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Forum Pubblico / NOI UMANI DIVISI in CATEGORIE: siamo DIFFERENTI e DIVERSI. / IL TEMPO DEL DISAMORE
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inserito:: Novembre 25, 2023, 05:24:01 pm
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IL TEMPO DEL DISAMORE Buongiorno, ecco una serie di notizie selezionate per te dal Corriere del Veneto. Vera Slepoj, psicologa, scrittrice e editorialista, parla della storia di Giulia e Filippo. Buona lettura! Quello di Barcis è un piccolo lago in mezzo alle montagne e per arrivarci la strada costeggia rupi, montagne solitarie, paesaggi piuttosto isolati, ed è difficile immaginarsi un corpo, quello di Giulia. che abbiamo conosciuto in questi giorni, con l’ansia che almeno questa vicenda non fosse come le altre, che potesse avere un finale diverso, e invece il corpo è lì, abbandonato o buttato, adagiato o sospeso al giudizio che possiamo darne. È il duplice volto della violenza, unito a quello dei sentimenti malati, quelli che chiamiamo amori tossici. A Giulia, pur con tutte le attenuanti, il dolore per il lutto recente della madre, il traguardo della laurea, il desiderio di lottare, guarire, uscire, rigenerarsi, risorgere, tutto questo non è bastato. L’epilogo è stato lo stesso, quello che dell’amore ancora la mente collettiva non riesce a distinguere, ad avere quegli strumenti per intercettare il male, il pericolo che sta dentro la spirale dell’amore che sconfina spesso e velocemente nell’ossessione, nell’egoismo di chi pensa che siccome si ama si ha diritto sull’«altro». Giulia, anima bella, non vede il pericolo, non lo sente e così è per tutte le vittime di questo tipo di violenza. Credono che bastino le parole, l’accompagnamento alla separazione. Giulia, anima generosa, guardava avanti e pensava bastasse la sua solidarietà per gestire una situazione imprevista, e spesso questo meccanismo fa precipitare l’amore nel baratro, quello dell’altro, preso dall’ossessione, da quel pensiero che fa vedere l’altro come l’unica soluzione della propria vita. L’amore purtroppo si può raccontare, forse anche educare, ma non è proprio così, non è uno strumento che si può imparare a usare, è il sentimento più controverso, meraviglioso e terribile allo stesso tempo. Dovremmo capire che siamo nel tempo del disamore, esattamente il suo contrario. Amare è l’esperienza comportamentale più importante che ci fa transitare nel mondo dell’altro, che fa attraversare il proprio egotismo, è il sentimento più importante per imparare il limite di noi stessi. L’amore è la libertà nel bene dell’altro. Si ama a prescindere dall’epilogo, dalla sua destinazione, chi ama dovrebbe essere felice che l’altro esiste, ma non si esiste perché l’altro ti ama. L’amore non può essere una risposta ai nostri desideri, alle nostre utopie, ai nostri bisogni, non può essere la soluzione di ciò che non hai e forse di chi non sei. L’amore, ricordiamoci, non è dipendenza, è autonomia, è incontro con la verità della vita. E su questi temi il mondo virtuale - internet e dintorni - purtroppo non ha nessuna influenza. L’amore non è passione e le farfalline famose che dovrebbero comparire sono una strada infantile, trasposizione di ciò che in realtà è l’emozione. L’amore passionale, in realtà, spesso è fuorviante perché ti toglie il sonno, il ragionamento, ma alla fine si trasforma in un legame malato che vuol dire appunto non esisto. Giulia adesso è morta, accanto ad un lago triste, come quel sentimento di un ragazzo, Filippo. Ma ha dato a Giulia troppe responsabilità perché chi fallisce deve imparare a capire che l’amore non è una vittoria o una sconfitta, è un evento che ha molto a che fare con tutta la nostra storia, la nostra crescita, dove il rispetto per l’altro non è solo una faccenda sentimentale. Infine, ci sono quelle terribili macchie di sangue, il simbolo più eclatante della violenza, c’è sempre il meccanismo della vendetta in quelle persone che rinunciano alla realtà ed entrano nell’ossessione e costruiscono nella responsabilità dell’altro non solo la violenza ma l’eliminazione di colui che ritengono responsabile del proprio stato mentale. E poi il grande discorso sull’affettività, quella relazione che si impara dall’infanzia ed è la costruzione della possibilità di avere la capacità di amare correttamente e riguarda il ruolo dei genitori, di tutti i genitori: è necessario comprendere che i propri comportamenti determinano l’evoluzione negli amori tossici o nell’anaffettività. I bambini vanno amati, non adorati, vanno accompagnati, educati al sentimento; andare bene a scuola non ci salva dal tumulto dei sentimenti inesatti che spesso si trasformano nell’evoluzione più tremenda, quella di lottare per lottare per la propria vita e di perderla nel tentativo di aiutare il nostro peggiore nemico: l’«ex». Se volete scriverci la mail è: web@corriereveneto.it LE NOTIZIE DI OGGI Venezia, i «corvi» del Patriarcato: «Nella Chiesa locale due lobby, una gay e una degli affari» Torri del Benaco, la nuova stangata (un anno dopo) ai multati dell’autovelox killer: non avevano indicato chi guidava Vicenza, guarita la ragazzina colpita da encefalite: «Il brutto è passato, ora sogno di passare il Natale a Casa» Governatori e social, Luca Zaia re dei post: il nuovo record è su TikTok Dal - Corriere del Veneto.
