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5956  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Nicoletta COTTONE. Il post di Renzi: «Torno a casa davvero» inserito:: Dicembre 11, 2016, 05:36:06 pm
Il post di Renzi: «Torno a casa davvero»

Di Nicoletta Cottone 11 dicembre 2016

«Torno a Pontassieve, come tutti i fine settimana. Entro in casa, dormono tutti. Il gesto dolce e automatico di rimboccare le coperte ai figli, un'occhiata alla posta cartacea arrivata in settimana tanto ormai con internet sono solo bollette, il silenzio della famiglia che riposa. Tutto come sempre, insomma. Solo che stavolta è diverso. Con me arrivano scatoloni, libri, vestiti, appunti. Ho chiuso l'alloggio del terzo piano di Palazzo Chigi. Torno a casa davvero». Inizia così un lungo post pubblicato in piena notte da Matteo Renzi su Facebook e Twitter nel giorno in cui lascia palazzo Chigi. Renzi ha confermato così che l’ipotesi di un reincarico non è sul tavolo. In mattinata arriva la convocazione al Quirinale alle 12,30 per l’attuale ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.

Ho sofferto a chiudere gli scatoloni
«Ho sofferto a chiudere gli scatoloni ieri notte, non me ne vergogno: non sono un robot. Ma so anche che l'esperienza scout ti insegna che non si arriva se non per ripartire. E che è nei momenti in cui la strada è più dura che si vedono gli amici veri, l'affetto sincero. Grazie a chi si è fatto vivo, è stato importante per me», ha proseguito Renzi. Confermando il suo impegno in politica: «Ci sentiamo presto, amici», è la promessa con cui chiude il messaggio.

Mille giorni di governo «davvero fantastici»
Ripercorre i «mille giorni davvero fantastici» di permanenza al governo, fa l'elenco «impressionante delle riforme>, ma annuncia anche che il suo non è un addio alla politica: «non ci stancheremo di riprovare e ripartire». Sono stati, scrive, «mille giorni di governo fantastici. Qualche commentatore maramaldo di queste ore finge di non vedere l'elenco impressionante delle riforme che abbiamo realizzato, dal lavoro ai diritti, dal sociale alle tasse, dall'innovazione alle infrastrutture, dalla cultura alla giustizia».

Delusione per la riforma costituzionale
«Certo - scrive ancora - c’è l’amaro in bocca per ciò che non ha funzionato. E soprattutto tanta delusione per la riforma costituzionale. Un giorno sarà chiaro che quella riforma serviva all’Italia, non al Governo e che non c'era nessuna deriva autoritaria ma solo l'occasione per risparmiare tempo e denaro evitando conflitti istituzionali. Ma quando il popolo parla, punto. Si ascolta e si prende atto. Gli italiani hanno deciso, viva l'Italia. Io però mi sono dimesso. Sul serio. Non per finta. Lo avevo detto, l'ho fatto».

L’ultima fiducia mercoledì con 170 voti
Ricorda che il suo governo ha i voti in Parlamento. «Di solito si lascia Palazzo Chigi perché il Parlamento ti toglie la fiducia - ricorda il premier dimissionario - Noi no. Noi abbiamo ottenuto l’ultima fiducia mercoledì, con oltre 170 voti al Senato. Ma la dignità, la coerenza, la faccia valgono più di tutto. In un Paese in cui le dimissioni si annunciano, io le ho date. Ho mantenuto l'impegno, come per gli 80 euro o per l'Imu. Solo che stavolta mi è piaciuto meno:-)».

Non ho il paracadute del seggio elettorale
«Torno semplice cittadino. Non ho paracadute. Non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l’immunità. Riparto da capo, come è giusto che sia. La politica per me è servire il Paese, non servirsene». Poi fa gli auguri a chi andrà a palazzo Chigi dopo di lui. E racconta che nei prossimi giorni sarà impegnato «in dure trattative coi miei figli per strappare l'utilizzo non esclusivo della taverna di casa: più complicato di gestire la maggioranza». E lancia un messaggio «ai milioni di italiani che vogliono un futuro di idee e speranze per il nostro Paese dico che non ci stancheremo di riprovare e ripartire. Ci sono migliaia di luci che brillano nella notte italiana. Proveremo di nuovo a riunirle. Facendo tesoro degli errori che abbiamo fatto ma senza smettere di rischiare: solo chi cambia aiuta un Paese bello e difficile come l'Italia».

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-12-11/il-post-renzi-torno-casa-davvero-104730.shtml?uuid=ADwU0iBC
5957  Forum Pubblico / Le tesi dell'Ulivo oggi solo una Corona Olimpica? / Le due Sinistre incompatibili. - (Da Arlecchino Batocio in FB del 11/12/2016) inserito:: Dicembre 11, 2016, 05:32:05 pm
Arlecchino Batocio

Le due Sinistre incompatibili

Sono decenni che Sinistra post-marxista e Sinistra Socialdemocratica si attraggono (nell’illusione di gestire gli elettori caduti nel cesto) per subito dopo litigare con mille e un pretesto inconcludenti.

I Marxisti (o Comunisti) vogliono una società diversa da quella che vogliono i Socialdemocratici.

Questo fatto incontrovertibile crea una situazione in cui i Marxisti (o Comunisti) non sono capaci di esprimere Progetti di Sinistra perché non ci sono più le condizioni per fare le rivoluzioni violente, con morti e feriti da governare (dominare).

La Sinistra SocialDemocratica ha tentato una soluzione credibile e in teoria ha raggiunto una ragione d’essere attuale, nel mondo attuale che corre, si chiama CentroSinistra (Ulivo per meglio dire) ma le assurde pretese da un lato del Centro Cattolico (Margherita) che intendeva dominare dal Centro e dell'altro una Sinistra incapace di “liberarsi” dalla coabitazione con i Marxisti (o Comunisti), hanno sepolto prima l’Ulivo e oggi Renzi che ha imboccato la strada giusta, “sbagliando modo e mosse", sulla scacchiera sociale.

La soluzione base per le Sinistre e per l’Italia sta nella considerazione che, finalmente, la Sinistra Marxista (o Comunista) e la Sinistra non marxista debbono distinguersi nettamente e dividersi come partiti diversi tra loro. Potranno essere aperti a cooperare su temi singoli, dove tesi si concordano, ma nessun valido Progetto socio-politico comune potrà mai essere partorito nella loro unione fisica (partitica).

Nell’augurio che il Parlamento seguiti ad essere la casa della politica saranno “separati in casa”.
L’Italia dei loro “aborti” ne ha già sopportati troppi. Basta.

ciaooo
5958  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / Massimo D'Alema: "Spero che a Matteo Renzi sia passata la voglia di rottamare... inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:48:07 pm
Massimo D'Alema: "Spero che a Matteo Renzi sia passata la voglia di rottamare, il Partito della Nazione è stato battuto"

L'Huffington Post | Di Redazione
Pubblicato: 05/12/2016 01:58 CET Aggiornato: 05/12/2016 09:19 CET

"Era lui che voleva rottamare gli altri. Spero che questa passione sia passata a Renzi". Massimo D'Alema si toglie più di un sassolino dalla scarpa nel commentare l'esito del referendum costituzionale e le dimissioni del premier Matteo Renzi. "Al Pd - ha aggiunto D'Alema - serve una profonda svolta politica. Un certo disegno neocentrista, il Partito della Nazione, è stato battuto insieme alla proposta di riforma costituzionale. Bisogna ricostruire l'unità del partito e recuperare quelli che se ne sono andati, milioni di elettori. Alcuni dei quali sono tornati per votare No".

Nel comitato 'Scelgo No' si respira l'aria di una vittoria "che appartiene a tutti gli italiani", sottolinea D'Alema, che abbraccia Roberto Speranza, altro esponente di spicco della minoranza del Pd e sostenitore del No. Niente voto però per la minoranza dem. "Andare a votare ora - sottolinea D'Alema - sarebbe irresponsabile anche perché la Consulta deve ancora pronunciarsi sull'Italicum. E mi auguro che l'assunzione di responsabilità possa essere la più ampia possibile". Sulla stessa lunghezza d'onda anche Speranza: "Nessuno di noi - afferma - hai mai chiesto le dimissioni a Matteo Renzi. Renzi, sbagliando totalmente il terreno lo ha trasformato in un plebiscito su di sé. Prendiamo atto della sua scelta, massima fiducia nel lavoro che il presidente della Repubblica costruirà nella prossime ore. Il Pd ha 400 parlamentari e non può che essere il perno per garantire la governabilità. Il Pd dovrà sostenere questo sforzo. C’è bisogno di dare una nuova legge elettorale al Paese".

