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5896  Forum Pubblico / AUTORI. Altre firme. / Nando Pagnoncelli - Sul nuovo esecutivo critici due italiani su tre. inserito:: Dicembre 19, 2016, 04:06:22 pm
SCENARI
Sul nuovo esecutivo critici due italiani su tre.
Il 48%: al voto subito
Renzi, pausa o ritiro per il 36% degli elettori dem.
Il 45% ritiene che essendo stato bocciato dal voto referendario dovrebbe lasciare definitivamente la politica

Di Nando Pagnoncelli

Il governo Gentiloni parte in salita. Il clima incandescente e le profonde divisioni della campagna referendaria non accennano a diminuire e ciò si riflette sui giudizi nei confronti del nuovo esecutivo. Due italiani su tre (65%) si dichiarano insoddisfatti, contro il 27% di soddisfatti. È un’insoddisfazione che si attesta tra l’80% e il 90% tra gli elettori dell’opposizione e prevale tra gli astensionisti e tra gli elettori di centro (due terzi). E anche tra gli elettori del Pd uno su quattro non sembra apprezzare la scelta.

Continuità o cambiamento
D’altra parte il nuovo governo nasce all’insegna della continuità con il precedente, come è stato ribadito dal presidente Gentiloni nel messaggio di insediamento alle Camere. E la sostituzione di un solo ministro del precedente esecutivo, nonostante l’ingresso di nuovi ministri, induce la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica (80%) a ritenere che i due governi siano sostanzialmente uguali, mentre solo il 6% intravvede elementi di discontinuità. Le dimissioni di Renzi, fatto di per sé piuttosto raro, non sono bastate a dare l’impressione che si sia trattato di un vero cambiamento. Se la maggioranza fa riferimento alla stessa compagine del precedente esecutivo, a giudicare dagli elettorati sembra perdere consenso in una parte degli alleati. In particolare gli elettori centristi che da tempo manifestavano una disaffezione rispetto al governo Renzi, anche oggi sembrano più inclini alle posizioni dell’opposizione.

Quando il voto?
Quanto alle elezioni il segnale è molto netto: gli elettori vorrebbero votare presto. Infatti, quasi un italiano su due (48%) preferirebbe andare alle elezioni il prima possibile, subito dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum prevista il 24 gennaio, uno su quattro (25%) a giugno o al massimo settembre, dopo l’approvazione di una nuova legge elettorale, mentre solo il 16% auspica il voto a febbraio 2018, alla scadenza della legislatura. È interessante osservare che il voto rapido risulta l’opzione preferita da tutti gli elettori, persino tra i centristi, con l’eccezione di quelli del Pd che vogliono una nuova legge elettorale. Riguardo alle prospettive future di Renzi, il 45% ritiene che essendo stato bocciato dal voto referendario dovrebbe lasciare definitivamente la politica, il 23% è convinto che, per tornare ai vertici, dovrebbe rimanere per un po’ defilato. Per il 21%, infine, rappresenta la guida migliore per il Pd alle prossime elezioni.
Quest’ultima, risulta l’opinione prevalente tra gli elettori del Pd mentre tra quelli dell’opposizione non accenna a diminuire l’ostilità nei suo confronti e si reclama una sua uscita di scena definitiva. Sono gli effetti della personalizzazione e della disintermediazione che mostrano di essere armi a doppio taglio. Il percorso del nuovo governo appare impervio innanzitutto perché, per spirito di coerenza, non vuole e non può scrollarsi di dosso l’eredità del precedente, limitando implicitamente la possibilità di allargare il proprio consenso. D’altra parte, una diversa maggioranza non è risultata praticabile e il presidente Gentiloni lo ha definito «governo di responsabilità».

Clima teso
In secondo luogo perché il clima si mantiene alquanto critico, nell’opinione pubblica come in una parte della classe politica. Basti pensare, ad esempio, alle reazioni accese suscitate dalla scelta dei ministri e del neo sottosegretario alla presidenza Boschi o allo sgarbo istituzionale nei confronti del presidente incaricato da parte della Lega e del M5S che si sono rifiutati di incontrarlo per le consultazioni di rito. Ebbene, in questo clima nessuno fa sconti e si reclamano nuove elezioni, come una sorta di momento liberatorio, non si sa con quale legge elettorale e con quale possibile esito. E con ogni probabilità sarà proprio la legge elettorale il banco di prova principale del nuovo esecutivo che, indipendentemente dalla sua durata, dovrà sapersi distinguere dal precedente per capacità di dialogo e di mediazione. Per aumentare il proprio consenso sarà infatti determinante uno stile che favorisca il rasserenamento del clima. Ed altrettanto importante sarà la scelta delle priorità d’azione, tenuto conto dei ceti in difficoltà, del diffuso disagio sociale e delle diseguaglianze crescenti. Sono questi infatti i messaggi principali emersi dalle consultazioni elettorali e referendarie di quest’anno: più capacità d’ascolto e più attenzione agli ultimi. Sembrano lontani i tempi in cui, solo un paio d’anni fa, i cittadini reclamavano a gran voce più decisionismo, meno concertazione e più riforme.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
17 dicembre 2016 (modifica il 17 dicembre 2016 | 22:39)

Da - http://www.corriere.it/la-crisi-di-governo/notizie/governo-crisi-nuovo-esecutivo-critici-due-italiani-tre-48percento-voto-subito-14e75bf2-c495-11e6-bdd5-b215bf22a380.shtml
5897  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / AMEDEO LA MATTINA. Perché il Mattarellum è un’esca velenosa per Forza Italia inserito:: Dicembre 19, 2016, 04:04:36 pm

Perché il Mattarellum è un’esca velenosa per Forza Italia
Una parte del partito vuole convincere Berlusconi a sostenere la proposta di Renzi

Pubblicato il 19/12/2016 Ultima modifica il 19/12/2016 alle ore 11:57
Amedeo La Mattina
Roma

La proposta lanciata da Renzi di recuperare il Mattarellum è un’esca velenosa per Forza Italia. A rispondere sì finora sono stati Salvini e Meloni: a loro conviene tenere in vita l’alleanza di centrodestra nei collegi uninominali (il Mattarellum ne prevede fino al 75%, il resto è proporzionale). È l’idea di una coalizione di destra-centro con a capo il leader della Lega, che in questo modo potrebbe eleggere parlamentari anche al Sud dove i voti per il Carroccio scarseggiano. Voti ai suoi candidati nei collegi uninominali che dovrebbero venire da Forza Italia. Ecco perché Berlusconi e una parte del suo partito, quella del Sud, sono contro il Mattarellum.

Il Cavaliere, che è nato politicamente maggioritario, ora si è convertito alle virtù del proporzionale. È solo un modo per tenersi le mani libere e non dare a Salvini la chance di scalare il centrodestra (e non dare i voti azzurri, pochi o molti che siano, ai candidati leghisti o fratelli d’Italia. Mani libere per poter magari dopo il voto sostenere un governo delle larghe intese con il Pd ed evitare che a Palazzo Chigi vadano i 5 Stelle. Quei 5 Stelle che sono stati gli unici a non difendere Mediaset da Vivendi, anzi a sostenere che non sarebbe un problema se l’azienda del Biscione venisse sbranata dai francesi. Dunque tutto per bloccarli.

Il punto è che c’è una parte di Forza Italia che vuole convincere Berlusconi a sostenere il Mattarellum. È vorrebbero convincerlo con l’allargamento della quota proporzionale fino al 50%. In questo modo si salverebbe la colazione nei collegi uninominali ma allo stesso tempo ogni partito avrebbe la possibilità di eleggersi i suoi esponenti nell’ampia parte proporzionale. 

