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1  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. / Non é pessimismo la realtà di coloro che soffrono le cose che non vanno bene. inserito:: Marzo 28, 2024, 12:12:52 pm
Non é pessimismo la realtà di coloro che soffrono le cose che non vanno bene.
I Milanesi.
Attrarre investimenti e non riuscire nel dare SERENITA' ai Milanesi a chi giova?
Occorre l'uno e l'altro se non si é capaci di ottenerli, si passa la mano, anche se la gente subisce in silenzio.
Soprattutto si deve parlare con la gente, e non vantarsi di risultati parziali utili soltanto a una parte della Città, spesso non la migliore.
ggg
2  Forum Pubblico / DOMANESIMO E' IL FUTURO, come lo disegniamo per i nostri nipoti? / La Pace Attiva in un N.O.M. é incompatibile con i dittatori. inserito:: Marzo 28, 2024, 11:52:24 am
DOMANESIMO. N.O.M. NUOVO ORDINE MONDIALE di PACE ATTIVA.

Gianni Gavioli 
 
La Pace Attiva in un N.O.M. é incompatibile con i dittatori.
Non tanto per loro, facilmente eliminabili, quanto per le popolazioni che gli permettono di Predare il Potere e di soverchiare la loro Dignità di esseri umani pensanti.
Sono popolazioni deboli e inaffidabili, la Pace sarà un business mondiale, occorrono sicurezza e comunione di intenti.
Dal condominio, al paese, alle regione, alle nazioni sino al mondo la PACE sarà un processo serena delicatezza.

ggiannig
 IO SU FB.
3  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. / L'Olivo Policonico (i vasi policonici sono un tipo di potatura nella ... inserito:: Marzo 25, 2024, 12:05:34 am
A Iole S. C. su FB.  -- 

L'Idea che io ho in mente (alla vecchia età di 82 anni, ma L’IDEA é più  recente) consiste nel far risorgere le tesi dell'Ulivo (troppe), rompendo con la sua triste storia, ma senza deturparne l'etica.

L'Olivo Policonico (i vasi policonici sono un tipo di potatura nella coltivazione dell'ulivo) senza le Correnti, perché nel Progetto da approvare NON sono accettate, prevede una Piattaforma virtuale per comunicare e dialogare con L'Opinione Pubblica, cioè la Gente, avrà interesse per la partecipazione di giovani, ma ha necessità di contributi di Maestri nell’Impegno, maturi.

ciaooo
4  Forum Pubblico / L'ITALIA NON FATELA RIDURRE ad ARCIPELAGO di ISOLE REGIONALI E FEUDALI. / Il SUD il Ponte non lo vuole adesso. Prima gli spettano altre infrastrutture. inserito:: Marzo 24, 2024, 11:49:53 pm
Usare pretesti utilizzabili come "panem et circenses" per il cattivo consenso, sono Armi di Distrazione di Massa", del più becero sfascismo, in circolazione da tempo, dei pensatori antiStato, AntiEuropei e AntiOccidentali , attivi da un paio di decenni.

Cos'altro scrivere, non facciamogli pubblicità.

Il SUD il Ponte non lo vuole adesso.
Prima gli spettano altre infrastrutture. 

ggg
5  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / «Sera del 2 luglio 1977, in casa Rol, presenti Remo ed Else Lugli e Nuccia Visca inserito:: Marzo 24, 2024, 11:36:28 pm
Gustavo Adolfo Rol
29 dicembre 2023  ·
Esperimento riferito da Remo Lugli:

«Sera del 2 luglio 1977, in casa Rol, presenti Remo ed Else Lugli e Nuccia Visca.
Rol ha promesso a Else e a Nuccia di tentare di avere due piccoli disegni di Braque e vorrebbe trovare un tema che possa ispirare un esperimento idoneo per un simile risultato. Chiede di suggerire un argomento. Else dice “l’amore”, Nuccia “la religione”, Remo “la fedeltà”. Rol fa estrarre due carte. Vengono un cinque e un asso che rapportati all’alfabeto danno una E e una A. Rol appare contrariato e avanza dubbi che non venga lo “spirito intelligente” di Braque. Pensa, anzi, che stia per tornare un incisore del ‘400 che si è già presentato la sera prima in una seduta nella quale aveva partecipato anche il duca di Bergamo, ma noi non eravamo presenti. “Amore e religione” dice Rol, “Adamo ed Eva, proprio come ieri sera. Ma non mi piace perché questo non adopera i colori, era un incisore e le incisioni fatte a grafite sono brutte”.
Comunque fa scegliere e piegare i fogli, metterli a nostra discrezione uno sull’altro. Chiede a me su quale deve avvenire l’esperimento e io indico il terzo cominciando da sotto verso l’alto. Rol lo fa prendere a Else e glielo fa infilare sotto il tappeto verde davanti a sé. “Tienci la mano sopra in continuazione” le dice. Rol si alza e va a prendere acqua, colori e pennelli. Su un piattino spreme piccolissime porzioni di nero, di rosso e di bianco. Si torna a sedere e, sempre in piena luce, comincia a conversare con qualcuno che non vediamo. Dice che non gli piace quello che sta per fare, perché privo di colore. Tace un momento come per ascoltare e dice: “Va bene, allora un bordo colorato in rosso e nero”. Poi borbotta: “De virium… No, de restauratione virium animae. È un libro del 1492, edito a Basilea. L’incisore è un certo Amerbach, forse Jeronimus. Il libro è rarissimo, credo ve ne sia una copia sola al mondo. Questa che avremo è la riproduzione di una incisione su legno che è in questo volume”.
Rol comincia a disegnare in aria con una matita. Tratti che risulteranno alterati rispetto al disegno che apparirà, ma è evidente che i gesti vogliono essere soltanto una grossolana traccia. Poi con i pennelli, mossi nel vuoto, finge di contornare il disegno. “È fatto” esclama. Else, che non ha mai tolto la mano dalla carta posta sotto il tappeto, dice che non ha sentito nessuna vibrazione o variazione né alcunché di strano. Alza il tappeto e apre il foglio. Appaiono due uguali disegni, simmetricamente disposti e come visti specularmente, ognuno di cm 6,5 per 7,5. Rappresentano Adamo ed Eva tra i quali c’è un arberello carico di mele al cui tronco si attorciglia un serpente coronato e ridente. Le figurine, minuziose e ben disegnate hanno il gusto, l’atteggiamento e il tratto delle incisioni di quel tempo. I disegni sono ambedue contornati da una cornicetta ad acquarello in nero e rosso, a chiari motivi rinascimentali, una fascia che racchiude motivi a zig zag e agli angoli un mazzetto di quattro foglie forse di acanto o alloro. I due disegni vengono separati con la forbice e Rol ne dà uno ad Else e uno a Nuccia, le quali ovviamente sono ben felici del dono. Rol prepara poi un passe-partout su cui scrive: “De reformatione virium animae Basel 1492. Proprietà Remo ed Else Lugli”, la sua sigla e la data, 2-7-77. Gli chiediamo se l’apporto della sera prima era uguale e Rol risponde di sì: mancava soltanto il bordino».

