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916  Forum Pubblico / NUOVO ORDINE MONDIALE. EURASIA POLO DEMOCRATICO EUROPEO. / EURASIA TERZO POLO MONDIALE. Molti chiacchierano, NOI PENSIAMO! inserito:: Aprile 06, 2022, 10:22:28 am
La difficoltà è mantenere la calma di fronte alle atrocità. Occorre un po’ di sforzo, ma poi il metodo funziona. Calma e non tolleranza o indifferenza. Ne avrete bisogno anche nelle vostre conversazioni, specialmente in quelle occasionali, o nelle interazioni internettiane. Ma ancora di più ne serve a chi ha responsabilità di governo. Lo sviluppo dei fatti non è in discussione, non servono invettive contro chi nega o espressioni rabbiose o sprezzanti contro chi tenta di inquinare le fonti e le prove, e non varrebbe neanche la pena di stare a confutare le vergognose bugie della Russia su Bucha, comunque questo faticoso lavoro è ben fatto sul Foglio,
Quindi non accapigliamoci, non perdiamo, come si diceva, la calma, perché le cose vanno avanti con la nostra memoria e con la testimonianza, per entrambe non serve furore ma serena accuratezza. E serve una altrettanto serena disponibilità all’ascolto, perché il racconto dell’atrocità fa male e mette in difficoltà. Bisogna essere pronti a dare ascolto e poi reggere l’urto, capire. Perfino affidarsi a strumenti di indagine e di attestazione dei fatti, cose più burocratiche e procedurali che impetuosamente rabbiose. Ma sono le cose che servono, per fermare nel tempo ciò che è successo e non far svanire le responsabilità né confonderle nel gioco del colpo contro colpo.
Le procedure internazionali possibili. Un esempio di processo graduale e razionale, che porta a considerare quello perpetrato dai russi in Ucraina come un genocidio.
E poi, però, serve anche che i paesi liberi, le libere democrazie, diano un seguito, ancora una volta, razionale e ben calcolato agli accertamenti e all’individuazione dei fatti orribili e dei loro autori. Un seguito fatto di scelte strategiche per la sicurezza e per il controllo del potenziale di violenza aggressiva dei paesi totalitari.

Da - Il Foglio - Di cosa parlare stasera a cena

917  Forum Pubblico / Il MONITORE. ORSI, LUPI E TUTTA LA NATURA CI RIVOGLIONO ESSERI UMANI. / La Cina. Alla fine, l’atteso summit tra Unione europea e Cina c’è stato. inserito:: Aprile 03, 2022, 06:13:02 pm
La Cina secondo l'Ue

Alla fine, l’atteso summit tra Unione europea e Cina c’è stato.
Breve, e molto poco operativo, a giudicare dalla durata delle riunioni – prima col premier cinese Li Keqiang poi con il presidente cinese Xi Jinping, con cui Ursula von der Leyen e Charles Michel, rispettivamente presidente della commissione europea e presidente del Consiglio europeo, hanno parlato circa un’ora. Nessun comunicato congiunto, e una conferenza stampa con domande dai giornalisti alla presenza solo della parte europea.
 
Il punto è che Pechino voleva arrivare al Summit, dopo mesi di relazioni molto complicate con l’Ue, per parlare di business. L’Ue invece voleva parlare di Ucraina, di quello che von der Leyen ha definito “una guerra, e non un conflitto”, riguardo alla quale “non ci può essere neutralità”. Come ha scritto Stuart Lau su Politico, Bruxelles e Pechino restano su posizioni “opposte” sulla guerra, e il dialogo è stato “difficile”, ha detto una fonte diplomatica europea a Lau. 
 
Esattamente come hanno fatto già i funzionari americani, i vertici dell’Ue hanno avvertito la leadership cinese che ogni tentativo di minimizzare l’impatto delle sanzioni internazionali contro la Russia avrà delle conseguenze. Non si tratta quindi di far passare la Cina “dalla nostra parte”, come qualcuno dice, ma semplicemente di avvertire (implorare?) la Cina: non sostenere una guerra che potrebbe crearti molti casini. Non a caso von der Leyen durante la conferenza stampa di ieri ha sottolineato che tra Ue e Cina passano merci e servizi per il valore di due miliardi di euro, ogni giorno. Il volume degli scambi della Cina con la Russia non supera i trecento milioni di euro. Qui c'è l'articolo di David Carretta da Bruxelles.
 
Dopo un primo momento di sospetto spaesamento relativo alla guerra russa – come abbiamo scritto più volte, forse Pechino si aspettava qualcosa di molto più contenuto, un’offensiva sui territori del Donbas e basta – adesso si comincia a intravedere in che modo la Cina ha intenzione di capitalizzare la crisi internazionale: mostrandosi la potenza responsabile che non si intromette e spinge al dialogo e alla pace. Praticamente Xi sembra il Papa.
 
Una cosa interessante successa ieri è che Pechino ha pubblicato quello che in gergo si chiama readout, cioè il sunto della conversazione, ancor prima che la videochiamata tra Xi Jinping e l’Ue fosse terminata. Era già successo con il vertice tra il presidente americano Joe Biden e Xi, ha ricordato qui Francesca Ghiretti del Merics. Secondo diversi analisti, in questo modo la Cina vuole arrivare prima sulle breaking news internazionali, insomma fare i titoli dei giornali (un po’ come quando Giuseppe Conte parlava subito prima dei tg delle 20).
 
E cosa ha detto Xi Jinping? Che tutta la colpa è della Nato e dell’America, che l’Europa deve essere più indipendente nella sua politica estera: “La crisi ucraina deve essere gestita adeguatamente”, ha detto secondo quanto riportato dal Quotidiano del popolo, “e non può vincolare il mondo intero alla questione, per non parlare di far pagare un prezzo pesante ai cittadini di tutti i paesi a causa di questo” – tradotto: è un conflitto regionale che devono risolvere loro due, e non bisogna per forza prendere una posizione, ma occhio perché non soffre solo la popolazione ucraina, dice Xi, con le vostre sanzioni illegali soffrono anche i russi.
CINA
Una serie di attacchi hacker che avrebbero subìto istituzioni ucraine come il ministero della Difesa nei giorni tra la fine delle Olimpiadi di Pechino e l’inizio dell’invasione russa sono riconducibili al governo di Pechino. E’ uno scoop del Times, che riferiscono fonti dell’agenzia di spionaggio ucraina e confermato anche da alcune fonti d’intelligence americana. Gli hacker cinesi avrebbero tentato di rubare dati ed esplorato modi per fermare o interrompere alcune linee di difesa vitali e infrastrutture civili. Potrebbe essere un’impronta digitale, un segno di complicità di Pechino.

Del resto, come ricorda Ghiretti nell’intervista a Formiche citata prima, per la Cina il fattore economico potrebbe essere molto importante, ma lo è anche quello politico – e la superamicizia con la Russia sancita il 4 febbraio scorso tra Xi e Putin.
 
L’economia è fondamentale perché attualmente le cose stanno andando parecchio male, nonostante l’annunciato target di crescita al 5 per cento. Non c’è solo la guerra e le sue variabili (sanzioni, inflazione) ma c’è pure il Covid, ancora il Covid. E tutto a pochissimi mesi dal Congresso del Partito comunista cinese che dovrebbe lanciare Xi Jinping per un terzo, inedito mandato.
 
Pechino non ha mai cambiato la sua politica Zero Covid, Shanghai è ancora in lockdown e sebbene le autorità non abbiano dichiarato nuovi morti a causa del coronavirus, diversi media tra cui la Bbc parlano di situazioni drammatiche negli ospedali.  Un po’ ovunque nel mondo, nelle ultime settimane, c’è stato un aumento di casi di Covid eppure, se pensate all’Italia, grazie alla campagna vaccinale ricoveri e forme gravi sono drasticamente diminuiti. La situazione in Cina – di cui sappiamo molto poco, ovviamente, sempre per quel fatto del tutto trascurabile che non c’è trasparenza nei paesi autoritari – è molto grave. Mentre i paesi occidentali hanno adattato la politica da attuare a seconda dei dati e dell’analisi della fattibilità, costi economici, umani, andamento della campagna vaccinale, a Pechino invece la politica “Zero Covid” è stata politicizzata. “Non è più solo un dibattito su quale approccio funziona meglio”, ha detto a SupChina Yanzhong Huang, “Si tratta più di una competizione tra due ideologie, due insiemi di sistemi politici e persino, a giudicare da un recente articolo pubblicato su un quotidiano di Shenzhen, una competizione tra due civiltà”.
 
Ma torniamo ai rapporti tra Cina e Ucraina. Vi ricordate la storia dei cittadini cinesi che non erano stati evacuati dall’Ucraina per tempo, cioè prima del 24 febbraio? Prima l’ambasciata cinese a Kyiv diceva: tranquilli, fate un po’ di scorte e rimanente in casa, se uscite fatelo con una bandiera cinese esposta. Subito dopo, per settimane, i funzionari cinesi hanno cercato un modo per portarli via, e c’era stata addirittura una telefonata tra il ministro degli Esteri Wang Yi e il suo omologo ucraino Dmytro Kuleba. Per il Partito comunista cinese una delle priorità da sempre è quella di proteggere i cittadini cinesi all’estero e questo sembrava proprio un fallimento tremendo. Più o meno tutti i seimila sono adesso tornati in Cina dopo un lunghissimo viaggio, e ora devono sottoporsi alla quarantena. Il South China Morning Post è andato a raccontare le loro storie: non sembrano molto felici.
 
Ma torniamo alla politica, che è sempre la priorità a Pechino. Dicevamo: uno dei modi con cui Pechino vuole capitalizzare la crisi ucraina è cercare di mostrarsi al mondo come modello alternativo di risoluzione delle crisi. Lo ha esplicitato in modo molto evidente qualche giorno fa, quando ha organizzato nel distretto di Tunxi un dialogo tra i paesi confinanti con l’Afghanistan, ed è il primo di questo genere a cui partecipano anche i vertici dei talebani (vi ricordate? Wang Yi è stato a Kabul una settimana fa). Primo giorno summit con Cina, Russia, Pakistan, Iran, Tajikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Ospiti? Qatar e Indonesia – in quanto paesi a maggioranza musulmana che si sono impegnati a aiutare economicamente Kabul. Secondo giorno: una “troika allargata” pure con Tom West, inviato speciale sull’Afghanistan della Casa Bianca, ma sono uscite pochissime notizie su questa parte del summit.
 
Questo modello di dialogo con la Cina al centro piace parecchio ai paesi autoritari e a quelli in via di sviluppo, perché il messaggio è chiaro: Pechino vi sostiene politicamente e non vi chiede niente in cambio su democrazia e diritti umani. Non vi giudica. Vuole solo la vostra anima – più o meno.
 
Prima di ottenere il riconoscimento formale, ha detto Wang Yi, il governo ad interim dei talebani deve dimostrare qualcosa in più “nella sua lotta al terrorismo”. 

Durante il vertice sull'Afghanistan c'è stato pure un bilaterale molto chiacchierato tra Wang Yi e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, il primo sin dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina. E' stata la pietra tombale su chiunque si aspettasse, prima o poi, una presa di distanza o una mezza condanna da parte di Pechino. Ne ho scritto qui.

Una notizia che abbiamo anticipato la scorsa settimana qui, quella di un prof a contratto del Politecnico di Milano che dice a un suo alunno che non può dirsi taiwanese, ci ha dato modo di tornare su un argomento che ci sta molto a cuore. E cioè la presenza della Cina, e dei finanziamenti cinesi, nelle università italiane. Non parliamo soltanto degli Istituti Confucio, di cui abbiamo scritto moltissimo. Secondo i dati ufficiali del ministero dell’Università e della Ricerca e della Farnesina, il Politecnico di Milano, dal 2010 a oggi, ha firmato 65 accordi con università della Repubblica popolare cinese.  Per fare un paragone, il Polimi ne ha soltanto 16 con università degli Stati Uniti. Un lungo articolo, qui.
 
