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5746  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / IL PD - Partito Democratico. Ci manca la bella politica inserito:: Gennaio 12, 2017, 05:30:38 pm
Ci manca la bella politica
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Dal 5 dicembre ad oggi abbiamo assistito a un teatrino assurdo, ora smettiamola di perdere ulteriormente tempo, torniamo seri, ripartiamo

Basta vecchia politica, basta vecchi nomi presenti da decenni riproposti per cariche istituzionali, basta tornare indietro! Voglio un futuro, voglio politici che sappiano cosa vuol dire fare politica per il Paese!

Dal 5 dicembre sembra si sia fermato tutto…entusiasmo, positività, voglia di fare, le tante discussioni di bella politica sembrano essere state cancellate, non esiste più quella carica in rete, parlando direttamente con chi era al governo. Manca qualcosa, qualcuno, manca quell’intesa e quella fiducia nata un paio di anni fa che aveva portato la politica ad essere di nuovo protagonista. La bella politica ci manca e ci manca tanto.

Sono sicura che chi ha scommesso sull’Italia e sulla forza e coraggio degli italiani tornerà presto, spero prestissimo. Abbiamo tutti avuto un periodo di riflessione, analisi, ricerca di soluzioni ma ora è arrivato il momento di ripartire perché il nostro Paese non può indietreggiare! Si deve andare #avantitutta iniziando da ogni territorio. L’anima di una Nazione nasce dai suoi territori e sono i cittadini che devono prendere il coraggio a due mani, metterci la faccia e il cuore e aiutare a dare una bella svolta.

Mi direte ma esistono i circoli e io vi dico lo so, va bene ma questi circoli facciamoli vivere!!! Non basta dire abbiamo un circolo, non serve a nulla se questi circoli stanno chiusi o seguono ancora vecchie ideologie.

E’ ora di cambiare! Coinvolgere la gente, i tanti giovani che dovranno poi prendere in mano loro futuro. Let’s open! Che si organizzino serate a tema, discussioni su problemi odierni, anche feste, spettacoli. Riportiamo le persone ad amare la politica, che non è solo fatta di bandiere e colori, ma di anima e cuore occupandosi della vita vera della gente.

Sì lo scrivo qui e lo ripeterò a gran voce manca un leader, un vero leader. Manca Matteo Renzi, colui che è riuscito in 2 anni a fare ciò che altri in oltre 40 anni non sono riusciti a fare: tante riforme, ma non ancora abbastanza. E non sarà l’odio verso di lui e l’egoismo e mania di protagonismo di altri a fermare l’Italia.

Dal 5 dicembre ad oggi abbiamo assistito a un teatrino assurdo e ridicolo di varie forze politiche. Ora per favore smettiamola di perdere ulteriormente tempo, torniamo seri, ripartiamo.

Mi auguro di leggere o sentire a breve Matteo, anzi glielo chiedo qui: Matteo fatti sentire, perché il meglio deve ancora venire! Noi #Siamopronti!

Da - http://www.unita.tv/opinioni/ci-manca-la-bella-politica/
5747  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / IL PD - Partito Democratico Renzi, la strategia del rientro. inserito:: Gennaio 12, 2017, 05:28:25 pm
Renzi, la strategia del rientro. Sfida sulla legge elettorale
L’ex premier a Roma avvia i colloqui per evitare il rinvio del voto.
Gentiloni parte per il tour europeo e teme lo scoppio della guerra nel Pd

Pubblicato il 09/01/2017 - Ultima modifica il 09/01/2017 alle ore 11:09

CARLO BERTINI   
ROMA

Per Matteo Renzi e Paolo Gentiloni oggi è il giorno della ripresa: il premier si prepara al giro delle capitali europee che comincerà domani a Parigi e l’ex premier tornerà nella capitale dopo la sua uscita dalla scena capitolina prima della pausa natalizia. 
 
I loro destini sono strettamente incrociati e quello che in questa fase li lega forse è un timore - se pur inespresso da entrambi - che questo governo arrivi al 2018. Un timore che aleggia come una spada di Damocle nei conversari tra Renzi e i suoi. Così come nei pensieri del premier in carica - costretto dalle regole d’ingaggio a far bene ma non troppo - c’è di sicuro la domanda che corre sulla bocca di tutti nel Pd: cosa succederebbe negli equilibri del partito e nei rapporti con il suo segretario se la forza delle cose impedisse il voto per un anno e mezzo? Nel Pd la fibrillazione è enorme, nessuno sa quale sarà il suo destino e il tasso di litigiosità sale. Dalle parti di Bersani sono sconcertati per l’intervista di Giachetti a questo giornale, da cui «esce allo scoperto l’idea dei falchi. Che il vicepresidente della Camera dica che si deve votare senza fare una legge in Parlamento fa specie», si indigna Federico Fornaro. Il quale dà voce a tutti quelli che temono il blitz più hard, ipotesi non esclusa affatto dai renziani. Ovvero, un decreto che recepisca le correzioni della Consulta ai sistemi elettorali per il Senato e per la Camera, «sul quale porre la fiducia per far venire allo scoperto chi vuole votare e chi no». E poi una corsa verso le urne. 
 
Renzi vuole capire se invece è percorribile la strada maestra, ovvero un accordo con Berlusconi su un sistema elettorale, visto che con i 5stelle non c’è dialogo. E per questo vuole riprendere le redini della situazione. Già oggi comincerà un ventaglio di colloqui con il “giglio magico”, poi vedrà i due capigruppo Ettore Rosato e Luigi Zanda, mercoledì riunirà la segreteria: ma deciderà la prossima settimana come rimaneggiarla. Cioè se fare entrare, oltre a Tommaso Nannicini come responsabile del programma, anche Piero Fassino e alcuni sindaci. 
 
Sulla legge elettorale la partita prenderà corpo alla fine della settimana quando Gianni Letta dovrebbe far sapere le intenzioni di Berlusconi sulla proposta del Pd di un proporzionale con una soglia di sbarramento alta. «Loro hanno un interesse vero di essere autonomi da Salvini, il problema è che non sono pronti per giugno», ammettono gli uomini del segretario. 
 
L’agenda del premier ruota tutta intorno alla parola «lavoro», anche se le prossime due settimane saranno contrappuntate dai viaggi a Parigi, Londra, Berlino e Madrid. Domani parte la prima grana, ovvero la procedura del voto di sfiducia al ministro Giuliano Poletti. Al Senato si terrà un’informativa del ministro e poi la capigruppo deciderà quando calendarizzare la mozione di sfiducia di 5stelle, Sel e Lega. Gentiloni ancora non ha deciso se chiedergli di dimettersi o meno, anche se il voto non è a rischio in quanto la minoranza del Pd non farà scherzi, perché «certo non faremo a Renzi il regalo di far cadere il governo su questo», dicono i bersaniani. 
 
Per Gentiloni poi non sarà indifferente, per usare un eufemismo, la sentenza della consulta attesa mercoledì sul referendum Cgil sul jobs act. Una sentenza da cui dipenderà l’intervento del governo sui voucher, ma anche - altro fattore che lega Renzi e Gentiloni a doppio filo - un rimescolio degli equilibri nel Pd. Perché se non sarà incostituzionale il referendum sull’articolo 18, anche i più restii al voto anticipato si convinceranno che conviene votare presto piuttosto che sottoporsi a questa prova.

