio discorso, l'anziano riacquista il senso di permanenza e di validità, può ricompattare il senso di sé, l'autostima, l'autovalorizzazione, il senso di restare immutato nel tempo e … l'autosoddisfazione.  Nella vecchiaia, la perdita relativa della memoria e le difficoltà del linguaggio, anche se determinate e/o favorite dalla riduzione dell'attenzione, inducono una disarticolazione psichica con il proprio discorso. L'anziano: - rilegge quanto aveva scritto anni prima e nota una certa difficoltà per capire pienamente i nessi logico-deduttivi impliciti in quelle produzioni; - scopre come il suo discorso, anche a distanza di pochi giorni non solo non sia ricordato pienamente, ma risulti addirittura quasi sconosciuto; - riprende un articolo o un libro studiati qualche tempo prima (anche solo mesi) e constata come il tema risulti del tutto nuovo, anche se le pagine sono state sottolineate o arricchite da commenti; - ascolta una conferenza e considera che, pur cercando di prestare attenzione, non è più in grado di ricordare i dettagli ed anche di verbalizzare un sunto; - scopre continuamente una verità nuova perché quella espressa poco  prima è stata dimenticata e sostituita da un altro punto di vista; - riconosce in sé un potere di creare che contrasta con la perdita della memoria recente. Infatti per i vecchi lo scrivere serve a fissare, in qualche modo, un momento conoscitivo che viene continuamente creato e cambiato.
 
Queste considerazioni giustificano e spiegano il modo particolare con cui gli anziani si approcciano alla quotidianità. Risultano segni caratteristici: - le improvvisi e, a volte, ingiustificate crisi di rabbia: è sufficiente non trovare subito un oggetto e già c'è l'esplosione, il grido, l'imprecazione; - le risposte violente, esacerbate, irriverenti di fronte a piccole controversie, contraddizioni o a mancate aspettative; - le opposizioni verso i giovani e le loro idee o verso chiunque dimostri capacità per emergere;
- il rifiuto alle nuove norme o modalità di vita che vengono considerate "perdita di valori"; - la tendenza a non potersi fidare; - la spinta eccessiva all'isolamento.
 
Queste espressioni si accentuano quando cominciano a presentarsi i primi acciacchi (intorno ai settant'anni) che fanno aumentare il senso di inadeguatezza e, quindi, portano alla tendenza a chiudersi in casa, a non partecipare alla vita sociale, alla rinuncia, per esempio, a recarsi al bar (circolino) o al "centro sociale anziani" dove trova normalmente i coetanei ed un motivo di svago.
 Percezione del mondo e della realtà
 
La percezione della realtà esterna, da parte della persona anziana, prescindendo dalle capacità cognitive ed intellettive, risulta condizionata da vari fattori che possono essere positivi o negativi, a seconda del variare del rapporto tra cosa si era "prima" e cosa si è "ora". • Una funzione che si affievolisce risulta una realtà molto disturbante per chi, in passato, ne ha fatto un uso particolare o, addirittura, privilegiato. Ci riferiamo, per esempio, a chi ha sempre usato la propria memoria per il lavoro, che, quando scopre un piccolo affievolimento, si sente frustrato ed angosciato, mentre ha poco valore per chi ha svolto, invece, una attività prettamente produttiva. • La perdita della funzionalità motoria è sempre molto traumatica e la svalorizzazione dell'immagine corporale porta ad una ricerca sfrenata di metodi conservativi.
 
Il mondo esterno viene vissuto, in linea generale, come: • troppo complesso ed incomprensibile per i continui e repentini cambiamenti: politici, sociali, economici, tecnologici e strutturali; • frustrante perché mette a disposizione una quantità enorme di "novità", di facilitazioni, di opportunità che non possono essere utilizzate perché risultano capire. Se guardiamo un anziano in un negozio di apparecchiature radio o video- riproduttive, leggiamo sul suo viso lo sconforto, lo sgomento e, infine, la rinuncia … a capire, a comprendere, a sforzarsi. Se affrontiamo temi tecnico-scientifici con un anziano scopriamo subito che ha rinunciato da tempo a mantenersi informato, pur essendo un professionista. Forse è proprio l'area scientifico-tecnologica quella che mette maggiormente in crisi l'anziano, ma anche le altre non sono meno … frustranti! Le scienze umane, infatti, risultano troppo complesse per una intelligenza anziana, proprio perché ormai ognuno deve fare i conti con un accesso alla cultura troppo facile, ma immensamente vasto. L'avvento della telematica ha polverizzato le possibilità degli anziani ad inserirsi attivamente nei vari psico-gruppi che si scambiano opinioni ad una velocità fantastica; nella immensa possibilità dei chad, ma anche nella rete intricata ed ogni giorni più vasta che è supportata da motori di ricerca sempre più potenti e più "agguerriti".
Mantenere un proprio sito web risulta oggi, per un anziano, una vera e propria impresa e quando si arricchisce di effetti speciali, di tags, di links, di comunicazioni in tempo reale, veramente anche una persona in piena efficienza psico-mentale comincia a dar segni di inadeguatezza.
 
Le comunicazioni e la possibilità di mettersi in contatto con il mondo sono forse gli aspetti che producono le maggiori difficoltà. La necessità di dover esprimere velocemente il proprio punto di vista (che poi deve cambiare costantemente) e di concentrarsi in argomenti sempre variabili ed imprevisti, pone la persona anziana in contrapposizione con le proprie "qualità attuali", più lente, più imprecise, più povere di memoria. L'abitudine caratteristica di chiudersi su di sé contrasta con le modalità richieste per sopravvivere; nel mondo moderno è fondamentale che è quella di aprirsi, farsi cittadino del mondo, rinunciare alla "verità" per assumere tutte le verità possibili.
 
Negli ultimissimi tempi, partecipando ad un vorticoso scambio di opinioni tra psicologi sul tema del "leggere", è risultato che sarebbe meglio leggere senza aver mai letto prima; oppure che nella pratica terapeutica dobbiamo abituarci a leggere senza Freud, senza Lacan. Sembrerebbe, a prima vista, un sacrilegio, un deicidio, ma … quanta verità! Ormai siamo posti in un vortice che non salva nulla e nessuno, dobbiamo abituarci a vivere alla giornata e scoprire, ogni giorno, un nuovo senso della vita, dell'esistere, dell'essere e … della morte!
 Debolezza psichica
 
Questa situazione pone l'anziano di fronte ad una realtà che mai ha dovuto affrontare perché aveva potuto mascherare la perdita naturale, fisiologica, ed anzi sovvertire il senso della natura.
 
Oggi il vecchio si trova a dover convivere con la prepotente realtà che le sue funzioni cognitivo-intellettive risultano inadeguate. Queste difficoltà le abbiamo inglobate in una definizione: debolezza psichica, che ha molte e svariate sfaccettature, espressioni, qualità, variazioni e dinamiche. Il sesso, la famiglia, la società, l'economia, la politica, la scienza sono gli ambiti entro i quali l'uomo deve mettersi alla prova, deve trovare una propria dimensione; purtroppo, in ognuno di essi, siamo costretti a dover dimostrare quotidianamente quanto valiamo: siamo e ci sentiamo sempre … esaminati; le certezze guadagnate sul campo, in altre precedenti prove, non contano nulla perché siamo sempre sotto giudizio.
 
L'uomo ha voluto sostituire e cambiare la natura, mettere la propria intelligenza al centro del mondo (forse proprio perché l'intelligenza non aveva nessuna altra possibilità di scelta), produrre il "deicidio" ed oggi si trova di fronte alle conseguenze. Il sempre "più nuovo" e il sempre "più giovane" scalza l'anziano, ridà il potere ad Edipo che è l'erede naturale. La "castrazione" è diventata la norma, dobbiamo accettarla e conviverci, adattarci ad essa, senza titubanze, senza rancori, senza paranoiche idee di rivincita.
La castrazione è quello che abbiamo chiamati debolezza psichica, che non è però prerogativa dell'anziano: tutti sono soggetti a questa nuova legge, anche i giovani che, di fronte alle enormi difficoltà di adattarsi al mondo, destrutturano il proprio mondo interno e stanno pagando un prezzo enorme con l'aumento dei suicidi, le morti premature e tragiche, la droga, l' AIDS, eccetera. Debolezza mentale significa perdita di identità, affievolimento della coscienza di sé, dell'autovalorizzazione e dell'autosoddisfazione. L'aumento della spiritualità che oggi  registriamo in tutto il mondo e tanto viene enfatizzato, sebbene debba essere visto come positivo ed arricchente, potrebbe anche significare una fuga dalla realtà o, comunque, una necessità a ricostruire quel Dio che dà certezze e che era stato scalzato dal prevalere di un senso più "umano" della divinità. Sarebbe come rinunciare alla "fatidica mela", rompere il "vitello d'oro", ripristinare la legge dei padri …. ma la natura lo permetterà? Vediamo, per esempio, il dilagare della pornografia che non è altro che riproporre il confronto nell'ambito della realtà-corpo che risulta escludente perché inesorabilmente non servono sotterfugi o macchiavellici restauri. Intendiamoci, non è soltanto il corpo a mettere in crisi il vecchio; anche una moltitudine di due milioni di persone riunite a Roma per il "Giubileo dei Giovani" ci fa pensare che ormai il tempo è passato e non potrà tornare mai più.
 
Se nella sua scelta di vita, l'uomo, il vecchio, il senex, il vecchi saggio ha scelto la legge del tutto o nulla, ecco che ogni cosa viene portata alle estreme conseguenze.
 Siamo preparati ?
 
La domanda è una specie di sfida che la razionalità o il vecchio, che non può accettare il sovvertimento dei valori e delle regole, pongono insieme alla rivalutazione della spiritualità della lex, delle regole che vengono lanciate per … salvarli. La natura però come ha dotato l'uomo di intelligenza e gli ha fornito anche di mezzi per difendersi dai cambiamenti che questa induce. Recentemente abbiamo dibattuto sul significato del sonno REM e la conclusione è stata quella che probabilmente è proprio il sognare, il "sogno vero" la funzione mentale capace di far superare all'uomo: - la perdita di un senso di sé rigido ed immutabile in favore di un Sé in continuo cambiamento ed anche un Sé-multiplo; - l'essere uscito dai parametri dello spazio e del tempo che, sino a poco tempo addietro, erano considerati i pilastri della coscienza; - l'aver perso certezza, modelli e riferimenti stabili, l'agiatezza anche se ha raggiunto il "culmine della vetta".
 