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Forum Pubblico / SONO INFLUENCER, NON UN GIORNALISTA! Mi esprimo "Attraverso contatti da me selezionati". / Tutti i miei Gruppi Tematici e le mie due Pagine in Facebook (12)
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inserito:: Novembre 20, 2023, 01:06:13 am
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Tutti i miei Gruppi Tematici e le mie due Pagine in Facebook (12)
L'ISOLA di ARLECCHINO EURISTICO. TROVARSI SENZA ESSERSI CERCATI.
L'ITALIA, NON FATELA DIVENTARE un ARCIPELAGO di ISOLE REGIONALI!
BASTA FARSI PREDARE della Nostra Dignità di Cittadini Attivi.
DIVERSI e DIFFERENTI. Ma NOI si deve dare ragione alle cose giuste.
DOMANESIMO e NUOVO ORDINE MONDIALE di PACE ATTIVA.
SOCIALESIMO. Studio e Prolegomeni di una DEMOCRAZIA.
La Cultura, i Giovani, i Mondi del Lavoro e delle Produzioni.
ITALIA, REPUBBLICA PARLAMENTARE. DEMOCRAZIA dell'OCCIDENTE EUROPEO!
DEMOCRATICI INDIPENDENTI e l'ULIVO POLICONICO.
LA COLLINA, DELLE PERSONE ATTIVE, CURIOSE di REALTA' ATTENDIBILI.
Lo Scaffale Capovolto Il Foglio Clandestino, Aperiodico Ad Apparizione Aleatoria
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Forum Pubblico / L'ITALIA NON FATELA RIDURRE ad ARCIPELAGO di ISOLE REGIONALI. / L'ERRORE E LA MORTE DI ANILA
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inserito:: Novembre 20, 2023, 12:59:26 am
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L'ERRORE E LA MORTE DI ANILA Buongiorno, ecco una serie di notizie selezionate per te dal Corriere del Veneto. Silvia Madiotto, redattrice, parla della morte sul lavoro di Anila Grishaj. Buona lettura. C’è una famiglia stretta nel dolore, a Miane (Treviso). Quella di Anila Grishaj, morta sul lavoro, stritolata da un macchinario che stava controllando: attenta come sempre, da quando era diventata responsabile di linea alla Bocon di Pieve di Soligo. E c’è un suo collega, ancora sotto choc, indagato per omicidio colposo. Erano in fabbrica insieme quel pomeriggio. Lei aveva spento la macchina per gli imballaggi (nuova, arrivata da cinque mesi), lui per errore l’ha accesa, non si era accorto che Anila era lì. È rimasta schiacciata. Morta a 26 anni. La Procura di Treviso per il momento ha inserito solo il collega nel registro, perché senza quell’errore Anila sarebbe ancora viva, ma le indagini sono appena iniziate. E qualsiasi mancanza, lacuna nella sicurezza o carenza nell’applicazione delle procedure sarà attentamente valutata per capire se ci sono altre responsabilità. Intanto Miane è un paese sospeso fra silenzio e lacrime. Anila e la sua famiglia (genitori di origine albanese, sorella più grande e fratello più piccolo) sono conosciuti e apprezzati, sempre presenti, gran lavoratori. Stanno arrivando i parenti, dal Friuli, dalla Lombardia, da tanti luoghi del Veneto, perché così vuole la tradizione: uniti nel lutto. Per ricordare una ragazza solare, generosa, disponibile, che in un istante è diventata l’ennesima vittima sul lavoro. Se volete scriverci la mail è: web@corriereveneto.it Da - corriere del veneto.
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Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / Perché un figlio arriva a uccidere un genitore?