(da: Lugli, R., "Gustavo Rol. Una vita di prodigi", 2008, pp. 67-69; l'immagine del disegno – che era quello di Else – qui è con la cornice originale messa in seguito (inedita))
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Da FB 1 marzo 24
6  Forum Pubblico / N.O.M. NUOVO ORDINE MONDIALE DI PACE ATTIVA. Possiamo Esserci Come EUROPEI? / Confermata la morte del giornalista Gonzalo Lira, detenuto in Ucraina dal ... inserito:: Marzo 17, 2024, 11:33:04 pm
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RUSSIA  13 gennaio 2024

Confermata la morte del giornalista Gonzalo Lira, detenuto in Ucraina dal regime di Kiev

La Redazione de l'AntiDiplomatico
 
Confermata la morte del giornalista Gonzalo Lira, detenuto in Ucraina dal regime di Kiev
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Il giornalista cileno-statunitense Gonzalo Lira, che copriva il conflitto in Ucraina ed era critico le pratiche del regime di Kiev, è morto in una prigione ucraina, secondo quanto riferito da diverse fonti, che citano il padre. Successivamente, il Dipartimento di Stato USA e il Ministero degli Esteri cileno hanno confermato la sua morte.
"È stato torturato, vittima di estorsione, tenuto in isolamento per 8 mesi e 11 giorni e l'ambasciata statunitense non ha fatto nulla per aiutare mio figlio. Il responsabile di questa tragedia è il dittatore Zelenski, con il consenso di un presidente statunitense rimbambito, Joe Biden", ha scritto il padre.
Secondo la lettera pubblicata dal giornalista Alex Rubinstein, Lira aveva una polmonite bilaterale, uno pneumotorace e un caso molto grave di edema. Nella lettera si legge che le malattie si sono aggravate a metà ottobre e le autorità carcerarie lo hanno ignorato fino al 22 dicembre.
"Gonzalo Lira, padre, dice che suo figlio è morto all'età di 55 anni in una prigione ucraina, dove era detenuto per il reato di aver criticato i governi Zelenski e Biden. Gonzalo Lira era un cittadino statunitense, ma l'amministrazione Biden ha chiaramente appoggiato la sua detenzione e la sua tortura", ha scritto il giornalista statunitense Tucker Carlson sul suo account X.
Dopo le prime notizie sulla sorte del giornalista, il Dipartimento di Stato nordamericano ha confermato a Sputnik che Gonzalo Lira è morto in Ucraina. Tuttavia, si è rifiutato di fornire ulteriori informazioni, citando la necessità di rispettare la famiglia del defunto.
Lira viveva a Kharkov e curava un blog con lo pseudonimo di "CoachRedPill", ma è passato ai commenti su YouTube dopo lo scoppio del conflitto ucraino. Nel maggio 2023 è stato arrestato dal Servizio di sicurezza dell'Ucraina (SBU) con l'accusa di "screditare" le autorità e le forze armate ucraine.
La portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha ricordato che questa non era la prima volta che Lira scompariva, poiché il 15 aprile 2022 era stato arrestato da membri dell'SBU.
Per poi aggiungere che "hanno confiscato i suoi computer portatili e lo hanno privato dell'accesso a tutti i suoi account, ma poi lo hanno rilasciato a causa dell'ampia pubblicità che i media hanno dato alla sua scomparsa".
La Russia è convinta che le autorità del regime di Kiev siano le principali responsabili della morte del giornalista cileno-statunitense, ha dichiarato la rappresentanza diplomatica russa presso le Nazioni Unite.
Secondo i diplomatici di Mosca, gli Stati Uniti, alleati dell'Ucraina, cercheranno di mettere a tacere la morte del loro cittadino, che criticava la politica occidentale.
Diverse personalità pubbliche, secondo quanto riporta Sputnik, hanno fatto reagito alla morte in un carcere del regime di Kiev di Gonzalo Lira.
"L'amministrazione Biden avrebbe potuto recuperare Gonzalo Lira con una telefonata, ma non ha mosso un dito. Il governo ucraino sapeva quindi di poter agire impunemente. Tuttavia, la pura sfacciataggine di uccidere un cittadino statunitense in custodia rivela un regime criminale", ha denunciato l'uomo d'affari, autore e investitore David Sacks.
Il miliardario statunitense Elon Musk ha risposto a questo messaggio, definendo la situazione "un disastro".
Il figlio dell'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Donald Trump Jr, ha affermato di sperare in una copertura adeguata dell'accaduto da parte dei media statali, ma si è detto sicuro che questo non accadrà mai.
"Quindi ora permettiamo ai nostri beneficiari di assistenza sociale stranieri come Zelenski di uccidere i nostri cittadini e i nostri giornalisti?", ha chiesto Donald Trump Jr.
L'inazione del governo statunitense nel caso di Gonzalo Lira ha fatto arrabbiare anche lo scienziato e analista economico statunitense Chris Martenson, che ha definito l'amministrazione Biden "pura malvagità e un disastro morale".
“Gonzalo era uno dei buoni, assassinato da un dittatore da quattro soldi e dalla negligenza degli Stati Uniti”, ha poi aggiunto.
"Gonzalo Lira è morto oggi in una prigione ucraina per la sola colpa di essere un giornalista che voleva che il mondo conoscesse la vera natura del regime nazista in Ucraina (...) Voleva solo la verità, voleva solo la giustizia. Riposa in pace amico mio", ha affermato l’analista Angelo Giuliano.
Iln commentatore politico statunitense, Jackson Hinkle, ha affermato che la situazione di Gonzalo Lira lo ha ispirato a "esporre la verità sull'impero guerrafondaio degli Stati Uniti".
"Non dimenticherò mai ciò che Zelenski e il suo governo nazista ucraino ti hanno fatto per volere dell'amministrazione Biden. Sei stato imprigionato, torturato, e infine ucciso per aver detto la verità", ha denunciato Hinkle.
Il primo vicepresidente della Commissione per lo sviluppo dei Mass Media e delle Comunicazioni di Massa della Camera civica russa, Alexandr Malevich, ha proposto di candidare il giornalista al Premio mondiale per la libertà di stampa. "Presenteremo la nostra candidatura all'UNESCO nei prossimi giorni".