Sul suo futuro, D'Alema è perentorio. "Io riprenderò il mio lavoro a Bruxelles", un lavoro "più culturale ma a ridosso della politica. Quindi sono interessato al futuro del Pd ma se mi si chiede se voglio 'incrociare le lame', se questo significa competere per incarichi, non competo per alcun incarico. Lo farà una generazione nuova. Sulla politica esprimerò le mie opinioni, questo non me lo può impedire nessuno".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/12/05/dalema-renzi-rottamare_n_13420234.html
5959  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / MASSIMO CACCIARI Referendum, Massimo Cacciari: "Campagna faraonica e da ... inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:46:38 pm
Referendum, Massimo Cacciari: "Campagna faraonica e da megalomane: Renzi ha perso ogni autorevolezza"

Repubblica
Pubblicato: 05/12/2016 08:59 CET Aggiornato: 05/12/2016 15:44 CET

È netto e impietoso il giudizio di Massimo Cacciari sul successo del No al referendum. “La responsabilità di questo risultato - dice in una intervista a Repubblica - è al 99 per cento del presidente del consiglio Renzi e della sua scriteriata presunzione. Ha creduto che il referendum sulla riforma costituzionale fosse il terreno buono su cui porre la propria egemonia. Ha perso la scommessa, ma ha così condotto il paese in una situazione di grande difficoltà".

    Professor Cacciari, dimissioni inevitabili per Renzi?
    «Renzi non ha più in alcun modo l’autorevolezza per essere la guida del paese, ma nel senso che occorre approvare la legge di stabilità, quindi fare la legge elettorale e trovare il consenso presso le attuali opposizioni. E non credo che Grillo sia disposto a concedere un’unghia...».

    Quale è il suo stato d’animo?
    «Sono preoccupato, preoccupatissimo, perciò dicevo di votare Sì al referendum. Ma con le “capre pazze” è impossibile ragionare. E la prima è il presidente del consiglio che ha condotto questa battaglia referendaria con istinti suicidi».

    Non doveva personalizzare?
    «Personalizzando come ha fatto, ha coalizzato tutte le opposizioni trasformando il referendum sulla Carta in un referendum su di sé. Se l’avesse condotta pacatamente questa campagna, senza la propaganda faraonica su tutte le reti della tv di Stato, il risultato sarebbe stato diverso».

Quanto al futuro del presidente del Consiglio, Cacciari non reputa finita la sua carriera politica

    "È un animale politico, non rinuncerà alla lotta politica. Si preparerà a sua volta per le prossime elezioni. Farà il partito di Renzi. In Italia c’è stata una legge sul divorzio e nel Pd lo capiranno: Renzi si farà il suo partito, gli altri il loro e potrebbe essere la soluzione ragionevole per rilanciare il centro sinistra: da un lato il patto di centro con Renzi e Ncd, all’altro la sinistra. La profezia è per una legge proporzionale con sbarramento del 3%, e debolissimo premio di coalizione. Un paese che s’impegna va a votare e dice che questo premier non va".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/12/05/referendum-cacciari-renzi_n_13423732.html
 
5960  Forum Pubblico / MONDO DEL LAVORO, CAPITALISMO, SOCIALISMO, LIBERISMO. / Giuseppe Bottero. Fitoussi: “Senza un maxi-piano europeo sarà impossibile ... inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:44:31 pm
Fitoussi: “Senza un maxi-piano europeo sarà impossibile rilanciare la crescita”
L’economista: giusto chiedere flessibilità, ma non basta. Emergenza migranti e terrorismo? È il tempo di spendere di più
Jean-Paul Fitoussi, francese, classe 1942, insegna all’istituto di studi politici di Parigi e alla Luiss di Roma

Pubblicato il 18/08/2016 Ultima modifica il 26/08/2016 alle ore 02:30
Giuseppe Bottero
Torino

«Più flessibilità? Per la crescita serve altro. Senza un vero piano di investimenti, l’Europa rischia di perdere un altro decennio». Jean-Paul Fitoussi, storico economista della gauche francese e docente all’istituto di studi politici di Parigi e alla Luiss di Roma, è pessimista: gli ultimi dati Istat sui conti italiani non lo stupiscono, perché in queste condizioni, per trovare slancio, «servirebbe un miracolo». 

Professore, nel secondo trimestre il nostro Pil è rimasto fermo. Perché? 
«Bisogna essere seri: l’intera Eurozona è cresciuta dello 0,3%, non ci sono differenze significative tra un Paese e l’altro. La Francia non va meglio dell’Italia, la Germania cresce, anche se meno di quanto ci aspettassimo, perché rispetto agli altri ha beneficiato maggiormente della moneta unica. Questi dati ci dicono che l’Europa ha un problema, e non lo ha risolto: la politica fiscale, negli ultimi cinque anni, è stata profondamente sbagliata».

 Quindi fa bene il governo a chiedere all’Unione europea tutta la flessibilità possibile? 
«Sento questo discorso da anni, lo ha fatto spesso anche François Hollande. Poi, puntualmente, è tornato a casa con un po’ di flessibilità in più ma insufficiente a risolvere i problemi. All’Europa serve altro: un massiccio piano di rilancio per evitare di perdere un altro decennio. Siamo davanti a un rischio serio, non c’è alcun motore di sviluppo. Non credo ai miracoli, senza impulsi la crescita non arriverà».

Il piano Juncker non basta? 
«No, è troppo modesto. Se ho la febbre, devo prendere una medicina vera».

 
Per giustificare la frenata dell’economia il ministero del Tesoro ha citato la Brexit, il terrorismo e la crisi dei migranti. Sono gli stessi argomenti che, verosimilmente, porterà al tavolo con Bruxelles. Sono i tasti giusti da toccare? 

«E’ la mia sola speranza: l’Europa si trova di fronte a problemi gravissimi, che però possono trasformarsi in opportunità importanti. Per la difesa e la sicurezza abbiamo bisogno di grandi investimenti: non si tratta di buttare i soldi dalla finestra. Pagare Erdogan è una stupidaggine, non si può immaginare che il continente resti a lungo senza una polizia federale e una vera politica per i migranti. Queste misure aiuterebbero ad uscire da una situazione di bassa crescita, e risolvere problemi veri: la disoccupazione e il calo dei redditi».

Il “Financial Times” nei giorni scorsi asseriva che la Commissione europea, alla fine, aiuterà Matteo Renzi perché teme l’instabilità politica e un’avanzata dei populisti. E’ d’accordo? 
«Sì, il populismo è un rischio, ma non riguarda solo l’Italia. Nessuno può dire che cosa succederà in Gran Bretagna, o in Francia e Germania alle prossime elezioni. L’Europa non sta risolvendo nessuno dei problemi della gente, e questo porta all’instabilità politica». 

 La disoccupazione in Italia continua a viaggiare ben oltre la media europea. Il Jobs Act non è stato efficace? 

«Il problema del lavoro non è più una questione di riforme, ma di rilancio dell’economia, di investimenti. Bisogna trovare il modo per far aumentare i salari. Da troppo tempo la gente è disperata perché non vede nessun miglioramento, anzi, assiste a un deterioramento continuo. Basta».

Uno dei grandi problemi italiani è la mole di sofferenze presenti nei bilanci delle banche. Non affrontarlo con denaro pubblico, come in Spagna, è stato un errore? 

«Sì, ma non si tratta di uno sbaglio irreversibile, visto che la situazione non è così disperata. Non dimentichiamo che la banca più in difficoltà per i crediti deteriorati e per gli investimenti sbagliati è Deutsche Bank. La Germania non è in una condizione più sana rispetto all’Italia, che ha comunque davanti a sé la possibilità di un’azione pubblica. E poi c’è Mario Draghi: della sua azione, beneficeranno tutti». 

