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5566  Forum Pubblico / MONDO DEL LAVORO, CAPITALISMO, SOCIALISMO, LIBERISMO. / Danilo TAINO La Germania non premia i due agenti che fermarono lo stragista ... inserito:: Febbraio 13, 2017, 12:47:41 pm
«Foto di Mussolini sui profili»
La Germania non premia i due agenti che fermarono lo stragista di Berlino
Il governo tedesco voleva dare una medaglia ai due «eroi di Sesto San Giovanni» ma ha preferito rinunciare dopo aver scoperto che nei loro profili c’erano «frasi di estrema destra e foto di Mussolini»

Di Danilo Taino

Gli «eroi» di Sesto San Giovanni sono stati declassati nella considerazione delle autorità tedesche. I due poliziotti che il 23 dicembre scorso intercettarono e uccisero, durante uno scontro a fuoco, il terrorista del mercatino di Natale di Berlino non riceveranno alcuna onorificenza in Germania. Gli agenti sono considerati tendenti all’apologia di fascismo, quindi meglio lasciare perdere.

Ieri, il quotidiano Bild ha rivelato che il governo tedesco stava considerando l’idea di dare una medaglia a Cristian Movio e a Luca Scatà. In effetti, le autorità della Germania avevano tirato un respiro di sollievo quando avevano avuto la notizia che il ventiquattrenne Anis Amri – il quale quattro giorni prima, alla guida di un camion, aveva ucciso 12 persone e ferite altre 55 - era stato fermato alle porte di Milano. Le sollevava da una ricerca della quale avevano perso il filo. Permetteva loro di tranquillizzare i cittadini. Le toglieva da un notevole imbarazzo.

La stessa Angela Merkel aveva subito ringraziato la polizia italiana e i due agenti. Ora, però, la Bild dice che, secondo due ministri dei quali non cita i nomi, l’onorificenza è fuori questione. Sui profili di Facebook e di Instagram, presto oscurati dalla Questura di Milano dopo lo scontro di Sesto San Giovanni, i due poliziotti avevano pubblicato fotografie e commenti di chiara ispirazione di estrema destra, qualcosa su cui nessun governo tedesco può passare sopra.
   
Scatà – 29 anni, l’agente che ha sparato ad Amri - aveva mostrato su Instagram una sua fotografia in cui fa il saluto romano (mentre indossa una maglia con la bandiera britannica, curiosamente); una fotografia di Mussolini dove definiva il Duce «tradito» e i traditori «infami»; e un post scritto in occasione di un 25 aprile nel quale diceva che non avrebbe festeggiato perché lui è «dalla parte di quella Italia, di quegli italiani, che non tradirono e non si arresero».

Movio – 36 anni, il poliziotto ferito da un colpo sparato da Amri – pare invece che condividesse su Facebook post tratti da siti razzisti e anti-immigrati, in più avrebbe pubblicato la fotografia di una bottiglia di Coca-Cola, quelle con i nomi propri sull’etichetta, con la scritta Adolf (il nome meno apprezzato in Germania).


Stephan Mayer, un esperto di affari interni della Csu (il partito gemello bavarese della Cdu di Merkel), ha commentato che «la decisione del governo federale di non dare un’onorificenza a questi due poliziotti è assolutamente corretta a causa della loro ovvia attitudine neofascista».

A Berlino si evitano così polemiche e scivoloni imbarazzanti. Da semplici fotografie e post è difficile stabilire quali siano gli orientamenti politici dei due poliziotti italiani. E difficile è chiederglielo ora: quando i loro nomi sono stati resi noti – immediatamente dopo la sparatoria del 23 dicembre, dal ministro dell’Interno Marco Minniti – sono stati trasferiti e protetti per ragioni di sicurezza.

Ma non è questo il problema: le loro opinioni politiche sono un fatto personale. La questione vera è che non le hanno tenute per se stessi ma le hanno rese pubbliche sui social network. Anche qui, in fondo, niente di straordinario se non fosse che Scatà e Movio sono membri delle forze dell’ordine. E che la pubblicazione di loro opinioni estreme possa dare l’idea che certi poliziotti non sono sereni quando affrontano alcune delle questioni di ordine pubblico più delicate del momento, per esempio quelle che riguardano gli immigrati. Più in generale, anche la reputazione della Polizia può subirne un danno. Per non prendere nessun rischio, i tedeschi hanno comprensibilmente rinunciato a rendere loro onore. Peccato ma inevitabile.

11 febbraio 2017 (modifica il 11 febbraio 2017 | 23:40)
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Da - http://www.corriere.it/esteri/17_febbraio_12/germania-non-premia-due-agenti-che-fermarono-stragista-berlino-18545844-f0a0-11e6-811e-b69571ccd9d9.shtml
5567  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Renzi verso le dimissioni da segretario. “O si vota a giugno o si fa il ... inserito:: Febbraio 13, 2017, 12:45:16 pm
Renzi verso le dimissioni da segretario. “O si vota a giugno o si fa il congresso”
Telefonata con il ministro dell’Economia Padoan: “Bisogna trattare con l’Ue, niente manovra”
Bersaglio. Il segretario del Pd Matteo Renzi vuole accelerare: «Non ci sto a fare il bersaglio per mesi»
Pubblicato il 11/02/2017 - Ultima modifica il 11/02/2017 alle ore 09:01
Carlo Bertini
Roma

Doppio colpo, primarie a fine aprile, con dimissioni da segretario preannunciate lunedì in Direzione. E voto per le politiche a giugno, dopo essersi ripreso il partito con il consenso del popolo dei gazebo. È lo schema ambizioso - tattico e minaccioso - che in queste ore scalda gli animi del segretario Pd e del suo cerchio magico. Renzi non demorde: rincuorato dai sondaggi che danno i 5stelle in calo del 2,7% dopo il caso Raggi - e temendo di pagare nel 2018 lo stesso prezzo che costò a Bersani il sostegno al governo Monti - vuole votare a giugno. Possibilmente l’11: un «election day» per cercare di evitare la sconfitta in molte città in bilico, da Genova a Palermo, con il traino delle elezioni nazionali. Un sogno, in una fase come questa in cui il partito del non voto si ingrossa ogni giorno. Ma al quale Renzi non rinuncia, conscio di esser quello che dà le carte come ricorda Salvini. 

Dunque il voto in estate, al massimo in settembre (gira anche una data, il 24): dopo aver fatto trascorrere le prossime settimane dimostrando al Paese e alle più alte istituzioni che il Parlamento non riescono a fare una nuova legge elettorale. «E se non ci riesci ora, perché dovresti riuscirci a farla tra sei mesi? Cosa cambia?», chiede il fedelissimo David Ermini. 

