LA-U dell'OLIVO
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61  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Dal 1996 GIMBE divulga il proprio know -how con iniziative di formazione, ... inserito:: Gennaio 20, 2024, 07:35:00 pm
Cosa facciamo   

Dal 1996 GIMBE divulga il proprio know-how con iniziative di formazione, editoria e ricerca che raccolgono le sfide della sanità italiana e ne soddisfano le esigenze.

    Con centinaia di workshop e corsi avanzati abbiamo contribuito alla formazione di migliaia di professionisti sanitari, erogando oltre 150.000 crediti ECM.

    La nostra conferenza nazionale costituisce per i professionisti una vetrina unica per condividere esperienze e progetti d’eccellenza che le organizzazioni sanitarie italiane portano avanti con grande determinazione.

    Mettiamo a disposizione del sistema sanitario le nostre competenze metodologiche per pianificare e coordinare progetti di ricerca, di miglioramento della qualità dell’assistenza, sanitaria, di formazione continua e sviluppo professionale.

    Con le nostre iniziative editoriali rendiamo disponibili le migliori evidenze scientifiche a tutti i protagonisti della sanità: policy makers, manager, professionisti, cittadini.

    Collaboriamo con istituzioni nazionali e internazionali di formazione, di ricerca e di politica sanitaria per migliorare l’efficacia della formazione continua, l’integrità della ricerca, la qualità dell’assistenza.

    Promuoviamo accordi con enti pubblici e privati che perseguono fini istituzionali convergenti con la nostra mission.

    In collaborazione con il Centre for Evidence-based Medicine di Oxford abbiamo istituzionalizzato in Italia la International Conference for Evidence-based Health Care Teachers and Developers.

    Abbiamo partecipato a progetti (EU-EBM Unity) e realizzato pubblicazioni internazionali (Sicily Statement on Evidence-based Practice) finalizzati a standardizzare l’insegnamento dell’Evidence-based Practice.

    Siamo tra i soci fondatori del Guidelines International Network e della International Society for Evidence-based Health Care.

16 gennaio 2024, Fondazione GIMBE. Report Osservatorio GIMBE 1/2024

Fondazione GIMBE
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62  Forum Pubblico / NOI VECCHI, MAESTRI DI SERENITA'! / NOI tutti abbiamo necessità di un Punto di Riferimento Etico e Morale di Alto... inserito:: Gennaio 20, 2024, 07:15:28 pm
Gianni Gavioli
Autore


NOI tutti abbiamo necessità di un Punto di Riferimento Etico e Morale di Alto Livello.
Conosciamo il Caos che ci circonda e Immaginiamo tutto il peggio che può accadere senza preavviso.

Tutti ricordiamo Tutto, di quanto é accaduto nel dopo guerra, che poteva essere e in parte lo fu, meraviglioso.
Ma ci hanno fatto dimenticare un nostro valore, anche storico, fondamentale per una comunità tra Belli ma Diversi, come siamo noi.

Dopo il RISORGIMENTO, a cominciare dagli anni 20 del 1900, ci hanno derubato dell'ITALIA, poverissima, mai miserabile, ma più Bella.
Dobbiamo ricostruire quel punto di riferimento, la Italia, riscoprirla come BELLEZZA non più soltanto nostra PATRIA, soprattutto MATRIA nostra e dei nuovi abitanti del nostro Paese.

Allora saremo Italiani!

ciaooo
63  Forum Pubblico / L'ITALIA NON FATELA RIDURRE ad ARCIPELAGO di ISOLE REGIONALI E FEUDALI. / Regioni Feudali antiStato. - Qualcuno può chiedersi, "ma chi é l'Imperatore". inserito:: Gennaio 20, 2024, 06:13:22 pm
Gimbe: “Cittadini costretti a migrare al Nord per curarsi, con Autonomia aumentano le diseguaglianze”

È netto il giudizio della fondazione Gimbe sull’Autonomia differenziata: aumenterà la frattura tra Nord e Sud, aumentando la migrazione sanitaria verso le Regioni più ricche e mettendo a repentaglio il diritto costituzionale alla salute di tutti i cittadini.

A cura di Annalisa Girardi

Uno schiaffo al Meridione, così la fondazione Gimbe descrive il progetto di Autonomia differenziata, denunciando come il Sud rischia di diventare sempre più dipendente dalla sanità del Nord, obbligando moltissime persone a recarsi nelle Regioni settentrionali per curarsi. Un report della fondazione analizza il fenomeno di mobilità sanitaria interregionale ed evidenzia che nel 2021 sia stata raggiunta la cifra di 4,25 miliardi di euro, con saldi estremamente variabili a seconda della Regione. La capacità di attrazione dei pazienti da altre Regioni è molto diversa: se in cima alla classifica troviamo tutte Regioni del Nord – cioè Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto – quelle del Mezzogiorno sono fanalino di coda: il 76,9% del saldo passivo si concentra infatti in Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo.

Perché la fondazione Gimbe critica il progetto di Autonomia
Il presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, sottolinea come la mobilità sanitaria rifletta "le grandi diseguaglianze nell'offerta dei servizi sanitari tra le varie Regioni e, soprattutto tra il Nord e il Sud del Paese" che si sono ormai trasformate in una "frattura strutturale destinata ad essere aggravata dall'Autonomia differenziata". In sanità il progetto dell'Autonomia, sempre secondo Cartabellotta, "legittimerà normativamente il divario Nord-Sud, amplificando le inaccettabili diseguaglianze nell'esigibilità del diritto costituzionale alla tutela della salute".
Oggi il Senato avvia la discussione in Aula del ddl Calderoli, che contiene appunto il progetto di Autonomia differenziata. La fondazione ritiene che sia un errore concedere maggiore autonomia alle Regioni in materia sanitaria, anche a causa della grave crisi che sta affrontando il Servizio sanitario nazionale, che spesso impedisce di stanziare risorse sufficienti ad assicurare livelli essenziali di assistenza, figuriamoci a colmare le diseguaglianze. C'è anche un problema legato al personale sanitario: "una maggiore autonomia in termini di contrattazione del personale rischia di provocare una fuga di professionisti sanitari verso le Regioni in grado di offrir condizioni economiche più vantaggiose", sottolinea il report.

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Secondo Gimbe il progetto dell'Autonomia è in contrasto con uno degli obiettivi trasversali del Pnrr, ciò quello di ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali. "Risulta ai limiti del grottesco la posizione dei presidenti delle Regioni meridionali governate dal Centro-Destra, favorevoli all’autonomia differenziata. Una posizione autolesionistica che dimostra come gli accordi di coalizione partitica prevalgano sugli interessi della popolazione", aggiunge Cartabellotta.

La mobilità sanitaria tra le Regioni
Nel 2021 le principali Regioni a registrare un saldo positivo a causa della mobilità sanitaria interregionale erano Emilia-Romagna (€ 442 milioni), Lombardia (€ 271,1 milioni) e Veneto (€ 228,1 milioni); le principali in saldo negativo, invece, Abruzzo (-€ 108,1 milioni), Puglia (-€ 131,4 milioni), Lazio (-€ 139,7 milioni), Sicilia (-€ 177,4 milioni), Campania (-€ 220,9 milioni), Calabria (-€ 252,4).
Il report della fondazione spiega come l'86% della mobilità sanitaria riguardi i ricoveri ordinari e in day hospital (69,6%) e le prestazioni di specialistica ambulatoriale (16,4%). Per fare poi il punto sulla mobilità verso le strutture private.

La mobilità verso il privato
Oltre 1 euro su 2 speso per i ricoveri e le prestazioni specialistiche va nelle casse del privato: parliamo di 1.727,5 milioni  di euro (54,6%), rispetto ai 1.433,4 milioni (45,4%) delle strutture pubbliche. "Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private varia notevolmente tra le Regioni ed è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva delle strutture private accreditate, oltre che dell’indebolimento di quelle pubbliche", commenta Cartabellotta.
Il presidente della fondazione, quindi, prosegue: "I flussi economici della mobilità sanitaria scorrono prevalentemente da Sud a Nord, in particolare verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi con il governo per la richiesta di maggiori autonomie. E che oltre la metà del valore delle prestazioni di ricovero e specialistica ambulatoriale vengono erogate dal privato accreditato, ulteriore segnale d’indebolimento della sanità pubblica". Secondo Cartabellotta sono dati che confermano non solo come ci sia un divario tra il Nord e il Sud del Paese, ma anche come questo sia "inevitabilmente destinato ad aumentare se verranno concesse maggiori autonomie alle più ricche Regioni settentrionali", compromettendo "l’uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute".

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64  Forum Pubblico / LAU - Libera Associazione Umanitaria. DA ULIVO A OLIVO. (da RIFONDARE). / L'Ulivo ci ispirò, 24 anni fa, le Fedi e le Ideologie ci attaccarono, come in... inserito:: Gennaio 20, 2024, 05:52:18 pm
Gianni Gavioli
 
L'Ulivo ci ispirò, 24 anni fa, le Fedi e le Ideologie ci attaccarono, come in una pandemia.

IL Nostro OLIVO POLICONICO riscatterà l'etica e le utopie possibili delle nostre radici.

ggiannig - ggianni41@gmail.com

Su FB 20 gennaio 2024
65  Forum Pubblico / LAU - Libera Associazione Umanitaria. DA ULIVO A OLIVO. (da RIFONDARE). / Il Mediterraneo ambìto, come dominio, da almeno 3 Poli Mondiali. Ma l'Europa?? inserito:: Gennaio 20, 2024, 05:41:11 pm
Gianni Gavioli

Amministratore
Esperto del gruppo
  · nsptoSodre l8ci8n09e533ou:6hf71 l01o0a3m0fa henr713e18a3 6g10ii  ·

OLIVO POLICONICO é l'utopia possibile di un "Contenitore", senza correnti, che pur nella diversità di CONI d'opinione, sia capace di immaginare Progetti di Governi Progressisti.

Governi della Repubblica che dovranno essere capaci di gestire l'enorme pressione, già in atto sul Mediterraneo da parte di almeno tre Poli dell'attuale Ordine Mondiale, tutt'altro che pacifico.

ggiannig

IO su Fb del 20 gennaio 2024
66  Forum Pubblico / NOI VECCHI, MAESTRI DI SERENITA'! / Noi Vecchi, ... inserito:: Gennaio 19, 2024, 09:09:10 pm

Noi Vecchi, abbiamo amato la famiglia, i figli, gli amici di gioventù.