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inserito:: Novembre 20, 2023, 12:53:42 am
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Perché un figlio arriva a uccidere un genitore? Per quanto sia difficile da accettare, raramente siamo in balìa di assassini ignoti e inattesi. Ancora oggi, infatti, il maggior numero dei delitti purtroppo avviene in ambito familiare e circa nel 12,9% di questi fatti di sangue si parla di “parricidi”, cioè di figli che uccidono i genitori. C’è da dire che il figlio che arriva ad uccidere un genitore è nella maggior parte dei casi un adolescente, poiché è in quel momento che l’individuo si trova ad affrontare un conflitto maggiore tra il proprio bisogno di autonomia e la propria dipendenza patologica dalla famiglia d’origine. Quando si parla di soggetti agenti adulti, ci si trova invece di fronte a persone spesso affette da schizofrenia o altri disturbi mentali. Per tale ragione questa fenomenologia omicidiaria continua a far sorgere non pochi interrogativi scientifici dal momento che, se in alcuni casi la causa scatenante l’uccisione di entrambi i genitori può essere agevolmente ricondotta a ragioni di carattere economico/ereditarie ed in altre rappresenta invece l’ultimo atto di ribellione di fronte ad anni di maltrattamenti ad opera del padre, più difficile è stabilire la causa scatenante il matricidio. Proprio perché la madre, specie per la civiltà occidentale è una figura che rappresenta uno dei suoi pilastri principali. A proposito dell’uccisione della madre Wertham parla di “Complesso di Oreste”, poiché analizzando la letteratura scientifica in materia di matricidio emerge che questo tipo di delitto è perpetrato soprattutto da giovani di età compresa tra i 15 e i 20 anni e scaturisce da litigi apparentemente banali, ma a cui sottendono rapporti ambivalenti di odio e attrazione inconsci. Ed effettivamente banali sembrano essere le ragioni da cui sono scaturiti gli omicidi di Patrizia Crivellaro, uccisa dalla figlia di 17 anni per averle impedito di usare il cellulare, di Patrizia Schettini, uccisa dal figlio anche lui diciassettenne perché lo aveva sgridato ed in ultimo, pare, quello di Giovanna Salerno. Quest’ultima sarebbe stata uccisa dalla figlia di 22 anni al culmine di una lite, soffocata con un sacchetto di plastica. Difficile comprendere in che misura le difficoltà del ruolo assunto oggi da un figlio all’interno di in una famiglia sempre più frammentata, possano essere connesse alla violenza e alla devianza. Di certo le trasformazioni che sta subendo il mondo giovanile mostrano una sempre maggiore difficoltà al dialogo e una evidente incapacità di razionalizzare ed elaborare perdite e fallimenti. Di conseguenza un qualsiasi problema quotidiano viene vissuto come una responsabilità che sovrasta il giovane e lo opprime, aumentando così la distanza emotiva con i genitori. Le decisioni imposte e gli eventuali malesseri diventano dunque insopportabili e, pertanto, l’uccisione della madre rappresenta l’estrema rescissione di qualsiasi legame con il nucleo familiare. Link: http://www.corrieredellacalabria.it/index.php/l-altro-corriere/contributi/item/50449-perch%C3%A9-un-figlio-arriva-a-uccidere-un-genitore
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Forum Pubblico / NOI DEMOCRATICI INDIPENDENTI dell'ULIVO: OGGI DIVENTATO OLIVO POLICONICO?? / «Primarie addio», cantavi. Parafrasando il grande Ivan Graziani
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inserito:: Novembre 20, 2023, 12:49:32 am
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di Claudio Bozza «Primarie addio», cantavi. Parafrasando il grande Ivan Graziani di Massimo Rebotti Era da un po’ che Milano non entrava nel dibattito politico. Lontani i tempi in cui il centrosinistra la rivendicava come argine (e modello alternativo) al centrodestra, e lontani anche i tempi in cui il lo stesso centrodestra ne tentava, stancamente, una «riconquista» che non è avvenuta. A rimettere Milano al centro dello scontro è stato il primo cittadino Beppe Sala. «Contro la città – ha detto - è in atto una campagna politico-mediatica». Un’uscita forte, nonostante dal punto di vista politico il momento non potrebbe essere (sulla carta) tra i più tranquilli, con le prossime elezioni lontane tre anni e un sindaco, al secondo mandato dopo la facile vittoria del 2021, che non sarà della partita. Eppure da settimane un certo nervosismo ha preso ad attraversare il centrosinistra (alla guida della città ormai da oltre dieci anni). Il nervo scoperto – un eterno ritorno per quanto riguarda Milano - è quello della sicurezza. Quando parla di «campagna politico mediatica», Sala ha certamente in mente le accuse del centrodestra, a cominciare dal leader della Lega Matteo Salvini, sull’«insicurezza di Milano» ma anche lo spazio che televisioni e organi di informazione dedicano al tema. In più, concentrate nell’ultimo periodo, ci sono state diverse denunce social da parte di alcuni volti noti, da Flavio Briatore a Carlo Verdone, che raccontavano ai follower di essere rimasti vittima di furti o tentativi di aggressione nelle strade cittadine. Da qui la scelta di Sala di passare all’offensiva. Il messaggio è anche alla sua parte politica. Nel bel mezzo di un altro caso - quello della nomina nel cda del Piccolo Teatro di Geronimo La Russa, figlio di Ignazio, fondatore di Fratelli d’Italia e presidente del Senato - il sindaco ha colto l’occasione per lanciare l’allarme: «A sinistra ci sono troppi distinguo. Tra tre anni la città si può perdere». E così, anche se le urne sono lontane, a Milano la fibrillazione è già iniziata. ALTRE NOTIZIE DI POLITICA Meloni a Zagabria, faro sui migranti: l’intesa albanese sarà un modello Il no di Schlein a Meloni su Atreju: «Il confronto è in Parlamento» Lite Conte-Tajani sul cessate il fuoco. Il ministro: «Picco di vendita di armi a Israele con suo governo» Carne coltivata, il divieto è legge. «Il governo rispetta gli agricoltori» Perché è sbagliato dire «carne sintetica» ed è autorizzata in altri Paesi del mondo Se volete comunicare con noi, scrivete a newsletter.politica@rcs.itRicevi questa email in quanto iscritto alla newsletter. Titolare del Trattamento Dati è RCS MediaGroup S.p.A. Se intendi disiscriverti da "Diario Politico" fai click qui. Se desideri rettificare, modificare, consultare i tuoi dati o comunque esercitare i diritti riconosciuti ai sensi degli artt. 15-22 del Regolamento UE 2016/679 scrivi a privacy@rcsdigital.itRitieni interessante questa newsletter? Non perderti gli altri appuntamenti con l'informazione di Corriere della Sera. Scopri tutte le newsletter e iscriviti subito. Newsletter Diario Politico - Corriere della Sera
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Forum Pubblico / NOI CITTADINI ATTIVI PER UNA GIUSTA PACE NEL MONDO E ALLEATI NELLE GIUSTE CAUSE. / Cristina Torre Cáceres, poetessa e attivista peruviana. Se domani ...
