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5071  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / Non c'è ancora un testo ... quindi inutile parlarne troppo presto. inserito:: Maggio 12, 2017, 04:30:17 pm
Non c'è ancora un testo ... quindi inutile parlarne troppo presto.

Anche perché siamo consapevoli delle cavolate che scrivono quando (certuni) stendono un testo come quello sulla legittima difesa (di notte e di giorno ah ah ah).

Comunque si è fatto qualcosa di utile.

Speriamo che anche sulle furbizie (e non solo) del caso emigranti si faccia pulizia.


Da FB del 6 maggio 2017
5072  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / Speriamo che Renzi sia cresciuto dopo la partita a calcetto del referendum ... inserito:: Maggio 12, 2017, 04:28:02 pm
Speriamo che Renzi sia cresciuto dopo la partita a calcetto del referendum che gli ha procurato un seria "caduta".

Certe guasconate politiche si fanno da ragazzi, poi si cresce ... soprattutto nel rispetto delle esigenze urgenti dei Cittadini.

ciaooo


da FB del 12 maggio 2017 (post nei iSemplici)
5073  Forum Pubblico / ITALIA VALORI e DISVALORI / Stefano Cagelli. L’Obama-pensiero diventa linea politica: “Dobbiamo agire ... inserito:: Maggio 12, 2017, 04:26:16 pm
Focus

Stefano Cagelli  @turbocagio  · 9 maggio 2017
Nasce a Milano l’internazionale umanista (contro i populismi)

L’Obama-pensiero diventa linea politica: “Dobbiamo agire subito per dare ai nostri figli un mondo migliore, un mondo basato sul progresso e non sulla sofferenza umana”

Nasce a Milano, in un assolato pomeriggio di maggio, l’alleanza umanista contro i populismi. Una forma di cooperazione nuova, basata non più su un patto tra partiti o soggetti politici appartenenti ad una stessa famiglia, ma su una precisa idea di società, sull'impegno dei singoli a servizio della collettività, su un asse che parte dall'uomo e finisce con l’uomo. A tenere a battesimo questo soggetto transnazionale non poteva che essere l’icona del progressismo dell’ultima decade, Barack Obama.

L’ex presidente Usa ha scelto Milano per la sua prima iniziativa pubblica dopo gli otto anni di mandato. E dopo una prima giornata contraddistinta da svariati bagni di folla e visite-lampo alle principali attrazioni culturali della città (dal Duomo alla pinacoteca ambrosiana fino al Cenacolo), è stata la conferenza sul cibo tenutasi nell’ambito della manifestazione Seeds&Chips alla Fiera di Rho (accanto a dove si è svolto l’Expo) a rappresentare il vero salto di qualità del suo viaggio dal punto di vista del messaggio.

C’è un filo rosso che tiene insieme tutti gli aspetti della visita di Obama, un filo rosso che non può essere casuale. La seconda fase della sua vita pubblica e del suo impegno politico ha già dei lineamenti ben definiti e sono stati esplicitati dalle cose dette (e fatte) in questa due giorni milanese. Quello che Obama vuole fare, attraverso il lavoro della sua fondazione, è “formare una nuova generazione di leadership”, come ha detto lui stesso sul palco del padiglione 8 della Fiera, fornendole gli strumenti per affrontare il futuro. Approfondimento contro fake news, educazione contro pressappochismo, razionalità contro rabbia.

In questo senso, Milano è la location più adatta e simbolica per lanciare questa impresa. Il capoluogo lombardo è la città che si è caricata l’Italia sulle spalle e sta cercando di tirarla fuori dalle sacche della crisi. La città che ha scelto l’innovazione, che ha guardato al futuro e non solo al passato (altra “casualità, la sala dove si è tenuto lo speech di Obama si chiama Sala Future), che ha accettato le sfide e non ha ceduto alla paura. E’ grazie all’eredità dell’Expo, d’altronde, se Milano viene considerata a livello internazionale “il centro del mondo del food e dell’innovazione a questo collegata“, come ha detto l’organizzatore della manifestazione Marco Gualtieri.

Speranza contro paura, osare contro tentennare, apertura contro chiusura: è ciò che rappresenta oggi Milano, simbolo del nuovo umanismo, che parte dal successo individuale e porta all’attenzione alla comunità, al solidarismo, al progresso, non fine a se stesso, ma mirato al benessere della collettività.

E’ per questo che Milano viene considerata – forse con un eccesso di semplificazione – la culla del renzismo. Qui i populismi non hanno attecchito e le (buone) conseguenze di ciò sono ormai sotto gli occhi di tutti.

Proprio Renzi è stato lo sparring partner ideale dell’apoteosi obamiana. Lo ha accolto a Milano, gli ha fatto da guida, è stato al suo fianco prima e dopo il suo intervento. E Obama – che lo ritiene ancora il leader progressista europeo su cui riporre maggiori speranze – lo ha ripagato con diverse citazioni durante la sua chiacchierata con Sam Kass, chef e consigliere per le politiche alimentari negli anni della Casa Bianca, sul palco della Fiera.

“Con Matteo abbiamo parlato dell’idea di creare una rete di attivisti globali, impegnati in politica, nel business o nel giornalismo. Vogliamo dare gli strumenti ai giovani per emergere”.

Quello delle food policies diventa quindi un paradigma perfetto dell’Obama-pensiero: “Se guardiamo al futuro non c’è niente che non possiamo fare. I problemi – dice, parlando dei cambiamenti climatici – sono stati causati dall’uomo e possono essere risolti dall’uomo. Come diceva Martin Luther King, non si deve mai dire che è troppo tardi, ma questa volta ci siamo vicini. Dobbiamo agire subito per dare ai nostri figli un mondo migliore, un mondo basato sul progresso e non sulla sofferenza umana“. Praticamente un manifesto politico. La sala – piena in ogni ordine di posto, in platea siede il gotha della politica, dell’imprenditoria, del mondo accademico e della professioni, ma anche numerosi millennials tanto cari al segretario del Pd – applaude convinta. Si ha davvero l’impressione di assistere all’inizio di un processo nuovo.

E tra una stoccata a Trump – “l’America deve rispettare gli accordi di Parigi sul clima, deve essere leader in questo” – e una battuta sulla moglie Michelle – “la vera star della famiglia che a furia di bastonate mi ha fatto smettere di fumare” – giunge alla conclusione, invitando all’azione: “Forgiare l’opinione pubblica nell’era di internet è fondamentale. Dobbiamo creare un messaggio forte e veritiero, spingendo le persone ad agire“.

Da - http://www.unita.tv/focus/nasce-a-milano-linternazionale-umanista-contro-i-populismi/
5074  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Beatrice RUTILONI. Una cosa è certa: nessuno vuole morire di proporzionale. inserito:: Maggio 12, 2017, 04:24:12 pm
Focus
Beatrice Rutiloni  @bearuti  · 8 maggio 2017

Il Pd pronto a vedere le carte dei Cinquestelle
Legge elettorale elezioni
Accelerazione sulla legge elettorale?