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Da - http://www.lastampa.it/2016/08/18/economia/ma-senza-un-maxipiano-europeo-sar-impossibile-rilanciare-la-crescita-CTrgWYdpDyGjWQchsDvidP/pagina.html
5961  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / FABIO MARTINI. Renzi, dimissioni studiate per “rimettersi in cammino” verso le.. inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:40:46 pm
Renzi, dimissioni studiate per “rimettersi in cammino” verso le elezioni.
Le ipotesi per il futuro
Nel discorso della sconfitta il leader ha ritrovato un tocco umano che aveva perduto. Nuovo governo: in pole Padoan e Grasso

Pubblicato il 05/12/2016
Ultima modifica il 05/12/2016 alle ore 15:24
Fabio Martini
Roma

Il corposo voto di “sfiducia” degli italiani lo ha spinto fuori da palazzo Chigi e ora il piano di Matteo Renzi è quello di trasformare la sconfitta al referendum nella sua vittoria alla prossime elezioni Politiche. Certo, non sarà facile, ma il progetto è lineare: anzitutto indicare al Capo dello Stato il candidato più gradito per palazzo Chigi e subito dopo, fatto il nuovo governo, Renzi intende «rimettersi in cammino», come ha detto ieri sera nel suo commosso commiato, Questo significa restare alla guida del Pd, provare ad anticipare il congresso, vincere le Primarie e proiettarsi verso le prossime elezioni come leader del Pd. Certo, non sarà una passeggiata, ora nel Pd il boccino passa al nuovo “centro”, formato dagli ex Ppi di Dario Franceschini e gli ex Ds di Andrea Orlando, Maurizio Martina, Matteo Orfini. Proveranno a spodestare il segretario? 

Operazione non semplice quella di Renzi, ma proprio a questo tragitto prelude l’uscita da “statista” del premier: mollando senza indugio la sua poltrona, il segretario del Pd intende ricostruirsi una sua “verginità”. Esattamente come fece nel 2012, quando fu sconfitto da Pier Luigi Bersani alle Primarie del Partito democratico. E proprio sul discorso di “accettazione della sconfitta”, Renzi costruì la sua rivincita alle Primarie poi vinte contro Gianni Cuperlo. Ecco, perché ieri notte Renzi ha risparmiato qualsiasi recriminazione nei confronti dei suoi avversari, a cominciare dai suoi compagni di partito. 

E alla costruzione del “nuovo” Renzi può contribuire anche quel frammento di commozione che il premier uscente ha manifestato, mentre ringraziava e salutava moglie e figli. Commozione sicuramente autentica, ma che colma uno dei deficit di immagine di Matteo Renzi, leader senza anima, che in questi mesi ha provato ad affettare emozione in circostanze drammatiche. Ma senza mai riuscire a restituire l’immagine di leader “umano”, come invece gli suggerivano i suoi consiglieri.

 Matteo Renzi questo pomeriggio si dimetterà e probabilmente indicherà al Capo dello Stato le preferenze sue e del Pd per il prossimo inquilino di palazzo Chigi. Quando Renzi vedrà Mattarella, i mercati si saranno già espressi e in caso di reazione molto “aggressiva” e speculativa, la bilancia potrebbe pendere verso un governo affidato alla guida del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Ma senza terremoti finanziari, il favorito resta il presidente del Senato Pietro Grasso, soluzione “naturale” in quanto seconda carica dello Stato. 

Un’altra incognita riguarda la squadra di governo. Un esecutivo-fotocopia verrebbe vissuto da Renzi come un affronto: ecco perché è possibile che si vada verso qualche ricambio: Dario Franceschini potrebbe assumere il decisivo dicastero delle Riforme, mentre un avvicendamento potrebbe investire il ministero dell’Interno e dell’Università.

Certo, ad un addio così brusco, Matteo Renzi non aveva mai voluto credere. Ma quando la sconfitta è diventata batosta, a mezzanotte e un quarto del 5 dicembre, si presentato davanti alle telecamere, con la moglie Agnese a pochi passi e lui - sempre così granitico - si è commosso, la voce si è incrinata quando ha dovuto annunciare l’addio. E, per una volta leggendo dagli appunti che aveva preparato nelle ore precedenti, Matteo Renzi si è congedato da statista: «Si può perdere un referendum, ma non si perde il buon umore. Io ho perso e lo dico a voce alta, nella politica italiana non perde mai nessuno, andiamo via senza rimorsi». E ha annunciato che oggi pomeriggio sarà al Quirinale per rassegnare le dimissioni. E ha fatto capire di restare in politica: «Questi mille giorni sono volati, ora per me è tempo di rimettersi in cammino».

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Da - http://www.lastampa.it/2016/12/05/italia/speciali/referendum-2016/renzi-mi-assumo-io-tutta-la-responsabilit-il-mio-governo-finito-kyuBiTkt1WFzk7bBMUEqlN/pagina.html
5962  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / MONICA GUERZONI. - Il valzer delle correnti pd stringe il leader inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:37:31 pm

Il retroscena
Il valzer delle correnti pd stringe il leader
Dalla minoranza a Areadem le anime si riallineano e al segretario restano solo una cinquantina di deputati

Di Monica Guerzoni

Le centinaia di lettere di solidarietà arrivate al Nazareno nelle ultime ore, da ogni parte d’Italia, devono aver lusingato Matteo Renzi almeno un poco. E forse l’affetto epistolare di quegli italiani che ancora lo vogliono premier lo fa sentire meno solo, ora che nel Pd anime e casacche hanno ripreso vorticosamente a volteggiare. Far la conta delle correnti e degli spifferi è un lavoro da certosini medievali e c’è sempre il rischio che, tra scrittura e stampa, qualche altro parlamentare abbia deciso di riposizionarsi. Verso quali lidi? La sirena che tutti seduce è, ancora una volta, Dario Franceschini. La sua sintonia con il Quirinale rassicura e attrae peones e capicorrente e, al tempo stesso, irrita e preoccupa Renzi.

Con i suoi cento parlamentari, tra cui i due capigruppo Rosato e Zanda, il ministro della Cultura e leader di Areadem ha dalla sua parte la maggioranza dei gruppi: un peso destinato a crescere a vista d’occhio, tanto che qualcuno già ne pronostica 130. Sulla carta dunque, Renzi è in minoranza. L’abbandono è stato repentino come lo era stato l’avvicinamento al nuovo capo, dopo la vittoria alle primarie. I franceschiniani prestati al renzismo sono tornati a essere franceschiniani e basta, lasciando all’inquilino del Nazareno forse meno di cinquanta deputati. Le cronache parlamentari li raccontano attovagliati tre sere fa in un’osteria romanesca tra Camera e Senato, su invito dei due toscani che si spartiscono la guida dei «falchi»: Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Con loro, in ordine sparso, Alessia Morani, Davide Ermini, Alessia Rotta, Francesco Bonifazi. Nel menu tonnarelli cacio e pepe, tiramisù e un bel governo Renzi bis. Sempre a tavola hanno imbastito la linea i seguaci di Bersani e Speranza, tanto che da domenica sera nel Pd si litiga su se e quanto i parlamentari della minoranza abbiano alzato i calici, domenica a casa di Guglielmo Epifani. Bersani era a Piacenza, ma di certo il suo cuore era a Roma con i compagni, che ora guardano a un governo Franceschini senza alzare troppo il sopracciglio.

Ieri a metà pomeriggio girava voce di un accordo già fatto tra la minoranza — che conta una ventina di senatori e una trentina di deputati —, Areadem e i giovani turchi vicini al ministro Andrea Orlando. Voce che Speranza però non conferma: «Non c’è ancora nulla, aspettiamo le consultazioni». Il trionfo del No ha rafforzato la sinistra non-cuperliana, che aveva subìto perdite non irrilevanti in campagna elettorale. Un dalemiano storico come Ugo Sposetti ha votato Sì, giustificato dai colleghi che lo apprezzano come un «comunista doc, antico, partitico e disciplinato». La stessa scelta, per ragioni diverse, hanno fatto l’ex dissidente del Senato Vannino Chiti, Josefa Idem e i senatori Martini, Lo Moro, D’Adda, Bubbico, Sollo. Il ministro Maurizio Martina non ha cambiato idea, resterà con Renzi anche nella cattiva sorte. Per ora. I 50 parlamentari di Primavera democratica, ribattezzati ironicamente «spring», sono la sua ricca dote. La balcanizzazione ha ringalluzzito anche i cattolici di Beppe Fioroni, che studiano raffinate trame al Falchetto, a pochi passi dalla sede dove Murri fondò la Dc: 30 parlamentari, legati a doppio filo all’area di Lorenzo Guerini.