DA LEGGERE
Si parla ormai da tempo, a volte perfino a sproposito, del nuovo scontro tra America e Cina - che supera addirittura quello attuale con la Russia. Sarebbe molto interessante, quindi, se qualche editore italiano traducesse questo libro, scritto da Rush Doshi che è, oltre che il fondatore della Brookings China Strategy Initiative, l'autore della politica sulla Cina di Joe Biden. Sono riuscita a finirlo solo ora, e oltre a dare dei dettagli che già conoscevamo, porta avanti quest'idea di fondo di una potenza da contenere - è probabilmente proprio questo quello a cui si riferiscono i funzionari cinesi quando parlano di "mentalità di Guerra fredda". Tra gli americani si parla spesso di questa teoria e il suo "adattamento", diciamo così, alle circostanze di oggi. Che potrebbe non voler dire un totale annullamento della potenza americana di formare delle catene di sicurezza per arrivare alla coesistenza. E' un dibattito tutto interno all'America, e se volete qui c'è una puntuale critica di Ethan Paul.
GIAPPONE
Il ministro degli Esteri giapponese Hayashi Yoshimasa è volato in Polonia come inviato speciale del primo ministro Kishida per la questione Ucraina. Da lì coordinerà le evacuazioni in Giappone.

Nel 2003 il governo di Tokyo, per cercare una soluzione diplomatica e pacifica con la Russia, aveva smesso di definire i cosiddetti Territori del nord “illegalmente occupati” dalla Russia. Ecco, l’espressione sarà molto probabilmente reintrodotta.
 
A proposito di rapporti tra Giappone e Corea del sud. Ha riaperto la mostra chiamata “Non Freedom of Expression” a Tokyo, dopo le polemiche che aveva suscitato qualche anno fa a Nagoya. Perché tra le opere c’è una statua che simboleggia le “comfort women” sudcoreane.

Nel frattempo, il Covid. Il Giappone sta cercando di alzare la quota di cittadini stranieri che possono entrare nel paese a 10 mila al giorno, ma nel frattempo i casi sono di nuovo in aumento. Le Abenomask, le mascherine riutilizzabili che Shinzo Abe voleva mandare nelle case dei cittadini giapponesi, sono quasi tutte in magazzino.

DA VEDERE
 
Divertente e incredibilmente interessante per temi e realizzazione. C'è su Netflix "Zero to Hero" del regista Jimmy Wan. Ci sono voluti dieci anni per farlo, ha detto Wan. La storia è ispirata alla vera vita di So Wa-wai, atleta paraolimpico e leggendario di Hong Kong. E' interessante notare che la diagnosi terribile che fanno al giovane protagonista avviene nella Cina continentale degli anni Ottanta (magnificamente descritta) e poi la famiglia si ritrova qualche anno dopo nella colonia inglese, dove il padre era andato a lavorare. E' una storia universale sulla tenacia e l'accettazione, magnificamente descritta - anche per chi ha nostalgia di Hong Kong.
PENISOLA COREANA

Il governatore della provincia di Mykolaïv, in Ucraina si chiama Vitaliy Aleksandrovich Kim. E il suo cognome non mente: come ha scritto Micol Flammini, ha origini coreane. E siccome volevo saperne di più di queste origini coreane di uno dei volti della resistenza a Putin, ho fatto un po' di ricerche. C'è un solo articolo sulla stampa sudcoreana che parla di lui. Vitaliy dice di parlare un po' di coreano, che gli è stato insegnato dai genitori, che a loro volta lo avevano imparato dai loro genitori. La famiglia è infatti originaria di Primorsky Krai, cioè il confine con la Corea del nord, a pochi chilometri dalla città nordcoreana di Rason. Negli anni Trenta, durante le migrazioni forzate dell'Unione sovietica, la famiglia fu ricollocata in Ucraina. Oggi lui difende il suo paese contro l'invasione russa, negli anni Cinquanta furono i sudcoreani a difendersi dall'invasione nordcoreana formalmente nota come "guerra per la riunificazione". 

Da giorni circolano voci sulla possibilità che la Corea del nord si stia preparando a testare una bomba nucleare. Sarebbe il primo test atomico da quattro anni e mezzo. Le immagini satellitari mostrano che sono ripresi i lavori del tunnel numero 3 dell'impianto nucleare di Punggye-ri, scrive 38th North.

Ma c'è un altro mistero, forse ancora più strano, che riguarda la Corea del nord in questi giorni. Il 24 marzo scorso la Corea del nord ha eseguito un test missilistico intercontinentale, il primo di questo tipo sin dal 2017. Ne abbiamo scritto qui. Il giorno dopo l'agenzia di stampa governativa, la Kcna, ha scritto che il leader Kim Jong Un aveva dato il via al test di uno Hwasong-17, il missile più potente mai posseduto da Pyongyang - e lo ha fatto con un video particolarmente hollywoodiano che ha fatto il giro del mondo.

Qualche giorno dopo, però, il ministero della Difesa sudcoreano ha detto che quello che il Nord aveva testato il 24 marzo non era uno Hwasong-17, ma lo Hwasong-15, che già conosciamo perché Pyongyang l'ha già testato nel 2017. Perché mentire sulla tecnologia? Probabilmente per strategia di deterrenza ed enfatizzare la capacità missilistica.

Nel frattempo, il capo del Joint Chiefs of Staff sudcoreano, il generale Won In-choul, e il suo omologo americano, il generale Mark Milley, hanno firmato ieri alle Hawaii la Direttiva sulla pianificazione strategica, cioè un aggiornamento dei piani congiunti d'emergenza in caso di guerra.

Tornando alla politica sudcoreana. L'attuale presidente in carica, Moon Jae-in, e il presidente eletto Yoon Suk-yeol hanno avuto il loro primo incontro operativo per la transizione. Non deve essere stato facile, dato che i due continuano a litigare un po' su tutto (è personale). Una delle prime cose per cui è finito sulle cronache internazionali da presidente eletto riguarda il trasferimento degli uffici presidenziali dalla Casa Blu ad altra sede - probabilmente perché la Casa Blu è considerata "maledetta". In realtà, Yoon non è il primo a dire di voler essere il "presidente del popolo" e di voler abbandonare la Casa Blu, che è un compound particolarmente sicuro su una specie di collinetta. Anche Moon l'aveva promesso durante la sua campagna elettorale, poi non se n'era fatto niente perché i costi stimati del trasloco si aggirano attorno ai 40 milioni di dollari.

In settimana Yoon ha parlato al telefono con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e anche questa è una notizia importante perché mostra come il presidente eletto sudcoreano voglia essere molto più presente sulla politica internazionale in supporto all'America.

C'è però un problema in questa roadmap di cambio radicale della postura internazionale di Seul. Anche se il presidente eletto vuole ricucire i legami con il Giappone, le relazioni tra i due paesi non torneranno alla normalità dall'oggi al domani "a causa di irritazioni storiche di lunga data, secondo gli osservatori".

Il governo sudcoreano sta valutando la possibilità di revocare tutte le norme sul distanziamento sociale ad eccezione dell'uso della mascherina, ma solo se venisse confermato il calo dei casi giornalieri di Covid nelle prossime due settimane.
ALTRE COSE

"Al buio anche per 13 ore al giorno, con imprese e servizi che vanno bloccandosi per la mancanza di combustibile e fondi insufficienti ad acquistare quello necessario. Lo Sri Lanka sta sperimentando la peggiore crisi economica dall’indipendenza". Così racconta Stefano Vecchia su Avvenire la situazione che sta vivendo lo Sri Lanka, da giorni piegato da una crisi energetica e un'inflazione record al 17,5 per cento, con una classe politica guidata dalla famiglia Rajapaksa che è sempre più simile a un regime e accusata da chi sta protestando.

Negli ultimi anni lo Sri Lanka, sotto la guida dei Rajapaksa, ha abbracciato il modello di aiuto infrastrutturale della Cina per rilanciare la sua economia, ma è andato tutto male.  Anche per questo adesso l'India accusa Pechino di aver fatto cadere Colombo nella sua "trappola del debito" e vorrebbe intervenire.

Allo stesso tempo l'India non si trova in una buona posizione con gli alleati tradizionali, l'America e l'alleanza "del mondo libero", perché non ha ancora condannato l'azione militare russa e probabilmente non lo farà mai. Daleep Singh, viceconsigliere per la Sicurezza nazionale americana per l'economia internazionale, durante una visita a Delhi ha detto che "gli amici non stabiliscono linee rosse", aggiungendo però che i suoi partner in Europa e in Asia erano stati esortati a ridurre la loro dipendenza da "un fornitore di energia inaffidabile" e che Washington non vuole che l'India acceleri le sue importazioni energetiche dalla Russia.

Febbraio 1986. Centinaia di migliaia di filippini scendono in strada per la prima volta, per quattro lunghi giorni, contro il regime autoritario del presidente Ferdinand Marcos. E' una novità assoluta per l'Asia, e dopo elezioni democratiche ma con risultato dubbio, costringe Marcos a scappare alle Hawaii con la famiglia. Al suo posto arriva Cory Aquino, vedova di Benigno Aquino Jr., assassinato nel 1983 dai militari di Marcos in quanto dissidente.

Più di trent'anni dopo, nell'ottobre 2021, il figlio del defunto dittatore, Ferdinand "Bongbong" Marcos Jr., 64 anni, ha annunciato la sua intenzione di diventare il prossimo presidente delle Filippine. Ha lavorato con la figlia del presidente uscente, Sara Duterte, che si candida a vicepresidente. Insieme sono una squadra formidabile, molto più avanti degli altri candidati nei sondaggi d'opinione. Parte da qui un lungo ritratto pubblicato dal Time firmato da Chad de Guzman.

Manca poco più di un mese alle elezioni nelle Filippine e questo ritorno al passato - autoritario, pieno di ferite aperte, per giunta dopo sei anni di governo dal pugno di ferro di Rodrigo Duterte - è qualcosa di molto poco comprensibile qui da noi. Per capirci qualcosa di più bisogna seguire Rappler, il giornale del premio Nobel Maria Ressa.

E a proposito di messaggi e segnali da mandare alla Cina, qualche giorno fa sono iniziate le Balikatan, le più grandi esercitazioni militari congiunte tra Filippine e America degli ultimi anni. E' un segnale per niente scontato, perché dal 2016, quando Duterte è arrivato a governare il paese, sembrava che Manila stesse prendendo una posizione molto più mediana tra Washington e Pechino, addirittura Duterte aveva detto che era "solo carta" la sentenza del tribunale arbitrale che dava ragione alle Filippine sulle rivendicazioni cinesi nel Mar cinese meridionale. Ma recentemente l'assertività di Pechino ha fatto alzare sempre di più la guardia anche alle Filippine.

Gli Stati Uniti e l'Australia rafforzeranno la cooperazione per la sicurezza nello spazio e nel dominio informatico per contrastare la Cina. L'hanno annunciato durante un incontro a Pine gap, base segretissima in Australia.

Da - https://mailchi.mp/ilfoglio/la-cina-secondo-lue?e=fbfc868b87
918  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. / EVTUŠENKO e ŠOSTAKOVIČ. Babin Jar è un profondo, ampio burrone vicino a Kiev... inserito:: Aprile 03, 2022, 05:52:45 pm
EVTUŠENKO e ŠOSTAKOVIČ
Estratto

Babin Jar è un profondo e ampio burrone vicino a Kiev, dove le truppe tedesche massacrarono 33.771 civili ebrei il 29 e 30 settembre 1941.
Si tratta del peggior massacro avvenuto durante la Seconda guerra mondiale. Di fronte alla cancellazione del luogo, l'intelligencija ebbe un ruolo centrale nel processo di trasmissione della memoria di eventi tragici, a partire dalla fine degli anni Quaranta. Si tratta di un contributo molto diversificato (prosa, poesia, musica, architettura, arti visive), che ha sempre affrontato l'opposizione delle autorità centrali, con la censura e la repressione che mostrano talvolta chiare origini antisemite. L'articolo si propone di analizzare le opere interconnesse del poeta Evgenij A. Evtušenko e del compositore Dmitrij D. Šostakovič.
Parole chiave Babin Jar, Evgenij A. Evtušenko, Dmitrij D. Šostakovič, *Seconda Guerra Mondiale, Letteratura ebraica.