Forse però non basta: l'uomo deve scoprire altre possibilità, deve aprirsi gli occhi e costruirsi come "essere veramente olistico". Combattere la guerra, aver superato la paura e il baratro della guerra nucleare, aver abbattuto muri di incongrue segregazioni, sono i prolegomeni per una ricerca veramente valida: l'uomo sta cercando l'uomo! Paradigmaticamente il vecchio deve cercare il giovane: Laio non deve più scacciare Edipo.
In questa ricerca, nell'accettazione nuova, coerente e razionale di rispettare la natura c'è la possibilità di superare veramente il senso della morte nella partecipazione, nella comunione ed anche nella reciprocità e nell'alternanza. Il paradigma della vita si struttura nella dimensione dell'affetto, nel mondo e nelle dinamiche insite nei "valori". I nostri recenti lavori sui meccanismi di sviluppo psico-mentale ci hanno portato a scoprire come: • gli affetti circolano meglio dei concetti; • per raggiungere un buon funzionamento mentale bisogna avere buone relazioni e una socializzazione adeguata; • solo "amando l'Altro" si può raggiungere un valido sviluppo psico-mentale; • quando la corteccia prefrontale, che permette la strutturazione dell'affettività, raggiunge la maturazione (18-24 esimo mese) comincia un processo di memorizzazione , di costruzione della coscienza di sé ed anche uno sviluppo cognitivo.
 
Alla domanda siamo preparati? Rispondiamo che l'uomo ha in sé tutti i mezzi necessari per costruire un "luogo", un mondo, un ambiente "psichicamente ecologico" e di costruire un universo vivibile: deve solo non lasciarsi prevaricare dall'egocentrismo della ragione ed assumere, accettare il canto che si è alzato durante la festa del "Giubileo dei Giovani" che parla di amicizia, di uguaglianza, di compartecipazione, di unione, di superamento di tutte le differenze razziali, culturali, ambientali, sociali, economiche, politiche e … di età.
 
Il valore dell'amore si centra nel superamento del concetto catastrofico della morte. L'uomo nel suo affanno di mettersi al centro del mondo, di voler essere sempre giovane, di considerarsi non solo invincibile, ma anche, in qualche modo, eterno ha creato la convinzione negativa che ogni perdita rappresenta una catastrofe, non un normale trascorrere del tempo. Il paradosso di questa posizione, un po' schizo-paranoide, è che l'uomo ha: - allungato la propria vita dilatando la vecchiaia; - creato una situazione esistenziale lunga, ma penosa per cui oggi si può dire che è più difficile vivere che morire; anzi, al termine della vita si invoca la morte come liberazione, per mettere fine alle sofferenze (anche legate ad un veemente impulso a curare, a far sopravvivere); - strutturato una pratica di vita per la quale ogni perdita è una "catastrofe", immettendo la morte anche nella vita.
 
L'accettazione e la creazione di un modello di vita fondato sulla relazione, sulla comunione, sulla condivisione costituiscono l'unica via per uscire dal … "tunnel".
 Debolezza mentale e psicopatologia
 
Oggi, la demenza, soprattutto la demenza presenile o tipo Alzheimer, rappresenta una problematica medico-assistenziale che suscita sgomento ed anche profonde preoccupazioni sociali, politiche ed economiche. Lo studio di questa "malattia" (che ormai può considerarsi malattia sociale a carattere epidemico) ha potuto evidenziare che il preludio all'infermità è un fatto critico che succede circa un anno prima dei primi segni di perdita della memoria.
Questa esperienza critica non è un semplice lutto o accadimento doloroso (che provoca una reazione depressiva), bensì un fatto che colpisce profondamente la psiche e ne determina la destrutturazione. Le storie raccolte parlano di: - furti subiti; - attacco alla propria integrità etico-morale; - senso di perdita di una sicurezza sociale; - perdita di un ruolo o di una immagine di sé strenuamente difesa; - scippi; - pensionamento conflittivo. Tutti questi fatti colpiscono persone chi ha una personalità debole o dipendente, ma anche e soprattutto a chi le difficoltà socio-relazionali hanno portato ad una debolezza psichica particolarmente importante. L'aumento ed il diffondersi della debolezza psichica nella popolazione anziana porta anche ad un crescere quasi esponenziale del flagello della demenza e dell'Alzheimer in particolare. Si stanno studiando particolari e specifici tratti di personalità che possono facilitare la comparsa della demenza, ma, nel frattempo, una terapia denominata E.I.T. (terapia di integrazione emotivo-affettiva) ha portato a capire meglio i meccanismi psico-mentali che sottendono alla malattia e, soprattutto, ha dimostrato l'importanza di una buona relazione per indurre miglioramenti e/o uno stabilizzarsi dei sintomi ed un freno al progressivo aggravarsi della malattia.
 
 
 
CONCLUSIONI
 
Nell'analisi delle interazioni tra individuo e società, quando introduciamo il terzo polo della vecchiaia, si dà un giusto significato a quanto dice Putnam "… è una pura e vana illusione che la verità non abbia nulla a che vedere con i processi mentali". Anche Lacan sottolinea come " …la coscienza di sé non può, senza contraddizione, essere supposta come non essenziale". Nell'affrontare il tema della "rappresentazione della realtà sociale nell'anziano", bisogna, quindi, prendere in considerazione: a- la realtà sociale che si è sempre più complicata tanto da risultare oggi, per tutti, un puzzle estremamente complesso e difficile da decifrare; b- il vecchio deve affrontare una situazione bio-psicologica problematica proprio per le perdite funzionali che vanno accrescendosi con il passare del tempo; c- una "debolezza psichica" che diventa caratteristica per il funzionamento mentale dell'anziano stretto nella morsa della necessità di adattamento a una realtà sociale che genera sensi di inadeguatezza; d- fattori critici che in uno stato di insufficienza possono generare una risposta adattiva di tipo demenziale (Alzheimer).
 
La questione del ruolo degli anziani nella società di oggi è importante ed ingloba il senso di sé, il valore del proprio discorso, la rappresentatività, le diverse condizioni che regolano ed hanno cambiato il rapporto tra giovani, adulti e vecchi, spostando il "peso" rappresentazionale dagli anziani ai più giovani.
Con il passare degli anni, i vecchi hanno cercato di qualificare il loro stare nel mondo, raggiungendo anche un significativo potere ed un reale dominio. Con il passare del tempo, i continui cambiamenti scientifico-produttivi e cognitivoculturali hanno portato ad un sovvertimento dei valori al quale gli anziani non hanno potuto o saputo rispondere al punto che oggi si trovano quasi emarginati. Dalla loro posizione ormai decentrata il mondo viene percepito come incomprensibile, inaccessibile, indifferente ed anche persecutorio, senza possibilità di recuperare spazi perduti. È dunque inevitabile la frattura tra vecchi e società, tra verità esterna e verità interna e, quindi, la perdita di intenzionalità, di volontà, di autocoscienza e di autosoddisfazione diventa quasi una caratteristica personologica.
 
L'affievolirsi della coscienza di sé si riferisce a difficoltà di mantenere attive forze integrative dell' IO così che risultano deficitari anche i processi adattivi determinando comportamenti che rivelano un ripiegamento su di sé, isolamento sociale, perdita di autovalorizzazione e di autosoddisfazione. Sono poi queste modificazioni strutturali del funzionamento mentale che rendono impossibile far collimare la verità della realtà e la verità della rappresentazione. Con questa analisi si dà valore a quanto dice Alfredo O. Lopez Alonso "… il centro del dibattito gira intorno al riferimento, al linguaggio ed al significato in rapporto con la realtà e la verità", costringendo, quindi, i termini del dibattito nell'ambito del senso e del significato della rappresentazione mentale. In altri termini, seguendo Lacan, l'anziano mette in evidenza, nelle sue difficoltà di funzionamento mentale, l'incapacità di mantenere una stretta analogia tra rappresentazione di cosa e rappresentazione di parole, proprio perché si altera quel processo strutturante che è la funzione dello specchio. È interessante riportare l'osservazione fatta sui pazienti Alzheimer che non riconoscono la propria immagine, ma perdona anche il "senso dell'invecchiare" che porta a considerare come la perdita della coscienza di sé conduce all'impossibilità di creare immaginario e, quindi, non piò più essere mantenuto un valido legame tra realtà interna e realtà esterna.
 
Di fronte a queste considerazioni ci chiediamo come potrebbe diventare possibile saldare le fratture tra realtà e mentalizzazione e ci viene in aiuto l'esperienza terapeutica. Buone relazioni interpersonali possono creare un "luogo" dove il vecchio e l'Altro possono costruire ponti sui quali trovare insieme significati e pensieri che riflettono la strutturazione di una realtà comune che può essere vissuta nelle dinamiche dell'arricchimento, senza che ogni cambiamento voglia inesorabilmente significare scontri, interferenze ed emarginazioni.
 
Per altro lato, questo è l'unico cammino percorribile perché l'aumento relativo degli anziani nella società d'oggi non può fungere da fattore dirompente e non si può neppure pensare di allungare il tempo produttivo (la natura non è cambiata ed un uomo che ha passato i 60-65 anni presenta deficit fisiologici sia biofunzionali che psico-funzionali). È necessaria una integrazione globale, una vera "rivoluzione affettiva" (fondata sui valori), capace di ricreare immaginario che è anche immaginazione, cioè capacità
di creare nuove rappresentazioni del mondo legate al desiderio ed alla volontà di strutturare un … universo veramente vivibile.
 
Il tema "vecchiaia e potere" meriterebbe uno studio approfondito, ma basti qui ricordare come il potere di costruire la realtà presupponga un punto di partenza configurato da una struttura cognitivo-mentale che è racchiusa nel senso di sé, nell'autocoscienza e nell'autovalorizzazione. Anche chi vuole cambiare l'assetto di un determinato schema di potere, deve contare su uno schema mentale proprio (teoria) che, per altro, non è mai scevro da interessi sociali ed anche di interessi personali consci o inconsci. Questi pre-requisiti, che Anton Alvarez Sousa ha chiamato "posiciòn social previa", sono la base per configurare una teoria che con il tempo si tenterà di portare alla pratica.
 
Nella società moderna possiamo dividere la popolazione anziana in due parti: a- chi detiene il potere - che rappresentano un gruppo relativamente piccolo di persone impegnate in politica, in economia, nella direzione aziendale, nella guida di strutture religiose. Queste persone hanno il privilegio di poter mantenere il potere ben oltre l'età del pensionamento; b- la massa dei cosiddetti anziani - che ingloba la stragrande maggioranza dei pensionati (a partire dai 60-65 anni), tra i quali entrano anche i pre-pensionati (anche di 50-55 anni). Questi non hanno nessuna possibilità di detenere il potere e si crucciano dicendo "… ma cos'hanno loro che non abbiamo noi".
 