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inserito:: Novembre 20, 2023, 12:43:08 am
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Emanuele Fiano nrpdSostoegi8171509umcm fma3aa800t3ag2g81f0f1c9hliih0g69c1f8 ·
Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma. Se non ti dico che vengo a cena. Se domani, il taxi non appare. Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in una borsa nera. Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia. Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata. Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata. Mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata. Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, l'alcool nel sangue. Ti diranno che era giusto, che ero da sola. Che il mio ex psicopatico avesse delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana. Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria. Lo giuro, mamma, sono morta combattendo. Lo giuro, mia cara mamma, ho urlato forte così come volavo alto. Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutti quelli che urleranno il mio nome. Perché lo so, mamma, non ti fermerai. Ma, per quello che vuoi di più, non legare mia sorella. Non rinchiudere le mie cugine, non privare le tue nipoti. Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia. Sono loro, saranno sempre loro. Combatti per le loro ali, quelle ali che mi tagliarono. Combatti per loro, che possano essere libere di volare più in alto di me. Combatti per urlare più forte di me. Possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io. Mamma, non piangere le mie ceneri. Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l'ultima.”
Cristina Torre Cáceres, poetessa e attivista peruviana Alessia Morani
Da FB del 19 novembre 2023
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Forum Pubblico / LA MIA "ISOLA DI ARLECCHINO EURISTICO". TROVARSI SENZA ESSERSI CERCATI. / Discorso di Camus, Premio Nobel per la letteratura nel 1957
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inserito:: Novembre 01, 2023, 06:35:24 pm
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Discorso di Camus, Premio Nobel per la letteratura nel 1957 di From Les Prix Nobel en 1957, Editor Göran Liljestrand, [Nobel Foundation], Stockholm, 1958 Copyright © The Nobel Foundation 1957 Fonte: I giorni e le notti Testo tradotto Sire, Madame, Altezze Reali, signore, signori, Ricevendo il premio di cui la vostra libera Accademia ha voluto onorarmi, la mia grande gratitudine era tanto più profonda quanto più misuravo fino a che punto la ricompensa oltrepassava i miei meriti personali. Ogni uomo, e a maggior ragione ogni artista, desidera ottenere dei riconoscimenti. Anch’io lo desidero, ma non mi è stato possibile apprendere la vostra decisione senza confrontare la sua grande rinomanza con quello che io realmente sono, un uomo quasi giovane, ricco soltanto dei suoi dubbi e di una opera ancora in cantiere, abituato a vivere nella solitudine del lavoro o nel rifugio dell’amicizia, come potrebbe non apprendere con una specie di panico una decisione che lo porta d’un colpo, solo e quasi ridotto a se stesso, al centro di una luce sfolgorante? Con quale animo poteva ricevere quest’onore nell’ora in cui in Europa altri scrittori, fra i più grandi, sono ridotti al silenzio e nel momento stesso in cui la sua terra natale è tormentata da una continua sventura? Ho conosciuto questo smarrimento e questo turbamento interiore. Per ritrovare la pace insomma ho dovuto rimettermi in regola con una sorte troppo generosa. E poiché non potevo farlo facendo leva sui miei soli meriti ho trovato, come aiuto, ciò che mi ha sostenuto nelle circostanze più difficili durante la mia vita: l’idea che mi son creata della mia arte e della missione dello scrittore. Lasciate che in un sentimento di riconoscenza e di amicizia vi dica, con la massima semplicità, quale sia questa idea. Personalmente non potrei vivere senza la mia arte, ma non l’ho mai posta al di sopra di tutto: se mi è necessaria, è invece perché non si estranea da nessuno e mi permette di vivere come sono al livello di tutti. L’arte non è ai miei occhi gioia solitaria: è invece un mezzo per commuovere il maggior numero di uomini offrendo loro un’immagine privilegiata delle sofferenze e delle gioie di tutti. L’arte obbliga dunque l’artista a non isolarsi e lo sottomette alla verità più umile e più universale. E spesso chi ha scelto il suo destino di artista perché si sentiva diverso dagli altri si accorge ben presto che potrà alimentare la sua arte e questo suo esser diverso solo confessando la sua somiglianza con tutti: l’artista si forma in questo rapporto perpetuo fra lui e gli altri, a mezza strada fra la bellezza di cui non può fare a meno e la comunità dalla quale non si può staccare. È per questa ragione che i veri artisti non disprezzano nulla e si sforzano di comprendere invece di giudicare: e se essi hanno un partito da prendere in questo mondo, non può essere altro che quello di una società in cui, secondo