A lavorare a questa ipotesi sono il capogruppo Romani è il governatore ligure Toti, con il sostegno di tutti i parlamentari azzurri del Nord. Ed è facile capire il perchè: sono loro che ne avrebbero un vantaggio in quei colleghi dove la Lega è forte e nel Nord lo è in Lombardia e Veneto. Discorso opposto invece per i parlamentari del Sud che sarebbero costretti a ricambiare offrendo il loro sangue elettorale e di consensi. È infatti sono sul piede di guerra e spingono sul pedale del proporzionale, sperando che Berlusconi tenga ferma la sua posizione.

 

Ma le posizioni di Berlusconi cambiano con grande rapidità e in relazione alle convenienze del momento. A parte il fatto che il Cavaliere adesso ha ben altro e di più importante cui pensare come la vicenda della scalata di Vivandi a Mediaset. Il punto è che c’è una guerra in atto tra i parlamentari del Sud contro quelli del Nord che vogliono come Salvini e Meloni il Mattarellum. In attesa che il capo ci metta un po’ la testa e capisca che allargando la quota proporzionale e tenendo i collegi per l’alleanza si salverebbe capra e cavoli. 

Renzi sa bene quale sia il problema nel centrodestra e sta giocando la carta Mattarellum per compattare il Pd e mettere alla prova il centrodestra, a cominciare da Berlusconi che fa finta di volere le elezioni anticipate. Già avere dalla sua parte Lega e Fdi è un buon risultato. Ora aspetta Berlusconi. Resterebbero fuori i 5 Stelle alle prese con il caos di Roma.

Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.

Da - http://www.lastampa.it/2016/12/19/italia/politica/perch-il-mattarellum-unesca-velenosa-per-forza-italia-FfX0AuyLq7r5lusCEQl7uO/pagina.html
5898  Forum Pubblico / SCRIPTORIUM 2017 - (SUI IURIS). / Storico e politico. Pasquale Villari. Un Paese senza élite. Claudio Giunta inserito:: Dicembre 19, 2016, 12:28:57 pm

Un Paese senza élite
Di Claudio Giunta 16 dicembre 2016

Storico e politico. Pasquale Villari
Compie centocinquant’anni quest’anno un saggio che non molti hanno letto, ma che chi ha letto non ha dimenticato, anzi lo riapre ogni tanto per prendere esempio e ispirazione: Di chi è la colpa? di Pasquale Villari.

In novant’anni di vita, Villari (1826-1917) riuscì ad essere molte cose: uno dei più autorevoli storici della sua generazione (uno storico-narratore ma anche uno storico da archivio: con, tra l’altro, i due volumi su Savonarola e i suoi tempi, coi tre volumi su Machiavelli e i suoi tempi), un uomo politico (fu deputato, senatore e ministro dell’Istruzione nel biennio 1891-92), ma anche e soprattutto quello che oggi si chiamerebbe un intellettuale militante, specialmente attento – lui esule napoletano a Firenze – ai problemi del Mezzogiorno (i suoi Scritti sulla emigrazione si leggono ancora con piacere, per la capacità che aveva di intrecciare all’analisi la vivida descrizione dei luoghi e delle persone, e di far sentire la voce dei testimoni: chi cerca antesignani del saggio-reportage che va di moda oggi leggerà con interesse le sue pagine).

Nell’estate del 1866 l’Italia era scesa in campo contro l’Austria al fianco della Prussia di Bismarck. La Prussia attaccò da nord, sbaragliando i nemici nella battaglia di Sadowa; sul fronte meridionale, l’Italia venne invece sconfitta dagli austriaci tanto sulla terra (a Custoza) quanto sul mare (a Lissa). Ma la vittoria prussiana costrinse gli austriaci alla capitolazione e l’Italia ricevette, secondo i patti, il Veneto. Fu insomma un successo, ma un successo umiliante, e nel saggio Di chi è la colpa, pubblicato sul «Politecnico» nel settembre 1866 e poi più volte ristampato nelle Lettere meridionali, Villari si domanda appunto chi siano i colpevoli di questa umiliazione. La risposta fece rumore, a giudicare dal ricordo di Giovanni Bonacci che si legge nella premessa alla ristampa del 1925 di un altro saggio di Villari, L’Italia e la Civiltà: «Nel 1866, il notissimo farmacista Erba chiese il permesso di ristampare l’articolo Di chi è la colpa? nella carta da involgere le boccette del suo rinomato sciroppo, e pel rumore suscitato dallo stesso articolo al Villari fu offerta a Bologna la candidatura politica contro Minghetti».

La colpa – osserva Villari all’inizio del suo discorso – sarebbe dei capi, dei governanti, di coloro che hanno «sempre tenuto il mestolo in mano, e a danno del Paese». Ma è una risposta che non risolve il problema, lo rinvia soltanto. Intanto perché l’Italia ha avuto libere elezioni: dunque, si domanda Villari, come mai il Paese s’è lasciato «cosi lungamente governare da tali uomini?».

E poi perché le sconfitte dell’estate, al di là delle carenze di Cialdini, La Marmora e Persano, non erano dipese tanto da mancanza di leadership quanto da mancanza di organizzazione e di pratica della guerra: «In un punto mancò il cibo, in un altro la munizione, un ordine non giunse a tempo, un altro fu male eseguito, il volontario fu sprovvisto d’ogni cosa». Di chi è davvero la colpa, allora? Domanda che, allora come oggi, ne poteva implicare un’altra più grande: di chi è la colpa, se gli italiani sono così?

Nelle prime pagine del saggio, Villari elogia l’esercito del Regno appena nato per aver saputo avvicinare in pochi anni, rendendoli solidali, uomini che erano a malapena in grado di intendersi perché parlavano dialetti diversi. Questi soldati sono stati eroici: «Noi li abbiamo visti sugli alberi del Re d’Italia continuare il fuoco, mentre la nave rapidamente affondava». Ma gli eroi non bastano, perché «la guerra è l’arte di ammazzare, non di farsi ammazzare». E la guerra moderna è soprattutto, ormai, un gioco di tecnica e strategia, in cui contano la velocità delle comunicazioni, l’efficienza dell’approvvigionamento, le risorse dell’ingegneria e della meccanica. In tutti questi settori, l’Italia appena unificata ha un ritardo pauroso rispetto a tutte le nazioni europee, e il fallimento nella guerra si deve anche a questo ritardo, cioè all’arretratezza del sistema produttivo italiano. Ma c’è soprattutto un’insufficienza nella formazione dei soldati, e più largamente nell’educazione e nell’istruzione dei cittadini. «Quando – scrive Villari – le ciurme della nave americana o inglese sono in riposo, voi trovate i marinai occupati a leggere. I nostri son costretti a dormire o giocare. Quando i coscritti prussiani si presentano al Consiglio di leva, la prima cosa si esamina se sanno leggere e scrivere. E quando un Municipio presenta più di un analfabeta, si apre un’inchiesta per esaminare la cagione del fatto strano». Né le cose vanno meglio se dalle reclute si volge lo sguardo agli ufficiali: «Quando in tempo di pace gli ufficiali francesi o prussiani sono di guarnigione, voi li trovate occupati nei disegni, nelle scienze militari, nella storia, e molte opere celebrate di geografia, di storia, di letteratura escono dalla loro penna. Osservate le carte geografiche dello Stato Maggiore austriaco o prussiano; sono lavori ammirabili per esattezza scientifica […]. Che cosa siamo noi che, facendo la guerra nel proprio Paese, abbiamo più volte sbagliate le strade?».