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Da - http://www.lastampa.it/2017/01/09/italia/politica/renzi-la-strategia-del-rientro-sfida-sulla-legge-elettorale-KYD6lWTMrJRKYssLxnJ40N/pagina.html
5748  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / GOFFREDO DE MARCHIS. L'ex premier rientra a Roma con un piano per rinnovare la.. inserito:: Gennaio 12, 2017, 05:24:57 pm
L'ex premier rientra a Roma con un piano per rinnovare la segreteria. Spazio a sindaci e associazioni

Di GOFFREDO DE MARCHIS
10 gennaio 2017

ROMA - Ripartire dai punti deboli evidenziati nel referendum del 4 dicembre: il voto dei giovani e il rapporto con gli intellettuali. Matteo Renzi torna oggi a Roma (per fare ritorno a casa domani, il giorno del suo compleanno) ed è chiamato a fare quello che ha fatto poco in tre anni: il segretario del Pd. Le priorità sono la squadra, sulla quale fondare il Pd che andrà alle elezioni, e il profilo identitario del partito. "Ma non sarà un reset - dice il leader dem - Il renzismo non è un incidente di percorso, una parentesi della storia. Questo Pd rappresenta ancora la sinistra riformista italiana".

Anche se pubblicamente l'analisi della sconfitta è stata veloce e non molto approfondita, la pausa natalizia è servita a Renzi per fare luce sui suoi difetti e su quelli del Partito democratico. Il segretario ha in mente un "piano giovani" che parta non dalle ideologie ma dalle proposte: partite Iva, ricerca e innovazione, strumenti previdenziali per i precari. Tre o quattro politiche concrete, dicono i suoi fedelissimi, che spostino l'asse generazionale. Oggi il bacino degli under 40 è in gran parte appannaggio dei 5 stelle. Se non si lavora su quella fascia d'età, le elezioni sono perse sicuro. A questa parte del programma lavoreranno Tommaso Nannicini, per gli interventi economici e sociali, e il presidente dell'associazione Volta Giuliano Da Empoli per la parte innovazione. Il segretario immagina anche un appuntamento nazionale sulle politiche giovanili che raduni le idee e le metta in circolo.

Il rapporto con gli intellettuali, un pallino della sinistra fin dai tempi del Pci, è un'altra debolezza del renzismo. È un mondo che giorno dopo giorno ha preso le distanze dal Renzi premier, la cultura che aveva molto spazio alle Leopolde degli esordi, ha lasciato solo l'ex premier. Lo scrittore, ex magistrato ed ex senatore Gianrico Carofiglio entrerà nella nuova segreteria e toccherà a lui tenere i fili con studiosi, artisti, professori. Ma non basta. Renzi ha letto i "manifesti" post referendum sul futuro della sinistra di Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani (lo ha convinto più il secondo del primo). Il suo Pd dev'essere ora in grado di proporre una piattaforma alternativa convincente e attrattiva. Rilanciando il renzismo, su una base più studiata.

La squadra è anche importante. L'intenzione di Renzi è l'azzeramento della segreteria, con l'eccezione dei due vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani e di Filippo Taddei, il responsabile economico. Per farlo senza traumi ha bisogno di un criterio: fuori tutti i parlamentari che sono oggi 15 su 18. E spazio ai "territori" con il giovane sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, 37 anni, ex Arci, nuovo pupillo renziano, al quale verrebbe affidato lo scouting di nuove leve per il Pd, il primo cittadino di Reggio Calabria Falcomatà e forse quello di Ercolano Bonajuto. Piero Fassino andrà agli Esteri. Il ministro Maurizio Martina (non parlamentare) entrerà, non all'organizzazione dove Renzi vuole mettere un fedelissimo. Ma i nomi della segreteria sono legati all'obiettivo principale di Renzi: le elezioni a giugno. Togliere tutti i parlamentari significa farsi qualche "nemico" tra coloro che dovranno staccare la spina a Paolo Gentiloni. Dunque, il repulisti non è ancora deciso in via ufficiale.

E il congresso? Non è nella testa di Renzi che pensa al suo viaggio in Italia in chiave elettorale anziché congressuale. Ma Michele Emiliano lo tallona e dalla Puglia è partito un documento che chiede il congresso subito firmato, tra gli altri, da Francesco Boccia e Dario Ginefra. "Le assise sono inevitabili, anche se si vota a giugno - dice Boccia - Serve a tranquillizzare il Pd, serve anche a Renzi se non sceglie l'autolesionismo di chi si chiude nel suo cerchio stretto".

© Riproduzione riservata 10 gennaio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/01/10/news/pd_renzi_squadra-155719033/
5749  Forum Pubblico / AMBIENTE & NATURA / LUCA MERCALLI. Se cade più neve a Messina che al Nord la colpa è anche del ... inserito:: Gennaio 12, 2017, 05:12:29 pm
Se cade più neve a Messina che al Nord la colpa è anche del riscaldamento globale
C’è una sorta di «effetto-Adriatico» dietro l’ondata di maltempo che colpisce il Centro-Sud. Il Nord, invece, è immune: negli ultimi 30 anni la neve scesa in Pianura padana è dimezzata

Pubblicato il 08/01/2017 - Ultima modifica il 08/01/2017 alle ore 18:37
LUCA MERCALLI

Faceva impressione, ieri, guardare i video delle tormente di neve che imbiancavano l’anfiteatro romano di Lecce, le scogliere del Capo di Leuca e le spiagge intorno a Messina. Un Mezzogiorno in abito nordico, un Settentrione al sole: a ogni episodio ci meravigliamo di questa inversione dei ruoli eppure è uno scenario molto meno raro di quanto si possa immaginare. 
 
Soltanto negli ultimi anni si contano i casi del dicembre 2001, aprile 2003, gennaio 2006, febbraio 2012, dicembre 2014: un evento ogni 3-5 anni circa. Per non parlare di grandi geli e nevoni più lontani nel tempo, come quelli del febbraio 1956, gennaio 1985, marzo 1979, marzo 1987 e gennaio 1993. Perché, però, così tanta neve al Sud mentre le Alpi sono a secco e i Canadair volano a estinguere gli incendi boschivi? Se in questi giorni si osserva un’immagine satellitare dell’Adriatico si nota che proprio sul mare si formano strisce di nubi, chiamate «cloud-streets», che vanno poi ad addensarsi contro l’Appennino centro-meridionale, dove scaricano nevicate abbondanti anche a bassa quota. La ragione è un imponente afflusso di aria gelida di origine artica che giunge dai Balcani - ieri mattina si misuravano -16°C a Sarajevo -, attraversa l’Adriatico caricandosi di umidità e poi viene sbarrato dalla catena appenninica dove scarica intense precipitazioni. 
 