 
Una cosa è certa: nessuno vuole morire di proporzionale. E comunque: chi vuole vincere non ci sta a campeggiare nell’attesa di un risultato pieno di veti, inciuci e accordi. Le alleanze del dopo, i matrimoni di interesse combinati non piacciono né al Pd né al M5S. E su questa stretta via si potrebbe trovare l’accordo per una legge elettorale d’ispirazione maggioritaria. Se Renzi aveva detto domenica in Assemblea che l’onere della proposta toccava a chi aveva aveva affossato la Riforma costituzionale e successivamente l’Italicum, condannando il Paese a un ritorno al passato della Prima Repubblica, non si sono fatte attendere molto le reazioni dalle parti dei Cinquestelle.

Luigi Di Maio si era detto “sinceramente aperto a un confronto con il Pd” specificando che “in questo momento vogliamo scrivere le regole del gioco insieme al partito di maggioranza, e lo vogliamo fare per due ragioni. C’è stato l’appello di Mattarella che chiede di fare una legge elettorale in modo che ci sia chiarezza sul risultato dopo le prossime elezioni, e poi il Paese è in grave crisi e non possiamo permetterci nuove elezioni politiche in cui ancora una volta si partorisce un risultato incerto”.

A Di Maio per il Pd rispondeva Matteo Richetti: “Se il vicepresidente della Camera Di Maio e il M5S fanno sul serio e sono pronti ad assumersi fino in fondo la responsabilità di una legge elettorale condivisa, allora è possibile costruire in tempi rapidi un terreno di intesa. L’importante è che l’impostazione, anche per le liste, conservi un impianto maggioritario e che garantisca governabilità come chiesto dal segretario Renzi. Nessun ritorno a logiche da proporzionale e restituzione di un risultato chiaro rispetto alle scelte dei cittadini. Su questo siamo pronti ad un lavoro responsabile e proficuo”.

Fin qui tutto bene. E ora?

“Siamo disponibili a lavorare seriamente a un accordo con i Cinquestelle: in questa settimana i vari gruppi politici saranno ascoltati dal presidente della Commissione Affari Costituzionali per cercare un punto di sintesi tra le varie proposte depositate”, dice un deputato renziano. “Presenterò il testo base solo dopo aver svolto il giro di incontri con i gruppi parlamentari, come avevamo concordato in Commissione quando mi era stato chiesto il rinvio di una settimana della presentazione del testo” spiega il relatore alla legge elettorale e presidente della Commissione Affari costituzionali, Andrea Mazziotti. “Il testo base della legge elettorale arriverà giovedì. Si tratterà del frutto della mediazione che stiamo avendo con tutti i partiti” specifica il capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato.

Contatti informali, abboccamenti, accelerazioni, accorciamenti delle distanze. Ecco quello che sta accadendo in queste ore.

La proposta di legge che piace ai Cinquestelle è quella a firma Gian Mario Fragomeli, sottoscritta da molti renziani, tra cui Malpezzi e Rotta e per questo indicata come erede dell’Italicum.

In sostanza, la proposta di legge propone l’Italicum modificato sulla base delle osservazioni fatte dalla Consulta stessa. Da segnalare, innanzitutto, la riproposizione del ballottaggio. Si tratta di un sistema maggioritario, ma qualora nessun partito dovesse vincere, allora scatterebbe il proporzionale puro. Quanto al secondo turno, viene introdotta la soglia minima del 20% per potervi accedere. Inoltre, viene previsto un quorum di validità del ballottaggio, pari al 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto. Il ballottaggio scatta se nessun partito o lista raggiunge il 40% dei voti sia al Senato che alla Camera, soglia necessaria per poter ottenere il premio di maggioranza. Il premio resta alla lista e non viene assegnato alla coalizione, come chiesto ora da diverse forze politiche. La soglia di sbarramento in ingresso è del 3% e viene uniformata per i due rami del Parlamento. Se invece nessun partito vince al primo turno, si svolgerà il ballottaggio: chi ottiene il 37% in entrambe le Camere, incassa il 52% dei seggi.

I paletti ci sono, le carte sono in tavola, per ora coperte, nonostante le dichiarazioni. Da parte del M5S ci sarebbe un veto sul premio di colazione, e preferirebbero estendere il modello uscito dalla sentenza della Consulta anche al Senato, anche se come dice Di Maio sono disposti a discutere di eventuali correzioni “nell’ottica della governabilità, che significa che uno vince le elezioni e può realizzare un programma elettorale”.

Per il Pd è fondamentale mantenere un sistema maggioritario che garantisca governabilità al Paese. Dunque stando alle dichiarazioni odierne un’intesa sembrerebbe possibile. Sulla carta, l’intesa è possibile.

E questa potrebbe essere una settimana buona per l’accelerazione: giovedì infatti è atteso il testo base in commissione Affari costituzionali di Montecitorio.

Da - http://www.unita.tv/focus/il-pd-pronto-a-vedere-le-carte-dei-cinquestelle/
5075  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Angelo PANEBIANCO. Un nuovo ruolo in Europa? Ma l’Italia è debole inserito:: Maggio 12, 2017, 04:21:59 pm
SCENARIO
Un nuovo ruolo in Europa? Ma l’Italia è debole
Dopo la svolta delle elezioni francesi, l’Italia dovrebbe lavorare per ritagliarsi un ruolo nuovo e importante negli equilibri europei, ma le nostre condizioni economiche e istituzionali difficilmente ce lo permetteranno

Di Angelo Panebianco

Subisce una decisa battuta d’arresto la «sequenza infernale» cominciata con Brexit, proseguita con la vittoria di Trump e con la conferma (esito del referendum costituzionale) che in un Paese-chiave dell’Europa e del mondo occidentale, l’Italia, non possono attecchire istituzioni in grado di dare un po’ di stabilità ai governi. Marine Le Pen prende tanti voti ma molti di meno di quelli che ci si poteva immaginare solo poco tempo fa, quando una sua vittoria non era data per probabile ma per possibile sì. La sua netta sconfitta, salvo sorprese, dovrebbe riverberarsi sulle elezioni parlamentari di giugno (con un effetto deprimente e respingente anziché di trascinamento dell’elettorato). È probabile che dopo quelle elezioni Macron dovrà accettare di formare un governo di coalizione con ciò che resta dei partiti storici francesi (socialisti e/o gollisti) annacquando un po’ il suo programma. Il rischio più grave che corre l’Europa adesso è quello di sedersi, congratularsi con la Francia e brindare per lo scampato pericolo, e non fare nulla, non riformare nulla.
Tutto questo come se i problemi che negli ultimi anni hanno permesso all’antieuropeismo di gonfiarsi nel Continente non fossero ancora lì. Sospiri di sollievo a parte, le attese che circondano il neopresidente francese appaiono piuttosto esagerate. Un presidente liberale ed europeista è una buona notizia. Come lo è il fatto che la sconfitta di Le Pen sia un colpo per tutti i protezionisti-sovranisti d’Europa. Ma non conviene immaginare chi sa quali radicali cambiamenti. Certamente la Francia, con il suo nuovo presidente, avrà l’ambizione di ricostituire quell'asse franco-tedesco che fu il motore dell’Europa per decenni. Comunque vadano le elezioni tedesche del prossimo settembre, la speranza francese è destinata a essere frustrata. Macron non riuscirà a ricostituire il «governo» franco-tedesco dell’Europa, come non ci sono riusciti alcuni presidenti (come Sarkozy) che lo hanno preceduto. La Germania è troppo forte, lo squilibrio di potenza fra Germania e Francia è troppo accentuato, perché i vecchi tempi possano ritornare. Resta il fatto che ci proverà. Il che solleva la domanda su quale ruolo dovrà cercare di ritagliarsi l’Italia nel nuovo gioco che sta per aprirsi in Europa. Sulla carta l’Italia dovrebbe essere avvantaggiata dall'uscita della Gran Bretagna. Potrebbe occupare stabilmente la posizione del «terzo», traendo beneficio dalla possibilità di manovrare fra Germania e Francia. In pratica, le sue tradizionali debolezze interne ne riducono le potenzialità.