Questo è il popolo italiano. E l’élite, la classe dirigente? L’Italia, sostiene Villari, non possiede un’élite degna di questo nome. I dirigenti sono in parte vecchi amministratori degli Stati pre-unitari, uomini quasi tutti anziani, spesso corrotti, disabituati alla libertà. In parte sono giovani liberali senza cultura e senza esperienza, in nessun modo in grado di amministrare una nazione di 22 milioni di abitanti. In parte, infine, sono burocrati piemontesi abituati a governare un piccolo Stato di nessuna importanza nello scacchiere internazionale, e ora promossi alla guida di una delle maggiori nazioni europee. «Quando – scrive Villari – gl’impiegati dei caduti governi e i liberali delle nuove province si unirono ai Piemontesi, questi dettero uno straordinario contingente burocratico a tutta Italia. Si trattava d’attuare le leggi e la politica del Piemonte, e i suoi uomini avevano una reputazione d’onestà, di capacità ed attività superiore agli altri. E cosi il buon maestro elementare di Torino diveniva, nell’Italia meridionale, un cattivo ispettore, un pessimo direttore. E questo lavoro si eseguì sopra una larghissima scala: il Capo-Sezione fu subito Capo di Divisione, e questi volle essere Prefetto, e il maestro elementare insegnò nel liceo. Quindi, nel medesimo tempo, si vide sgovernata l’Italia, peggiorato il Piemonte, e buoni impiegati divenire mediocri o pessimi».

Vince la guerra chi, come i prussiani, può contare su un sistema produttivo efficiente e dinamico; ma – argomenta Villari – possiede un sistema produttivo simile soltanto chi ha una burocrazia efficiente (e l’Italia ha invece il moloch insieme pletorico e inadeguato che si è descritto) e un sistema educativo solido e aggiornato ai tempi. L’educazione italiana non ha saputo veramente arrivare al popolo, e si è fondata troppo a lungo sulla retorica e sulla propagazione di un vacuo umanesimo; le pagine che Villari dedica alla scuola e all’università sono tra le più acute del saggio, e culminano in questa sintesi memorabile: «Non è il quadrilatero di Mantova e Verona che ha potuto arrestare il nostro cammino; ma è il quadrilatero di 17 milioni di analfabeti e 5 milioni di arcadi».

Di vacuo umanesimo traboccano le scuole ancora oggi, ma non è solo per questa ragione che il saggio di Villari merita di essere letto. I lamenti degli intellettuali italiani sull’indole dei loro compatrioti sono quasi sempre stucchevoli (lo sono persino certi passaggi del capolavoro che è il Discorso sui costumi di Leopardi). Ma Villari non ragiona da moralista bensì da storico e sociologo, e soprattutto da uomo che conosce bene la pubblica amministrazione, e le sue osservazioni non vertono quasi mai sul carattere degli italiani ma sul modo in cui gli italiani vivono e dovrebbero vivere: sul popolo più che sugli individui. Tra le poche eccezioni, tra i pochi giudizi sul particolare e non sul generale, c’è questo paragrafo sul «mal volere» che sembra proprio scritto oggi, e che spero invogli molti lettori ad andare in biblioteca o a cercare il pdf delle Lettere meridionali in rete:

«Avete voi mai conosciuto un Paese dove la calunnia sia così potente e cosi avida, dove in così breve tempo si sia lacerato un ugual numero di riputazioni onorate? Si grida per tutto che ci vogliono uomini nuovi, perché gli uomini vecchi sono già consumati; ma non appena si vedono i segni di un qualche giovane di vero ingegno che sorge, un mal volere, direi quasi, un odio infinito, s’accumula contro di lui e lo circonda. La mediocrità è una potenza livellatrice, vorrebbe ridurre tutti gli uomini alla sua misura, odia il genio che non comprende, detesta l’ingegno che distrugge l’armonia della sua ambita uguaglianza».

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2016-12-16/un-paese-senza-elite-192911.shtml?uuid=ADbioGCC&cmpid=nl_domenica
5899  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Fabrizio BARCA. Che partito serve al Pd inserito:: Dicembre 19, 2016, 12:20:12 pm
   Opinioni
Fabrizio Barca      @fabriziobarca

· 18 dicembre 2016
Che partito serve al Pd

Per evitare che si insinui autoritarismo e un disegno di destra non basta (anche se è indispensabile) bloccare l’implosione del Partito Democratico

Per evitare che la crisi sociale e culturale del paese e le angosce e pulsioni che ne discendono sfocino in una domanda di autoritarismo e favoriscano presto un disegno di destra non basta (anche se è indispensabile) bloccare l’implosione del Partito Democratico con un immediato intervento sulla sua organizzazione, come ho appena proposto. E’ anche indispensabile un sussulto nella diagnosi e nelle proposte della “sinistra”, ovunque essa sia: nei partiti, nelle associazioni, nei movimenti, nelle nuove forme della militanza, soprattutto giovanile.

Un sussulto che, pur nella frammentazione e nella diversità dei percorsi, ed evitando saggiamente ogni forzata ricucitura, ridia a tutti la fiducia di esser parte di un processo di ricerca-azione, difficile ma concettualmente fondato e operativo. A chi mi riferisco con “sinistra”? A tutti coloro che ritengono l’articolo 3 il punto più alto della nostra Costituzione, laddove stabilisce che è “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. In queste parole, eterodosse e moderne, punto di incontro delle culture liberal-azionista, social-comunista e cristianosociale che ancora innervano il Paese, c’è un’indicazione secca sulla missione principale non solo dello Stato ma della Repubblica intera – del privato, del sociale, del pubblico. È la missione dell’inclusione o dell’avanzamento sociale. Compiere ogni sforzo possibile per mettere cittadini e lavoratori nella condizione di vivere la vita che è nello loro corde vivere. Proprio ciò che moltissimi sentono mancare.

A questa fondamentale discriminante potrei aggiungere che essere di sinistra vuol dire anche essere convinti che il capitalismo produce innovazione, avanzamento sociale e persino tutela dell’ecosistema, solo se esso viene continuamente incalzato con la necessaria ruvidezza da cittadini e lavoratori organizzati: la risoluzione delle separazioni del capitalismo (fra lavoro e capitale, controllo e proprietà del capitale, persona e consumatore) a favore dell’avanzamento sociale richiede conflitto. Altri preferiranno una diversa declinazione. Qui basta il riferimento all’articolo 3. Basta per riconoscere che di sinistre ne esistono tante, organizzate (all’interno del Pd e di altri corpi intermedi, tradizionali e nuovi), meno organizzate o del tutto informali (all’interno di forme nuove di militanza, di cittadinanza attiva, di antagonismo).

Se a questo punto chi legge sente l’urgenza di negare la natura di “sinistra” ad alcune delle forze richiamate –magari al Pd, per fare un esempio a caso – è proprio a lei o lui che ancor più degli altri mi rivolgo.

Parliamoci chiaro. Nessuna forza, corrente, associazione, gruppo, militante, intellettuale, leader ha oggi una strategia adeguata per rilanciare una battaglia di avanzamento sociale come quella richiesta dall’articolo 3. Non deve sorprendere. In tutto il mondo, di fronte alle sfide della globalizzazione, dell’urbanizzazione, della tenuta ambientale e delle migrazioni e di fronte all’ansia che queste sfide inducono nel lavoro subordinato, nel piccolo ceto medio, negli abitanti delle aree rurali, nei giovani, la sinistra è in grande difficoltà. E non ha ancora trovato la “misura giusta” fra il recupero di un ruolo di garanzia universale da parte dello Stato, la cura e la valorizzazione delle diversità, l’apertura al nuovo mondo della cittadinanza attiva, l’impiego della tecnologia dell’informazione.