Ma forse, se non siamo amati, non se n’è accorto nessuno.

Ma forse, non per colpa loro.

ciaooo
67  Forum Pubblico / LAU - Libera Associazione Umanitaria. DA ULIVO A OLIVO. (da RIFONDARE). / Il cammino di una politica che non fu all'altezza delle sue ottime possibilità. inserito:: Gennaio 12, 2024, 11:20:55 pm
L'Ulivo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

L'Ulivo

Leader   
Romano Prodi (1995-1998, 2004-2007)
Massimo D'Alema (1998-2000)
Francesco Rutelli (2000-2004)
Stato   Bandiera dell'Italia Italia
Sede   Piazza dei Santi Apostoli, 73 - Roma
Fondazione   13 febbraio 1995[1]
Dissoluzione   14 ottobre 2007
Confluito in   Partito Democratico
Ideologia   Socialdemocrazia
Cristianesimo democratico
Cristianesimo sociale
Liberalismo sociale
Riformismo
Europeismo
Socialismo liberale
Collocazione   Centro-sinistra[2][3][4]
Coalizione   L'Unione (2004-2008)
Seggi massimi Camera   
285 / 630
(1996)
Seggi massimi Senato   
152 / 315
(1996)
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L'Ulivo è stata un'alleanza elettorale del centro-sinistra italiano. Essa ha costituito:

dal 1995 al 2004, lo schieramento dei diversi partiti politici del centro-sinistra, sotto le cui insegne essi si sono presentati, al Senato e nella quota maggioritaria della Camera, in occasione delle elezioni politiche del 1996 e del 2001;
il soggetto unitario presentatosi alla Camera alle elezioni politiche del 2006 e formato da Democratici di Sinistra e La Margherita, i quali già avevano costituito, alle europee del 2004 e alle regionali del 2005, la lista elettorale denominata Uniti nell'Ulivo, cui avevano altresì aderito i Socialisti Democratici Italiani e il Movimento Repubblicani Europei.
Sorto per iniziativa di Romano Prodi come sintesi tra le esperienze dei Progressisti e quelle del centrista Patto per l'Italia, L'Ulivo ha rappresentato il raggruppamento di forze riformiste riunito attorno a tre sostanziali idee-cardine: la cultura socialista-socialdemocratica, quella cattolico-democratica e quella liberal democratica, cui seguivano un convinto impegno ambientalista ed europeista. Il raggruppamento ulivista è stato al governo negli anni 1996-2001 (governi: Prodi I, D'Alema I, D'Alema II e Amato II) e 2006-2008 (governo Prodi II). Ha inoltre dato l'appoggio esterno al governo Dini (1995-1996).

Sulla "radice" dell'Ulivo è sorto il 14 ottobre 2007 il Partito Democratico, che ha deciso di conservare nel proprio simbolo il ramoscello d'ulivo utilizzato già dal 1996. Con le primarie del Partito Democratico del 14 ottobre 2007, l'esperienza politica dell'Ulivo trova la sua conclusione[5].

Storia
«L'ulivo è forte, resistente, ben radicato nella sua terra. È l'albero di un'Europa mediterranea, che conosce il mare e la montagna, la pianura, i laghi e le colline. Ama il sole e resiste all'inverno. Abbiamo scelto questo simbolo perché finora l'unico albero della politica italiana era la quercia, e occorreva un'altra pianta politica che le si affiancasse, per mostrare che la varietà, una differenza compatibile, è una ricchezza da condividere.»

(Romano Prodi[6], 6 marzo 1995)

Con il nome di L'Ulivo si identifica, dal 1995 al 2004, l'insieme dei partiti della coalizione di centro-sinistra, presentatasi alle elezioni politiche del 1996 e del 2001; rispettivamente con i simboli di "L'Ulivo - alleanza per il Governo" e "L'Ulivo con Rutelli - insieme per l'Italia".

Nascita

Lamberto Dini (a sinistra), Romano Prodi (al centro) e Massimo D'Alema (a destra)
La politica italiana, in seguito alla scomparsa dei principali partiti di riferimento che ne avevano segnato la storia repubblicana, come la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano, volge ormai verso la prospettiva del bipolarismo, dopo l'esperienza delle elezioni politiche del 1994, in cui aveva prevalso la coalizione guidata da Silvio Berlusconi, andata in crisi dopo pochi mesi[7].

A tale alleanza di centro-destra si opponevano una coalizione centrista Patto per l'Italia (PPI-Segni-PSDI-PRI)[8] ed una di sinistra Alleanza dei Progressisti (PDS-PRC-PSI-Verdi-RS-CS-AD)[9].

In seguito alla sconfitta del '94 tra i partiti della sinistra riformista e le forze del centro italiano, si svilupparono rapporti di consultazione politica. Dopo la caduta del Governo Berlusconi I nel dicembre 1994 tuttavia, l'Italia fu per un anno governata da una squadra di tecnici guidati da Lamberto Dini, che ebbe il sostegno di un'inedita maggioranza di centro-sinistra formata da Progressisti (meno Rifondazione Comunista), PPI e Lega Nord. La fine del Governo Dini nel 1996 portò dunque a nuove elezioni, nelle quali lo stesso Dini si presentò con un suo partito di natura moderata e centrista: Rinnovamento Italiano, che scelse di entrare subito nel costituendo schieramento di centro-sinistra.

Dall'unione della maggior parte delle forze di centro (esclusi solo i settori centristi di Forza Italia ed il CCD-CDU) e le forze della sinistra riformista, nacque una nuova coalizione di centro-sinistra. Questa era così formata da partiti moderato-riformisti di centro e centrosinistra (PPI, RI, AD, La Rete, PSI) alleati con partiti collocati nell'ambito della sinistra moderata e democratica (Rinascita Socialista, Verdi, Cristiano Sociali, PDS): era così nata la coalizione de L'Ulivo. Tale coalizione riconobbe come proprio leader l'ex Presidente dell'IRI ed ex Ministro dell'Industria Romano Prodi, economista da sempre vicino ai settori riformisti e "morotei" della Democrazia Cristiana e perciò ben visto tanto dai settori centristi quanto da quelli di sinistra dello schieramento.

Questi dunque, come leader del centro-sinistra italiano siglò accordi di desistenza con il principale partito dell'area della sinistra radicale, PRC (che comunque rimaneva fuori dall'alleanza) e portò la sua coalizione alla vittoria nelle elezioni politiche del 1996[10].

Alle elezioni politiche del 1996 infatti, in alcune circoscrizioni, il Partito della Rifondazione Comunista presentò candidati con il simbolo dei Progressisti e con l'appoggio esterno dei partiti dell'Ulivo, in base a reciproci accordi di desistenza.

Così per la prima volta in Italia si creava un unico blocco che oltre ai tradizionali eredi delle culture socialista, socialdemocratica, cattolico-popolare e liberale, coinvolgeva anche i post-comunisti e gli ambientalisti.

Partiti e movimenti fondatori della coalizione erano[10]:

Partito Democratico della Sinistra (PDS) (fino al 1998), nato dalla "svolta della Bolognina" del PCI (guidato da Massimo D'Alema);
Movimento per l'Ulivo (fino al 1999) o Comitati Prodi;
Partito Popolare Italiano (PPI) (fino al 2002), nato dal rinnovamento della DC (guidato da Gerardo Bianco);
Socialisti Italiani (fino al 1998) di Enrico Boselli eredi del PSI;
Patto Segni (fino al 1996) di Mario Segni;
Alleanza Democratica (AD) (fino al 1996) di Willer Bordon;
Federazione dei Verdi (guidata da Carlo Ripa di Meana);
La Rete (fino al 1999) di Leoluca Orlando;
Partito Repubblicano Italiano (PRI) (fino al 2001) di Giorgio La Malfa;
Federazione dei Liberali di Valerio Zanone;
Federazione Laburista (fino al 1998) di Valdo Spini;
Movimento dei Comunisti Unitari (fino al 1998) di Famiano Crucianelli;
Cristiano Sociali (fino al 1998) di Pierre Carniti.
In seguito, faranno parte dell'Ulivo anche:

Rinnovamento Italiano (RI) (dal 1996 al 2002), il movimento guidato dal Presidente del Consiglio uscente Lamberto Dini;
I Democratici (dal 1999 al 2002), movimento fondato dallo stesso Prodi nel 1999, erede diretto dei Comitati Prodi e del Movimento per l'Ulivo;
l'UDEUR (dal 1999) di Clemente Mastella;
Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) (dal 1998), guidato da Armando Cossutta e Oliviero Diliberto (nato nel 1998);
Movimento Repubblicani Europei (MRE) (dal 2001) di Luciana Sbarbati, dopo il passaggio al centrodestra del PRI di Giorgio La Malfa.
Le evoluzioni di partiti già esistenti:

il PDS diventerà Democratici di Sinistra (DS) (dal 1998) con l'adesione di movimenti laburisti e cristiano-sociali;
i Socialisti Italiani costituiranno i Socialisti Democratici Italiani (SDI) (dal 1998);
il PPI insieme a Rinnovamento Italiano e ai Democratici costituirà Democrazia è Libertà - La Margherita (DL) (dal 2002).
Partecipano stabilmente, in molte competizioni elettorali, anche partiti regionalisti come:

Partito Sardo d'Azione;
Südtiroler Volkspartei;
Union Valdôtaine;
Lega Autonomia Veneta.
L'Ulivo al governo
«L'alleanza di centro sinistra dell'Ulivo è stata uno dei governi di maggior successo nella storia italiana del dopoguerra. [...] Romano Prodi ha gestito l'arduo compito di ridurre il cronico disavanzo di bilancio dell'Italia, che ha, quindi, permesso al Paese di entrare nella moneta unica europea nel 1998. La coalizione ha anche privatizzato società statali per un valore di 75 miliardi di dollari, ha ridotto l'inflazione dimezzandola e ha ridato crescita economica, sebbene l'Italia ancora rimane indietro alla media dell'UE sia nella crescita che nella disoccupazione. Ultimo ma non di secondaria importanza, i principali pezzi della coalizione sono riusciti a sopravvivere per l'intero periodo della legislatura, benché sotto tre differenti primi ministri in quattro gestioni.[11]»

Nel 1996 la coalizione dell'Ulivo vince le elezioni politiche, prevalendo sul Polo per le Libertà di Silvio Berlusconi, conseguendo un'ampia maggioranza al Senato ma senza riuscire a raggiungerla alla Camera dei deputati, dove necessita dell'appoggio di Rifondazione Comunista (altro partito nato dalla scissione del PCI), con cui aveva stabilito accordi pre-elettorali, denominati "patti di desistenza". Questo provocherà problemi e rallentamenti nei progetti della coalizione, con in particolare la caduta del Governo Prodi I, nell'ottobre 1998[12].