Da –
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-confermata_la_morte_del_giornalista_gonzalo_lira_detenuto_in_ucraina_dal_regime_di_kiev/45289_52314/
7  Forum Pubblico / O.P.O.N. OPINIONE PUBBLICA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE. / Di falsità, di odio e di cattiveria, si parla troppo poco. inserito:: Marzo 17, 2024, 11:29:05 pm
Di falsità, di odio e di cattiveria, si parla troppo poco.
La nostra società ne è piena, ma l'indifferenza non ci difende da coloro che la praticano, la cattiveria.

Ci sono al potere "personaggi" che la cattiveria e l'egoismo egocentrico l'hanno scritte in faccia.
Democraticamente dobbiamo far sciacquare quelle bocche, risanare quei cervelli e dopo lavare quelle facce da physique du rôle, ormai sgualcito.

Dobbiamo imparare a distinguere, non accettare provocazione e difenderci con gli strumenti istituzionali che le Forze dell’Ordine e la Magistratura sono incaricate di attivare a difesa dei cittadini. 
ggiannig

Io su FB il 1° marzo 2024
8  Forum Pubblico / SIAMO DIFFERENTI e DIVERSI, UGUALI nei DIRITTI e DOVERI, ma DIVISI in CATEGORIE SOCIALI. / Oggi l'unica cosa che possiamo fare è divertirci come ci viene, ed è ... inserito:: Marzo 04, 2024, 12:08:00 am
Post della sezione Notizie
Roberto Cocchis
eotrpdoSsnt351a9i lam41c333ch8h5g2mah28tg559hu0gg3hil1cla11h  ·

Ieri sera ho partecipato a una delle tante surreali iniziative culturali messe in piedi da Marco Palasciano a Capua.

Nella dimessa ma affascinante, e soprattutto gelida, cornice di palazzo Fazio, ci è stato presentato un work in progress, ossia il romanzo storico che Wanda Marasco, autrice della scuderia Neri Pozza e candidata al premio Strega nel 2017, sta scrivendo sulla figura di Ferdinando Palasciano. È venuta proprio l'autrice, con i suoi fogli dattiloscritti e le sue correzioni a matita, a leggercene un capitolo intero.
Poi, ovviamente, si è passati a quella sorta di teatro senza soggetto, recitato a braccio, improvvisato e interattivo, che è sempre la cifra principale del rapporto tra Marco e chi lo segue. Come sempre, per quanto interessante, è cominciato tardi ed è durato troppo, così gran parte dei convenuti se n'è andata mentre era ancora in corso. Il momento di maggior partecipazione, come prevedibile data l'ora e la temperatura, è stato quello in cui è stato aperto il buffet, cui tutti avevano contribuito con qualcosa.
Per qualche ragione che dovrà essere indagata prima o poi, le occasioni conviviali tra persone che si conoscono ma si frequentano poco riescono sempre benissimo, perché mancano sia la diffidenza dell'estraneità sia la sguaiatezza dell'eccessiva confidenza. Nemmeno l'Aglianico e il prosecco che hanno annaffiato le portate hanno scalfito il nostro aplomb.
La contemporanea presenza di un altro evento presso un centro di yoga e culture orientali poco distante, che prometteva a sua volta un buffet macrobiotico, ha fatto sì che alcuni dei partecipanti si muovessero tra le due sedi in modo da essere presenti in entrambe al momento giusto.
L'occasione è stata buona anche per essere premiato quale secondo miglior amico di Marco nell'anno precedente (l'ambitissima classifica dell'Amicarium) e nominato vicepresidente onorario dell'Accademia Palasciania, una sorta di Regno di Redonda che anziché nei Caraibi è localizzato a Capua. Nonché per rivedere qualche amico perso di vista e incontrarne di nuovi.
Si direbbe che, in confronto a un salotto letterario ufficiale o a uno spettacolo a pagamento con tanto di diritti SIAE, certe iniziative culturali rappresentino qualcosa di molto povero, diciamo pure un po' pezzente. Eppure la Storia ci insegna che una importante parte della cultura che ci è stata tramandata nei secoli ha preso forma e si è diffusa soprattutto in questo modo. A noi manca essenzialmente il momento in cui lo spettacolo della cultura diventa business, ossia qualcosa che ha preso forma solo tra la fine del XIX secolo e il XX e poi si è imposto tramite la televisione. Ossia qualcosa che è molto importante per l'idea di cultura che si fanno le persone estranee ad essa, molto influenzata dai suoi risvolti commerciali, ma non per la cultura di per sé.
Di iniziative come le nostre ce ne sono sempre state tante, ce ne sono ancora tante, poche sono state tramandate ai posteri ma ciò è dipeso da circostanze differenti da quelle più strettamente connesse al business investito.
È possibilissimo che le antologie scolastiche (ammesso che esistano ancora la scuola e le antologie), tra tre o quattro secoli, tramandino il ricordo delle nostre serate in una saletta gelida, con la pizza casereccia e le patatine dell'Eurospin, anziché quello di kermesse per le quali si spendono milioni e dietro le quali si svolgono chissà quali trame per accaparrarsi fette di mercato. Non possiamo certo saperlo oggi.
Oggi l'unica cosa che possiamo fare è divertirci come ci viene, ed è esattamente ciò che abbiamo fatto.