C’è, innanzitutto, e come al solito, la palla al piede rappresentata dal debito pubblico. Ha sempre ridotto in Europa i nostri margini di libertà e la nostra autorevolezza. Continuerà a farlo. C’è poi, soprattutto, la nuova fase di instabilità e di ingovernabilità politica che si apre davanti a noi. Ormai è chiaro che ci terremo per chissà quante altre generazioni ancora la democrazia acefala a cui siamo da sempre abituati (fatta salva la parentesi di imperfetti esperimenti semimaggioritari durata circa un ventennio): un parlamentarismo congegnato in modo da assicurare governi instabili e precari, primi ministri deboli e ricattabili, una legge elettorale proporzionale senza neppure più i partiti forti di un tempo. Certo, quando, come in questo frangente, si vedono all’opera le istituzioni francesi, con la loro capacità di produrre stabilità politica e leadership solide, l’invidia è forte. E molti sognano di importare anche da noi qualcosa di simile. Ma è impossibile. Ricordo un tale, un uomo adulto e apparentemente raziocinante (il quale si limitava a ripetere argomenti della propaganda allora corrente), che, in mia presenza, prima del referendum costituzionale, paragonò la proposta di superamento del bicameralismo paritetico niente meno che alla marcia su Roma. Come pensate che potrebbero reagire simili lucidissimi cervelli di fronte a una proposta presidenzialista di tipo francese? Qui è già molto se riusciremo (sempre che la Corte costituzionale non abbia da ridire) a mettere nella legge elettorale proporzionale con cui presto voteremo un misero sbarramento elettorale del tre per cento: una foglia di fico che non frenerà in nessun modo l’instabilità politica ventura. Le istituzioni che abbiamo, generando ingovernabilità, ci tolgono la possibilità di svolgere un ruolo «pesante», ossia efficace e autorevole, in Europa. Ma il Parlamento non se ne preoccupa. Tanto meno se ne preoccupano quelle forze, amministrative e giudiziarie, che hanno interesse a che la politica in Italia sia sempre debole, sottomessa, ricattabile.
C’è un altro elemento di preoccupazione. Uno dei grandi sconfitti delle elezioni francesi è Vladimir Putin. Al primo turno egli poteva contare su ben tre candidati filorussi (Fillon, Le Pen, Mélenchon). Ha vinto il politico da lui più lontano, il meno amichevole di tutti.
Cercherà di rifarsi in Italia. Si spera che in vista delle prossime elezioni i servizi di sicurezza vigilino per ridurre al minimo le interferenze russe (che, probabilmente, ci saranno comunque) volte a favorire i nostri partiti filo-Putin (e, pertanto, antieuropei). Difficilmente potremo permetterci di avere un grande ruolo in Europa. Evitiamo, per lo meno, di diventare terra di conquista.

8 maggio 2017 (modifica il 8 maggio 2017 | 22:07)
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Da - http://www.corriere.it/opinioni/17_maggio_09/ma-l-italia-debole-5fa9e378-341e-11e7-8367-3ab733a34736.shtml
5076  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Caro Antonio, marito mio, ti racconto questi 25 anni inserito:: Maggio 10, 2017, 02:26:26 pm
9MAG2017

Caro Antonio, marito mio, ti racconto questi 25 anni

Di Tina Montinaro
Tina Montinaro - Moglie di Antonio Montinaro, il poliziotto caposcorta del giudice Giovanni Falcone

Caro Antonio, marito mio, questa è una lettera per te.
...Beh, vuoi sapere cosa è successo in questi ultimi venticinque anni? Non è proprio semplice da spiegare e sinceramente credo ci vorrebbero 100 lettere e 1000 pagine per poterlo raccontare, ma cercherò di darti un’idea.
É cambiato tanto, non c’è dubbio; dopo quella tragica data, la coscienza dei palermitani sembra essersi risvegliata. Ci volevano le due stragi per portare migliaia di persone giù in strada? Non lo so, non riesco a capirlo, ma è un dato di fatto: da quelle date si è cominciata a sviluppare una genuina coscienza antimafia che però ahimè, ti devo confessare, credo che negli ultimi anni si sia persa. I familiari delle vittime vanno nelle scuole, parlano a ragazzi che in quegli anni non erano ancora nati, ma ti sembra giusto che la difesa della memoria tocchi a tutti noi che già così crudelmente siamo stati colpiti?
Certo, oggi raramente si sente di uccisioni o regolamenti di conti mafiosi, la strategia stragista è rientrata, ma non credo di poterti rassicurare sul fatto che tutto questo sia sinonimo di una vittoria sulla mafia. A mio avviso la mafia c’è ancora ed è presente più che mai; certo, è cambiata, camaleonticamente si è adattata alle circostanze, ha compreso che il terrore non paga e si è inabissata nuovamente nei luoghi più profondi della società.
Paradossalmente oggi, il rischio più grande è quello di rivivere i momenti precedenti alla strategia del terrore, quei momenti in cui tutto sembrava normale, quando invece di normale non c’era nulla. Ecco perché oggi giro l’Italia in lungo e in largo, mi dovresti vedere, ho fatto dell’Italia civile la nuova Quarto Savona 15 - così si chiamava la tua squadra - e naturalmente, adesso sono io il caposcorta. Ecco perché voglio parlare ai giovani, è necessario che loro sappiano, che loro conoscano, per non lasciarsi sopraffare dalla stessa indifferenza che ci ha portato a quei tanto devastati tempi.
No, non è stato facile in questi venticinque anni, oggi Gaetano e Giovanni sono grandi, lavorano ed hanno la loro vita, ma come dimenticare i tempi della scuola, le domande sul loro papà e l’assenza in famiglia, i silenzi ed i pianti senza farmi vedere.
No, non è stato facile, certo, ho trovato tante persone per bene sul mio cammino, gente che mi è stata e mi sta accanto e mi aiuta in questa lotta senza quartiere, però, i conti con me stessa, quelli, li ho dovuto fare da sola, senza l’aiuto di nessuno.
Vuoi sapere quale è la mia più grande paura? Forse sorriderai, ma la mia più grande paura, Antonio mio bello, è che un giorno, quando ci rivedremo, tu non mi riconosca. Sei rimasto giovane e bello, i tuoi ventinove anni sono diventati eterni, mentre i miei hanno continuato inesorabilmente a scorrere, ogni ruga sul mio viso è una sofferenza che ho vissuto sulla mia pelle e solo tu, un giorno, potrai lenire e porre fine a quell’urlo che in me, da venticinque anni, non ha mai smesso di farsi sentire.