Questa particolare caratteristica della società deriva da modelli culturali veramente ancestrali, basati sulla struttura del potere familiare e tribale. Oggi, che anche la famiglia ha perso la sua struttura tradizionale, vediamo che l'elemento giovane preme in tutti i settori per assumere il potere, utilizzando: - continui cambiamenti referenziali in ogni espressione della vita sociale; - pressioni culturali e modalità di vita difficilmente utilizzabili dai vecchi; - anticonformismo e spregiudicatezza nelle relazioni, nelle contrattazioni e nelle alleanze; - utilizzo calcolato della massa ormai sensibilizzata da scelte di piacere, ludiche e superficiali, più che da concettualizzazioni più o meno etiche o morali.
 
In questo modo la società ha imparato a produrre cambiamenti sempre più rapidi, anche radicali, irrispettosi dei modelli e dei riferimenti che, per altro, hanno dimostrato di non poter reggere alla spinta di società nuove. Oggi, la globalizzazione, l'entrata in azione di nuove tecnologie (si dice: chissà dove arriveremo?), l'inesorabilità di una crescita sempre più veloce, la pauperizzazione e la svalorizzazione dei vecchi riferimenti valorativi, i profondi cambiamenti di geopolitiche e della struttura economica mondiale, hanno portato a costruire un mondo sociale completamente diverso e leggibile solo in parte e con difficoltà. L'uomo comune ha perso totalmente il controllo delle scelte che vengono preparate e decise in oscuri "antri", chissà dove e, in questa continua incertezza, i vecchi contano sempre meno, sono sempre più emarginati, devono fare i conti con un senso di valere veramente pauperizzato.

 È questa la rivincita che si prende la Natura? Come detto all'inizio, Laio e Giocasta non si sono assunti la colpa; neppure la società si assume la "colpa" della situazione tragica degli anziani, ma forse  proprio questa porzione sempre più numerosa di popolazione, deve studiare, cercare e produrre un cambiamento capace di equilibrare le forze, trasformare il potere cieco in collaborazione, ricostruirsi un ruolo e tornare ad essere punto di riferimento e modello di vita; per altro … tutti noi diventeremo vecchi!
 
 
 
 
Bibliografia
 
• Alfredo O. López Alonso, 1998. "Los sistemas de representación de la cognición humana" in "Documenta laboris" Universidad Argentina John F. Kennedy N°1, 13-34.              • Anton Alvarez Sousa, 1995. "La construcción social de la sociedad anciana en la Unión Europea" in "Revista Mundial de Sociologia" N°1, 163-209. • Hilary Putnam, 1997, "La Herencia del Pragmatismo", Barcelona, Paidos Studio.
 
 
Sommario
 
Nell'analisi delle interazioni tra individuo e società, assume caratteri specifici tutto ciò che si riferisce alla popolazione anziana che, sempre più numerosa, è andata perdendo il proprio ruolo e rischia di trovarsi emarginata. In questa dinamica, i vecchi si trovano a dovere affrontare le naturali deficienze fisiche e psichiche legate al trascorrere del tempo, in un "ambiente" sempre più difficile, complesso ed anche incomprensibile. Ne deriva una "debolezza psichica" che, in particolari condizioni di stress, porta ad una disarticolazione delle funzioni dell'IO e della coscienza, producendo quadri psicopatologici riferibili alla demenza di tipo Alzheimer. Per prevenire questa situazione e modificare la realtà socio-culturale, i vecchi devono ridimensionare le modalità relazionali nell'ambito di una "rivoluzione affettiva" basata su principi che rispettino maggiormente i "valori". Solo così potranno recuperare autostima, autovalorizzazione, autosoddisfazione ed una accettabile qualità di vita.
 
 
Parole chiave
 
Edipo, figlicidio, vecchiaia, deficit psico-fisici, auto-coscenza, debolezza psichica, autovalorizzazione, autosoddisfazione, rivoluzione affettiva.   
 Sumario
 
En el análisis de las interacciones entre individuo y sociedad, asume caracteres específicos todo lo que se refiere a la población anciana que, a pesar de ser siempre mas numerosa, pierde paulatinamente su rol y se encuentra  en peligro de emarginaciòn.
En esta dinámica, las personas de edad tienen que enfrentar las naturales deficiencias físicas y psíquicas relaciondas al pasar del tiempo, en un contextocada vez mas difícil, complicado e incomprensible. La consecuencia de esta situaciòn es una debilidad psíquica que, dentro de condiciones de stress especiales, provoca una desarticulación de la funciones del YO y de la conciencia, produciendo cuadros psicopatològicos referenciables a la demencia de Alzheimer. Para prevenir esta situación y modificar la realidad socio-cultural, los ancianos deben redimensionar las modalidades relacionales  dentro de una revolución afectiva, centrada en principios que respeten mayormente los valores. Sòlo en esta forma podrán recuperar autoestima, autovalorizaciòn, autosatisfacciòn y una calidad de vida aceptable.
 
Palabras claves Edipo, filicidio, vejez, deficiencias psico-fìsicas, auto-conciencia, debilidad psíquica, autovalorización, autosatisfacción, revolución afectiva.
 
 
 
Curriculum vitae
 
ROMEO LUCIONI Nato a Tradate, Varese, Italia il 9-2-1937, si è laureato in medicina e chirurgia e specializzato in psichiatria presso l'Università degli Studi di Milano. Il suo impegno di ricerca scientifico-psicologica si é mosso nelle aree del sonno, dell'epilessia sperimentale, della psicodinamica, della psicoanalisi e dello psicodramma. Tornato in Italia dopo venti anni vissuti in Argentina, ha focalizzato i suoi lavori sulle problematiche socio-assistenziali degli anziani e dell'handicap, interessandosi, specialmente, della terapia dell'autismo e della demenza (Alzheimer).  Questi studi gli hanno permesso di strutturare una metodica denominata E.I.T. - Terapia di Integrazione Emotivo-affettiva - fondata sui principi della psicodinamica e della psicoanalisi. Attualmente è: • Professore a contratto dell'Università di Messina, Istituto di Educazione Speciale • Presidente della A.I.D.I.R.E. (Associazione Italiana di Ippoterapia e Riabilitazione Equestre) • Presidente della A.I.P.R.E.C. (Associazione Italiana di Prevenzione, Riabilitazione e Cura) • Presidente dell' "Istituto Superiore di Scienze Umane Applicate" di Varese.
 
Tel. 333-6362630  E-mail: lerre@tread.it URL:    www.slowmind.net 
 
6077  Forum Pubblico / MONDO DEL LAVORO, CAPITALISMO, SOCIALISMO, LIBERISMO. / Francesco Spini “La prossima crisi? Arriverà dalle banche italiane” inserito:: Novembre 20, 2016, 12:05:08 pm
“La prossima crisi? Arriverà dalle banche italiane”
L’ispiratore de “La grande scommessa”, il finanziere di Wall Street Steve Eisman vede nero sull’Europa. E punta il dito sui crediti deteriorati in pancia ai nostri istituti. “Se fossero valutati correttamente il loro capitale sarebbe spazzato via”

Pubblicato il 19/11/2016
Ultima modifica il 19/11/2016 alle ore 20:03

Francesco Spini
MILANO

Era tra i pochi, nel 2007, ad aver previsto tutto. Steve Eisman aveva intuito che i mutui «subprime» - i prestiti concessi con scarse garanzie e poi «impacchettati» in rischiosi prodotti finanziari - avrebbero incrinato l’economia americana e quindi affossato Wall Street. Così non solo era rimasto al riparo dagli effetti nefasti della grande crisi, ma aveva scommesso contro le banche che si erano riempite di tali nefandezze che le agenzie di rating, comunque, classificavano come sicurissime: tripla A, il massimo della valutazione.

Guadagnò una fortuna al punto che la sua storia fu ispirazione per un libro e un successivo film premio Oscar dal titolo «La grande scommessa», traduzione italiana per «The big short», il grande scoperto, letteralmente. Ora ci risiamo. In un articolo apparso su «The Guardian», Eisman torna alla carica. Ma questa volta nel mirino mette il Vecchio Continente.

«L’Europa è fregata. Voi siete ancora fregati», avverte il finanziere. E la colpa, spiega, è delle banche italiane che sono imbottite non già di «Cdo», come le americane ai tempi della grande crisi, ma di crediti deteriorati, i cosiddetti Npl («Non performing loans»), frutto di finanziamenti concessi dalle banche a famiglie e imprese finite male. Il punto, secondo il gestore di Wall Street, è che le banche non li hanno svalutati del tutto ma oggi li tengono in bilancio con un valore che si aggira tra il 45 e il 50% del valore all’origine.

Peccato, nota Eisman, che nessuno li valuti tanto, ma si arriva al 20% quando ci sono le offerte di acquisto da parte di società specializzate nella gestione di tali strumenti: in pratica è quanto contano di recuperare. Quindi, prosegue il ragionamento della volpe di Wall Street, se le banche dovessero riconoscere il vero valore ai crediti deteriorati che hanno in pancia, il loro capitale sarebbe spazzato via e gli istituti si ritroverebbero «insolventi» nel giro di un niente. Di qui la nuova scommessa di Eisman. La speranza è che, questa volta, a vincere non sia ancora lui.

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Da - http://www.lastampa.it/2016/11/19/economia/la-prossima-crisi-arriver-dalle-banche-italiane-bmLCbL3iu5SW6hS1bzZUMK/pagina.html
6078  Forum Pubblico / AUTORI. Altre firme. / ILVO DIAMANTI - Referendum, il No avanza. Il Sì è indietro di 7 punti inserito:: Novembre 20, 2016, 12:02:40 pm
Referendum, il No avanza. Il Sì è indietro di 7 punti
Nell'ultimo mese i contrari cresciuti del 3%. Un italiano su quattro, però, è ancora indeciso. Un esame elettorale, Renzi forte solo al Nord

Di ILVO DIAMANTI
18 novembre 2016

A due settimane dal referendum costituzionale gli orientamenti di voto sembrano definiti. Infatti, nell'ultimo periodo, il No ha allargato il proprio vantaggio. Secondo il sondaggio condotto nei giorni scorsi da Demos per Repubblica, ha raggiunto il 41%, mentre il Sì è sceso al 34%. La distanza è, dunque, di 7 punti, mentre il mese scorso era di 4. E in settembre di 8, ma a favore del Sì. In due soli mesi, dunque, le posizioni si sono decisamente invertite. E il No ha recuperato ben 15 punti.