Governo   Periodo
Governo Prodi I   17 maggio 1996 - 21 ottobre 1998
Governo D'Alema I   21 ottobre 1998 - 22 dicembre 1999
Governo D'Alema II   22 dicembre 1999 - 26 aprile 2000
Governo Amato II   26 aprile 2000 - 11 giugno 2001
I cinque anni di governo della coalizione ulivista (dal 1996 al 2001) portano, tra l'altro, all'approvazione di leggi di snellimento burocratico, di liberalizzazione economica, di acquisizione di diritti, di miglioramento economico generale, importanti per lo sviluppo dell'Italia che con il Governo Prodi I ha consolidato la propria appartenenza all'Unione europea in coincidenza con l'avvento dell'euro.

Tuttavia nel quinquennio, pur dotato di una certa continuità esecutiva, si possono riconoscere tratti distintivi individuabili nei tre differenti capi del governo che si succedettero. Con Romano Prodi, l'Ulivo al governo si occupò di rilanciare il Paese con un programma riformista, europeista, in concertazione con le forze sindacali. La sua attività si estende per quasi due anni e mezzo, entrando, all'epoca, al secondo posto, nella storia della Repubblica, per durata di un esecutivo (superando il governo Moro del 1966). Con Massimo D'Alema vi fu un periodo caratterizzato da un iniziale rilassamento dopo la corsa per il rispetto dei Maastricht (in questo momento e per i successivi cinque anni, il leader e promotore dell'Ulivo, Romano Prodi, ha l'incarico di svolgere le mansioni di Presidente della Commissione Europea). Termina dopo la sconfitta elettorale nelle elezioni regionali del 2000, di cui D'Alema si assume la responsabilità e si dimette[13]. Sotto Giuliano Amato, per un anno, con ormai un consolidato risanamento economico alle spalle ci fu il tentativo di recuperare negli aspetti più duri ad evolversi nell'economia italiana, come l'occupazione.

Caduta del Governo Prodi I nel 1998
Quando la direzione di Rifondazione Comunista decise di ritirare l'appoggio esterno al Governo Prodi I, i parlamentari eletti si divisero: il presidente del partito, Armando Cossutta, raccolse i favorevoli al proseguimento dell'esperienza di governo, facendo partire una scissione da Rifondazione che portò alla nascita del nuovo Partito dei Comunisti Italiani. Tuttavia questa mossa non fu sufficiente, e per un solo voto il governo venne sfiduciato[12], con il voto determinante di Silvio Liotta di Rinnovamento Italiano[14].

Prodi fu costretto alle dimissioni e il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, avviò le consultazioni per l'incarico ad un nuovo premier: per evitare nuove elezioni e consentire un nuovo governo di centrosinistra, venne costituito un nuovo gruppo parlamentare di esponenti di centro, l'Unione Democratica per la Repubblica (UDR), guidato da Francesco Cossiga e Clemente Mastella, al quale aderì anche il CDU di Rocco Buttiglione, sostenitore della premiership di Massimo D'Alema, che ottenne la fiducia. In un secondo momento, però, il CDU tornerà nella coalizione di centrodestra[15].

Romano Prodi fu quindi, temporaneamente allontanato dalla politica italiana, sostenendolo come candidato alla Commissione Europea.

Riforme della giustizia
L'avvocato Giovanni Maria Flick, che fu Ministro di grazia e giustizia del Governo Prodi I, prima delle elezioni del 1996 si era occupato di scrivere il programma dell'Ulivo sulla giustizia, i cui punti principali prevedevano:

Norme per sveltire i processi e renderli più efficienti.
Norme anticorruzione per rafforzare la lotta a fenomeni come quello di Tangentopoli.
Norme per riequilibrare il potere di accusa e di difesa e renderle totalmente indipendenti dal potere politico.
Pene più severe per corrotti, corruttori e concussioni, ricondotti ad una stessa tipologia di reato. Incentivi per chi si pente e collabora, per rompere il patto criminoso di omertà tra chi ha pagato e chi è stato pagato con le tangenti. Responsabilità penale della persona giuridica, ad esempio per i reati connessi alla politica di impresa.
All'epoca alcuni magistrati si mostrarono scettici sul fatto che tale programma sarebbe stato seguito dall'Ulivo, e prospettarono che invece sarebbero state varate riforme volte a minare l'indipendenza della magistratura e ad affossare le iniziative giudiziarie sulla corruzione.
Piercamillo Davigo: «I progressisti ci distruggeranno e lo faranno con più astuzia di quelli del centrodestra: senza farsene accorgere, senza strillare, e questa volta senza nemmeno incontrare ostacoli dall'altra parte. Saranno tutti d'accordo, quando si tratterà di disarmarcNuovo Ulivo
Il 13 maggio 2001, mentre Romano Prodi è impegnato a Bruxelles con la presidenza della Commissione europea, la coalizione dell'Ulivo vede in Francesco Rutelli il possibile premier che possa portare avanti i progetti avviati nel quinquennio uscente[17]. La coalizione si presenta all'appuntamento elettorale formata dagli stessi partiti di cinque anni prima, con l'aggiunta dell'UDEUR di Clemente Mastella (nato sulla scia della vecchia UDR ormai disciolta), che partecipa al progetto politico della Margherita, guidato dal candidato premier[18]. Rimane fuori Rifondazione Comunista, che presenta i suoi candidati autonomamente.

L'Ulivo non regge il confronto con il centrodestra di Silvio Berlusconi e perde le elezioni[15]. Tra le cause della sconfitta:

Il mancato raccoglimento in un fronte unito e compatto, di tutte le forze in contrasto con il comune antagonista, che porterà alla sconfitta in diversi collegi in bilico. In queste elezioni corrono da soli Italia dei Valori di Antonio Di Pietro (in contrasto con le riforme giudiziarie approvate dall'Ulivo), Rifondazione Comunista (a parte la cosiddetta non belligeranza nei collegi uninominali della Camera) e qualche altro parlamentare uscente dai partiti della coalizione;
L'incapacità di comunicare i risultati del suo operato, giudicati dal centro-sinistra positivi per il paese. La coalizione, infatti, è apparsa, in una seconda parte della legislatura, in diversi momenti ferma, poco reattiva, piuttosto timorosa riguardo alle proprie azioni, facilmente ritenute deboli, poco sostenute di fronte all'opinione pubblica;
Differente dalla forza e originalità propagandista dell'avversario vittorioso. Berlusconi infatti ha utilizzato una nave da crociera girando l'Italia, oltre che aerei che lo reclamizzavano. Ha fatto inviare opuscoli alle famiglie italiane e ha disposto un formale e rituale pubblico giuramento in diretta televisiva, il cosiddetto "contratto con gli italiani". Sono stati affissi, infine, innumerevoli manifesti e sono stati trasmessi vari spot televisivi.
Gli anni della XIV legislatura sono stati caratterizzati dal ruolo di opposizione ai governi di Silvio Berlusconi e, dal punto di vista interno, anni di fervente riorganizzazione e riavvicinamento con le forze del centrosinstra rimaste fuori dalla coalizione Ulivista. Infatti, i partiti dell'Ulivo puntarono a consolidare le proprie strutture e a semplificare il quadro politico complessivo: lo fecero i Democratici di Sinistra, che celebrarono un congresso straordinario per rilanciare l'azione del partito; lo fecero i partiti dell'area di centro che si riunirono in un soggetto unitario, La Margherita. Come opposizione al Governo Berlusconi, inoltre, la coalizione riaprì un dialogo con soggetti che precedentemente erano rimasti fuori, in primis Rifondazione Comunista e Italia dei Valori, che stipularono un patto con i partiti riuniti nell'Ulivo per far nascere forme di collaborazione nel contesto delle amministrazioni locali ed anche nelle istituzioni nazionali. Durante questi anni da opposizione, l'Ulivo (ed il centrosinistra in genere), sin dagli appuntamenti elettorali successivi al 2001, comincia a recuperare consensi soprattutto alle elezioni amministrative del 2002, 2003 e 2004.

Lista Uniti nell'Ulivo

Lo stesso argomento in dettaglio: Uniti nell'Ulivo.
In vista delle elezioni europee del 2004, Romano Prodi, che si apprestava ormai a divenire nuovamente leader del centro-sinistra, propose alle forze dell'Ulivo di presentarsi congiuntamente in una lista unitaria[19]. Accolsero l'appello i Democratici di Sinistra, la Margherita, i Socialisti Democratici Italiani e il Movimento Repubblicani Europei (non vi aderirono invece i Verdi e i Comunisti Italiani)[20]. Fu così che l'Ulivo da coalizione si trasformò in una federazione di partiti. Parallelamente, lo schieramento di centro-sinistra assunse prima la denominazione di Grande Alleanza Democratica[21] e successivamente l'Unione[20].

Elezioni politiche del 2006
Dall'autunno-inverno del 2005 si delinea la "nuova identità" dell'Ulivo, che si materializza come accordo-base (proiettato alla nascita di un partito unitario) fra i due maggiori partiti dell'Unione, i DS e la Margherita, con la partecipazione di movimenti e forze e di culture che si richiamano al riformismo, alla tradizione socialdemocratica, cristiano-sociale, repubblicana, liberaldemocratica.

In conformità con le decisioni e gli accordi stipulati qualche mese prima, l'Ulivo è presente sulla scena politica delle elezioni 2006 nella competizione per la Camera dei deputati[22], dove viene presentata la lista unitaria in tutte le circoscrizioni.