Ti bacio Antonio, marito mio.
Tua per sempre,
Tina

Da - http://mafie.blogautore.repubblica.it/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P12-S1.6-T1
5077  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Dacia MARAINI. I giovani in Germania e la voglia di integrarsi inserito:: Maggio 09, 2017, 05:55:23 pm
IL SALE SULLA CODA

I giovani in Germania e la voglia di integrarsi
Coloro che amano di più l’Italia e che studiano la nostra lingua non sono i figli degli emigrati, ma i veri tedeschi, memori dei grandi viaggi di esplorazione dei secoli scorsi, delle scorribande italiane di Goethe

Di Dacia Maraini

Francoforte. Una iniziativa che dura da anni: due fratelli italiani Marcella e Francesco Continanza, invitano in primavera una decina di poeti europei che si confrontano e leggono a voce alta le loro poesie. Ogni volta mi commuove l’amore dei tedeschi per la poesia, l’attenzione che mettono nell’ascoltarla, l’ostinazione nel seguire i loro beniamini, nel partecipare, nel discutere. La serietà tedesca, la tendenza calvinista all’ordine e alla disciplina, è evidente. Eppure, paradossalmente amano l’Italia, nonostante o forse proprio per l’anarchia, il disordine, la genialità incontrollata che esprime. Sta di fatto che è il Paese europeo che traduce di più i nostri libri, che compra più case nelle campagne toscane e liguri, che paga centinaia di scuole dove si insegna l’italiano. Una impiegata di negozio, sbrigativa e imbronciata, quando vede il passaporto italiano mi sorride e dice: «Mi chiamo Lauretta, i miei nonni sono di Bergamo, ma non parlo l’Italiano».
Ecco, sarebbe interessante andare ad analizzare questi figli di emigrati italiani che si sono talmente integrati da avere dimenticato la lingua di origine. In effetti coloro che amano di più l’Italia e che studiano la nostra lingua non sono i figli degli emigrati, ma i veri tedeschi, memori dei grandi viaggi di esplorazione dei secoli scorsi, delle scorribande italiane di Goethe. Sto seduta in metrò e davanti a me ci sono tre ragazze completamente coperte di nero. Vedo che si accingono a mangiare panini di segale con la salsiccia. Ma i guanti neri sono d’impaccio. La più giovane, dalla faccia quasi del tutto nascosta da teli scuri che le fasciano la testa, il collo, la fronte, si guarda intorno preoccupata, poi, timidamente si sfila un guanto e afferra il panino con dita pallide dalle unghie laccate di un rosso squillante. Di donne in nero, dalle lunghe gonne nere, le scarpe nere, i guanti neri, se ne vedono tante in questa Germania che ha accolto tanti musulmani ma oggi si interroga su quanto siano disponibili alla integrazione. A una fermata entrano quattro ragazzi che parlano in arabo a voce alta. Hanno i capelli rasati sulle tempie e lasciati crescere a mò di cresta sul sommo del capo. Le ragazze sembrano spaventarsi. Si rimettono i guanti, nascondono le unghia laccate e i panini sbocconcellati, e chinano gli occhi con atteggiamento modesto. I monoteismi sono destinati a convivere pacificamente? Una meravigliosa idea di papa Francesco. Che sarebbe veramente bello si realizzasse.

8 maggio 2017 (modifica il 8 maggio 2017 | 17:06)
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Da - http://www.corriere.it/opinioni/17_maggio_09/i-giovani-germania-voglia-integrarsi-2700dbbe-33fe-11e7-8367-3ab733a34736.shtml
5078  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / ALDO CAZZULLO. POPULISMI E IDENTITÀ Non possiamo perdere l’Olanda inserito:: Maggio 09, 2017, 05:53:57 pm
POPULISMI E IDENTITÀ
Non possiamo perdere l’Olanda

  Di Aldo Cazzullo

Cosa succede se l’Europa perde l’Olanda? La patria di Erasmo e di Spinoza, la terra della tolleranza e della libertà? Nel Rinascimento e nell’età barocca, gli ebrei e i perseguitati trovavano nelle Province unite, nella borghesia mercantile e nella casa degli Oranje un porto sicuro. Chi non poteva stampare i suoi libri o manifestare le sue idee in casa, metteva vela verso Rotterdam o partiva per Amsterdam. Ancora oggi il Giorno del Re, che da quando è salito al trono Guglielmo cade il 27 aprile, è una straordinaria prova d’integrazione: vecchi e nuovi immigrati, indonesiani e comunitari, i discendenti dell’antico impero coloniale e gli espulsi dalla crisi del Sud Europa si mescolano uniformati dalla maglietta arancione (quest’anno si annuncia una festa speciale: il sovrano compie cinquant’anni). Amsterdam, del resto, è con Londra la metropoli più internazionale d’Europa (Parigi è una città francese e maghrebina con forti comunità da altre parti del mondo più o meno integrate, Madrid è soprattutto una capitale spagnola e latinoamericana). Eppure l’Olanda è stata anche il primo Paese europeo a conoscere l’intolleranza della modernità. A vivere le tragedie e i pericoli che il mondo globale porta con sé, insieme con le occasioni. Il 2 novembre 2004, alle 8 del mattino, Theo van Gogh — nome caro a chiunque ami le arti e la libertà: discendente del fratello del pittore e di un altro Theo van Gogh caduto nella Resistenza al nazismo —, il regista di Sottomissione, un film critico verso l’Islam, veniva assassinato con otto colpi di pistola da un integralista dalla doppia cittadinanza, marocchina e olandese, che gli ha poi tagliato la gola.
Le sue ultime parole furono: «Ma non ne possiamo parlare?». Theo van Gogh era stato amico di Pim Fortuyn, il fondatore dell’estrema destra olandese, come i media la definiscono per comodità. Ma Fortuyn non era un parruccone reazionario. Era un gay orgoglioso sino all’esibizione, oltre che un dandy celebre per la sua eccentricità. Insegnava Sociologia all’università di Groeningen. Era molto duro verso l’immigrazione islamica perché, diceva, «in quanto omosessuale non sopporto essere considerato un cane rognoso». Il 6 maggio 2002, nove giorni prima delle elezioni, venne assassinato da un estremista, non islamico ma «verde» (Fortuyn adorava le pellicce e aveva promesso di abolire la legge che vieta di allevare ermellini e visoni). Il suo corpo fu esposto in frac e papillon nella cattedrale cattolica di una Rotterdam annichilita dallo sgomento. «Verbijstering» titolarono i giornali: stupore. Il Feyenoord vinse la Coppa Uefa e la dedicò alla sua memoria, il suo partito prese un milione e 600 mila voti e 26 deputati (su 150). Pim Fortuyn è sepolto in un Paese che amava: l’Italia, a Provesano, in Friuli, dove aveva casa. Sulla sua tomba è scritto: «Loquendi libertatem custodiamus», difendiamo la libertà di parola.
Questo forse aiuta a capire perché nei sondaggi il partito antisistema di Geert Wilders — che non è Fortuyn — è in testa o tallona i liberali del premier Mark Rutte (si vota mercoledì). Le sue idee sono discutibili. I suoi tweet spesso odiosi. La sua proposta di mettere al bando il Corano e chiudere le moschee contraddice l’essenza dell’anima olandese. Gli altri partiti sono divisi su tutto, tranne che su un punto: mai un’alleanza con lui. Eppure non va sottovalutata l’ascesa della destra antieuropea e antislamica appunto nel Paese più tollerante d’Europa. Non lo si capirebbe se non si considerasse che nel suo successo, accanto alla componente xenofoba, c’è anche un aspetto identitario che, essendo in Olanda, assume pure un carattere libertario, sia pure espresso con parole distorte: il diritto degli omosessuali di vivere la loro vita alla luce del sole; il diritto delle donne di uscire con chi vogliono e vestite come vogliono. Il fatto stesso che Wilders preferisca i social ai comizi, anche per salvaguardare la propria sicurezza, indica che c’è un problema reale; e ovviamente lui è pronto a sfruttarlo. Non era stato detto che ci si deve battere per consentire agli avversari di esprimere le proprie idee in pubblico, a maggior ragione se non le si condivide?
Wilders è isolato e non riuscirà a fare un governo. Questa è una buona notizia. Il 2017 che si annunciava come l’anno dei populismi, dopo le grandi vittorie di Brexit e di Trump, potrebbe rivelarsi l’anno della loro sconfitta, dall’Olanda alla Francia dove Macron si rafforza ogni giorno. E se dovessero essere confermati i sondaggi che danno in crescita i socialdemocratici di Schulz — ma è un esito tutto da dimostrare —, potrebbe uscire ridimensionata anche l’austerity della Merkel, che ha avuto nel governo dell’Aia l’alleato più intransigente. Eppure sarebbe sbagliato negare la rilevanza di un Gert Wilders. Se persino gli olandesi perdono lo spirito d’apertura e di convivenza, il resto d’Europa deve tenere gli occhi vigili e la mente sgombra dai pregiudizi ideologici, aperta alla libera discussione delle idee; anche a quelle che non ci piacciono.