È un po’ ciò che capita sui grandi laghi americani: Buffalo, nello Stato di New York, città tra le più nevose al mondo con 240 centimetri di neve fresca che cade in media ogni inverno, riceve l’umidità sottratta al lago Ontario dai venti freddi dell’Artico canadese. Là i meteorologi parlano di «Lake-effect snow», ma il meccanismo è lo stesso che genera la «Ocean-effect snow» in prossimità del mare, proprio come sopra al nostro Adriatico. A differenza del versante orientale degli Appennini, direttamente esposto ai venti freddi balcanici arricchitisi di umidità sulle acque adriatiche, le Alpi italiane si trovano invece sottovento, protette dalla stesso baluardo montuoso che sbarra il passo alle correnti da Nord-Est, in parte attenua il raffreddamento, ma soprattutto genera un effetto-foehn che asciuga l’aria, impedisce la formazione di nubi e precipitazioni, e mantiene i cieli sereni e cristallini. E che in questi anni di riscaldamento globale la neve visiti con frequenza quasi maggiore il Meridione rispetto alle fredde pianure del Nord, non è solo un luogo comune, la ragione sta proprio nella diversa origine delle nevicate agli estremi opposti della penisola. 
 
Le regioni adriatiche e meridionali, benché in media più calde di quelle settentrionali, si imbiancano grazie a temporanei afflussi d’aria continentale molto fredda, proveniente in genere dalla Russia, irruzioni che anche in questi ultimi inverni divenuti più miti riescono ancora a far scendere i termometri sotto zero anche in riva al mare. Al contrario in Valpadana, dove le nevicate sono generalmente originate da perturbazioni atlantiche o mediterranee, a causa del recente addolcimento degli inverni di circa 1 °C, lo scirocco trasforma quasi sempre la neve in pioggia confinandola a quote superiori ai 1000 metri. La quantità media annua di neve fresca in Pianura Padana si è così dimezzata negli ultimi trent’anni. Ecco perché oggi è quasi più facile veder nevicare a Chieti che non a Torino! Singoli e isolati episodi freddi come quello in corso non smentiscono purtroppo l’aumento delle temperature a scala mondiale. 
Proprio perché fa più caldo non ci siamo più abituati, e ogni volta ci stupiamo di più.
 
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Da - http://www.lastampa.it/2017/01/08/italia/cronache/se-cade-pi-neve-a-chieti-che-a-torino-la-colpa-anche-del-riscaldamento-globale-cHvd2rPaLaWW0bZbJ1tpzI/pagina.html
5750  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / IL PD - Partito Democratico inserito:: Gennaio 12, 2017, 12:51:04 pm
   Opinioni
Emiliano Biraku - · 10 gennaio 2017

Quattro idee per rilanciare il Partito
Ripartire dai circoli per essere ancora il punto di riferimento delle fasce più deboli della popolazione

Il risultato del referendum del 4 dicembre ci ha fatto capire che il PD ha perso i legami storici con le fasce più deboli, lavoratori, disoccupati, giovani e con le periferie. Non siamo più il loro punto di riferimento. Secondo la mia opinione, tutto questo è il risultato di una gestione liquida del partito.

Negli ultimi 2 anni c’è stata meno politica e più politici. Gli iscritti e i circoli non contano nelle decisioni locali e nazionali. Credo che, anche in questi tempi difficili, sia necessario non cedere a nuove ingegnerie politiche e sociali, rivendicando come prima cosa l’orgoglio di chiamarci “Partito democratico”, l’unico vero rimasto sulla scena e, del resto, ogni campagna elettorale ci ricorda l’importanza della rete strutturale dei circoli.

Il progetto del Pd è sempre valido e destinato a durare, al di là di vittorie e sconfitte, che in politica tendono ad alternarsi piuttosto spesso. Di fronte ad una evoluzione continua della società, penso che occorra avviare una discussione su alcune modifiche possibili al nostro statuto, che possano andare di pari passo con tali cambiamenti.

Da febbraio 2016 sono stato eletto segretario del Circolo PD “A. Vivian partigiano” di Venezia Centro Storico. Assieme agli iscritti, simpatizzanti, associazioni e categorie economiche del territorio abbiamo sempre contribuito, grazie alla disponibilità della segreteria comunale del PD, a tener vivo l’interesse sulle problematiche della città e non sono mancate le nostre proposte che hanno trovato riscontro positivo nei cittadini.

Venezia è una città unica e speciale e le proposte che riguardano il suo futuro, devono trovare la voce dei residenti: di chi ci vive e la ama.

Gli iscritti e i simpatizzanti si impegnano, si danno da fare, si mettono in gioco. Come possiamo fare capire alla città che lo statuto attuale limita i poteri decisionali dei circoli? Ci sono ancora tanti giovani, lavoratori, disoccupati, rappresentanti delle categorie economiche che hanno voglia di contribuire alla ripresa del nostro partito, che credono ancora in noi.
Non vogliamo perderli, e per questo motivo vorremmo rilanciare assieme delle proposte che riguardano la riorganizzazione del PD:

1. Dare nuovo impulso ai circoli, investire sulla loro funzione, praticando le forme nuove che il contesto sociale ci impone e ci chiede. Avere accesso alla comunicazione web, giornali, portali online ecc…. che possano fare vedere al territorio di riferimento i lavori e le proposte che escono dai circoli.

2. Allargare l’invito di discussione e di proposte, ai nostri elettori, sui temi di forte impatto sociale. In questo senso, per la comunicazione, si potrebbe utilizzare il registro delle primarie.

3. Incentivare gli iscritti con percorsi di formazione, pratica, esperienza, gratificazione.

4. Modificare lo statuto, rilanciando un rapporto diretto tra circoli e organi dirigenziali nazionali. Purtroppo, in passato, il lavoro della base è stata sempre oscurato dalle gerarchie provinciali e regionali.

Questa è la nostra idea e visione futura del PD, ovviamente nata dal contributo del circolo e dalle realtà fuori dal partito, che hanno sempre creduto nel progetto della sinistra. Abbiamo accolto con molto ottimismo la campagna di ascolto rilanciato nell’ultima assemblea nazionale, e noi ci saremo.

Ci rivolgeremo prima a quelli che non credono a noi, ai dimenticati, andando con i gazebi nelle università per i giovani, nelle fabbriche per i lavoratori, nei centri d’impieghi per i disoccupati, e nelle zone degradate per le periferie.

Colgo l’occasione di rilanciare un appello a tutti: noi torneremo dove siamo mancati fino ad oggi. Attualmente, una campagna di ascolto organizzato dai circoli può essere efficace solo se si crea una connessione diretta con il nazionale. E se veramente vogliamo dare una scossa al nostro partito, serve un messaggio forte e chiaro dalla nuova segreteria nazionale. Occorre ribadire la necessità di un collegamento diretto con i circoli e limitare le barriere logistiche degli organi dirigenziali locali, quali provinciali e regionali.

Riusciremo a dimostrare ai giovani e ai dimenticati che la politica è un luogo di ritrovo, di discussione, di proposte che possano migliorare il nostro futuro e portare all’attenzione di tutti i contributi, le energie e i valori che emergono dalla nostra comunità?

Da - http://www.unita.tv/opinioni/quattro-idee-per-rilanciare-il-partito/
5751  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Emanuele MACALUSO. Il ruolo del sindacato e quella polemica aspra ma utile inserito:: Gennaio 12, 2017, 12:39:35 pm
Opinioni
Emanuele Macaluso - @emmaincorsivo
· 10 gennaio 2017

Il ruolo del sindacato e quella polemica aspra ma utile
La compagna Susanna poteva evitare di farsi fotografare con un grande cartello del No

Sabato scorso, Sergio Staino ha criticato duramente Susanna Camusso, dicendole che aveva tradito la storia del sindacato, per come l’avevano scritta Lama e Trentin, dato che il suo impegno fondamentale aveva assunto un carattere essenzialmente politico, contro i governi del Pd.