 Parole e suoni per Babij Jar. Evtušenko e Šostakovič
«NON C’È UN MONUMENTO A BABIJ JAR » recita il primo verso del poema che, nell’autunno del 1961, Evgenij A. Evtušenko consacrò al massacro di 33.771 ebrei di Kiev compiuto tra il 29 e il 30 settembre 1941 da formazioni militari tedesche. Da tempo Evtušenko s’era proposto di comporre dei versi sull’antisemitismo, ma solo dopo essere stato a Kiev ed aver visto con i propri occhi « quel luogo terribile » l’intenzione trovò una « soluzione poetica ». L’autore ha ricordato, in interviste o memorie, le circostanze della visita. Giunto nella capitale ucraina per una serata di lettura, aveva pregato lo scrittore Anatolij Kuznecov di accompagnarlo sul posto.
Quando vi arrivammo rimasi sconvolto da ciò che vidi. Sapevo che non c’era nessun monumento, ma mi aspettavo di trovare un qualche segno commemorativo o un qualche luogo ben curato. Quello che vidi, invece, era una comune discarica di puzzolente spazzatura pressata. E questo nel luogo in cui giacevano, sottoterra, decine di migliaia di persone innocenti, bambini, vecchi, donne.
« La vergogna come coautore »
Evtušenko, mosso dal «sentimento della vergogna », compose il poema Babij Jar in poche ore, lo sottopose ad alcuni ascoltatori privilegiati e lo lesse per telefono ad uno dei suoi mentori, Aleksandr P. Mežirov. Dopo una prima lettura pubblica a Kiev, il 16 settembre 1961 si esibì̀ in un famoso luogo della tradizione lirica, l’auditorio del Museo politecnico di Mosca. La sala non era riuscita a contenere tutti coloro che volevano partecipare alla serata. Ogni passaggio era stipato, così come il palco, dove era stato lasciato uno spazio di non più di un metro quadrato per il poeta, che giunse con un forte ritardo perché́ non riusciva a farsi strada tra la folla. Evtušenko aveva costume di recitare i suoi versi «memoria », ma quella volta si ritrovò « talmente emozionato » da dover tenere sotto gli occhi il testo:
Quando finii di leggere le ultime righe, in sala calò un silenzio di tomba, e io me ne stavo ritto sulla pedana, stringendo fra le mani convulsamente il foglietto, timoroso di alzare gli occhi. E finalmente alzai gli occhi e vidi l’intera assemblea levata in piedi. Poi rintronarono gli applausi, che durarono una decina di minuti. Alcuni correvano sul palcoscenico ad abbracciarmi, a baciarmi. Avevo le lacrime agli occhi.
I versi furono pubblicati tre giorni dopo, quasi in coincidenza con il ventesimo anniversario del massacro. Accolti come il « grido » di « un giovane russo in collera», sollevarono una delle bufere più violente nella storia della letteratura sovietica. Evtušenko non solo denunciava la persistenza dell’antisemitismo nel paese (« Gli ubriachi arroganti dell’osteria / sanno di vodka e cipolla / e io, impotente, gettato a terra da uno stivale, / supplico invano quelli del pogrom. / Urlando: “Ammazza l’ebreo, salva la Russia” / un bottegaio bastona mia madre »), ma si riconosceva di volta in volta in un antico israelita, in Dreyfus, in un bambino di Białystok, in Anna Frank.
Il ripido burrone è una rozza lapide. E io ho paura.
Ho tanti anni, oggi. Quanti ne ha lo stesso popolo ebraico.
Mi sembra, oggi, di essere ebreo.
[...]
A Babij Jar c’è un fruscio di erbe selvatiche. Gli alberi guardano minacciosi, come giudici. È tutto un grido muto,
e io, a capo scoperto, sento che i miei capelli sbiancano pian piano.
Sono io stesso un grido muto sulle molte migliaia di sepolti. Sono io ogni vecchio,
ogni bambino fucilato qui.
E non potrò dimenticare tutto questo. [...]
Non scorre nel mio sangue
sangue ebraico, ma sono odiato di un odio ostinato
da tutti gli antisemiti, come fossi ebreo. E per questo io
sono un vero russo.
Il poema risuonò come una sfida in un periodo in cui erano frequenti gli atti di vandalismo e le profanazioni. Nel 1958, alla vigilia di yom kippur, proprio a Kiev c’era stato il saccheggio del settore ebraico del cimitero Bajkove. Numerose tombe erano andate distrutte, su molte altre erano state lasciate scritte minacciose. Ancora più viva fu l’impressione prodotta dagli attentati verificatisi nell’autunno del 1959 a Malachovka, un sobborgo ad una trentina di chilometri da Mosca, dove risiedevano circa 3.000 ebrei su di una popolazione di 30.000 abitanti. All’alba del 4 ottobre, secondo giorno di rosh ha-shana, una misteriosa organizzazione aveva dato il via a violenze che procurarono l’incendio della sinagoga e la distruzione dell’edificio, contiguo al cimitero, dove si preparavano i corpi per le sepolture, causando anche una vittima. Tutto fu ricondotto dalle autorità «ad un caso di teppismo per opera di un gruppo isolato d’individui, e non ad un’azione organizzata ». In realtà, si trattava dell’apice di una serie di attacchi antisemiti, accompagnati dall’affissione sulle porte di caseggiati e uffici pubblici di centinaia di volantini siglati BŽSP – abbreviazione di Bej židov, spasaj Rossiju [Picchia gli ebrei, salva la Russia], uno dei più diffusi slogan durante i progromy dell’epoca zarista.
Quando Evtušenko, consapevole della difficoltà, si recò alla redazione di Literaturnaja Gazeta per proporne la pubblicazione, i versi suscitarono grande emozione tra i lavoratori del giornale. Dopo un paio d’ore d’attesa l’autore fu chiamato dal responsabile editoriale – Valerij A. Kosolapov.
« Bei versi », disse il caporedattore scandendo una per una le parole e fissandomi con aria inquisitoria, come per mettermi alla prova. Sapevo per esperienza che quando cominciano a dir così, i versi poi non te li pubblicano. « E versi giusti », continuò il caporedattore, facendo anche stavolta una pausa ad ogni parola. E in quel momento ebbi proprio la certezza che non sarebbero passati. «Li pubblicheremo», disse invece il caporedattore. E dagli occhi adesso gli era scomparsa la solita aria maliziosa: ora il suo sguardo era pieno di serietà̀. « Io sono comunista », mi disse: « Capisci? Come potrei non pubblicarli? Certo, può succedere di tutto, tienine conto.
I detrattori non tardarono a manifestarsi. Due giorni dopo la stampa, il poeta Aleksej Ja. Markov preso spunto dagli ultimi versi del componimento accusò Evtušenko di aver tradito la patria con l’inno in memoria di una singola comunità trucidata e introdusse una relativizzazione del massacro: « Il mondo ha rabbrividito per Babij Jar, / ma questo era solo il primo burrone » di una catena di massacri. Sarebbe stato necessario incidere sulla pietra, « uno a uno », i nomi dei milioni di giovani russi caduti in guerra, perché́ non fossero « spazzati via dal vento » o « profanati dallo sputo di un pigmeo » che scriveva versi. La richiesta era perentoria: bisognava smettere di «rivoltare le tombe ». Ciò procurava infatti non solo dolore insopportabile, ma anche sdegno in chi restava fedele allo spirito autentico della nazione: «Finché anche un solo cosmopolita / calpesterà i camposanti / io dirò: “Sono russo, gente!” / E la cenere mi pulsa nel cuore». Anche il critico letterario Dmitrij V. Starikov senza negare le atrocità subite dagli ebrei per mano dei nazisti ricordò la grande quantità di luoghi che erano stati teatro di eccidi simili a quello di Babij Jar e il numero sconfinato di fosse comuni in cui « la terra si agitava » per il movimento dei moribondi, appena coperti da un sottile strato di sabbia. I nazisti avevano offeso tutte le nazionalità e non solo quella ebraica. Per tale motivo, evocare l’antisemitismo non era altro che una «provocazione » alla quale occorreva rispondere con le armi della dottrina. Evtušenko era ritenuto responsabile, con le sue «comparazioni e “rimembranze” », di fomentare un « razzismo alla rovescia », di screditare la « solida e monolitica amicizia » dei popoli sovietici.
Malgrado il clima di ostilità e i sentimenti di avversione che si cercò di risvegliare (Evtušenko trovò incisa sulla macchina la parola « giudeo »; per contro, un’organizzazione del Komsomol gli offrì delle guardie del corpo per difesa personale, i versi ebbero un’enorme risonanza civile e diedero vita ad un ampio movimento di solidarietà. Le letture pubbliche erano seguite in modo appassionato, con i presenti che declamavano i versi insieme al poeta. La giornalista Patricia Blake, testimone di una serata al Museo politecnico di Mosca nell’estate del 1962, ne ricavò l’idea che la popolarità di Evtušenko si fosse formata « al di fuori dell’ambito letterario ». Per quanto dotato egli fosse, era l’«audacia occasionale degli argomenti» (in particolar modo, «la protesta contro l’antisemitismo») che aveva costruito la sua «reputazione nazionale ed internazionale».
« Rappresentare in musica la coscienza »
I versi di Evtušenko non avrebbero però ottenuto una risonanza così ampia se non fossero stati inclusi nella Sinfonia n. 13 in si bemolle minore (op. 113, sottotitolata Babij Jar) per basso solista, coro di voci maschili e orchestra, di Dmitrij D. Šostakovič. Fu Isaak D. Glikman, tra il 20 e il 21 settembre del 1961, a far conoscere il testo a Šostakovič, che rimase talmente turbato da decidere di scrivere subito un poema sinfonico vocale. Era convinto che la combinazione di «musica e parole » facilitasse la comprensione di ciò che il compositore può dire con la sola arte dei suoni e impedisse il «fraintendimento» del messaggio.
La tematica ebraica, dettata da motivazioni che all’inizio non erano propriamente musicali, ha un ruolo di rilievo nell’opera di Šostakovič. Il musicista aveva compreso, ancora prima del secondo conflitto mondiale, che gli ebrei erano diventati «il gruppo più perseguitato e indifeso d’Europa ». Per questo li aveva tramutati in un « simbolo » di « tutta l’umana debolezza e impotenza ». A guerra finita, tentò di « riversare questo sentimento nella musica ». I versi di Evtušenko gli offrirono l’opportunità di richiamare alla collettività il pericolo dell’antisemitismo, che avvertiva come qualcosa di ancora molto attuale, « un morbo tutt’altro che scomparso ».
Molti avevano udito parlare di Babij Jar, ma c’è voluto il poema di Evtušenko perché si rendessero davvero conto di che cos’era accaduto in quella località. Un ricordo che dapprima i tedeschi, poi il governo ucraino hanno tentato di cancellare. Ma, in seguito alla pubblicazione dell’opera di Evtušenko, è apparso chiaro che quell’episodio non sarebbe stato mai più dimenticato. Ecco la forza dell’arte. La gente sapeva di Babij Jar anche prima che il poeta ne scrivesse, ma [tutti] stavano zitti. E quando hanno letto il poema, il silenzio è stato infranto. L’arte dissolve il silenzio.
Šostakovič era consapevole che assegnare all’arte il compito di far affiorare il rimosso avrebbe trovato dei critici pronti ad invocare « altri e più nobili fini » della creatività: « la bellezza, la grazia, il sublime ». Ma voleva una musica che richiamasse « le tragedie, le vittime, i morti». Le cosiddette sinfonie di guerra erano state interpretate come una reazione all’attacco nazista. Occorreva però allargare il « tema dell’invasione» e, coinvolgendo l’universale, colpire anche gli altri « nemici dell’umanità ». Ecco perché al dolore per le vittime di Hitler egli affiancava quello per le vittime di Stalin:
La maggior parte delle mie sinfonie sono pietre tombali. Troppi nostri concittadini sono morti e sono stati sepolti in luoghi ignoti a tutti, compresi i parenti. È quanto è accaduto a tanti miei amici. Dove erigere una lapide mortuaria a Mejerchol’d o a Tuchačevskij? Soltanto la musica può assolvere a questo compito. Vorrei scrivere una sinfonia per ciascuna delle vittime, ma è impossibile, ed è per questo che dedico a tutte loro la mia musica.
Šostakovič concepì il lavoro come una cantata. A differenza di quanto era solito fare, cominciò col vergare lo spartito per pianoforte, poi, il 21 aprile 1962, portò a termine la partitura per orchestra. Verso la fine di maggio decise però di inserirla in una più ampia sinfonia. Completata l’orchestrazione (ancora una cantata in un solo movimento), egli chiese al poeta il permesso di musicare la sua Babij Jar. Ricevuta una risposta affermativa, ammise di averlo già fatto e lo invitò a casa sua per un’audizione. L’ascolto fece capire a Evtušenko a cosa potesse portare l’irruzione della musica nella parola.
Che peccato che l’interpretazione [di Šostakovič] non sia stata registrata. Fu veramente straordinario. Cantava con la sua voce roca. Quando arrivò al verso « Mi sembra di essere Anna Frank », scoppiò in lacrime. La musica qui passava da un requiem epico ad un lirismo tipico della primavera. Fui sopraffatto. Non ho competenze musicali. Alcuni dei miei poemi erano già stati messi in musica, ma la musica quasi mai coincideva con la melodia che avevo sentito col mio orecchio interiore mentre scrivevo la poesia. Spero che ciò non suoni immodesto, ma se sapessi scrivere musica, l’avrei scritta esattamente come la scrisse Šostakovič. Sembrava che avesse tratto fuori la melodia dal mio intimo, come per magica telepatia, per fissarla con le note. Questa era la mia sensazione. Mi sorprese con la sua profonda interpretazione del poema. La sua musica rese il poema più grande, più significativo e potente. In una parola, diventò un poema di gran lunga migliore.
La sinfonia fu completata il 20 luglio. Vi erano stati inseriti altri tre componimenti di Evtušenko tratti dal volume Vzmach ruki [Un gesto della mano]: Jumor [L’umorismo] (1960), V magazine [Al negozio] (1956) e Kar’era [La carriera] (1957), che diventarono rispettivamente il
secondo, terzo e quinto movimento. Il musicista, attirato dalla « presenza di pensiero e umanità » nell’opera del poeta, gli propose anche di scrivere appositamente dei nuovi versi sul tema del terrore staliniano. Tra i testi che gli furono inviati, come più rispondente alle sue aspettative malgrado « la lunghezza e un po’ di verbosità », scelse per il quarto movimento Strachi [Paure] (1962), che rivide insieme all’autore. Il poema denunciava l’effetto del terrore sul carattere umano e auspicava che si potesse superare l’esperienza vissuta dalla società sovietica negli anni dello stalinismo (« stanno morendo in Russia le paure... »). Šostakovič ne rievocò il clima con queste parole potenti:
La guerra portò grandi dolori e rese la vita assai difficile. Molti dolori, molte lacrime. Ma prima della guerra la situazione era stata persino peggiore, perché allora ognuno era solo con la propria pena.