Le difficoltà per la sinistra sono rese particolarmente gravi in Italia dall’arcaicità dello Stato, dall’arresto prolungato di ogni confronto culturale e di massa sulla società possibile di domani, dal sentimento di milioni di cittadini del Sud che avvertono l’incredulità del resto del paese nelle loro possibilità di cambiamento e la trasformano in alibi per non cambiare. Detto tutto ciò, anche in Italia frammenti di una strategia possibile sono stati costruiti, recuperati, praticati da ognuna delle diverse sinistre. Non è matura, non è certo matura, una loro composizione. Le differenze di impostazione sono forti. Ma molti pezzi esistono. E sono riconducibili a militanti “o s curi”, a grandi e piccole organizzazioni, a leader riconosciuti. Ecco alcuni esempi. La salvaguardia di una capacità organizzata del lavoro subordinato che abbracci le nuove forme di sfruttamento degli pseudo lavoratori autonomi, perseguita da Susanna Camusso e dalla Cgil. La rottura della separazione di ruoli nel welfare fra pubblico, privato e sociale, praticata e concettualizzata da moltissime associazioni, anche nel Sud, che “mettono in opera diritti, si prendono cura di beni comuni o sostengono soggetti in condizioni di debolezza” (come interpreta Giovanni Moro). La ricerca di forme nuove di accesso e uso della terra da parte di gruppi di “militanti agricoli”. L’intransigente difesa del dovere di asilo e di accoglienza dei migranti e dei loro diritti fondamentali, perseguita da Matteo Renzi e praticata da molti amministratori di sinistra, come Giusi Nicolini a Lampedusa o Enrico Rossi a Prato.

La costruzione di spazi liberi per la creatività giovanile, realizzata con soluzioni di avanguardia da Nichi Vendola e Nicola Fratoianni in Puglia e ora affidata a Michele Emiliano. L’apertura di partiti e Amministrazioni alle nuove forme di cittadinanza e di sperimentalismo, perseguita da Pippo Civati, da Giuliano Pisapia e da molti altri sindaci, da tanti “militanti della pubblica amministrazione” senza un volto noto, oltre che da chi scrive. L’obiettivo di nuove politiche contro la disuguaglianza e l’imperativo di costruire il pilastro politico e sociale dell’Unione Europea, declinati in modo diverso da Gianni Cuperlo e Stefano Fassina. La ricerca all’interno della galassia del Movimento 5 Stelle di una strada sostenibile per assicurare a tutti un “reddito minimo”. L’idea di costruire un ponte fra fabbrica e organizzazioni dell’impegno sociale, di Maurizio Landini. La tutela dei diritti delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, disegnata e ottenuta da Monica Cirinnà. Sono esempi delle “sinistre”, di azioni compiute o progetti coltivati avendo ben fermi in testa i principi dell’articolo 3. Ma queste azioni e progetti e altri ancora non si parlano. Anzi si disconoscono reciprocamente, proprio per l’assenza di un impianto condiviso di lettura della società e della fase storica che attraversiamo. E ciò impedisce a quelle sinistre di convincere. Le indebolisce, le rende autoreferenziali, le cristallizza. Favorisce dentro ognuna di esse – ognuna! – l’emergere di meschini interessi particolari. Ed è respingente per centinaia di migliaia di giovani che, lontani dalle diatribe che dividono leader e organizzazioni, vedono gli elementi comuni e trovano assurde e suicide le “fucilate te ad alzo zero” che essi si scambiano. Sia ben chiaro. Questi frammenti non si possono ricomporre con facilità. Per farlo ci vuole una lettura empirica e concettuale condivisa della società e del blocco di interessi e di valori che la sinistra potrebbe ricostruire: ne siamo lontani. Né tantomeno ha senso immaginare che attorno a un reciproco riconoscimento sorga un patto per presentarsi agli elettori, una sorta di rassemblement di sinistra.

Ci si è già provato, senza buoni esiti. Non è maturo. Apparirebbe e sarebbe una mossa tattica, che si scioglierebbe al primo sole. È invece possibile che tutte le sinistre costruiscano uno spazio entro il quale confrontare i propri “cavalli di b a t t a g l i a” (oltre alle proprie incomplete “letture del mondo”) per ricercare un minimo comune multiplo: tre temi per i quali condividere missione, alcuni obiettivi e alcuni strumenti, dei quali fare un punto di convergenza per lotte di giustizia. Che si stia nel governo o all’opposizione, nei palazzi istituzionali o sul campo. Darebbe il senso concreto che in realtà un pensiero di sinistra è possibile e non minoritario. Riavvicinerebbe molti giovani, stufi delle baruffe fra leader e sigle. Creerebbe uno spazio protetto di rispetto reciproco fra leader e fra militanti, liberi, al di fuori di esso, di mantenere la propria autonomia e i propri disegni, ma senza mettere a repentaglio i pochi obiettivi condivisi.

Chi deve creare questo spazio? E in cosa consisterebbe all’inizio? Non sta a nessuno in particolare di prendere l’iniziativa, ma a tutti. Le figure con responsabilità associative che ritengano utile questo passo e che trovino il coraggio per compierlo potrebbero dirsi pronti e mettersi al lavoro. Senza reciproche esclusioni preventive. Il resto è chiaro. Si incontrano in un luogo neutro, scelgono una prima lista di temi possibili, ne affidano l’approfondi – mento a “esploratori “affidabili, che producono materiali. Sulla base di questi materiali decidono i tre-quattro punti sui quali si intravede una possibilità di convergenza. A questo punto convocano (tutti assieme) una “Tre giorni” che produce tante (brevi) note quanti sono i temi sopravvissuti al confronto (che sarà acceso, possiamo starne certi, ma che dovrà anche essere informato, aperto e ragionevole). Su quei testi matura la decisione politica di adesione ad una Agenda Minima, che non è un “Programma”, perché non verrà presentata in alcuna scadenza elettorale, ma è il minimo comune multiplo di percorsi diversi. Ognuno, ogni forza, riprenderà il mattino dopo la propria strada. Il “solo” impegno comune sarà che, da qualunque posizione, istituzionale o di movimento, di governo o di opposizione, e in qualunque foro e spazio del paese, quegli obiettivi minimi condivisi saranno perseguiti. Non è molto. È moltissimo.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/che-partito-serve-al-pd/
5900  Forum Pubblico / SALUTE e BENESSERE. Ricerca della SERENITA' nella VITA. / MICHELE BOCCI - St. Jude Medical, Pacemaker difettosi, allerta anche in Italia inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:29:42 pm
Pacemaker difettosi, allerta anche in Italia
L'allarme della multinazionale americana St Jude Medical su dispositivi che potrebbero essere difettosi.
Tra i problemi segnalati ci sarebbero il prematuro esaurimento delle batterie e il corto circuito dei dispositivi


Di MICHELE BOCCI
05 dicembre 2016

ROMA - Sedicimila italiani cardiopatici vengono richiamati in questi giorni dagli ospedali di tutte le Regioni. L'azienda statunitense St. Jude Medical, ha diffuso in tutto il mondo un altert legato a alcuni modelli dei suoi pacemaker, i dispositivi che vengono impiantati sotto pelle e si attivano per riportare il battito a un ritmo regolare quando il cuore va in fibrillazione. L'operazione è su ampia scala, non solo in Italia, basti pensare che a livello internazionale la segnalazione riguarda ben 400mila apparecchi. Nel nostro Paese nessun paziente ha avuto danni a causa del problema mentre negli Usa ci sarebbero stati due morti.