La mediazione e le correnti 
Ma dietro le minacce c’è il realismo che induce alla mediazione. Lunedì metterà le carte sul tavolo. Della serie, «ditemi se vogliamo fare la legge elettorale e andare a votare, oppure si fa subito il congresso». Mettendo tutti di fronte alle responsabilità di una decisione, quella di rinviare le urne, che può penalizzare il Pd e il Paese. Per lanciare un segnale sui rischi di urne nel 2018, ieri ha benedetto un post del fiorentino Dario Parrini, che cita l’economista Guido Tabellini: per il Paese sarebbe «assai rischioso far coincidere il massimo di incertezza politica - la campagna elettorale - con un evento come la fine del maxiscudo Bce a dicembre 2017, che può aprire una fase di forte turbolenza sui mercati». 


Anche Padoan in Direzione 
Si vedrà in Direzione, dove Renzi ha invitato Padoan per fargli illustrare i successi del suo governo, come la prenderà la minoranza. Il congresso subirebbe questo timing: voto nei circoli sui candidati alla segreteria, con primarie per la leadership a fine aprile, il 23 o il 30. E poi rinvio all’autunno delle votazioni sugli organismi dirigenti locali. Fare il congresso e votare implicherebbe però una fortissima accelerazione: convocare il congresso subito, per chiudere all’angolo Bersani e compagni costringendoli a cimentarsi in battaglia. E far venire meno le ragioni di vita del governo, portando Gentiloni a dimissioni lampo il giorno dopo le primarie. Qualcuno azzarda: magari dopo un incidente parlamentare: perché la presa di distanze dal governo con la lettera dei 37 fedelissimi guidati dal fiorentino Fanucci - mirata a far quadrare i conti solo con tagli di spesa e proventi da evasione fiscale, senza aumenti di accise - è un avvertimento. Anche se gli stessi renziani più fedeli lo definiscono «un boomerang», perché «avremmo dovuto essere almeno tutti quelli della prima ora, così sembra che perdiamo pezzi», dice uno dei firmatari. Lo stesso Renzi, nella telefonata di ieri a Padoan, ha comunque ribadito la linea: «La manovra correttiva non serve, non dovete toccare le accise, continuate a trattare con l’Ue». 

Il colloquio con Orlando 
Un piano che si scontra con i potentati interni, con Dario Franceschini, con cui pare abbia parlato ieri, e altri capicorrente. A partire da Andrea Orlando, con il quale Renzi si è intrattenuto ieri al Nazareno.

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Da - http://www.lastampa.it/2017/02/11/italia/politica/renzi-verso-le-dimissioni-da-segretario-o-si-vota-a-giugno-o-si-fa-il-congresso-NqNCXeAqo9TRQOMu2DSsuM/pagina.html
5568  Forum Pubblico / PROTAGONISTI (news varie su loro). / Matteo Renzi è nato ... inserito:: Febbraio 13, 2017, 12:43:52 pm
Matteo Renzi

Matteo Renzi è nato l'11 gennaio del 1975 a Firenze ed è stato Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana dal 22 febbraio 2014 al 5 dicembre 2016. A seguito dell'esito contrario del referendum costituzionale (il 60% degli elettori ha bocciato la riforma da lui proposta) si è dimesso.

E' stato nominato capo di Governo a soli 39 anni ed un mese di età, risultando il più giovane Premier della storia della Repubblica italiana.

Cresciuto a Rignano sull'Arno (FI), studia a Firenze, dove consegue il diploma di maturità classica al Liceo Ginnasio "Dante" e si laurea nel 1999 in Giurisprudenza.

Già da studente liceale comincia ad interessarsi all'attività politica ed acquisisce una formazione scout nell'Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani.

Prima di dedicarsi completamente all'attività politica, Renzi ha lavorato con varie responsabilità per la Chil srl, società di servizi di marketing (di proprietà della sua famiglia) di cui è dirigente in aspettativa.

Nel 1996 è tra i promotori dei Comitati Prodi in Toscana.

Nel 1999 diventa segretario provinciale del Partito Popolare Italiano.

Nel 2004 viene eletto Presidente della Provincia di Firenze, facendosi promotore della riduzione delle tasse in Provincia e del taglio dei costi dell'Ente.

Nel 2009 diventa il nuovo sindaco di Firenze e si fa portatore di un vento di novità, dimezzando la giunta e favorendo, con l'obiettivo di dire stop al cemento ed al consumo del suolo, un Piano strutturale a "volumi zero" per la città di Firenze.

Nel 2010 promuove la convention "Prossima Fermata: Italia", foriera dell'idea di una rottamazione della vecchia classe politica al potere.

Negli anni successivi le idee di rinnovamento promosse da Renzi si muovono sull'onda delle conventions "Big Bang" e "Italia Obiettivo Comune", che vedono l'adesione di diversi amministratori ed intellettuali italiani.

Nel 2012 Matteo Renzi si candida alle primarie del centrosinistra ma il 2 dicembre dello stesso anno perde il ballottaggio contro Pier Luigi Bersani.

Nel 2013 prende di nuovo parte alle primarie (questa volta del Partito Democratico) e l'8 dicembre vince la competizione con il 67,5% dei voti, diventando il nuovo segretario del Partito e battendo Gianni Cuperlo, Giuseppe Civati e Gianni Pittella.

Il 22 febbraio del 2014 diventa il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana risultando il più giovane in assoluto dall'Unità d'Italia ad oggi.

Per la Rizzoli ha pubblicato "Fuori!" (2011) e "Stilnovo" (2012).

Con la Mondadori invece ha dato alle stampe "Oltre la rottamazione" (2013).

Tra il 1° luglio ed il 31 dicembre 2014 ha assunto, quale presidente di turno, la carica di Presidente del Consiglio dell'Unione Europea.

Matteo Renzi è sposato con Agnese Landini dal 1999, i due hanno tre figli, Francesco (2001), Emanuele (2003) ed Ester (2006).

Ultimo aggiornamento 12 dicembre 2016

Da - http://argomenti.ilsole24ore.com/matteo-renzi.html
5569  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Francesca Schianchi. Casini tiene a battesimo i Centristi per l’Europa per... inserito:: Febbraio 13, 2017, 12:42:14 pm

Casini tiene a battesimo i Centristi per l’Europa per riunire i moderati italiani
” Non l’ennesimo partitino ma un movimento politico europeo per bloccare i populismi”

Pubblicato il 11/02/2017
Ultima modifica il 11/02/2017 alle ore 14:56

Francesca Schianchi
Roma

«Quello che nasce oggi non può essere l’ennesimo partitino ma un movimento politico europeo che, per bloccare l’avanzata del populismo, deve fare appello all’unità dei moderati». Maglione e pantaloni neri, sul palco del romano Teatro Quirino dove si presenta modestamente come un semplice iscritto ma viene ringraziato e ascoltato da tutti come il leader, Pier Ferdinando Casini chiude l’assemblea del nuovo movimento «Centristi per l’Europa» svelando il senso dell’operazione: essere il «lievito», ripete più volte, di una riunificazione dei moderati italiani. Che poi, in prospettiva, guardi più verso il centrodestra o verso il centrosinistra, quello è ancora da verificare.