Le elezioni si risolvono con una vittoria dell'Unione, ma soltanto per poche decine di migliaia di voti: alla Camera, il centrosinistra, con un vantaggio di 24 000 voti, ottiene il premio di maggioranza che assicura stabilità parlamentare; al Senato, la coalizione guidata da Prodi prevale per soli due seggi (determinanti i voti ottenuti nella circoscrizione Estero), pur avendo preso complessivamente meno voti della Casa delle Libertà.

L'Ulivo si conferma come la lista più votata, ottiene quasi 12 milioni di voti con una percentuale del 31,3. I risultati elettorali, e il fatto che il simbolo dell'Ulivo abbia raccolto più voti della sommatoria Ds-Margherita, pone come tema centrale la costituzione del grande partito unitario, il Partito Democratico, tant'è che a livello parlamentare si assume la decisione di costituire gruppi unitari nel nome dell'Ulivo. Alla Camera, l'Ulivo ottiene 218 deputati: ai 220 ottenuti dalla lista unitaria, se ne aggiungono cinque ottenuti all'estero sotto il simbolo dell'Unione; quattro sono detratti a favore dell'Udeur[23] e tre a favore dell'Italia dei Valori[24], a titolo di diritto di tribuna qualora le due formazioni non avessero superato gli sbarramenti previsti. Al Senato, l'Ulivo ottiene 107 parlamentari: 62 eletti nei DS, 39 nella Margherita, 1 nell'Ulivo (Molise), 4 all'estero sotto il simbolo dell'Unione, 2 attraverso candidature comuni con la SVP; un deputato è invece devoluto all'Italia dei Valori[25]. I capigruppo sono Dario Franceschini alla Camera e Anna Finocchiaro al Senato.

All'indomani delle elezioni politiche, si svolgono le elezioni del nuovo presidente della Repubblica, che portano al Quirinale Giorgio Napolitano. Il nuovo Capo dello Stato, il 17 maggio 2006, affida a Prodi l'incarico di formare il nuovo governo[26]. Tra l'altro, per una singolarità degli eventi, Prodi aveva ricevuto il medesimo incarico esattamente dieci anni prima (il 17 maggio 1996)[27].

Dall'Ulivo al Partito Democratico

Lo stesso argomento in dettaglio: Partito Democratico (Italia).
Romano Prodi, appena re-insediatosi come capo del Governo, conferma l'obiettivo di portare a compimento il grande progetto del "Partito Democratico", fondato sull'esperienza dell'Ulivo, nel quale far confluire DS, DL e movimenti portatori di altre culture. Visti i nuovi obiettivi (la costituzione di un partito unico), viene archiviata l'iniziativa della Federazione che, pur avendo previsto di riunirsi all'indomani delle elezioni politiche, finisce definitivamente in soffitta.

Il 17 luglio 2006 si svolgono le assemblee nazionali di DS e DL che danno un indirizzo favorevole alla costruzione del soggetto unitario. Ma il sigillo ufficiale all'iniziativa è rimandato ai congressi nazionali che i due partiti tengono nell'aprile 2007: la Margherita presenta un'unica linea - sostenuta dal suo presidente Rutelli insieme all'area ulivista - di avviare la fase costituente del PD; i DS, invece, svolgono un congresso a mozioni dove, accanto alla mozione (che ottiene il 75% dei consensi) del segretario Fassino protesa e spedita verso il PD, si contrappongono altre due mozioni, l'una contraria, l'altra scettica.

Da una parte c'è l'area del cosiddetto correntone della sinistra DS, guidato dal ministro Fabio Mussi, che, per il congresso nazionale del partito, ha presentato una mozione distinta da quella del segretario Fassino, denominata "A Sinistra. Per il socialismo europeo". La mozione Mussi è contraria ad una deriva moderata del partito e a qualsiasi allontanamento (anche solo formale) dal Partito del Socialismo Europeo, il cui legame anzi è giudicato troppo debole. Si propone piuttosto la nascita di una grande forza socialista di sinistra e non di un progetto riformista-democratico di centrosinistra. Tra gli altri firmatari, ci sono Cesare Salvi, Fulvia Bandoli, Valdo Spini, Paolo Nerozzi, Paolo Brutti, Olga D'Antona;
Favorevole alla nascita di un nuovo partito, ma non esattamente del Partito Democratico, è invece la corrente guidata da Gavino Angius e Mauro Zani, che ha presentato la mozione "Per un partito nuovo. Democratico e Socialista".
Il 5 maggio 2007, le aree diessine che si rifanno alla mozione Mussi e a parte della mozione Angius, contrarie alla nascita del PD, danno vita ad un nuovo movimento, denominato Sinistra Democratica che si pone l'obiettivo di unificare la sinistra nel nome del socialismo europeo[28].

Il percorso del PD (che in questa fase costituente assume il nome di L'Ulivo-Partito Democratico e mantiene lo storico simbolo ulivista) intanto prosegue con la predisposizione delle regole per l'elezione dell'Assemblea Costituente, attraverso il metodo delle primarie, in programma per il 14 ottobre 2007, data di nascita ufficiale del nuovo partito. A tale scopo viene costituito un "Comitato 14 ottobre", composto da 45 rappresentanti politici e della società civile[29].

Con le Primarie del Partito Democratico del 14 ottobre 2007 l'esperienza politica dell'Ulivo ha una battuta di arresto che diviene definitiva in seguito alla decisione del Partito Democratico di presentarsi solo con l'Italia dei Valori alle elezioni politiche del 2008.

Leader
Romano Prodi (1995–1998, 2004–2007)
Massimo D'Alema (1998–2000)
Francesco Rutelli (2000–2004)
Simboli storici
L'Ulivo - Alleanza per il governo simbolo elettorale per le elezioni politiche del 1996.
L'Ulivo - Alleanza per il governo
simbolo elettorale per le elezioni politiche del 1996.
 
L'Ulivo per Rutelli - Insieme per l'Italia simbolo elettorale per le elezioni politiche in Italia del 2001.

L'Ulivo per Rutelli - Insieme per l'Italia
simbolo elettorale per le elezioni politiche in Italia del 2001.
Risultati elettorali
Elezione   Voti   %   Seggi   Note
Politiche 1996   Maggioritario Camera   15.747.455   42,2   
247 / 475
(1)
Senato   13.013.275   39,9   
152 / 315
Politiche 2001   Maggioritario Camera   16.288.228   43,7   
189 / 475
(2)
Senato   13.106.860   38,7   
125 / 315
Politiche 2006   Camera   11.930.983   31,3   
220 / 630
Senato   -   -   
107 / 315
(3)
(1) Compresi i 14 deputati eletti su liste comuni L'Ulivo-Lega Autonomia Veneta, i 4 deputati eletti su liste comuni L'Ulivo-Partito Sardo d'Azione e Ciriaco de Mita, eletto nella lista Democrazia e Libertà senza l'appoggio del PRC. Al netto di questi: 228 deputati eletti.
(2) Compresi i 5 deputati eletti su liste comuni Südtiroler Volkspartei-L'Ulivo e il deputato eletto su lista comune L'Ulivo-Con Illy per Trieste. Al netto di questi: 183 deputati eletti.
(3) Somma degli eletti nelle liste dei Democratici di Sinistra e di Democrazia è Libertà - La Margherita presentatesi autonomamente, nella lista dell'Ulivo in Molise, nella lista l'Unione-SVP in Trentino-Alto Adige (non afferenti al partito sudtirolese) e nella lista L'Unione nella ripartizione estero.
Note
^ Con un ulivo contro il Cavaliere, su archiviolastampa.it.
^ Donald F. Busky, Communism in History and Theory: The European Experience, in Greenwood Publishing Group, 1º gennaio 2002, p. 57. URL consultato il 24 luglio 2013.
^ Mario B. Mignone, Italy Today: Facing the Challenges of the New Millennium, in Peter Lang, 1º gennaio 2008, p. 58. URL consultato il 24 luglio 2013.
^ James L. Newell & James Newell, The Politics of Italy: Governance in a Normal Country, in Cambridge University Press, 28 gennaio 2010, p. 39. URL consultato il 24 luglio 2013.
^ Claudia Fusani, Veltroni stravince con il 76% ma è la festa dei cittadini elettori, in La Repubblica, 14 ottobre 2007. URL consultato il 24 gennaio 2010.
^ Nel segno dell'Ulivo.
^ Gianluca Luzi, Berlusconi, 225 giorni e poi l'addio, in La Repubblica, 21 dicembre 1994, p. 2. URL consultato il 25 maggio 2010.
^ e nasce il " PATTO PER L'ITALIA ", in Corriere della Sera, 04 gennaio 1994, p. 2. URL consultato il 25 maggio 2010.
^ Gianna Fregonara, e nasce il " PATTO PER L'ITALIA ", in Corriere della Sera, 04 gennaio 1994, p. 2. URL consultato il 25 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2013).
 Sergio Stimolo, Ulivo, i prodiani all'attacco di D'Alema, in Corriere della Sera, 02 luglio 2000, p. 11. URL consultato il 25 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2013).
^ (EN) Berlusconi's return, in The Economist, 8 maggio 2001. URL consultato il 12 febbraio 2023.
 La storia del governo Prodi, in La Repubblica, 09 ottobre 1998. URL consultato il 20 maggio 2010.
^ Da Ocalan al Kosovo i 500 giorni di D'Alema, in La Repubblica, 19 aprile 2000. URL consultato il 25 maggio 2010.
^ Gianna Fregonara, Il governo dell'Ulivo affonda per un voto, in Corriere della Sera, 10 ottobre 1998, p. 2. URL consultato il 20 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2013).
 Polo. Dalla scesa in campo di Berlusconi alla nuova alleanza varata nel 2000 Dopo Tangentopoli la vittoria del Cavaliere, in La Nuova Sardegna, 13 maggio 2001, p. 1. URL consultato il 25 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2015).
 Barbacetto, Gomez e Travaglio.
^ La sorpresa di Rutelli "Un gesto da galantuomo", in La Repubblica, 25 settembre 2000. URL consultato il 20 maggio 2010.
^ Rutelli battezza la Margherita con l'obiettivo del 20%, in La Repubblica, 03 febbraio 2001. URL consultato il 20 maggio 2010.
^ Marco Marozzi, L' Ulivo presenti liste uniche alle elezioni europee del 2004, in La Repubblica, 18 luglio 2003, p. 7. URL consultato il 30 gennaio 2010.
 Roberto Zuccolini, Partito democratico Amato: torno militante, in Corriere della Sera, 18 marzo 2007, p. 12. URL consultato il 24 maggio 2010.
^ Dopo il listone nasce la Gad La nuova proposta: si chiami Alleanza, in Corriere della Sera, 25 novembre 2004, p. 12. URL consultato il 24 gennaio 2010.
^ Gianna Fregonara, Accordo Ds-Margherita: lista unica alla Camera, in Corriere della Sera, 19 ottobre 2005, p. 5. URL consultato il 30 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2015).
^ Si tratta di Paolo Affronti, Sandra Cioffi, Mauro Fabris, Antonio Satta
^ Massimo Donadi, Felice Belisario, Silvana Mura
^ Si tratta di Aniello Formisano, eletto nei DS in Umbria
^ Vincenzo Vasile, Napolitano dà l’incarico a Prodi Consultazioni brevi, la prima innovazione del nuovo presidente. Poi alle 19,30 l’investitura, in l'Unità, 17 maggio 2006, p. 2. URL consultato il 30 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale l'8 febbraio 2013).
^ Prodi giura di nuovo dopo 10 anni, in La Repubblica, 17 maggio 2006. URL consultato il 30 gennaio 2010.
^ Simone Collini, Mussi: «Il mio sogno è riunire la sinistra» Nasce Sinistra democratica: «Saremo un movimento, alleati del Pd», in l'Unità, 06 maggio 2007, p. 7. URL consultato il 30 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale l'8 febbraio 2013).
^ Partito democratico, via al comitato da 45, in Corriere della Sera, 24 maggio 2007. URL consultato il 30 gennaio 2010.
Bibliografia
Romano Prodi, Governare l'Italia. Manifesto per il cambiamento, MicroMega, 1995, ISBN 88-7989-153-7.
Walter Dondi, Bologna Italia. L'esperienza emiliana e il governo dell'Ulivo, Roma, Donzelli Editore, 1998, ISBN 978-88-7989-420-3.
Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Marco Travaglio, Mani pulite. La vera storia. Da Mario Chiesa a Silvio Berlusconi, Roma, Editori Riuniti, 2002, pp. 487-488, 580-598, ISBN 88-359-5241-7.
Saverio Lodato e Marco Travaglio, Intoccabili. Perché la mafia è al potere. Dai processi Andreotti, Dell'Utri & C. alla normalizzazione. Le verità occultate sui complici di Cosa Nostra nella politica e nello Stato, in BUR, introduzione di Paolo Sylos Labini, Milano, Rizzoli, 2005, pp. 120-128, ISBN 88-17-00537-1.