Nei mesi scorsi la St. Jude si è resa conto che in alcuni suoi modelli (si chiamano Fortify, Fortify Assura, Quadra Assura, Unify, Unify Assura e Unify Quadra) prodotti fino al maggio 2015, c'è un problema alla batteria, che si scarica improvvisamente lasciando di fatto il paziente con un pacemaker che non funziona, quindi senza protezione nel caso di problemi elettrici a cuore. L'anomalia non riguarda tutti i dispositivi di ogni singolo modello che sono stati prodotti ma interesserebbe, a detta dello stesso produttore, appena lo 0,21% di questi. Per riuscire ad intercettarli, però, è necessario controllare tutti i pazienti. Il ministero alla Sanità ha inviato nelle scorse settimane una circolare a tutti i centri cardiologici e alle Regioni per informarli del problema segnalato dalla St. Jude, che si è mossa a sua volta per far sapere agli ospedali quanto è successo.

Prima di tutto si sono contati i pazienti italiani hanno impiantati i dispositivi a rischio e il risultato finale è, appunto, di 16mila persone. Molte di loro sono già state convocate in questi giorni. Va ricordato che si tratta di persone che fanno controlli periodici per la loro patologia durante i quali vengono fatte anche verifiche sul funzionamento dei dispostivi, quindi rintracciarle è piuttosto semplice. Quando si presentano in ambulatorio, i medici spiegano loro il problema e controllano il livello di carica della batteria, attivando se non sono stati attivati (succede di frequente) i sistemi che avvisano l'avvicinarsi della fine della carica, di solito attraverso una vibrazione che avverte il paziente.

L'azienda produttrice, inoltre, ha organizzato un sistema di telemonitoraggio che scarica i dati dell'apparecchio in remoto ogni 24 ore, sempre per essere certi che funzioni. Ovviamente se si trova uno dei pacemaker che ha la batteria mal funzionate, lo si sostituisce. In questo caso al paziente viene fatta un'anestesia locale, poi si rimuove la 'scatoletta' difettosa e se ne mette una nuova. I piccoli cavi che la collegano al cuore invece non si toccano. L'operazione di solito è molto rapida, richiede circa 20 minuti.

Tra l'altro tutti coloro che hanno un pacemaker, anche funzionante, ogni 6 o 7 anni devono comunque sostituirlo e quindi vanno incontro allo stesso intervento. Così i medici invitano i pazienti a non preoccuparsi. Sul sito della St. Jude è possibile, inserendo il numero di serie del proprio dispositivo, sapere immediatamente sapere se bisogna farsi controllare, sempre che l'ospedale non abbia già chiamato.

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05 dicembre 2016

Da - http://www.repubblica.it/salute/2016/12/05/news/st_jude_medical_pacemaker_e_difettosi_allerta_anche_in_italia-153486394/?ref=fbpr
5901  Forum Pubblico / AUTORI. Altre firme. / Francesco Gerace - Prodi spara a zero sull’Ue: “Così com’è non serve a nulla” inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:23:49 pm
   Focus
Francesco Gerace   @FrancescoGerace
· 15 dicembre 2016

Prodi spara a zero sull’Ue: “Così com’è non serve a nulla”

L’ex Presidente della Commissione europea vede uno svuotamento delle istituzioni comunitarie a favore del potere degli stati

Il Professore torna a parlare di Europa e lo fa in modo molto polemico nel corso di un’intervista esclusiva a San Marino Rtv, che andrà in onda questa sera. Per l’ex premier, nonché ex Presidente della Commissione europea, l’Europa “non conta più nulla, la Commissione, che rappresenta l’aspetto collegiale dell’Europa unita, non esiste più, perché gli stati hanno ripreso il potere non capendo che la Storia avrebbe fatto il suo cammino “. Una posizione molto dura quella di Romano Prodi che non vede più questa Europa come quella del progetto originario.

Un affondo che coinvolge anche la leadership tedesca, infatti per Romano Prodi “la Germania per i suoi meriti, è il paese più forte d’Europa però la leadership è un’altra cosa: è rendersi conto dei problemi degli altri, dei problemi collettivi e questo i tedeschi non lo sanno fare”. Un attacco duro, ma che coglie il punto di questa crisi che ormai da molti anni sta colpendo l’Europa e le istituzioni europee. Un attacco fatto da un’europeista convinto che lamenta i passi indietro fatti dall’Unione e che chiede ulteriori passi in avanti e non un ritorno al passato.

Infatti in un altro passaggio dell’intervista sostiene: “L’Italia – continua il Professore – ha la necessità di recuperare la sua identità, e una coesione con l’Europa. Nel mondo globalizzato di oggi l’idea di un’Italia sola è una cosa terribile “. Un lucida analisi di come in questo mondo globalizzato e sempre più connesso i singoli stati possano fare poco rispetto ai grandi competitori internazionali.

Ma lo sguardo dell’ex premier va oltre l’Europa infatti Prodi parla anche di Russia e Cina: “Siamo in un mondo multipolare e le sanzioni hanno rafforzato Putin perché si è colpita ‘Madre Russia’. Putin è cambiato radicalmente con la guerra in Iraq”, mentre sui rapporti con la Cina sostiene: “La Cina ci rimette in gioco, con la possibilità di rilanciare il Mediterraneo come centro dei commerci. Stanno spostandosi dall’esportazione ai consumi, si deve fare in fretta con la Cina, stanno diventando un impero. La Cina è qualitativamente diversa dagli Stati Uniti, che sono pieni di risorse all’interno: il paese asiatico ha il 20% della popolazione mondiale e il 7% delle terre coltivate, ha bisogno di comprare energia, materie prime e cibo”.

Da - http://www.unita.tv/focus/prodi-spara-a-zero-sullue-cosi-come-non-serve-a-nulla/
5902  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / ISemplici Cittadini ... Renzi, sui mille giorni del tuo governo e le scelte... inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:22:26 pm
Renzi, sui mille giorni del tuo governo e le scelte fatte, sarebbe opportuno facessi tu delle considerazioni e in trasparenza li commentassi con noi. Io non mi sento sconfitto (ricordi io sono quello dell'Ulivo ma "non ancora renziano" e tale sono rimasto. Penso che tu debba occuparti soprattutto del PD, aprendo (o scardinando) tutte le porte che appaiono chiuse o aperte ma con il trucco (tipo gavettone). Concludo: non fidarti della sinistraSinistra sono decenni (vedi Ulivo) che ci frega. Ciaooo

Da FB 15/12
5903  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / ISemplici-Cittadini... Il millantaménto è anche fare le pentole senza i coperchi inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:16:27 pm
Millantamento

Il millantaménto è anche fare le pentole senza i coperchi. Da parte nostra, dare credito a chi non ha la capacità né i meriti per meritarlo è doppiamente grave rispetto all'essere ingannati da chi ha capacità, forse anche meriti e li usa male. I primi sono avventurieri i secondi sono politici disonesti ... è diverso. Meno peggio l'essere ingannati che fatti fessi. Ciaooo

Da Fb del 16/12/2016




Io penso che il "divino" (o meglio Divino per chi crede) non è indifferente ma coerente con il dono che fece all'umano ... il libero arbitrio. Ciaooo
….

5904  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Arlecchino. Da FB ... Caro Calabresi, appenderci ai dettagli, per come siamo... inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:15:00 pm
Arlecchino Batocio
Pubblicato da la Repubblica ·  ·

Caro Calabresi, appenderci ai dettagli, per come siamo messi, è un lusso che in Italia non possiamo permetterci. I Media qualificati dovrebbero contribuire a far rispettare le Istituzioni (oggi in pericolo grave) non alimentare fuochi o fuocherelli che si prestano a cattive interpretazioni. Un conto sono i salotti (più o meno bene) altro conto è seguitare a seminare scontentezze nei Media (ci sono già gli specializzati per questo). ciaooo

FB 14/12/2016
5905  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Arlecchino. Da FB ... Da vecchio automobilista (innamorato delle auto cui... inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:13:54 pm
Da vecchio automobilista (innamorato delle auto cui affidavo la mia vita) so che partire in quarta non rende un buon inizio di viaggio.
Molto meglio partire da un buon minimo e crescere di marce rapidamente, dando motore.
Con le vecchie auto era utile anche la "doppietta", nel cambio marcia (sapendolo fare).
Oggi con il cambio automatico è diverso, ma è un fatto che ci sono "cambi" ottimi e altri difettosi, anche di marche molto note.
Il cambio inventato da Mattarella funzionerà bene ... con una buona, progressiva, manutenzione.