La replica della Cgil è firmata da tutti i dirigenti dei sindacati di categoria, i quali rivendicano l’iniziativa della confederazione volta a firmare accordi rilevanti e a fare proposte che coinvolgono il mondo del lavoro, così come è nella tradizione di Di Vittorio, Lama e Trentin. Vorrei dire qualcosa su un tema che mi ha sempre molto coinvolto, ne ho scritto spesso anche sulla mia pagina Facebook, e su cui ho partecipato a dibattiti che si sono svolti tra i dirigenti dei sindacati.

La prima cosa che vorrei dire è che tutti coloro che sono impegnati a sostenere la democrazia e il mondo del lavoro tengano sempre presente che siamo di fronte a una crisi della rappresentanza: i partiti secondo sondaggi credibili sono al 6% del gradimento e la di fiducia nel sindacato è ora caduta al 18% (nel 1997 era al 59%, la Cgil è all’8%), mentre più alta è la percentuale sull’importanza che ha il sindacato nella società di oggi (il 49% degli intervistati). La polemica, come dicevo, è aspra ma io la considero utile perché finalmente si discute su cose fondamentali, non solo per la sinistra ma, ripeto, per la democrazia. Sinteticamente dirò quel che penso. Staino avrebbe dovuto parlare anche delle responsabilità pesanti di Renzi e del suo governo che hanno negato un ruolo al sindacato con l’argomento che era finita l’era della concertazione, e si promuoveva il primato della politica.

I fatti gli hanno dato torto: gli ultimi accordi positivi, tra i quali quello sulla contrattazione, hanno un segno, e cioè l’unità sindacale e la mediazione governativa. Se per la riforma del cosiddetto Jobs Act si fosse seguito lo stesso criterio, cioè discutere, trattare, riunire il sindacato, e poi decidere, avremmo avuto risultati a mio avviso diversi. Ricordiamoci che l’ultimo difficile accordo firmato da Trentin con il governo Amato provocò proteste e contestazioni, ma Bruno ritenne necessario firmare anche con una sua profonda amarezza. E il governo fece la sua parte.

Nella risposta della Cgil, tra alcuni silenzi, è completamente taciuto il fatto rilevante che la confederazione è stata impegnata a “difendere la Costituzione” con gli argomenti politici sostenuti dai comitati del No, quando la riforma non toccava nessuno dei diritti che la Costituzione sancisce per il mondo del lavoro. La compagna Susanna poteva evitare di farsi fotografare con un grande cartello del No e poteva lasciare liberi gli iscritti di votare come credevano su una riforma discutibile quanto si vuole, ma che riguardava la seconda parte della Costituzione, cioè la funzionalità del sistema istituzionale.

Il fatto che democraticamente ha vinto il No non cancella l’errore. E la polemica fatta dalla Cgil su questo terreno continua. Infine, vorrei ancora ribadire che dato che nell’epoca in cui viviamo il sindacato non ha più un retroterra politico come in passato, è necessario lavorare per l’unità sindacale, per dare ruolo e forza al mondo del lavoro. Questa indicazione vale non solo per la Cgil, ma soprattutto per la Cisl e la Uil. I successi veri del sindacato sono solo quelli unitari, le firme separate hanno solo provocato disagi del mondo del lavoro. Se il sindacato si unisce finisce anche una falsa e pericolosa concorrenzialità tra le sigle. Si andrà avanti sull’unità e anche sull’unificazione sindacale? Ho dubbi, ma finché vivo su questo nodo non mollerò.

Da Facebook

Da - http://www.unita.tv/opinioni/il-ruolo-del-sindacato-e-quella-polemica-aspra-ma-utile/
5752  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Fiorenza SARZANINI. L’operazione “Eye pyramid” inserito:: Gennaio 12, 2017, 12:37:26 pm

L’operazione “Eye pyramid”
Cyberspionaggio, spiati politici e istituzioni: la Polizia arresta ingegnere nucleare e la sorella
Smantellata una centrale che per anni ha raccolto notizie riservate e dati sensibili

Di Fiorenza Sarzanini

Erano riusciti a introdursi nella casella di posta personale di Matteo Renzi e del partito democratico, Giulio Occhionero e la sorella Francesca, arrestati dalla polizia per aver effettuato attività di spionaggio e dossieraggio. Anche Mario Draghi risulta tra le personalità finite sotto intercettazione abusiva. Personaggi della finanza e politici e spiati, sistemi informatici violati, attività di dossieraggi nei confronti di cariche istituzionali: sono le accuse della magistratura romana nei confronti di Occhionero, un ingegnere informatico e di sua sorella arrestati lunedì per procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato, accesso abusivo a sistema informatico aggravato ed intercettazione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche. L’indagine svolta dagli specialisti della polizia postale denominata “Eye Pyramid” ha consentito di «individuare una centrale di cyberspionaggio».

Nei confronti di Occhionero e della sorella, entrambi noti personaggi dell’alta finanza capitolina, gli investigatori «hanno acquisito - come viene specificato nella nota della polizia - concreti elementi probatori in merito ad attività criminali da loro pianificate e condotte, consistenti nella gestione di una botnet con finalità di cyber spionaggio in danno di Istituzioni e Pubbliche Amministrazioni, politici di spicco, studi professionali e soggetti di rilievo nazionale».

Secondo l’accusa i due hanno utilizzato «una estesa rete di computer preliminarmente infettati tramite la diffusione di un malware denominato EYEPYRAMID (dal quale prende anche il nome l’operazione), e per anni acquisito dalle numerosissime vittime prescelte notizie riservate, dati sensibili, informazioni, gelosamente custodite su impianti informatici statunitensi, ora sequestrati dagli operatori della Polizia Postale, grazie al prezioso ausilio dei colleghi della Cyber Division dell’F.B.I. statunitense e che consentiranno di accertare quali e quanti dati siano stati illecitamente sottratti.

Le complesse indagini condotte dal Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, protrattesi per diversi mesi, hanno consentito di individuare una rete botnet molto ben strutturata, frutto di un attacco informatico del tipo APT (Advanced Persistent Threat), ingegnerizzato ad hoc sfruttando un malware particolarmente insidioso, capace di far acquisire da remoto il controllo del sistema informatico bersaglio, e consentire la massiva sottrazione dei contenuti dei pc colpiti. Si legge nel comunicato della polizia: «Tra gli osservati dall’ “Occhio della Piramide” gli appartenenti ad una loggia massonica, archiviati sotto la sigla “BROS” (fratelli) in una cartella piazzata in una delle numerose drop zone all’estero. Con la sigla “POBU” (Politicians Business), invece, venivano catalogati gli esponenti politici target del sodalizio criminale».