11 marzo 2017 (modifica il 11 marzo 2017 | 20:52)
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Da - http://www.corriere.it/opinioni/17_marzo_12/non-possiamo-perdere-l-olanda-77828ada-0693-11e7-8fe9-ed973c8b5d6a.shtml?intcmp=exit_page
5079  Forum Pubblico / ITALIA VALORI e DISVALORI / Blitz da ripetere, commentato malissimo dall'assessore alle politiche sociali. inserito:: Maggio 09, 2017, 05:52:32 pm
Nel piazzale della Stazione Centrale a 7 giorni dal blitz: tutto è tornato come prima

08 MAGGIO 2017

I migranti: «E dove dovremmo andare? Non abbiamo né casa né lavoro»

Il 2 maggio c’è stato un imponente blitz della polizia in piazza Duca d’Aosta, di fronte alla Stazione Centrale. Sette giorni dopo, i migranti sono di nuovo lì. «E dove dovremmo andare? Non abbiamo né casa né lavoro». L’assessore alle politiche sociali del Comune di Milano Pierfrancesco Majorino commenta: «Non mi sarei neppure sognato di chiedere un blitz di quelle dimensioni. Molti sono rimasti impressionati, ma i risultati sono evidenti a tutti».

Da - http://video.corriere.it/nel-piazzale-stazione-centrale-7-giorni-blitz-tutto-tornato-come-prima/f2c1b87e-341f-11e7-8367-3ab733a34736
5080  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / ROBERTO SAVIANO, attacca Carmelo Zuccaro, facendo un errore che poteva evitare. inserito:: Maggio 09, 2017, 05:48:21 pm
Quei sospetti che sabotano la missione di chi salva le vite

di ROBERTO SAVIANO
03 maggio 2017

POLITICANTI senza scrupoli hanno usato il paravento di ipotetici rapporti dei Servizi segreti per infangare le organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo. Oggi apprendiamo dagli stessi Servizi segreti che quei rapporti non esistono. Il Procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, chiarirà la sua posizione davanti alla commissione Difesa del Senato, mentre immagino che una forza politica che fa della trasparenza e della superiorità morale il proprio marchio di fabbrica non avrà problemi a fornire delucidazioni, con la massima urgenza, sulla natura delle fonti da cui i suoi esponenti più in vista - quelli che hanno trascorso gli ultimi giorni in tv a spargere fango e sospetti - hanno appreso dell'esistenza di rapporti dei Servizi italiani circa i fantomatici contatti tra Ong e scafisti. Non pensino di evadere la questione distogliendo l'attenzione dell'opinione pubblica con progetti di legge ad hoc, che hanno tutta l'aria di essere solo strategie di distrazione, tipiche della politica cialtrona che dicono di combattere.

Sulla pelle e sulla vita delle persone non si specula e se lo si è fatto - per una manciata di voti o per un po' di visibilità - se ne dovranno pagare le conseguenze, a tutti i livelli. Ma non dovremmo essere contenti se qualcuno vuol fare chiarezza sulle Ong? Quello che è accaduto non c'entra nulla con il fare chiarezza tutt'altro. È stato diffuso il sospetto, e anche in modo approssimativo, ribaltando qualsiasi metodo investigativo e di inchiesta. Eppure Medici senza frontiere ha salvato 60.390 persone sostenendo la propria azione esclusivamente attraverso donazioni private. Proprio l'audizione di Medici senza frontiere avvenuta ieri alla commissione Difesa del Senato ha riportato ragionevolezza in una polemica che l'aveva completamente persa. Lo ha fatto chiarendo una dinamica: "Ogni giorno migliaia di uomini, donne e bambini continuano a prendere il mare affidandosi a trafficanti senza scrupoli. Non lo fanno perché potrebbero esserci delle barche a salvarli al largo della Libia, ma perché non hanno altra scelta, e le politiche europee non offrono loro alcuna alternativa. Non sono le organizzazioni umanitarie, ma le politiche europee a favorire i trafficanti". Un discorso assolutamente logico, quello di Loris De Filippi, presidente di MSF Italia, ma che ha dovuto difendere dal discredito e dalle insinuazioni che negli ultimi giorni hanno infangato le Ong. Loris De Filippi ha anzi ribaltato con fermezza il punto di vista: "Non ci sentiamo affatto sul banco degli imputati, al contrario crediamo che a dover salire sul banco degli imputati siano innanzitutto le istituzioni e i governi europei che per troppo tempo hanno volutamente omesso di rispondere a questa chiamata d'aiuto, non fornendo un sistema europeo di soccorso, non offrendo nessuna alternativa a chi disperatamente chiedeva protezione nel continente europeo. La nostra presenza in mare come quella di altre Ong è il risultato del fallimento dell'Europa e dei suoi stati membri nel gestire in maniera umana ed efficace i flussi migratori".

Ma la cosa che più preoccupa, ha aggiunto il presidente di Msf, "non sono tanto le accuse alle Ong, ma il complessivo avvelenamento del clima in cui le stesse autorità italiane e le Ong lavorano. Oggi chi fa ricerca e soccorso in mare rischia di trovarsi circondato da un'ostilità che per il Paese rappresenta un enorme passo indietro(...) Continua una campagna di discredito che si basa su informazioni non suffragate per ora da chiare evidenze, anche da parte di soggetti che per ruolo istituzionale dovrebbero contribuire a fare chiarezza invece che cercare visibilità diffondendo a mezzo stampa insinuazioni e sospetti".

E allora tutte queste accuse che avrebbero dovuto essere pronunciate solo dopo raccolta di prove, e prove sufficienti non suggestioni, sapete a cosa ha portato? Ha portato come denuncia Sos Mediteranee Italia il vertiginoso diminuire delle donazioni alle Ong. Ecco cosa questi sospetti volevano generare, impedire alle Ong di salvare vite, null'altro. Danno ancor più grave se si pensa che la polemica di questi giorni avviene alla vigilia della dichiarazione dei redditi e quindi ostacola la raccolta del 5xmille che è una fonte di finanziamento fondamentale per chi salva le vite in mare.

