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5041  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / (Briatore) Senza entrare nel merito, di questione che non conosco, ... inserito:: Maggio 17, 2017, 06:35:38 pm
Senza entrare nel merito, di questione che non conosco, ci si può chiedere, in quanto è pratica diffusa, le ragioni di questo accanirsi su singoli rispetto alla totalità, che da tempo è diventata pratica non rara.

Dopo anni di sistematica "ricerca e creazione del nemico", tipico di certi partiti politici (non solo di sinistra e non solo italiani), il fenomeno si è esteso nella società civile (poi non tanto civile se intorbidita da simili pratiche persecutorie).
 
La cosa mi sembra non sia distante da metodiche mafiose ... o mi sbaglio?

Da FB del 17/05/2017 (Briatore)
5042  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / FEDERICO RAMPINI. Trump ordinò all'Fbi di insabbiare il Russiagate inserito:: Maggio 17, 2017, 06:33:30 pm
Trump ordinò all'Fbi di insabbiare il Russiagate
James Comey, capo del Federal Bureau of Investigation fino alla scorsa settimana e licenziato in tronco dal presidente, rivela che a febbraio Donald gli chiese di fermare le indagini sul generale Michael Flynn e sui suoi contatti con Mosca. La Casa Bianca smentisce

Dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI
17 maggio 2017

NEW YORK - La vendetta di James Comey arriva in un "memo", abbreviazione per memorandum. Un dossier, insomma, in cui l'ex-capo dell'Fbi licenziato in tronco la settimana scorsa vuota il sacco e inchioda il presidente. L'accusa è grave: in un incontro fra i due a febbraio, Donald Trump chiese al capo dell'Fbi d'insabbiare l'indagine sul Russia-gate. In particolare l'inchiesta che la polizia federale (che ha anche responsabilità di contro-spionaggio) stava svolgendo sul generale Michael Flynn.

Il ruolo di Flynn nel Russiagate. Quest'ultimo è una figura centrale nel Russia-gate. Trump nominò Flynn come suo massimo consigliere per la sicurezza nazionale, cioè capo del National Security Council che all'interno della Casa Bianca è la cabina di regìa di politica estera, difesa, anti-terrorismo. Ma Flynn aveva nascosto una serie di rapporti con la Russia, incontri clandestini con l'ambasciatore di Vladimir Putin durante la campagna elettorale, perfino pagamenti ricevuti. Di fronte alle rivelazioni Trump dovette cacciarlo. La posizione di Flynn ha continuato ad aggravarsi, ora è stato convocato dalla commissione d'inchiesta parlamentare e su di lui pende un "sub-poena" cioè l'obbligo di testimoniare sotto giuramento.

Il timore della Casa Bianca, si presume, è che dalla testimonianza di Flynn possano uscire altre rivelazioni compromettenti. Per esempio sul fatto che Trump fosse al corrente dei contatti coi russi in campagna elettorale? (Va ricordato che la stessa campagna fu contrassegnata da ripetuti attacchi di hacker russi contro Hillary Clinton). Ora arriva l'ultimo colpo di scena.

Già si sapeva - lo stesso Trump non ne ha fatto mistero - che dietro il licenziamento di Comey c'era l'esasperazione del presidente per l'indagine dell'Fbi sul Russia-gate, tuttora in corso e che genera prove utilizzabili nell'ambito della commissione parlamentare. La soffiata al New York Times indica che il presidente aveva tentato d'interferire pesantemente nel lavoro della polizia federale, che è indipendente dalle direttive dell'esecutivo. Quella richiesta d'insabbiare l'indagine sul Russia-gate che a febbraio Comey respinse, "firmando" così la propria uscita di scena, è ai limiti dell'abuso di potere.

I colloqui tra Trump e Comey. Comey, rivela il Nyt, creò un memorandum - inclusi alcuni appunti che sono classificati - su ognuna delle telefonate e gli incontri avuti con il presidente. Non è chiaro se Comey denunciò al ministero della Giustizia, da cui dipende, la conversazione avuta con Trump e la sua richiesta e l'esistenza degli appunti. Comey vide Trump il 14 febbraio, il giorno dopo le dimissioni di Flynn, costretto a lasciare l'incarico perchè, si era scoperto, aveva mentito al vicepresidente Mike Pence assicurandogli che non c'era nulla di male nella telefonata con l'ambasciatore russo. Quel giorno, ricostruisce il Times, Comey era nello Studio Ovale con Trump ed altri vertici della sicurezza nazionale per un briefing sul terrorismo. "Quando la riunione si concluse Trump disse ai presenti, incluso Pence ed il ministro della Giustizia Jeff Session, di lasciare la stanza per restare da solo con Comey". Una volta solo Trump iniziò un filippica contro le fughe di notizie suggerendo a Comey di "considerare (l'opzione) di mettere in prigione i reporter per pubblicare informazioni classificate prima di affrontare l'argomento Flynn" riferisce una delle due persone vicine a Comey, che hanno parlato con il Times. Comey "si consultò con i suoi più stretti consiglieri sull'accaduto e tutti condivisero l'impressione che Trump avesse cercato di influenzare l'indagine (un accusa che ove mai trovasse una conferma indipendente potrebbe configurare il gravissimo delitto di 'intralcio della giustizia', per cui in questo caso Trump rischierebbe la presidenza, ndr) ma tutti decisero che avrebbero cercato di mantenere segreta la conversazione (con Trump), anche agli stessi agenti dell'Fbi che stavano conducendo l'inchiesta sul Russiagate, in modo che la richiesta del presidente non influenzasse il loro lavoro".

Il pezzo del Times sembra suggerire che l'avvertimento minaccioso di Trump a Comey, all'indomani del suo licenziamento, di stare attento a cosa avrebbe deciso di far filtrare alla stampa perché potrebbero esserci "registrazioni degli incontri", non preoccupi affatto Comey. Da sottolineare anche il fatto che il New York Times rivela la sua fonte: uno stretto collaboratore di Comey. La guerra dell'intelligence contro il presidente, a colpi di dossier e fughe di notizie, diventa sempre più spietata. 

La risposta della Casa Bianca. La Casa Bianca nega che il presidente Donald Trump abbia chiesto all'ex capo dell'Fbi, James Comey, licenziato in tronco lo scorso 9 maggio, di fermare l'indagine sul suo ex consigliere per la sicurezza nazionale, Michael Flynn. "Il presidente non ha mai chiesto a Comey o a chiunque altro di porre fine ad alcuna indagine, compresa ogni indagine relativa al generale Flynn", si legge nella nota della Casa Bianca. Trump "ha il più alto rispetto per le nostre agenzie delle forze dell'ordine e per tutte le inchieste - si sottolinea nel comunicato - questa non è una presentazione vera o accurata della conversazione tra Trump e Comey".

Repubblicani spaccati. Il presidente della commissione di vigilanza della Camera, il repubblicano Jason Chaffez, chiede all'Fbi di consegnare tutti i documenti e le registrazioni delle comunicazioni fra l'ex direttore dell'Fbi, James Comey, e il presidente Donald Trump. La richiesta mostra la spaccatura all'interno del partito repubblicano, all'interno del quale solo in pochi difendono Trump. Molti preferiscono tacere. Per gli esperti questo è il 'momento della verità' nel partito.

Democratici all'attacco. E insorgono i democratici, dopo questa nuova tegola sulla testa del presidente Usa. ''Quando è troppo è troppo'' sbotta il parlamentare democratico, Adam Schiff. ''Il paese viene messo sotto esame in un modo senza precedenti. La storia ci sta a guardare'' tuona Chuck Schumer, il leader della minoranza democratica in Senato. ''Servono i mandati per ottenere i documenti legati a Flynn'' dice il parlamentare Elijah Cummings. Nancy Pelosi, leader dei democratici alla Camera, parla di ''assalto alla legge'': se la ricostruzione di Comey è vera, il presidente ''ha commesso un grave abuso del suo potere esecutivo. Nel peggiore dei casi si è trattato di ostruzione alla giustizia''.
 
© Riproduzione riservata 17 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2017/05/17/news/trump_ordino_all_fbi_di_insabbiare_il_russiagate-165619197/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1
5043  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Romano Prodi: Le parlamentarie M5S distruggono la democrazia inserito:: Maggio 17, 2017, 06:32:20 pm
Romano Prodi: Le parlamentarie M5S distruggono la democrazia
Intervistato dal Corriere della Sera, il Professore dice la sua su Grillo, Pd, legge elettorale, banche e molto altro ancora

 17/05/2017 08:52 CEST | Aggiornato 1 ora fa

"Adesso si diventa parlamentare a 25 anni con 4 preferenze sul web o per la decisione del capo. Questa è la distruzione della democrazia. Quindi come si ricostruisce? Un po' con le primarie ma soprattutto con un sistema elettorale che obblighi il candidato a essere attivo sul territorio". Così, in un'intervista al Corriere della Sera, l'ex premier Romano Prodi punta il dito contro le parlamentarie M5S, ree di "distruggere la democrazia".

Nell'intervista Prodi ribadisce la sua proposta per la legge elettorale: un maggioritario puro. Quanto alla proposta di Renzi – 50% proporzionale e 50% maggioritario – risponde così: "Dico la stessa cosa che dissi per il mio sì al referendum: meglio succhiare un osso che un bastone". L'ex premier boccia completamente l'idea di una grande coalizione:

"Non capisco come si possa parlare di grande coalizione. I numeri indicano solo che si finirebbe in una grande confusione. Lo scenario sarebbe quello spagnolo: ripetere le elezioni e ripeterle ancora, ma, a differenza della Spagna, sotto l'assedio delle speculazioni internazionali".