10 gennaio 2017 (modifica il 10 gennaio 2017 | 11:43)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

DA - http://www.corriere.it/cronache/17_gennaio_10/politici-spiati-eye-pyramid-polizia-eec9fdb0-d715-11e6-94ea-40cbfa45096b.shtml
5753  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Rudy Francesco CALVO. - Renzi lavora alla nuova segreteria: giro di incontri... inserito:: Gennaio 12, 2017, 12:35:17 pm
   Focus
Rudy Francesco Calvo    - @rudyfc

· 10 gennaio 2017
Renzi lavora alla nuova segreteria: giro di incontri per chiarire i ruoli

Giornata di lavoro intenso per il segretario del Pd. La squadra sarà definita la prossima settimana: cadono i paletti su uscenti e parlamentari, mentre si conferma un ruolo politico centrale

Matteo Renzi vuole chiarirsi bene le idee, prima di pensare ai nomi. Per questo, la nuova segreteria del Pd non vedrà la luce prima della prossima settimana. Il leader dem ha passato la propria giornata al Nazareno per una serie di incontri, che gli sono serviti proprio ad analizzare meglio la situazione interna al partito, prima di decidere come procedere.

Il vicesegretario Lorenzo Guerini e il presidente Matteo Orfini sono stati quelli presenti più a lungo nella sua stanza, in serata è arrivata anche Debora Serracchiani. Ma le riunioni si sono svolte senza un format rigido, tra colloqui a quattr’occhi, contatti telefonici, qualche incontro a pranzo. Renzi ha parlato con quelle persone che godono maggiormente della sua fiducia, da quelle che possono essere delle attente sentinelle nei gruppi parlamentari (Ettore Rosato alla Camera, Andrea Marcucci al Senato) ad altre che lo hanno accompagnato sin dall’inizio della propria ascesa ai vertici del partito, pur mantenendo sempre una propria autonomia, fino ovviamente al suo staff ristretto.

Il metodo, insomma, non è certo quello dell’uomo solo al comando. E su questa stessa linea dovrebbe muoversi anche la nuova segreteria, che dovrebbe diventare un organo politico a pieno titolo. Non certo un caminetto di capicorrente, ma un gruppo coeso per quanto plurale di personalità che si assumeranno insieme al leader il compito di guidare il partito fino alle elezioni, che Renzi continua a ‘vedere’ tra la fine della prossima primavera e, al massimo, l’inizio dell’autunno.

Coerentemente con questa linea, nella nuova squadra non dovrebbe essere rappresentata la minoranza post-bersaniana. Per il resto, anche alcuni paletti che sembravano emergere nei giorni scorsi potrebbero cadere. Non è affatto detto, ad esempio, che in segreteria non ci siano parlamentari o che si proceda con un azzeramento totale dell’attuale team, con l’eccezione dei vicesegretari. Renzi, infatti, potrebbe retrocedere da questa idea, verificando come alcuni degli attuali componenti abbiano lavorato bene e potrebbero portare il proprio contributo anche nei prossimi mesi. Su tutti, sono quelli di Filippo Taddei e di Emanuele Fiano i nomi più accreditati per una riconferma. Piero Fassino rimane in pole position per la politica estera, mentre i sindaci Falcomatà (Reggio Calabria), Buonajuto (Ercolano) e Palazzi (Mantova) potrebbero rappresentare i territori.

Due figure chiave saranno quelle affidate all’ex sottosegretario Tommaso Nannicini, che dovrà coordinare i lavori per la stesura del programma, e a Maurizio Martina. Il compito del ministro, però, dovrà ancora essere definito nel dettaglio, per renderlo compatibile con gli impegni di governo. Ancora vaghi rimangono ruoli e nomi di eventuali personalità ‘esterne’ che potrebbero portare il proprio supporto al partito (sui giornali circolava il nome dello scrittore Gianrico Carofiglio, ma anche del presidente della fondazione Volta Giuliano da Empoli.

Renzi dovrebbe rimanere a Roma anche per la prima parte di domani, per poi rientrare a Pontassieve per festeggiare con la famiglia il suo 42esimo compleanno. La prossima settimana dovrebbero tornare al Nazareno i segretari provinciali e regionali per definire meglio la mobilitazione del partito prevista per fine mese (21-22 gennaio). Quindi dovrà essere convocata una riunione della Direzione per approvare la composizione della nuova segreteria, probabilmente già prima dell’assemblea degli amministratori locali fissata per il 28 gennaio.

Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-segreteria-incontri-nazareno/
5754  Forum Pubblico / MONDO DEL LAVORO, CAPITALISMO, SOCIALISMO, LIBERISMO. / Enrico MARRO - Voucher e appalti, due referendum ad alto contenuto politico inserito:: Gennaio 12, 2017, 12:31:28 pm
Voucher e appalti, due referendum ad alto contenuto politico
La Cgil punta a rimettere in discussione la linea della flessibilità seguita finora

Di Enrico Marro

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale si dovrebbe votare su due dei tre referendum abrogativi proposti dalla Cgil (l’articolo 18 non è stato ammesso): quello sui voucher e quello sugli appalti. Il voto dovrebbe tenersi, secondo la data che sceglierà il governo, tra il 15 aprile e il 15 giugno.

Il voto sui voucher
Col primo quesito ritenuto ammissibile dai giudici della Consulta il sindacato guidato da Susanna Camusso propone di cancellare del tutto i buoni lavoro istituiti dalla legge Biagi nel 2003. I cosiddetti voucher che, nati per retribuire i lavoretti occasionali (ripetizioni scolastiche, giardinaggio, pulizie, faccende di casa, eccetera) svolti da casalinghe, studenti e pensionati (fino a un massimo di 5mila euro di compensi all’anno) sono stati via via liberalizzati (è stata tolta dalla legge la legge dicitura «di natura meramente occasionale») e oggi possono essere usati per remunerare qualsiasi attività entro un tetto di 7mila euro l’anno per lavoratore. All’inizio i voucher impiegavano qualche decina di migliaia di persone l’anno, nel 2006 si era saliti a 617 mila e nel 2015 si è arrivati a quasi 1,4 milioni di lavoratori coinvolti.

La tracciabilità dei buoni
Il governo Renzi, per limitare gli abusi e gli usi illegittimi dei buoni (tirati fuori, per esempio, solo dopo un infortunio mortale per evitare all’azienda responsabilità penali) ha stabilito la tracciabilità telematica degli stessi: il datore di lavoro deve indicare, nelle 24 ore precedenti l’uso del voucher, il destinatario e la durata della prestazione di lavoro che verrà retribuita con il buono (ognuno dei quali del valore di 10 euro lordi, 7,5 netti, che dovrebbe in teoria remunerare un’ora di lavoro). Ora il referendum propone l’abolizione dell’istituto. Il governo Gentiloni ha già annunciato la volontà di intervenire con legge restringendo il campo di applicazione dei voucher (alcuni settori a rischio come l’edilizia potrebbero essere esclusi) e abbassando tetto di retribuzione annua. Obiettivo: evitare il referendum. Alla Camera la commissione Lavoro guidata da Cesare Damiano (Pd) sta esaminando proposte di legge che mirano a riportare i voucher alla loro versione iniziale. In ogni caso, se ci sarà una nuova legge, sarà la corte di Cassazione a decidere se essa è sufficiente a evitare il referendum.

La responsabilità nei subappalti
Col secondo referendum ammesso dalla Corte Costituzionale la Cgil propone di escludere che un contratto nazionale di lavoro possa derogare al regime di responsabilità solidale negli appalti tra la società che ha ricevuto la commessa e quella cui l’opera viene eventualmente subappaltata. Più in generale, il quesito propone di abrogare la legge nella parte in cui attenua la responsabilità oggettiva in capo all’azienda madre, per esempio nel rispetto dei diritti retributivi e contributivi dei lavoratori dell’azienda in subappalto.