La platea è piena, c’è il ministro dell’Ambiente Galletti, ci sono i senatori Di Biagio e Marino, i deputati Adornato e D’Alia, che sarà anche la guida del movimento, ma anche qualche giovane amministratore locale. Apre l’Inno alla gioia, quello europeo, insieme a quello italiano, sul grande video che fa da sfondo al palco campeggia il simbolo per metà con la bandiera blu a stelle dorate della Ue e per metà tricolore, una scelta che vuole essere «un atto di sfida» contro il pensiero dominante antieuropeo, deciso solo poche settimane fa: sugli striscioni di chi è arrivato da Benevento come da Bronte, il logo è ancora nella prima versione, Centristi per l’Italia. 

Una sfida ai populismi che indicano nell’Europa la fonte di tutti i mali, ma anche a una Ue che deve cambiare, come chiede con forza dal palco il sindaco di Rosarno. «L’Europa è a un bivio: o va avanti, o se sta ferma va indietro, e non ce ne sarà più per nessuno, nemmeno per Francia o Germania», predica Casini, mentre da «semplice iscritto» dà consigli e traccia la strada. «Non dovete pensare di prendere voti su una rappresentazione retorica dell’Europa», sul ricordo nobile «di De Gasperi, Schumann, Adenauer», non si può vivere sulla «mitologia», sottolinea, ma serve «qualcosa di concreto». Questo dovrà fare il nuovo movimento, «chiedere una spinta verso una nuova Europa». E, contemporaneamente, cercare di riunire i moderati italiani, mettendo da parte le incomprensioni del passato: «Le divisioni che ci sono state non contano niente: ora conta il progetto per il Paese». 

In vista di elezioni che ancora nessuno sa quando saranno, il messaggio lanciato da questo palco è diretto al centrodestra come al centrosinistra. Per Berlusconi messo in guardia «che se va a fare le liste con Salvini, consegna a Salvini la leadership del fu centrodestra», come per Renzi che «se rifiuta l’alleanza coi moderati che l’hanno fatto vincere, beh, allora Dio gliela mandi buona». Il lavoro inizia adesso, dice lui e ripetono tutti i protagonisti della giornata. L’importante, spiegano, è far sentire che ci siamo. Marcare un terreno. Chiudendo con l’insolita formula, di questi tempi: «Viva l’Italia e viva l’Europa».
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Da - http://www.lastampa.it/2017/02/11/italia/politica/casini-tiene-a-battesimo-i-centristi-per-leuropa-per-riunire-i-moderati-italiani-RHEeSPtscGt9WMAKWmcgDI/pagina.html
5570  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / UGO MAGRI Sui resti dell’Italicum in arrivo altri 14 ricorsi. inserito:: Febbraio 13, 2017, 12:40:16 pm
Sui resti dell’Italicum in arrivo altri 14 ricorsi. Il voto si allontana
Mattarella: Europa e G7 le scadenze più urgenti, sono l’occasione per rilanciare l’Europa

Pubblicato il 11/02/2017
Ultima modifica il 11/02/2017 alle ore 07:21

Ugo Magri - Roma

Il principale avversario di Matteo Renzi, colui che gli sbarra la via della rivincita elettorale immediata, è un settantaduenne avvocato italo-svizzero di nome Felice Besostri. Fu lui a far bocciare il «Porcellum», sempre lui a dichiarare guerra contro l’«Italicum». E non si accontenta. Dopo avere spulciato la sentenza della Corte costituzionale, è pronto a scatenare un’altra raffica di ricorsi per rendere inagibile quel poco che resta del sistema elettorale. Nel qual caso, altro che voto a giugno.

La sorpresa a pagina 92 
L’attenzione di Besostri è caduta su un passaggio della sentenza, dove la Consulta bacchetta il Tribunale di Messina che aveva presentato ricorso contro le soglie di sbarramento diverse tra Camera e Senato. Sbagliato, obietta la Corte, in quanto quel Tribunale «non illustra le ragioni per cui sarebbero le diverse soglie di sbarramento e non altre, e assai più rilevanti, differenze riscontrabili tra i due sistemi elettorali (ad esempio, un premio di maggioranza previsto solo dalla disciplina elettorale per la Camera) ad impedire la formazione di maggioranza omogenee nei due rami del Parlamento». È come se la Consulta suggerisse ai ricorrenti: se aveste puntato sulle difformità del premio di maggioranza, magari vi avremmo dato ragione. Il pugnace Besostri non chiede di meglio: «Le motivazioni della sentenza sono paradossalmente una guida per formulare ordinanze ammissibili». Ci sono ben 14 Tribunali pronti a entrare in azione sulla scia della sentenza. L’unico modo per arginarli consisterebbe nello scrivere una legge a prova di Besostri. È la complessa sfida cui il Parlamento viene chiamato dalla Corte medesima. Renzi freme, ma per riscrivere il testo ci vuole tempo: nella Commissione Affari costituzionali alla Camera, presieduta da Andrea Mazziotti, i progetti da discutere sono già 18 e altri ne stanno arrivando, compresa una legge di iniziativa popolare promossa dai Comitati del No al referendum. Nel frattempo i ricorsi andranno avanti. E per quanto la Consulta ritenga di avere già dato in materia elettorale, non è da escludere che nel giro di poche settimane vengano ad accumularsi nuovi pesanti dubbi di costituzionalità: quelli che, nel messaggio di fine anno, il Presidente della Repubblica aveva consigliato, prudentemente, di chiarire in anticipo. 

Occasioni da non perdere 
Giusto ieri, Sergio Mattarella ha ribadito due appuntamenti internazionali che, comunque vada, andranno onorati nei prossimi mesi. Il primo cadrà il 25 marzo, sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma: le celebrazioni dovranno essere, secondo il Capo dello Stato, l’occasione per «ridare slancio al processo di integrazione Ue». L’altro appuntamento sarà a fine maggio, nel G7 di Taormina, dove si parlerà di immigrazione e anche, anticipa Mattarella, «di innovazione e lavoro». Un modo educato e rispettoso di ricordare che guai se la politica sprecasse due rare occasioni in cui l’Italia sarà, finalmente, in cabina di regia.

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Da - http://www.lastampa.it/2017/02/11/italia/politica/sui-resti-dellitalicum-in-arrivo-altri-ricorsi-il-voto-si-allontana-NEOoFkBYSfqcgbHwd4TxsM/pagina.html
5571  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / FABIO MARTINI. Renzi e il referendum: agli italiani piacevano le singole riforme inserito:: Febbraio 13, 2017, 12:38:47 pm
Renzi e il referendum: agli italiani piacevano le singole riforme, non chi le ha proposte
Indagine Itanes: ciascuno dei provvedimenti aveva consenso maggioritario, ma la personalizzazione voluta dal premier non ha giovato ai risultati
Pubblicato il 11/02/2017 - Ultima modifica il 11/02/2017 alle ore 11:44
Fabio Martini

Era un legittimo sospetto, ora c’è la «prova»: agli elettori i singoli aspetti della riforma costituzionale piacevano tutti, nessuno escluso, in particolare la riduzione dei senatori convinceva il 71,3% degli italiani, eppure una volta chiamati ad esprimersi sull’intero «pacchetto-Renzi» quel giudizio si è clamorosamente rovesciato e il 4 dicembre il No ha nettamente vinto. È uno dei tanti dati che emergono da un’indagine Itanes, l’istituto che da dieci anni produce le ricerche più fondate sugli orientamenti politici degli italiani, perché basate non su sondaggi settimanali, ma su un campione costante di tremila persone, interpellate periodicamente.