Tornando ai Cinque Stelle, Prodi commenta così le affermazioni di Beppe Grillo sui cattolici che si riconoscono nel movimento:

"Non ho dubbi sul fatto che alcuni cattolici si riconoscano nelle critiche che questi movimenti avanzano, ma ben pochi poi si riconoscono nei rimedi che in modo incongruente vengono proposti. Come fa il mondo cattolico a non condividere la necessità di lottare contro l'ingiustizia su cui si fonda lo stesso Vangelo? Il problema è che quando poi arriva la proposta populista è indefinita, quindi inapplicabile perché sfocia nel qualunquismo".

Quanto al Pd, "non sono più iscritto da anni, simpatizzo per le idee su cui si è fondato. Diciamo che sono un senza casa ma vivo in una tenda vicina al Pd".

Sul capitolo banche – e Banca Etruria in particolare - il Professore afferma:

"Le banche italiane forniscono l'85 per cento delle necessità finanziarie delle nostre imprese. Negli altri Paesi siamo a meno della metà. È quindi chiaro che le nostre banche sono state travolte dalla crisi più che altrove. In Italia non ci sono altri potenti prestatori di denaro. E abbiamo una Borsa molto più debole. Se poi vi è un rischio sistemico e non esiste una alternativa possibile nel mercato, lo Stato deve intervenire [...].

Ho letto attentamente i giornali. L'ex ministro Boschi ha ribadito quanto aveva detto in Parlamento. Finché non si pronuncia Ghizzoni non si arriva a nessuna conclusione".

Infine, un passaggio sulla nuova leadership franco-tedesca inaugurata dal neopresidente francese Emmanuel Macron durante il suo viaggio a Berlino. L'Italia finirà nella tenaglia franco tedesca?

"A giudicare dalle dichiarazioni del presidente francese, no. Ha sempre richiamato un ruolo italiano pur in un quadro in cui la leadership è quella franco-tedesca. Comunque meglio che tedesca-tedesca. La Francia ha infatti bisogno di una politica simile a quella dell'Italia. Noi dobbiamo inserirci in questa cornice non con lamentele ma con proposte vantaggiose per Italia e Francia".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2017/05/17/romano-prodi-le-parlamentarie-m5s-distruggono-la-democrazia_a_22094757/?utm_hp_ref=it-homepage
5044  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / Se noi lasciamo che la politica non si preoccupi di rispettare la dignità ... inserito:: Maggio 17, 2017, 06:18:51 pm
Se noi lasciamo che la politica non si preoccupi di rispettare la dignità dei Cittadini e accettiamo che i politici non diano peso al fatto di essere schifati dai Cittadini, c'è molto da "cambiare nel nostro modo di ragionare".

Ovviamente dico “nostro modo di ragionare” da Cittadini.
ciaooo

---

Non c'è altro da fare (per ora) che leggere e riflettere ... ma non su Renzi.
Riflettere sulla nostra società, come siamo messi oggi, come, dovremmo e potremmo essere.
Siamo un paese scomposto, disprezzato all'estero a causa dei nostri politici (con rare eccezioni).
Siamo circondati da corrotti, corruttori, malavita organizzata e malavita e basta, abbiamo la mafia presente in ogni luogo e sino a poco tempo fa uomini di potere "nordici" dicevano essere solo al Sud (imbecilli o complici), ecc ecc.
A leggere questa ultima sparata di fumo ci si mette poco a riflettere dobbiamo metterci più tempo e più determinazione.
ggiannig   

…..

Gianpiero T Io penso che manifestare per essere presi a manganellate sia una "nostalgia sinistrese" inutile e dannosa (e per molti comoda per inventarsi il nemico di turno). La nostra sinistra (sindacatesse in testa) non sanno (non vogliono) proporre altro. Ma altro e meglio ci sarebbe da fare come Cittadini incazzati. Ma non le rivolte che pagheremmo sempre noi. Ciaooo

Da FB del 17/05/2017


5045  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Caro GIULIANO PISAPIA la sinistra ... inserito:: Maggio 17, 2017, 06:12:08 pm
La sinistra non ha niente da reinventare (dopo gli errori commessi cosa sceglie per reinventarsi).

Deve inventarsi politiche nuove per capire e risolvere i problemi dei Cittadini di OGGI!

A quelli morti del secolo passato in cui poteva fare e non fatto ormai non importa nulla.

ciaooo 
5046  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / GIULIANO PISAPIA La sinistra riscopra la sicurezza dei diritti inserito:: Maggio 17, 2017, 06:06:31 pm
La sinistra riscopra la sicurezza dei diritti

Di GIULIANO PISAPIA
16 maggio 2017

LA conseguenza delle nuove norme sulla sicurezza rischia di trasformarsi in un vero e proprio boomerang in vista delle prossime elezioni: si offre infatti al centrodestra l’occasione di strumentalizzare la giusta esigenza di sicurezza dei cittadini e, in particolare, di quelli appartenenti alle fasce più deboli. Esigenza che, si badi, non va sottovalutata: la sinistra non può trascurare la questione sicurezza proprio perché le conseguenze della criminalità vengono subite soprattutto dai più deboli, economicamente e socialmente. Ma si debbono rispettare i princìpi e i valori della democrazia». Penso a quello che sta succedendo in questi giorni e rileggo queste righe che avevo scritto in un articolo a commento del pacchetto sicurezza nell’anno Duemila.

È passato molto tempo, le ideologie si sono scolorite, i problemi concreti sono cambiati, ma ci sono dei temi che continuano ad essere motivo di preoccupazione di tutti. Uno di questi è la sicurezza e proprio per questo ritengo necessario fare una precisazione: io continuo a credere che esista una profonda differenza tra destra e sinistra. E penso che questa differenza emerga in modo prepotente nell’affrontare i temi legati alla sicurezza. E che il punto di partenza non possa essere che quello di rispettare i princìpi della nostra Costituzione per evitare la lesione di diritti individuali e collettivi. Quello che mi preoccupava nel Duemila, e ancora oggi mi preoccupa, è che la sinistra si accontenti di proporre semplicemente le ricette che sembrano più “popolari”. E che sulla sicurezza, ma anche sulla legittima difesa e sui migranti, vi siano state, in Parlamento e nel Paese, ulteriori divisioni anche all’interno della sinistra e del centrosinistra. Con iI ministro Minniti che ha parlato del pacchetto sicurezza come di un provvedimento di sinistra e Roberto Saviano che lo ha definito degno “della peggiore destra”.

Non credo che le norme approvate recentemente siano di sinistra, come sostiene il ministro Minniti. Ma sono anche certo che se avessimo una maggioranza di destra la situazione sarebbe certamente peggiore. Tanto per rinfrescare la memoria: ci ricordiamo le leggi “ad personam”, l’introduzione del reato di immigrazione clandestina, la Bossi-Fini che aveva cancellato proprio gli articoli della legge Turco- Napolitano che favorivano la legalità e il reinserimento sociale e lavorativo degli extracomunitari? Il fatto è che la destra, che con le sue leggi non ha risolto i problemi della sicurezza, continua a strumentalizzare per finalità esclusivamente elettorali situazioni non facili da affrontare. C’è un principio invalicabile, fissato dall’art. 2 della Costituzione: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo … e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» . Articolo che non si riferisce — come in altre parti della Costituzione — solo ai diritti dei cittadini, ma a quelli universali, senza alcuna distinzione.

Chi fa proposte conoscendo i dati della realtà, sa che quella dell’insicurezza è soprattutto una percezione, che contrasta con il fatto oggettivo che i reati sono calati. Il che non significa ignorare il problema, ma essere consapevoli che è sempre miope cavalcare le strumentalizzazioni del centrodestra rischiando un vero e proprio effetto boomerang. Perché, ad esempio, modificare, e peggiorare, la legge sulla legittima difesa che si è dimostrata in grado di garantire il diritto di difendersi dalle aggressioni e di evitare ingiuste condanne o ulteriori pene per le vittime di aggressioni?

E se è vero, oltre che indispensabile e urgente, trovare una soluzione per accorciare i tempi delle decisioni relative al riconoscimento dello status di rifugiato, non sarebbe stato meglio eliminare le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, che non garantiscono la terzietà e imparzialità della giurisdizione, e mantenere i tre gradi di giudizio? Non sarebbe stato più utile incrementare l’organico della magistratura anziché assumere 250 “unità a tempo indeterminato” per le Commissioni ministeriali? A maggior ragione se si considera il numero elevato di annullamento delle decisioni delle Commissioni da parte della magistratura giudicante.

Per quanto riguarda il cosiddetto “pacchetto sicurezza” vi sono certo norme positive richieste dai sindaci che spesso non hanno gli strumenti per contrastare il degrado urbano, ma non si può confondere il degrado con la sicurezza o l’ordine pubblico. Sono questioni diverse la cui responsabilità deve essere affidata a chi ha le giuste competenze e professionalità. Un conto è la collaborazione tra diverse istituzioni che le nuove norme tendono giustamente a rafforzare, altro è l’intervento repressivo che, invece, non può essere di competenza di chi ha un ruolo amministrativo. Nel confronto parlamentare il decreto legge è stato, in alcune parti, migliorato rafforzando il tema della prevenzione e della coesione sociale, ma le criticità e i rischi di un uso improprio dei nuovi poteri da parte di chi ha il compito di amministrare certamente esiste. Un più attento esame da parte del Parlamento, reso impossibile dai tempi per la conversione di un decreto legge, sarebbe stato non solo utile ma anche necessario per evitare il rischio di un uso meramente repressivo delle nuove norme, come già è avvenuto da parte di alcuni sindaci leghisti. E per evitare i rischi denunciati da Roberto Saviano, da molti parlamentari di sinistra e dalle associazioni quotidianamente impegnate nell’aiutare i soggetti più deboli.