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Collegamenti esterni
Ulivo, L', su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata
L'Ulivo, su sapere.it, De Agostini. Modifica su Wikidata
Statuto della Federazione del 2005 (PDF), su deputatids.it. URL consultato il 12 ottobre 2007 (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2007).
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Jura Gentium
Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale 
Jura Gentium / Pagina iniziale / Recensioni /
2005

E.W. Said, The Question of Palestine, Vintage Books, New York 1992, trad. it. La questione palestinese.
La tragedia di essere vittima delle vittime, Gamberetti Editrice, Roma 1995, ISBN 88-7990-038-2

La questione palestinese di Edward W. Said è un libro bello e utile, al pari di Orientalismo, l'opera che ha reso celebre questo professore statunitense di origine palestinese che insegna letteratura comparata alla Columbia University di New York. Si tratta di una delle pochissime 'interpretazioni palestinesi' della storia della Palestina di cui la cultura occidentale disponga.
Scritto circa vent'anni fa, il libro continua ad offrire elementi di riflessione di grande rilievo e di una sorprendente attualità. Ci aiuta a cogliere in profondità le ragioni storiche di ciò che oggi sta accadendo in Palestina: il definitivo fallimento degli accordi di Oslo e della 'mediazione' statunitense, l'esplosione della nuova Intifada che ha ormai come obiettivo l'indipendenza di tutto il popolo palestinese, la devastazione di ciò che resta di Gaza, della Cisgiordania e di Gerusalemme-est dopo trentacinque anni di occupazione militare, lo smantellamento dell'Autorità nazionale palestinese, la strage senza fine di ebrei e di palestinesi innocenti.
Ciò che a mio parere rende prezioso il contributo di Said è il suo tentativo di ricostruire la 'questione palestinese' da un punto di vista palestinese - non genericamente arabo o islamico - e di farlo a partire dagli inizi dell'intera vicenda: la nascita del movimento sionista, l'affermazione della sua ideologia nel contesto della cultura colonialista europea degli ultimi decenni dell'Ottocento, l'avvio del fenomeno migratorio verso la Palestina. E in parallelo Said traccia la storia del popolo palestinese e ne presenta un accurato profilo demografico e sociologico.
È da questi elementi che bisogna partire, sostiene Said, se si vuole 'capire' la questione palestinese. 'Capire', se si accoglie questo suggerimento metodologico, significa rintracciare la linea di continuità storica e ideologica che lega fra loro una lunga serie di eventi: le prime ondate dell'emigrazione sionista in Palestina, la costituzione dello Stato di Israele, la sua progressiva espansione territoriale, la dispersione violenta del popolo palestinese, la negazione (non solo israeliana, ma anche araba) della sua identità collettiva, l'occupazione militare di tutte le sue terre, la prima e la seconda Intifada, il terrorismo suicida di Hamas e degli altri gruppi del nazionalismo palestinese estremo.

C'è un tema cruciale sul quale Said insiste, accumulando un'ampia documentazione e interpretandola con estrema cura filologica. Nei decenni a cavallo fra Ottocento e Novecento, periodo nel quale le potenze europee, in primis l'Inghilterra, decidevano le sorti della Palestina e incoraggiavano il movimento sionista ad occuparla, la Palestina non era un deserto. Era, al contrario, un paese dove viveva una comunità politica e civile composta di oltre seicentomila persone, che dava nome al territorio e che lo occupava legittimamente da secoli.

I palestinesi parlavano l'arabo ed erano in gran parte mussulmani sunniti, con la presenza di minoranze cristiane, druse e sciite, che usavano anch'esse la lingua araba. Grazie al suo elevato grado di istruzione, la borghesia palestinese costituiva una élite della regione mediorientale: intellettuali, imprenditori e banchieri palestinesi occupavamo posti chiave nel mondo politico arabo, nella burocrazia e nelle industrie petrolifere del Golfo Persico. Questa era la situazione sociale e demografica della Palestina nei primi decenni del Novecento e tale sarebbe rimasta fino a qualche settimana prima della proclamazione dello Stato d'Israele nella primavera del 1948: in quel momento in Palestina era presente una popolazione autoctona di circa un milione e mezzo di persone (mentre gli ebrei, nonostante l'imponente flusso migratorio del dopoguerra, superavano di poco il mezzo milione).

L'intera vicenda dell'invasione sionista della Palestina e della autoproclamazione dello Stato di Israele ruota, dunque, attorno ad una operazione ideologica che poi si incarnerà in una sistematica strategia politica: la negazione dell'esistenza del popolo palestinese. Nelle dichiarazioni dei maggiori leader sionisti - da Theodor Herzl a Moses Hess, a Menachem Begin, a Chaim Weizman - la popolazione nativa, quando non è totalmente ignorata, viene squalificata come barbara, indolente, venale, dissoluta. A questo diffusissimo clichet coloniale è strettamente associata l'idea che il compito degli ebrei sarebbe stato quello di occupare un territorio arretrato e semideserto per ricostruirlo dalle fondamenta e 'modernizzarlo'. E secondo una interpretazione radicale della 'missione civilizzatrice' dell'Europa e del suo 'colonialismo ricostruttivo', la nuova organizzazione politica ed economica israeliana avrebbe dovuto escludere ogni cooperazione, se non di carattere subordinato e servile, della popolazione autoctona (mentre lo Stato israeliano sarebbe rimasto aperto all'ingresso di tutti gli ebrei del mondo e soltanto degli ebrei).
Non a caso, la prima grande battaglia che i palestinesi sono stati costretti a combattere per risalire la china dopo la costituzione dello Stato d'Israele è stata quella di opporsi alla loro vera e propria cancellazione storica. Il loro obiettivo primario è stato di affermare - non solo contro Israele, ma anche contro paesi arabi come l'Egitto, la Giordania, la Siria - la loro identità collettiva e il loro diritto all'autodeterminazione. Soltanto molto tardi, non prima del 1974, le Nazioni Unite prenderanno formalmente atto dell'esistenza di un soggetto internazionale chiamato Palestina e riconosceranno in Yasser Arafat il suo legittimo rappresentante.

La negazione dell'esistenza di un popolo nella terra dove si intendeva installare lo Stato ebraico è lo stigma coloniale e, in definitiva, razzistico che caratterizza sin dalle sue origini il movimento sionista: un movimento, del resto, strettamente legato alle potenze coloniali europee e da esse sostenuto in varie forme. Dopo aver a lungo progettato di costituire in Argentina, in Sudafrica o a Cipro la sede dello Stato ebraico, la scelta del movimento sionista cade sulla Palestina non solo e non tanto per ragioni religiose, quanto perché si sostiene, assieme a Israel Zangwill, che la Palestina è "una terra senza popolo per un popolo senza terra".
È in nome di questa logica coloniale che inizia l'esodo forzato di grandi masse di palestinesi - non meno di settecentomila - grazie soprattutto al terrorismo praticato da organizzazioni sioniste come la Banda Stern, guidata da Yitzhak Shamir, e come l'Irgun Zwai Leumi, comandata da Menahem Beghin, celebre per essersi resa responsabile della strage degli abitanti - oltre 250 - del villaggio di Deir Yassin.
Poi, a conclusione della prima guerra arabo-israeliana, l'area occupata dagli israeliani si espande ulteriormente, passando dal 56 per cento dei territori della Palestina mandataria, assegnati dalla raccomandazione della Assemblea Generale delle Nazioni Unite, al 78 per cento, includendo fra l'altro l'intera Galilea e buona parte di Gerusalemme. Infine, a conclusione dalla guerra dei sei giorni, nel 1967, come è noto, Israele si impadronisce anche del restante 22 per cento, si annette illegalmente Gerusalemme-est e impone un duro regime di occupazione militare agli oltre due milioni di abitanti della striscia di Gaza e della Cisgiordania. Il tutto accompagnato dalla sistematica espropriazione delle terre, dalla demolizione di migliaia di case palestinesi, dalla cancellazione di interi villaggi, dall'intrusione di imponenti strutture urbane nell'area di Gerusalemme araba, oltre che in quella di Nazaret.