L’ago della bilancia saranno però i giovani turchi. La notte della débâcle aveva visto la rottura tra Orlando e Matteo Orfini, che si era chiuso a Palazzo Chigi senza consultare i suoi e sposando la linea «al voto, al voto». Ma la moral suasion di Mattarella, sussurrata da franceschiniani molto vicini al presidente come Francesco Saverio Garofani, ha convinto Orfini a frenare e riportato la calma tra i «turchi»: 40 alla Camera e 17 al Senato. Abbastanza per fare la differenza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
8 dicembre 2016 (modifica il 8 dicembre 2016 | 22:46)

Da - http://www.corriere.it/la-crisi-di-governo//notizie/valzer-correnti-pd-stringe-leader-17e35e26-bd8f-11e6-bfdb-603b8f716051.shtml
5963  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Pier Luigi BATTISTA «No straccione», «Sì radical chic» inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:36:10 pm
Il caso

«No straccione», «Sì radical chic»
E torna lo stereotipo antropologico
Se il popolaccio vota i populisti, allora, per ritorsione polemica, l’establishment, i privilegiati, gli snob, i radical-chic votano per la minoranza che si considera la serie A

Di Pierluigi Battista

È tornato. Dopo qualche anno di oblio è tornato il formidabile argomento antropologico come chiave per decifrare i fenomeni elettorali e soprattutto per ribadire l’inferiorità appunto antropologica di chi vota in una direzione che non ti aggrada. Laura Puppato, una neo-pasdaran del Sì un tempo molto di sinistra nel Pd ma che per la sua conversione filo-renziana ha dovuto addirittura subire l’anatema e poi l’espulsione dell’Anpi, nota che il Sì vince all’estero: testimonianza che la «fuga dei cervelli», l’espressione è sua, c’è stata veramente e dunque che i più intelligenti, e non i buzzurri, gli incolti, i rozzi, hanno capito le ragioni della riforma costituzionale clamorosamente bocciata nelle urne.

Chicco Testa
Poi c’è il pasticcio geo-antropologico di Chicco Testa che su Twitter si è, per così dire, espresso male: «Il Sì fa il risultato migliore a Milano, Bologna e Firenze e il peggiore a Napoli, Bari, Cagliari. C’è altro da aggiungere?». C’è da aggiungere che Chicco Testa è stato interpretato molto malignamente e travolto da un’ondata di insulti dove «razzista» era uno dei più benevoli. Lui poi si è spiegato, ha detto che non aveva niente contro i meridionali ma voleva suggerire l’idea che il No avesse vinto nei capoluoghi dove massimo è il voto di scambio. Precisazione anche questa problematica, perché qualcuno ha fatto notare che due città su tre, Bari e Cagliari, sono rette da giunte di centrosinistra con sindaci che si sono apertamente schierati per il Sì. Ma insomma la frittata era stata fatta. Solo che la frittata aveva messo in moto una replica di tipo altrettanto socio-antropologico perché un interlocutore ha chiesto: «A Capalbio chi ha vinto?».

La risposta
Ecco il contro-argomento antropologico: se il popolaccio vota i populisti, allora, per ritorsione polemica, l’establishment, i privilegiati, gli snob, i radical-chic votano per la minoranza che si considera la serie A. E dunque Capalbio, ovvio, secondo lo stereotipo più vieto la capitale dello chicchismo benpensante, benestante, aperto (tranne con le quote di profughi), illuminato, progressista. E dunque anche sarcasmi «in Rete» (si dice così) per il fatto che le uniche zone di Roma dove è prevalso il Sì, molto di misura peraltro, siano il centro storico, quello delle terrazze e degli ambienti cool e soprattutto i Parioli, antropologicamente un tempo territorio della destra e dei «fasci» e da un po’ di anni a questa parte tempio dei benestanti benpensanti che votano la sinistra blasonata. Ed ecco l’immediata e velenosa risposta antropologica a chi ha fatto notare che il Sì a Renzi ha la maggioranza nelle zone più avvantaggiate di Milano (mentre l’hinterland ha premiato il No «straccione»): «Consolatevi con un sano happy hour». Ecco non più sezioni, ma apericena: la mutazione antropologica della sinistra bene è tutta in questa dicotomia.

I precedenti
Per la verità l’argomento antropologico ha vissuto il suo momento di gloria attorno al ’94, quando la sinistra «chic» rimase traumatizzata dal massiccio voto popolare a favore della Lega ma soprattutto a favore di Berlusconi, il venditore, il tycoon, la maschera che incarnava l’antitesi antropologica del mondo delle buone letture, come quello di Umberto Eco, che diceva di leggere Kant mentre i suoi connazionali guardavano la tv. Ed è singolare e paradossale che il protagonista della scomunica antropologica nei confronti dell’elettorato credulone e populista che si era fatto abbindolare da Berlusconi rispondesse al nome di Gustavo Zagrebelsky, uno dei pesi massimi del No accusato a sua volta di essere espressione di una inferiorità antropologica. Zagrebelsky scrisse infatti un denso libro, Il «Crucifige» e la democrazia in cui si dimostrava che il popolo lasciato a se stesso («il paradigma della massa manovrabile», si espresse dottamente) non avrebbe fatto altro che scegliere Barabba e condannare Gesù. Da qui l’allarme verso quelle che chiamava «le concezioni trionfalistiche e acritiche del potere al popolo». Un’analisi molto più raffinata del rude argomento antropologico adoperato allora da Dario Fo verso l’elettorato leghista: «gente imbecille». E anche dell’invettiva contro la «porca Italia» che Umberto Saba scagliò contro il popolo che alle elezioni del ’48 si era permesso di optare per lo Scudo crociato anziché per il Fronte popolare. Popolare, non «populista», perché allora il termine aveva tutto un altro significato. L’antropologia come arma per screditare chi vota all’opposto dei suoi desideri. Già sentita. Meglio l’happy hour.

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6 dicembre 2016 (modifica il 7 dicembre 2016 | 09:21)

Da - http://www.corriere.it/referendum-costituzionale-2016/notizie/referendum-costituzionale-2016-no-straccione-si-radical-chic-f7adf972-bbf4-11e6-a857-3c2e3af6f0b6.shtml?intcmp=exit_page
5964  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / ALDO CAZZULLO. Renzi, la solitudine del segretario E Franceschini si muove da... inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:34:31 pm
Il racconto
Renzi, la solitudine del segretario
E Franceschini si muove da padrone
È caduto il più longevo governo di centrosinistra della Seconda Repubblica. Nel Pd nessuno vuole ora le urne. E per molti eletti c’è in ballo il vitalizio

Di Aldo Cazzullo

«So’ quattro giorni che se dimette…». Dalle ultime file la voce dal marcato accento centromeridionale toglie ogni solennità all’addio di Renzi. Il Pd lo abbandona: le elezioni anticipate non le vuole nessuno. Cade il più longevo governo di centrosinistra della Seconda Repubblica, ma i deputati e senatori qui convenuti hanno una sola preoccupazione: salvare la legislatura, quindi le poltrone, e il vitalizio. Il 62% sono di prima nomina; deve passare almeno l’estate; prima viene la legge elettorale, poi il congresso, quindi le primarie; resistere resistere resistere. Una senatrice della corrente dei «turchi», quella del ministro Orlando, dà la linea: «Matteuccio nostro ci ha fatto perdere prima le amministrative, poi il referendum; stavolta a sbattere ci va da solo».