So bene quanto è difficile governare una città e posso immaginare quanto sia difficile governare un Paese, soprattutto quando le diseguaglianze aumentano giorno dopo giorno, ma anche per questo sono convinto che un confronto più sereno e costruttivo a sinistra, soprattutto su temi così delicati e difficili, non può che contribuire a trovare le soluzioni più equilibrate e più giuste, oltre che più efficaci.

© Riproduzione riservata 16 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/05/16/news/la_sinistra_riscopre_la_sicurezza_dei_diritti-165549523/?ref=RHPPRB-BH-I0-C4-P1-S1.4-T1
5047  Forum Pubblico / ITALIA VALORI e DISVALORI / Danilo Di Matteo Non basta riproporre vecchi modelli di welfare inserito:: Maggio 17, 2017, 06:01:43 pm
Opinioni

Danilo Di Matteo   · 16 maggio 2017

20 anni dopo la socialdemocrazia di fronte al suo smarrimento
Non basta riproporre vecchi modelli di welfare

Come è noto, i trenta gloriosi anni della socialdemocrazia, iniziati nel secondo dopoguerra, si sono conclusi.

L’utopia concreta socialdemocratica o, secondo un’altra espressione, il compromesso socialdemocratico, che pure hanno caratterizzato tanti aspetti del Novecento, hanno da tempo cessato di rappresentare un modello.

Ciononostante, mi basta andare indietro con la memoria per notare un fatto: le socialdemocrazie (al plurale), pur articolate su base nazionale, hanno esercitato la loro maggiore influenza quando, al di là dello stesso sistema di protezione sociale, hanno avuto qualcosa da dire al resto del mondo: si pensi alla “Ostpolitik” di Willy Brandt, che assegnava un ruolo importante anche al Pci, o al messaggio di Olof Palme sul rapporto fra il Nord e il Sud del globo.

E che dire del successo, a metà degli anni ’80, del libro di Peter Glotz, dirigente dell’Spd, intitolato “La socialdemocrazia tedesca a una svolta”? O, nello stesso decennio, del cosiddetto “socialismo mediterraneo”, incarnato da leader come François Mitterrand, Bettino Craxi, Felipe González? Più di recente, poi, abbiamo conosciuto le esperienze della “Terza via” di Tony Blair e del “Nuovo centro” di Gerhard Schröder.

Sono stati fenomeni colmi di contraddizioni, contrassegnati da limiti ed errori; talora semplici conati, non seguiti da concrete acquisizioni.

In ogni caso si è trattato di tentativi di promuovere o di guidare la modernizzazione, ispirandosi a principi di libertà e di giustizia.

Ecco: più che ragionare in maniera astratta del Pse, viene oggi da chiedersi quale sia davvero il contributo degli eredi di quelle tradizioni all’elaborazione politica e culturale volta a far fronte a una crisi per tanti versi inedita.

La semplice riproposizione del Welfare State rischia di essere sterile o addirittura di colludere con i rigurgiti e le pulsioni sovraniste. Come promuovere politiche di inclusione e di giustizia sociale nell’Unione europea nell’epoca delle spinte e delle sfide globali? Ecco il dilemma, dinanzi al quale finora nel campo socialdemocratico e laburista stanno prevalendo confusione e smarrimento.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/20-anni-dopo-la-socialdemocrazia-di-fronte-al-suo-smarrimento/
5048  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / GIORDANO STABILE. Il mattatoio del regime con 50 impiccagioni al giorno inserito:: Maggio 17, 2017, 06:00:18 pm
Il mattatoio del regime con 50 impiccagioni al giorno
Nella prigione rinchiusi militari disertori e oppositori del dittatore. Le esecuzioni nella notte. Molti detenuti morti per torture e stenti

Pubblicato il 16/05/2017

GIORDANO STABILE
INVIATO A BEIRUT

Il «mattatoio» di Bashar al-Assad ora è anche «forno crematorio». Un dettaglio che avvicina ancora di più gli orrori della guerra civile siriana a quelli dell’Europa nazista. Il luogo è sempre quello, la prigione di Sednaya. Trenta chilometri a Nord-Est di Damasco. Il nome della località viene da Saydna, Nostra Signora, perché il punto più alto delle alture che culminano a 1500 metri è dominato da uno dei più belli e importanti santuari dedicati alla Madonna in Siria. Luogo millenario di pellegrinaggi.

Più in basso, alla periferia della cittadina, si trova però la più famigerata delle carceri del regime. Dal paradiso all’inferno. Il mattatoio è cominciato nel 2012. Il complesso si distingue per due edifici. La «divisione rossa», per i civili, e la «divisione bianca», per i militari. Sednaya è soprattutto una prigione dell’esercito, ma con lo scoppio della guerra civile deve far fronte a un flusso di prigionieri sempre più massiccio. La maggior parte sono soldati e ufficiali disertori.
 
Le condizioni peggiorano rapidamente. I primi a farne le spese sono gli ammalati. Vengono portati all’ospedale di Tishreen, a Damasco, solo per essere lasciati morire senza cure, come hanno raccontato alcuni sopravvissuti alle organizzazioni umanitarie. Una delle prime testimonianze è quella di un ex ufficiale delle forze speciali, raccolta dal Syrian Observer, vicino all’opposizione. L’uomo ha assistito alla morte di quattro compagni, tanto che «più nessuno voleva essere portato all’ospedale, preferivano morire in cella». Spesso i compagni, e qualche volta anche lui, «speravano che morissero in fretta, in modo di poter prendere il loro cibo e i loro vestiti».
 
Con l’intensificarsi della guerra e della repressione la «Divisione rossa» si riempie all’inverosimile. È un edificio a forma di stella a tre punte, a cinque piani, due sotterranei. Ogni piano ha 60 camerate, ciascuna può ospitare fino a 50 prigionieri. In tutto possono starci circa 15 mila persone. Manca il cibo, i detenuti si indeboliscono e si ammalano. Molti vengono semplicemente «lasciati andare», ma per altri ci sono i processi sommari e le esecuzioni.
 
Il rapporto di Amnesty 
È quello che ha ricostruito un’indagine di Amnesty International, pubblicata lo scorso febbraio. Migliaia di corpi, secondo l’inchiesta, sono stati sepolti «in fosse comuni» nei dintorni di Damasco. Per cinque anni esecuzioni e sepolture si sono svolte di notte. Ogni giorno verrebbero impiccate 50 persone. Amnesty ha raccolto 84 testimonianze, ricostruito il percorso di morte di 31 uomini, sia della «Divisione rossa» che della «Divisione bianca». Il rapporto testimonia che molti altri, ammalati, sono morti all’ospedale militare di Tishreen e sepolti in terreni dell’esercito a Nahja, a Sud di Damasco, e nella cittadina di Qatana. Il rapporto, redatto da Nicolette Waldman, non fa però cenno ai «forni crematori».

La necessità di bruciare corpi si è manifestata probabilmente nell’ultimo periodo. Un modo per nascondere le esecuzioni, evitare sospetti. Per Waldman, «non ci sono ragioni di credere che le impiccagioni si sono fermate». Le ha definite «una politica di sterminio». I processi durano «pochi minuti». Le condanne sono sottoscritte dal ministro della Difesa.
 
La fine della de-escalation 
Ora le rivelazioni sui «forni crematori» aggiungono orrore all’orrore. La denuncia arriva in un momento positivo per il regime. I ribelli di due quartieri periferici di Damasco, Qabun e Barzé, si sono appena arresti, e l’evacuazione dei combattenti è cominciato ieri. Fra poco toccherà a Yarmouk e a quel punto i ribelli controlleranno solo la zona del Ghouta. La fine dell’insurrezione a Damasco, dopo Aleppo. L’opposizione ridotta a qualche frangia di territorio al confine con la Turchia e la Giordania. Per Jones, assistente del Segretario di Stato, la terribile scoperta getta cattiva luce anche sull’intesa raggiunta ai colloqui di pace di Astana per l’istituzione di «zone sicure» e la «de-escalation» del conflitto. Gli Stati Uniti restano «scettici».

Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.

Da - http://www.lastampa.it/2017/05/16/esteri/il-mattatoio-del-regime-con-impiccagioni-al-giorno-NjC2eawMBmLvhMefSVH8ZL/pagina.html
5049  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / ROSARIA AMATO. Istat: scompaiono la classe operaia e la piccola borghesia, aumen inserito:: Maggio 17, 2017, 05:58:51 pm
Istat: scompaiono la classe operaia e la piccola borghesia, aumentano le disuguaglianze

Il Rapporto Annuale Istat ricostruisce le classi sociali: disgregate le vecchie classi sociali, le differenze sono acuite da una distribuzione dei redditi che penalizza gli stranieri e le famiglie con figli.

Pesa anche la scomparsa delle professioni intermedie, cresce soprattutto l'occupazione a bassa qualificazione.
In stato di povertà assoluta 1,6 milioni di famiglie, il 28,7% a rischio di povertà o esclusione sociale

Di ROSARIA AMATO
17 maggio 2017

ROMA - Non esiste più la classe operaia, si fa fatica a rintracciare il ceto medio, e sempre di più nelle famiglie italiane la "persona di riferimento" è un anziano, magari pensionato. Nel Rapporto Annuale 2017 l'Istat prova a ricostruire la società italiana e a tracciare i connotati delle nuove classi sociali: molto è cambiato ma molto si è cristallizzato. La disuguaglianza aumenta e non è legata a ragioni antiche, al censo, ai beni ereditati, ma in gran parte ai redditi, e in buona parte anche alle pensioni. Da opportunità nascono opportunità: i figli della classe dirigente diventano classe dirigente, i figli dei laureati diventano laureati, gli altri lasciano la scuola giovani. La classe impiegatizia si arricchisce con le attività culturali, le famiglie a basso reddito guardano la tv. Il lavoro si polarizza: scompaiono le professioni intermedie, aumenta l'occupazione nelle professioni non qualificate, si riducono operai e artigiani. E nella classe media impiegatizia le donne giocano un ruolo importante: nonostante nel complesso il tasso di occupazione femminile sia più basso di 18 punti rispetto a quello maschile, in 4 casi su 10 le donne sono i principali percettori di reddito, e dunque con una quota maggiore rispetto agli altri gruppi della popolazione.