Da Facebook del 25 febbraio 2024
9  Forum Pubblico / ARLECCHINO EURISTICO, Nickname che "INVITA ALLA PARTECIPAZIONE", Attraverso gli Scritti. / ... allora i meno fortunati, tra i Diversi, si rassegnino senza infastidirci. inserito:: Marzo 04, 2024, 12:03:50 am
Chiara Guerri
petnoSrsdoa6tf6353454529h409tm36ih2289agh6ul6imc2017lag6am9   ·
Conservo l'immagine di mia zia che alle due di notte lenta lenta sposta il deambulatore verso i vicini di appartamento e piano piano chiede se possono fare meno rumore; non riesce a dormire.
Conservo le sue parole sulle stelle, di cui si ricorda quando si accorge di essere ripiegata su di sé: bisogna alzare lo sguardo, perché loro non fanno rumore ma ci sono e serve uno sforzo per staccare gli occhi dalla scarpe, volerle vedere.
Conservo l'odore e il gusto di una pizza in cui manca un sapore; dovevano esserci le noci, non le vediamo dico, sono sotto dice il pizzaiolo al telefono, ma sotto dove? polvere di noci? non ci sono, è buona comunque, va bene così, buona serata.
Conservo una borsina di carta piena di libri in prestito da leggere con i miei tempi perché non c'è fretta dice, e tra le braccia conservo il suo corpo sempre più piccolo che negli ultimi anni mai mi ero accorta che fosse così piccolo e sbrecciabile potenzialmente a causa mia che mi sento puntino nel cosmo e proprio perché puntino nel cosmo posso adempiere al meglio del mio ruolo di puntino nel cosmo e niente di più: non è liberatorio sentirsi un puntino? oggi sì, un puntino ricettivo della materia cosmica donata e vissuta con tutti i sensi, un puntino che si posiziona nel qui e ora di un sabato sera senza stelle ma che sotto al cielo ci sono e con gli occhi della mente le vedo mentre parlano prima di addormentarsi; piano piano chiudo la porta e spero che anche quel corpo piccolo piccolo si addormenti con loro.



Gianni Gavioli
Nel funicolo spermatico di papà, siamo tutti più piccoli di un "puntino", ma da lì dobbiamo uscire e crescere, altrimenti se non ci si evolve si diventa un "aborto".
ggg

Chiara Guerri
Gianni Gavioli Uscire e crescere, sì: possiamo.

Chiara Guerri allora i meno fortunati, tra i Diversi, si rassegnino senza infastidirci.
Quindi i Differenti si impegnino ad "uscire", da dove ci hanno recluso, anche in nome e per conto dei meno "fortunati".

Se possiamo ce la farete (io No sono Vecchio).
ggg
10  Forum Pubblico / ARLECCHINO EURISTICO, Nickname che "INVITA ALLA PARTECIPAZIONE", Attraverso gli Scritti. / CITTADINI DIVERSI, DIFFERENTI, REATTIVI, PROATTIVI, VECCHI, MA DA RISPETTARE! inserito:: Marzo 04, 2024, 12:01:02 am
CITTADINI DIVERSI, DIFFERENTI, REATTIVI, PROATTIVI, VECCHI, MA DA RISPETTARE!
Tutti!

Gianni Gavioli  · strdnpoSoe707hc3al1u218mf29ci33maif0n6u0g31tt5c154m7i00 tiut  ·

Anche i voltagabbana e gli interessati a dittatori stranieri vanno rispettati, ma tenuti fuori da ogni "Intesa", sociale e politica.

Chi ci casca é perduto, per nessuna credibilità!
ggg

11  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / I Miei/Nostri GRUPPI TEMATICI su FACEBOOK - ITALIA 9 marzo 2024. inserito:: Marzo 01, 2024, 12:12:08 am
Cerca le Mie Pagine, i Nostri Gruppi, su Facebook.

Italia - 20 febbraio 2024


OLIVO POLICONICO E TERRITORIO. PIATTAFORMA INDIPENDENTE.

IL MONDO DEL LAVORO, NON DEVE ESSERE SCONNESSO DALLA REALTA' SOCIALE.

INTESA DELL'OLIVO. SIAMO OPINIONE PUBBLICA NON PARTITOCRAZIA.

L'ISOLA di ARLECCHINO EURISTICO. TROVARSI SENZA ESSERSI CERCATI.

PROGRESSISTI RIFORMISTI, L'ITALIA é NAZIONE EUROPEA OCCIDENTALE! o NON E'.

SFASCIARSI NELL'ARCIPELAGO REGIONALE? NO! UNITI SIAMO "LA PENISOLA"

SOCIALESIMO. PROLEGOMENI della DEMOCRAZIA Prima dell'ALTRO SOCIALISMO.

DOMANESIMO e NUOVO ORDINE MONDIALE di PACE ATTIVA.

LA COLLINA DELLE PERSONE CURIOSE, PERCHE' ATTIVE NELLA REALTA'.

CITTADINI, DIVERSI o DIFFERENTI, REATTIVI o PROATTIVI, MA DA RISPETTARE!
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Pagine in FB

ARLECCHINO EURISTICO.

ICR-E  COMUNICAZIONE e MARKETING Operativo. - Editoria (presto).

ciaooo
12  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. / In Italia la falsità, l'odio e la cattiveria sono al potere. inserito:: Marzo 01, 2024, 12:08:11 am
Gianni Gavioli
Amministratore
Esperto del gruppo
  · rnpdotoSeslAdgu99fit111utlm3ui2a5hlluia9g0su0isiu36uuu8o9ueu  ·


Le mille sofferenze dei VECCHI e dei MALATI devono essere risolte, sanandole, da una Società Umanitaria Laica.

Dobbiamo essere una Società Attiva che promuove il benessere dell'umanità, soprattutto di quella sofferente e lo fa come DIRITTO riconosciuto.
 
ggiannig
IO su FB del 26/02/2024
13  Forum Pubblico / "INTESA DELL'OLIVO". STUDIO DEL PROGETTO DECENNALE NAZIONALE, DI SVILUPPO PROCEDENDO PER PRIORITA'. / Né destra né sinistra: verso una politica adulta... inserito:: Febbraio 29, 2024, 11:57:49 pm
Né destra né sinistra: verso una politica adulta

Giacomo COSTA

L’appannarsi della contrapposizione tra le categorie di “destra” e “sinistra” nel contesto politico non implica il venir meno delle situazioni conflittuali. Imparare a leggere emozioni e passioni politiche, in un confronto fondato sul dialogo, aiuta a generare una società più armonica.