L'attualità se è una fregatura (io non lo penso) lo è da 2500 anni circa. Democrazia e negazione della Democrazia è una disputa che ereditiamo da Atene e Sparta (poi sottomesse dai Macedoni) ed è una realtà irrisolta. Da Destra a Sinistra ci travolgono di parole, solo perchè non ci si renda conto che quella che abbiamo oggi è una Democrazia da rivedere e correggere. La democrazia (con la minuscola) dell'odio, delle offese con attacchi personali, ricca di critiche e senza progetti, questa sì è una fregatura. Ciaooo


Da FB 15/12/2016

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L'attualità se è una fregatura (io non lo penso) lo è da 2500 anni circa. Democrazia e negazione della Democrazia è una disputa che ereditiamo da Atene e Sparta (poi sottomesse dai Macedoni) ed è una realtà irrisolta. Da Destra a Sinistra ci travolgono di parole, solo perchè non ci si renda conto che quella che abbiamo oggi è una Democrazia da rivedere e correggere. La democrazia (con la minuscola) dell'odio, delle offese con attacchi personali, ricca di critiche e senza progetti, questa sì è una fregatura. ciaooo


5906  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / JACOPO IACOBONI. - La catena dei siti bufala contro Gentiloni porta a Sofia inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:08:46 pm
La catena dei siti bufala contro Gentiloni porta a Sofia
Esce oggi la prima puntata della ricerca di due informatici, Paolo Attivissimo e David Puente: sede in Bulgaria, sfruttano anche il nome “5 stelle”
AP
I siti della ricerca pubblicata oggi dai due informatici debunker, Paolo Attivisismo e David Puente

Pubblicato il 16/12/2016  Ultima modifica il 16/12/2016 alle ore 07:25
JACOPO IACOBONI
ROMA

Martedì, neanche ventiquattr’ore dopo aver giurato al Quirinale col nuovo governo, Paolo Gentiloni era già sommerso da una valanga di insulti su Facebook. Un post in particolare è diventato viralissimo, ricevendo decine di migliaia di like in poche ore e pompando a sua volta odio, e eventuali diffamazioni sul nuovo presidente del Consiglio. Sul sito «Libero Giornale» (nulla a che fare né con Libero né col Giornale) gli si attribuiva la seguente frase: «Gentiloni choc: “Gli italiani imparino a fare sacrifici e la smettano di lamentarsi”». Naturalmente Gentiloni non ha mai pronunciato quelle parole; il post ha generato tanto traffico pubblicitario (e discredito anti-casta). Le tre bufale più condivise in assoluto negli ultimi 15 giorni in Italia vengono dallo stesso sito, che il primo dicembre aveva viralizzato un altro post, su 35 arresti di «politici legati al Pd» e pronti a truccare il voto referendario; notizia inventata, ma record: al momento tira ancora e supera le 147 mila condivisioni. Insomma, chi c’è dietro questo sito?
 
Due debunker italiani - tra i professionisti più stimati nel ramo - lo svelano stamane sul sito attivissimo.blogspot.com, pubblicando la prima puntata di un’analisi e un tracciamento che hanno condotto. I due sono Paolo Attivissimo, commentatore informatico, e David Puente, informatico e tracciatore di fake news (oltre che ex dipendente della Casaleggio associati, da cui uscì anni fa in una stagione molto diversa dalla attuale. Oggi gestisce il sito specializzato davidpuente.it). «Liberogiornale.com - scrivono - non è un semplice sito d’informazione amatoriale che sbaglia o un sito di “satira e finzione” (come asserisce in caratteri piccolissimi in un angolo ben nascosto): è una fabbrica professionale di panzane. Pubblica intenzionalmente balle per fare soldi. Fa parte di una rete professionale occulta di siti sparabufale che ha ramificazioni anche fuori dall’Italia». Ieri tra l’altro Laura Boldrini ha raccontato di aver chiesto a quattro esperti un aiuto per contrastare la diffusione delle fake news: oltre a Puente e Attivissimo, anche Walter Quattrociocchi del CSSLab dell’Imt di Lucca, e Michelangelo Coltelli (di Butac.it).

Il meccanismo della pubblicità 
I siti di presunta satira come «Libero Giornale», scrivono Attivissimo e Puente, «spesso storpiano in modo ingannevole i nomi di testate molto note, come Ilfattoquotidaino.com (non è un refuso: è proprio quotidiano), News24tg.com o Gazzettadellasera.com. L’intento sembra piuttosto evidente: ingannare i lettori». I nomi dei titolari di questi siti sono nascosti. «Libero Giornale» è intestato alla società Domains by Proxy LLC. Ma seguendo la pubblicità, Attivissimo e Puente sono risaliti a un filo, usando i dati pubblici del web o dei social: «Questi siti usano una stessa fonte, e addirittura lo stesso account publisher (denominato “kontrokultura”), per i propri banner pubblicitari. La fonte è la società Edinet, sede a Sofia, in Bulgaria. I suoi dati pubblici sono nel registro del Ministero della Giustizia bulgaro. Il sito della società è Edinet.bg, il cui “Chi siamo” (scritto, stranamente, in italiano) spiega che si tratta di un “Gruppo editoriale” che ha uffici “in Francia, Germania, Slovenia e soprattutto Italia. I componenti e collaboratori di Edinet sono al 90% Italiani ed è proprio in Italia che sono puntate tutte le nostre risorse”. Ma che sorpresa. Il registro del ministero bulgaro indica anche il nome del titolare: Carlo Enrico Matteo Ricci Mingani».
 
Ulteriori loro ricerche individuano poi un comunicato stampa in cui Matteo Ricci si definisce «come “responsabile delle pubblicazioni” di Edinet Ltd. Il comunicato annuncia che “Edinet Ltd ha rilevato il gruppo KontroKultura”. Guarda caso, lo stesso nome usato per l’account pubblicitario. Matteo Ricci si vanta di gestire “oltre 30 testate online”».
 
Quali altri siti ospitano i banner pubblicitari di Edinet, con l’account «kontrokultura»? «Oltre a Gazzettadellasera.com e Liberogiornale.com spuntano News24europa.com, News24tg.com, Notiziea5stelle.com e altri ancora». Notevole che Ricci Mingani usi anche il nome “5 stelle”. Il M5S potrebbe chiedere i danni. Finora non l’ha fatto.
 
Attivissimo e Puente, nelle puntate successive, parleranno del meccanismo Facebook attraverso cui, con una serie di pagine e vari gruppi di “fan club politici”, si svela, «intorno a questi siti, uno stuolo di promotori e “pompatori” di queste false notizie sui social network: complici consapevoli e inconsapevoli». Camere dell’eco, più o meno individuabili e profilate, attraverso cui il dibattito politico italiano risulta drogato.