Le nuove classi sociali. "La perdita del senso di appartenenza a una certa classe sociale è più forte per la piccola borghesia e la classe operaia", osserva l'Istat. L'istituto però non si limita a prendere atto della disgregazione dei gruppi tradizionali della società italiana, ma ne propone una ricostruzione originale, che suddivide la popolazione (stranieri compresi) in nove nuovi gruppi: i giovani blue-collar e le famiglie a basso reddito, di soli italiani o con stranieri, gruppi nei quali è confluita quella che un tempo era la classe operaia; le famiglie di impiegati, di operai in pensione e le famiglie tradizionali della provincia, nei quali confluisce invece la piccola borghesia; un gruppo a basso reddito di anziane sole (le donne vivono di più rispetto agli uomini) e di giovani disoccupati; e infine le pensioni d'argento e la classe dirigente. In questa classificazione incidono vari fattori, il più importante è il reddito, che viene valutato in termini di spesa media mensile: si va dai 1.697 euro delle famiglie a basso reddito con stranieri agli oltre 3.000 delle famiglie di impiegati e delle pensioni d'argento fino alla classe dirigente che supera di poco i 3.800 euro mensili.

Disuguaglianze sempre più cristallizzate. Una divisione nuova della società italiana farebbe pensare a cambiamenti rivoluzionari. In realtà di rivoluzionario in Italia al momento non c'è niente: è una società che cristallizza le differenze, e che da tempo ha bloccato qualunque tipo di ascensore sociale. In effetti funziona quello verso il basso, ma i piani alti sono sempre meno accessibili. Tra le famiglie con minori disponibilità economiche pesano di più le spese destinate al soddisfacimento dei bisogni primari (alimentari e abitazione), mentre in quelle più abbienti, che sono poi anche quelle con un maggiore livello d'istruzione, sale l’incidenza di spese importanti per l’inclusione e la partecipazione sociale, destinate a servizi ricreativi, spettacoli e cultura e a servizi ricettivi e di ristorazione. L'Istat ordina le famiglie per "quinti" di spesa, e il risultato è che gli ultimi due quinti spendono il 62,2% del totale contro poco più del 20% dei primi due.

E' soprattutto il reddito a determinare la condizione sociale. Le disuguaglianze in Italia si spiegano soprattutto con il reddito, ed evidentemente con la mancanza di meccanismi di redistribuzione adeguati, a differenza di altri Paesi europei. I redditi da lavoro, spiega l'Istat, spiegano il 64% delle disuguaglianze, però una parte è determinata dai redditi da capitale, non sono solo redditi da lavoro. Le pensioni contribuiscono al 20% della disuguaglianza, e si tratta di un dato in forte crescita dal 2008, anche per via dell'invecchiamento della popolazione (nel 2008 la percentuale si fermava al 12%).

Cresce la deprivazione materiale. Risale l'indicatore di grave deprivazione materiale, che passa all'11,9% dall'11,5% del 2015. In difficoltà soprattutto le famiglie di stranieri, con disoccupati, oppure occupazione part-time, specialmente con figli minori. La povertà assoluta riguarda invece 1,6 milioni di persone, il 6,1% delle famiglie che vivono in Italia. Però se si considerano le famiglie, e non gli individui, poiché quelle povere in genere sono famiglie numerose, l'incidenza della povertà assoluta individuale è più alta, arriva al 7,6% della popolazione.

Il 28,7% a rischio di povertà o esclusione. Sono molte di più le famiglie a rischio di povertà ed esclusione sociale: il 28,7% della popolazione. La quota quasi raddoppia nelle famiglie con almeno un cittadino straniero.

Occupazione di bassa qualità. L'Istat conferma l'aumento dell'occupazione, anche se sui 22,8 milioni di occupati del 2016 mancano ancora all'appello 333.000 unità nel confronto con il 2008. Inoltre, e questo spiega l'impoverimento di una parte consistente della popolazione, si tratta soprattutto di occupazione nelle professioni non qualificate (l'aumento su base annua è del 2,1%). Diminuiscono operai e artigiani (meno 0,5%). Cresce moltissimo il lavoro part-time, e quello in somministrazione aumenta del 6,4% su base annua. Il lavoro determina l'appartenenza alle "nuove" classi sociali: nella classe dirigente nove occupati su dieci svolgono una professione qualificata.

Crescita concentrata nei servizi. Nel 2016 oltre il 95% della crescita è concentrata nei servizi, settore in cui i livelli occupazionali superano di oltre mezzo milioni quelli del 2008. Prevalgono trasporti e magazzinaggio, alberghi e ristorazione e i servizi alle imprese: l'industria è ancora in arretrato di 387.000 unità rispetto al 2008.

Sono scomparsi i giovani. Nell'ultimo decennio l'Italia ha perso 1,1 milioni di 18-34 anni. Mentre al 1° gennaio 2017 la quota di individui con oltre 65 anni raggiunge il 22%, facendo dell'Italia il Paese più vecchio d'Europa. Nel 2016 si è registrato un nuovo minimo delle nascite, nonostante gli stranieri, che sono arrivati a poco più di cinque milioni, prevalentemente

Il 6,5% rinuncia a visite mediche. Il reddito insufficiente influisce anche sulla salute: negli ultimi 12 mesi ha rinunciato a una visita specialistica il 6,5% della popolazione, nel 2008 la quota si fermava al 4%.
 
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Da - http://www.repubblica.it/economia/2017/05/17/news/rapporto_istat-165634199/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1
5050  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / Achille Occhetto: "L'unica sinistra che convince è quella di Papa Francesco" inserito:: Maggio 17, 2017, 05:57:27 pm
POLITICA
Intervista Huffpost a Achille Occhetto: "L'unica sinistra che convince è quella di Papa Francesco"
"Sono contrario all'unione contro i populismi”

 16/05/2017 10:37 CEST | Aggiornato 16/05/2017 10:38 CEST

Nicola CORDA Giornalista

Perde anche Martin Schulz, l'Europa socialista non ingrana più. La lista ormai e lunga, un rosario di dolore: in Francia i socialisti sono al minimo storico, in Olanda sono stati spazzati via, in Gran Bretagna i conservatori si preparano a una nuova stagione di governo, in Spagna sono schiacciati da Popolari e Podemos. Achille Occhetto, che ha traghettato il Pci nella socialdemocrazia europea ha certamente titolo per fare "l'analisi degli errori". Intanto capire se è davvero una disfatta o ci sono margini per risalire. Martin Schulz doveva incarnare la sinistra europea in rimonta e invece...

"Non c'è dubbio che c'è una crisi profonda e preoccupante dei partiti socialdemocratici e socialisti, che ha assunto un carattere continentale che richiede un analisi profonda. Una crisi che coinvolge non solo la sinistra moderata ma anche quella radicale che nasce da lontano. Sono cambiati tutti i parametri della realtà sociale del '900 i rapporti di produzione le caratteristiche del mondo produttivo e dei consumi. Quindi anche da parte della politica le risposte, le idee devono essere diverse".

Lei Occhetto si ricorda: dal crollo del muro in poi quelle scelte di mezzo, le terze vie, il lib-lab, davanti all'avanzata del mercato hanno mostrato grandi limiti.
"Nell'89 per i socialisti si apriva una fase: bisognava andare oltre il comunismo ma anche oltre la socialdemocrazia, ovviamente senza metterle sullo stesso piano. Di fronte a questo scenario e forte cambiamento c'erano due vie d'uscita che in entrambi i casi sono state insufficienti. La sinistra radicale non ha riflettuto a sufficienza, chiudendosi in un radicalismo generoso ma mesto sul terreno dei contenuti e fine a se stesso. La sinistra moderata ha provato a cavalcare il cambiamento ma lisciando il pelo dalla parte del suo verso, ovvero del dominio neoliberista. Capostipite di questa tendenza è stato il blairismo. Tony Blair ha iniziato in modo brillante ma poi si è mosso su una linea deludente in quella che definirei di "Thatcherismo filantropico". Oggi i laburisti inglesi sono destinati a perdere ancora. Nei giorni scorsi è arrivata la proposta stravagante di farli scegliere tra 'hard brexit' e 'low brexit', un messaggio difficile da ricevere e intanto mentre Blair si balocca con queste proposte politicistiche come si direbbe in Italia, la May sta mettendo i carri armati nel giardino dell'avversario proponendo riforme sociali".


Finirà così anche in Germania?
"Non tutta la socialdemocrazia ha fatto gli stessi sbagli. Martin Schulz lo conosco bene da quando era capogruppo al Parlamento europeo e credo che la sconfitta di ieri non sia un colpo diretto a lui ma alla dirigenza del partito locale che probabilmente ha fatto gli errori di cui parlavo prima, che coincide e unifica quelle sconfitte da lei ricordate. L'errore di aver condiviso la linea dell'austerità che a poco a poco ha logorato le protezioni sociali colpendo al cuore il welfare. Ma ora c'è il rischio che si arrivi troppo tardi".