Prima del conflitto probabilmente non c’era famiglia di Leningrado che non avesse perso qualcuno, un padre, un fratello, o se non un parente per lo meno un amico caro. Non c’era chi non avesse qualcuno da piangere, ma bisognava farlo in silenzio, sotto le coperte, in modo che nessuno se ne accorgesse. Tutti si temevano l’un l’altro, e il dolore ci opprimeva e soffocava.
Anch’io ne ero soffocato. Dovevo scriverne, sentivo che era il mio obbligo, il mio compito. Dovevo scrivere un requiem per tutti quelli che erano morti, che avevano patito. Dovevo descrivere l’orrenda macchina di sterminio e levare la mia protesta contro di essa. Ma come potevo farlo? Allora ero continuamente sospettato e i critici tenevano il conto di quante delle mie sinfonie erano in chiave maggiore e quante in chiave minore. Tutto questo mi angustiava e mi faceva passare la voglia di comporre.
Poi scoppiò la guerra e il dolore non risparmiò più nessuno. Potevamo parlarne, potevamo piangere apertamente, piangere per i nostri cari scomparsi. La gente non ebbe più paura delle lacrime.
In una lettera inviata a Evtušenko, Šostakovič spiegava di avere scelto Strachi per ristabilire il primato della ragione:
Mi pare che sia il caso di dedicare qualche parola alla coscienza. Di lei ci siamo dimenticati, ma ricordarcene è indispensabile. Bisogna riabilitare la coscienza, ridarle i diritti civili, offrirle una decorosa superficie abitativa nell’anima umana.
Quando avrò terminato la Tredicesima sinfonia, mi inchinerò ai suoi piedi perché lei mi ha aiutato a “rappresentare” in musica il problema della coscienza.
La reazione di Evtušenko quando ascoltò l’insieme della Tredicesima sinfonia, interpretata appositamente per lui dal compositore in forma solista, fu di grande sorpresa. Lo colpì in particolare la scelta di testi « apparentemente del tutto disparati ». Nel volume in cui erano stati pubblicati si trattava di unità a sé stanti. Mai egli avrebbe potuto immaginare fusi insieme la forma-requiem di Babij Jar, con la sua conclusione retorica, e la struttura grafica delle malinconiche stanze di V magazine, sulle affaticate donne russe in coda; il richiamo doloroso al sentimento della paura e le intonazioni scherzose e antiburocratiche di Jumor o Kar’era. Inatteso fu soprattutto l’effetto che gli produsse Strachi, visto che Šostakovič lo aveva interpretato « a modo suo, dandogli una profondità e una penetrazione di cui prima il poema mancava ». In sostanza, « nel collegare così tutti quei versi », il musicista era riuscito a dargli prova di «una grande scuola di composizione », perché dimostrava che « nell’arte non ci sono elementi che non possono essere messi insieme: occorre essere coraggiosi e cercare di unire ciò che sembra essere incompatibile». Dall’ascolto dell’opera integrale, Evtušenko trasse dunque la conferma che se « ignorante totale dal punto di vista musicale» quale egli era avesse « improvvisamente acquistato l’udito », allora avrebbe scritto « assolutamente la stessa musica ». La lettura dei versi da parte di Šostakovič era stata « così precisa per intonazione e senso » da risultare che il compositore, « in modo invisibile, fosse dentro di me quando avevo scritto quei versi e avesse composto la musica nel momento stesso in cui erano nate le strofe».
Non furono poche le difficoltà, e soprattutto le defezioni, che accompagnarono la preparazione della prima esecuzione pubblica della sinfonia. Il direttore d’orchestra Evgenij A. Mravinskij declinò l’incarico e il suo posto venne preso da Kirill P. Kondrašin (di padre
russo e madre ebrea) Il basso ucraino Borys R. Gmyrja rifiutò ogni coinvolgimento. Anche il solista del Teatro Bol’šoj Aleksandr F. Vedernikov respinse l’invito. Il basso Viktor T. Nečipajlo, che non si era presentato alla prova generale della prima perché precettato per il Teatro Bol’šoj di cui era dipendente, dovette essere sostituito dal giovane Vitalij A. Gromadskij. Infine, lo stesso Kondrašin ricevette forti pressioni dal ministro della cultura della Repubblica russa, ma non si lasciò intimidire, evitando persino di farne menzione a Šostakovič in un contesto così agitato, non deve stupire che quest‘ultimo confidasse all’amico Isaak Glikman poco prima dell’inizio del concerto: « Se dopo la sinfonia il pubblico rumoreggerà e mi sputerà addosso, non difendermi, sopporterò tutto».
Nonostante le difficoltà e le intromissioni esterne, la Tredicesima Sinfonia fu eseguita dall’Orchestra filarmonica statale di Mosca il 18 dicembre 1962. La prima cadde all’indomani dell’incontro che Nikita S. Chruščëv ebbe con quattrocento rappresentanti delle arti e delle lettere, tra cui anche Evtušenko e Šostakovič. Fu quella l’occasione per dare risonanza alla campagna contro il « formalismo » e l’ « astrattismo » nell’arte. Il segretario del Comitato centrale del Partito comunista, Leonid F. Il’ičëv, sostenne apertamente la tesi della inopportunità di un’esecuzione della sinfonia. Chruščëv ribadì che a Babij Jar non erano stati uccisi soltanto degli ebrei. Evocare l’antisemitismo, come facevano Evtušenko con i suoi versi e Šostakovič con la sua musica, era a suo avviso un’azione pericolosa e foriera di reazioni popolari difficilmente prevedibili: nel tentativo di «ristabilire la giustizia», si finiva col favorire le spinte « sciovinistiche » e ostacolare l’affermazione di una società realmente priva di barriere tra i popoli49.
« Gli applausi candidi gabbiani ... »
L’esecuzione della sinfonia suscitò trionfali ovazioni al Conservatorio di Mosca. Kondrašin parlò di « un tripudio che aveva provocato quasi una dimostrazione politica ». Già alla fine del primo movimento, il pubblico aveva cominciato « ad applaudire e acclamare in modo incontrollato». L’atmosfera era così tesa che il direttore fu costretto a far segno agli spettatori di calmarsi e diede subito inizio al secondo movimento per non mettere Šostakovič in una « posizione imbarazzante». Le reminiscenze dello scultore Ernst I. Neizvestnyj si soffermano sui membri della nomenklatura del partito presenti in sala:
Erano in tanti, quei coleotteri neri, insieme alle loro dame con la permanente. Sedevo proprio dietro questa compagnia. Le mogli, essendo più emotive e rispettose del successo l’intera sala si era alzata e applaudiva in piedi, si alzarono pure loro. E d’un tratto ho visto: braccia che si slanciavano verso l’alto maniche nere, polsini bianchi e ogni funzionario, posando il braccio sul fianco della propria metà, la rimetteva decisamente a sedere al suo posto. Lo fecero come su segnale. Che scena kafkiana!
Il critico letterario Evgenij Ju. Sidorov rimase colpito dal modo in cui le parole rendevano la musica più capace di toccare nel profondo l’animo dell’ascoltatore. Era soprattutto l’intonazione, piuttosto che il ritmo o la melodia, a realizzare la fusione, « come se i versi del poeta fossero stati rigenerati per un’altra vita, una vita ormai inseparabile dalla musica». A Evtušenko, che pure non aveva del tutto capito il significato del finale (« troppo neutrale, troppo al di fuori dei confini del testo»), l’effetto parve travolgente.
Gli applausi, come candidi gabbiani, presero il volo da tutte le braccia, e il genio stava sul palco sotto quel frastuono, inchinandosi goffamente... Improvvisamente si avvicinò al bordo del palco e anche lui cominciò ad applaudire a qualcuno, solo che in quel momento non riuscivo a capire a chi. Le persone nelle prime file si voltarono pure loro ad applaudire. Mi voltai anch’io, cercando con gli occhi la persona a cui erano rivolti gli applausi. Ma qualcuno mi toccò leggermente sulla spalla era il direttore del Conservatorio Mark Borisovič Veksler, raggiante e al tempo stesso irritato: “Beh, allora, non va sul palco? La chiamano...”. Potete crederci, oppure non crederci, ma, ascoltando la sinfonia, avevo quasi dimenticato che le parole erano le mie, per come ero stato conquistato dalla potenza dell’orchestra e del coro. In verità, la cosa principale in quella sinfonia è la musica. E quando fui sul palco accanto al genio, e Šostakovič prese la mia mano nella sua asciutta, bollente, ancora non potevo credere che fosse vero...
All’esecuzione, che non venne trasmessa per radio, non fece seguito alcun commento ufficiale sulla stampa, dove ci si limitò a qualche breve segnalazione. L’unica reazione « politica » fu quella contenuta in un editoriale del giornale del Ministero della Cultura, che però non nominava esplicitamente la sinfonia.
Sotto le insegne della lotta contro il culto della personalità, alcuni artisti hanno cominciato a rovistare negli immondezzai dei cortili dietro le nostre case e non vogliono vedere ciò che succede in prima linea nello sviluppo della nostra vita [...]. Ciò è tanto più oltraggioso quando avviene in lavori grandi per forma e per concezione, creati da maestri di enorme talento, la cui voce è molto autorevole in ambito professionale e le cui opere sono da tempo amate da un vasto uditorio [...]. Ciò che rappresenta una singola peculiarità in opere di poco conto, acquisisce tratti di tipica generalizzazione in opere musicali importanti e molto complesse. Se, ad esempio, un compositore ha scritto una sinfonia sulla nostra realtà e, alla sua base, ha posto delle immagini di oscurità, incarnazione del male, parodia sarcastica o pessimismo lamentoso, allora, che l’autore lo voglia o non lo voglia, il risultato sarà quello di denigrare la nostra vita, raffigurandola in modo falso e deformato.
Il silenzio della critica parve più che eloquente, ma non ebbe conseguenze immediate. Il 20 dicembre una nuova esibizione, sempre sotto la direzione di Kondrašin, fu anch’essa accolta con clamore ed
entusiasmo. L’esecuzione della sinfonia rappresentò un evento per il mondo musicale del tempo. La soprano Galina Višnevskaja la definì come « una grande vittoria dell’arte sulla politica e l’ideologia del partito ». La pianista Marija V. Judina scrisse a Šostakovič affiancando al suo ringraziamento quello « di tutti coloro che sono già morti, perché non hanno retto ad un’esistenza segnata da un’infinita sequela di tormenti ». Si faceva così portavoce delle vittime dell’oppressione:
Ritengo di poter dire grazie anche da parte dei defunti Pasternak, Zabolockij e d’innumerevoli altri amici; da parte dei Mejerchol’d, Michoels, Karsavin, Mandel’štam, torturati a morte; da parte delle centinaia di migliaia di anonimi “Ivan Denisovič” impossibile contarli tutti di cui Pasternak ha detto: « viviamo torturati a morte » [Duša moja, pečal’nica (1956)].
Le sanzioni però non si fecero attendere. Šostakovič si vide intimare delle modifiche alla partitura e, di fronte al suo rifiuto, si moltiplicarono gli interventi repressivi: furono differite e annullate ulteriori esecuzioni; l’intera tiratura dell’incisione destinata al mercato sovietico, condotta negli studi della casa Melodija, risultò perduta, mentre la parte restante venne inviata all’estero. Fu Evtušenko ad accettare una revisione del testo. Durante una riunione della Commissione ideologica del partito egli spiegò che, dopo l’incontro con Chruščëv, aveva ripensato alle osservazioni « profondamente amichevoli » che gli erano state rivolte. Aveva pertanto riletto con attenzione i versi e aveva concluso che, in alcuni casi, erano bisognosi di «una qualche esplicazione ed aggiunta». Le correzioni furono apportate nel gennaio del 1963 malgrado la contrarietà di Šostakovič.
Le modifiche non alteravano in modo sostanziale la forma musicale del
primo movimento, ma sembravano andare incontro ad alcune delle principali obiezioni rivolte ad Evtušenko. Una prima correzione, per contrastare l’accusa di nazionalismo, introduceva il principio della « fratellanza tra i popoli » e poneva gli ebrei sullo stesso piano delle altre vittime. In luogo di: « Mi sembra, oggi, di essere ebreo. / E vagare per l’antico Egitto / e morire crocifisso: ho ancora le stimmate », doveva leggersi: « Sono qui in piedi, / come accanto ad una sorgente, / da cui attingo fede nella nostra fratellanza. / Perché qui dei russi giacciono e degli ucraini, / giacciono con gli ebrei al loro fianco ». Una seconda correzione importava nel poema il tema del patriottismo, evocando la lotta di milioni di soldati russi contro il fascismo. In luogo di: « Sono io stesso un grido muto / sulle molte migliaia di sepolti. / Sono io ogni vecchio, / ogni bambino fucilato qui », doveva leggersi: « Penso alle gesta della Russia, / che al fascismo sbarrò il cammino. / Fino all’ultima goccia di rugiada / la sento vicina in tutta la sua essenza / e il suo destino ». Con il testo così rivisto, la sinfonia fu replicata il 10 e l’11 febbraio 1963 al Conservatorio di Mosca, ancora una volta sotto la direzione di Kondrašin.
In realtà, l’integrazione non era affatto modesta e il poema ne risultava alterato. Šostakovič ne ebbe piena consapevolezza, tanto è vero che nell’esecuzione di Minsk, il 19 e 20 marzo del 1963, fatta in sua presenza, riprese la versione originale. Il direttore artistico dell’orchestra sinfonica, Vitalij V. Kataev, incontrò grandi difficoltà per trovare alcuni degli esecutori (i bassi del coro), ma soprattutto dovette affrontare molti ostacoli per procurarsi e conservare la partitura. Ciò nonostante il concerto si tenne regolarmente e fu accolto trionfalmente. Una recensione pubblicata pochi giorni dopo sul principale quotidiano bielorusso pur attribuendo al compositore le migliori intenzioni di un « artista-patriota » e ammettendo che, ad un primo impatto, la musica « prendeva, emozionava, scuoteva » sottolineava i « difetti sostanziali » della sinfonia, che non aveva « assolto alla sua committenza sociale». In particolare si chiedeva la musicologa Ariadna B. Ladygina l’esordio dell’opera era prova « di coraggio civile o di perdita del senso della discrezione civile »? Il primo movimento cercava « artificiosamente » di riportare in vita la questione ebraica, sollevando problemi creati dalla vecchia società di classe e ormai cancellati nella civiltà sovietica. Nel far questo a Šostakovič era venuta meno una delle sue principali qualità, la « percezione del tempo », intesa come « senso di alta responsabilità » di fronte ai compiti del presente.