il gran motto di Nietzsche, non regnerà più il giudice, ma il creatore, sia esso lavoratore o intellettuale. La missione dello scrittore è fatta ad un tempo di difficili doveri; per definizione, non può mettersi oggi al servizio di coloro che fanno la storia: è al servizio di quelli che la subiscono. O, in caso contrario, lo scrittore si ritrova solo e privo della sua arte. Tutti gli eserciti della tirannia con i loro milioni di uomini non lo strapperanno alla solitudine anche e soprattutto se si adatterà a tenere il loro passo. Ma il silenzio di un prigioniero sconosciuto ed umiliato all’altro capo del mondo sarà sufficiente a trarre lo scrittore dal suo esilio, ogni volta, almeno, che arriverà, pur nei privilegi della libertà, a non dimenticare questo silenzio e a divulgarlo con i mezzi dell’arte. Nessuno di noi è abbastanza grande per una simile vocazione. Ma in tutte le circostanze della sua vita, ignorato o provvisoriamente celebre, imprigionato nella stretta della tirannia o per il momento libero di esprimersi, lo scrittore può ritrovare il sentimento di una comunità vivente che lo giustifichi, alla sola condizione che accetti, finché può, i due impegni che fanno la grandezza della sua missione: essere al servizio della verità e della libertà. Poiché la sua vocazione è quella di riunire il maggior numero possibile di uomini, egli non può valersi della menzogna e della schiavitù che, là dove regnano, fanno proliferare la solitudine. Qualunque siano le nostre debolezze personali, la nobiltà del nostro mestiere avrà sempre le sue radici in due difficili impegni: il rifiuto della menzogna e la resistenza all’oppressione. Per più di vent’anni di storia folle, perduto e privo di soccorso, come tutti gli uomini della mia età, nelle convulsioni del tempo, sono stato sorretto dal sentimento oscuro che scrivere era oggi un onore, perché questo atto impegnava, e non impegnava a scrivere soltanto. Mi obbligava in particolare a portare, come potevo e secondo le mie forze, con tutti quelli che vivevano la stessa storia, la sventura e la speranza di cui eravamo partecipi. Questi uomini, nati all’inizio della prima guerra mondiale, che hanno avuto vent’anni quando si installavano ad un tempo il potere hitleriano e i primi processi rivoluzionari e che sono stati in seguito messi alla prova, per completare la loro educazione, nella guerra di Spagna, nella seconda guerra mondiale, nell’universo “concentrazionario”, nell’Europa della tortura e della prigione, debbono oggi allevare i loro figli e le loro opere in un mondo minacciato dalla distruzione nucleare. Nessuno, suppongo, può chieder loro di essere ottimisti. E sono convinto che dobbiamo comprendere, pur senza abbandonare la lotta contro di loro, l’errore di quelli che, per troppa disperazione, hanno rivendicato il diritto al disonore e si sono gettati a capofitto nel nichilismo del nostro tempo. Ma è anche vero che la maggior parte di noi, nel mio paese e in Europa, hanno rifiutato questo nichilismo e si sono messi alla ricerca di una legittimità; hanno dovuto costruirsi un’arte per vivere in tempi calamitosi, per nascere una seconda volta e lottare poi a viso scoperto contro l’istinto di morte sempre presente nella nostra storia. Ogni generazione, senza dubbio, si crede destinata a rifare il mondo. La mia sa che non lo rifarà. Il suo compito è forse più grande: consiste nell’impedire che il mondo si distrugga. Erede di una storia corrotta in cui si fondono le rivoluzioni fallite e le tecniche impazzite, la morte degli dei e le ideologie portate al parossismo, in cui mediocri poteri, privi ormai di ogni forza di convincimento, sono in grado oggi di distruggere tutto, in cui l’intelligenza si è prostituita fino a farsi serva dell’odio e dell’oppressione, questa generazione ha dovuto restaurare, per se stessa e per gli altri, fondandosi sulle sole negazioni, un po’ di ciò che fa la dignità di vivere e di morire. Davanti ad un mondo minacciato di disintegrazione, sul quale i nostri grandi inquisitori rischiano di stabilire per sempre il dominio della morte, la nostra generazione sa bene che dovrebbe, in una corsa pazza contro il tempo, restaurare fra le nazioni una pace che non sia quella della servitù, riconciliare di nuovo lavoro e cultura e ricreare con tutti gli uomini un’arca di alleanza. Non è certo che essa possa mai portare a buon fine questo compito immenso ma è certo che, in tutto il mondo, è già impegnata nella sua doppia scommessa di verità e di libertà e che, all’occasione, saprà morire senza odio. Per questo merita quindi di essere salutata e incoraggiata dovunque si trovi e soprattutto là dove si sacrifica. È su di essa, comunque, che, certo del vostro assenso profondo, vorrei far ricadere l’onore che mi avete fatto. Nello stesso tempo, dopo aver proclamato la nobiltà del mestiere di scrivere, avrei ricollocato lo scrittore al suo vero posto, non godendo lui di altri titoli all’infuori di quelli che divide con i suoi compagni di lotta, vulnerabile ma ostinato, ingiusto e appassionato