Da una parte confusi con un liberismo ormai incontrollabile, dall'altra una sinistra radicale che si chiude, diventa protezionista e si contende i voti di protesta con la destra. Cosa non torna in questo quadro?
"Ma per me la cosa drammatica è che la protesta non sia raccolta dalla sinistra. Marine Le Pen dice una cosa giusta quando ricorda che si è persa sovranità economica monetaria e politica ma risponde in modo sbagliato indicando la strada del sovranismo nazionalista. Così assistiamo a un assurdo balletto di accuse reciproche che non porta da nessuna parte. Il tema esiste ma la sinistra non può affrontarlo sullo stesso terreno di scontro, con attacchi generici al sovranismo ma avanzare la sua proposta su un terreno più elevato. Abbiamo di fronte tre grandi sfide, quella dell'ambiente, dell'aumento demografico con i flussi migratori e della diseguaglianza globale. Servirebbe il coraggio di un riformismo cosmopolita. Capisco le obiezioni dei realisti che espongono la difficoltà di aprire un fronte come questo, ma bisogna avere anche il coraggio di perdere qualcosa magari nel breve periodo. Non si può rimanere aggrappati al presente della governabilità perché con le visioni ristrette si perde anche nel futuro".

Intanto però c'è un destra che vince tra il popolo di sinistra. Che cosa sta accadendo?
"Accade che stanno saltando tutti i parametri e tuttavia nell'originalità del periodo che stiamo vivendo ha qualche precedente tra le due guerre quando ci fu una crisi economico sociale molto forte. Disgregazione e insicurezza fanno prevalere le parole d'ordine semplicistiche della destra che però sono destinate a lasciare la bocca amara. Il montare di questo clima è quello che più mi preoccupa anche in Italia: c'è una politica del vaffa che coinvolge anche il sistema dell'informazione che alimenta la protesta per la protesta, dello scandalo che alimenta consensi che non possono che essere raccolti dalle destre populiste o dal Movimento di Grillo senza sbocchi democratici chiari".

Macron e Renzi hanno spostato la barra al centro per salvarsi da questo?
"Sono contrario all'unione contro i populismi ma in una situazione drammatica come quella che si prospettava in Francia non avrei avuto dubbi a votare per lui. Certo non mi è piaciuto il fatto che abbia nominato primo ministro un delfino di Juppé ma questo non revoca il mio voto virtuale. In certi momenti bisogna scegliere la stabilità democratica".

In Italia invece l'unica sinistra che convince è quella di Papa Francesco?
"Forse sì, naturalmente come battuta che spiega il paradosso di una situazione molto difficile. Da mesi assistiamo a una serie di scissioni in un momento in cui servirebbe una riflessione comune. Se ancora si usa bisognerebbe dire: 'compagni siamo sulla stessa barca' e invece non si parte da questo presupposto intellettualmente onesto, lontani da questa presa di coscienza per una ricomposizione. La scissione era evitabile, da una parte e dall'altra vedo delle responsabilità da chi doveva garantire l'unità del partito e da chi ha fatto una scissione d'apparato, pretestuosa e incapace di parlare a quella sinistra che si è allontanata. Ingeneroso anche il giudizio sulle primarie, è vero che hanno votato meno che nel passato ma quelle persone fanno parte della nostra comunità, sono un baluardo di democrazia e non si può definirli come degli emuli di Berlusconi. Sono analisi paragonabili al peggior settarismo di stampo staliniano".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2017/05/16/intervista-huffpost-a-achille-occhetto-lunica-sinistra-che-co_a_22092848/?utm_hp_ref=it-homepage
5051  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / VINCENZO NIGRO Migranti dal Niger alla Libia viaggio nell'orrore: Noi africani.. inserito:: Maggio 17, 2017, 05:55:35 pm

Migranti, dal Niger alla Libia viaggio nell’orrore: "Noi africani torturati e ridotti in schiavitù"
Seny Condjira e Demba Djack ci hanno provato: partiti dal Senegal, hanno attraversato il deserto per poi finire in un "mercato degli schiavi" libico. Il loro viaggio della speranza verso l'Europa è fallito

Dal nostro inviato VINCENZO NIGRO
17 maggio 2017

NIAMEY - Per chi vuole entrare in Libia, per provare a saltare in Europa, il Niger è tutto. È la porta d'ingresso, la rotta di avvicinamento. Ma è anche la via di fuga, il percorso da fare in retromarcia per fuggire al mattatoio. Seny Condjira e Demba Djack ci hanno provato. Sono partiti dal Senegal, sono passati qui in Niger, sono entrati in Libia, hanno provato ad arrivare in Europa. Ma hanno fallito: sono stati torturati, picchiati, hanno assistito a tutto quello che succede da quelle parti. E hanno deciso che non era possibile, che dalla Libia bisognava soltanto fuggire, rientrare in Niger per tornare a casa.

Alla stazione di Niamey dei bus della "Sahelienne", la compagnia che collega le capitali dell'Africa occidentale, i racconti dei migranti in ritirata dalla Libia sono terrificanti. Nelle foto sui telefonini ti fanno vedere i segni delle torture, i corpi martoriati e mutilati, due decapitati, decine di corpi bruciati non si capisce bene in quale occasione. Seny era partito quasi un anno fa. "Mio cugino è già in Italia, mi ha detto che da voi è assolutamente meglio della povertà assoluta che c'è qui".

Anche Demba ha provato a passare da Sebha e Tripoli per arrivare in Europa. "Vengo dalla regione di Matan, nell'interno del Senegal. Anche io ho visto le torture e la schiavitù in Libia. E sono fuggito". Ma perché questa violenza bestiale? "Adesso ti spiego come funziona in Libia", dice Seny che ha 34 anni e viene dalla regione di St.Louis. "Avevo iniziato il mio viaggio quasi un anno fa: dal Senegal al Mali tutto bene, noi con la carta di identità possiamo viaggiare nei paesi della Comunità dell'Africa occidentale. Poi dal Mali si passava in Burkina Faso, e lì i primi problemi: i poliziotti provano a rapinarti, a prenderti tutto quello che hai, e se non paghi rimani fermo alle stazioni per ore, per giorni. Per cui tu paghi. Siamo arrivati a Niamey, poi ad Agadez, prima di partire per il deserto e la Libia.

Ad Agadez ci attendevano i trafficanti, per giorni siamo rimasti nei ghettos organizzati per noi migranti: si sono fatti pagare e ci hanno assicurato il passaggio in Libia, in 30 su un pick-up Toyota. Il viaggio a noi è andato bene, in tre giorni siamo arrivati prima a Gatrun e poi a Sebha in Libia. Ma lì è l'autista ha detto che il trafficante non aveva pagato per noi, e che quindi doveva venderci, ci doveva portare dove c'erano gli altri migranti. Era una grande piazza, con intorno dei garage, un mercato degli schiavi".

"Noi africani venivamo comprati e venduti da arabi, da libici, che lavorano con la manovalanza di "caporali" nigeriani e ghanesi. Mi hanno venduto e trasferito in una prigione, una grande casa privata con altre 200 persone. Lì è iniziato il terrore: i carcerieri ci picchiavano, ci tagliavano con i machete, alcuni li hanno uccisi davanti agli altri. Perché? Ma perché tutti dovevamo essere terrorizzati e poi telefonare a casa per chiedere soldi, 300, 400 o 500 dollari per essere rimessi in libertà. Quando chiamavamo le nostre famiglie loro ci picchiavano per farci urlare, per terrorizzare i nostri parenti". Seny spiega bene come gli schiavisti libici ordinino ai migranti di chiedere soldi alle famiglie, chiedono di mandare i soldi con money transfer a loro complici in Ghana o in Guinea, così possono incassare senza farli passare dalla Libia.

Demba racconta che durante la prigionia molti ogni mattino venivano caricati per andare a lavorare nei campi, a costruire o riparare edifici, a fare qualsiasi tipo di lavoro fosse utile ai padroni. "Io sono riuscito ad avere un po' di soldi dalla mia famiglia", dice Seny, "e a migliorare la mia posizione. Poi ho lavorato per loro come traduttore, perché molti di noi non parlavano nessuna lingua, in Libia il francese che parliamo noi non serve. In un modo o nell'altro, sono riuscito a comprami un viaggio per ritornare in Niger, e l'Oim (l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, ndr) mi ha aiutato a tornare in Senegal".

Demba era arrivato fino a Tripoli, dove per settimane è passato da una fattoria-prigione all'altra. È riuscito a sopravvivere, e non sa ancora bene come sia riuscito a rientrare in Niger in rotta per il Senegal. "A Tripoli eravamo in condizioni micidiali. Un libico si è impietosito per uno di noi, lo ha portato in ospedale, ma in ospedale non c'era nulla. È stato fortunato perché un infermiere ha messo un post su Facebook e gli uomini dell'Oim sono andati ad aiutarlo, lo hanno curato e lo hanno rimesso in rotta per il Sud, io l'ho seguito".

I rapitori libici lavorano su grandi numeri: "Fanno fare decine e decine di telefonate, e trovano famiglie che corrono a vendersi la casa, le vacche, un pezzetto di terra pur di trovare i dollari chiesti come riscatto. In Libia è il caos totale, non c'è legge, è la perversione assoluta ". Giuseppe Loprete, il capo dell'Oim in Niger, dice che neppure questi racconti di vero terrore bastano a fermare quelli che dal Niger sono ancora in rotta verso il Nord, verso la Libia, sognando l'Europa: "Da mesi raccontiamo che il viaggio è un incubo, che possono morire in mare, che possono essere torturati e uccisi dai trafficanti. Da qualche settimana abbiamo iniziato a far incontrare chi sale verso il Nord con chi fugge dagli schiavisti: soltanto i racconti di chi abbandona i campi di concentramento dei trafficanti ogni tanto convincono qualcuno a tornare indietro".

Seny e Demba spiegano però qualcosa di decisivo per capire la disperazione che sale dall'Africa: "Quando un anno fa abbiamo deciso di partire abbiamo mobilitato le famiglie, abbiamo chiesto soldi, abbiamo venduto animali, abbiamo dato una speranza ai nostri cari, abbiamo detto loro che avremmo mandato indietro soldi dall'Europa. Ecco, adesso tornare indietro è ammettere il fallimento, è confessare che i soldi richiesti sono stati perduti. Bruciati! Noi non si sa come siamo riusciti a fuggire dopo quello che abbiamo visto. Tanti non ci provano neppure, perché morire in Libia o in mare è meno grave di tornare indietro. Morire in Libia per tanti è meglio che rivedere una famiglia che non ti perdonerà di avere fallito".