[Antonella Salomoni (Università della Calabria)

Da Fb/Meta Maria Farina 2 aprile 2022
919  Forum Pubblico / ESTERO dopo il 19 agosto 2022. MONDO DIVISO IN OCCIDENTE, ORIENTE E ALTRE REALTA'. / Molto interessante. Io non lo sapevo. Tartus, la testa di ponte russa in Siria inserito:: Aprile 03, 2022, 05:47:25 pm
Da - Noam Chomsky: “Siamo a un punto di svolta nella storia dell’umanità”

Una tragica, pericolosissima svolta che non può essere negata e non può essere ignorata. Intervista al filosofo americano

Redazione
 Noam Chomsky: “Siamo a un punto di...
• 7 marzo 2022 – Redazione
Di C.J. Polychroniou, Truthout.org

L’invasione della Russia in Ucraina ha colto di sorpresa gran parte del mondo. È un attacco non provocato e ingiustificato che passerà alla storia come uno dei più grandi crimini di guerra del 21° secolo, sostiene Noam Chomsky in questa intervista esclusiva con Truthout. Le motivazioni politiche, come quelle citate dal presidente russo Vladimir Putin, non possono essere usate come argomento per giustificare l’invasione di una nazione sovrana. Tuttavia, di fronte a questa orribile invasione, “gli Stati Uniti devono urgentemente optare per la diplomazia” invece che per l’escalation militare, poiché quest’ultima potrebbe costituire una “condanna a morte della specie, senza vincitori”, sostiene Chomsky.

C.J. Polychroniou: Noam, l’invasione russa dell’Ucraina ha colto la maggior parte delle persone di sorpresa e ha causato una grande agitazione in tutto il mondo, anche se molti elementi indicavano che Putin era abbastanza infuriato per l’espansione verso est della NATO e la determinazione di Washington a non prendere sul serio le sue richieste di sicurezza di non superare la “linea rossa” sull’Ucraina. Perché pensi che abbia deciso di lanciare un’invasione in questo momento?

Noam Chomsky: Prima di rispondere alla domanda, dobbiamo stabilire alcuni fatti che sono incontestabili. Il più cruciale è che l’invasione russa dell’Ucraina è un grave crimine di guerra paragonabile all’invasione statunitense dell’Iraq e all’invasione Hitler-Stalin della Polonia nel settembre 1939, per fare solo due esempi rilevanti. È ragionevole cercare spiegazioni, ma non ci sono giustificazioni o attenuanti.

Tornando alla domanda, sono state fatte numerose speculazioni su come funziona la mente di Putin. La solita narrazione è che è intrappolato in fantasie paranoiche, che agisce da solo, circondato da cortigiani di bassa lega come quelli che conosciamo qui, in ciò che resta del Partito Repubblicano, che vanno a Mar-a-Lago in cerca dell’approvazione del Leader.

Ma forse si dovrebbero considerare altre possibilità. Forse Putin intendeva dire quello che lui e i suoi alleati hanno detto forte e chiaro per anni. Potrebbe essere, per esempio, che “dato che la principale richiesta di Putin è la garanzia che la NATO non accetterà altri membri, e in particolare l’Ucraina o la Georgia, ovviamente non ci sarebbero state motivazioni per la crisi attuale se non ci fosse stata un’espansione dell’Alleanza atlantica dopo la fine della guerra fredda o se l’espansione fosse avvenuta in accordo con la costruzione di una struttura di sicurezza in Europa che includesse la Russia”. L’autore di queste parole è Jack Matlock, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Russia, uno dei pochi esperti credibili della Russia nel corpo diplomatico statunitense; le ha scritte poco prima dell’invasione. Continua concludendo che la crisi “può essere facilmente risolta con l’applicazione del buon senso”. Da qualsiasi punto di vista, il buon senso suggerisce che gli Stati Uniti hanno interesse a promuovere la pace, non il conflitto. Cercare di levare l’Ucraina dall’influenza russa – l’obiettivo dichiarato dei promotori delle “rivoluzioni dei colori” – era una missione assurda e pericolosa. Abbiamo dimenticato così presto la lezione della crisi dei missili di Cuba?

Matlock non è solo. Le memorie del capo della CIA William Burns, un altro dei pochi veri esperti sulla Russia, raggiungono le stesse conclusioni sulle questioni sostanziali. La posizione [diplomatica] ancora più forte di George Kennan ha ricevuto tardivamente un’ampia copertura, che è stata appoggiata anche dall’ex segretario alla difesa William Perry e, al di fuori dei ranghi diplomatici, dal noto studioso di relazioni internazionali John Mearsheimer, e da numerose figure che difficilmente potrebbero essere più convenzionali.

Niente di tutto questo è sconosciuto. Documenti interni degli Stati Uniti rilasciati da WikiLeaks rivelano che l’incauta offerta di Bush II all’Ucraina di unirsi alla NATO ha immediatamente provocato severi avvertimenti dalla Russia che la minaccia militare in espansione era intollerabile. Comprensibilmente.

Per inciso, possiamo anche prendere nota di quello strano concetto della “sinistra” che sembra regolarmente rimproverare “la sinistra” per il suo insufficiente scetticismo sulla “linea del Cremlino”.

Il fatto è che, ad essere onesti, non sappiamo perché la decisione sia stata presa, e nemmeno se sia stata presa da Putin da solo o dal Consiglio di Sicurezza russo in cui lui gioca il ruolo di leader. Ci sono, tuttavia, alcune cose che sappiamo con un discreto grado di certezza, compresi i documenti esaminati in dettaglio dalle persone che ho appena citato, che hanno ricoperto alte posizioni all’interno del sistema di pianificazione. In breve, la crisi è stata preparata per 25 anni, mentre gli Stati Uniti hanno sprezzantemente ignorato le preoccupazioni della sicurezza russa, in particolare le sue chiare linee rosse: Georgia e soprattutto Ucraina.

Ci sono buone ragioni per credere che questa tragedia avrebbe potuto essere evitata fino all’ultimo minuto. Ne abbiamo già discusso, ripetutamente. Sul perché Putin abbia iniziato l’aggressione criminale in questo momento, possiamo speculare quanto vogliamo. Ma il quadro generale è chiaro ma viene evitato, non viene discusso.