Fascicolo: gennaio 2016
Tags: dialogo ; ideologia ; opinione pubblica ; partecipazione politica ; partiti politici ; politica italiana ; rappresentanza

Né di destra, né di sinistra: sembra essere questo lo slogan della politica attuale, e non solo in Italia. Se ne sono appropriati nel Regno Unito lo UK Independence Party di Nigel Farage e in Francia il Front National di Marine Le Pen (formazioni tradizionalmente considerate di estrema destra), e in Spagna Podemos (frequentemente avvicinato invece alla sinistra). In Italia è la posizione del M5S fin dalle sue origini, assunta ormai anche da esponenti di partiti assai più tradizionali come il PD, tanto che il sindaco di Firenze Dario Nardella, in occasione dell’apertura della Leopolda 2015, ha affermato che esso «Deve essere un partito capace di parlare a tutti gli italiani, superando i vecchi paradigmi dei partiti del secolo scorso. Lo schema della contrapposizione tra destra e sinistra non è più sufficiente a leggere il nostro tempo. Dobbiamo costruire un’alternativa del tutto nuova» (Corriere della Sera, 11 dicembre 2015). Lo stesso Matteo Renzi, pur consapevole della valenza identitaria del termine “sinistra” per una parte del suo elettorato, ha cercato più volte di smarcarsene, come quando ha dichiarato: «Abbassare le tasse non è di destra né di sinistra. È giusto» (La Stampa, 16 ottobre 2015). Tutto lascia pensare che la questione emergerà con forza crescente con l’avvicinarsi delle prossime scadenze elettorali locali, anche in relazione alla scelta dei candidati sindaci e alla formazione delle relative coalizioni.
Queste posizioni, anche se non mancano di suscitare la reazione di quanti ancora ritengono importante richiamarsi al patrimonio ideale dello scenario ideologico del XX secolo, rispecchiano i numerosi sondaggi dell’opinione pubblica, in particolare giovanile: al disinteresse e alla sfiducia verso la politica si associano il rifiuto di collocarsi sull’asse destra-sinistra e la mancanza di idee chiare in merito al voto. Prevale la logica – o la retorica – della cittadinanza attiva e della partecipazione, dell’importanza di affrontare e risolvere i problemi concreti: almeno in parte, l’antipolitica si configura non come disinteresse, ma come rifiuto a riconoscersi nelle costruzioni tradizionali del mondo della politica, a partire dall’opposizione destra-sinistra, e nel loro modo di fare. Le affermazioni dei leader sopra ricordate sono anche un modo per cercare di catturare il consenso di questa parte dell’elettorato.

Ideologie sfilacciate La crisi del binomio che sta alla base della vita politica delle democrazie moderne è un fenomeno assai complesso, che interseca una pluralità di livelli, dalle riflessioni filosofiche e politologiche sulla fine delle ideologie alla interpretazione del sentire comune. Soffermarsi sulle sue implicazioni richiede di procedere con una indispensabile cautela: serve uno sforzo deliberato per trattenere giudizi affrettati e cogliere la logica di posizioni diverse dalla propria. Se infatti da un lato è superficiale la posizione post-ideologica che ritiene semplicemente sorpassato quello che per altri rappresenta un patrimonio di identità e valori, dall’altro è banale tacciare affrettatamente di incoerenza chi di volta in volta assume posizioni che tradizionalmente facevano capo a poli ideologici opposti.