I risvolti politici
Al di là della portata dei due quesiti sul mondo del lavoro (forse maggiore quella sugli appalti che sui voucher) è evidente il significato politico di questi referendum. Una vittoria dei sì indicherebbe la volontà dell’elettorato di dare discontinuità rispetto alla linea della flessibilità seguita finora dal legislatore. Per questo si annuncia una battaglia politica aspra. Va ricordato, infine, che, in caso di voto, il risultato sarà valido solo se sarà stato raggiunto il quorum, dovrà cioè aver votato il 50% +1 degli aventi diritto.

11 gennaio 2017 (modifica il 11 gennaio 2017 | 16:42)
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Da - http://www.corriere.it/economia/17_gennaio_11/voucher-appalti-due-referendum-ad-alto-contenuto-politico-a5917916-d80f-11e6-9dfa-46bea8378d9f.shtml
5755  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / MONICA RUBINO. Dai Radicali alla Lega, vent'anni di "giravolte" politiche... inserito:: Gennaio 12, 2017, 12:30:07 pm
Dai Radicali alla Lega, vent'anni di "giravolte" politiche in Europa
Il M5S non è stato l'unico partito a tentare il salto di gruppo all'europarlamento. Quasi vent'anni fa la Lista Bonino si alleò con i lepenisti e la Lega Nord con i liberaldemocratici. Mentre Ds e Margherita erano uniti in Italia e divisi in Ue. Ecco un breve excursus storico

Di MONICA RUBINO
10 gennaio 2017
   
ROMA - Il piano fallito di Beppe Grillo di stabilire un'intesa "tecnica" a Bruxelles con i liberaldemocratici dell’Alde richiama alla mente altre "strane alleanze" tentate in passato da vari partiti italiani all’europarlamento. Dai Radicali alla Lega, dalla Margherita a Forza Italia, lo scopo degli apparentamenti è stato sempre lo stesso: cercare di pesare politicamente di più ed evitare di finire nella zona grigia del gruppo misto, quello dei "non iscritti", che non percepiscono i 40 mila euro a deputato all’anno che il Parlamento Ue garantisce a ciascun gruppo.
 
Facciamo allora un salto indietro nella storia e cerchiamo di ricostruire le prove di intesa più contorte in salsa europea.

I Radicali con Le Pen. L’accordo tecnico fra i Radicali italiani e i lepenisti del 1999 (anno in cui ottennero alle europee un buon successo di voti con la Lista Emma Bonino), fu talmente sorprendente da provocare l’addio al partito di Bruno Zevi, all'epoca presidente onorario. In una lettera aperta indirizzata fra gli altri a Marco Pannella e Bonino, Zevi scrisse: "Apprendo che avete raggiunto il deprecato obiettivo di costituire un gruppo tecnico con i nazisti antisemiti di Le Pen. Non aggiungo altro. Dopo vent'anni sono costretto a lasciare il Partito radicale. Vi ringrazio di tutto, mi auguro che i vostri alleati scompaiano dalla terra e vi auguro uno splendido futuro". Alle successive elezioni del 2004 la lista Bonino confluì nell'Eldr, il gruppo dei Democratici, liberali e riformatori che poi si sarebbe chiamato Alde.

La Lega Nord con i liberali dell’Eldr. Alle europee del ’94 la Lega Nord guadagnò 7 seggi e riuscì in un’impresa tattica molto simile a quella tentata da Grillo. Si alleò infatti con i liberaldemocratici dell’Eldr, come già detto il futuro Alde. Nelle legislature successive i leghisti confluirono dapprima nel gruppo misto (2004) poi nella formazione degli euroscettici di Nigel Farage (2009). Attualmente sono di nuovo nel misto.

Ds e Margherita: uniti in Italia, divisi in Ue. L’esperienza politica di centrosinistra dell’Ulivo italiano, sebbene abbia avuto anche nel Paese una storia lunga e spesso contorta fatta di aggregazioni a titoli diversi, ha vissuto sullo scenario europeo tre fasi ancora più critiche e di profonda divisione. Il Pds (antenato dei Ds e poi del Pd) e gli ex democristiani del Ppi, che si erano presentati uniti nell’Ulivo alle politiche del ’96 a sostegno di Romano Prodi, viceversa si divisero alle europee del ’99. Il Pds, che nel 1998 era diventato Ds, si unì al Pse (Partito socialista europeo), mentre il Ppi confluì nel Ppe (Partito popolare europeo) assieme a Forza Italia, Cdu e Udeur. Alle europee del 2004, i Ds rimasero nel Pse mentre la Margherita di Francesco Rutelli, nato come lista Democrazia è Libertà nel 2001, si aggregò inizialmente ai liberaldemocratici dell’Eldr. Ma nel corso di quella legislatura Rutelli decise di fondare una nuova formazione, alleandosi con l’Unione per la democrazia francese, partito riformista di centro guidato da François Bayrou. In questo modo la Margherita e Bayrou diedero vita al Partito democratico europeo che, assieme ai liberaldemocratici, formò infine l’attuale gruppo Alde. Alle ultime europee del 2014 Matteo Renzi, forte del 40% ottenuto dal Pd, concluse la diatriba interna al centrosinistra e sancì l’entrata definitiva del Partito democratico all’interno del gruppo S&D (Socialisti e democratici europei).
 
Forza Italia. Inizialmente "apolide" in Europa, sin dalle europee del ’99 il partito di Silvio Berlusconi si inquadrò nel Ppe, anche se sulle prime non venne accolto a braccia aperte. L'alleato in Italia Alleanza Nazionale confluì invece nella formazione nazionalista di destra Uen.
 
© Riproduzione riservata 10 gennaio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/01/10/news/m5s_radicali_lega_i_salti_di_alleanze_in_europa-155739072/?ref=nrct-2
5756  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / MARCELLO SORGI. Una sentenza che apre altri problemi inserito:: Gennaio 12, 2017, 12:28:11 pm
Una sentenza che apre altri problemi
Il «no» della Corte Costituzionale al referendum sul Jobs Act allontana per il momento, sebbene non del tutto, il rischio di elezioni anticipate

Pubblicato il 12/01/2017
MARCELLO SORGI

Il «no» della Corte Costituzionale al referendum sul Jobs Act, e in particolare sull’articolo 18, allontana per il momento, sebbene non del tutto, il rischio di elezioni anticipate. Se si faranno, infatti, non sarà per rinviare la consultazione sulla riforma che ha cancellato, se non in casi eccezionali, il diritto al reintegro nel posto di lavoro del dipendente licenziato. E da questo punto di vista, determinante sarà la prossima decisione dei giudici della Consulta, attesa per il 24 gennaio, sull’Italicum, la legge elettorale maggioritaria a doppio turno con la quale sarebbe stata eletta soltanto la nuova Camera dei Deputati, nel caso, che non s’è verificato dati i risultati delle urne del 4 dicembre, in cui la riforma costituzionale proposta dal governo Renzi avesse ricevuto l’approvazione degli elettori. 
 