È facile capire che chi ne subisce le conseguenze trova inaccettabilmente compiacente domandarsi perché è successo e se si sarebbe potuto evitare. È comprensibile, ma sbagliato. Se vogliamo rispondere alla tragedia in un modo che aiuti le vittime ed eviti le catastrofi ancora peggiori che ci aspettano, è prudente e necessario imparare il più possibile su ciò che è andato storto e su come la rotta avrebbe potuto essere corretta. I gesti eroici possono essere gratificanti. Ma non sono utili.

Come spesso accade, mi ricordo di una lezione che ho imparato molto tempo fa. Alla fine degli anni ’60, ho partecipato a una riunione in Europa con alcuni rappresentanti del Fronte di Liberazione Nazionale del Vietnam del Sud (i ‘Vietcong’, nel linguaggio statunitense). Fu durante il breve periodo di intensa opposizione agli spaventosi crimini statunitensi in Indocina. Alcuni giovani erano così infuriati che pensavano che la reazione violenta fosse l’unica risposta appropriata alle mostruosità in atto: rompere le finestre di Main Street, bombardare un centro del Reserve Officers’ Training Corps. Qualsiasi altra cosa equivaleva alla complicità in crimini terribili. I vietnamiti vedevano le cose in modo molto diverso. Si sono fortemente opposti a tutte queste misure. Hanno fatto vedere come una protesta può essere efficace: alcune donne in piedi in preghiera silenziosa sulle tombe dei soldati americani uccisi in Vietnam. Non erano interessati a ciò che gli americani che si opponevano alla guerra facevano per sentirsi giusti e rispettabili. Volevano sopravvivere.

È una lezione che ho sentito spesso, in una forma o nell’altra, dalle vittime di orribili sofferenze nel sud globale, il principale obiettivo della violenza imperiale. Una lezione che dovremmo prendere a cuore, adattata alle circostanze. Oggi questo significa uno sforzo per capire perché questa tragedia è avvenuta e cosa si sarebbe potuto fare per prevenirla, e per applicare queste lezioni a ciò che verrà dopo.

Il problema è profondo. Non c’è il tempo di ripercorrere qui questa questione di vitale importanza ma la reazione a una crisi reale o immaginaria è sempre stata quella di tirare fuori la pistola piuttosto che il ramo d’ulivo. È quasi un’azione di riflesso, e le conseguenze sono state generalmente spaventose per le vittime tradizionali. Vale sempre la pena di cercare di capire, di anticipare un po’ le possibili conseguenze dell’azione o dell’inazione. Queste sono verità, certo, ma vale la pena insistere su di esse perché vengono facilmente liquidate in momenti di giustificato sfogo.

Quali sono le opzioni?

Noam Chomsky – Le opzioni che rimangono dopo l’invasione sono scoraggianti. Il meno peggio è sostenere le opzioni diplomatiche che ancora esistono nella speranza di ottenere un risultato simile a quello che era molto probabile qualche giorno fa: la neutralizzazione dell’Ucraina in stile austriaco, una versione del federalismo di Minsk II. Molto più difficile da realizzare ora. E – necessariamente – con una via di fuga per Putin, o l’esito sarà ancora più terribile per l’Ucraina e il mondo intero, forse oltre l’immaginabile.

Ma quando mai la giustizia ha prevalso negli affari internazionali? È necessario elencare ancora una volta gli spaventosi precedenti?

Che piaccia o no, le opzioni ora si riducono a un brutto risultato che premia piuttosto che punire Putin per l’atto di aggressione, o la forte possibilità di una guerra terminale. Può sembrare gratificante mettere l’orso in un angolo da cui affonderà nella disperazione, e si può farlo. Però non è saggio.

Nel frattempo, dovremmo fare tutto il possibile per offrire un sostegno significativo a coloro che difendono coraggiosamente la loro patria contro aggressori crudeli, a coloro che sfuggono agli orrori e alle migliaia di russi coraggiosi che si oppongono pubblicamente al crimine del loro stato con grande rischio personale – una lezione per tutti.

E dovremmo anche cercare di trovare il modo di aiutare un tipo di vittima più generale: tutte le specie che abitano la Terra. Questa catastrofe arriva in un momento in cui tutte le grandi potenze, e in effetti tutti noi, dobbiamo lavorare insieme per controllare il grande flagello della distruzione ambientale che sta già prendendo un tributo disastroso, e diventerà presto molto peggio se non si fanno rapidamente grandi sforzi. Per portare a casa l’ovvio, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha appena pubblicato l’ultima e più minacciosa delle sue valutazioni periodiche su come ci stiamo dirigendo verso la catastrofe.

Nel frattempo, le misure necessarie sono in stallo, addirittura in ritirata, mentre le risorse necessarie sono destinate alla distruzione e il mondo si muove ora verso l’espansione dell’uso dei combustibili fossili, compreso il più pericoloso e convenientemente abbondante, il carbone.

Un demone malevolo difficilmente potrebbe escogitare una congiuntura più grottesca. Non può essere ignorata. Ogni momento è importante.

L’invasione russa è una chiara violazione dell’articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite, che vieta la minaccia o l’uso della forza contro l’integrità territoriale di un altro stato. Tuttavia, durante il suo discorso del 24 febbraio, Putin ha cercato di fornire basi legali per l’invasione e la Russia cita il Kosovo, l’Iraq, la Libia e la Siria come prova che gli Stati Uniti e i loro alleati violano ripetutamente il diritto internazionale. Può commentare le basi legali di Putin per l’invasione dell’Ucraina e lo stato del diritto internazionale nell’era post guerra fredda?

Noam Chomsky – Non c’è niente da dire sul tentativo di Putin di fornire una base giuridica alla sua aggressione. Non ha alcun merito. Certo, è vero che gli Stati Uniti e i loro alleati violano il diritto internazionale senza battere ciglio, ma questo non offre alcuna attenuazione per i crimini di Putin. Tuttavia, Kosovo, Iraq e Libia hanno avuto un’influenza diretta sul conflitto in Ucraina.

L’invasione dell’Iraq fu un esempio da manuale dei crimini per i quali i nazisti furono impiccati a Norimberga, pura aggressione non provocata. E un pugno in faccia alla Russia.

Nel caso del Kosovo, l’aggressione della NATO (cioè degli Stati Uniti) è stata dichiarata “illegale ma giustificata” (ad esempio dalla Commissione Internazionale sul Kosovo presieduta da Richard Goldstone) sulla base del fatto che i bombardamenti sono stati effettuati per fermare le atrocità che stavano avendo luogo. Un tale giudizio richiedeva l’inversione della cronologia. La prova che l’ondata di atrocità era una conseguenza dell’invasione è schiacciante: prevedibile, prevista, anticipata. Inoltre, le opzioni diplomatiche erano disponibili; come sempre, sono state ignorate a favore della violenza.

Alti funzionari statunitensi confermano che è stato soprattutto il bombardamento della Serbia alleata della Russia – senza nemmeno informarli in anticipo – che ha fatto deragliare gli sforzi russi per collaborare in qualsiasi modo con gli Stati Uniti nella costruzione di un ordine di sicurezza europeo post-Guerra Fredda, una battuta d’arresto che ha accelerato con l’invasione dell’Iraq e il bombardamento della Libia dopo che la Russia ha accettato di non porre il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che la NATO ha prontamente violato.

Gli eventi hanno conseguenze; tuttavia, i fatti possono essere nascosti all’interno del sistema dogmatico.

Lo status del diritto internazionale non è cambiato nel periodo successivo alla guerra fredda, nemmeno a parole, figuriamoci nei fatti. Il presidente Clinton ha chiarito che gli Stati Uniti non hanno intenzione di rispettarlo. La Dottrina Clinton dichiarava che gli Stati Uniti si riservavano il diritto di agire “unilateralmente quando necessario”, compreso “l’uso unilaterale del potere militare” per difendere interessi vitali come “garantire il libero accesso a mercati chiave, forniture energetiche e risorse strategiche”. Così come i suoi successori e chiunque possa infrangere impunemente la legge.

Questo non significa che il diritto internazionale non abbia valore. Ha una gamma di applicabilità, ed è uno standard utile per alcuni aspetti.

L’obiettivo dell’invasione russa sembra essere quello di rovesciare il governo di Zelensky e installare al suo posto un governo filorusso. Qualunque cosa accada, comunque, l’Ucraina affronta un futuro cupo a causa della sua decisione di diventare una pedina nei giochi geostrategici di Washington. In questo contesto, fino a che punto le sanzioni economiche possono indurre la Russia a cambiare la sua posizione sull’Ucraina? O le sanzioni economiche mirano a qualcosa di più grande, come minare il controllo di Putin all’interno della Russia e i legami con paesi come Cuba, Venezuela e forse anche la Cina stessa?

Noam Chomsky – L’Ucraina può non aver fatto le scelte più sagge, ma non aveva nulla di simile alle opzioni che avevano gli Stati imperiali. Ho il sospetto che le sanzioni renderanno la Russia ancora più dipendente dalla Cina. A meno che non cambi seriamente rotta, la Russia è uno Stato petrolifero cleptocratico dipendente da una risorsa che deve essere drasticamente diminuita o siamo tutti finiti. Non è chiaro se il suo sistema finanziario possa sopportare un forte attacco, attraverso sanzioni o altri mezzi. Una ragione in più per offrire una via di fuga, anche se con una smorfia.

I governi occidentali, i principali partiti di opposizione, compreso il partito laburista nel Regno Unito, e i media corporativi hanno intrapreso una campagna sciovinista anti-russa. Gli obiettivi includono non solo oligarchi russi, ma anche musicisti, direttori d’orchestra e cantanti, e persino proprietari di squadre di calcio come Roman Abramovich del Chelsea FC. In seguito all’invasione, alla Russia è stato persino vietato di partecipare all’Eurovision nel 2022. È la stessa reazione che i media corporativi e la comunità internazionale in generale hanno mostrato nei confronti degli Stati Uniti dopo la loro invasione e successiva distruzione dell’Iraq, vero?

Noam Chomsky – Il suo commento ironico è molto appropriato. E possiamo continuare su sentieri fin troppo familiari.

Pensa che l’invasione inaugurerà una nuova era di continuo confronto tra la Russia (verosimilmente in alleanza con la Cina) e l’Occidente?

Noam Chomsky – È difficile sapere dove cadranno le ceneri, e questa potrebbe non essere una metafora. Finora, la Cina sta camminando con cautela, ed è probabile che persegua il suo ampio programma di integrazione economica di gran parte del mondo all’interno del proprio sistema globale in espansione – in cui, poche settimane fa, ha incorporato l’Argentina nell’iniziativa Belt and Road – mentre guarda i rivali distruggersi a vicenda.

Come abbiamo detto prima, il confronto è una condanna a morte per la specie, senza vincitori. Siamo a un punto di svolta nella storia dell’umanità. Non lo si può negare. Non lo si può ignorare.

Traduzione di Manuela Cattaneo da CTXT Contesto y Acciòn, marzo 2022, n. 282
920  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. / Ma non è Putin il "Deus ex machina", lui è soltanto la " mechane' " greca, ... inserito:: Aprile 03, 2022, 05:22:33 pm
Gianni Gavioli
Amministratore

 Questa Tematica, io la porto avanti in prima persona su:

http://forum.laudellulivo.org/index.php

Sono sempre con voi, ma ne LAU il mio contributo a questo, nostro, Tema sarà più libero di esprimersi.

Non sentirete l'assenza di miei contributi, sempre semplici, tipici del Trovarobe Euristico.

In copertina ho posto un mio omaggio a voi tutti, maschi, femmine e …, un abbraccio e una rosa.

ggiannig ciaooo



921  Forum Pubblico / SOCIALESIMO Prolegomeni della DEMOCRAZIA prima del SOCIALISMO. 20/02/2022 / Dovremo abituarci a questi strumenti di contrapposizione tra due tipi d'Imperi. inserito:: Marzo 29, 2022, 11:52:02 pm
ARLECCHINO Euristico.
Pubblicato da Gianni Gavioli   · 84S84pogl 162g9shrfhd  ·

Dovremo abituarci a questi strumenti di contrapposizione tra due tipi d'Imperi.
Quello della Dittatura antidemocratica della Cina e quello della Democratura egocentrica Usa.
Abituarci senza diventare tifosi-cretini di uno o dell'altro. Sono due realtà attuali ma in continua ebollizione interna, per questo non dobbiamo esserne complici.