Il binomio destra-sinistra ha rappresentato l’asse strutturante dello spazio politico delle democrazie a partire dalla Rivoluzione francese, al cui interno per la prima volta appare: fu agli Stati generali francesi del 1789 e successivamente all’Assemblea nazionale che i conservatori si collocarono nell’emiciclo alla destra del presidente e i progressisti in quello alla sua sinistra. In radice – è la fondamentale lezione di Norberto Bobbio (Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Donzelli, Roma 1994) – la linea di demarcazione è rappresentata dalla posizione assunta rispetto all’egualitarismo e al perseguimento dell’obiettivo della rimozione di tutto ciò che ostacola l’uguaglianza dei cittadini (come afferma anche l’art. 3 della nostra Costituzione); ci sono state però stagioni in cui la contrapposizione è diventata così pervasiva da rappresentare una etichetta di valore associata di fatto a qualunque cosa, dal modo di vestirsi alla musica ascoltata, ai film preferiti.
Con un certo grado di semplificazione, destra e sinistra rappresentavano un quadro di riferimento ideologico al cui interno prendere posizione rispetto a ogni questione, diventando quindi un fattore identitario. Questo valeva soprattutto rispetto alle situazioni conflittuali di cui la politica è sempre intessuta e alle reazioni emotive che suscitano: che si trattasse della rabbia per qualche tipo di sfruttamento o della paura di perdere il proprio benessere, dell’anelito a una maggiore libertà o a una maggiore giustizia, le energie che queste emozioni inevitabilmente scatenano trovavano un vettore in cui collocarsi e trasformarsi in risorse di impegno, di lotta, di cambiamento.
L’esistenza di un quadro di riferimento organico non eliminava certo contraddizioni e incoerenze, spesso nella forma della “doppia morale”: quella alla base dei comportamenti individuali in contraddizione con i principi affermati e quella con cui valutare gli avvenimenti storici. In modo speculare a seconda della collocazione dell’osservatore, le stesse repressioni o violazioni dei diritti umani trovavano giustificazione o suscitavano indignazione a seconda che fossero commesse da regimi di destra (ad esempio in America latina) o di sinistra (ad esempio in Europa orientale). Con forme e gradi diversi, l’assetto del tempo delle ideologie implicava una dipendenza della base dal vertice, nel momento in cui la formulazione delle valutazioni della realtà era affidata ai livelli apicali degli schieramenti. In questo senso destra e sinistra, e le ideologie sottostanti, costituivano anche lo strumento attraverso cui il singolo poteva (o doveva) trascendere il proprio punto di vista per inserirlo in un orizzonte più ampio.
Tali ideologie hanno perso il loro riferimento strutturante, ma non per questo si elimina il conflitto dalla politica, che continua a emergere e ad essere rappresentato – anche a fini identitari ed elettorali – attraverso opposizioni bipolari: si pensi, per fare alcuni esempi attuali, a europeisti vs euroscettici, accoglienza vs respingimenti, statalismo vs antistatalismo, regole vs mercato, locale vs globale, Nord vs Sud, pubblico vs privato, religione vs laicità, occidentali vs islamici, ecc. Né vengono meno tutte le passioni ed emozioni che i conflitti politici suscitano: paura, ansia, rabbia, entusiasmo, speranza, ecc. Sparisce però il vettore in cui inserirli, anche se con fatica: il fattore alla base dell’assunzione di una posizione pare diventare l’interesse personale. Non tanto e non solo nel senso di tornaconto individualistico, ma di ciò che mi sta a cuore, perché si lega a motivazioni profonde o a una simpatia superficiale. Si perde in capacità di cogliere i legami tra le diverse questioni e aumenta il rischio che le posizioni, apparentemente assunte sulla base di una maggiore autonomia individuale, rispondano in realtà alle logiche riduzionistiche del pensiero unico dell’efficienza di matrice tecnocratica, abilmente diffuse dall’industria dei media e funzionali agli interessi di chi detiene potere e privilegi. Ne nasce una sorta di posizionamento à la carte, in cui non fa difficoltà schierarsi per gli orsi polari o i panda in via di estinzione e, allo stesso tempo, contro le missioni di salvataggio degli immigrati; oppure contro le liste di attesa negli ospedali e a favore di una drastica riduzione delle tasse, e così via.
Tutto ciò, visto da chi – per scelta o per esservi nato – si pone nella prospettiva delle ideologie, appare come il regno dell’incoerenza: non soltanto degli elettori, ma anche dei politici che a loro si rivolgono, facendo appello non a un quadro organico di riferimento, ma direttamente alle emozioni e alle prese di posizione che ne conseguono.
Possiamo però chiederci: c’è un altro modo di leggere questa dinamica, che tra l’altro sembra rappresentare la traduzione politica di un sistema che fa della personalizzazione di beni e servizi e della libertà di scelta la propria bandiera? Una domanda simile può forse investire la diagnosi di deriva populista avanzata nei confronti di molte forze politiche. Non a caso si tratta di un’accusa utilizzata da coloro che sono più legati a un riferimento ideologico nei confronti di quanti, implicitamente o dichiaratamente, ne prescindono. Anche se questo non diminuisce i rischi di manipolazione e leaderismo (la vera minaccia per la democrazia), il rivolgersi a quella che normalmente viene chiamata la “pancia” degli elettori ha un significato diverso se è disponibile o meno un quadro di riferimento ideologico in cui collocare passioni ed emozioni: nel primo caso, il richiamo alle ideologie diventa anche lo strumento per ottenere attenzione e coinvolgimento, nel secondo il discorso politico deve invece essere costruito su altre basi.
Considerazioni analoghe possono riguardare alcune concezioni della rappresentanza oggi diffuse, che nel “mondo delle ideologie” risultano incomprensibili. Se il consenso elettorale viene richiesto come adesione a una prospettiva ideale, anche la delega implicita nella rappresentanza e il divieto di mandato imperativo (sancito dall’art. 67 della Costituzione) trovano il loro senso: su ciascuna questione gli eletti prendono posizione dopo averla collocata all’interno della visione ideale condivisa, a cui fa riferimento anche la disciplina di partito per la gestione dei casi controversi. In assenza di riferimenti a un quadro ideale e ideologico sulla cui base redigere i programmi, questo meccanismo si inceppa e la rappresentanza diventa un mandato senza delega: gli eletti dovranno rendere ragione agli elettori delle singole posizioni assunte, e, soprattutto, preoccuparsi di sintonizzarsi con l’opinione prevalente per tutti quei punti che il programma – non più un progetto di società, ma una lista non necessariamente organica di cose da fare – non prevede esplicitamente. Questa almeno sembra la logica alla base delle procedure di una forza come il M5S, anch’essa non scevra di incoerenze.