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17 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2017/05/17/news/niger_torture-165631470/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S1.8-T1
5052  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / MATTEO RENZI Banca Etruria, attacco di Renzi: «De Bortoli ha un’ossessione per.. inserito:: Maggio 17, 2017, 05:53:04 pm
Banca Etruria, attacco di Renzi: «De Bortoli ha un’ossessione per me»
La replica dell’ex direttore
L’ex premier in una intervista al «Foglio» si scaglia contro l’autore di «Poteri forti (o quasi)».
E sull'istituto toscano dice: «Praticamente tutte le banche hanno visto il dossier Etruria in quella fase. Bene la commissione d’inchiesta, avremo modo di studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti - per modo di dire»

Di Fabrizio Massaro

Il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi rompe il silenzio sulla vicenda dell’interessamento dell’ex ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, alla vendita di Banca Etruria, di cui era vicepresidente suo padre, Pier Luigi. E lo fa con un attacco diretto a Ferruccio de Bortoli, l’ex direttore del Corriere della Sera che nel suo libro «Poteri forti (o quasi)» ha rivelato la richiesta di Boschi all’allora amministratore delegato di Unicredit, di «valutare una possibile acquisizione» dell’istituto aretino in grave crisi. «De Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent’anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina? Chi ci crede è bravo», risponde l’ex premier in un’intervista al Foglio. «Ma voglio dire di più. Ferruccio de Bortoli ha una ossessione personale per me che stupisce anche i suoi amici. Quando vado a Milano, mi chiedono: ma che gli hai fatto a Ferruccio? Boh. Non lo so. Forse perché non mi conosce. Forse perché dà a me la colpa perché non ha avuto i voti per entrare nel Cda della Rai e lo capisco: essere bocciato da una commissione parlamentare non è piacevole. Ma può succedere, non mi pare la fine del mondo».

«Unicredit su Etruria? Segreto di Pulcinella»

Renzi entra nel merito anche delle condizioni della Popolare dell’Etruria: «Che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella. Praticamente tutte le banche d’Italia hanno visto il dossier Etruria in quella fase. Come pure il dossier Ferrara, il dossier Chieti, il dossier Banca Marche. Lo hanno visto tutti e nessuno ha fatto niente». E continua: «Arriverà un giorno in cui si chiariranno le responsabilità a vari livelli e se c’è un motivo per cui sono contento che la legislatura vada avanti fino ad aprile 2018 è che avremo molto tempo per studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti. Cioè, competenti per modo di dire. Non vedo l’ora che la commissione d’Inchiesta inizi a lavorare». Il riferimento è alla commissione d’inchiesta sulle banche la cui legge istitutiva dovrebbe essere votata definitivamente questo mese e ai ruoli anche di Banca d’Italia e di Consob.

«Boschi senior? Nemmeno rinviato a giudizio»

Il segretario del Pd non parla della richiesta del ministro Maria Elena Boschi a Ghizzoni ma sottolinea che «Banca Etruria rappresenta meno del 2 per cento delle perdite delle banche nel periodo 2011-2016. Boschi senior è stato vicepresidente non esecutivo per otto mesi e poi noi lo abbiamo commissariato: mi pare che non sia stato neanche rinviato a giudizio. Se vogliamo parlare delle banche, parliamone. Ma sul serio». Quindi, di nuovo su de Bortoli: «Per concludere vorrei ricordare un dettaglio. Ferruccio de Bortoli ha detto falsità su Marco Carrai. Ha detto falsità sulla vicenda dell’albergo in cui ero con la mia famiglia. Ha detto falsità sui miei rapporti con la massoneria. Non so chi sia la sua fonte e non mi interessa. So che è ossessionato da me. Ma io non lo sono da lui. È stato un giornalista di lungo corso, gli faccio i miei auguri per il futuro e spero che il suo libro venda tanto».

13 maggio 2017 (modifica il 13 maggio 2017 | 11:32)
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5053  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Andrea ROSSI, il nuovo responsabile organizzazione del Pd scelto da Renzi. inserito:: Maggio 16, 2017, 02:15:15 pm
Focus
Unità.tv  @unitaonline  · 13 maggio 2017

Ecco chi è Andrea Rossi, il nuovo responsabile organizzazione del Pd scelto da Renzi

Il leader dem ha anticipato uno dei nuovi tasselli della sua nuova segreteria

Andrea Rossi, reggiano, 40 anni, sarà il nuovo responsabile dell’organizzazione del Partito Democratico. Lo ha annunciato Matteo Renzi durante un incontro a porte chiuse, ieri sera, con i segretari di circolo dell’Emilia-Romagna. Renzi ha anticipato uno dei nuovi tasselli della sua segreteria, sottolineando come l’Emilia-Romagna sia un modello organizzativo di riferimento per il Pd. Di una sua possibile nomina se ne parlò già a inizio anno. Adesso è ufficiale.

Rossi, sottosegretario alla presidenza della Regione Emilia-Romagna dove è, in pratica, il braccio operativo di Stefano Bonaccini, è stato per dieci anni sindaco del suo paese, Casalgrande, ma è stato (ed è tuttora) soprattutto, l’organizzatore della festa dell’Unità di Villalunga di Casalgrande, che negli anni è diventata un piccolo mito dentro il Pd.

È la festa più grande organizzata da un solo circolo in Italia, gestisce una decina di ristoranti, numerosi spettacoli e i volontari sono molti di più degli iscritti al partito. Negli ultimi anni ci sono passati tutti i big del Pd, compreso Matteo Renzi che vi ha più volte preso parte. In questi anni, anche senza un incarico formalizzato, Rossi è stato spesso in prima linea nell’organizzazione di iniziative e campagne elettorali. Più uomo macchina che presenza da talk show, Rossi avrà da Renzi un mandato pieno con un obiettivo chiaro: portare il Pd in tutta Italia ad assomigliare il più possibile al Pd di Casalgrande.

Ieri sera, nel corso del suo intervento, Renzi ha detto di voler puntare forte sia sul web sia su una più forte organizzazione del partito. Quindi, maggior “presenza fisica” in mezzo alla gente, per essere “più partito” e per capire meglio i problemi delle persone. Una capacità di avere antenne sul territorio che Renzi ha raccomandato in particolare ai circoli. E proprio questo sarà uno dei compiti affidati a Rossi.

Da - http://www.unita.tv/focus/ecco-chi-e-andrea-rossi-il-nuovo-responsabile-organizzazione-del-pd-scelto-da-renzi/
5054  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Fiorenza SARZANINI. Le intercettazioni su Tiziano Renzi Omissioni e nuovi ... inserito:: Maggio 16, 2017, 02:13:16 pm

L’inchiesta

Le intercettazioni su Tiziano Renzi Omissioni e nuovi sospetti
Il capitano Scafarto accusato di aver falsificato la parte degli atti sulla Consip che riguarda l’attività del padre dell’ex premier, non riportò una frase sulla fuga di notizie

Di Fiorenza Sarzanini

Anche alcune intercettazioni di Tiziano Renzi potrebbero essere state manipolate. Il sospetto emerge dopo l’interrogatorio di Gianpaolo Scafarto, il capitano del Noe accusato di aver falsificato la parte degli atti sulla Consip che riguarda proprio l’attività del padre dell’ex premier Matteo, ma anche di aver accreditato un ruolo dei servizi segreti in realtà risultato finora inesistente. L’ufficiale avrebbe infatti omesso di riportare nella sua informativa finale alcune circostanze emerse proprio ascoltando quei colloqui, accreditando invece la possibilità che ad avvisare Renzi senior delle verifiche disposte nei suoi confronti fosse stato Palazzo Chigi. Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi hanno delegato i carabinieri del comando provinciale di Roma guidati dal generale Antonio De Vita a rileggere il fascicolo e ascoltare nuovamente le conversazioni. Ma numerosi dettagli già emersi confermano che la maggior parte delle circostanze contenute nel capitolo 17 — quello sui rapporti istituzionali dell’imprenditore Alfredo Romeo — potrebbero essere state contraffatte. Scafarto sostiene che si tratta soltanto di «errori», ma poi ribadisce di aver «sempre condiviso tutto con il pubblico ministero Henry John Woodcock».

La «soffiata» di Tiziano

L’utenza di Tiziano Renzi viene intercettata a partire dal 5 dicembre. Sono i giorni più caldi dell’inchiesta. Due settimane dopo si scopre infatti che sono inquisiti per fuga di notizie il ministro per lo Sport Luca Lotti, il comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette e quello della Toscana Emanuele Saltalamacchia, accusati di aver avvisato i vertici Consip dell’indagine in corso. Il 7 dicembre Roberto Bargilli, l’autista del camper di Matteo Renzi, telefona a Carlo Russo, il faccendiere amico di Tiziano Renzi. «Sono Billy... scusami, ti telefonavo... per conto di babbo... mi ha detto di dirti di non lo chiamare e non mandargli messaggi».

L’accusa al premier

Scrive Scafarto nell’informativa: «La domanda più ovvia da farsi è quella relativa ai motivi per cui una persona come Renzi Tiziano venga avvisato di essere intercettato, ma la risposta, altrettanto scontata, appare solo una, ovvero che il figlio Matteo Renzi, Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, abbia messo in campo tutte le risorse disponibili per tutelare la sua famiglia e quindi anche il padre». In realtà nelle telefonate intercettate è lo stesso Tiziano Renzi a raccontare di essere stato avvertito dell’inchiesta in corso «da un giornalista del Fatto Quotidiano». I controlli sui tabulati confermano che effettivamente ci sono stati scambi di sms con il giornalista sin da novembre. Quando a Scafarto è stato chiesto come mai non avesse riportato questa circostanza lui ha risposto: «Nulla so dire. Non ricordo di essere stato informato di questa telefonata», così accreditando l’ipotesi che i suoi sottoposti non l’avessero informato.