© Riproduzione riservata 03 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/cronaca/2017/05/03/news/quei_sospetti_che_sabotano_la_missione_di_chi_salva_le_vite-164486699/?ref=search
5081  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / JACOPO IACOBONI. - E la platea di ricercatori di Harvard tartassa l’aspirante... inserito:: Maggio 09, 2017, 05:45:12 pm
E la platea di ricercatori di Harvard tartassa l’aspirante candidato premier M5S
Uno degli studiosi: “Avevate promesso competenze, ma il vostro partito è fatto da persone con istruzione molto bassa, e lei non è neanche laureato”.
E il professor Archon Fung, introducendo l’incontro con Di Maio: “Il M5S partito populista di destra”
Pubblicato il 04/05/2017 - Ultima modifica il 04/05/2017 alle ore 10:46

JACOPO IACOBONI

Non è stata una passeggiata, quella di Di Maio ad Harvard. La serata non gli ha risparmiato un’introduzione piuttosto amara da parte del professore Archon Fung, che ha definito il M5S partito «populista di destra». Poi - dopo uno speech rigorosamente letto da un foglio che aveva in mano - Di Maio è stato bersagliato da domande naturalissime in America, ma alle quali non è abituato in Italia, domande sempre rispettose ma puntute, a volte anche molto severe. Il punto più imbarazzante è stato quando un ricercatore italiano che ha studiato ad Harvard, Mario Fittipaldi (caso ha voluto che venisse anche lui da Napoli - s’è concesso una battuta sul fatto che a tutti, anche a lui, piace la pizza e la mozzarella, e avrebbe preferito restare a fare ricerca in Italia anziché doversene andare così lontano) gli ha domandato: «Vi siete presentati sulla scena anche parlando di competenze. Ma io non accetto che questo partito sia fatto da persone con un’istruzione molto bassa, come anche lei, bisogna dire, che non ha finito l’università ma che parla di eccellenze universitarie. Paola Taverna, che faceva l’assistente di laboratorio, deve venire a spiegare a me, che studio queste cose da anni, come funzionano i vaccini?»».

Di Maio prima ha replicato timidamente («premesso che ognuno può avere le sue opinioni anche al di là del titolo di studio»...), poi, nel merito, ha scaricato sulla casta anche il problema dell’istruzione non eccezionale di tanti grillini: «Io sono uno di quelli che rappresentano una forza politica che voleva avere più tempo per formarsi, per crescere, per provare a governare questo Paese; ma visto che gli esperti, quelli preparati, lo hanno ridotto in queste condizioni, non abbiamo tempo per riuscire a organizzarci con lentezza. Per questo molti di noi hanno lasciato quello che facevano e hanno deciso di impegnarsi in prima persona per cambiare le cose. Ci riusciremo? Non lo so. Di certo io gli esperti li ho visti già all’opera, e abbiamo visto in che condizioni è l’Italia».
 
Insomma, ancora una volta l’aspirante candidato premier del Movimento cinque stelle si trova messo di fronte a certe «lacune» del suo curriculum (l’ultimo che gliele aveva fatte notare era stato il presidente del Senato Piero Grasso). Così la visita ad Harvard si è trasformata anche in un non facile esame. Lo stesso accademico che ha introdotto la serata, Archon Fung, professore di Democrazia e cittadinanza alla Harvard Kennedy School, si è sentito in dovere di precisare, a scanso di equivoci: «Anche noi abbiamo ricevuto tante lamentele perché invitavamo qui Luigi Di Maio. Per questo voglio spiegare lo spirito con cui lo riceviamo: è importante coinvolgere anche chi ha punti di vista molti diversi dai nostri. Abbiamo spesso speaker dal centro-sinistra, qualche volta anche dal centro-destra, ma un populista considerato di destra, non lo abbiamo mai avuto». Gli ha indorato la pillola dicendo che il suo partito potrebbe rappresentare «qualcosa di simile a ciò che è avvenuto con Trump», e che lui «potrebbe essere il prossimo primo ministro in Italia». Il tutto con un gran sorriso, ma con Di Maio che aggrottava la fronte.
 
Alla fine c’è stato anche qualcuno che ha chiesto a Di Maio un commento sulle opacità del M5S sui nuovi fascismi, obiettando che su questo in Italia il Movimento è stato assai poco chiaro, e tra l’altro spesso «si fonda su fake news e su teorie anti-scientifiche». La domanda, forse troppo imbarazzante, è stata stoppata cortesemente, anche perché tendeva a diventare troppo lunga. Insomma, una serata agitata e movimentata. Accanto a Di Maio, per tutta la serata, una traduttrice: il vicepresidente della Camera ha preferito leggere il suo discorso in inglese (senza poter ancora esibire la buona pronuncia di Virginia Raggi), e rispondere alle domande in italiano. Infine due parole sull’ente organizzatore della serata: lo “Yes Europe Lab” si definisce (dal sito) un laboratorio di azione civica europeista. Insomma, non fa parte della struttura istituzionale dell’Università di Harvard ma è animato da europei che frequentano l’istituto.

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Da - http://www.lastampa.it/2017/05/04/italia/politica/e-la-platea-di-ricercatori-di-harvard-tartassa-laspirante-candidato-premier-ms-c1My2zyLXffO99nyX4C0bL/pagina.html
5082  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / FRANCESCA SCHIANCHI. Licenza di sparare se aggrediti di notte e in casa propria inserito:: Maggio 09, 2017, 05:43:26 pm
Licenza di sparare se aggrediti di notte e in casa propria
Pd e centristi trovano il compromesso, ma la reazione dovrà essere proporzionata. Oggi l’accordo alla Camera. Per le opposizioni, però, la legge è ancora troppo timida
Negli ultimi anni una maggiore tutela di chi spara per difendersi è diventato un cavallo di battaglia della Lega Nord. Parlamentari ed esponenti del Carroccio sono sempre stati al fianco di chi è stato incriminato per aver ucciso un ladro che gli stava entrando in casa
Pubblicato il 04/05/2017 - Ultima modifica il 04/05/2017 alle ore 08:44

FRANCESCA SCHIANCHI
ROMA

Raggiunto l’accordo di maggioranza martedì sera, oggi le modifiche sulla legittima difesa saranno approvate alla Camera. Dopo due anni di discussione, periodicamente riaccesa da fatti di cronaca, oggi arriverà il voto finale di un provvedimento che, comunque la si pensi, è destinato a far discutere. Un primo ok che però non spedisce la legge in Gazzetta Ufficiale: manca ancora l’approvazione del Senato.
 
Nodo chiave della legge, su cui Pd e centristi di Alfano si sono confrontati e scontrati a lungo, salvo poi trovare la quadra grazie alla mediazione del ministro Anna Finocchiaro, è l’articolo 52 del codice penale. A sigillare il compromesso è un emendamento messo a punto dalla Commissione per stabilire che si considera legittima difesa la reazione a un’aggressione «in tempo di notte» o avvenuta dopo che una persona si è introdotta a casa propria «con violenza alle persone o alle cose» o «con minaccia o con inganno». Il tutto, però, è specificato, «fermo restando quanto previsto dal primo comma»: cioè che sussistano i criteri di necessità, attualità e proporzione tra offesa e difesa.
 