Ovviamente, occorre usare prudenza prima di considerare conclusa la partita. Meglio tener conto della "lezione americana", impartita in occasione delle elezioni presidenziali. D'altronde, gli elettori incerti e reticenti, in questa occasione, sono ancora il 25%. Uno su quattro. La decisione ritardata (o non dichiarata) e l'in-decisione potrebbero determinare variazioni profonde, nell'esito del voto. Fino a rovesciare le previsioni. Com'è avvenuto proprio la settimana scorsa negli Usa. Dove il successo di Trump è apparso imprevisto.

Anche se non era del tutto imprevedibile, visto che le distanze emerse dei sondaggi non erano così lontane dal margine di errore statistico. Nel caso del referendum, si aggiunge la complessità del quesito, che quasi il 45% degli italiani (intervistati) ammette di conoscere "poco o per niente". La geografia degli orientamenti, anche per questo, appare composita. Il "fronte del Sì", in particolare, è più esteso nel Nord, ma si restringe nelle regioni del Centro e del Sud. Mentre il No prevale fra i più giovani e nelle componenti sociali più istruite. Tuttavia, sul voto referendario, più delle motivazioni sociali ed economiche, pesano quelle politiche. Solo fra gli elettori del Pd, infatti, il Sì risulta (nettamente) maggioritario (75%). Mentre negli altri partiti (con la parziale eccezione dell'Ncd) prevale la posizione opposta. In modo più o meno largo.

Nella Lega e nel M5S, in particolare, il No è espresso dai 3 quarti degli elettori. Tra i Fratelli d'Italia: dal 60% - circa. I dati dell'Atlante Politico di Demos, però, evocano, soprattutto, l'idea di un voto marcatamente personalizzato. Da - e intorno a - Renzi. In modo coerente e conseguente alle scelte originarie del Premier. Il quale, attraverso il referendum, vorrebbe ottenere la legittimazione elettorale che ancora non ha avuto. D'altronde, oltre il 60% del campione nazionale (intervistato da Demos) considera il prossimo voto proprio così. Un referendum "a favore o contro Renzi e il suo governo", che sta assumendo un orientamento decisamente negativo. Anche perché il giudizio popolare, al proposito, si sta deteriorando in modo rapido e profondo.

Oggi, infatti, il 40% degli elettori attribuisce un voto positivo al governo. Dunque, 4 punti in meno rispetto al mese scorso e 6 rispetto a un anno fa. Questo giudizio, però, può essere letto anche in modo inverso e speculare. Che 6 persone su 10, dunque la larga maggioranza, valuta il governo negativamente. Peraltro, la stessa tendenza si osserva in rapporto alla figura e alla leadership di Renzi. Stimata positivamente nella stessa misura del governo: 41%. E in calo, anche in questo caso, di 4 punti nell'ultimo mese. Ma di 7 nell'ultimo anno. È una conferma del legame stretto fra il governo e il premier, nella percezione dei cittadini. Che si riflette sulle intenzioni di voto al referendum. Per questo una vittoria del No implicherebbe le dimissioni da Capo (del governo), secondo la maggioranza degli elettori: il 56%. In crescita di 3 punti nell'ultimo mese. Ma sancirebbe anche la fine della sua leadership nel Pd, secondo il 51% degli intervistati. Anche per questo il Pd, nelle stime elettorali, non cresce. Perché è, ormai, un partito personale. Il PdR. E ruota intorno alle sorti del Capo. Così, staziona intorno al 30%. Affiancato dall'unico soggetto di opposizione, oggi, plausibile. Il M5S. Che "rischierebbe" di vincere, in caso di ballottaggio. Mentre la Lega e Forza Italia sembrano riprendere quota. Ma volano basso. Intorno al 13%. A lunga distanza dai due rivali: Renzi e Grillo. PdR e M5S.

È come se la politica in Italia fosse sospesa. In attesa del referendum. Da cui dipenderà non solo la sorte di Renzi e del suo governo, ma anche degli altri principali partiti. Degli altri leader. Così, purtroppo, in pochi discutono della materia del referendum. Salvo i costituzionalisti e alcuni esperti. Oltre ai leader e ai militanti (schierati a prescindere). La posta in palio è un'altra. Il destino politico di Renzi. Il futuro - prossimo della politica, in Italia. E non ci sono parole per dire quel che sarà e saremo. Fra poco più di due settimane. Dopo il 4 dicembre. Ci mancano le parole perché non sappiamo. Quel che sarà e saremo.

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18 novembre 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/11/18/news/referendum_sondaggio_distacco_no_7_punti-152239357/?ref=HREA-1
6079  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / I cretini, cattivi, dall'opposizione fanno queste domande a Padoan. inserito:: Novembre 20, 2016, 12:01:02 pm
17 novembre 2016

Salvini a Padoan: ''Quanto costa un litro di latte?'' Il ministro non risponde
Durante la trasmissione ''Porta a Porta'', in onda su Rai Uno, il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, interroga il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan sul costo di un litro di latte.
Il ministro si mostra impreparato, e si giustifica: ''Non faccio la spesa da quando faccio questo lavoro". Al suo posto risponde Maria Elena Boschi, ministra con delega alle riforme

Da - http://video.repubblica.it/economia-e-finanza/salvini-a-padoan--quanto-costa-un-litro-di-latte--il-ministro-non-risponde/259519/259823?ref=HREA-1
6080  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Intellettuali x salvare l’Europa È tempo di mobilitarsi per fermare i populisti inserito:: Novembre 20, 2016, 11:58:04 am
Appello degli intellettuali per salvare l’Europa: "È tempo di mobilitarsi per fermare i populisti"
Politici, uomini d’arte e cultura creano una piattaforma per far sentire la voce dei cittadini nella Ue e prevenire le derive nazionaliste

18 novembre 2016

I PROMOTORI DELL'APPELLO: GUILLAUME KLOSSA, SANDRO GOZI, DANIEL COHN-BENDIT, FELIPE GONZALEZ, ROBERT MENASSE, ROBERTO SAVIANO, DAVID VAN REYBROUCK, GUY VERHOFSTADT, WIM WENDERS

Come la Brexit, la vittoria di Donald Trump ancora una volta ci ha colto di sorpresa. Eravamo per lo più convinti che un approccio ragionevole al dibattito politico avrebbe prevalso su un discorso populista.
Le radici della Brexit e della vittoria di Trump sono in gran parte le stesse: aumento delle disuguaglianze, ascensore sociale bloccato, paura della perdita di identità moltiplicata per la paura dell’immigrazione di massa, abbandono della questione sociale, sistema educativo e culturale carente, diffidenza verso élite ossessionate per i propri interessi personali e verso istituzioni pubbliche percepite come costose e inefficaci.
In entrambi i casi, le conseguenze per gli europei e per il mondo sono rilevanti.

Al rischio di disgregazione dell’Unione Europea, causato dalla Brexit, si aggiunge quello di un allontanamento progressivo tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea e della fine del mondo costruito nel dopoguerra, basato sul multilateralismo e sulla leadership benevola degli Stati Uniti. Il presidente americano eletto è stato chiaro: gli europei devono occuparsi di più della propria sicurezza, politicamente e finanziariamente. Le sue parole non fanno che accelerare una dinamica in atto sin dalla caduta del Muro di Berlino, 27 anni fa.

Questi eventi non possono che galvanizzare i populisti del Vecchio continente, in vista degli appuntamenti elettorali o degli importanti referendum che si terranno nei prossimi mesi in Austria, Italia, Paesi Bassi, Francia e Germania. Ovunque, i partiti moderati sono minacciati.

È dunque urgente agire.
Se noi europei non impariamo rapidamente la lezione che viene da questi eventi, il crollo dell’Unione e la marginalizzazione dei nostri interessi e dei nostri valori in un mondo in cui presto non rappresenteremo più del 5% della popolazione (e dove nessuno Stato europeo farà più parte del G7) diventeranno sempre più probabili.

Non avremo più i mezzi per essere ascoltati, né per garantire la sicurezza, mentre si moltiplicano le minacce alle nostre frontiere. Sarà sempre più difficile difendere i nostri interessi economici e commerciali - quelli della prima potenza esportatrice mondiale - quando la tentazione protezionista troverà sempre più consenso. La nostra idea di sviluppo sostenibile del pianeta rimarrà lettera morta. Non sarà più possibile finanziare i nostri modelli sociali fondati sulla redistribuzione, né i nostri importanti servizi pubblici.

Nessuno dei nostri Stati ha gli strumenti per trovare, da solo, soluzioni a queste sfide. Ora più che mai, l’unità europea è indispensabile. L’urgenza è quella di trovare il modo di riconciliare i cittadini con il progetto europeo e di inventare l’Europa del futuro, capace di offrire speranza per tutti. L’Europa del futuro deve avere il cittadino nel cuore, e dimostrare che serve in modo efficace gli interessi di tutti i cittadini europei, e non solo delle proprie élite.

È questa convinzione che ci porta al Movimento del 9 maggio, lanciato da cittadini e personalità da ogni provenienza, da ogni settore e da ogni sensibilità del continente, per far sì che l’Europa adotti senza indugio una tabella di marcia ambiziosa, concreta e pragmatica. La sfida è ridurre concretamente le disuguaglianze, stimolare la crescita, dare una risposta forte alla questione delle migrazioni, rafforzare la sicurezza dei cittadini, ambire a un’ulteriore democratizzazione dell’Unione e rimettere istruzione e cultura, fondamento della nostra identità democratica, al centro della Ue. Tra le nostre proposte ce ne sono alcune fortemente simboliche: la creazione di un Erasmus degli studenti medi; una politica di ricerca e sviluppo (R&S) comune nel campo della difesa; un raddoppio immediato del piano Juncker per gli investimenti; la creazione di liste transnazionali per le prossime elezioni europee.

In parte siamo stati ascoltati dalle istituzioni europee, che hanno ripreso alcune delle nostre linee guida e adottato l’idea di una tabella di marcia.

Ma oggi è necessaria più ambizione, è giunto il momento di lanciare una vera politica estera e di difesa europea. È tempo che l’Unione diventi una grande potenza politica, democratica, culturale, sociale, economica e ambientale. Il vertice europeo che si terrà a Roma il 25 marzo prossimo, in occasione del 60° anniversario dei Trattati di Roma, dovrà rappresentare l’opportunità di un forte rilancio dell’Ue. Dovrà anche essere l’occasione per rafforzare la democrazia in Europa, sviluppando di metodi di democrazia deliberativa che possano permettere in modo efficace ai cittadini di contribuire alla definizione di priorità per il progetto europeo, e inventare i nuovi diritti e le nuove libertà del XXI secolo.