«Avvisai Woodstock»

L’ufficiale continua ad accreditare l’ipotesi di aver sempre «condiviso con il pm di Napoli Woodcock» ogni mossa. Quando i magistrati romani gli chiedono come mai, nonostante fosse stato scoperto che il presunto agente dei servizi segreti che «spiava» l’inchiesta era un privato cittadino, non riportò la circostanza nell’informativa, lui risponde che l’aveva ritenuto «irrilevante». Non sa che i pm — dopo averlo indagato — hanno intercettato le sue conversazioni. In tre telefonate diverse con colleghi e amici Scafarto spiega che quella omissione «è stata una scelta investigativa». L’ufficiale sbianca e poi dichiara: «La Procura di Napoli fu immediatamente avvertita del cessato allarme» sulla presenza di persone sospette.

13 maggio 2017 | 00:09
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Da - http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_maggio_13/telefonate-intercettatedi-tiziano-renzi-omissioni-nuovi-sospetti-51f5eb68-375d-11e7-91e3-ae024e503e5d.shtml
5055  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / “Così riporterò il Pd al 40 per cento” Intervista a tutto campo con Matteo Renzi inserito:: Maggio 16, 2017, 02:11:02 pm
“Così riporterò il Pd al 40 per cento”. Intervista a tutto campo con Matteo Renzi
“Il governo deve durare fino al 2018. Sì alla battaglia di Macron per un ministro dell’Economia europeo. Se Berlusconi si allea con i populisti ci lascia un’autostrada. De Bortoli? Un mix di ossessione e falsità”. Parla il segretario Pd

Di Claudio Cerasa cerasa@ilfoglio.it
13 Maggio 2017 alle 06:00

“Così riporterò il Pd al 40 per cento” Intervista a tutto campo con Matteo Renzi
“Che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella. Praticamente tutte le banche d’Italia hanno visto il dossier Etruria in quella fase” (foto LaPresse)

Il dopo primarie e il dopo Francia. Il governo Gentiloni e il governo Grillo. L’europeismo possibile e il rapporto con Sergio Mattarella. La partita a scacchi sulla legge elettorale e ovviamente il caso Ferruccio de Bortoli-Maria Elena Boschi. A due settimane dalla vittoria alle primarie del Partito democratico, Matteo Renzi accetta di rilasciare al Foglio la sua prima intervista da segretario rieletto. E rispetto a tredici giorni fa – giorno in cui l’ex presidente del Consiglio ha ricevuto il 69 per cento dei voti ai gazebo del Pd – il mondo sembra essere già improvvisamente cambiato: l’europeismo è tornato di moda, l’euro è tornato a essere inattaccabile, il riformismo è tornato a essere l’unica àncora di salvezza dei partiti tradizionali, i movimenti anti sistema sono stati costretti a fare i conti con un brusco ridimensionamento delle proprie prospettive e l’economia europea ha iniziato a ingranare davvero, portando il nostro continente a migliorare le previsioni di crescita per il 2017 (+1,8). In tutto questo, naturalmente, il paese che nei prossimi mesi verrà osservato con maggiore attenzione sarà l’Italia, dove l’instabilità politica è diventata un fattore non meno destabilizzante del livello del nostro debito pubblico. Iniziamo da qui con Matteo Renzi: cosa ci dicono gli ultimi mesi del posizionamento possibile dell’Italia all’interno dell’Europa?

“La prospettiva dell’Europa – dice Matteo Renzi – per me è chiara. Da un lato ci sono i populisti che vanno sconfitti. Dall’altro ci sono i tecnocrati che però sono spesso i migliori amici dei populisti, perché non si rendono conto che l’Europa deve cambiare. Deve cambiare sulle periferie, sul sociale, sul ministro economico condiviso (sono d’accordo con Macron). Deve cambiare sull’austerity. Dopo di che ringrazio Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze tedesco, perché è l’unico che ha detto con chiarezza che le riforme italiane sono state riforme molto serie, che in passato non erano state fatte. Stupisce che nessun ‘rigorista’ abbia commentato questa frase di apprezzamento delle nostre riforme da parte del campione della linea dura. Noi abbiamo fatto molto. Ma vogliamo cambiare ancora l’Europa: Europa sì, ma non così. A cominciare dalle primarie, perché senza voti, l’Europa, diventa la patria dei veti. O c’è la democrazia o l’Europa non ha futuro”.

Le elezioni francesi ci dicono molte cose ma ci dicono soprattutto questo: i partiti tradizionali sono in crisi e senza un "Dicono Italicum, ma in realtà sognano il Cespugliellum. Stanno lavorando per far tornare in Parlamento partiti con pochi voti" rinnovamento con i fiocchi sono a un passo dal collasso. “Le ultime elezioni europee, in realtà, non ci dicono che i partiti tradizionali sono al collasso. Ci dicono che la sinistra europea è al collasso, non i partiti tradizionali. Cdu, Conservatori e Popolari spagnoli stanno benone. Hanno perso i repubblicani francesi, solo per lo scandalo Fillon. Altrimenti saremmo qui a raccontare un’altra storia. I socialisti europei invece sono messi male in Olanda e Francia. Non se la passano benissimo in Spagna e Gran Bretagna. Il Partito democratico, invece, torna a crescere nei sondaggi e al momento è l’unica forza politica riformista che sta sopra il 30 per cento in Europa”.

Restiamo ancora un istante sulla vittoria di Macron. Che impressione le ha fatto vedere in Francia un candidato vincere le elezioni con un sistema elettorale che in Italia, come ha dimostrato il professor Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore, oggi non verrebbe considerato costituzionale dalla nostra Consulta? “Che impressione mi fa? Rosico. Perché Macron ha di fronte a sé cinque anni di presidenza, avendo preso il 23 per cento al primo turno, mentre a noi, per affermarci, non è bastato il 41 per cento delle europee o quello del referendum. Effettivamente, la giurisprudenza italiana considererebbe incostituzionale il modello francese e sicuramente quello americano, dove chi prende più voti popolari può perdere le elezioni come accaduto alla Clinton. E non oso pensare che cosa potrebbero dire allora del sistema inglese. Ma il tempo è galantuomo. Ogni giorno che ci allontana dal quattro dicembre consente di mettere a fuoco un dato di fatto: quella riforma era un’occasione per l’Italia. I partiti che hanno chiesto di votare No sapranno assumersi le loro responsabilità”.

Il quattro dicembre, già. Qual è la più grande differenza tra il Renzi 1 e il Renzi 2, dal punto di vista politico e anche personale? “Guardi, non credo siano tanti quelli che hanno lasciato tutto come ho fatto io. Sono uscito da Chigi e dal Nazareno senza rete di protezione, senza garanzie, senza indennità, senza vitalizio. Sono contento di questo. Per me è stata la lezione delle tre U. Umiltà, che serve sempre. Umanità, perché sono tornato ai rapporti disinteressati. Umore, perché ho ricominciato a sorridere liberato dal carico di responsabilità. Avrei preferito vincere il referendum. Ma le tre U mi hanno molto aiutato a cambiare la mia quotidianità”.

"Mi piacerebbe sapere se dietro il gioco di scatole cinesi che esiste all'interno del blog di Grillo c'è o no una storia di evasione fiscale"
Alle tre U forse bisognerebbe aggiungerne una: la U di urne. Il professor Francesco Giavazzi ieri sul Foglio ha suggerito di andare a votare prima della prossima legge di Stabilità per evitare di ritrovarci di fronte a una Finanziaria troppo minimalista e troppo elettorale. Secondo lei una maggioranza incapace di fare una legge elettorale può essere capace di fare una nuova legge Finanziaria? “Vede, quando il Partito democratico ha dato la disponibilità a votare in estate, è partito il coro di chi ha detto: ‘Sono irresponsabili, minano la stabilità’. Adesso che diciamo di votare nel 2018 in molti sottolineano come sarebbe meglio fare la nuova legge di bilancio con il nuovo governo. Io mi affido a Sergio Mattarella e a Paolo Gentiloni. Il Pd è l’unico partito già pronto alle elezioni. Ma siccome siamo persone serie ci va benissimo votare nella primavera del 2018, non abbiamo fretta. Quindi lasciamo lavorare il governo, assicurando il massimo sostegno possibile”.

Su molte questioni però nelle ultime settimane la linea del leader del Pd non sembra essere coincisa perfettamente con quella del governo. Dal caso Anac ai voucher passando per Alitalia e la legittima difesa. Vale anche per il governo il motto scelto per l’Europa? Governo sì, ma non così? “Paolo Gentiloni, che non ha bisogno di consigli, è una persona seria. Su periferie, povertà, pensioni sta facendo un lavoro prezioso, di continuità e di rilancio. Sui voucher sappiamo come è andata”.