di giustizia, costruttore della sua opera senza vergogna né orgoglio al cospetto di tutti, diviso sempre fra il dolore e la bellezza votato infine a trarre dalla sua duplice esistenza le creazioni che ostinatamente tenta di edificare in mezzo al moto distruttore della storia. Chi, dopo tutto ciò, potrebbe attendere da lui soluzioni bell’e fatte e belle morali? La verità è misteriosa, sfuggente, sempre da conquistare. La libertà è pericolosa, dura da vivere quanto esaltante. Dobbiamo marciare verso questi due obiettivi, con fatica ma decisi, ben consci dei nostri errori in un così lungo cammino. Quale scrittore dunque oserebbe, in buona coscienza, farsi predicatore di virtù? Quanto a me devo dire una volta di più che non sono niente di tutto questo. non ho mai potuto rinunciare alla luce, alla felicità di esistere, alla vita libera in cui sono cresciuto. Ma benché questa nostalgia spieghi molti dei miei errori e delle mie colpe, essa mi ha aiutato senza dubbio a comprendere meglio il mio mestiere, mi aiuta ancor oggi a tenermi, ciecamente, vicino a tutti quegli uomini silenziosi che non sopportano nel mondo una vita che per loro è fatta soltanto del ricordo o del ritorno di brevi e libere gioie. Ricondotto così a ciò che realmente sono, ai miei limiti, ai miei doveri, alla mia difficile fede, mi sento più libero di testimoniarvi, per finire, l’importanza e la generosità del premio che mi avete conferito; più libero di dirvi anche che vorrei riceverlo come un omaggio reso a tutti quelli che, combattendo la stessa battaglia, non ne hanno ricevuto alcun privilegio, ma hanno invece conosciuto sventura e persecuzione. Non mi resta altro che ringraziarvi dunque dal profondo del cuore e fare a voi pubblicamente, come testimonianza personale di gratitudine, la stessa vecchia promessa di fedeltà che ogni vero artista, ogni giorno, fa a se stesso, in silenzio. Testo originale Sire, Madame, Altesses Royales, Mesdames, Messieurs, En recevant la distinction dont votre libre Académie a bien voulu m’honorer, ma gratitude était d’autant plus profonde que je mesurais à quel point cette récompense dépassait mes mérites personnels. Tout homme et, à plus forte raison, tout artiste, désire être reconnu. Je le désire aussi. Mais il ne m’a pas été possible d’apprendre votre décision sans comparer son retentissement à ce que je suis réellement. Comment un homme presque jeune, riche de ses seuls doutes et d’une œuvre encore en chantier, habitué à vivre dans la solitude du travail ou dans les retraites de l’amitié, n’aurait-il pas appris avec une sorte de panique un arrêt qui le portait d’un coup, seul et réduit à lui-même, au centre d’une lumière crue ? De quel cœur aussi pouvait-il recevoir cet honneur à l’heure où, en Europe, d’autres écrivains, parmi les plus grands, sont réduits au silence, et dans le temps même où sa terre natale connaît un malheur incessant ? J’ai connu ce désarroi et ce trouble intérieur. Pour retrouver la paix, il m’a fallu, en somme, me mettre en règle avec un sort trop généreux. Et, puisque je ne pouvais m’égaler à lui en m’appuyant sur mes seuls mérites, je n’ai rien trouvé d’autre pour m’aider que ce qui m’a soutenu tout au long de ma vie, et dans les circonstances les plus contraires : l’idée que je me fais de mon art et du rôle de l’écrivain. Permettez seulement que, dans un sentiment de reconnaissance et d’amitié, je vous dise, aussi simplement que je le pourrai, quelle est cette idée. Je ne puis vivre personnellement sans mon art. Mais je n’ai jamais placé cet art au-dessus de tout. S’il m’est nécessaire au contraire, c’est qu’il ne se sépare de personne et me permet de vivre, tel que je suis, au niveau de tous. L’art n’est pas à mes yeux une réjouissance solitaire. Il est un moyen d’émouvoir le plus grand nombre d’hommes en leur offrant une image privilégiée des souffrances et des joies communes. Il oblige donc l’artiste à ne pas se séparer ; il le soumet à la vérité la plus humble et la plus universelle. Et celui qui, souvent, a choisi son destin d’artiste parce qu’il se sentait différent apprend bien vite qu’il ne nourrira son art, et sa différence, qu’en avouant sa ressemblance avec tous. L’artiste se forge dans cet aller retour perpétuel de lui aux autres, à mi-chemin de la beauté dont il ne peut se passer et de la communauté à laquelle il ne peut s’arracher. C’est pourquoi les vrais artistes ne méprisent rien ; ils s’obligent à comprendre au lieu de juger. Et s’ils ont un parti à prendre en ce monde ce ne peut être que celui d’une société où, selon le grand mot de Nietzsche, ne règnera plus le juge, mais le créateur, qu’il soit travailleur ou intellectuel. Le rôle de l’écrivain, du même coup, ne se sépare pas de devoirs difficiles. Par définition, il ne peut se mettre aujourd’hui au service de ceux qui font l’histoire : il est au service de ceux qui la subissent. Ou sinon, le voici seul et privé de son art. Toutes les armées de la tyrannie avec leurs millions d’hommes ne l’enlèveront pas à la solitude, même et surtout s’il