La ricerca, presentata dal presidente dell’Itanes Paolo Bellucci ad un convegno sul referendum costituzionale che si è svolto nel Rettorato della Sapienza, offre diversi spunti interessanti anche se il più significativo resta la dimostrazione della distanza tra il gradimento per le singole riforme e il giudizio sul complesso dei provvedimenti. Le principali riforme istituzionali incontravano il favore maggioritario degli interpellati: la riduzione dei senatori del 71,3% degli interpellati, l’abbassamento del quorum per i referendum abrogativi del 58,3%, l’abolizione del bicameralismo paritario del 52,3%, il contestatissimo Italicum del 52, 7%. Ma poi alla domanda quale fosse il «giudizio complessivo» su queste riforme, soltanto il 39,4% ha dato una risposta positiva. 

Come è stato possibile? «Se il referendum convince ma non vince, come è stato osservato nel convegno – spiega il professor Bellucci – è perché nelle due modalità di ragionamento del nostro cervello, quello sistematico-razionale e quello più periferico, secondo scorciatoie euristiche, ispirate alle circostanze, ebbene, stavolta ha prevalso questa seconda opzione». 

Una ricerca che dovrebbe suggerire qualche riflessione sull’utilità di sfidare nuovamente, a breve termine e con le stesse armi, un sentimento collettivo così sfuggente.

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5572  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / D'Alema: "Siamo seduti su una polveriera, se si vota ora lo spread va a 400. inserito:: Febbraio 13, 2017, 12:37:19 pm
D'Alema: "Siamo seduti su una polveriera, se si vota ora lo spread va a 400. Con le coalizioni torna la destra"
L'ex premier frena sull'uscita dai dem: "Senza urne la battaglia si sposta sul congresso: serve un nuovo leader. Io rancoroso? No, addolorato"

Di STEFANO CAPPELLINI
09 febbraio 2017

ROMA. Una settimana fa, battezzando il neonato movimento ConSenso, Massimo D'Alema aveva evocato la scissione dal Pd in caso di elezioni anticipate. Adesso, seduto nello studio della sua Fondazione Italianieuropei nel cuore di Roma, e con il voto anticipato che appare una prospettiva sempre meno probabile, vede uno scenario diverso: "Se prevalgono buon senso e responsabilità - dice - riprenderà il percorso ordinario che porta al congresso del Pd. Ma l'obiettivo resta la discontinuità con la stagione renziana. Serve un cambio di contenuti e di guida".

Presidente D'Alema, ma perché considera il voto anticipato una iattura?
"La situazione del Paese è gravissima. I dati sullo spread dimostrano che ogni incertezza internazionale ha un effetto immediato sull'Italia. In Europa siamo ultimi per crescita, quartultimi tra i 30 Paesi più industrializzati. Sono cresciute gravemente povertà e diseguaglianze. Drammatica è la frattura tra Nord e Sud. Il meccanismo di crescita dell'occupazione, sostenuto dagli incentivi, si è inceppato. La priorità del governo oggi dovrebbe essere dare risposte alla crisi".

Non potrebbe farlo meglio un governo legittimato dal voto?
"L'idea di precipitare verso elezioni anticipate con una legge proporzionale, con prospettiva certa di ingovernabilità, è una scelta folle. Con quale progetto? Con quale ipotesi di alleanze? ".

Ogni volta che c'è una crisi di sistema la sinistra si schiera contro il ritorno alle urne. E sostenendo Monti pagò un prezzo alto.
"Rispetto al 2011 ci sono differenze fondamentali. Allora non c'era più un governo, oggi sì e per farlo cadere bisognerebbe provocare una crisi ad hoc. Stavolta non c'è prospettiva politica e non c'è legge elettorale. Finirebbe con lo spread a 400. E con la gente in mezzo alla strada, non so se è chiaro".



Quindi cosa dovrebbero fare Pd e governo?
"La priorità è la legge elettorale. Il Pd ne ha proposto cinque diverse. E non è la minoranza che rompe le scatole. Lo scontro più aspro è quello che divide l'idea di Franceschini di un premio alle coalizioni e quella di Orfini che lo vuole alla lista".

Lei cosa pensa?
"Non ho una particolare predilezione per i premi di coalizione. E non capisco bene quale sarebbe la coalizione del Pd".

Da Alfano a Pisapia, secondo Franceschini e Delrio.
"Ma Pisapia ha già detto che non ci sta. Quindi sarebbe da Alfano a Franceschini e Delrio. Mi ricorda qualcosa, si chiamava Democrazia cristiana ".

Franceschini lo considera un patto dei responsabili. Un argine all'onda trumpista in Italia.
"Quando sento qualcuno dire che destra e sinistra non esistono mi spavento. Peraltro non so se un partito che affronta il referendum come ha fatto il Pd possa esser considerato responsabile. Mi pare una definizione ambiziosa, diciamo".

Su quale legge dovrebbe puntare il Pd?
"Un equilibrio tra rappresentanza e governabilità. Occorre una legge che offra una chance di governabilità, con un premio ragionevole, alla lista che arriva prima. Ma i capilista bloccati vanno aboliti. Si vorrebbe persino vergognosamente estenderli al Senato".

Ammesso che si trovi una intesa sulla legge elettorale, resta una situazione difficile e un governo debole.
"Bisogna intervenire sui temi del lavoro oggetto dei referendum proposti dalla Cgil. Su voucher e subappalti, o le norme le cambia il governo o sarà il voto referendario a farlo. Poi servirà una manovra, lascito del governo Renzi che ha voluto accavallare la campagna con la legge di stabilità e ha utilizzato risorse per mance e regalie. Ha perso il referendum e sono rimasti i debiti".

Il rigore dell'Europa non aiuta a uscire dalla crisi.
"Apprezzo l'iniziativa di Merkel che vuole rispondere al nuovo contesto rafforzando l'integrazione dei Paesi disponibili. La sinistra dovrebbe rispondere: bene, ma occorre un cambio delle politiche nel senso della crescita e della giustizia sociale. Io non sono di quelli che danno la colpa all'euro. Il problema è una politica economica che ha messo al centro solo l'obiettivo della stabilità monetaria. Draghi ha cambiato qualcosa, ma non basta. Ci sono delle responsabilità che solo la politica si può prendere".

Renzi, più di altri leader del passato, ha cercato di incrinare il fronte del rigorismo Ue.
"Le regalo una copia di un mio libro sull'Europa uscito qualche anno fa. Renzi lo presentò con me e disse che era la piattaforma della sua battaglia europea ".