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Da - http://www.lastampa.it/2016/12/16/italia/politica/la-catena-dei-siti-bufala-contro-gentiloni-porta-a-sofia-8T8UMuEfoJvdSA1WOpFQmL/pagina.html
5907  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Federico FUBINI. - Fuest: «Se l’Italia non cresce, valuti l’uscita dall’euro ... inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:07:41 pm
L’INTERVISTA
Fuest: «Se l’Italia non cresce, valuti l’uscita dall’euro Berlino è preoccupata»
L’economista tedesco: «Il timore è che altri Paesi finiscano per sopportare il costo del debito di Roma. Renzi era considerato una speranza per la modernizzazione»

  Di Federico Fubini

Clemens Fuest, 48 anni
Clemens Fuest, presidente dell’Istituto Ifo di Monaco, non è niente di ciò che si immagina dei tedeschi quando criticano l’Italia. Non è antieuropeo: fa parte con i commissari Ue Frans Timmermans e Pierre Moscovici del «gruppo di alto livello» guidato da Mario Monti, incaricato di ridisegnare parte del bilancio dell’Unione. Né fa parte della generazione nostalgica del marco, perché ha 48 anni. A maggior ragione l’uomo che guida il più influente centro di studi economici in Germania riflette idee ramificate in profondità, e in silenzio, nei palazzi di Berlino.
Il risultato del referendum costituzionale ha cambiato la percezione sull’Italia nell’establishment tedesco?
«Matteo Renzi era considerato una speranza per le riforme. La bocciatura del suo progetto e di lui stesso viene letta come un segnale di resistenza alla riforme e alla modernizzazione. Anche se il contenuto di quella proposta costituzionale non era molto ben compreso in Germania».

Il governo di Paolo Gentiloni probabilmente coincide con l’ultima fase intensa di interventi della Banca centrale europea. Sarà possibile farne a meno?
«Che il governo italiano resti in funzione o meno non dovrebbe dipendere dalle operazioni della Bce. Se la stabilità dell’economia italiana dipendesse da questo, anche se l’inflazione risale, vorrebbe dire che in essa c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato. Qualcosa da affrontare con strumenti diversi dalla politica monetaria».

Perché lei parla di «fuga di capitali dall’Italia» in riferimento al deficit crescente del Paese in Target 2, il sistema dei pagamenti interbancario dell’area euro?
«A luglio il saldo negativo dell’Italia in Target 2 era di meno di 292 miliardi di euro, ma in ottobre era salito a 355».
È un deficit del 22% del Pil, mentre in Spagna supera il 30% e, correttamente, non ci si preoccupa.

«In Spagna l’aumento è stato da 293 a 313 miliardi».
Eppure sulla Spagna non si parla di «fuga di capitali». Sono effetti degli interventi Bce. In più in Italia i depositi bancari salgono del 3,5%. Come fa a dire cose del genere?
«È un fatto che la liquidità sta lasciando l’Italia, l’aumento dei saldi di Target 2 ne è la prova. I venditori esteri di titoli di Stato italiani alla Banca d’Italia potrebbero comprare altro nel vostro Paese ma non lo fanno. Questa la chiamo una fuga di capitali. Lo stesso accade in Spagna ma a velocità molto minore. Non c’è modo di provare che i timori legati al referendum abbiano determinato queste scelte, ma quali altre spiegazioni esistono?»

Lei dice anche che se l’Italia lasciasse l’euro ci sarebbe un’altra crisi, ma sarebbe sempre meglio di una stagnazione permanente e di «una continua dipendenza dai trasferimenti da altri Paesi». Pensa che l’Italia debba valutare l’uscita dall’euro, se non riesce a crescere?
«Sì. C’è un forte interesse dell’Europa nel suo complesso nel tenere l’Italia nell’euro, ma questo è accettabile per la popolazione italiana solo se il Paese riesce a tornare a livelli soddisfacenti di crescita. L’Italia deve riuscirci attraverso miglioramenti della competitività e riforme. Se poi risulta che l’euro è un ostacolo alla crescita in Italia, sembra preferibile che il Paese lasci l’euro. Certo, è una decisione che deve prendere il governo italiano».

Quanto sono presenti idee del genere negli ambienti di politica economica in Germania oggi?
«Le preoccupazioni per la stabilità dell’euro sono molto presenti e c’è un’opinione diffusa che l’alto livello di debito pubblico e la bassa crescita sollevino interrogativi sul fatto che l’Italia voglia restare nell’area euro. C’è anche la preoccupazione che, se l’Italia avesse bisogno di finanziamenti dall’esterno, altri Paesi dovrebbero sopportare il costo del debito italiano. Come per la Grecia».

Dal 1991, come dal 1998, o dal 2010, il surplus di bilancio italiano prima di pagare gli interessi supera sempre quello della Germania. Non è sbagliata l’idea del Paese-cicala?
«No. Un Paese con un debito al 140% del Pil e crescita cronicamente bassa deve avere surplus molto più alti di un Paese con meno debito».

Perché gli investimenti in Germania sono scesi addirittura del 5% del Pil dal 2008, benché il Paese accumuli risparmi in eccesso per 300 miliardi l’anno?
«Perché si considera più redditizio l’investimento all’estero. Non sorprende, in un Paese che invecchia rapidamente».

16 dicembre 2016 (modifica il 16 dicembre 2016 | 02:40)
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Da - http://www.corriere.it/economia/16_dicembre_16/clemens-fuest-se-l-italia-non-cresce-valuti-l-uscita-dall-euro-berlino-preoccupata-8f8d963a-c32f-11e6-a6a9-813fa40c3688.shtml
5908  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / AMEDEO LA MATTINA. Renzi detta la linea: “Il governo non ha agenda, il Jobs ... inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:06:00 pm
Renzi detta la linea: “Il governo non ha agenda, il Jobs Act è intoccabile”
Nel Pd la tentazione di cambiare la riforma del lavoro, ma l’ex premier: non si può dire “abbiamo scherzato”

Pubblicato il 15/12/2016
AMEDEO LA MATTINA
ROMA

«Il Jobs Act non si tocca. Reintrodurre l’articolo 18 sarebbe come dire “ragazzi abbiamo scherzato”. Il giorno dopo arriverebbe un downgrading per l’Italia dalle agenzie di rating». Matteo Renzi mette uno stop ad ogni ipotesi di rivedere la legge che è stata una delle bandiere dei suoi oltre mille giorni di governo. Una revisione che potrebbe disinnescare la bomba ad orologeria del referendum chiesto dalla Cgil con 3,3 milioni di firme raccolte e sul quale l’11 gennaio si pronuncerà la Corte Costituzionale. Nessuno però dubita che ci sarà il via libera della Consulta, dopo quello della Cassazione. 
 
Per Renzi si tratterebbe di andare incontro ad una seconda prova referendaria alla testa di un nuovo fronte che questa volta sarebbe del No all’abrogazione del Jobs Act. Il rischio sarebbe di una seconda sconfitta nell’arco di pochi mesi dopo quella del referendum costituzionale. Una catastrofe che renderebbe velleitaria ogni ipotesi di rivincita alle elezioni politiche. Certo, confida Luca Lotti, si potrebbe adottare il «modello trivelle» quando a quel referendum Renzi puntò tutto sull’astensione, facendo mancare il quorum. Con l’aria che tira, un’operazione ad altissimo rischio. Ci sarebbe l’altra strada che viene accarezzata una parte del Pd (sicuramente dalla sinistra Dem) ovvero provare a modificare il Jobs Act, svuotandolo. Facile farlo per i voucher, molto più difficile per l’articolo 18. In ogni caso sarebbe una sconfessione di un architrave del renzismo. E infatti da Pontassieve l’ex premier dice no ad una marcia indietro.
 