A noi europei deve interessare la definizione in positivo dell'Unione Europea, una bella realtà potenziale, a cui mancano uomini e donne di grande personalità unificante.
Protagonisti di un Progetto Europeo che sappia far capire che il vero interesse di una Nazione è nascosto nel successo dell'Unione.

Ed è proprio l'Europa Unita la migliore Partigiana della Pace nel Mondo.
La sua evoluzione dal buio, alla penombra, da vecchi Imperi, alle guerre più devastanti, sino ad essere arrivata al più lungo periodo di pace interna, che ne fanno la Vera garante della pace nel mondo!

Ovviamente l'Europa Unita a cui non deve mancare la Russia.

Infatti, alla Russia cosa impedisce di essere unita all'Europa?
Soltanto due semplici provvedimenti e una forte volontà popolare di Esserlo Unita:
1. Diventare una Vera Democrazia.
2. Mettere da parte colui che si è dimostrato incapace di fare il bene della Russia, ha invaso e ha distrutto una parte importante del continente europeo.

ggiannig ciaooo

io su Meta 29 marzo 2022

922  Forum Pubblico / SOCIALESIMO Prolegomeni della DEMOCRAZIA prima del SOCIALISMO. 20/02/2022 / Se il nostro Gruppo di Studio fosse già operativo, nella situazione in ... inserito:: Marzo 29, 2022, 11:44:47 pm
Gianni Gavioli ha condiviso un link.
Amministratore
Esperto del gruppo
  · Ad11e35sp6a404sohs0egdmmco  ·

Se il nostro Gruppo di Studio fosse già operativo, nella situazione in cui siamo arrivati o caduti, nel mondo, ci sarebbe da accelerare i lavori.
Per capire come farsi conoscitivi, tra le varie "analisi" sul "dopo guerra Ucraino", sui rapporti Europa Usa, sui rapporti Europa del Nord e le "altre" Europe (Sud ed Est), ecc. ecc.

Non siamo neppure partiti, ma soprattutto non sappiamo neppure chi siamo e quanti siamo.

Ci sono solo io!
Con una certezza: cazzate non ME ne posso raccontare.

ciaooo

io su Meta 29 marzo 2022
923  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / A una settimana dalle elezioni politiche in Ungheria, Viktor Orbán sembra ... inserito:: Marzo 28, 2022, 10:52:32 am

Europa ore 7

A una settimana dalle elezioni politiche in Ungheria, Viktor Orbán sembra sicuro di ottenere la quarta vittoria consecutiva e prolungare il suo lungo regno. Ma la deriva del primo ministro ungherese verso Vladimir Putin, la sua politica pro Cina e la contestazione sempre più aperta della democrazia liberale e dello stato di diritto stanno compromettendo le relazioni di Orbán con i suoi alleati storici nell'Unione europea. Il gruppo dei quattro di Visegrad (il V4 come viene chiamata l'alleanza informale tra Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia) si sta sfaldando.
 
Nel corso del 2021 i governi di Praga e Bratislava avevano preso le distanze da Budapest e Varsavia sullo stato di diritto. Tuttavia Orbán poteva ancora contare sulla relazione speciale con il premier polacco, Mateusz Morawiecki, e il Partito Legge e Giustizia (PiS) al governo in Polonia, grazie alla causa comune nel braccio di ferro comune contro Bruxelles nello stato di diritto. La guerra in Ucraina ha lasciato Orbán completamente isolato. Il veto dell'Ungheria alle sanzioni contro gas, petrolio e carbone e il rifiuto del premier ungherese di fornire e far transitare armi sul suo territorio hanno provocato una rottura difficilmente sanabile sia con la Polonia sia dentro il V4.
 
Venerdì è stata la ministra della Difesa della Repubblica ceca, Jana Černochová, ha sparare una salva politica contro Orbán annunciando il boicottaggio di una riunione del V4 in Ungheria per protestare contro le scelte del premier ungherese sull'Ucraina. “Non andrò personalmente in Ungheria per un incontro dei ministri della Difesa del V4 mercoledì e giovedì”, ha spiegato  Černochová su Twitter. La ministra è esponente del Partito democratico civico di centrodestra (Ods), diretto dal primo ministro ceco, Petr Fiala, che aveva deciso di partecipare al viaggio in treno a Kiev per incontrare Volodymyr Zelensky organizzato da Morawiecki.
 
Černochová ha lasciato intendere che l'incontro del V4 è a fine di propaganda elettorale: “Hanno le elezioni la prossima settimana e non è giusto che io partecipi alla campagna lì. Ho sempre sostenuto il V4”, ma “mi dispiace molto che il petrolio russo a buon mercato sia più importante per i politici ungheresi del sangue ucraino”, ha detto Černochová. La scorsa settimana, Orbán ha annunciato il veto su un embargo dell'Ue su petrolio e carbone russi perché metterebbero “a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Ungheria”.

Giovedì, come spiega Paola Peduzzi sul Foglio, era stato Zelensky ad attaccare direttamente Orbán durante il suo straordinario intervento al Consiglio europeo. Rivolgendosi ai capi di stato e di governo, il presidente ucraino ha ringraziato uno per uno ventisei stati membri dell'Ue per il sostegno più o meno intenso all'Ucraina di fronte all'aggressione di Putin. Poi è arrivato al ventisettesimo. “Ungheria, mi voglio fermare qui ed essere onesto. Una volta e per tutte. Tu devi decidere da solo con chi stai. Sei uno stato sovrano”, ha detto Zelensky rivolgendosi a Orbán. “Sono stato a Budapest. Adoro la tua città. L'ho visitata molte volte. E' bellissima e che accoglienza la gente. Avete avuto momenti tragici della nostra storia. Ho visitato il memoriale, le scarpe sulla riva del Danubio sulle uccisioni di massa”, ha detto Zelensky: “Ascolta Viktor, sai cosa succede a Mariupol? Per favore, se puoi, vai sulla riva del fiume. Guarda quelle scarpe. E vedrai come le uccisioni di massa possono accadere di nuovo. E' quello che fa la Russia oggi. Le stesse scarpe, A Mariupol, ci sono gli stessi esseri umani. Adulti e bambini, nonni e sono migliaia. E migliaia sono morti. E  tu esiti a imporre sanzioni o no? Esiti a far passare delle armi? Esiti a fare commercio o meno? Non è tempo di esitare. E' tempo di decidere”, ha concluso Zelensky.
 
Orbán ieri ha reagito screditando il presidente ucraino. “Sono un giurista, che lavora con le conoscenze che ho raccolto nel  mondo del diritto. Qualcuno che è un attore lavora con le conoscenze che ha raccolto come attore”, ha detto Orbán. L'opposizione in Ungheria ha reagito con un comunicato: “Secondo Orbán, Zelensky è un attore. Secondo noi, è uno statista. Secondo Orbán, lui è un giurista. Secondo noi è un ladro”. Il clima è quello di campagna elettorale.
 
Il candidato dell'opposizione Péter Márki-Zay, sta cercando di presentare il voto di domenica come un referendum tra Putin e l'Ue. Márki-Zay ha accusato il primo ministro di aver tradito gli ungheresi scegliendo Putin al posto dell'Ue e della Nato. “Non lasciate che l'Ungheria venga dirottata” dal suo percorso occidentale. “Il 3 aprile scegliamo l'Europa!”, ha detto Márki-Zay. Gli ultimi sondaggi, che risalgono a un mese fa, davano il Fidesz leggermente in testa sulla coalizione dell'opposizione. Ma, per come sono stati disegnati i collegi elettorali, Márki-Zay avrebbe bisogno di vincere con almeno 4 punti percentuali di vantaggio per ottenere la maggioranza assoluta dei deputati.

Macron contro Biden sul macellaio Putin - Il presidente americano, Joe Biden, aveva partecipato ai vertici di Nato, G7 e Ue per mostrare l'unità del fronte occidentale. Ma un paio di frasi di troppo di Biden durante la sua visita in Polonia sabato hanno provocato nuove fessure. Prima il presidente americano ha definito Vladimir Putin un "macellaio". Poi Biden ha detto che "questo uomo non può restare al potere" (costringendo anche la Casa Bianca a chiarire che l'obiettivo non è un cambio di regime). A Varsavia e in altre capitali dell'Europa orientale, Biden è stata applaudito. Ma nell'Europa occidentale le sue parole sono state accolte con grande freddezza. "Non utilizzerò questo tipo di espressioni perché continuo a discutere con il presidente Putin", ha detto Emmanuel Macron. "Non bisogna lanciarsi nell'escalation, né con le parole né nell'azione", ha detto Macron. Il presidente francese ha annunciato che nei prossimi giorni parlerà con Putin per cercare di convincerlo a dare il via libera a una missione umanitaria organizzata da Francia, Turchia e Grecia per evacuare Mariupol.

Von der Leyen e Trudeau lanciano una colletta per i rifugiati ucraini - La Commissione e il governo del Canada hanno annunciato sabato il lancio di una campagna mondiale per raccogliere fondi a favore delle persone che fuggono dall'invasione dell'Ucraina, in partenariato con l'organizzazione Global Citizen. L'obiettivo della campagna - battezzata "Agire per l'Ucraina" - è di mobilitare governi, istituzioni, artisti, imprese e cittadini privati. "L'Ue risponde ai bisogni di milioni di rifugiati che accoglie. E faremo ancora di più. Ma i bisogni sono talmente importanti" che serve "la solidarietà dei cittadini e dei governi del mondo intero", ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

I leader lanciano una consultazione pubblica sull'energia - I capi di stato e di governo venerdì hanno passato quasi otto ore a discutere di come rispondere all'aumento dei prezzi dell'energia. Tra scontri, minacce di alzarsi dal tavolo e mediazioni, alla fine è uscita una dichiarazione finale molto ambigua. Il Consiglio europeo ha dato mandato alla Commissione e ai ministri dell'energia di contattare con urgenza gli attori del settore energetico e “discutere, se e come, le opzioni di breve periodo presentate dalla Commissione (…) contribuiscano a ridurre il prezzo del gas e affrontare il suo effetto contagio sui mercati dell'elettricità”. Quali opzioni? Bonus ai consumatori, riduzioni fiscali, acquisti comuni, riduzione di accise e Iva, tetto ai prezzi, misure regolamentari. Le decisioni dovrebbero non dovrebbero arrivare prima di maggio. Come spieghiamo sul Foglio, uno degli ostacoli principali a una svolta sulle politiche dell'Ue sull'energia è la Germania. Il governo di Olaf Scholz vuole uscire dalla dipendenza dagli idrocarburi (“è irreversibile”, ha detto il cancelliere), ma teme la recessione e lo smantellamento dell'attuale mercato europeo dell'energia con i suoi incentivi per il Green deal. Nel dibattito a porte chiuse, Mario Draghi e Pedro Sánchez hanno espresso tutta la loro irritazione verso le posizioni di Germania e Paesi Bassi.

La Spagna strappa una piccola concessione sull'elettricità - Almeno al Consiglio europeo è stata raggiunta un'intesa sulla proposta della Commissione di stoccaggio di gas per l'inverno (80 per cento entro il primo novembre e 90 per cento dell'anno prossimo) e la possibilità di acquisti congiunti volontari (in particolare per il Gas naturale liquefatto). Il premier spagnolo, Pedro Sánchez, tuttavia ha ottenuto una piccola concessione e una possibile eccezione per la penisola Iberica sul sistema del prezzo marginale che lega il prezzo dell'elettricità a quello del gas. Ma le condizioni sono talmente strette che non è detto che la Commissione accetti l'eccezione iberica. Lorenzo Consoli, storico giornalista della sala stampa dell'Ue, su Askanews ha tutti i dettagli della vittoria dimezzata di Sanchez.