Passioni ed emozioni politiche
Il progressivo depotenziamento delle ideologie come orizzonti comprensivi ci obbliga dunque a rifare i conti con la realtà del carico emotivo della politica: basta pensare a quanto facilmente ci si accalora quando se ne parla tra persone di diverso orientamento, esprimendo una passione o una repulsione che non esitiamo a definire viscerale. Ugualmente indifferenza o nausea sono atteggiamenti con una forte base emotiva. Anche nell’epoca della razionalità tecnocratica, dunque, fare politica o riflettere su di essa richiede di avere a che fare con emozioni e passioni: che cosa significa in uno scenario post-ideologico, dove almeno potenzialmente sembra esserci un maggiore spazio per l’autonomia, ma anche un maggiore rischio di dispersione?
Passioni ed emozioni spaventano, perché costituiscono una esperienza di passività (è questa la radice etimologica del termine passione): ci prendono, ci afferrano, sfuggono al nostro controllo. Inoltre, recano in sé il marchio della volatilità o volubilità: gli stati emotivi sono mutevoli e un impegno fondato unicamente su di loro fatica a radicarsi e proseguire nel tempo; anzi, lo scontro con la realtà, che ordinariamente smentisce gli slanci fondati sulle passioni, produce frustrazione e disillusione. Un altro pericolo è che emozioni e passioni possono diventare la base della manipolazione ad opera di chi, con pochi scrupoli, sa utilizzarle a proprio vantaggio.
Non per questo vanno represse o ignorate: il loro calore, che può scottarci se non le maneggiamo con cura, è una energia preziosa da volgere in nostro favore attraverso un ascolto intelligente del messaggio di cui sono portatrici, al di là delle apparenze con cui si manifestano. Certo, questo non basta. La creatività politica e sociale deve essere alimentata anche con lo studio, la riflessione e le competenze professionali e tecniche. Ma essere consapevoli che passioni ed emozioni sono risorse individuali e sociali cui attingere, assumendole con intelligenza critica (che non è sinonimo di razionalizzazione) permetterà di non lasciare da parte quello che, in fin dei conti, è il motore della storia.
La vera sfida, in politica come in tutte le dimensioni della vita, è quella di non lasciarci dominare dall’emotività, ma di rileggere i vissuti emotivi per comprendere che cosa ci dicono della realtà in cui viviamo e trasformarli in generatori di risorse per il nostro impegno.
Questa attivazione emotiva collettiva ha molteplici facce, che proviamo a mettere in luce. Ad esempio, un sentimento come l’indignazione può fornire una potente spinta motivazionale a un’azione sociale tutt’altro che irrazionale: se mi indigno è perché rifletto su ciò che sta avvenendo e lo riconosco come contrastante con le regole o i valori alla base della vita sociale. Dunque, la ragione aiuta l’indignazione nel suo manifestarsi e l’indignazione aiuta la ragione a esprimersi in maniera più incisiva. Allo stesso tempo, a queste emozioni possono intrecciarsi sentimenti come risentimento, rabbia oppure odio: non sono da condannare in sé, ma occorre essere consapevoli delle loro potenziali conseguenze distruttive.
Passioni ed emozioni fanno dunque sorgere molteplici interrogativi. Come difenderci dal rischio che siano manipolate? In che modo l’energia che producono può essere convogliata costruttivamente? Come evitare di cadere nell’assolutizzazione dell’esperienza emotiva, che può portare a fanatismo, intransigenza e anche a tante disillusioni? Come distinguere la passione costruttiva dalle sue proiezioni illusorie legate alla pretesa di possedere la verità, che fanno perdere il contatto con la realtà? Come non smarrire una percezione più realistica e pragmatica dei limiti del nostro agire? Infine, come arrivare a una efficace integrazione tra emozioni e razionalità?
Questi quesiti, in fondo, non riguardano solo la politica: in tutti gli ambiti della nostra vita, infatti, entrano in gioco passioni ed emozioni e il loro rapporto con la razionalità. Questo legittima forse il ricorso a un’immagine: da bambini il problema viene risolto attraverso la dipendenza da figure adulte (genitori, insegnanti, educatori, ecc.), in un processo di progressiva autonomia; l’adolescenza è comunemente considerata il momento di esplosione di emozioni e passioni, con la confusione che ne consegue e la fatica a gestirle, la presa di distanza dalle figure di riferimento dell’infanzia, a cui se ne sostituiscono altre; la maturità dell’età adulta consiste proprio nella capacità di governare le proprie emozioni, assumendone la profondità, valorizzandone la ricchezza e recuperando anche il patrimonio dei periodi precedenti. Si tratta di una suggestione che offriamo, invitando a resistere alla tentazione di una semplicistica applicazione analogica ai fenomeni sociali. Sarebbe banale concludere che per la vita democratica italiana all’infanzia della Prima repubblica ha fatto seguito l’adolescenza della Seconda e siamo in attesa della maturità della Terza. Si tratterebbe di una estensione di una dinamica personale alla sfera sociale, indebita anche solo per il fatto che il soggetto sociale collettivo muta costantemente in funzione della demografia. A livello sociale si tratta di un percorso da rinnovare ogni giorno: l’esempio ce ne indica la direzione, senza che possiamo pensare di compierlo una volta per tutte.

Per orientarsi
Ma come fare? Un primo passo è dare un nome alle emozioni, identificandone l’origine. Leggere le proprie paure, ad esempio, richiede di riconoscerle come tali, di identificare il bene che ci sta a cuore e sentiamo in pericolo e di individuare la minaccia. L’emozione è un segnale da leggere, mettendo a fuoco che cosa indica. Saper distinguere tra indignazione e invidia, tra ira e risentimento, speranza e illusione, partecipazione o manipolazione consente di orientarsi tra azioni politiche e sociali frutto di interessi parziali ed egoistici o, ancor peggio, di ritorsioni puramente ostili e vendicative, e progetti che scaturiscono dal desiderio di dignità e di uguaglianza, ispirati al bene comune e tesi alla conquista delle libertà democratiche. Riconoscere le passioni ci permette di intuire qualcosa sulle motivazioni profonde all’origine dei movimenti collettivi e di distinguere tra pretese illegittime e domande legittime di libertà e di giustizia.

La strada poi può aprirsi progressivamente se ci abituiamo a cogliere il “gusto” profondo della libertà di impegnarsi, di costruire qualcosa insieme, di rispettare veramente se stessi e gli altri, di sentirsi al posto giusto nel momento giusto. Un gusto ben diverso da quello di una iniziativa portata avanti per paura, per escludere altri, per affermare se stessi. Chi non ha mai provato che cosa significa la differenza non può rendersene conto; chi invece l’ha sperimentata dispone di uno strumento potente per orientarsi anche nei casi in cui l’analisi strettamente razionale non arriva a una chiarezza definitiva: difendere i propri interessi, individuali o di gruppo, appare spesso dotato di senso e persino attraente a un calcolo di costi e benefici, ma ha un gusto completamente diverso dall’operare per la promozione del bene comune. La chiave è dunque sviluppare la capacità di cogliere il gusto di ciò che si sta vivendo e soprattutto delle diverse alternative che sempre ci troviamo di fronte. Con un termine antico, tutt’altro che fuor di luogo quando si parla di politica, questa è l’arte del discernimento spirituale, di cui qui non possiamo che limitarci a qualche accenno.
Trattandosi di una dinamica sociale, questo compito di lettura e interpretazione di emozioni e passioni politiche non può che essere svolto insieme, in un confronto fondato sul dialogo. Assunto a livello di metodo in tutta la sua esigenza, il dialogo offre una opportunità irrinunciabile: permette a ciascuno di cogliere la propria parzialità e trascendere il proprio punto di vista e l’assolutezza con cui percepisce le proprie pulsioni emotive, in un percorso di maturazione personale nella direzione dell’autonomia e della responsabilità.
Per questo esercizio servono palestre. Oltre alla famiglia, le più indicate sono quelle realtà in cui i singoli confluiscono e che spesso, in vario modo, già offrono, talvolta istituzionalmente, percorsi e cammini formativi: la scuola e tutto il mondo delle associazioni, in particolare quelle che mirano a una presenza e a un impegno nella società, anche capendo come utilizzare correttamente le risorse offerte dai nuovi media. Per esperienza possiamo dire che si tratta di qualcosa che accade assai più spesso di quanto un certo pessimismo diffuso porterebbe a pensare. A questi ambiti ne vanno aggiunti due, per i quali questo compito assume una rilevanza ancora più strategica. Il primo sono i partiti politici, in particolare a livello della militanza di base: favorire confronto e dialogo sono per loro il modo di costruire una efficace democrazia interna, che oggi è un requisito indispensabile per svolgere legittimamente la funzione di rappresentanza. Il secondo sono le comunità di fede: ogni esperienza religiosa autentica integra al proprio interno passioni ed emozioni profonde, non solo quelle di ordine più squisitamente mistico (il rapporto con Dio), ma anche quelle relative a identità e appartenenza. Per queste comunità, intraprendere la via del confronto e del dialogo, al proprio interno e con quelle di altra confessione, è la via per sfuggire al settarismo e all’integralismo e un valido modo per offrire un contributo prezioso alla società di cui fanno parte.
Non mancano certo i temi sui cui esercitare confronto e dialogo, anche a livello della vita quotidiana: le dinamiche politiche e sociali ci obbligano in continuazione a prendere posizione su opzioni controverse ed emotivamente cariche. Tra le tante, quella che oggi sembra eccitare al massimo le passioni è il rapporto con la differenza culturale, religiosa o etnica: suscita paure profonde e quasi ancestrali, spesso oggetto di manipolazione, ma al tempo stesso interseca il mondo dell’economia (mercato del lavoro e sistema previdenziale), i bisogni a volte drammatici nel campo dell’assistenza e le evoluzioni del desiderio di futuro che soggiacciono alle dinamiche della natalità e della demografia. È un tema con cui dobbiamo costantemente fare i conti, in un modo auspicabilmente sempre più adulto.
Il sogno di una democrazia matura e di una politica adulta è che le scelte non si basino sul fatto che le alternative sono “di destra” o “di sinistra”, né sul conteggio degli infiniti “mi piace” individuali e poco motivati, ma su un percorso che ci permette di scoprire insieme, come con-cittadini, in che misura esse promuovono o non promuovono cammini costruttivi per tutti e per ciascuno.