Senza questo nuovo slancio politico rivolto ai nostri cittadini i demoni populisti che ora ci stanno indebolendo, ci porteranno alla sconfitta. La Storia varia nelle sue forme, ma il risultato sarebbe comunque disastroso. E la possibilità che l’Ue non festeggi neppure il suo 70° anniversario è concreta.

Questa riscossa sarà possibile solo se le decine di milioni di cittadini che condividono la nostra ambizione si mobiliteranno per dare un futuro al nostro continente. È per questo che nel prossimo mese di gennaio creeremo una Piattaforma Civica Federale, ed è per questo che abbiamo lanciato in tutta Europa degli accordi civici per diffondere collettivamente la nostra voce. Dopo Parigi, lo scorso 15 ottobre, le prossime tappe saranno a Bratislava, Berlino, Roma e Bruxelles. Invitiamo tutti coloro che vogliono trasformare l’Europa a unirsi a noi.

All’appello aderiscono anche: László Andor; Lionel Baier; Mercedes Bresso; Elmar Brok; Philippe de Buck; Georges Dassis; Paul Dujardin; Cynthia Fleury; Markus

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18 novembre 2016

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2016/11/18/news/appello_degli_intellettuali_per_salvare_l_europa_e_tempo_di_mobilitarsi_per_fermare_i_populisti_-152242198/?ref=HREC1-5
6081  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / R. SAVIANO De Luca, le parole della violenza e la politica che perde il rispetto inserito:: Novembre 20, 2016, 11:56:00 am
De Luca, le parole della violenza e la politica che perde il rispetto
Per me resta impresentabile, non alle elezioni ma davanti agli italiani, per la mancanza di consapevolezza del suo ruolo

Di ROBERTO SAVIANO
19 novembre 2016

COSA significa, in terra di camorra, in quella che era conosciuta come terra di lavoro e ora invece è terra di disoccupazione, la condanna a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa a Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’economia e fedelissimo dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi? Significa sancire una sconfitta, non certo una vittoria. La sconfitta di chi in questi lunghi anni ha raccontato i rapporti tra criminalità e politica e con la sentenza ha avuto ragione. La sconfitta di chi credeva di poter immaginare un percorso diverso dove l’imprenditoria che va avanti, quella che crea ricchezza e che cresce, può essere imprenditoria legale, che vince onestamente. La sconfitta di chi nella politica — sono rimasti in pochi — vede ancora possibilità di cambiamento. Di chi ancora crede che la politica debba indicare una direzione, essere visionaria, dare l’esempio.

E nelle ore in cui si ragionava su cosa significasse quella condanna — una condanna in primo grado arrivata dopo 141 udienze e oltre 200 testimoni ascoltati — ad abbassare il livello, a svilire ulteriormente il tenore del dibattito politico in un Paese che già crede che chi fa politica sia un ladro o un buffone, arrivano le pietre (pietre e non parole) che il governatore della Campania Vincenzo De Luca lancia a Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, colpevole, secondo De Luca, di averlo inserito nella lista degli impresentabili alla Regionali del 2015 per un procedimento penale legato alla vicenda del Sea Park mai realizzato a Salerno, processo all’esito del quale De Luca è stato, lo scorso settembre, assolto.

Per me De Luca impresentabile resta, non alle elezioni ma davanti ai suoi elettori, davanti agli italiani e ai cittadini campani, per la mancanza di consapevolezza del suo ruolo e l’incapacità di comprendere che il territorio su cui come governatore agisce, dà a termini come «infame» e a espressioni come «si dovrebbe ammazzare», significati precisi, che quotidianamente trovano una declinazione pratica.
E allora mi sono chiesto se Cosentino, condannato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe mai potuto pronunciare le parole che De Luca si è fatto scappare a margine dell’intervista a “Matrix”. Me lo sono chiesto e mi sono riposto di no, perché Cosentino è nato e cresciuto in un territorio in guerra, quello dominato dal clan del casalesi; perché Cosentino sa e ha sempre saputo che dare dell’infame, esplicitare desideri di morte, hanno significati precisi.

Come lo sa chi vive in determinate realtà pur non essendo camorrista. Sono messaggi che le organizzazioni criminali mandano, ordini che comunicano. Sentenze che decretano. Da qui la consapevolezza di quanto De Luca, da governatore della Campania, sia in realtà completamente inconsapevole rispetto al suo ruolo e rispetto a cosa voglia dire essere Politica in Campania. Perché la Politica non deve solo fare, ma anche essere. Essere rispetto, essere esempio, essere visione.

Ma non voglio speculare sulle parole, perché in tutta onestà non credo che il governatore De Luca abbia mai avuto legami con la criminalità organizzata e spero di non essere mai smentito su questo, ma si è sempre presentato come un politico del fare e quindi mi sento legittimato nel domandargli dove sono le telecamere di videosorveglianza che dopo la morte di Gennaro Cesarano, avvenuta a settembre del 2015, aveva promesso come urgente priorità al Quartiere Sanità? Le telecamere sono state messe nelle zone turistiche, ma alla Sanità ha paura a camminarci chi ci vive, figuriamoci se ci vanno i turisti. È dal 6 settembre 2015 che gli abitanti della Sanità aspettano le 13 telecamere e i rilevatori di targa che ancora non ci sono e che avrebbero un effetto deterrente immediato. De Luca uomo del fare, De Luca fulmine di guerra, cosa sta aspettando?

E ancora più grave considero la vicenda che riguarda la chiusura dell’Ospedale San Gennaro di cui si sta meritoriamente occupando tra gli altri padre Alex Zanotelli. Alla Sanità un ospedale non è solo un luogo dove si va per farsi curare, ma un presidio di legalità. Il primo reparto a essere chiuso è stato il più importante di tutti, il reparto maternità. E il danno è stato enorme perché ostetrici e ginecologi sono medici particolari, entrano nelle famiglie e in quel quartiere prendevano in cura tutti, dando consigli sull’alimentazione, provando a far diminuire il consumo di sigarette, facendo prevenzione. Come è possibile non capire quali saranno le conseguenze del mancato rispetto degli accordi con il territorio? Come è possibile che anche chiudere l’ospedale San Gennaro alla Sanità avrà ripercussioni nefaste sul contrasto alla criminalità organizzata?

Ma poi mi domando quale sia la differenza tra il dare della cagna a una donna come ha fatto Trump e chiamare infame un’altra e dire «sarebbe da ammazzare». Nessuna: una violenza verbale premiata dall’elettorato che la ritiene garanzia di sincerità e quindi di onestà politica. Una violenza verbale calata in una realtà, quella che viviamo, in cui i ragazzini impugnano armi e altri si fanno saltare in aria. Quando capirà questa politica che le parole sono creazione di azioni? Che quando la politica parla male agisce male, quando parla violentemente agisce violentemente. Come dannazione non capirlo?

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19 novembre 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/11/19/news/de_luca_le_parole_della_violenza_e_la_politica_che_perde_il_rispetto-152309352/?ref=HRER1-1
6082  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / FEDERICO GEREMICCA - L’ultima caccia agli indecisi inserito:: Novembre 20, 2016, 11:54:23 am
L’ultima caccia agli indecisi

Pubblicato il 18/11/2016
Ultima modifica il 18/11/2016 alle ore 07:22
Federico Geremicca

L’ultima fotografia legalmente possibile degli umori del Paese alla vigilia del referendum immortala un elettorato ormai sfinito che marcia verso il voto del 4 dicembre con le idee, però, non ancora del tutto chiare. Secondo la rilevazione dell’Istituto Piepoli (14 novembre) l’esercito degli indecisi rappresenterebbe tutt’oggi un quarto del totale: ed è proprio questo 25% o giù di lì di cittadini incerti ad esser ormai diventato l’ultimo territorio di caccia grossa per i sostenitori del Sì, costretti ad un finale di campagna che forse non immaginavano. 

Certo, dopo la débâcle americana - che ha rinverdito altri fiaschi clamorosi: a partire dal voto europeo del 2014 - sondaggi e sondaggisti sono stati investiti da commenti ironici o apertamente sarcastici. Eppure un filo comune lega la miriade di rilevazioni effettuate dall’avvio della campagna ad oggi: partito in vantaggio (56 a 44, per Piepoli) il Sì ora si trova a dover inseguire (46 a 54). E se gli indecisi sono via via diminuiti, restano in numero ancora così alto da non far dormire sonni tranquilli ai sostenitori del No.

È per questo che la bussola di Matteo Renzi è ormai decisamente orientata in quella direzione. Ed è per questo - per la conquista del voto degli indecisi - che si sentono e si continueranno a sentire tesi, argomenti e lettura dei fatti talvolta realmente sorprendenti.

L’ultimo in ordine di tempo, è la sorta di appello rivolto in queste ore dal premier-segretario alla cosiddetta «maggioranza silenziosa». Uno scandalo, secondo alcuni; mentre altri considerano quel richiamo poco più che un approdo inevitabile, considerati i tempi e l’aria che tira in giro per il mondo. 

Alla «maggioranza silenziosa», fece appello per primo Richard Nixon, facendo di quella entità - dunque - una «cosa di destra» nel senso comune. Sepolta nel corso degli anni, è stata ora rispolverata da Trump nella sua trionfale campagna: The silent majority is back and we’re going to take our country back (la maggioranza silenziosa è tornata e stiamo per riprenderci il Paese). Renzi l’ha evocata in questi giorni per la prima volta: ed il suo riferimento non stona con una linea che, fin da prima del referendum, è stata sempre attentissima - anche attraverso semplificazioni talvolta discutibili - a cogliere umori e consensi dell’elettorato di centrodestra.

Un mix di liberalismo in economia e di populismo in politica che Eugenio Scalfari - al suo manifestarsi - definì «populismo democratico»: e oggi si coglie appieno la fondatezza di quella definizione. Il punto che resta da definire è se questo «populismo democratico» sia davvero il male minore di fronte al dilagare di populismi assai meno democratici o se il rilancio di una politica di sinistra-sinistra sia un antidoto migliore: se si guarda al voto americano e alla condizione nella quale versano - dalla Gran Bretagna alla Francia, dalla Spagna alla Grecia - i laburismi e i socialismi europei, qualche dubbio è lecito.