Ma, fra tutte, è la vicenda degli insediamenti coloniali nei territori occupati della striscia di Gaza e della Cisgiordania a fornire la prova più persuasiva del buon fondamento dell'interpretazione 'colonialista' proposta da Edward Said. Come spiegare altrimenti il fatto che, dopo aver conquistato il 78 per cento del territorio della Palestina, dopo aver annesso Gerusalemme-est ed avervi insediato non meno di 180 mila cittadini ebrei, lo Stato di Israele si è impegnato in una progressiva colonizzazione anche di quell'esiguo 22 per cento rimasto ai palestinesi, e già sotto occupazione militare? Come è noto, a partire dal 1968, per iniziativa dei governi sia laburisti che di destra, Israele ha confiscato circa il 52 per cento del territorio della Cisgiordania e vi ha insediato oltre 200 colonie, mentre nella popolatissima e poverissima striscia di Gaza ha confiscato il 32 per cento del territorio, istallandovi circa 30 colonie. Complessivamente non meno di 200 mila coloni oggi risiedono nei territori occupati, in residenze militarmente blindate, collegate fra loro e con il territorio dello Stato israeliano attraverso una rete di strade (le famigerate by-pass routes) interdette ai palestinesi e che frammentano e lacerano ulteriormente ciò che rimane della loro patria.

Si può dunque concludere, assieme a Said, che il 'peccato originale' dello Stato di Israele è il suo carattere strutturalmente sionista: il suo rifiuto non solo di convivere pacificamente con il popolo palestinese ma persino di gestire la propria egemonia in modi non repressivi, coloniali e sostanzialmente razzisti. Ciò che l'ideologia sionista è riuscita ad ottenere - indubbiamente favorita dalla persecuzione antisemitica e dalla tragedia dell'Olocausto - è stata la progressiva conquista della Palestina dall'interno. E ciò ha dato e continua a dare al mondo - non solo a quello occidentale -l'impressione che l'elemento indigeno sia costituito dagli ebrei e che stranieri siano i palestinesi. In questa anomalia sta il nucleo della tragedia che si è abbattuta sul popolo palestinese, la ragione principale delle sue molte sconfitte: il sionismo è stato molto più di una normale forma di conquista e di dominio coloniale dall'esterno. Esso ha goduto di un consenso e di un sostegno generale da parte dei governi e della opinione pubblica europea come non è accaduto per alcun'altra impresa coloniale.
Ma qui sta anche il grave errore commesso dalla classe politica israeliana e dalla potente élite ebraica statunitense che ne ha sempre condiviso le scelte politico-militari. Un popolo palestinese esisteva in Palestina prima della costituzione dello Stato di Israele, continua ad esistere nonostante lo Stato di Israele ed è fermamente intenzionato a sopravvivere allo Stato di Israele, nonostante le sconfitte, le umiliazioni, la sanguinosa distruzione dei suoi beni e dei suoi valori.

Danilo Zolo
Parole chiave:   guerra terrorismo violenza razzismo orientalismo resistenza

Jura Gentium, Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale, ISSN 1826-8269


70  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / Cassazione quando e perché il medico di guardia deve recarsi a casa del paziente inserito:: Dicembre 29, 2023, 05:11:15 pm
DottNet - Cassazione, quando e perché il medico di guardia deve recarsi a casa del paziente

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https://www.dottnet.it/articolo/32535319/cassazione-quando-e-perche-il-medico-di-guardia-deve-recarsi-a-casa-del-paziente
71  Forum Pubblico / O.P.O.N. OPINIONE PUBBLICA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE. (DA FONDARE. Idea resa nota dal marzo 2024). / LA SALUTE di tutta la Cittadinanza, oggi, nelle mani della Partitocrazia Locale. inserito:: Dicembre 29, 2023, 12:20:59 am
Riccardo Saporiti
Data journalism
22.12.2023
Come sta il Servizio sanitario nazionale, 45 anni dopo
Dai finanziamenti agli incassi legati al ticket, dai tempi di attesa alla carenza di personale fino alla mobilità sanitaria: Wired usa i dati per raccontare lo stato di salute del Ssn, istituito nel 1978
Il 23 dicembre 1978 entrava in vigore la legge che ha istituito il Servizio sanitario nazionale (Ssn). In occasione del 45simo anniversario di questa norma, Wired ha raccolto alcuni dati per raccontare lo stato di salute di chi si occupa della salute degli italiani.
Il finanziamento
Il primo elemento per raccontare il Ssn è certamente il più prosaico, ma anche il più importante: quello economico. Secondo l'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel 2023 la spesa italiana per il servizio sanitaria è stata pari al al 6,8% del Pil, dato che pone il nostro paese al 15simo posto in Europa. Se però si guarda ai numeri assoluti, come nel grafico sottostante, i finanziamenti alla sanità in questo paese sono in crescita da anni.
Secondo i dati forniti da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), dal 2001 ad oggi il finanziamento al Servizio sanitario nazionale è quasi raddoppiato: era pari a 71,3 miliardi di euro nell'ultimo anno in cui ancora si usavano le lire, raggiungerà i 130,4 nel 2024. O almeno, questa è la previsione contenuta nella legge di bilancio. E che, se confermata dal parlamento che la sta esaminando in questi giorni, porterebbe a 2.224 euro la spesa pro capite per la salute.
Tornando ai dati storici, sono solo tre le occasioni in cui, nel periodo considerato, c'è stata una contrazione del finanziamento al Servizio sanitario. La prima nel 2006 (-0,02%), la seconda e più consistente nel 2013 (-0,89%), l'ultima nel 2015 (-0,19%). L'aumento più consistente nel 2005, quando la spesa salì del 13,1%, seguito da quello approvato nel primo anno della pandemia, il 2020, che fece aumentare del 5,31% la spesa sanitaria.
La compartecipazione alla spesa: i ticket
Un'altra fonte di finanziamento del Sistema sanitario nazionale è rappresentata dal ticket. La somma complessiva, pari secondo Agenas a poco più di 1 miliardo per il 2022, è di due ordini di grandezza inferiore rispetto al finanziamento istituzionale, ma il tema tocca da vicino i cittadini che hanno bisogno di usufruire di una prestazione.
Non solo: dipendendo in maniera diretta dal numero di prestazioni eseguite, i dati relativi alle somme ‘incassate’ dal Ssn grazie al ticket contribuiscono a dare un'idea dell'impatto della pandemia sulle prestazioni sanitarie. Nel grafico sottostante la situazione che consente di visualizzare anche l'andamento nelle singole regioni (con l'eccezione di Alto Adige, Basilicata e Calabria, per le quali alla pubblicazione dei dati mancava il consolidato economico del 2022).
Nel 2019 le somme versate dai cittadini per accedere alle prestazioni sanitarie, sempre con l'eccezione di Alto Adige, Basilicata e Calabria, ammontavano a 1,3 miliardi di euro. L'anno successivo sono crollate a 790 milioni. In numeri assoluti si tratta di un calo di 513 milioni di euro, in percentuale del 39,4%. Ancora nel 2022, rispetto al 2019, gli incassi legati al ticket segnavano -22%.
I tempi di attesa
Uno degli indicatori per misurare lo stato di salute del sistema sanitario nazionale è certamente rappresentato dai tempi di attesa per accedere alle prestazioni. Sempre il sito di Agenas, fornisce informazioni rispetto alla percentuale di interventi in classe di priorità A effettuati nelle tempistiche previste. Si tratta di interventi, come spiega il Portale per la trasparenza dei servizi per la salute, che devono essere compiuti entro 30 giorni, perché riguardano “casi che possono aggravarsi rapidamente pregiudicando gravemente la salute del paziente”. Nel grafico la situazione, aggiornata al 2022.
Il cerchio rosso mostra la percentuale di interventi realizzati entro la scadenza prevista, quello azzurro la media nazionale. Di default viene visualizzata la Lombardia, ma il filtro nella parte bassa (in alto a sinistra per chi leggesse da desk), consente di selezionare un'altra regione italiana. Detto che non sono presenti dati relativi alla Valle d'Aosta, sono solo tre le prestazioni per le quali lo scorso anno è stata rispettata pienamente la scadenza.
    di Giulio Zoppello
Si tratta delle operazioni per il melanoma in Calabria e gli interventi chirurgici per i pazienti affetti da tumore al colon e alla tiroide in Alto Adige. Il dato peggiore riguarda invece le operazioni per il tumore alla prostata in Basilicata: solo il 13,3% di quelli in classe A è stato effettivamente realizzato entro 30 giorni dalla diagnosi.
Fin qui le operazioni chirurgiche. Ma che succede con visite ed esami? A questo proposito, nella scorsa primavera, Agenas ha lanciato insieme alla Fondazione The Bridge un monitoraggio ex ante dei tempi di attesa delle prestazioni ambulatoriali. In altre parole, ha chiesto di fornire i dati relativi alle prenotazioni effettuate tra il 22 e il 26 maggio di quest'anno, specificando se visite ed esami siano stati erogati entro i termini. Nel caso specifico, entro 10 o 60 giorni, a seconda del grado di urgenza del paziente. Nel grafico sono riportati, nel dettaglio, i risultati.
I filtri nella parte bassa consentono di selezionare il tipo di visita e il grado di urgenza. Le barre in blu fanno riferimento a quelle regioni per cui sono stati raccolti tutti i dati, quelle rosse ai territori in cui la raccolta è stata parziale. Nel dettaglio dall'Abruzzo hanno risposto solo le Asl di L'Aquila e Chieti, dalla Campania solo Napoli 2 Nord e Salerno, dal Lazio Roma 1 e Rieti, dalla Sardegna Oristano, dall'Umbria Perugia e Terni, dal Veneto le Asl Dolomiti, Berica e Euganea.
    di Giulio Zoppello
Da questa sperimentazione, si legge in una nota, emerge come “la prima visita cardiologica è garantita nell’84% dei casi” per i pazienti con maggiore urgenza, e “nell’80% dei casi” per quanti possono attendere 60 giorni. Per la prima visita ortopedica si scende, rispettivamente, al 74% e al 78% dei casi. Sul fronte della diagnostica, i tempi di prenotazione delle Tacsono rispettati per il 78% dei pazienti con urgenza e nell'89% per coloro che possono attendere, mentre per un'ecografia all'addome le percentuali di rispetto delle tempistiche si attestano rispettivamente al 78 e all'89% dei casi.
Importante anche sottolineare che a peggiorare queste statistiche contribuiscono anche gli utenti, che “nel 51% dei casi scelgono una data peggiorativa rispetto a quella che gli viene offerta” dal sistema. In tre casi su quattro, questo avviene perché si chiede “di poter avere la prenotazione presso una struttura diversa da quella proposta in prima disponibilità”. i ritardi, in altre parole, non sono solo imputabili al Ssn.
La carenza di personale
Tra le cause dei ritardi imputabili al Servizio sanitario nazionale c'è certamente la carenza di personale. Secondo Il Sole 24 Ore mancano 4mila medici nei pronto soccorso, 5mila medici di base e tra i 60 e i 70mila infermieri. Il tema è che questo problema appare destinato ad aggravarsi. Valga, su tutti, l'esempio relativo ai medici di medicina generale, l'importanza dei quali è stata ben avvertita durante la pandemia. Secondo il ministero della Salute, al 2021 il 75,3% era in servizio da oltre 27 anni, mentre solo l'1,6% aveva iniziato a lavorare da meno di 6 anni. Nel grafico il dettaglio su base regionale.
Con la sola eccezione dell'Alto Adige, dove i medici di medicina generale con oltre 27 anni di lavoro alle spalle sono ‘solo’ il 53,4% del totale, per le altre regioni d'Italia si pone un serio problema di ricambio generazionale di quei professionisti che rappresentano il canale di accesso ai servizi legati alla salute. Tornando agli ospedali, per far fronte alla carenza di personale molte realtà fanno ricorso ai cosiddetti gettonisti. Ovvero medici che lavorano per delle cooperative e che costano al Ssn nazionale molto più dei professionisti assunti. Una situazione che sta creando problemi economici, tanto che ci sono realtà come la Lombardia che hanno deciso di bandire i gettonisti.
La mobilità sanitaria
In un paese in cui esistono 21 sanità a livello locale, un altro tema centrale è quello legato alla cosiddetta mobilità sanitaria. Ovvero al fatto che ci siano dei pazienti che scelgono di farsi curare al di fuori della propria regione di residenza. Vuoi perché si sentono più sicuri ad affidarsi a professionisti che operano in altre parti del paese, vuoi perché, e questo è l'elemento problematico, la regione in cui vivono non è in grado di soddisfare il loro bisogno di salute.
    di Giulio Zoppello
Agenas ha elaborato un indicatore che consente di misurare la capacità delle regioni di soddisfare il bisogno di salute interno. Ovvero di garantire l'accesso ai servizi sanitari ai propri cittadini. Si chiama Isdi, sigla che sta appunto per indicatore di soddisfazione della domanda interna: se il suo valore è maggiore di uno significa che la regione è in grado di dare risposta ai bisogni sanitari dei propri cittadini, se è inferiore significa che i pazienti devono spostarsi fuori regione. Ecco il dato aggiornato al 2022.