I «turchi» schierati
Ormai parlano di lui con sufficienza. «Mo’ vediamo che cce dice» si fa largo tra la folla il mitico Stumpo, l’aria del latifondista che si riprende le terre. «Calmi, calmi…è un assedio!» grida delicatamente il biondo Cuperlo. C’è qualche militante venuto a sostenere Renzi; non ci sono le proteste annunciate contro i sostenitori del No. D’Alema è a Bruxelles, Bersani passa dal retro e si apparta con Speranza; tutti i fischi se li prende il povero Boccia in De Girolamo, lettiano; Franceschini si siede al suo fianco per confortarlo. Ormai si sente il padrone del partito, e un po’ lo è. Il rapporto con Mattarella è antico. Rosato e Zanda, i due capigruppo che saliranno al Quirinale con Guerini e Orfini (Renzi torna a casa a festeggiare gli 86 anni della nonna più giovane e giocare alla playstation con i figli) sono uomini suoi. Quando scoppia la ressa — 400 persone per 100 sedie in un caldo africano —, è Franceschini a far defluire: «Quand’ero segretario abbiamo fatto i lavori di ristrutturazione, ma più di tanti non ci stanno; qualcuno esca se no crolla tutto». A Renzi ha assicurato che lavora per lui: non ha ambizioni personali, ma la legislatura è meglio portarla avanti; Matteo ha tempo per preparare la rivincita; nel frattempo a Palazzo Chigi potrebbe andare un altro uomo del Pd, magari un ferrarese con la barba autore di romanzi tra cui gli immortali Nelle vene quell’acqua d’argento e L’improvvisa follia di Ignazio Rando. I «turchi» sono già d’accordo con Franceschini. L’ultimo a cedere è stato Orfini, che ora chiama l’applauso all’arrivo di Renzi.

«Coraggio di don Abbondio»
Il segretario simula serenità — «non si fa politica con il broncio, passerò la campanella al mio successore con il sorriso più largo e più grato» —, ma ai sostenitori del No caverebbe volentieri gli occhi tipo imperatore bizantino della decadenza per poi succhiarli con un po’ di limone come ostriche: «Alcuni tra noi hanno festeggiato in modo prorompente e non elegantissimo la mia caduta; ma lo stile è come il coraggio di don Abbondio», chi non ce l’ha non se lo può dare; «non giudico e non biasimo, alzo anch’io il calice alla fortuna del Paese più bello del mondo». Stumpo, nella cui casa si sono svolti i festeggiamenti, sorride come Franti. Renzi dice in sostanza che il «governo di responsabilità nazionale» si può fare solo se ci stanno tutti, o almeno Berlusconi; altrimenti si va a votare. E siccome nessun partito avrà la maggioranza in entrambe le Camere, comincerà una nuova stagione di larghe intese contro Grillo; e non è affatto detto che «l’animale ferito» Renzi, come lo definisce un bersaniano, sia l’uomo adatto per guidarle.

«Massima discontinuità»
Matteo Richetti e Simona Bonafé, renziani antemarcia che nei giorni difficili sono tornati al suo fianco, gli hanno consigliato di dar retta a «San Mattarella», come lo chiamano senza ironia: votare subito converrebbe; ma non si può. Fassino ha tentato di placarlo suggerendogli un Renzi bis, almeno sino al 24 gennaio: se la sentenza della Consulta sarà autoapplicativa, si potrà andare subito alle urne; altrimenti ci si prende un altro mese per fare la legge elettorale. In tal caso i ministri potrebbero restare, tranne quelli che si sono più esposti: la Boschi sul referendum, la Madia sulla riforma bocciata dalla Corte, la Giannini non molto amata dagli insegnanti. Ma il segretario vorrebbe segnare la massima discontinuità: fuori tutti, tranne Padoan. «Si parla, si vota, si decide qui dentro, in direzione» quasi grida Renzi, che sa di non poter più contare sui gruppi parlamentari. Il dibattito è rinviato ma Walter Tocci del No vuole parlare lo stesso, Paola Concia gli urla di smettere: «Anche io volevo intervenire, sono venuta apposta da Francoforte, ma Matteo ha detto che non è il momento!». Il parlamentare europeo Daniele Viotti, anche lui gay dichiarato, si schiera in difesa di Tocci, la senatrice ex civatiana Lucrezia Ricchiuti la appoggia, la Concia renzianissima si avventa; per tenerla ferma deve muoversi la Boschi, aiutata dal galante Pino Catizone, per vent’anni sindaco di Nichelino. Renzi è già al Quirinale: dimissioni, ma congelate. Quinto giorno.

7 dicembre 2016 (modifica il 8 dicembre 2016 | 14:58)
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Da - http://www.corriere.it/la-crisi-di-governo/notizie/crisi-governo-solitudine-segretario-franceschini-si-muove-padrone-aadf4942-bcc7-11e6-9c31-8744dbc4ec0a.shtml
5965  Forum Pubblico / MONDO DEL LAVORO, CAPITALISMO, SOCIALISMO, LIBERISMO. / Stefano Minnucci. Ecco perché Piazza Affari sale nonostante tutto inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:32:47 pm
   Focus
Stefano Minnucci   @StefanoMinnucci

· 6 dicembre 2016
Ecco perché Piazza Affari sale nonostante tutto

La reazione imponente delle Borse prende in contropiede praticamente tutti gli analisti
Quella di oggi è una di quelle giornate che Piazza Affari non dimenticherà facilmente, soprattutto per il momento di incertezza politica in cui arriva. L’indice principale della borsa di Milano, trainato dalle banche, vola e mette a segno un vigoroso rialzo di oltre quattro punti percentuali.

Una reazione imponente che prende in contropiede praticamente tutti gli analisti, visto che le previsioni per le conseguenze di una vittoria del No erano completamente differenti. Ancora una volta, invece, come per Brexit e Trump, nei mercati non si è visto alcun panico. Anzi. L’indice italiano oggi mette a segno un rialzo che lo riporta su livelli che non si vedevano da mesi. Ma forse è proprio questo il punto: nelle ultime settimane l’incertezza sul referendum ha pesato (in misura forse eccessiva) sull’intero listino milanese portandolo su livelli troppo bassi e creando in sostanza nuove occasioni di acquisto per i grossi fondi speculativi. Ora che infatti l’incertezza del referendum è venuta meno, è come se gli Hedge fund (i grossi fondi speculativi) approfittassero di titoli allo stremo per effettuare acquisti ritenuti appetibili.

Un altro elemento da considerare riguarda le cosiddette ricoperture tecniche: in pratica tutti quei soggetti che qualche mese fa avevano comprato strumenti in grado di guadagnare sui ribassi dei listini adesso stanno capitalizzando il guadagno, uscendo dal mercato e restando in attesa delle nuove evoluzioni politiche.

Sul piano politico, poi, evidentemente gli investitori appaiono rassicurati dalla scelta del premier Matteo Renzi di congelare le dimissioni per varare la legge di bilancio, e allo stesso tempo confidano una tabella di marcia post-voto molto veloce.

In ogni caso il vero elemento da mettere in evidenza è il fortissimo rialzo degli istituti di credito. È il comparto bancario, infatti, a far volare Piazza affari. E qui le variabili positive sono tre. In primo luogo le ipotesi di un eventuale intervento di Stato per il rafforzamento patrimoniale di alcune banche, in primis Monte dei Paschi di Siena. Non a caso una forte accelerazione del listino milanese è arrivata nel tardo pomeriggio grazie a un forte recupero del titolo senese (6 punti percentuali in pochi minuti).

Secondo, hanno aiutato molto le parole del vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, che nel corso della conferenza stampa al termine dell’Ecofin ha messo in evidenza il fatto che “le autorità italiane sono preparate e pronte” ad affrontare la situazione bancaria. Per gli investitori, insomma, i timori sulla fragilità del sistema bancario italiano permangono ma prevale l’ottimismo, ossia la convinzione che in un modo o nell’altro una soluzione sarà trovata.

Un ultimo elemento riguarda invece la Bce. Giovedì torna a riunirsi il Consiglio direttivo dell’Eurotower (l’ultimo incontro operativo dell’anno) e le aspettative sono molto alte: i mercati attendono una proroga del quantitative easing, il piano di acquisti di titoli che ultimamente ha ridato fiato a un Europa ormai asfissiata dall’interminabile crisi.