Anche per questo, in fondo, il referendum del 4 dicembre e l’incertezza che lo circonda può esser considerato da Renzi una sorta di prova generale delle elezioni politiche che verranno. Nello scontro col fronte del No, infatti, il premier sta come sperimentando un ampliamento dello spettro delle risposte possibili ai problemi sul tappeto. E cosi, alle soluzioni classiche patrimonio della sinistra (e di scarso successo, in giro per l’Europa), sta accompagnando suggestioni e temi cari all’elettorato moderato: e cioè, all’imperscrutabile «maggioranza silenziosa». Fra tre settimane il verdetto: che riguarderà certo il referendum, ma potrà riverberare effetti anche molto più in là.

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Da - http://www.lastampa.it/2016/11/18/cultura/opinioni/editoriali/lultima-caccia-agli-indecisi-BLfJ8XrFZExMUE4BM6goNJ/pagina.html
6083  Forum Pubblico / MONDO DEL LAVORO, CAPITALISMO, SOCIALISMO, LIBERISMO. / Vincenzo Visco. Che fine ha fatto il 'no taxation without representation'? inserito:: Novembre 20, 2016, 11:53:07 am
Dal sito “inpiù.net”

Ici sulle seconde case e democrazia
Che fine ha fatto il 'no taxation without representation'?

Vincenzo Visco
17/11/2016

I giornali hanno riportato la notizia di un emendamento presentato alla legge di bilancio da un deputato del Pd, ma sponsorizzato a quanto pare, dall’Anci, che avrebbe dato la facoltà ai comuni di aumentare l’Ici sulle seconde case. L’emendamento è stato bloccato dal governo perché la linea sarebbe oggi quella di ridurre e non aumentare le tasse. Ma la motivazione non è quella giusta. Della proposta infatti sorprende la spregiudicatezza, anzi il cinismo, che la ispira. Per i sindaci infatti non vi è niente di meglio e di più facile che aumentare le tasse sulle seconde case, vale a dire sui non residenti che non possono votare per il sindaco. Ed è infatti quello che fanno in modo sistematico, in violazione dell’elementare e fondamentale principio “no taxation without representation”. L’equivoco è ovviamente nella distinzione tra prime e seconde case che poco ha a che vedere con la progressività dell’imposizione, come si vorrebbe far credere, dal momento che molte seconde case sono possedute da persone emigrate in passato per lavoro, che esistono contribuenti che hanno solo la seconda casa, ecc.
Se qualcuno avesse tempo, voglia e denaro da spendere, si potrebbe avviare un’azione giudiziaria da portare fino alla Corte Costituzionale con ottime probabilità di vittoria. La verità è che un’imposta sul patrimonio ben fatta non dovrebbe distinguere tra prime e seconde case, ma trattarle tutte nello stesso modo. E se si volesse rendere progressiva una tale imposta essa dovrebbe essere disegnata non come imposta reale, bensì come imposta personale sull’intero patrimonio posseduto a qualsiasi titolo. Tutto ciò dovrebbe essere ovvio in Italia come lo è all’estero.

Da - http://www.nens.it/_public-file/VISCO.%20inpiu.%2017.11.16_2.pdf
6084  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / UGO MAGRI a chiedere il referendum non è stato solo il premier inserito:: Novembre 20, 2016, 11:50:03 am
Partiti, onorevoli, comitati: a chiedere il referendum non è stato solo il premier
La prima richiesta è arrivata da 166 deputati schierati per il No

Pubblicato il 19/11/2016
Ultima modifica il 19/11/2016 alle ore 07:02
Ugo Magri
Roma

Perfino nelle cancellerie europee, sono quasi tutti convinti che il voto del 4 dicembre sia solo un capriccio temerario di Renzi. E non c’è dubbio che il premier sia stato sempre molto a favore del referendum, tanto che il suo partito ha raccolto le 500 mila firme necessarie per supportarne la richiesta: uno sforzo anche organizzativo notevole.

Ma se si guarda bene a come sono andate le cose, il voto sulle riforme sarebbe arrivato ugualmente, con o senza il “placet” di Renzi. Perché il 19 aprile scorso, quando la raccolta delle firme Pd non aveva ancora avuto inizio, in Cassazione era già pervenuta la richiesta di 166 deputati del No, primi firmatari Roberto Occhiuto, Stefano Quaranta e Cristian Invernizzi a nome, rispettivamente, di Forza Italia, Sinistra Italiana e Lega Nord. In base alla Costituzione attuale (articolo 138, secondo comma) quella richiesta era di per sé sufficiente a far scattare il referendum. Solo qualche giorno dopo si sono fatti avanti i senatori del No e del Sì, infine i deputati favorevoli alla riforma Boschi. In totale, dunque, sono 5 le richieste validate in Cassazione. E sarebbero state addirittura 6 qualora fosse andata in porto la raccolta di firme lanciata dal Comitato del No, sospesa per stanchezza a quota 350 mila.

Addirittura, nel disegno di legge costituzionale presentato nel 2013 dal governo Letta, si prevedeva che al referendum ci si sarebbe andati perfino nel caso in cui la futura riforma avesse superato in Parlamento la maggioranza dei due terzi: una soglia talmente alta che (sempre secondo l’articolo 138) rende superfluo consultare il popolo. Ricapitolando, dunque, Renzi non è stato decisivo. Il suo grande merito (o grave colpa) consiste semmai nell’aver dato da subito grande importanza al voto, alimentando quella drammatizzazione plebiscitaria di cui adesso sembra pentito.

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Da - http://www.lastampa.it/2016/11/19/italia/speciali/referendum-2016/partiti-onorevoli-comitati-a-chiedere-il-referendum-non-stato-solo-il-premier-JfAroA4PeR5E1bGWWZFz9M/pagina.html
6085  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / FABIO MARTINI. Renzi “I sondaggi hanno già sbagliato”. inserito:: Novembre 20, 2016, 11:48:30 am
Renzi in campagna permanente: “Ci servono 15 milioni di voti”
Raffica di impegni elettorali per il presidente del Consiglio. “I sondaggi hanno già sbagliato”.
E glissa sull’ipotesi dimissioni

Pubblicato il 19/11/2016
Ultima modifica il 19/11/2016 alle ore 07:41

FABIO MARTINI
ROMA
A mezzogiorno se ne è andato dal palazzo della Cancelleria di Berlino senza dire una parola, lasciando i giornalisti con i microfoni in mano. Poco prima Matteo Renzi aveva incontrato per due ore i capi di governo di Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna convocati per un summit crepuscolare: l’addio a Barack Obama, appositamente arrivato dagli Stati Uniti. Ma Renzi ha fatto di tutto per far scivolare questo evento, che forse rischiava di “schiacciare” la sua immagine su quella dell’Obama uscente: silenzio all’uscita e persino sul sito del governo, solitamente generoso di immagini del leader, soltanto otto foto e un breve video. 
 
Significativamente è iniziata così una delle giornate più tambureggianti di Matteo Renzi che oramai da due mesi sta conducendo quella che probabilmente resterà come la più massiccia campagna elettorale nella storia della Repubblica. Una giornata che racconta il personaggio e il suo impegno totale e super-personalizzato alla causa del Sì: alle 8 del mattino partenza per Berlino; dalle 10 alle 12 summit per salutare Obama; alle 13 di nuovo in volo per Roma; alle 16 convegno dei giovani dell’Ncd di Alfano; alle 18,15 conferenza stampa sui 1000 giorni; alle 1930 a “La 7” da Lilli Gruber; alle 21 decollo per Bari, alle 22,15 manifestazione per il Sì nel capoluogo pugliese. 
 
Da Obama ad Alfano, da palazzo Chigi a Bari vecchia, in tutte le occasioni Renzi si è sforzato di mostrarsi sorridente, spiritoso, non aggressivo, che mette persino nel conto una sconfitta al referendum, come se la cosa non lo turbasse più di tanto e dunque con un’immagine capovolta rispetto a quella - onnipresente, auto-elogiativa, aggressiva con tutti i dissenzienti - che gli ha drasticamente ridotto i consensi, al punto che - a 17 giorni dal voto - tutti i sondaggi (nessuno escluso) danno in testa il No. «Nel 2016 i sondaggi non hanno azzeccato un solo risultato, non è che devono iniziare questa volta - scherza -. La partita è aperta».
 
Un Renzi soft che ha lanciato messaggi soft, decisamente ambivalenti. Utilizzerà il consueto escamotage di tanti politici di produrre messaggi ansiogeni? «Se evochiamo la paura, non andiamo da nessuna parte», dice nella conferenza stampa di palazzo Chigi ma poco prima aveva detto: «Se si fanno le riforme, il Pil va su, senza le riforme sale lo spread». Aggiungendo: «E’ logico che sia così», una chiosa soggettiva, per ora non dimostrata. Ambivalente anche nelle risposte alla domanda: se vince il No, lascia o non lascia palazzo Chigi? Ecco le diverse risposte di Renzi: «Rispetteremo il risultato con grande tranquillità», «Cosa accadrà al governo? Lo sapremo solo vivendo...»; «questo governo è nato per fare le riforme, ma verificheremo la situazione politica...». Una risposta in dissolvenza che non è diventata più chiara, quando Renzi ha detto in tv: «Chi fa il premier deve sperare che chi viene dopo farà meglio, certo io non sono nato per fare un governo tecnico. Se si cambia e si continua ci sono, se si torna alla grande accozzaglia che è la base politica del No, che sono sempre i soliti politici, se vogliono galleggiare, che gestiscano loro il paese. Io non sono capace a fare inciuci e accordicchi». 
 
Dunque, Renzi non dice più, neppure in queste ultimi giorni, che la vittoria del No comporta le sue dimissioni irrevocabili da palazzo Chigi. Si lascia la porta aperta. Ovviamente sperando che vinca il Sì. E anzi Renzi ha svelato anche le sue stime: «Si vince, secondo le mie previsioni, con il 60 per cento di affluenza, con 15 milioni di voti per il «Sì» o per il «No», quindi è fondamentale portare tanta gente a votare». Le firme false dei grillini in Sicilia? «È un problema loro, io sono garantista». Se vince il sì al referendum nel Pd ci sarà spazio anche per chi ha votato no? «Non c’è ombra di dubbio, il Pd è un partito democratico, che vinca il sì o il no partirà la fase congressuale».
 