I dati rappresentati nel grafico fanno riferimento a tutte le patologie considerate per elaborare l'indicatore ed escludono i ricoveri casuali. Come si può vedere, solo 7 regioni italiane sono in grado di soddisfare la domanda interna. Ci sono realtà come l'Emilia Romagna (2,83) e la Lombardia (2,51) dove l'offerta di salute è addirittura più che doppia rispetto alla domanda. Col risultato che chi vive nelle altre regioni finisce per spostarsi qui per veder soddisfatti i propri bisogni legati alla salute.

Da - https://www.wired.it/article/servizio-sanitario-nazionale-45-anni-1978-numeri-italia-ticket/?utm_source=pocket-newtab-it-it
72  Forum Pubblico / ARLECCHINO EURISTICO, Nickname che "INVITA ALLA PARTECIPAZIONE", Attraverso gli Scritti. / Come sta il Servizio sanitario nazionale, 45 anni dopo. inserito:: Dicembre 28, 2023, 11:54:15 pm
Riccardo Saporiti
Data journalism
22.12.2023

Come sta il Servizio sanitario nazionale, 45 anni dopo

Dai finanziamenti agli incassi legati al ticket, dai tempi di attesa alla carenza di personale fino alla mobilità sanitaria: Wired usa i dati per raccontare lo stato di salute del Ssn, istituito nel 1978
Il 23 dicembre 1978 entrava in vigore la legge che ha istituito il Servizio sanitario nazionale (Ssn). In occasione del 45simo anniversario di questa norma, Wired ha raccolto alcuni dati per raccontare lo stato di salute di chi si occupa della salute degli italiani.

Il finanziamento
Il primo elemento per raccontare il Ssn è certamente il più prosaico, ma anche il più importante: quello economico. Secondo l'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel 2023 la spesa italiana per il servizio sanitaria è stata pari al al 6,8% del Pil, dato che pone il nostro paese al 15simo posto in Europa. Se però si guarda ai numeri assoluti, come nel grafico sottostante, i finanziamenti alla sanità in questo paese sono in crescita da anni.
Secondo i dati forniti da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), dal 2001 ad oggi il finanziamento al Servizio sanitario nazionale è quasi raddoppiato: era pari a 71,3 miliardi di euro nell'ultimo anno in cui ancora si usavano le lire, raggiungerà i 130,4 nel 2024. O almeno, questa è la previsione contenuta nella legge di bilancio. E che, se confermata dal parlamento che la sta esaminando in questi giorni, porterebbe a 2.224 euro la spesa pro capite per la salute.

Tornando ai dati storici, sono solo tre le occasioni in cui, nel periodo considerato, c'è stata una contrazione del finanziamento al Servizio sanitario. La prima nel 2006 (-0,02%), la seconda e più consistente nel 2013 (-0,89%), l'ultima nel 2015 (-0,19%). L'aumento più consistente nel 2005, quando la spesa salì del 13,1%, seguito da quello approvato nel primo anno della pandemia, il 2020, che fece aumentare del 5,31% la spesa sanitaria.

La compartecipazione alla spesa: i ticket
Un'altra fonte di finanziamento del Sistema sanitario nazionale è rappresentata dal ticket. La somma complessiva, pari secondo Agenas a poco più di 1 miliardo per il 2022, è di due ordini di grandezza inferiore rispetto al finanziamento istituzionale, ma il tema tocca da vicino i cittadini che hanno bisogno di usufruire di una prestazione.
Non solo: dipendendo in maniera diretta dal numero di prestazioni eseguite, i dati relativi alle somme ‘incassate’ dal Ssn grazie al ticket contribuiscono a dare un'idea dell'impatto della pandemia sulle prestazioni sanitarie. Nel grafico sottostante la situazione che consente di visualizzare anche l'andamento nelle singole regioni (con l'eccezione di Alto Adige, Basilicata e Calabria, per le quali alla pubblicazione dei dati mancava il consolidato economico del 2022).
Nel 2019 le somme versate dai cittadini per accedere alle prestazioni sanitarie, sempre con l'eccezione di Alto Adige, Basilicata e Calabria, ammontavano a 1,3 miliardi di euro. L'anno successivo sono crollate a 790 milioni. In numeri assoluti si tratta di un calo di 513 milioni di euro, in percentuale del 39,4%. Ancora nel 2022, rispetto al 2019, gli incassi legati al ticket segnavano -22%.

I tempi di attesa
Uno degli indicatori per misurare lo stato di salute del sistema sanitario nazionale è certamente rappresentato dai tempi di attesa per accedere alle prestazioni. Sempre il sito di Agenas, fornisce informazioni rispetto alla percentuale di interventi in classe di priorità A effettuati nelle tempistiche previste. Si tratta di interventi, come spiega il Portale per la trasparenza dei servizi per la salute, che devono essere compiuti entro 30 giorni, perché riguardano “casi che possono aggravarsi rapidamente pregiudicando gravemente la salute del paziente”. Nel grafico la situazione, aggiornata al 2022.
Il cerchio rosso mostra la percentuale di interventi realizzati entro la scadenza prevista, quello azzurro la media nazionale. Di default viene visualizzata la Lombardia, ma il filtro nella parte bassa (in alto a sinistra per chi leggesse da desk), consente di selezionare un'altra regione italiana. Detto che non sono presenti dati relativi alla Valle d'Aosta, sono solo tre le prestazioni per le quali lo scorso anno è stata rispettata pienamente la scadenza.
   
di Giulio Zoppello
Si tratta delle operazioni per il melanoma in Calabria e gli interventi chirurgici per i pazienti affetti da tumore al colon e alla tiroide in Alto Adige. Il dato peggiore riguarda invece le operazioni per il tumore alla prostata in Basilicata: solo il 13,3% di quelli in classe A è stato effettivamente realizzato entro 30 giorni dalla diagnosi.
Fin qui le operazioni chirurgiche. Ma che succede con visite ed esami? A questo proposito, nella scorsa primavera, Agenas ha lanciato insieme alla Fondazione The Bridge un monitoraggio ex ante dei tempi di attesa delle prestazioni ambulatoriali. In altre parole, ha chiesto di fornire i dati relativi alle prenotazioni effettuate tra il 22 e il 26 maggio di quest'anno, specificando se visite ed esami siano stati erogati entro i termini. Nel caso specifico, entro 10 o 60 giorni, a seconda del grado di urgenza del paziente. Nel grafico sono riportati, nel dettaglio, i risultati.
I filtri nella parte bassa consentono di selezionare il tipo di visita e il grado di urgenza. Le barre in blu fanno riferimento a quelle regioni per cui sono stati raccolti tutti i dati, quelle rosse ai territori in cui la raccolta è stata parziale. Nel dettaglio dall'Abruzzo hanno risposto solo le Asl di L'Aquila e Chieti, dalla Campania solo Napoli 2 Nord e Salerno, dal Lazio Roma 1 e Rieti, dalla Sardegna Oristano, dall'Umbria Perugia e Terni, dal Veneto le Asl Dolomiti, Berica e Euganea.

 di Giulio Zoppello
Da questa sperimentazione, si legge in una nota, emerge come “la prima visita cardiologica è garantita nell’84% dei casi” per i pazienti con maggiore urgenza, e “nell’80% dei casi” per quanti possono attendere 60 giorni. Per la prima visita ortopedica si scende, rispettivamente, al 74% e al 78% dei casi. Sul fronte della diagnostica, i tempi di prenotazione delle Tacsono rispettati per il 78% dei pazienti con urgenza e nell'89% per coloro che possono attendere, mentre per un'ecografia all'addome le percentuali di rispetto delle tempistiche si attestano rispettivamente al 78 e all'89% dei casi.
Importante anche sottolineare che a peggiorare queste statistiche contribuiscono anche gli utenti, che “nel 51% dei casi scelgono una data peggiorativa rispetto a quella che gli viene offerta” dal sistema. In tre casi su quattro, questo avviene perché si chiede “di poter avere la prenotazione presso una struttura diversa da quella proposta in prima disponibilità”. i ritardi, in altre parole, non sono solo imputabili al Ssn.