Allora lei lo definiva "una speranza". Poi alla poltrona di Alto rappresentante per la politica estera Ue è andata Federica Mogherini. È nata così la guerra?
"Non voglio commentare queste stupidaggini. Come è noto, ho contrastato Renzi per ragioni politiche, molto prima delle vicende europee, fino a quando non è diventato segretario del partito e ho ritenuto ragionevole sostenerlo in una difficile campagna elettorale. Non è certo colpa di Renzi se non sono andato a ricoprire il ruolo di Alto Rappresentante. Si sa, i grandi paesi non vogliono un ex capo di Stato in una funzione di quel tipo".

Le rimproverano anche di aver riscoperto l'Ulivo, lei che non ne fu certo un teorico.
"L'atto costitutivo dell'Ulivo reca, tra le altre, la mia firma. E fui io a chiedere a Romano Prodi di assumere la guida del centrosinistra. E' ora di smetterla con le calunnie".

Chi sosterrà al congresso contro Renzi?
"Quando ci saranno il congresso e i candidati farò le mie valutazioni. Oggi registro che da Bersani a Speranza, Emiliano, Rossi, sosteniamo posizioni simili e lo stesso Cuperlo ha più volte sottolineato che Renzi non può essere la guida adeguata di un nuovo centrosinistra".

Ma questo Pd lacerato ha chance di vittoria?
"Un rinnovato Pd può riunire intorno a sé movimenti civili, personalità e creare una grande lista aperta che possa aspirare ad avere molti voti. Forse non prenderà il 40%, ma ci andrebbe più vicino del Pd com'è messo ora".

Renzi è l'unico ad aver centrato il 40.
"Allora eravamo uniti. Poi Renzi ci ha diviso. E non dimentichi che quel 41% fu ottenuto con il 52% dei votanti. Forse queste due valutazioni Renzi avrebbe dovuto farle fin da allora. Io non sono rancoroso, sono addolorato. Non possiamo considerare zavorra i milioni di elettori che ci hanno lasciati. Il partito è diroccato. L'82 per cento dei ragazzi tra i 18 e 24 anni ha votato No al referendum.
Tutta la grande grande operazione di rottamazione ha creato questo: una sorta di partito dei pensionati ".

Sarà una sfida Pd-M5S?
"Non sottovaluterei la destra, che in coalizione può arrivare al 35 per cento. Se faremo una legge basata su questo meccanismo, si rimetteranno insieme e ci ringrazieranno ".

Ma M5S cos'è? Una costola della sinistra? Una destra mascherata?
"Niente di tutto questo. Sono una confusa coalizione di persone e culture che rappresentano il malessere del Paese. Esprimono il peggior sindaco d'Italia, la Raggi, che si è circondata della peggiore destra, e Appendino che è in cima ai sondaggi di gradimento ".

Aveva detto: non mi occuperò di politica italiana dopo il referendum.
"La gente che si era mobilitata per il referendum ha chiesto di non tornare a casa. E ho sentito il dovere di riunirli. Faccio il mio lavoro di presidente di una fondazione culturale e, quando sono libero, sono un militante. Fa parte dei diritti civili, che non mi possono essere negati".

E se rispuntano le elezioni anticipate? Fa una lista con Vendola e la sinistra?
"Non ho mai fatto parte della sinistra della sinistra, ma sempre del centro della sinistra. Sono solo preoccupato per il mio Paese. Il nostro gruppo dirigente appare debole e confuso. Abbiamo governato con Ciampi Amato e Prodi. Oggi, salvo poche eccezioni, c'è solo chiacchiericcio senza costrutto. Non ci si rende conto che siamo seduti su una polveriera ".

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09 febbraio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/02/09/news/d_alema_siamo_seduti_su_una_polveriera_se_si_vota_ora_lo_spread_va_a_400_con_le_coalizioni_torna_la_destra_-157893468/?ref=HREC1-1
5573  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / Pd, Bersani: "Congresso a giugno, legge elettorale e voto nel 2018" inserito:: Febbraio 13, 2017, 12:35:42 pm
Pd, Bersani: "Congresso a giugno, legge elettorale e voto nel 2018"
L'ex segretario: "Che il governo governi, basta giochetti, affrontare i problemi, dalla manovra ai voucher"
08 febbraio 2017

L'ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani detta quello che secondo lui dovrebbe essere il timing del Pd e del governo da qui al 2018. Senza troppi giri di parole: "E' ora che tutti, dico tutti, dicano parole chiare: io sono per il voto nel 2018, perché il governo governi e da qui a giugno si faccia la legge elettorale e a giugno il congresso", dice Bersani, invitando così il vertice del Pd a fare chiarezza sulle tappe "altrimenti, se non rimettiamo i piedi a terra, i cittadini non capiscono e andiamo nei guai non solo politici ma anche economici e sociali". Quanto alla legge elettorale, per Bersani vanno tolti i capilista bloccati.

"Io, Franceschini, Orlando, Renzi, dobbiamo dire quando vogliamo andare a votare. Da quel momento metti in fila tutto: il governo, la legge elettorale, la manovra, il congresso, tutto. Si mette in ordine tutto. Altrimenti non si esce da questo circuito politico-mediatico e si incasina tutto". Se, come lui auspica, si decide di votare nel 2018, "ne deriva che il governo deve governare e ha una serie di cose da fare, si fanno le elezioni amministrative, si fa qualcosa sui voucher su cui c'è un referendum".

Oltre a ciò "a giugno parte il congresso Pd, che è la prima forza del Paese e deve fare il congresso in modo ordinato da qui a novembre. In una famiglia italiana normale, di cosa credete che si parli? Lavoro, redditi. Uno che guarda il nostro dibattito cosa credete che pensi di noi?" ha proseguito Bersani. "Abbiamo un Paese da governare, possiamo fare questi giochini qui? Ai cittadini sembra che stiamo in un sovramondo. Dobbiamo tornare con i piedi per terra e dire parole chiare, dire quando si vota e dire al Paese e all'Europa cosa si fa, serve un soprassalto di responsabilità".

E a chi come Renzi teme l'effetto che un anno di governo può avere sul rendimento del Pd in campagna elettorale, come fu per il Pd di Bersani al termine del governo Monti, il deputato Pd risponde: "Non è questo il problema. Qui bisogna mettersi tutti con una politica che parte dal Paese, dall'Italia, perché le tue fortune puoi farle solo se interpreti il Paese. Non esiste un destino del Pd a prescindere dal Paese".

Quaranta senatori del Pd della maggioranza e della minoranza interna hanno scritto un documento a sostegno del governo Gentiloni e per chiedere un rilancio del partito. "Sostenere il governo Gentiloni, nella pienezza dei suoi poteri; rimettere in piedi il Pd; lavorare a una legge elettorale omogenea per Camera e Senato; non concedere nulla alla pulsione antipolitica": queste,si legge, le priorità per i 40 senatori (Tronti, Albano, Amati, Angioni, Bianco, Borioli, Broglia, Capacchione, Cardinali, Chiti, Cirinnà, Corsini, D'Adda, Dalla Zuanna, De Biasi, Dirindin, Fabbri, Ferrara, Filippi, Fissore, G. Rossi, Giacobbe, Granaiola, Guerrieri, Idem, Lo Giudice, Manassero, Manconi, Martini, Mattesini, Micheloni, Puppato, Ranucci, Sangalli, Silvestro, Sonego, Tomaselli, Vaccari, Valentini, Zavoli). "Sentiamo il bisogno di dare un contributo e prendere una posizione nel dibattito politico", si legge nel documento. Per i firmatari occorre "un'azione combinata del governo e del partito" per affrontare tutte le problematiche, con in testa la "nuova questione sociale.