Da - http://www.unita.tv/focus/ecco-perche-piazza-affari-sale-banche-referendum
5966  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / MONICA GUERZONI. - Referendum, il voto e l’addio di Renzi C’è un altro Pd che... inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:31:42 pm
DOPO IL VOTO
Referendum, il voto e l’addio di Renzi C’è un altro Pd che festeggia
Parte la resa dei conti nel partito
La minoranza esulta e si prepara alla sfida del congresso. «Renzi ha preso un colpo vero», festeggia Speranza. La riscossa di una sinistra decisa a riprendersi il partito

Di Monica Guerzoni

«Aspettiamo di capire se è una mucca o un toro». Sono le 23 quando Pier Luigi Bersani, da Piacenza, pregusta una vittoria clamorosa, che lo tira fuori dall’isolamento e riapre i giochi nel Pd. «È un toro!», esulta a mezzanotte il leader della minoranza ricorrendo all’amata metafora zootecnica, felice di aver sventato il «governo del capo» e di aver fiutato il vento della protesta: l’ormai famosa «mucca del corridoio», che il leader del Pd non avrebbe visto in tempo. Il plebiscito anti-Renzi è la rivincita dei rottamati come Bersani e D’Alema, è la riscossa di una sinistra dem decimata dalla campagna acquisti del premier e ora decisa a riprendersi il partito. La minoranza esulta e si prepara alla sfida del congresso. «Renzi ha preso un colpo vero — festeggia Roberto Speranza, riunito con Stumpo, Zoggia e altri parlamentari a casa di Epifani —. Non abbiamo chiesto le dimissioni, ma ha fatto una scelta che rispettiamo. Sosterremo lo sforzo di Mattarella».

Facce livide, nervosismo
Lontano dal Nazareno c’è un Pd che fa festa, mentre su, ai piani alti della sede del Pd, c’è chi piange e chi impreca. Facce livide, nervosismo che si taglia a fette. Sfumata la «rimonta bestiale» i dirigenti adesso hanno paura. E se davvero Matteo lasciasse la segreteria? Alle 23.15 Lorenzo Guerini trattiene l’emozione: «Martedì in direzione decideremo le iniziative politiche da assumere». La resa dei conti sarà inevitabile e sanguinosa. «Non si ricuce più». A Ettore Rosato bastano quattro parole per scavare il solco tra Renzi e la sinistra del partito, che si è «alleata» con Grillo, Salvini e Berlusconi per assestargli la spallata. «Temo che la scissione sia nelle cose e che i gruppi parlamentari si spaccheranno» prevede il presidente dei deputati. Ma i bersaniani a tutto pensano tranne che a lasciare il Pd. Il piano è riprendersi la «ditta» con la battaglia congressuale. «La scissione non esiste», taglia corto Stumpo. E Fornaro: «La crociata sotto le insegne del giglio magico si è trasformata in una devastante sconfitta del suo condottiero». E c’è anche, tra i vincitori, chi consiglia a Renzi di «non barricarsi al Pd come Nikita Krusciov». E un altro bersaniano dubita della tenuta dei renziani: «Non vedo Franceschini, Orlando, Martina o Delrio buttarsi nell’oceano dietro a Renzi...». È l’una di notte quando Speranza, con un drappello di parlamentari, raggiunge Massimo D’Alema al Comitato del No. L’abbraccio con l’ex capo del governo sotto gli occhi di Miguel Gotor è un gesto simbolico, che annuncia la battaglia congressuale. «Io non cerco incarichi — assicura d’Alema —. Ma il risultato chiede al Pd una profonda svolta politica, dopo che il disegno neocentrista è stato battuto». La rottamazione è fallita? «Spero questa passione gli sia passata...».

5 dicembre 2016 (modifica il 5 dicembre 2016 | 23:01)
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Da - http://www.corriere.it/referendum-costituzionale-2016/notizie/referendum-costituzionale-2016-c-altro-pd-che-festeggia-4cacd978-ba8a-11e6-99a2-8ca865283c9e.shtml
5967  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Lina PALMERINI. La partita a scacchi di Renzi sul voto e il ruolo del Colle ... inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:30:38 pm
Politica 2.0
La partita a scacchi di Renzi sul voto e il ruolo del Colle per tenere unito il Pd

Di Lina Palmerini 8 dicembre 2016

La prima giornata di consultazioni al Quirinale si aprirà con una serie di posizioni più tattiche che sostanziali. Alla direzione del Pd di ieri ha parlato solo Renzi e ha messo sul tavolo la posizione di “ingresso” del partito: un nuovo Governo istituzionale con tutti oppure il voto dopo che la Consulta si sarà pronunciata sull’Italicum. È chiaro che è solo l’inizio della partita. Un modo per mostrare che le opposizioni vogliono le elezioni e che nessuno accetterà di sostenere un Esecutivo allargato. I 5 Stelle, la Lega, hanno già chiamato la piazza, puntano l’indice sui parlamentari che aspettano settembre per incassare la pensione che si matura solo dopo 4 anni e sei mesi di legislatura. Insomma, la pressione esterna ed interna per andare a votare è già molto forte. E questa forza Renzi la vuole usare a suo vantaggio per non perdere il pallino della crisi. E soprattutto per poter determinare la data del voto che lui vuole sia in primavera.

Il suo istinto gli dice che se perde il treno e se la legislatura arriva al 2018, con un Governo politico senza di lui, la sua battaglia è finita. A quel punto il Pd si riorganizzerà contando sul fatto che un nuovo sistema elettorale proporzionale non necessita più di leadership competitive. Questo scenario è quello che teme, è il suo nemico. E dunque lo combatte. Ma per sostenere la battaglia ha bisogno che il partito sia unito con lui. E la condizione imprescindibile è il rapporto con il Colle.

In poche parole, Renzi non si può permettere le frizioni avute nei giorni scorsi con il Quirinale. Non può fare forzature perché nella scelta tra lui e Mattarella, nel Pd, prevale il richiamo verso un profilo istituzionale e verso soluzioni più ponderate e non le avventure di un voto a febbraio di cui aveva parlato nelle prime ore della crisi. E infatti, ieri, c’è stata una sua parziale marcia indietro. Al Colle ha ritrovato un clima disteso con il capo dello Stato, ha sanato gli equivoci, si è mostrato più aperto all’ipotesi di un governo di scopo per fare una nuova legge elettorale e guidato da un nome di suo gradimento.

Fin qui siamo ai suoi calcoli di leader che, tra tutti gli scenari, continua a preferire quello di restare in sella ed essere lui a gestire il Governo dimissionario fino alla legge elettorale. Si vedrà. Le carte ancora coperte sono - però - quelle delle correnti del Pd. Ma man mano che le consultazioni andranno avanti saranno svelate ma più Renzi terrà forte l’interlocuzione con il Colle più eserciterà la sua leadership nel partito. Tra l’altro ieri nel suo discorso in direzione ha sostenuto l’alleanza lanciata da Giuliano Pisapia: un passaggio voluto per indicare uno schema politico che parla a quell’area di sinistra del Pd. E soprattutto un avvertimento alla minoranza per dire che una sinistra alternativa a quella di Bersani c’è: è la sinistra del “sì” di Pisapia e Zedda. La partita è appena cominciata.

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5968  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Enrico CapizziNon voterò più inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:29:07 pm
   Opinioni
Enrico Capizzi   
· 8 dicembre 2016

Non voterò più

Community   
Renzi Direzione   

Sono stanco di perdere, dopo una giovinezza passata ad assistere alle vittorie della Dc credevo di aver trovato con Matteo Renzi un leader concreto, ma evidentemente alla maggioranza degli italiani questo non piace

Ho deciso: non voterò più. E questo è il sentimento anche dei miei familiari. Sono talmente deluso da stare male. Ho rivissuto le nottate passate da giovane alla Sezione del Partito, davanti ad un vecchio televisore. Immancabilmente vinceva la DC e noi a rosicare, nonostante l’impegno, la campagna elettorale porta a porta. Ma allora ero giovane ed era più facile digerire le sconfitte. Adesso non più.