consent à prendre leur pas. Mais le silence d’un prisonnier inconnu, abandonné aux humiliations à l’autre bout du monde, suffit à retirer l’écrivain de l’exil chaque fois, du moins, qu’il parvient, au milieu des privilèges de la liberté, à ne pas oublier ce silence, et à le relayer pour le faire retentir par les moyens de l’art. Aucun de nous n’est assez grand pour une pareille vocation. Mais dans toutes les circonstances de sa vie, obscur ou provisoirement célèbre, jeté dans les fers de la tyrannie ou libre pour un temps de s’exprimer, l’écrivain peut retrouver le sentiment d’une communauté vivante qui le justifiera, à la seule condition qu’il accepte, autant qu’il peut, les deux charges qui font la grandeur de son métier : le service de la vérité et celui de la liberté. Puisque sa vocation est de réunir le plus grand nombre d’hommes possible, elle ne peut s’accommoder du mensonge et de la servitude qui, là où ils règnent, font proliférer les solitudes. Quelles que soient nos infirmités personnelles, la noblesse de notre métier s’enracinera toujours dans deux engagements difficiles à maintenir : le refus de mentir sur ce que l’on sait et la résistance à l’oppression. Pendant plus de vingt ans d’une histoire démentielle, perdu sans secours, comme tous les hommes de mon âge, dans les convulsions du temps, j’ai été soutenu ainsi : par le sentiment obscur qu’écrire était aujourd’hui un honneur, parce que cet acte obligeait, et obligeait à ne pas écrire seulement. Il m’obligeait particulièrement à porter, tel que j’étais et selon mes forces, avec tous ceux qui vivaient la même histoire, le malheur et l’espérance que nous partagions. Ces hommes, nés au début de la première guerre mondiale, qui ont eu vingt ans au moment où s’installaient à la fois le pouvoir hitlérien et les premiers procès révolutionnaires, qui furent confrontés ensuite, pour parfaire leur éducation, à la guerre d’Espagne, à la deuxième guerre mondiale, à l’univers concentrationnaire, à l’Europe de la torture et des prisons, doivent aujourd’hui élever leurs fils et leurs œuvres dans un monde menacé de destruction nucléaire. Personne, je suppose, ne peut leur demander d’être optimistes. Et je suis même d’avis que nous devons comprendre, sans cesser de lutter contre eux, l’erreur de ceux qui, par une surenchère de désespoir, ont revendiqué le droit au déshonneur, et se sont rués dans les nihilismes de l’époque. Mais il reste que la plupart d’entre nous, dans mon pays et en Europe, ont refusé ce nihilisme et se sont mis à la recherche d’une légitimité. Il leur a fallu se forger un art de vivre par temps de catastrophe, pour naître une seconde fois, et lutter ensuite, à visage découvert, contre l’instinct de mort à l’œuvre dans notre histoire. Chaque génération, sans doute, se croit vouée à refaire le monde. La mienne sait pourtant qu’elle ne le refera pas. Mais sa tâche est peut-être plus grande. Elle consiste à empêcher que le monde se défasse. Héritière d’une histoire corrompue où se mêlent les révolutions déchues, les techniques devenues folles, les dieux morts et les idéologies exténuées, où de médiocres pouvoirs peuvent aujourd’hui tout détruire mais ne savent plus convaincre, où l’intelligence s’est abaissée jusqu’à se faire la servante de la haine et de l’oppression, cette génération a dû, en elle-même et autour d’elle, restaurer, à partir de ses seules négations, un peu de ce qui fait la dignité de vivre et de mourir. Devant un monde menacé de désintégration, où nos grands inquisiteurs risquent d’établir pour toujours les royaumes de la mort, elle sait qu’elle devrait, dans une sorte de course folle contre la montre, restaurer entre les nations une paix qui ne soit pas celle de la servitude, réconcilier à nouveau travail et culture, et refaire avec tous les hommes une arche d’alliance. Il n’est pas sûr qu’elle puisse jamais accomplir cette tâche immense, mais il est sûr que partout dans le monde, elle tient déjà son double pari de vérité et de liberté, et, à l’occasion, sait mourir sans haine pour lui. C’est elle qui mérite d’être saluée et encouragée partout où elle se trouve, et surtout là où elle se sacrifie. C’est sur elle, en tout cas, que, certain de votre accord profond, je voudrais reporter l’honneur que vous venez de me faire. Du même coup, après avoir dit la noblesse du métier d’écrire, j’aurais remis l’écrivain à sa vraie place, n’ayant d’autres titres que ceux qu’il partage avec ses compagnons de lutte, vulnérable mais entêté, injuste et passionné de justice, construisant son œuvre sans honte ni orgueil à la vue de tous, sans cesse partagé entre la douleur et la beauté, et voué enfin à tirer de son être double les créations qu’il essaie obstinément d’édifier dans le mouvement destructeur de l’histoire. Qui, après cela, pourrait attendre de lui des solutions toutes faites et de belles morales ? La vérité est mystérieuse, fuyante, toujours à conquérir. La liberté est dangereuse, dure à vivre autant qu’exaltante. Nous devons marcher vers ces deux buts, péniblement, mais