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08 febbraio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/02/08/news/bersani_pd_voto_congresso_legge_elettorale-157863282/?ref=HREC1-3
5574  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Armando MASSARENTI - «Chi pone la questione della lingua e della scrittura ... inserito:: Febbraio 13, 2017, 10:20:12 am
«Chi pone la questione della lingua e della scrittura sembra soprattutto impegnato nella ricerca di un colpevole. C'è chi lo trova nelle indicazioni ministeriali sostenute nel 2012 da Marco Rossi Doria, e c'è chi addirittura accusa il “linguista democratico” Tullio De Mauro. I capri espiatori sono la scorciatoria preferita da chi è incline alla pigrizia mentale, e sono lo stigma dell'intellettuale italiano. Ma è più grave avere carenze sul piano della bella scrittura oppure su quello della capacità di ragionare e analizzare i fenomeni, dimostrata da molte prese di posizione di questi giorni, peraltro incapaci di proporre soluzioni alla situazione che viene denunciata? Non dimentichiamo che gli italiani - giovani e vecchi - vantano il triste primato del paese Ocse con la percentuale maggiore di analfabeti funzionali». Così recita sulla Domenica di oggi la rubrica Il graffio, ospitata come di consueto in Terza pagina, riferendosi ai seicento docenti universitari che hanno inviato una lettera aperta al Presidente del Consiglio per denunciare le carenze linguistiche degli studenti che accedono agli studi accademici. Nella stessa pagina potete leggere una lunga ed elaborata riflessone di Claudio Giunta sui motivi per cui gli studenti non sanno scrivere. Senza negare che si tratti di un'abilità fondamentale, Giunta osserva che essa ha perso la sua rilevanza sociale, per cui oggi non serve più alla maggior parte delle persone. Sono aumentate le persone che scrivono grazie allo sviluppo esponenziale dei social network, ma sempre meno si sente l'esigenza di seguire le forme più corrette: anche chi scrive in maniera sciatta comunica di fatto con una certa efficacia e contribuisce a diffondere il cattivo uso della lingua. Che fare? Qualche suggerimento lo trovate in questo articolo: sono quelli che lo stesso Giunta adotta con i suoi studenti universitari. Ma spiega anche perché non è il caso di farsi troppe illusioni sulla loro efficacia.

Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
@massarenti24

Da – ilsole24ore.com
5575  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Arlecchino. Da FB ... inserito:: Febbraio 13, 2017, 10:18:08 am

Da Fb del 13/02/2017

R. Fra alchimie politiche di ex sindaci, gioco dei quattro cantoni di nomenclature decotte, dimissioni o meno di Renzi anche da segretario, le sirene del solito D'Alema, l'unica scadenza politica seria è lo sciopero globale e internazionale dell'8 Marzo prossimo.


Arlecchino. Capirai che evoluzione! Quella sinistra è incapace di evolvere verso il futuro e pensare a programmi sociali validi. Anche il modo di definire le sue azioni-contro è "vecchio". Io le chiamerei "manifestazioni" non scioperi tutta un’altra visione della cosa. Ma io sono della Sinistra progressista e riformista.

Ciaooo
5576  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / IL PD - Partito Democratico I renziani invocano il congresso. inserito:: Febbraio 11, 2017, 12:04:40 pm
I renziani invocano il congresso.
E su twitter parte l'hashtag #congressosubito

l'Huffington post
Pubblicato: 09/02/2017 11:44 CET Aggiornato: 25 minuti fa

Dopo l'appello della minoranza a convocare il congresso del Partito Democratico per evitare la scissione ora l'invito a indire l'assise del partito arriva al segretario Matteo Renzi direttamente dai suoi fedelissimi. Da Andrea Marcucci a Alessia Morani passando per Stefano Esposito e Pina Picierno. La richiesta all'ex premier è una sola: congresso subito. Sancito anche con un hashtag su twitter.

"Mi auguro - dice Marcucci a Radio Anch'io su Radio 1 - che nel Pd si vada a convocare velocemente un congresso, per uscire dalle secche di un confronto troppo polemico e del tutto virtuale. Sono certo che Matteo Renzi sia il candidato più in sintonia con il nostro elettorato". Parole precedute da un tweet della vice capogruppo del Pd alla Camera Alessia Morani
"Ehi Matteo Renzi ma perchè non facciamo davvero il congresso? e vediamo con chi sta la nostra gente #congressosubito”. Tweet a cui ha subito risposto il senatore dem Stefano Esposito: #famostocongresso. Sempre sui social è l'europarlamentare Pina Picierno "Leggo - scrive - di D’Alema & co., Vogliono logorare il Pd? facciamo subito il congresso e vediamo con chi stanno iscritti e militanti".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2017/02/09/renziani-congresso-twitte_n_14653212.html?utm_hp_ref=italy
5577  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / F. FANTOZZI. - Chiti: “Confronto sui temi e poi conta, se Renzi vince sarà ... inserito:: Febbraio 11, 2017, 12:03:02 pm
Interviste
Federica Fantozzi - @federicafan
· 10 febbraio 2017

Chiti: “Confronto sui temi e poi conta, se Renzi vince sarà leader di tutti”
Il senatore che ha promosso il documento dei 41 pro Gentiloni: «Non è tardi per evitare la scissione che sarebbe un fallimento generale»


Senatore Vannino Chiti, come nasce l’appello, firmato da 41 suoi colleghi, che chiede a Renzi di evitare la corsa al voto, sostenere Gentiloni fino al 2018 e fare il congresso?
«Con due obiettivi. Il primo è sostenere il governo che deve affrontare questioni urgenti come lavoro, sviluppo, Siria, scuola, banche, Europa. Già su immigrazione e scuola i cittadini avvertono che qualcosa si sta muovendo nella direzione giusta. Del resto, ci sono appuntamenti importanti come l’anniversario dei Trattati a Roma, la presidenza del G7: vogliamo affrontarli con un esecutivo in carica o in campagna elettorale?».

E il secondo obiettivo?
«Un partito unito senza divisioni né lacerazioni. Bisogna rimetterlo in piedi dopo le sconfitte amministrative e referendaria. Si può fare».

Il secondo obiettivo è più ambizioso del primo.
«No. Nel nostro appello non abbiamo cercato un tot di nomi. Chi si è reso disponibile viene da aree politiche diverse che hanno votato in modo dissimile sulla riforma costituzionale. Io a favore, Tocci e Corsini contro. L’intento era mostrare che l’unità del partito è possibile».