Sospesa tra un referendum e l’altro: questa è in sostanza la condizione precaria della politica italiana, a cui l’improvviso ricovero in ospedale di Paolo Gentiloni, sottoposto con successo a un intervento di angioplastica, ha aggiunto un ulteriore elemento di incertezza che l’annunciata, rapida convalescenza del premier dovrebbe prevedibilmente eliminare nei prossimi giorni. Ecco perché, pur avendo sgomberato il campo dal rischio della cancellazione di una delle riforme più significative, e più apprezzate in Europa, del governo precedente (l’articolo 18 rappresentava uno dei maggiori motivi di resistenza agli investimenti stranieri in Italia), ammettendo invece la consultazione sui voucher, e quella, meno importante, sugli appalti, la Corte Costituzionale ha risolto un problema, ma ne ha creato un altro, che adesso toccherà all’estenuato Parlamento che si avvia alla conclusione della legislatura tentare di risolvere.
 
Per il modo in cui è stato proposto, chiedendo la completa abrogazione della normativa sui voucher attualmente in vigore, il referendum, per essere aggirato, richiederebbe una sostanziale riscrittura della legge, che dovrebbe successivamente essere esaminata dalla Corte di Cassazione per valutare l’eventuale venir meno dei presupposti della consultazione. Ci sono attualmente sei diverse proposte giacenti nelle commissioni, che verosimilmente potrebbero essere ridotte a una, da approvare in tempo utile con un iter accelerato. In passato, ad esempio per il referendum sulle liquidazioni del 1981, era accaduto perfino che il governo fosse intervenuto per decreto alla vigilia del voto, previsto per legge tra il 15 aprile e il 15 giugno, e la Cassazione avesse ritenuto legittimo e valido l’intervento, a sostegno di una maggioranza parlamentare che aveva già raggiunto un accordo di massima.
 
È inutile nascondersi che rispetto a un esito come questo, possibile sulla carta, congiurano due difficoltà, non insormontabili, ma da affrontare. La prima è che il pallino della riforma dei voucher da riformare è nelle mani della sinistra Pd, che si muove di sponda con una Cgil che, oltre ad aver raccolto tre milioni di firme per i referendum, ha depositato da tempo alle Camere il testo di una legge d’iniziativa popolare che mira a riscrivere tutta la materia del diritto del lavoro, cancellando la deregulation imposta dalle riforme e restaurando in buona parte il regime del vecchio Statuto dei lavoratori degli Anni Settanta. La stessa Cgil - ed è la seconda difficoltà - ha accolto molto male la sentenza della Corte Costituzionale, e per bocca della segretaria Susanna Camusso ha annunciato un ricorso alla Corte europea dei diritti, accusando in sostanza i giudici della Consulta di aver voluto privare gli elettori italiani del loro diritto a pronunciarsi sul Jobs Act. Una posizione durissima, che non lascia ben sperare anche sul modo in cui il maggior sindacato intende accompagnare il percorso parlamentare della nuova legge sui voucher.
 
Infine vi è una terza difficoltà, meno esplicita ma non per questo meno pressante: a Renzi non dispiacerebbe che le elezioni anticipate, fin qui legate al presente e al futuro di una legge elettorale da riscrivere, arrivassero invece per la scorciatoia del rinvio del referendum. È un’altra incognita di cui tener conto.

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Da - http://www.lastampa.it/2017/01/12/cultura/opinioni/editoriali/una-sentenza-che-apre-altri-problemi-5G1e7jt3Rz4KlnQSwGRRMJ/pagina.html?wtrk=nl.direttore.20170112.
5757  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / UGO MAGRI Il partito del rinvio ora gongola: “Così si allontanano le elezioni” inserito:: Gennaio 12, 2017, 12:26:59 pm
Il partito del rinvio ora gongola: “Così si allontanano le elezioni”
Renzi incassa l’ok alla sua riforma ma si apre un duello a sinistra

Matteo Renzi, segretario del Partito democratico è soddisfatto a metà per la decisione della Consulta sui referendum

Pubblicato il 12/01/2017
Ultima modifica il 12/01/2017 alle ore 07:49
Carlo Bertini, Ugo Magri
Roma

Le voci filtrate dalla Consulta narrano di uno scontro epico, combattuto a colpi di precedenti giuridici, in cui mai nessun giudice costituzionale si è azzardato a tirare in ballo ragionamenti politici. Eppure non ce n’è uno, tra i quasi mille onorevoli riuniti ieri alla Camera in seduta comune, che considerasse la sentenza diversamente da un Valium. Il cui effetto è distendere i nervi e rallentare la corsa verso le urne. Soprattutto i peones (attenti alla data del 15 settembre quando matureranno la pensione) sono convinti di avere sventato il rischio che un sì della Corte sull’articolo 18 terrorizzasse a tal punto l’establishment, da spingerlo alle urne pur di posticipare di un anno il nuovo show-down referendario. La battuta più in voga nel Transatlantico, non a caso, è: «La Consulta ha approvato l’articolo 2018», cioè l’anno in cui a questo punto si andrà a votare.

La frenata 
Ai piani altissimi delle istituzioni c’è chi considera la decisione della Corte un sano elemento di riflessione per tutti, ex premier compreso. Il quale viene descritto in quegli ambienti come intento a preparare le elezioni, certo, ma non ancora del tutto determinato a staccare la spina della legislatura. Potrebbe farlo, ma anche no, soppesandone i pro e i contro. In pubblico il Pd nega che il finale sia già scritto. Anzi, il traguardo ufficiale resta lo stesso: votare a giugno come termine massimo. Con qualunque legge elettorale, meglio se corretta per favorire la governabilità. «Le elezioni nulla c’entrano con una sentenza che conferma la bontà del jobs act», taglia corto il numero due del partito, Guerini. Anzi, Gentiloni e lo stesso Renzi risultano soddisfattissimi che sia stato confermato l’impianto di una riforma come quella sul lavoro. Con una motivazione che smonta la tesi secondo cui Renzi, machiavellicamente, avrebbe tifato per un via libera al referendum: «Vi immaginate cosa sarebbe successo se, dopo avere interrotto la legislatura e magari avere vinto le elezioni, Matteo si fosse ritrovato a fare i conti con un altro referendum, per giunta sui licenziamenti?». Solo un masochista poteva desiderarlo.
Quesiti da sminare 
Sia come sia, ora il governo ha un «mission» in più: sminare i due quesiti rimasti in piedi. Secondo uno che se ne intende, come l’ex leader Cgil Epifani, evitare il referendum sarà facile sugli appalti e molto complicato sui voucher. Dalle parti di Gentiloni contano di farcela e dal loro punto di vista si capisce perché: guai se si arrivasse alle elezioni politiche con la sinistra lacerata sul tema lavoro. La minoranza Pd già minaccia una campagna per «due sì», Emiliano e Speranza lo vanno sbandierando, Bersani vorrebbe rivoltare il job act come un calzino. Voucher e lavoro nero sono dunque già il cuore della battaglia congressuale anti-renziana dentro il Pd.

Enigma Consulta 
Tra due settimane la Corte sarà di nuovo protagonista, ma sull’Italicum. E il risultato è incerto. Se avesse deciso a ottobre, è sicuro che l’avrebbe bocciato: così garantiscono autorevoli membri. Ma da allora gli equilibri interni sono mutati, e nessuno mette più la mano sul fuoco. Ogni previsione potrebbe essere ribaltata, perfino sul ballottaggio.