La carenza di personale
Tra le cause dei ritardi imputabili al Servizio sanitario nazionale c'è certamente la carenza di personale. Secondo Il Sole 24 Ore mancano 4mila medici nei pronto soccorso, 5mila medici di base e tra i 60 e i 70mila infermieri. Il tema è che questo problema appare destinato ad aggravarsi. Valga, su tutti, l'esempio relativo ai medici di medicina generale, l'importanza dei quali è stata ben avvertita durante la pandemia. Secondo il ministero della Salute, al 2021 il 75,3% era in servizio da oltre 27 anni, mentre solo l'1,6% aveva iniziato a lavorare da meno di 6 anni. Nel grafico il dettaglio su base regionale.
Con la sola eccezione dell'Alto Adige, dove i medici di medicina generale con oltre 27 anni di lavoro alle spalle sono ‘solo’ il 53,4% del totale, per le altre regioni d'Italia si pone un serio problema di ricambio generazionale di quei professionisti che rappresentano il canale di accesso ai servizi legati alla salute. Tornando agli ospedali, per far fronte alla carenza di personale molte realtà fanno ricorso ai cosiddetti gettonisti. Ovvero medici che lavorano per delle cooperative e che costano al Ssn nazionale molto più dei professionisti assunti. Una situazione che sta creando problemi economici, tanto che ci sono realtà come la Lombardia che hanno deciso di bandire i gettonisti.

La mobilità sanitaria
In un paese in cui esistono 21 sanità a livello locale, un altro tema centrale è quello legato alla cosiddetta mobilità sanitaria. Ovvero al fatto che ci siano dei pazienti che scelgono di farsi curare al di fuori della propria regione di residenza. Vuoi perché si sentono più sicuri ad affidarsi a professionisti che operano in altre parti del paese, vuoi perché, e questo è l'elemento problematico, la regione in cui vivono non è in grado di soddisfare il loro bisogno di salute.
   
di Giulio Zoppello
Agenas ha elaborato un indicatore che consente di misurare la capacità delle regioni di soddisfare il bisogno di salute interno. Ovvero di garantire l'accesso ai servizi sanitari ai propri cittadini. Si chiama Isdi, sigla che sta appunto per indicatore di soddisfazione della domanda interna: se il suo valore è maggiore di uno significa che la regione è in grado di dare risposta ai bisogni sanitari dei propri cittadini, se è inferiore significa che i pazienti devono spostarsi fuori regione. Ecco il dato aggiornato al 2022.

I dati rappresentati nel grafico fanno riferimento a tutte le patologie considerate per elaborare l'indicatore ed escludono i ricoveri casuali. Come si può vedere, solo 7 regioni italiane sono in grado di soddisfare la domanda interna. Ci sono realtà come l'Emilia Romagna (2,83) e la Lombardia (2,51) dove l'offerta di salute è addirittura più che doppia rispetto alla domanda. Col risultato che chi vive nelle altre regioni finisce per spostarsi qui per veder soddisfatti i propri bisogni legati alla salute.

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73  Forum Pubblico / SOCIALESIMO. STUDIO PREPARATORIO ALLA DEMOCRAZIA, OCCIDENTALE, EUROPEA e MEDITERRANEA. / Per noi contano le radici DELL'IDEA e i valori etico morali e sociali dell'Ulivo inserito:: Dicembre 28, 2023, 08:19:47 pm
Gianni Gavioli
donpreosSti85ig1414a1i7mtlahn0l8t0u5074g1i556m1a7t354860 l2l  ·
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Il termine ULIVO è la cronaca Politica ormai diventata Storia.
Noi Vecchi attivisti e ForumUlivisti Indipendenti, ci consideriamo Ulivisti.
Con tutto il carico di delusioni e tradimenti che la Storia deciderà di CESELLARE.

Il termine OLIVO potrebbe essere preso in considerazione, anche da noi Vecchi, per Progetti partoriti da una Nuova Sinistra democratica e da un Nuovo Centro progressista.

In questa ipotesi alcuni di noi (io e pochi altri) stiamo convincendoci quanto sia inadeguato al nuovo modo di agire, verso simpatizzanti futuri elettori, definirci con lo stesso termine che ha subito l'ignominia del tradimento e dell'inganno, dopo meritate vittorie.

Per noi contano le radici DELL'IDEA e i valori etico morali e sociali dell'Ulivo, che NON vogliamo abbandonare ma soltanto aggiornare.

Quindi l'idea del termine OLIVO e meglio ancora OLIVO SELVATICO nella sua emanazione territoriale, trova un certo gradimento.
MERITEVOLE un sano approfondimento.

ciaooo
ggiannig - forum.laudellulivo.org
postato su Facebook il 29 novembre 2023
74  Forum Pubblico / CESTINO DEI RIFIUTI. / Ferragni, come uscire dalla crisi? Molto ben strutturato. Massimiliano Panarari inserito:: Dicembre 28, 2023, 08:17:01 pm
•   Personaggi
Ferragni, come uscire dalla crisi? "Molto ben strutturato". L'analisi del sociologo
•   Massimiliano Panarari
27 dicembre 2023

Non un Natale memorabile per Chiara Ferragni. Sotto l'albero l'influencer ha trovato una maximulta e un'inchiesta allargata, dopo il pandoro, alle uova di Pasqua. Il 24 dicembre l'imprenditrice è stata avvistata al parco insieme ai figli Leone e Vittoria e alla mamma Marina. Poi, però, il silenzio ha avuto la meglio ed è scomparsa dai radar. Secondo una notizia delle ultime ore, la moglie di Fedez avrebbe intanto attivato una squadra di avvocati per uscire dal periodo di crisi nera. L'improvvisazione e il dialogo con i suoi follower non basterà per ristabilire un buon rapporto con i sostenitori. "Dovrà inventarsi qualcosa di molto ben strutturato", ha premesso Massimiliano Panarari, sociologo della comunicazione all’Università di Modena-Reggio Emilia e autore della prefazione di Essere Chiara Ferragni scritto da Federico Mello per Aliberti Editore.
Dov'è Ferragni? Il dettaglio nel video di Fedez: cosa non sfugge
Attraverso un'intervista concessa al Quotidiano Nazionale, l'esperto ha cercato di tracciare possibili scenari. "Di sicuro è una vicenda da non sottovalutare, nella quale elementi contestuali molto precisi – il Natale, la beneficenza, i bambini malati e sfortunati – si intersecano con fattori professionali fortemente caratterizzanti ovvero la reputazione, l’immagine e l’affidabilità rispetto ad aziende e follower. È una tempesta perfetta. Uno sponsor ha già salutato. Gli altri chissà", ha detto Panarari. Un successo nel ricorso cambierebbe le prospettive? Il sociologo è stato netto: "No. Il testo sibillino del messaggio pubblicitario potrà forse stoppare la sanzione, ma il punto – qui – è squisitamente etico. Una vicenda così forte tocca le corde più intime del rapporto fiduciario tra un influencer e il suo pubblico. E illumina confini insuperabili anche per la stella social più acclamata".
Crisi senza fine per Ferragni: l'influencer si aggrappa agli avvocati per non sprofondare
E ancora: "Ha guadagnato grosse cifre da un’operazione benefica e solo le briciole sono arrivate al Regina Margherita, peraltro con tempistica differita e scollegata dal fatturato. I fan si sentono traditi, chiedono verità. Vestirsi di grigio, parlare di ’errore di comunicazione’ e donare un milione di euro all’ospedale pediatrico torinese è una risposta generosa quanto insufficiente". Quale la possibile soluzione a questo crollo di consenso? Massimiliano Panarari ha suggerito: "Se Ferragni utilizzasse la sua fama per riscrivere regole e percentuali di una corretta beneficenza fatta dagli influencer, forse il pandoro furbetto potrebbe venire dimenticato. Serve un anti macchia. Subito".

DA - https://www.iltempo.it/personaggi/2023/12/27/news/ferragni-crisi-pandoro-avvocati-sociologo-panarari-inventarsi-strutturato-fedez-37954917/
75  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / Quindi l'idea del termine OLIVO è MERITEVOLE un sano approfondimento. inserito:: Dicembre 28, 2023, 07:47:39 pm
Gianni Gavioli
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Il termine ULIVO è la cronaca Politica ormai diventata Storia.
Noi Vecchi attivisti e ForumUlivisti Indipendenti, ci consideriamo Ulivisti.

Con tutto il carico di delusioni e tradimenti che la Storia deciderà di CESELLARE.
Il termine OLIVO potrebbe essere preso in considerazione, anche da noi Vecchi, per Progetti partoriti da una Nuova Sinistra democratica e da un Nuovo Centro progressista.

In questa ipotesi alcuni di noi (io e pochi altri) stiamo convincendoci quanto sia inadeguato al nuovo modo di agire, verso simpatizzanti futuri elettori, definirci con lo stesso termine che ha subito l'ignominia del tradimento e dell'inganno, dopo meritate vittorie.

Per noi contano le radici DELL'IDEA e i valori etico morali e sociali dell'Ulivo, che NON vogliamo abbandonare ma soltanto aggiornare.

Quindi l'idea del termine OLIVO e meglio ancora OLIVO SELVATICO nella sua emanazione territoriale, trova un certo gradimento.
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