DA- https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/ne-destra-ne-sinistra-verso-una-politica-adulta/

14  Forum Pubblico / N.O.M. NUOVO ORDINE MONDIALE DI PACE ATTIVA. Possiamo Esserci Come EUROPEI? / L’Africa è il luogo del futuro: che si tratti di clima, transizione, sviluppo.. inserito:: Febbraio 29, 2024, 11:52:43 pm
Le nuove frontiere geopolitiche
LA MIA AFRICA
di Rita Lofano

N° 59 - Africa in Transition

L’asse geopolitico globale si sta spostando, l’Europa da tempo non è più al centro del mondo.
L’Africa è il luogo del futuro: che si tratti di clima, transizione, sviluppo o sicurezza. Lavorare “con” l’Africa, le molte Afriche, è l’unica strada.

“L'Africa”, dicono nei dibattiti, come se fosse un’entità omogenea, indivisibile, con una sola cultura. “L’Africa”, si legge sui giornali, più o meno come servire un prodotto omogeneizzato. “L’Africa” di chi? Forse quella di un Occidente che dopo secoli ancora sembra non aver fatto passi avanti rispetto a una visione del “noi e loro”, senza comprendere che “loro” sono tanti, una moltitudine di diversi, un quinto della popolazione mondiale, giovane, in crescita esponenziale.  L’Europa al centro del mondo è finita nelle mappe della geopolitica, resta ancora un baluardo di conoscenza, di storia, di istruzione possibile e sviluppo. Ecco, qui c’è quello che possiamo fare insieme per le molte Afriche che (non) conosciamo: fornire una cassetta degli attrezzi, un set di domande e risposte, competenze per costruire futuro, quello che spesso non riusciamo più a immaginare per noi stessi. Non è (solo) una questione filosofica (il 50 percento delle scuole secondarie dell’Africa subsahariana non ha l’elettricità mentre il Brookings Institution indica come meno del 25 percento degli studenti intraprenda carriere legate alle materie STEM con una conseguente forte dipendenza da personale straniero nel settore dell’energia). Il mondo concreto di We – World Energy è un caleidoscopio di filosofie, a cominciare dalla scuola del realismo e del pragmatismo, con un tocco di sognatrice utopia, è un programma possibile.
 
Durante la Conferenza degli Ambasciatori alla Farnesina, questa visione dell’Africa plurale è stata oggetto e soggetto della riflessione, ne sono venute fuori le molte Afriche. L’energia del “Continente nero” è una questione prima di tutto culturale, riguarda noi europei, la nostra forma mentis, non è solo un problema di transizione energetica, di petrolio e gas che pure, con la giusta visione (non ideologica e non a spese di un’energia accessibile e affidabile per tutti), possono rappresentare un trampolino verso uno sviluppo sostenibile.
 
“Dall’Africa c’è sempre qualcosa di nuovo”, scriveva Plinio Il Vecchio. Un monito difficile da ignorare. La (ri)scoperta dell’Africa è nata da una necessità storica: il disaccoppiamento dalle forniture energetiche della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Il punto di non ritorno, la fine di una stagione politica. In quel momento l’Italia si è ritrovata con un ruolo di potenziale pivot del Mediterraneo: chi meglio di noi può lanciare una politica per il Mediterraneo come hub energetico dell’Europa? Nessuno. Il ruolo di Eni in questo scenario è quello di una forza storica proiettata nel futuro, la presenza del Cane a sei zampe è un dato di fatto, non è un desiderio è una realtà. L’Africa è il luogo del futuro: che si tratti di cambiamenti climatici, transizione, economia inclusiva e sicurezza. La sfida è ora. La posta in gioco è alta. Lavorare “con” l’Africa, le molte Afriche, è l’unica strada

da
https://www.worldenergynext.com/articolo/2024-02-13/africa-clima-transizione-sviluppo-25017908
15  Forum Pubblico / ESTERO dopo il 19 agosto 2022. MONDO DIVISO IN OCCIDENTE, ORIENTE E ALTRE REALTA'. / Le minacce all'Occidente non sono di Putin, ma di tutta la Federazione Russa ... inserito:: Febbraio 29, 2024, 11:44:43 pm
Le minacce all'Occidente non sono di Putin, ma di tutta la Federazione Russa, perché tutta la Federazione Russa, che continua a celarsi dietro di lui, é di fatto sua complice.

Ergo la reazione occidentale, all'eventuale uso di armi atomiche o biologiche, dovrà essere indirizzata a tutte le capitali della Federazione Russa.

Noi vogliamo conoscere e dialogare con le popolazioni della Federazione Russa, ma non ridotti ad esseri umani contaminati, superstiti, delle loro guerre di conquista, che usano armi atomiche o biologiche.

Noi Occidentali con cominceremo mai per primi!
ggg
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