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Da - http://www.lastampa.it/2016/11/19/italia/speciali/referendum-2016/renzi-in-campagna-permanente-ci-servono-milioni-di-voti-P8lVNTrNjzdqEOPqa2jPDJ/pagina.html
6086  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Mieli: “L’avversario non è un demone. La sinistra superi il pregiudizio” inserito:: Novembre 20, 2016, 11:46:15 am
   Interviste
Sergio Staino   
@SergioStaino
· 19 novembre 2016

Mieli: “L’avversario non è un demone. La sinistra superi il pregiudizio”

“Siamo reduci da una guerra civile a cui tutti abbiamo partecipato e anche nel giornalismo è necessario un raffreddamento degli animi”

Tutti coloro che si interessano di editoria, più o meno direttamente, mi dicono: “Ma come fai? La carta stampata è in crisi, i giornali stanno calando le vendite, e tu riapri un giornale? ”

«È vero che la carta stampata è in crisi, però è l’unica cosa governabile con razionalità. Il resto del mondo, cioè il Web, non ha espresso una sua razionalità riconducibile alle categorie nostre, con cui siamo vissuti. E con “noi” non intendo solo i più adulti ma anche i più giovani. Nel senso che il Web è un mondo anarchico, dove ci può essere di tutto, molto potente, molto più influente della carta stampata… Però ti porto fuori tema».

No, è proprio quello che mi interessa perché confermi la mia scelta che è quella di fare non un giornale generalista ma militante.

«Sì, penso che questo faccia bene alla carta stampata, perché i quotidiani cartacei stanno già cominciando ad abbassare la cresta e molto ancora la abbasseranno. Non è più un centro di potere ma un centro di orientamento che, come grado di onestà, assomiglia più ai libri, ai saggi, alla letteratura. È un luogo dove la mente sfugge ai tempi concitati. Oggi un direttore di giornale o anche un giornalista è infinitamente meno potente di quanto lo fosse dieci o venti anni fa. Però questo ridimensionamento lo riavvicina al mondo, e secondo me la carta stampata si ricomincerà a usare nel senso che tu dici: non semplicemente per aggiornarsi su come si muovono i poteri, ma per capire le cose, per leggere gli approfondimenti. Quindi io confido molto in un futuro di qualità della carta stampata, e secondo me il tragitto è già iniziato. Certo il cammino deve partire da un necessario raffreddamento degli animi perché in Italia siamo reduci da una lunghissima guerra civile, alla quale abbiamo partecipato tutti».

C’è ancora una guerra civile. È un dato di fatto che alcuni dirigenti della minoranza del Pd vogliono distruggere Renzi…

«Da quando sono bambino non ricordo mai, essendo sempre stato di sinistra, che dall’altra parte ci fosse un avversario con cui avere una leale competizione. Ma sempre un nemico da distruggere, del quale segretamente sognare la morte, e, alla fine di questo lungo itinerario, questo virus l’abbiamo portato al nostro interno. Lo dico da analista non da tifoso. Ci scanniamo perché la morte di quello che non ci piace apre, o dovrebbe aprire, orizzonti. Ma in realtà, oggi lo riconosciamo, la morte di quello che non ci piace non crea nessun nuovo orizzonte, ci lascia soltanto in mezzo a un deserto. È un male comune a tutta l’Europa. Per cui cerco nel mio piccolo di lodare o compiacermi con le intelligenze che vanno in contro tendenza».

Ne abbiamo visti molti di avversari dipinti come cattivi da abbattere…

«Come no? L’avversario da sconfiggere in Italia è sempre stato un demone… Lo è stato Fanfani, poi è stato Andreotti, per un periodo fu il Cesis…».

E poi Craxi…

«E poi fu Cossiga e poi Berlusconi. Possibile che l’Italia sia un paese che produce demoni a ripetizione? Nel ventennio cosiddetto berlusconiano ci siamo lasciati un p o’ andare.. Sia chiaro, io per Berlusconi non ho mai avuto neanche un momento di simpatia però durante questi anni il Cavaliere è stato alla guida del governo per nove anni e per undici è stato avversario… Già questo ci fa capire che certi paragoni con Hitler, con Gengis Khan, con Nerone erano quantomeno esagerati… Sono sicuro che, anche quando non ci sarà più Renzi, o ci faremo coraggio o finiremo per trovare un passante a cui capiterà l’occasione di fare quello che deve fare un politico, cioè fare il leader, avere capacità di scegliere, di decidere, pure lui».

Ma secondo te c’è qualcuno nella sinistra che ha compreso questo rischio?

«Innanzitutto Gianni Cuperlo che ha una storia… È stato l’oppositore esplicito di Renzi, era presidente del partito e si è dimesso, poi ha avuto sempre un comportamento battagliero, sempre coerente, ma più temperato di altri».

Ma non è il fascino dell’eroe perdente quello che ci muove a un giudizio così?

«Penso che Cuperlo sarà un personaggio a cui si restituirà onore. A qualcuno è già arrivato il suo messaggio. Ad esempio Fassina è stato il primo a porsi quantomeno dei dubbi dopo la vittoria di Trump e a fare una riflessione più ampia senza portare per forza acqua al suo mulino. È cosa rara in un’Italia in cui tutti affermano di aver previsto ogni cosa il giorno prima e non fanno che ripetere: “Questo dimostra che avevo ragione io”. Non voglio prefigurare scenari da dittatura ma andando avanti così si rischia di non tener conto delle esperienze passate».

Non ricordo negli anni passati un atteggiamento così egoista, così personalista. In persone della sinistra ad esempio come Civati, come Gotor, ma anche Stefano Rodotà (i nomi li faccio io non tu), mi sembra ci sia una dose di autoreferenzialità continua, che li porta poi a falsare ogni lettura oggettiva della realtà.

«Nel mondo in cui siamo cresciuti noi, nel momento decisivo, prevaleva un senso di lealtà. Alcuni ricordano che Fausto Gullo o Concetto Marchesi ebbero delle obiezioni durante il processo costituente. Fausto Gullo presentò parecchi emendamenti, alcuni molto polemici. Ma al momento della verità, al momento del voto, nessuno si sognava di avere comportamenti difformi da quelli del partito, se non quando fosse sicuro che questi comportamenti erano solo di testimonianza. Nella battaglia del Pci, battaglia sbagliata che comunisti e socialisti fecero contro la legge maggioritaria del ‘53, nessuno venne meno al principio di lealtà. A nessuno venne in mente di fare una battaglia contro il partito, o anche solo di dichiarare la propria contrarietà. C’era un principio di lealtà. Ciò che colpisce è che oggi questo atteggiamento non esista più e ogni volta si dica “va bene, per tutto il resto è leale, ma su questa cosa qua, tana libera tutti”. Ma allora a che serve un partito? Un partito è un’organizzazione dove vige il principio di maggioranza, si fanno delle battaglie interne, ma poi si tiene alla vittoria del partito. E se questo partito per di più, come oggi accade, ha in mano la presidenza del Consiglio, tranne che in casi eccezionali, sarebbe buona norma fare battaglie interne e poi al momento decisivo avere un comportamento leale. La parola centrale è severe, quello che per gli inglesi è la lealtà».

Che poi coincide con il rispetto delle istituzioni, con tutto l’apparato statale.

«Infatti mi domando: chi oggi ha condotto questa battaglia (guarda che la rispetto, a me interessano più le posizioni degli oppositori che quelle dei seguaci di Renzi, le studio con attenzione) come si immagina che sia il futuro di un formazione di sinistra dopo la prova di una così costante battaglia? Al prossimo toccherà un trattamento analogo, ma basterebbe il 10% di questo trattamento per renderlo impossibile. Spero di sbagliarmi ma penso che quando salterà questa esperienza politica, prima che la sinistra torni al governo passerà un bel po’ di tempo. Sta montando l’on – da anti-sistema e noi diamo i picconi contro la sinistra moderata al governo. E poi già sento l’obiezione: “Eh ma quello non è di sinistra” … Ma è sempre stato così, ogni volta chi vuole distruggere troverà sempre che quello non è di sinistra. Sono curioso di vedere il dopo».

Curioso ma anche molto preoccupato del dopo.

«Certo. Ho letto una cosa incredibile su l’Unità pochi giorni fa di una persona che stimo, una giornalista come Marcelle Padovani, e voi l’avete pubblicata no?».

L’ho considerato un grandissimo contributo al giornale.

«Marcelle Padovani, che ha tutta una storia militante e che conosce benissimo il percorso della sinistra italiana e francese, era anche lei sgomenta del tasso di litigiosità omicida che c’è nella sinistra. Continuiamo così… Capiamoci: la mia non è un’analisi del tipo “buoni, state buoni non litigate”. Non è questo assolutamente. Io dico: “litigate pure, però quando individuate un fenomeno che vi preoccupa a quel punto fate barriera, è come essere in guerra”».

E quelli che minimizzano lo scontro attuale?

«È un’ipocrisia dire sul referendum: “Ma no, anche se vince il No non cambia nient e”. Non penso che il risultato sarà irrilevante. Penso sia rilevante la vittoria del Sì e anche la vittoria del No, e tra le due opzioni il risultato cambia molto»

Da - http://www.unita.tv/interviste/staino-intervista-mieli-lavversario-non-e-un-demone-la-sinistra-superi-il-pregiudizio/
6087  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / “L'arte di vivere è l'arte di mettere insieme i sogni e la realtà.” inserito:: Novembre 20, 2016, 11:43:53 am
Domenica 20 novembre 2016
Frasi di TOM HODGKINSON

“L'arte di vivere è l'arte di mettere insieme i sogni e la realtà.”

Da frasicelebri.it
6088  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Regionalismo solidale Non ancora realizzato è da "fare" ... inserito:: Novembre 18, 2016, 09:52:56 am
Regionalismo solidale
Vocabolario on line
Regionalismo solidale loc. s.le m.

Struttura federale di uno Stato basata sull’autonomia regionale e sulla ripartizione delle risorse ispirata alla solidarietà reciproca. ◆ «Coniugare regionalismo solidale e unità nazionale».
Così, da Siena, il capo dello Stato fa sentire la sua voce nel dibattito sulla devolution e la riforma dello Stato firmata dal senatore Umberto Bossi. Regionalismo solidale e unità nazionale. «Ovunque io vada trovo una forte coscienza dell’unità della nazione, fondata su una comunione di valori, principi e ambizioni». È il promemoria dettato da Carlo Azeglio Ciampi: una consapevolezza che in quest’Italia del regionalismo solidale è forse più forte di quanto sia mai stata. Tanto che il presidente si sente di sottolineare: molti settori hanno bisogno dello Stato, la Scuola per esempio. (Corriere della sera, 3 dicembre 2002, p. 1, Prima pagina) •
6089  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / FABIO MARTINI. Renzi, attacco all’Ue per vincere il referendum inserito:: Novembre 18, 2016, 09:46:17 am
Renzi, attacco all’Ue per vincere il referendum
Svolta contro Bruxelles “nemica” in una battaglia che vuol essere popolare
La riduzione dei balzelli di Equitalia non ha pagato nei sondaggi

Pubblicato il 17/11/2016
Fabio Martini
Roma

L’Europa «cattiva», tra tante rughe, ha mostrato il suo volto buono: ha inaspettatamente promosso le spese eccezionali per terremoto e migranti. Ma il presidente del Consiglio ha continuato a tenere il punto. Come se non fosse accaduto. Perché da due giorni Bruxelles è stata «promossa» a nemico stabile. Quanto durerà nessun lo sa, ma si tratta di una novità nella politica europea dell’Italia e soprattutto è una svolta nella strategia comunicativa di Matteo Renzi. 