Dario Franceschini, che vorrebbe allungare al massimo la vita governo Gentiloni, non crede che l’obiettivo di Renzi sia di andare a elezioni entro giugno anche per evitare il referendum. Obiettivo che invece viene confermato dallo stesso ex premier, sfidando centinaia di deputati e senatori di prima nomina che vorrebbero arrivare quantomeno a settembre per traguardare quei fatidici 4 anni, 6 mesi e 1 giorno che farebbero maturare loro il diritto all’indennità pensionistica. Ma al di là di questi aspetti «prosaici», c’è un punto politico: Renzi ha fretta. «Sapevo che il referendum ci sarebbe caduto addosso - ha ricordato ai suoi colonnelli rimasti a Roma - e ora andare al voto è ancora più necessario». Del resto, è il suo ragionamento, qual è l’agenda del governo Gentiloni? «Un po’ di roba, ma non c’è un’agenda impegnativa», ha detto ai suoi più stretti collaboratori che lo hanno sentito al telefono in queste ore. 
 
Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha confessato che se si vota prima del referendum il problema viene risolto. Poi ha fatto una goffa retromarcia. E nel primo Consiglio dei ministri dopo la fiducia del Parlamento ha ammesso di avere fatto «una scivolata personale». Ma intanto la frittata è stata fatta. In ogni caso Poletti ha detto quello che pensa Renzi. «Ha ragione Poletti, ma gli è sfuggita», ha commentato al telefono con i vertici del Pd. L’ex premier non vuole farsi inchiodare da coloro che puntano al vitalizio ed essere crocifisso da Grillo e Salvini: avrebbero un’altra lancia velenosa da scagliargli addosso. 
 
Il leader Pd pensa invece a rimettersi in moto al più presto. In questi giorni va a fare la spesa, porta i figli a scuola, ha il tempo di farsi una corsa, ma sta pure scrivendo quella che lui definisce una «relazione corposa» per l’assemblea nazionale del Pd che si svolgerà domenica prossima. Una relazione per rilanciare la sua azione politica in vista del congresso e la sua ricandidatura alla segreteria. Un discorso duro per mettere con le spalle al muro la sinistra dem. Altro, dicono i suoi colonnelli, che fare marcia indietro o impelagarsi nelle beghe romane dalle quali vuole tenersi lontano. Eppure non smette di alimentare la suspence sulle sue vere intenzione. Mollare la politica e prendersi un periodo di riposo? Racconta di ricevere offerte di lavoro milionarie anche da parte di aziende private. E a 41 anni la tentazione di ricominciare un’altra vita, da un’altra parte è forte. C’è una cosa che non riesce a mandare giù: non gli viene riconosciuto da diversi osservatori il merito di avere fatto del bene al nostro Paese.
 
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Da - http://www.lastampa.it/2016/12/15/italia/politica/renzi-detta-la-linea-il-governo-non-ha-agenda-il-jobs-act-intoccabile-KIxSmeQLOrnnFuw6q8fqFP/pagina.html
5909  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Arlecchino. Da FB ... Sicuri che il "godimento" che corre dalla cervicale... inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:04:16 pm


Sicuri che il "godimento" che corre dalla cervicale verso il basso della colonna, sia così essenziale e totalizzante, nella vita di noi essere umani? Il non goderne o goderne poco quanto e come influisce nel benessere di ognuno? Lo chiedo, con doveroso garbo, principalmente alle Signore Donne e tra di loro, a quelle che hanno consapevolezza di come vissero il "godimento" le donne del passato, vittime dell'ignoranza e dell'egoismo del debolissimo sesso forte. Quella mancanza non ha impedito tutto il Bene che le donne hanno saputo e potuto portare nel mondo... oltre all'essere mamme. ciaooo

Da FB del 16/12/2016
5910  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / PAOLO GALLORI. Alessandra Moretti assente per malattia in Consiglio regionale. inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:01:53 pm
Alessandra Moretti assente per malattia in Consiglio regionale. Scovata in India con Instagram
La capogruppo del Pd nell'assemblea regionale trova "surreale" tanto interesse per la sua salute e per la sua vita privata. "Ero malata ma sono partita per un impegno programmato da tempo". I quattro giorni di festeggiamenti a Jaipur per il matrimonio di un imprenditore dell'oreficeria di base nella sua Vicenza

Di PAOLO GALLORI
15 dicembre 2016

Uno scatto dai mille accecanti colori, come le caleidoscopiche copertine dei dischi psichedelici di fine anni Sessanta fiorite in musica dopo il pellegrinaggio beatlesiano alla corte del Maharishi. Un gruppo di donne sedute, col capo coperto e in abiti tradizionali, sullo sfondo di un tempio. In primo piano, accosciata, Alessandra Moretti, capogruppo democratico del Pd in Consiglio regionale del Veneto. Lei, Alessandra, veste all'occidentale, sul capo non il velo, solo occhiali da sole tra i capelli. Ma è sulla sua fronte che spicca il vermiglio contorno del "terzo occhio". Che forse la aiuterà a scrutare dentro se stessa e a spaziare nella sua coscienza superiore. Ma di certo non l'ha aiutata a pre-vedere la polemica, per lei "surreale", in cui si è infilata proprio a causa di quella foto.

Alessandra Moretti l'ha caricata sul suo profilo Instagram. Attirando si di sè il "grande occhio" dei nostri tempi, lo sguardo digitale dei social, che tutto vede e tutto sa. Così, è stata facilmente scovata e segnalata, per il disappunto dei colleghi di partito della Moretti in Consiglio regionale. A cui nei giorni scorsi, in chat, Alessandra Moretti aveva recapitato un messaggio per comunicare la sua assenza nella seduta assembleare dedicata alla discussione della legge di stabilità. Motivazione: malattia. Per questo, i consiglieri dem ci sono rimasti male nello scoprire che la loro capogruppo era invece in India. E anche parecchio male, a giudicare dai commenti trapelati, dove c'è chi ha subito ricordato un altro viaggio della Moretti a Miami e chi invece la percentuale di assenze in Consiglio della capogruppo (25, pari al 27,78%, a fronte di 65 presenze), inferiore solo a quella totalizzata dal presidente Zaia.

Cosa faceva in India, Alessandra Moretti? Con il padre, era a Jaipur, non alla ricerca del suo guru ma invitata al matrimonio di Jorge Sharma, imprenditore dell'oreficeria con base a Vicenza. Quattro giorni di festeggiamenti. Raggiunta da Radio Capital, Alessandra Moretti ricostruisce così la sequenza degli avvenimenti: "Ho avuto la febbre prima di partire, l'8 dicembre. Ma sono partita perché il viaggio era programmato da tempo. In India mi sono riammalata, come succede a tutti quando si viene qui. E adesso sto rientrando. Ma di cosa mi devo giustificare?". Be', osserva l'intervistatrice, forse una cosa è dire di stare male (mancando così a un impegno professionale, ndr) e restarsene a casa, altra è dire di star male ma essere in India. Moretti a questo punto taglia corto: "Io le ho ricostruito tutta la vicenda. Non sono in un'aula di tribunale e, francamente, mi sembra surreale tutto questo interesse, per il mio stato di salute e per la mia vita privata".

Una storia per molti aspetti simile a quella di Martin Castrogiovanni, pilone della nazionale di rugby, che lo scorso aprile disse ai dirigenti francesi del suo club, il Racing 92, di doversi recare in Argentina per stare vicino a un parente molto malato. E invece fu beccato via social al mega-party della squadra di calcio del Paris Saint Germain a Las Vegas. A inguaiarlo erano stati i tifosi del calciatore Zlatan Ibrahimovic, che ancora su Instagram avevano fatto circolare una foto che ritraeva il rugbista non accanto al letto di un sofferente ma a bordo piscina, attorniato da corpi che esplodevano di salute. Castrogiovanni fu sospeso e successivamente licenziato. Per i francesi, almeno nel rugby, funziona così...

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15 dicembre 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/12/15/news/alessandra_moretti_assente_per_malattia_in_consiglio_regionale_ma_scovata_in_india_con_instagram-154158058/?ref=fbpr
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