“Ma il presidente del Consiglio ha preso un impegno per trovare una soluzione e io sono al suo fianco per ottenere il risultato”. Resta il fatto che un Parlamento che non è in grado di fare una legge elettorale non si capisce come possa fare una buona legge di Stabilità. “Guardi, sulla vicenda elettorale mi lasci dire come la penso. Prima erano tutti contro l’Italicum, ora sono tutti a favore. Ricordo che gli stessi che ora vogliono l’Italicum uscirono dall’Aula parlando di Aventino e dandomi del fascista perché proponevo l’Italicum. Com’era quella canzone? Come si cambia, per non morire. Ma di soppiatto, in nome del nuovo Italicum, vogliono togliere l’8 per cento di soglia al Senato, l’unica garanzia di freno al potere dei piccoli partiti, e vogliono permettere a chiunque di candidarsi eliminando il vincolo sulle firme. Noi siamo pronti a votare l’Italicum ma chi sostiene questo tipo di riforma in realtà sogna il Cespugliellum. In ogni caso se riusciamo ad accogliere l’appello di Mattarella e fare una legge che aiuti davvero la governabilità e il maggioritario per me è meglio. Se poi vogliamo andare ancora di più nel dettaglio, Andrea Mazziotti, che è il relatore della legge elettorale in commissione Affari Costituzionali alla Camera, è un bravissimo avvocato ma purtroppo non fa parte di un partito che sa prendere voti. Lo stimo a livello professionale e conosco la stima di cui gode tra molti imprenditori. Ma purtroppo non fa parte di un partito che ha molti voti. E il suo unico obiettivo sembra essere quello di far tornare in Parlamento partiti con pochi voti. Io penso che la vera sfida sarebbe provare a dare un sistema semplice all’Italia. Se ci fosse la possibilità di provarci perché dire no?”.

I sondaggi di questi giorni dicono che il Partito democratico sta tornando a crescere e che oggi sarebbe di nuovo il primo partito italiano. Ma Matteo Renzi crede davvero che il Pd abbia possibilità di tornare al quaranta per cento alle prossime elezioni? “Io penso di sì. Il Partito democratico oggi ha una grande capacità attrattiva e lo spazio per tornare a quei numeri ottenuti alle europee del 2014 e al referendum del 4 dicembre ci sono. So bene che in questa fase storica gli elettori vanno e vengono ma io credo che oggi abbiamo ancora un’opportunità straordinaria: dimostrare che il Pd è l’unico grande partito di governo che esiste in Italia. Se poi guardiamo i sondaggi dobbiamo dire anche un’altra verità: la scissione ha lasciato una traccia emotiva vera e profonda nei cuori di qualche militante ma a livello elettorale non ci ha danneggiato. Anzi: il nostro consenso, oggi, è superiore a quello che abbiamo registrato al momento della scissione”.

"Da italiano spero che Berlusconi faccia un centrodestra popolare ed europeista. Ma se si allea con i populisti, da politico, mi conviene"
Proviamo a superare il perimetro del suo partito e occupiamoci per un istante di un altro partito che dopo il risultato francese sembra aver imboccato una svolta potenzialmente significativa: Forza Italia e in particolare Berlusconi. La sconfitta di Marine Le Pen ha portato Berlusconi (e anche qualche esponente della Lega, come Roberto Maroni) a rendere più evidente la presenza nel nostro paese di un centrodestra alternativo al modello Le Pen. Matteo Renzi crede che in Italia possa esistere davvero un partito di centrodestra che provi a trasformarsi davvero in una Cdu italiana? “Sì, credo che la possibilità ci sia, ma come al solito dipende tutto dalle scelte che farà Berlusconi, e a oggi sinceramente non è chiaro che strada voglia prendere. Vuole importare in Italia il modello del Partito popolare europeo e dar vita a un centrodestra che metta insieme anche l’attuale area popolare? O si attrezzerà, invece, per fare un grande listone dove mettere dentro tutto quello che c’è a destra di Forza Italia? Io da italiano, da elettore e cittadino, mi auguro che Berlusconi scelga la strada della Cdu. Ma più cinicamente da leader politico spero che faccia il listone. I sondaggi ci dicono che con una lista unica i partiti di centrodestra perdono circa il tre per cento rispetto a quello che potrebbero raccogliere andando da soli. E una buona parte di quel tre per cento, dicono sempre i sondaggi, è destinato a finire al Pd. In presenza di una lista unica del centrodestra il Pd, secondo i dati che abbiamo, vola al 32 per cento. E per questo da leader politico dico che se Berlusconi vuole allearsi con i populisti faccia pure: ci lascia un’autostrada al centro...”.

Lei ultimamente ha scelto di insistere molto sul tema dei vaccini per mettere in luce il rapporto perverso che potrebbe esistere tra la post verità e il Movimento 5 stelle. Lei crede davvero che il grillismo sia un pericolo per la nostra democrazia? “E’ difficile da dire. Ma sul punto che vi sia una sintonia speciale tra il movimento 5 stelle e la post verità non ho dubbi. Così come non ho dubbi sul fatto che, come dice Macron, il populismo deve essere affrontato con un’arma precisa: il coraggio della verità. In nome di questo principio, il Partito democratico ha scelto di presentare un esposto alla procura di Roma attraverso il quale chiede che vengano verificati i profili fiscali del blog di Grillo e della Casaleggio. Oggi sappiamo con certezza che Grillo è un pregiudicato. Ora ci piacerebbe sapere se dietro al gioco di scatole cinesi che esiste all’interno del blog di Grillo c’è o no una grande storia di evasione fiscale”.

“De Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent’anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina?”
La storia del movimento 5 stelle però ci dice anche altro: ci dice che in questo momento in cui vi è un partito che sogna di superare la democrazia rappresentativa non c’è nessuna reazione vera da parte della nostra classe dirigente e da parte di tutti coloro che per una vita hanno manifestato in giro per l’Italia in difesa della democrazia e della Costituzione. Come si spiega? “Sinceramente non mi stupisce. Chi anni fa faceva i girotondi in difesa della democrazia ha scelto di allearsi con il movimento 5 stelle il giorno del referendum costituzionale e quell’alleanza che si è creata il quattro dicembre non è un’alleanza casuale: è un’alleanza che nasconde un preciso disegno per il paese”. Andrà anche lei a pulire con la ramazza la Roma di Virginia Raggi? “Vedremo. Ma vorrei cogliere l’occasione per scusarmi con i cittadini di Roma: vista la reazione che c’è stata alla nostra idea di pulire una città incredibilmente sporca, forse avremmo dovuto pensarci prima e aiutare il movimento 5 stelle a fare quello che oggi non riesce a fare nella Capitale d’Italia: pulirla”. Segretario, arriviamo al punto di questi giorni: che idea si è fatto del caso sollevato da Ferruccio de Bortoli? Se il dottor Federico Ghizzoni, ex amministratore delegato di Unicredit, dovesse confermare la versione suggerita dall’ex direttore del Corriere della Sera, che nel suo libro ha accusato Maria Elena Boschi di avergli chiesto di occuparsi di salvare Banca Etruria, si aprirebbe o no un problema politico per il sottosegretario ed ex ministro? “Direttore, come al solito le parole definitive arrivano dal vostro Giuliano Ferrara. Parole definitive, da scolpire, e quando ho letto il suo articolo di giovedì scorso sono partiti 92 minuti di applausi. De Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent’anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina? Chi ci crede è bravo. Ma voglio dire di più. Ferruccio de Bortoli ha una ossessione personale per me che stupisce anche i suoi amici. Quando vado a Milano, mi chiedono: ma che gli hai fatto a Ferruccio? Boh. Non lo so. Forse perché non mi conosce. Forse perché dà a me la colpa perché non ha avuto i voti per entrare nel Cda della Rai e lo capisco: essere bocciato da una commissione parlamentare non è piacevole. Ma può succedere, non mi pare la fine del mondo. Detto questo, che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella. Praticamente tutte le banche d’Italia hanno visto il dossier Etruria in quella fase. Come pure il dossier Ferrara, il dossier Chieti, il dossier Banca Marche. Lo hanno visto tutti e nessuno ha fatto niente. Arriverà un giorno in cui si chiariranno le responsabilità a vari livelli e se c’è un motivo per cui sono contento che la legislatura vada avanti fino ad aprile 2018 è che avremo molto tempo per studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti. Cioè, competenti per modo di dire. Non vedo l’ora che la commissione d’Inchiesta inizi a lavorare. Come spiega sempre il professor Fortis, vostro collaboratore, Banca Etruria rappresenta meno del 2 per cento delle perdite delle banche nel periodo 2011-2016. Boschi senior è stato vicepresidente non esecutivo per otto mesi e poi noi lo abbiamo commissariato: mi pare che non sia stato neanche rinviato a giudizio. Se vogliamo parlare delle banche, parliamone. Ma sul serio. Per concludere vorrei ricordare un dettaglio. Ferruccio de Bortoli ha detto falsità su Marco Carrai. Ha detto falsità sulla vicenda dell’albergo in cui ero con la mia famiglia. Ha detto falsità sui miei rapporti con la massoneria. Non so chi sia la sua fonte e non mi interessa. So che è ossessionato da me. Ma io non lo sono da lui. E’ stato un giornalista di lungo corso, gli faccio i miei auguri per il futuro e spero che il suo libro venda tanto”.

In conclusione due domande su questioni molto dibattute in questi giorni: il caso delle ong, con le relative e reiterate accuse del procuratore di Catania, e la legittima difesa, legge che il Pd ha approvato in Parlamento e che Renzi ha contestato dopo essere stata approvata. “Sul caso delle Ong eviterei facilonerie: se ci sono, e credo che qualche problema ci sia, casi problematici in cui risulti palese il mancato rispetto delle norme bisogna essere duri, e intervenire. Ma resto convinto che il problema, se esiste, riguardi casi specifici, e attaccare in modo generalizzato le Ong mi sembra un errore molto grave”. E sulla legittima difesa? “Nel merito non contesto nulla. Ma poteva essere scritta meglio”. Conclusione finale, dato che ne abbiamo parlato molto: ma che cos’è secondo lei la post verità? “Dico che è un problema che esiste, molto grave, che coincide con una stagione della storia in cui qualcuno pensa che sia sufficiente far diventare virale un contenuto per far diventare vero quel contenuto. Ci sono partiti che provano a vincere le elezioni così. Poi ce ne sono altri che proveranno a vincerle facendo l’opposto: mettendo in campo il coraggio della verità”.

Da - http://www.ilfoglio.it/politica/2017/05/13/news/renzi-cosi-riportero-il-pd-al-40-per-cento-134399/
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