Renzi mi aveva ridato entusiasmo, vedevo una politica concreta, che decideva. Evidentemente alla maggioranza degli italiani non piace. Ed allora non voterò più: not in my name. Per prima cosa non voterò più alle Primarie del PD. Pensavo di aver contribuito ad eleggere un segretario ed una classe dirigente che guidassero un Partito unito, coeso, teso agli stessi obiettivi. Ed invece no.

La parte che ha perso il Congresso ha cominciato, da subito, a seminare di mine il percorso, sperando che su una di queste mine il Segretario saltasse per aria. Ha cominciato da subito l’azione di logoramento, a rosicchiare il cranio (la sindrome da Conte Ugolino) del Segretario. Credo che siano stati loro i primi a parlare di “uomo solo al comando” ,uno dei principali argomenti usati dal Fronte del No per terrorizzare la gente (ho sentito personalmente qualcuno sostenere che “se vince il Sì arriva la  dittatura”).

Com’era prevedibile, la vittoria del  No viene ascritta a Grillo, a Salvini, in parte a Berlusconi (che probabilmente ha impedito la frana verso il Sì di quel che resta del suo partito, pur sempre vicino al 15%). Del resto, basta fare i conti: insieme sommano circa il 60% dei votanti, esattamente la percentuale di coloro che hanno scelto il No.

Gli elettori di Sinistra italiana e quelli del PD che hanno seguito Bersani, sono stati semplicemente sostitutivi di quelli dei predetti tre partiti che invece hanno scelto il Sì. Cioè, non determinanti: ed  infatti nessuno li considera fra i vincitori.

Ed anche la narrazione sull’arroganza di Renzi ha origini interne: ricordo ancora la Direzione del PD durante la quale Cuperlo lo accusò di “coltivare l’arroganza del Capo”. Renzi è arrogante? Certo, nessuno può sostenere che sia umile, che abbia una personalità arrendevole. Ma, vivaddio, ha le qualità del leader, di un leader che decide, che rifugge le mediazioni infinite, le discussioni senza fine, autoreferenziali, di chi si guarda l’ombelico.

Del resto, se non fosse uno che decide, si sarebbero, in mille giorni, approvate tutte le leggi e le riforme che il Parlamento ha approvato? La sinistra interna, si guardi l’elenco, con onestà intellettuale. Quali sono le leggi che la sinistra dem considera “in continuità con la politica di Berlusconi”? Forse gli ecoreati? Le unioni civili? lo spreco alimentare? il caporalato? la pubblica amministrazione? il terzo settore? l’autismo? il dopo di noi? la parziale modifica della legge Fornero?

E’ necessario   continuare? Non credo. Bersani e Speranza si riguardino la lunghissima lista di tutto quello che nei passati mille giorni questo Premier “arrogante” e” uomo solo al comando” è stato in grado di fare approvare. Lo so, loro ribattono con il mercato del lavoro e la buona scuola. Io non sono d’accordo con le loro valutazioni, ma un discorso approfondito sarebbe troppo lungo. Alcune “scene” mi hanno particolarmente infastidito durante e dopo la campagna referendaria.

Due di queste riguardano Roberto Speranza, l’aspirante leader senza quid.

1) La partecipazione ad una manifestazione per il No con De Magistris. Proprio lui, il Masaniello de noantri, quello che considera Renzi un nemico da abbattere, il raffinatissimo ex PM (che orrore i giudici e gli ex giudici che si comportano da ultra del calcio) che con raffinata eleganza ha minacciato più volte Renzi, intimandogli di non andare a Napoli (tutti ricordiamo il “si deve cagare addosso”), il fomentatore di centri sociali e cobas violenti contro il Premier che andava ad avviare il risanamento di Bagnoli. Proprio con lui Speranza doveva manifestare per il No?

2) I sorrisi e gli abbracci di trionfo con D’Alema (che, nell’ebrezza del trionfo ha chiaramente espresso uno dei motivi di risentimento, nei confronti di Renzi: dopo una decina di legislature, la colla e la voglia di poltrone erano ancora troppo solide) dopo la vittoria del No.

Mai visto che una parte del Partito facesse campagna contro la posizione ufficialmente espressa (e ancora non ho capito i motivi di dissenso sul merito della riforma) e che festeggiassero così la sconfitta del proprio Segretario. Io penso che la minoranza di Bersani, in realtà, volesse pesarsi alle urne (suggerimento dello stratega D’Alema?) in vista di una eventuale scissione o per contare di più nella battaglia interna in attesa del prossimo Congresso.

L’esito non dovrebbe essere brillantissimo se è vera l’analisi dei flussi che ritiene che solo l’8% degli elettori
PD abbia votato contro (ed in gran parte, penso, più per amore verso la vigente Costituzione che per assecondare i giochetti di corrente).

Ed allora, considerato che votare per le Primarie è inutile, perché il Congresso del Partito non finisce mai, non voterò più alle Primarie. E non voterò neanche alle Politiche. Il Popolo italiano vuole tenersi il bicameralismo paritario? Vuole tenersi il caos dei rapporti con le Regioni? Vuole tenersi i 63 Consiglieri del CNEL? Vuole tenersi 315 Senatori con le stesse funzioni dei Deputati? Vuole tenersi i finanziamenti dei Gruppi al Senato e nei Consigli regionali? Vuole tenersi gli stipendi sproporzionati dei Consiglieri regionali? Va bene così, ma poi non voglio sentir parlar male nessuno di quelli che hanno votato No delle suddette cose.

Il Popolo italiano pensa che sia in grado di governare il Paese una banda di furbi incompetenti, telecomandati da un Comico (che spaccava a martellate i computer prima che qualcuno gli facesse capire che la rete poteva essere un miniera d’oro) e da una Società immersa nell’opacità (altro che uno vale uno, altro che trasparenza) ?  Va bene così, ma non per conto mio, not in my name.

Il Popolo italiano pensa che possa fare il Presidente del Consiglio un giovanotto senza arte né parte, mediocre studente universitario, che oltre allo staff della comunicazione necessiterebbe di avere accanto una maestra che gli spieghi la coniugazione e l’uso del congiuntivo e la differenza tra verbi transitivi ed intransitivi? Va bene così e buon divertimento.

Il Popolo italiano è così immaturo da farsi abbindolare dalla propaganda che vuole fare considerare establishement e casta uno che è appena arrivato e non è neanche parlamentare? Va bene così, evviva il Popolo sovrano.

Il popolo italiano è così irriconoscente da dimenticare così in fretta i benefici, in tema di diritti sociali ed in termini economici (basti pensare agli 80 euro, all’abolizione della TASI, ai posti di lavoro creati, ai centomila insegnanti in ruolo, al PIL tornato positivo, allo sviluppo del turismo e delle esportazioni, a quello che si sta realizzando nel campo dei beni culturali (alla faccia degli storici dell’arte ed archeologi improvvisatisi costituzionalisti), a tutte le leggi sui diritti sociali e civili ? Va bene così, ma non in mio nome.

Il Popolo italiano ritiene che debba andare a casa un Premier che sta conducendo tenaci battaglie in Europa e che ha ridato dignità al nostro Paese nei rapporti internazionali? Va bene così. Ma non in mio nome.

Matteo non mollare, se tu non molli, chissà, forse potrei anche ripensarci e tornare a votare.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/non-votero-piu/
5969  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Tommaso LABATE. D’Alema a sorpresa: Matteo? Dovrò difenderlo, come Bettino Craxi inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:27:27 pm
L’ex segretario dei Ds: provai a farlo tornare in Italia
D’Alema a sorpresa: Matteo? Dovrò difenderlo, come Bettino Craxi
«Tantissimi che sono renziani solo per convenienza, opportunismo e conformismo».
«Qualcuno sta già prendendo appuntamenti con me per il dopo referendum»

Di Tommaso Labate

Se dovesse vincere il No, «può anche capitare che Renzi debba difenderlo io. Questo è il Paese che allo sconfitto riserva il calcio dell’asino, è già capitato in passato...». La sala contiene duecento posti a sedere. Ma dentro ci sono forse più di trecento persone. Campobasso, palazzo della Provincia, martedì sera. Il pubblico che sta ascoltando Massimo D’Alema, ospite d’onore di un’iniziativa sulla riforma della Costituzione organizzata dal deputato pd Danilo Leva, che fino a quel momento aveva tributato all’ex premier ovazioni e applausi, per un attimo ammutolisce. Come se in trecento, contemporaneamente, avessero capito male. Ma come, lo scenario è quello in cui il 4 dicembre vince il No e l’indomani D’Alema si mette a difendere Renzi?