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http://www.lastampa.it/2017/01/12/italia/politica/il-partito-del-rinvio-ora-gongola-cos-si-allontanano-le-elezioni-l4jQ8Vxt5d8GZCDQuMyKJM/pagina.html
5758  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / BAUMAN. La società liquida. - (INTERREGNO) inserito:: Gennaio 12, 2017, 12:22:32 pm
La società liquida
Con questa idea Bauman illustra l’assenza di qualunque riferimento “solido” per l’uomo di oggi.
Con conseguenze ancora tutte da capire
      
La società liquida
L'idea di modernità o società “liquida” è dovuta, come è noto, a Zygmunt Bauman. Per chi voglia capire le varie implicazioni di questo concetto può essere utile “Stato di crisi” (Einaudi, 18 euro) dove Bauman e Carlo Bordoni discutono di questo e altri problemi.
   
La società liquida inizia a delinearsi con quella corrente detta post-moderno (peraltro termine “ombrello” sotto cui si affollano diversi fenomeni, dall’architettura alla filosofia e alla letteratura, e non sempre in modo coerente). Il postmodernismo segnava la crisi delle “grandi narrazioni” che ritenevano di poter sovrapporre al mondo un modello di ordine, si è dedicato a una rivisitazione ludica o ironica del passato, e in vari modi si è intersecato con le pulsioni nichilistiche. Ma per Bordoni anche il postmodernismo è in fase decrescente. Esso era di carattere temporaneo, ci siamo passati attraverso senza neppure accorgercene, e sarà un giorno studiato come il pre-romanticismo. Serviva a segnalare un avvenimento in corso d’opera, ha rappresentato una sorta di traghetto dalla modernità a un presente ancora senza nome.

5759  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / Eros e la moglie in coma da 5 anni «Adesso, vi prego, fateci morire» inserito:: Gennaio 12, 2017, 12:19:09 pm
La storia
Eros e la moglie in coma da 5 anni «Adesso, vi prego, fateci morire»
La lettera di un 92enne di Milano inviata al ‘Corriere’: «Mia moglie trattata come una valigia, non voglio che capiti ad altri»

Di Giangiacomo Schiavi

Ogni giorno quando si presenta nella sua camera e la accarezza, rimbocca le lenzuola e aspetta un impossibile sguardo, Eros Mischi, 92 anni, si chiede se ne valeva la pena, se questo calvario si poteva evitare, se non c’era un’altra forma di assistenza, accudimento, pietas per rendere meno feroce un addio. Da cinque anni la sua vita non è vita, è rabbia, disperazione, una battaglia persa nel reparto moribondi della residenza sociale assistita Golgi Redaelli, a cercare di ritrovare la donna che era e continua a essere sua moglie diventata un corpo muto, assente, una statua che respira da alimentare, ripulire, alzare, allettare, issare e rivoltare.

L’ammirazione dei figli
L’ora è sempre quella, pomeriggio presto, quando l’assistenza è rarefatta e si prepara il buio. Si porta dietro gesti, sguardi, movimenti, l’odore di mensa e di corsia, la fatica di un vuoto da riempire, ma accetta tutto per tutelare quel che resta di una vita insieme, di un amore che non ha età. I tre figli lo ammirano perché si fa carico di questo per non sconvolgere anche le loro vite, provvede ai costi della degenza che gli porta via l’intera pensione, ottanta euro al giorno, duemilaquattrocento al mese, centoquarantamila in cinque anni. Per fortuna in pensione c’è andato con il massimo, dopo quarant’anni di lavoro, prima alla Pirelli poi al Credito italiano, ispettore e quadro dirigente. Ma è dura convivere con la vita svalutata che ha davanti, accettare un sistema che fa dell’accudimento una catena di montaggio: c’è la fredda e burocratica quotidianità, c’è la rarefazione dell’assistenza, la sensazione di essere sempre più solo nel dolore e nella speranza perduta. Così nei giorni intorno a Natale, quando si sente di più il peso dell’assenza, Eros Mischi ha preso carta e penna e scritto al Corriere. Una lettera, in una bella e antica calligrafia, affidata alle Poste, senza passare dalla Rete e dai social. Poche righe che riassumono il messaggio di un uomo che si domanda cosa si può fare per rendere più dignitoso il prolungamento sine die di un’agonia e si concludono così: «Ben venga l’eutanasia, che ponga fine per entrambi alle nostre tribolazioni. Per favore, fateci morire!».

Viene in mente Eluana
Non c’è una risposta ai mille dubbi che solleva una lettera del genere, ma con la ricostruzione della sua odissea Eros Mischi vuole gettare un sasso nello stagno della rassegnazione, fare in modo che per altri non si ripeta quel che è accaduto a lui. C’è un filo che lega la sua storia ad altre storie, viene in mente Eluana, il tormento del coma apparentemente senza ritorno, la scelta del padre che ha deciso per lei «Ne parlavamo con mia moglie», ricorda Mischi, «mi diceva non vorrei finire così», ma quando capita non c’è preavviso, nessuno immagina di dover gestire una simile emergenza. Sua moglie, cinque anni fa era già malata. Diagnosi di Alzheimer. Poi l’ictus. Ricoverata all’ospedale San Carlo, trasferita al Golgi Redaelli per la riabilitazione. Qui le cose si complicano. Scrive nella lettera: «Per mancanza di esami o per disattenzione non è stato diagnosticato il suo stato di diabetica. Ho notato buste di glucosio in vena. È disidratata, mi dicevano». Poi drastica comunicazione: «Ha cinque giorni di vita. Qui non può morire, verrà trasferita altrove, poi potrà portarla a casa. Ma il responsabile del nuovo reparto in cui viene trasferita riscontra subito il diabete e, purtroppo, la salva…». Questo «purtroppo» gli pesa, è un altro dolore, ma vedere sua moglie «trattata come una valigia da aeroporto» fa male di più. Dal 2012 è in coma: non vede, non parla, completamente paralizzata, alimentata con un tubicino, perennemente sotto ossigeno, dolorante, catetere, pannolone e, da mesi, morfina ogni otto ore. L’assistenza è affidata a una cooperativa. «Come per le pulizie», scrive Mischi. Manda lettere, si indigna, denuncia carenze nell’assistenza anche alla ministra Lorenzin. «Vorrei almeno un po’ di umanità». Nessuna risposta.

Il pensiero del suicidio
Ognuno può trarre le conclusioni più opportune: se questa è ancora vita, se bisognava fermarsi prima, se bisogna sempre tentare, se non si deve pensare seriamente al testamento biologico, se l’accudimento delle persone in coma vegetativo in alcune strutture è umano oppure no. Scrivendo questa lettera, Eros Mischi dice di aver forzato se stesso e il suo pudore. «Ho pensato spesso al suicidio e anche all’omicidio». Ha resistito per la ragione, per la speranza, e per qualcosa di più: si chiama dignità.

9 gennaio 2017 (modifica il 10 gennaio 2017 | 07:57)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/cronache/17_gennaio_10/eros-moglie-coma-5-anni-43367178-d6ab-11e6-b48b-df5f96e3114a.shtml
5760  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / BAUMAN. inserito:: Gennaio 12, 2017, 12:14:36 pm
A causa di questa fluidità ci troviamo in ciò che Antonio Gramsci chiamava un interregno, una situazione in cui “il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”.

da Bauman
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