Una formula che permette così ad Ap di cantare vittoria, giurando, come fa Maurizio Lupi, che «ora la reazione a chi entra in casa mia di notte, con violenza, per attentare alla mia sicurezza e alla mia proprietà è tutelata come legittima difesa», e al responsabile giustizia del Pd, David Ermini, relatore della legge, di sottolineare che viene lasciato «al giudice un margine per decidere e valutare quella condotta», senza fughe in avanti da Far West o, come le chiama, «follie leghiste».
 
Soddisfatta la maggioranza, per qualche ora sembra che persino una parte dell’opposizione possa convergere sulla legge. Mentre il M5S resta defilato rispetto al dibattito di giornata e oggi voterà contro («una norma tecnicamente aberrante che dice tutto e niente, forse con profili di incostituzionalità», la boccia Vittorio Ferraresi), in mattinata ci sono contatti tra i capigruppo di Pd e Forza Italia, Rosato e Brunetta, con i berlusconiani tentati di votare a favore. Proprio per dare un segnale di apertura, nella sua introduzione in aula il relatore Ermini parla del lavoro della commissione e di criteri presi in considerazione da emendamenti di vari colleghi, citando volutamente anche la forzista Maria Stella Gelmini. A quel punto però si tiene una riunione tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Con il Carroccio che riesce a imporre la sua linea: all’uscita, la proposta che arriva ai democratici è irricevibile, ovvero adottare l’emendamento firmato dal leghista Nicola Molteni. 
 
E così, Pd e centristi vanno avanti, mentre Forza Italia si sfila per amor di alleati e oggi voterà contro. «Il Pd e le altre forze di maggioranza non hanno saputo o voluto scrivere una legge che rispondesse davvero alle esigenze dei cittadini onesti, una legge in grado di tutelare le persone perbene quando sono aggredite», interviene Silvio Berlusconi con una nota, «noi non siamo certo per la difesa “fai da te”, ma di fronte al pericolo dev’essere garantito il diritto alla difesa», mentre «il testo non dà risposta, lascia alla discrezionalità del giudice margini eccessivi». Critiche che in maggioranza leggono come tattica: «Questo testo è equilibrato, e ricalca le stesse proposte delle opposizioni - valuta il ministro degli Affari regionali Enrico Costa, Ncd, che molto ha lavorato alla legge - Mi dispiace che per calcolo politico ne prendano le distanze». 

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Da - http://www.lastampa.it/2017/05/04/italia/cronache/licenza-di-sparare-se-aggrediti-di-notte-e-in-casa-propria-5QI3xk0F1KJEqo6Yt2MvOO/pagina.html
5083  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Franco Monaco Deputato Pd L'Ulivo riviva nel campo progressista di Pisapia inserito:: Maggio 09, 2017, 05:40:03 pm
IL BLOG

L'Ulivo riviva nel campo progressista di Pisapia

 05/05/2017 17:53 CEST | Aggiornato 5 ore fa

Franco Monaco Deputato Pd

L'Ulivo di Prodi (da non confondere con l'Unione del 2006, come fanno i suoi detrattori) è una realtà che appartiene al passato, ma la sua ispirazione può essere tuttora feconda e attuale.

Mi spiego.
Quel progetto politico e quella esperienza di governo, spesso evocati più o meno a ragione, furono concepiti a valle della introduzione di una legge elettorale maggioritaria (il Mattarellum), con un duplice obiettivo:

a) il primo di sistema: sviluppare e stabilizzare un assetto bipolare della politica italiana ovvero passare da una democrazia bloccata a una democrazia competitiva e dell'alternanza che la storica anomalia nostrana (il fattore k, cioè la questione comunista) ci aveva inibito;

b) il secondo un obiettivo politico: organizzare unitariamente il campo del centrosinistra appunto come uno dei due schieramenti tra loro alternativi. In un tempo, allora, nel quale il progetto europeo rappresentava un ideale promettente e largamente condiviso.

Un altro mondo! Oggi scontiamo una legge elettorale a impianto proporzionale, un quadro politico tripolare e comunque frammentato, una crisi della Ue e della sua attrattiva.

Schematizzando, il progetto dell'Ulivo aveva due facce: la riforma delle "regole" proprie di una democrazia maggioritaria e governante nella quale i cittadini elettori, con il loro voto, potessero scegliere non solo i propri rappresentanti alle Camere ma anche i governi, pur nel quadro di una democrazia parlamentare; e - seconda faccia - una riforma degli "attori", ovvero dei partiti, conforme a un tale assetto bipolare del sistema politico.

Essenzialmente due grandi partiti coalizionali con cultura di governo tra loro in competizione, sino a traguardare l'obiettivo del bipartitismo. Per quanto attiene al soggetto politico del campo di centrosinistra appunto il Pd avrebbe dovuto essere l'approdo dell'Ulivo.

Ma - lo noto oggettivamente "sine ira ac studio" - il Pd oggi è cosa affatto diversa: un partito posizionato al centro del quadro politico, con una malcelata ambizione a configurarsi quale "partito della nazione", né di destra né di sinistra, che si nega a una politica delle alleanze (di centrosinistra) e che "non esclude"(Renzi), per il dopo elezioni, un governo sull'asse Pd-Fi.

La stessa chiusura renziana al premio assegnato alla coalizione risponde palesemente a una logica agli antipodi rispetto all'Ulivo: polarizzare la competizione/conflitto con i 5 stelle così da invocare il voto utile contro i "barbari", anziché una contesa tra centrosinistra e centrodestra (al quale potrebbe giovare il premio alla coalizione).

Dunque reiterando l'eccezionalismo di una democrazia bloccata, anziché la sua positiva "normalizzazione" come democrazia dell'alternanza sull'asse destra-sinistra. Le stesse primarie per scegliere il leader del Pd e la coincidenza tra segretario e candidato premier contemplate dallo statuto avevano senso solo nel quadro di allora, decisamente tramontato.

L'ispirazione dell'Ulivo, pur in un contesto tanto diverso, sembra assai più presente nel Campo progressista di Pisapia. Nella sua impronta civica e a rete, fatta di amministratori e realtà associative; nella sua ambizione di dare corpo non a una piccola formazione di sinistra ma a un centrosinistra largo, inclusivo e plurale; nella sua tensione unitaria e nella sua programmatica apertura all'alleanza con altri soggetti del medesimo campo riformista, a cominciare dal Pd, tra i cui elettori, assai più che al vertice, è largamente prevalente una chiara opzione per un'alleanza di centrosinistra; nella sua vocazione/cultura di governo; nel suo ripudio della teoria che si debba sostituire al binomio destra-sinistra il binomio responsabili-progressisti.

L'esito del congresso Pd non fa che confermare e sanzionare la differenza tra il Pd di Renzi e l'ispirazione dell'Ulivo e, di riflesso, l'esigenza che altri, segnatamente Campo progressista, ne raccolgano lo spirito e l'eredità. Pur dentro le nuove coordinate.

Tra le sue bussole, un maturo europeismo. Quello di Prodi, di Ciampi, di Padoa Schioppa, che, mentre si impegna a correggere le politiche della Ue, non ceda tuttavia alle sirene dell'antieuropeismo e del populismo a bassa intensità.