«Colonnelli berlingueriani»
E così l’ex presidente del Consiglio, dal palco, riannoda i fili del discorso e sfoglia l’album dei ricordi. Ragiona sulla maggioranza del partito e dei gruppi parlamentari, sui «tantissimi che sono renziani solo per convenienza, opportunismo e conformismo». Si lascia scappare, senza fare nomi, che «qualcuno sta già prendendo appuntamenti con me per il dopo referendum». E poi arriva al parallelo. «Mi è già capitata, in passato, una situazione simile. All’epoca di Berlinguer, io ero tra quelli che la stampa chiamava i “colonnelli berlingueriani”. Chissà perché, poi, “colonnelli”...». Il loro nemico numero uno era Bettino Craxi. E — ricorda D’Alema — «quando Craxi cadde, mentre molti dei suoi fedelissimi si avventavano su di lui come cani pur di salvarsi e di rifarsi una verginità, toccò a me difenderlo. Lo stesso Craxi, tramite un ambasciatore, mi avrebbe poi fatto sapere che aveva apprezzato». La sala continua a trattenere il fiato. D’Alema fa anche il nome dell’ambasciatore tra lui e Craxi. «Era Yasser Arafat», il presidente dell’Olp. «Quando Craxi stava per morire, io, che ero premier, tentai una trattativa umanitaria con la Procura di Milano per farlo tornare a curarsi in Italia. Non ci riuscii. Vedete, molti sostengono che Renzi sia simile a Craxi. Forse nel piglio del potere, nel modo di gestire l’autorità... Ma Craxi era di sinistra, Renzi non lo è. Craxi frequentava Arafat, Renzi frequenta Netanyahu», il premier conservatore israeliano.

Compagni di una vita
Nella serata molisana D’Alema, forse per la prima volta, ammette l’amarezza provata per il distacco di alcuni dei suoi. Non fa nomi, non cita Cuperlo o Orfini. «Nella vita non ho mai fatto battaglie partendo dalla compagnia. Per le cose in cui ho creduto, ho combattuto. In ogni caso, ci sarà un “dopo” in cui si tornerà a discutere. E, tra i renziani, discuterò più volentieri con chi ha sostenuto Renzi per convinzione che non con quelli che l’hanno sostenuto per convenienza». I compagni di una vita, invece, ci sono e ci saranno sempre. Anche quelli con cui lo scontro è stato aspro. «Con Veltroni, per esempio, ho un ottimo rapporto. Ci sentiamo ancora oggi, le nostre famiglie sono vicine e le nostre figlie sono molto amiche, vivono entrambe in America e hanno già votato per il referendum. Mia figlia ha votato No, seguendo me. La figlia di Veltroni ha votato Sì, come il padre». Segno, insomma, di come si possa stare da diverse parti della barricata senza che i rapporti personali vengano interrotti o compromessi. «Noi», scandisce D’Alema, «abbiamo sempre fatto così. E mai, mai nella nostra storia, abbiamo portato in politica la rottamazione delle persone». Quello, sussurra, «è un lascito di Renzi».

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28 novembre 2016 (modifica il 1 dicembre 2016 | 12:41)

Da - http://www.corriere.it/referendum-costituzionale-2016/notizie/referendum-costituzionale-2016-d-alema-sorpresa-matteo-dovro-difenderlo-come-bettino-craxi-7066ba42-b5b1-11e6-a2c1-e1ab33bf33ae.shtml
5970  Forum Pubblico / ITALIA VALORI e DISVALORI / Silvio Berlusconi andrà alle consultazioni. (vergognosa azione contro l'Italia) inserito:: Dicembre 10, 2016, 11:25:48 pm
Silvio Berlusconi andrà alle consultazioni.
Aperture solo con la promessa del proporzionale e un aiutino a Strasburgo

Pubblicato: 09/12/2016 16:53 CET Aggiornato: 4 ore fa

Un paio di giorni fa, all’aeroporto di Fiumicino, Fedele Confalonieri incrocia un gruppo di parlamentari in attesa dell’imbarco. Ci sono Maria Stella Gelmini, Mario Mauro, Maria Rosaria Rossi, l’ex sottosegretario Luigi Casero. Fidèl è sorridente, non affranto per la fine del governo: “Ora – dice - si apre una fase molto interessante”. Perché per Mediaset i governi sono un po’ come i Papi per i romani, morto uno se ne fa sempre un altro. E tra gli altri nessuno spasima per un Renzi bis. Né dalle parti dell’azienda né ad Arcore.

E chissà se è un caso ma il telefono di Gianni Letta ha ricominciato a squillare come ai bei tempi: “Ma voi – si sente domandare - che direte al Colle? Perché se voi non aprite il governissimo è già morto? Aprite?”. È un delicato e lungo gioco di “rimessa” quello a cui si sta preparando Silvio Berlusconi. Il quale, a differenza dei due Mattei (Renzi e Salvini) guiderà la delegazione di Forza Italia al Quirinale sabato pomeriggio. Anzi, per nulla al mondo ha intenzione di rinunciare a salire lo scalone del Colle, attraversare le vellutate stanze per poi concedersi a microfoni e flash. Una di quelle situazioni in cui il Cavaliere è compiaciuto di esserci, ancora una volta da leader che entra dalla porta principale dopo essere uscito, con l’onda della decadenza, da quella di Palazzo Madama. Ne è passato di tempo da quando, sui giornali, era il Condannato.

E la guiderà, personalmente, non solo come rivendicazione di un ruolo e di uno status ma anche perché, semplicemente, non si fida degli altri. E sa che le trattative delicate si conducono in prima persona. Perché di trattativa delicata si tratta. Un ex ministro azzurro spiega, senza tante perifrasi: “Se andiamo al voto anticipato siamo morti, perché è evidente che non siamo pronti, la coalizione è un casino con Salvini e la Meloni. Ma siamo morti anche se andiamo al governo, perché non la reggiamo. Rompiamo con gli alleati e per cosa?”.

Ad Arcore sono convinti che andare al governo oggi significa “fare la fine di quello che raggiunge la compagnia a tavola per il caffè e paga tutto il conto”. Dove il conto è il correttivo che ha chiesto l’Europa sulle “marchette di Renzi”. Dunque Silvio Berlusconi dirà a Sergio Mattarella non solo che è contrario, contrarissimo a un “Renzi bis” ma che non ha intenzione di fare la stampella a nessun governo, non è questione di nomi. Anche se certo è un no da “opposizione responsabile” che non farà barricate in piazza e che dice un sì, convinto, a un confronto - un "tavolo" - sulla legge elettorale. Punto.

In via informale però è stata già comunicata al Quirinale quale è l’offerta che sarebbe impossibile non prendere in considerazione. Di fronte alla quale si potrebbe discutere anche di governo: “una legge elettorale proporzionale”. Ma, ha aggiunto l’eminenza grigia del Cavaliere, dovrebbe essere un accordo blindato. Una fonte di Arcore dice: “È chiaro che solo una proposta di proporzionale apre la trattativa vera ovviamente con un nome diverso da Renzi. A quel punto Berlusconi può rompere con la Lega, perché starebbe al governo oggi ma anche domani, ovvero dopo il voto, visto che col proporzionale nessuno avrebbe la maggioranza”. Ed è chiaro che, in un percorso del genere, il Cavaliere considererebbe scontata una relazione favorevole del nuovo governo a Strasburgo, dove attende una sentenza slittata a suo giudizio per colpa del governo Renzi. Condizioni alte, per vendicare il famoso “game over” e rientrare al Senato dalla porta principale. Altrimenti non vale la pena rompere, ora che le urne hanno sancito il “game over” del governo.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/12/09/silvio-berlusconi-consultazioni_n_13531164.html?1481298837&utm_hp_ref=italy
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