résolument, certains d’avance de nos défaillances sur un si long chemin. Quel écrivain, dès lors oserait, dans la bonne conscience, se faire prêcheur de vertu ? Quant à moi, il me faut dire une fois de plus que je ne suis rien de tout cela. Je n’ai jamais pu renoncer à la lumière, au bonheur d’être, à la vie libre où j’ai grandi. Mais bien que cette nostalgie explique beaucoup de mes erreurs et de mes fautes, elle m’a aidé sans doute à mieux comprendre mon métier, elle m’aide encore à me tenir, aveuglément, auprès de tous ces hommes silencieux qui ne supportent, dans le monde, la vie qui leur est faite que par le souvenir ou le retour de brefs et libres bonheurs. Ramené ainsi à ce que je suis réellement, à mes limites, à mes dettes, comme à ma foi difficile, je me sens plus libre de vous montrer pour finir, l’étendue et la générosité de la distinction que vous venez de m’accorder, plus libre de vous dire aussi que je voudrais la recevoir comme un hommage rendu à tous ceux qui, partageant le même combat, n’en ont reçu aucun privilège, mais ont connu au contraire malheur et persécution. Il me restera alors à vous en remercier, du fond du cœur, et à vous faire publiquement, en témoignage personnel de gratitude, la même et ancienne promesse de fidélité que chaque artiste vrai, chaque jour, se fait à lui-même, dans le silence. From Les Prix Nobel en 1957, Editor Göran Liljestrand, [Nobel Foundation], Stockholm, 1958 Copyright © The Nobel Foundation 1957 Fonte: I giorni e le notti Il Pensare i/n Libri raccoglie testi di natura letteraria a scopi culturali e senza fine di lucro. La proprietà intellettuale è riconducibile all'autore specificato in testa alla pagina, immediatamente sotto il titolo, e in calce all'articolo insieme alla fonte di provenienza e alla data originaria di pubblicazione. Le immagini che corredano gli articoli del Pensare i/n Libri sono immagini già pubblicate su internet. 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inserito:: Ottobre 25, 2023, 09:13:44 pm
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Post della sezione Notizie Giorgio Cavicchioli
La carne coltivata, o carne a base cellulare, è un tipo di carne animale prodotta in laboratorio a partire da cellule staminali animali. Le cellule staminali vengono prelevate da un animale vivente e fatte crescere in un ambiente controllato, dove si differenziano in cellule muscolari, adipose e connettivali. La carne coltivata è quindi un prodotto di carne animale che non richiede l'uccisione di animali. La carne coltivata presenta diversi potenziali vantaggi rispetto alla carne tradizionale. Innanzitutto, è più sostenibile dal punto di vista ambientale. La produzione di carne coltivata richiede meno risorse naturali, come terra, acqua ed energia, rispetto alla produzione di carne tradizionale. Inoltre, la carne coltivata produce meno emissioni di gas serra, che contribuiscono al cambiamento climatico. In secondo luogo, la carne coltivata può essere prodotta in modo più etico. La produzione di carne tradizionale comporta l'uccisione di animali, che può essere considerata un atto di crudeltà. La carne coltivata, invece, non richiede l'uccisione di animali. In terzo luogo, la carne coltivata può essere personalizzata in base alle preferenze dei consumatori. La carne coltivata può essere prodotta con diversi tipi di carne, come manzo, pollo, maiale e pesce. Inoltre, la carne coltivata può essere prodotta con diversi livelli di grasso e proteine. Tuttavia, la carne coltivata presenta anche alcuni potenziali svantaggi. Innanzitutto, è ancora in fase di sviluppo e il suo costo è attualmente molto elevato. In secondo luogo, la sicurezza della carne coltivata non è ancora stata completamente valutata. Nonostante i suoi potenziali svantaggi, la carne coltivata è una tecnologia promettente che potrebbe avere un impatto significativo sul settore alimentare. La carne coltivata potrebbe aiutare a ridurre l'impatto ambientale dell'industria della carne e a migliorare il benessere degli animali.
Ecco alcuni dei vantaggi e degli svantaggi della carne coltivata: Vantaggi: Più sostenibile dal punto di vista ambientale Più etica Può essere personalizzata Svantaggi: Ancora in fase di sviluppo Costo elevato Sicurezza non ancora completamente valutata Alcuni dei potenziali benefici della carne coltivata includono: Riduzione delle emissioni di gas serra Conservazione delle risorse naturali Miglioramento del benessere degli animali Maggiore accessibilità alla carne
Alcuni dei potenziali rischi della carne coltivata includono: Costo elevato Sicurezza alimentare Allergie Controversie etiche
La carne coltivata è una tecnologia emergente che sta suscitando un crescente interesse da parte dei consumatori, degli investitori e delle aziende. È ancora troppo presto per dire se la carne coltivata diventerà un'alternativa mainstream alla carne tradizionale, ma ha il potenziale di rivoluzionare il settore alimentare.
Da FB del 25 ottobre 2023.
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