Un soggetto politico, Campo progressista, che custodisca e valorizzi le differenze culturali; che, come fu nel governo dell'Ulivo, si disponga a "dire la verità agli italiani"; che riprenda a praticare il confronto-dialogo con le forze sociali in coerenza con le buone pratiche delle sinistre riformiste europee, l'opposto della disintermediazione.

Sia chiaro: realismo e cura per l'interesse superiore all'unità del centrosinistra prescrivono di incalzare il Pd con la proposta di un'alleanza, ma, se il Pd persistesse nel suo diniego alla coalizione, Campo progressista non ripiegherebbe su un disegno minore, quello di un partito di sinistra minoritario.

Al contrario, esso rilancerebbe il progetto di un centrosinistra unitario, anticipandone in sé la natura plurale e la tensione inclusiva. Per intanto, a fronte della eventuale, definitiva chiusura del Pd a un rapporto di alleanza responsabilmente proposto da Campo progressista, [...] "competition is competition". Saranno gli elettori a giudicare chi lavora per l'unità e chi per la divisione.

http://www.huffingtonpost.it/franco-monaco/lulivo-riviva-nel-campo-progressista-di-pisapia_a_22071308/?utm_hp_ref=it-homepage
5084  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / ANAIS GINORI. Da astensione a scoop, l'alfabeto del ballottaggio che ha ... inserito:: Maggio 09, 2017, 05:36:00 pm

Da astensione a scoop, l'alfabeto del ballottaggio che ha cancellato i partiti
Scandali, leader sfiduciati, appelli a non andare alle urne: sarà il “voto grigio”, con gli indecisi che attendono le legislative tra un mese per schierarsi

Dal nostro corrispondente ANAIS GINORI
07 maggio 2017

ASTENSIONISMO. Mai così tanti appelli a non votare tra intellettuali e militanti di sinistra. C’è chi propone soluzioni di compromesso come il “voto grigio”: scheda Macron alle presidenziali e per la sinistra classica alle politiche. Altri ancora immaginano di votare, ma solo dopo le 17 per esprimere il proprio dissenso. Il partito del “né né” potrebbe rappresentare il 25% degli elettori, sette punti in più del 2012.

BERLINO. Alle scorse presidenziali Angela Merkel aveva dato il suo appoggio a Nicolas Sarkozy. Questa volta, di fronte alla pluralità dei candidati all’Eliseo, per non offendere nessuno la Cancelliera ha ricevuto a Berlino prima François Fillon, poi Emmanuel Macron e infine anche il socialista Benoit Hamon. Par condicio.

DÉGAGISME. Termine coniato dallo slogan “Dégage!”, vattene, utilizzato durante le primavere arabe contro i raìs. Tanti protagonisti della vita politica francese sono stati spazzati via in nome del rinnovamento: un ex presidente (Sarkozy), un presidente in carica (Hollande), tre ex premier (Juppé, Valls, Fillon), un ex ministro (Hamon). L’ultima vittima del “Dégagisme” potrebbe essere Le Pen.

EUROPA. Macron ha fatto sventolare il vessillo europeo in tutti i suoi comizi, Le Pen ha chiesto di ritirarlo ovunque. Il ballottaggio di stasera assomiglia a un nuovo referendum sull’Europa come quello del 2005 sulla Costituzione europea in cui avevano vinto i “No” con il 55%.

FAMIGLIA. Prima il padre, poi la figlia e forse un giorno la nipote. Anche se la dinastia Le Pen non riuscirà a varcare le porte dell’Eliseo, continuerà a pesare sulla politica francese. Dopo Marine c’è già Marion che si scalda: alle prossime presidenziali avrà solo 32 anni.

MOGLIE. Le rivelazioni sul lavoro fittizio in parlamento della moglie di François Fillon hanno fatto precipitare le chance di vittoria del candidato della destra. L’altra moglie protagonista della campagna elettorale è Brigitte Macron, 63 anni. Con lei l’Eliseo ritroverebbe una première dame. Dopo la separazione da Valérie Trierweiler, Hollande è rimasto ufficialmente presidente celibe benché in coppia con l’attrice Julie Gayet.

OLOGRAMMA. Jean-Luc Mélenchon ha fatto un doppio comizio tra Parigi e Lione grazie alla tecnica dell’ologramma. Il successo è stato tale che ha replicato anche ad aprile in nove città, sempre avvalendosi di una società francese che ha sviluppato una tecnologia all’avanguardia finora usata solo per spettacoli e concerti.

PATRIOTI. È la parola contesa tra Le Pen e Macron. I lepenisti si chiamano tra di loro “patriotes”, si è persino ipotizzato di ribattezzare così il partito. La sera della vittoria al primo turno Macron si è definito come il «presidente dei patrioti contro il rischio dei nazionalismi».

ROTHSCHILD. L’etichetta di “banchiere” perseguita Macron. Tra il 2008 e il 2012 ha lavorato per la banca d’affari Rothschild & Cie, dove era soprannominato il “Mozart della finanza”. Se sarà eletto stasera, diventerà il secondo banchiere all’Eliseo: prima di lui c’era stato George Pompidou che pure aveva lavorato per Rothschild.

SCOOP. La stampa e il giornalismo d’inchiesta hanno dimostrato di pesare ancora con lo scoop del Canard Enchaîné sul PenelopeGate. La campagna ha avuto anche la sua dose di fake news, spesso diffuse dai candidati. All’indomani dell’uccisione di un poliziotto sugli Champs-Elysées, Fillon ha parlato di altri attacchi nella capitale, mai dimostrati. Le Pen ha detto 19 affermazioni false o incorrette durante il dibattito tv di mercoledì scorso.

TIC. “Pardon de vous le dire”, perdoni se glie lo dico, è diventato il tormentone di Macron che lo utilizza spesso per rispondere ai giornalisti. L’altro suo tic linguistico è “En même temps”, al tempo stesso, che utilizza per bilanciare gli argomenti, da perfetto leader centrista.

VVLADIMIR PUTIN. È il convitato di pietra dell’elezione. Il presidente russo aveva due “suoi” candidati alle presidenziali francesi: Fillon e Le Pen. La leader del Front National è andata a trovarlo al Cremlino il 24 marzo scorso e ha ottenuto da banche russe diversi prestiti per finanziare il suo partito.

© Riproduzione riservata
07 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2017/05/07/news/da_astensione_a_scoop_l_alfabeto_del_ballottaggio_che_ha_cancellato_i_partiti-164813184/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T2
5085  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / DA FB Il POLO Democratico è la soluzione giusta per il futuro Italiano. inserito:: Maggio 09, 2017, 05:33:34 pm

Da FB del 6 maggio 2017

Il POLO Democratico è la soluzione giusta per il futuro Italiano.

Ma nel POLO Democratico il PD sarà solo l'asse portante e il timone (il mezzo).
Protagonista assoluto sarà il Progetto-Paese (il fine).
Il Progetto-Paese pensato e sostenuto dal PD e dagli altri Partiti che aderiscono al POLO, sarà sottoposto al benestare degli elettori, in caso di vittoria formerà il Governo.

Quindi Progetto e Governo del POLO saranno condivisi e sostenuti dai Partiti, che però resteranno autonomi nel dialogo con gli elettori e il Paese. Senza influire nel Progetto approvato.
Il Partito che smentisce o danneggia in qualche modo il Progetto, è fuori dal Polo e dal Governo e sarà sostituito.

ciaooo
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