Impegnato nella battaglia della vita, quella del referendum costituzionale voluto dal governo. Dopo due anni e mezzo di ottimismo a getto quotidiano, il presidente del Consiglio ha deciso di riconvertire almeno una parte del suo messaggio positivo in chiave rivendicativa. Antagonista. 

Contro un nemico: l’Europa egoista e burocratica. Certo, già lo aveva fatto nel passato, con accenti di verità e con scossoni salutari, vista la progressiva eclissi della dottrina dell’austerità. Ma stavolta il duello con Bruxelles è diverso perchè nelle settimane scorse si è silenziosamente consumato quello a palazzo Chigi qualcuno ha ribattezzato “l’ottobre nero”. Matteo Renzi vive di adrenalina e non usa espressioni così pessimistiche, eppure ha assistito con un crescendo di «sorpresa» ad un fenomeno dai tratti quasi misteriosi, che si è stratificato nelle ultime settimane. Più Renzi spingeva l’acceleratore di provvedimenti gratificanti per milioni di cittadini e più i sondaggi restavano fermi. Le pensioni e le quattordicesime a più di due milioni di pensionati? L’'effetto sui sondaggi non è stato apprezzabile. La riduzione dei balzelli di Equitalia? L’effetto sui sondaggi, se c’è stato, non ha avuto un effetto evidente. La riduzione del canone Rai per milioni di italiani? I bonus? Lo spostamento del dibattito referendario dal plebiscito al merito? Gli effetti, se ci sono stati, non risultano quantificabili. Per non parlare dell’accoglienza regale tributata a Renzi alla Casa Bianca. Un “ottobre nero” ma anche un novembre che a metà mese non ha aperto spiragli: ieri sera, Renzi è stato aggiornato sui sondaggi più attendibili e per il momento il buon vantaggio del No (tra 4 e 8 punti, secondo gli istituti) resta invariato, anche se ancora “scalabile”.

Dopo due mesi di campagna elettorale è come se l’emittente dei messaggi si fosse opacizzata, è come se l’efficacia della narrazione renziana e del suo artefice avessero perso mordente e credibilità. La causa è una “overdose” da ottimismo esasperato? O una diffusa corrente di «antipatia» verso Renzi, come ipotizzato da un amico come Oscar Farinetti? In attesa di risposte concrete dalle urne del referendum, per provare ad invertire la rotta, due giorni fa Renzi ha maturato la decisione - covata per settimane - di convertire una parte dei messaggi positivi in chiave rivendicativa. Contro un nemico: l’Europa egoista e burocratica. E d’altra parte nella “narrazione” renziana i nemici hanno sempre avuto un ruolo da protagonisti. Renzi ha usato per la prima volta l’espressione «gufi» il 12 marzo 2014, quando era presidente del Consiglio da appena 19 giorni, era saldissimo e nessuno lo insidiava. Ora tocca di nuovo all’Europa incarnare il ruolo di capro espiatorio.

Il “numero” di due giorni fa sul (futuribile) veto al bilancio comunitario dimostra che il presidente del Consiglio ne vuole fare un cavallo di battaglia nel rush finale della campagna referendaria. Come conferma la (non) reazione di Renzi alla decisione di ieri della Commissione europea che ha promosso le spese eccezionali per terremoto e migranti, compreso il via libera per le scuole tante volte evocate dal capo del governo come prova della cattiva volontà degli euroburocrati. Dunque, l’Europa “cattiva” ha mostrato il suo volto buono, ma Renzi non ha “ringraziato”, lasciando a Padoan il compito di compiacersi pubblicamente.

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Da - http://www.lastampa.it/2016/11/17/italia/politica/renzi-attacco-allue-per-vincere-il-referendum-blNDuDfw14UES2pmwM1TAN/pagina.html
6090  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / JACOPO IACOBONI. - Ecco la cyber propaganda pro M5S. La procura indaga ... inserito:: Novembre 18, 2016, 09:44:52 am
Ecco la cyber propaganda pro M5S. La procura indaga sull’account chiave
Algoritmi, false notizie, bufale.
Palazzo Chigi denuncia per diffamazione

Pubblicato il 16/11/2016
Jacopo Iacoboni

Beatrice Di Maio è una star del web pro M5S. Si muove nel territorio della propaganda pesante, che in tanti Paesi - per esempio la Russia di Putin, assai connessa al web italiano filo M5S - dilaga. Nella sua attività, Beatrice si è lasciata sfuggire alcuni tweet che delineano ipotesi di reati come calunnia e diffamazione; o vilipendio alla presidenza della Repubblica. È stata denunciata alla Procura di Firenze dal sottosegretario a Palazzo Chigi Luca Lotti, come provano alcuni documenti. Ma chi è esattamente Beatrice Di Maio, e ha qualcosa a che fare con la Casaleggio o la comunicazione ufficiale M5S? 

Sarà la magistratura a dire se esiste una cyber propaganda pro M5S

Si tratta di un account twitter pro M5S dedicato a una demonizzazione anti-Pd, senza disdegnare puntate contro il Quirinale. Beatrice ha 13.994 follower, è un top mediator, dentro un social network relativamente piccolo. Tweet e post di account analoghi diventano virali in Facebook attraverso un sistema di connessioni, nel caso di Beatrice dall’andamento artificiale dentro cui è inserita, alimentando un florido business pubblicitario, legato al flusso di traffico.

LEGGI ANCHE L’Antidiplomatico, così un sito divulga la linea filo-russa del M5S 

Insomma, Beatrice non è un account casuale. Scrive cose gravissime sulla presidenza della Repubblica: «Per alcuni il silenzio è d’oro... quello di Mattarella è d’oro nero!». E sotto, una foto del Quirinale con il tricolore e la bandiera della Total. Inutile sottolineare l’accostamento ingiurioso, Mattarella non è stato lambito dall’inchiesta lucana. Beatrice twitta «il governo trema. Da Potenza agli aeroporti inchiesta da paura. Renzi: “Io non mi fermo”» e sotto, una foto di Charlot che scappa all’impazzata. Ma Renzi non è mai stato indagato in Basilicata nell’inchiesta su Temparossa.

 Beatrice posta una foto della Boschi e, sopra, un tweet «Boschi, lezione alla Oxford University. “The amendment is on the table”. Hashtag: #Total #LaCricca #quartierino». Avvicinando emotivamente il nome Boschi a Total e a quartierino si suggerisce che Boschi sia al centro di un giro di tangenti legate a Total e allo scandalo petrolio: ma anche questo è un falso. 

LEGGI ANCHE La propaganda russa all’offensiva anti-Renzi. E il web grillino rilancia 

Oppure: «#intercettazioni, Guidi: “Ho le foto di Delrio coi mafiosi”», e sotto, nel tweet, la foto di Delrio con Renzi, Boschi, Lotti. Se dicessero cose così giornali o tg, pagherebbero ingenti risarcimenti per diffamazione. Quei tweet hanno suggerito questi falsi, e la struttura in cui Beatrice è interconnessa li ha diffusi; nella logica del «ciò che siamo capaci di rendere virale prima o poi diventa vero agli occhi di chi vogliamo convincere». Twitter, nonostante numerose segnalazioni, non ha finora ritenuto di chiudere l’account.

Perché rivolgere attenzione, anche giudiziaria, a quello che potrebbe essere un comune troll, o un militante anonimo? Perché Beatrice si muove dentro quella che è configurata come una struttura: a un’analisi matematica si presenta disegnata a tavolino secondo la teoria della reti, distribuita innanzitutto su Facebook (dove gravitano 22 milioni dei 29 milioni di italiani sui social), e - per le élite - su Twitter. 

Ha un andamento assai ingegnerizzato. Su Facebook, la rete è costituita da un numero limitato di account di generali (da Di Maio e Di Battista a Carlo Martelli, figura virale importante, in giù) e - tutto attorno - da una serie di account di mediatori top e, aspetto decisivo, da pagine e gruppi di discussione che fanno da camera di risonanza. In basso vi sono semplici attivisti o fake di complemento: gli operai. Immaginate una mappa geografica: gli snodi (hub) sono le città e i villaggi, fortemente clusterizzati (aggregati a grappoli); i mediatori e soprattutto i connettori sono le strade. Naturalmente, una rete così recluta anche tanti attivisti reali, che non possono vedere l’architettura, assorbiti dalla pura gravità dei nodi centrali: la struttura si mimetizza con l’attività spontanea come un albero in una foresta. Eventuali falsi e calunnie, ovunque generate, si viralizzano, venendo spostati dal centro alla periferia, anonimizzati, quindi meno denunciabili.

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L’account di Beatrice ha di volta in volta vari ghost. «Ghost», nell’analisi matematica sui dati della parte pubblica di twitter, non significa ghostwriter, cioè persone che scrivono per lei; significa account «matematicamente indistinguibili» da lei secondo alcuni parametri come interazioni, contenuti, e meta dati di riferimento (il tempo in cui un certo account fa determinate cose). A luglio i «ghost» così intesi erano quelli di un ex candidato governatore M5S e di @BVito5s, Rottamiamo Renxit, account dedicato alla distruzione del premier. In seguito, @Teladoiolanius (contenuti di destra, anti-immigrati e pro Trump), @Kilgore (bastonatura di avversari, politici o giornalisti) e @AndCappe (account vicinissimo a @Marpicoll, a sua volta ghost di @marionecomix, account delle vignette grilline di satira pesante a senso unico), o di recente @_sentifrux (Sentinella), @carlucci_cc (Claudia) e @setdamper. Numerosi altri account chiave sono sempre matematicamente vicinissimi, sempre ricorrenti, prevalentemente anonimizzati, profondamente interconnessi tra loro. Svolgono ruoli precisi: chi è anti-immigrati, chi anti-Renzi, chi pro-Putin, chi pro-Trump, chi dedito alla bastonatura. La condivisione esatta dell’andamento dei metadati, e la spartizione palese dei ruoli, non si configurano, algoritmicamente, come casuali. C’è una centrale che gestisce materialmente questi account? La Procura si trova ora a indagare anche su questo. 

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