Tra i firmatari mancano i renziani, che non è poco…
«Non è vero. Ci sono quelli che hanno votato per Renzi al congresso come Areadem e Giovani turchi. E quelli, come me, che l’hanno sostenuto con lealtà. Senza trappole».

Qual è il rischio peggiore per il Pd?
«Attenti a non far tramontare nei cittadini la voglia di riforme. Guai alla rassegnazione. Non adagiamoci in una legge elettorale che riconsegni l’Italia al proporzionale e alla Prima Repubblica».

È certo che il congresso sarà salvifico?
«Lo si può fare in due modi. Una convocazione immediata con scontro sulle persone che sposta solo in avanti la rottura. Io vorrei evitarlo, ma vedo che si risponde: volete il congresso? Eccovelo. Ma militanti ed elettori vogliono discutere di politica, fare analisi e valutazioni, prima di scegliere le persone».

È questo il congresso, inevitabilmente più lungo, che vorrebbe?
«Lo dico esplicitamente: Renzi resti segretario e promuova, nei prossimi mesi, un confronto sulle scelte del Pd e su eventuali modifiche allo statuto. Per esempio, se candidato premier e segretario devono coincidere?»

Secondo lei, non devono?
«A prescindere da cosa piaccia a me, bisogna capire se servono due momenti distinti. Attraverso un appuntamento coinvolgente. L’alternativa, Renzi che si dimette e si va subito alla conta, non mi convince».

Quindi, voto alla scadenza della legislatura?
«Io dico di sì. Congresso da giugno a ottobre. Altrimenti parte a marzo, ma come scontro sulle persone. E lo facciamo da troppi anni, ormai».

Non è tardi per evitare la scissione?
«No, ma bisogna che tutti lo vogliano».

Tutti chi?
«Maggioranza e minoranza. Di questi tempi non c’è da dividersi bensì da unirsi in una sinistra plurale. La scissione sarebbe un fallimento generale e porterebbe a una sconfitta disastrosa. Vedo passi avanti in senso positivo, ma bisogna confrontarsi su populismi, Brexit, Trump, economia. Io ne parlo solo alle presentazioni di libri e per commentare le encicliche del Papa…».

Se Renzi vi dà retta e poi vince il congresso, sarà accettato come leader o si ricomincerà da capo?
«Con questo percorso, chiunque vinca sarà accettato. Lui o un altro».

Legge elettorale. Con il premio alla coalizione, un minuto dopo salta il Pd?
«La mia prima ipotesi è il modello tedesco adattato all’Italia: 50% dei seggi con collegi uninominali, 50% con il proporzionale, sbarramento al 4-5% e collegi sub-regionali. I partiti si presentano come tali e nel caso si coalizzano dopo. Altrimenti l’ipotesi del tavolo Guerini-Cuperlo con ripartizione proporzionale e selezione dei candidati nei collegi e premio di governabilità limitato».

No alla linea Delrio-Franceschini?
«In questo secondo caso il premio di governabilità può andare alla lista o alla coalizione. Ma è piccolo. Ragioniamo però su un tema posto da D’Alema: le coalizioni a sinistra le vedo male mentre possono rimettere in gioco la destra. Aggiungo che si proponesse per il Senato l’Italicum modificato dalla Consulta, con metà dei capilista bloccati, io non lo voterei. Meglio usare i mesi che restano per una riforma utile: il Parlamento elegga il premier in seduta comune e si introduca la sfiducia costruttiva come in Germania e Spagna. Ne sarebbero rafforzati governo e Camere».

Da - http://www.unita.tv/interviste/chiti-confronto-sui-temi-e-poi-conta-se-renzi-vince-sara-leader-di-tutti/
5578  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / IL PD - Partito Democratico Non tiriamo a campare, serve un Pd forte e unito inserito:: Febbraio 11, 2017, 12:00:19 pm
Opinioni
Salvatore Vassallo - @sal_vassallo
· 10 febbraio 2017

Non tiriamo a campare, serve un Pd forte e unito
Per noi, in questo quadro, il problema non è solo vincere in Italia

Il documento sottoscritto da 40 senatori Pd e pubblicato ieri su l’Unità chiede giustamente «una riflessione profonda» sul contesto globale nel quale si inserisce anche la vicenda italiana prima di trarre conclusioni sui prossimi passi.

L’indebolimento dei confini nazionali e la grande recessione hanno ridefinito dappertutto il tradizionale conflitto politico tra destra e sinistra, che però non è affatto scomparso. Le appartenenze religiose o di classe che avevano contrapposto socialdemocratici, democristiani, liberali o conservatori si erano abbondantemente allentate già nella seconda metà del secolo scorso.

Ma dall’inizio dell’attuale decennio sta capitando qualcosa di inusitato, con un tratto comune ben evidente in molte democrazie: la crescita dei consensi per leader e forze politiche che, sfruttando il disagio di categorie che sono o si sentono penalizzate dalla globalizzazione, vendono facili ricette neo-nazionaliste. Alla base di questa svolta c’è un dato di fatto reale. I vantaggi maggiori dell’integrazione economica e della parallela rivoluzione digitale, sono andati ai Paesi meno sviluppati.

Mentre nei Paesi occidentali sono andati a chi ha capitali mobili o ha capitalizzato sulle economie di scala nei nuovi oligopoli. I vincitori sono per ora la Cina e Amazon. Ci hanno perso i lavoratori meno specializzati e meno istruiti con aspirazioni frustrate o espulsi dal mercato del lavoro, i giovani rimasti ai margini o che non ci sono mai entrati, tutte le filiere dell’intermediazione divenute obsolete, nel settore bancario, nel commercio o nella pubblica amministrazione. La crescita fisiologica delle migrazioni, con i suoi picchi del 2004 (allargamento ad Est) e del 2015 (crisi dei rifugiati da Siria, Afghanistan e Somalia), preoccupa soprattutto chi ha meno strumenti culturali e si sente minacciato dai diversi, chi compete con gli immigrati o più spesso immagina di competere con loro per l’occupazione, per i benefici delle politiche sociali, per un posto in autobus o negli alloggi pubblici.

Il populismo neo-nazionalista offre loro capri espiatori su cui scaricare il biasimo (gli immigrati, i complotti delle élites cosmopolite, la classe politica incapace o collusa) e soluzioni semplici (il muro con il Messico, il bando per i musulmani e la cancellazione del Nafta; il reddito di cittadinanza, il superamento di Schengen, il ritorno alle monete nazionali o l’uscita dell’Ue). Offre ricette inconsistenti ad un pubblico esasperato, impacchettate insieme a teorie economiche fantasiose e spudorate menzogne che prima o poi verranno a galla.

Il punto è: quando? E cosa succederà prima, dove hanno già vinto o potrebbero farlo? I possibili danni collaterali sono molti. Nel frattempo dobbiamo prendere atto che il populismo neonazionalista ha cambiato la struttura della competizione politica interna e minaccia di avere un impatto sull’ordine globale. Ha già vinto dove si è saldato alla destra tradizionale radicalizzandone le posizioni. Il caso Trump non è il primo ma il salto di scala è impressionante. In Gran Bretagna la vena anti-immigrati e anti-europea è stata incorporata, attenuandola, nell’agenda politica dei conservatori, che si preparano così, fino a che non ci saranno cambiamenti rilevanti a sinistra, a rimanere dominanti ancora per molto tempo. Per noi, in questo quadro, il problema non è solo vincere in Italia.

Ma rafforzare al più presto l’intesa tra un nocciolo duro di Paesi guida per rinnovare e rilanciare il progetto europeo. Dobbiamo sperare che all’interno di ciascuno di essi prevalgano governi coerenti con questo progetto e forse dovremo prendere in qualche modo esempio da loro. In Germania il governo potrebbe rimanere nelle mani di grandi coalizioni rese stabili dalla forza istituzionale del Cancelliere e dalla collaudata capacità dei partiti tradizionali di intendersi dopo che gli elettori avranno deciso chi lo guida. In Spagna, dove la cultura della coalizione non è mai stata appresa, c’è una coalizione di fatto, con il leader del primo partito a capo di un governo di minoranza. In Francia, con il semipresidenzialismo e il maggioritario a due turni, saranno gli elettori a decidere l’antagonista della Le Pen.

Se vincerà Macron potrebbe essere costretto anche lui a formare governi di coalizione, perché difficilmente i candidati parlamentari di En Marche avranno le sue stesse fortune. L’Italia avrebbe potuto avere un percorso più lineare con il Sì al Referendum. Ora lo scenario è diverso e dobbiamo prenderne atto. È certo però che anche le coalizioni, se necessarie, funzionano con leader, partiti e progetti forti. E quindi, che l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è prendere tempo, tirare a campare, dividere il Pd o indebolirne la leadership.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/non-tiriamo-a-campare-serve-un-pd-forte-e-unito/

5579  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Parlamentari indipendenti? inserito:: Febbraio 11, 2017, 11:56:37 am
Parlamentari indipendenti?
Si ma sotto costante controllo dei propri elettori, organizzati in Comitati di Controllo e Condivisione.

Arlecchino Batocio.
ciaooo

PS: se la cosa (il Gruppo in FB) riesce poi ti spiego come.
5580  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / GOFFREDO DE MARCHIS. Governo, l'irritazione di Palazzo Chigi per la mozione ... inserito:: Febbraio 11, 2017, 11:51:26 am
Governo, l'irritazione di Palazzo Chigi per la mozione anti tasse dei renziani
I sottoscrittori non mollano: "Votare la manovrina? Vedremo".
Questa partita fiscale sembra ormai la chiave principale per determinare la caduta di Gentiloni e la corsa verso il voto. Molto più della legge elettorale o del dibattito sul congresso del Pd.
Ma Palazzo Chigi smentisce


Di GOFFREDO DE MARCHIS
10 febbraio 2017

ROMA - Fastidio di Palazzo Chigi. E fastidio del ministero dell'Economia. È il risultato della mozione parlamentare contro il governo Gentiloni promossa da un gruppo nutrito di deputati renziani per il possibile aumento delle accise su benzina e sigarette. Si conferma così l'incrinatura, almeno su questo fronte, tra il premier e Matteo Renzi, in un momento molto complicato per il Pd, alla vigilia della direzione di lunedì.

Al dicastero retto da Pier Carlo Padoan si predica l'understatement ("non entriamo nelle dinamiche parlamentari") ma il giudizio sul documento dei renziani è durissimo: "Fuori dalla realtà". Si ricorda infatti che Padoan è lo stesso ministro che ha sempre sostenuto il calo delle tasse in totale sintonia con Renzi. Ma oggi il bivio è molto chiaro, a prescindere dalla minaccia di una procedura d'infrazione: se si aumenta il deficit si aumenta il debito pubblico. Se sale il debito pubblico aumenta la spesa per interessi che invece, tenuta sotto controllo, ha portato 45 miliardi di risparmi negli anni 2014-2015-2016, ovvero i mille giorni renziani. Una cifra da super manovra economica nemmeno paragonabile ai 3,2 miliardi che ci chiede oggi Bruxelles.

A Gentiloni non è piaciuto l'attacco diretto mentre si trovava a Londra per parlare con Theresa May e intervenire alla London School of Economics attraverso "pensosi documenti sulle imposte", dicono con una certa ironia a Palazzo Chigi. Anche perché le 40 firme sotto la mozione sono un macigno sul lavoro di raccordo con la commissione e sulle misure da adottare per colmare l'extradeficit. Ma l'ufficio stampa di Palazzo Chigi smentisce: "E' infondata e fantasiosa qualsiasi reazione alla mozione Pd attribuita al presidente o alla presidenza del Consiglio".

Roberto Giachetti, deputato gentiloniano, si limita a dire che "una mozione di quella rilevanza che coinvolge direttamente le politiche dell'esecutivo viene di solito promossa dall'intero gruppo parlamentare, non da una serie di parlamentari. Io non l'ho firmata perché non l'avevo neanche vista. Ma di regola firmo o quelle del gruppo o quelle promosse da me". Il capogruppo Ettore Rosato però non fa un dramma del documento presentato da Edoardo Fanucci. E un renziano di peso dice: "I parlamentari sono liberi di prendere l'iniziativa. Volevano marcare una distanza rispetto al messaggio che è uscito sulle accise. E forse far capire al governo che prima di prendere certe decisioni, Padoan si deve confrontare con noi".

Appeso com'è alla direzione di lunedì, il Partito democratico è in stato confusionale. Ma cosa succederebbe se l'esecutivo procedesse sulla strada tracciata da Padoan per la manovrina correttiva? I renziani della mozione voterebbero la correzione dei conti in aula? "Vediamo - dice Anna Ascani -. Se proprio dobbiamo andare avanti con questo governo e io spero al contrario che si voti prima, a giugno, Padoan venga a spiegarci di cosa parliamo. Poi discuteremo e valuteremo".

Il promotore della mozione Edoardo Fanucci prende tempo: "Siccome le tasse su benzina e sigarette cambiano tutta la politica fiscale del Pd ci vuole prima una discussione in Parlamento. Alla fine io farò il soldato e voterò come decide la maggioranza". Ma l'impressione è che questa partita fiscale sia ormai la chiave principale per determinare la caduta del governo e una corsa verso il voto. Molto più della legge elettorale o del dibattito sul congresso del Pd. E che anzi serva a impostare tutto il tono del discorso che Renzi pronuncerà lunedì.

Comunque la mozione sta diventando oggetto di scontro tra le varie anime dem. Francesco Boccia, che chiede da sempre il congresso subito accanto a Michele Emiliano, parla di un testo "strumentale. È evidente che si tratta di una mozione politica che non entra nelle dinamiche economiche, sarebbe opportuno sapere se è stato il Partito ad ispirarla perché in quel caso sarebbe molto grave".
 

© Riproduzione riservata
10 febbraio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/02/10/news/l_irritazione_di_palazzo_chigi_per_la_mozione_anti_tasse_dei_renziani-157999674/?ref=HREC1-2
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