Accordo sul nucleare molto vicino (o forse no) - Sabato l'Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ha detto che un'intesa con l'Iran per salvare l'accordo nucleare del 2015 è "molto vicino". "Spero sarà possibile", ha detto Borrell al Doha Forum, spiegando che l'intesa potrebbe essere "una questione di giorni". Ieri il vicesegretario generale del Servizio europeo di azione esterna, Enrique Mora, era a Teheran per incontrare il capo-negoziatore iraniano, Bagheri Kani, e cercare di chiudere gli ultimi dettagli. Nelle stesse ore, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, era in Israele per rassicurare il premier, Yair Lapid, che i due paesi "continueranno a  lavorare insieme per impedire un Iran nucleare". Ed ecco che, sempre ieri, il ministro degli Esteri della Repubblica islamica, Hossein Amir-Abdollahian, in un successivo incontro ha detto a Mora che la mancanza di una decisione politica degli Stati Uniti sulla fine delle sanzioni rappresenta un ostacolo per l'intesa.

Il laburista Abela vince le elezioni a Malta - Il primo ministro maltese, Robert Abela, ieri ha rivendicato la vittoria per il suo Partito laburista nelle elezioni legislative a Malta. Il vantaggio sul partito nazionalista guidato da Bernard Grech sarebbe ulteriormente aumentato rispetto alle precedenti elezioni del 2017, malgrado i diversi scandali che hanno colpito il predecessore di Abela, Joseph Muscat, compreso l'assassinio della giornalista Daphne Caruana Galizia. I risultati definitivi sono attesi in mattinata. Davanti a una folla di migliaia di persone, Abela ha promesso "umiltà" alla guida del prossimo governo. Abela ha anche chiesto all'opposizione e ai suoi sostenitori di "lavorare insieme in spirito di unità nazionale per continuare a portare avanti il nostro paese".
 
La Spd di Scholz strappa il Saarland alla Cdu - La Spd di Olaf Scholz ieri ha trionfato nelle elezioni regionali del Saarland strappando questo Land al confine con la Francia alla Cdu per la prima volta in 23 anni. Secondo i risultati preliminari, la Spd ha ottenuto il 43,5 per cento dei voti, il 13,9 per cento in più di cinque anni fa, mentre la Cdu si è fermata al 28,5 per cento, 12,2 punti in meno rispetto al 2017. Tra gli altri partiti solo l'estrema destra di Alternativa per la Germania ha superato la soglia di sbarramento con il 5,7 per cento, mentre i Verdi e i liberali della Fdp non avrebbero superato il 5 per cento per pochi voti. Per Scholz è il primo successo dopo le elezioni federali di settembre. La perdita del Saarland è uno schiaffo enorme per il nuovo leader della Cdu, Friedrich Merz, e il premier uscente del Land, Tobias Hans, che dovrà lasciare il posto alla socialdemocratica, Anke Rehlinger.

Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di lunedì 28 marzo, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.
924  Forum Pubblico / DIVENTATO = I.C.R. MARKETING & COMUNICAZIONE SOCIALE. / Per fortuna e per volontà di sana politica nel passato, siamo nella NATO. inserito:: Marzo 25, 2022, 07:41:44 pm
Oltre al Sistema Sanitario Regionale, anche la Gestione dei provvedimenti da prendere nel Governo, a nostra difesa dalla Pandemia hanno risentito e risentono, negativamente, dell'infiltrazione di elementi ProPutin.

Sfascismo dichiarato, programmato e portato avanti negli ultimi anni, da Movimenti antiStato, antiEuropei e AntiOccidentali, allo scopo di favorire la disgregazione dell'Italia, e allontanarci dall'Europa e dall'Occidente.

Saremmo stati una preda facile per Putin o per la Cina, nelle loro intenzioni.

Per fortuna e per volontà di sana politica nel passato, siamo nella NATO.
Siamo ben DIFESI e abbiamo garantita la protezione della nostra Democrazia.

Non corriamo il rischio d'essere invasi da poteri stranieri!
Permane, invece, alto e dovremo risolverlo, al più presto, il rischio che ci proviene dai ProPutin o ProCina con la loro eventuale eversione favorita dalle infiltrazioni profonde, nella nostra società, in atto da lungo tempo.
 

ggiannig

925  Forum Pubblico / DIVENTATO = I.C.R. MARKETING & COMUNICAZIONE SOCIALE. / Pierre Dalla Vigna. I miei interlocutori di sinistra sono divisi a metà tra ... inserito:: Marzo 25, 2022, 07:35:14 pm
Pierre Dalla Vigna
14t9p0fo8 1gm83ghd  ·

È un periodo complicato. I miei interlocutori di sinistra sono divisi a metà tra coloro che reputano Putin un nuovo Hitler e quelli che pensano che abbia pienamente ragione. I miei interlocutori moderati, conservatori o reazionari (molti di meno, ma alcuni ne ho), sono divisi anche loro allo stesso modo!

Del resto, un demiurgo pazzo sembra essersi impadronito della storia. C’è un presidente ucraino che è un ebreo russo, il quale combatte una guerra contro la Russia al comando di alcune divisioni dichiaratamente naziste. I nazisti di tutto il mondo vanno ad arruolarsi metà per l’Ucraina libera e metà per l’ortodossia panslavista russa. In un filmato si vedono miliziani Banderisti (Bandera: capo delle milizie fasciste in Ucraina durante la Seconda Guerra mondiale) cantare “bella ciao”. Però ci sono comunisti pro-Putin del Donbass che parlano di un complotto demo-pluto-giudaico… e inneggiano a Stalin, ma anche allo Zar Pietro il grande. In compenso ci sono anarchici che si schierano col nazionalismo ucraino…

Comunque la si prenda, questa guerra è assurda, non conviene a nessuno, è fondamentalmente irrazionale. Perciò sostengo che non abbia mai avuto luogo. È sicuramente lo scherzo di un comico.
Dai Zelensky, ci siamo cascati. Adesso però, tu e il tuo amico Vlad, vedete di piantarla, perché di questo passo dovremo pensare che ci sia veramente il pericolo di una terza guerra mondiale, e che sia plausibile farla con le atomiche. E anche questo, come diceva il mio amico Don Ferrante, è uno scenario assolutamente impossibile!

Da Fb marzo 2022

926  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Noam Chomsky: “Siamo a un punto di svolta nella storia dell’umanità”. OVVIO. inserito:: Marzo 25, 2022, 07:30:42 pm
Noam Chomsky: “Siamo a un punto di svolta nella storia dell’umanità”
Una tragica, pericolosissima svolta che non può essere negata e non può essere ignorata. Intervista al filosofo americano


Redazione

 Noam Chomsky: “Siamo a un punto di...
• 7 marzo 2022 – Redazione

Di C.J. Polychroniou, Truthout.org

L’invasione della Russia in Ucraina ha colto di sorpresa gran parte del mondo. È un attacco non provocato e ingiustificato che passerà alla storia come uno dei più grandi crimini di guerra del 21° secolo, sostiene Noam Chomsky in questa intervista esclusiva con Truthout. Le motivazioni politiche, come quelle citate dal presidente russo Vladimir Putin, non possono essere usate come argomento per giustificare l’invasione di una nazione sovrana. Tuttavia, di fronte a questa orribile invasione, “gli Stati Uniti devono urgentemente optare per la diplomazia” invece che per l’escalation militare, poiché quest’ultima potrebbe costituire una “condanna a morte della specie, senza vincitori”, sostiene Chomsky.

C.J. Polychroniou: Noam, l’invasione russa dell’Ucraina ha colto la maggior parte delle persone di sorpresa e ha causato una grande agitazione in tutto il mondo, anche se molti elementi indicavano che Putin era abbastanza infuriato per l’espansione verso est della NATO e la determinazione di Washington a non prendere sul serio le sue richieste di sicurezza di non superare la “linea rossa” sull’Ucraina. Perché pensi che abbia deciso di lanciare un’invasione in questo momento?

Noam Chomsky: Prima di rispondere alla domanda, dobbiamo stabilire alcuni fatti che sono incontestabili. Il più cruciale è che l’invasione russa dell’Ucraina è un grave crimine di guerra paragonabile all’invasione statunitense dell’Iraq e all’invasione Hitler-Stalin della Polonia nel settembre 1939, per fare solo due esempi rilevanti. È ragionevole cercare spiegazioni, ma non ci sono giustificazioni o attenuanti.

Tornando alla domanda, sono state fatte numerose speculazioni su come funziona la mente di Putin. La solita narrazione è che è intrappolato in fantasie paranoiche, che agisce da solo, circondato da cortigiani di bassa lega come quelli che conosciamo qui, in ciò che resta del Partito Repubblicano, che vanno a Mar-a-Lago in cerca dell’approvazione del Leader.

Ma forse si dovrebbero considerare altre possibilità. Forse Putin intendeva dire quello che lui e i suoi alleati hanno detto forte e chiaro per anni. Potrebbe essere, per esempio, che “dato che la principale richiesta di Putin è la garanzia che la NATO non accetterà altri membri, e in particolare l’Ucraina o la Georgia, ovviamente non ci sarebbero state motivazioni per la crisi attuale se non ci fosse stata un’espansione dell’Alleanza atlantica dopo la fine della guerra fredda o se l’espansione fosse avvenuta in accordo con la costruzione di una struttura di sicurezza in Europa che includesse la Russia”. L’autore di queste parole è Jack Matlock, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Russia, uno dei pochi esperti credibili della Russia nel corpo diplomatico statunitense; le ha scritte poco prima dell’invasione. Continua concludendo che la crisi “può essere facilmente risolta con l’applicazione del buon senso”.

Da qualsiasi punto di vista, il buon senso suggerisce che gli Stati Uniti hanno interesse a promuovere la pace, non il conflitto. Cercare di levare l’Ucraina dall’influenza russa – l’obiettivo dichiarato dei promotori delle “rivoluzioni dei colori” – era una missione assurda e pericolosa. Abbiamo dimenticato così presto la lezione della crisi dei missili di Cuba?

Matlock non è solo. Le memorie del capo della CIA William Burns, un altro dei pochi veri esperti sulla Russia, raggiungono le stesse conclusioni sulle questioni sostanziali. La posizione [diplomatica] ancora più forte di George Kennan ha ricevuto tardivamente un’ampia copertura, che è stata appoggiata anche dall’ex segretario alla difesa William Perry e, al di fuori dei ranghi diplomatici, dal noto studioso di relazioni internazionali John Mearsheimer, e da numerose figure che difficilmente potrebbero essere più convenzionali.

Niente di tutto questo è sconosciuto. Documenti interni degli Stati Uniti rilasciati da WikiLeaks rivelano che l’incauta offerta di Bush II all’Ucraina di unirsi alla NATO ha immediatamente provocato severi avvertimenti dalla Russia che la minaccia militare in espansione era intollerabile. Comprensibilmente.

Per inciso, possiamo anche prendere nota di quello strano concetto della “sinistra” che sembra regolarmente rimproverare “la sinistra” per il suo insufficiente scetticismo sulla “linea del Cremlino”.

Il fatto è che, ad essere onesti, non sappiamo perché la decisione sia stata presa, e nemmeno se sia stata presa da Putin da solo o dal Consiglio di Sicurezza russo in cui lui gioca il ruolo di leader. Ci sono, tuttavia, alcune cose che sappiamo con un discreto grado di certezza, compresi i documenti esaminati in dettaglio dalle persone che ho appena citato, che hanno ricoperto alte posizioni all’interno del sistema di pianificazione. In breve, la crisi è stata preparata per 25 anni, mentre gli Stati Uniti hanno sprezzantemente ignorato le preoccupazioni della sicurezza russa, in particolare le sue chiare linee rosse: Georgia e soprattutto Ucraina.

Ci sono buone ragioni per credere che questa tragedia avrebbe potuto essere evitata fino all’ultimo minuto. Ne abbiamo già discusso, ripetutamente. Sul perché Putin abbia iniziato l’aggressione criminale in questo momento, possiamo speculare quanto vogliamo. Ma il quadro generale è chiaro ma viene evitato, non viene discusso.

È facile capire che chi ne subisce le conseguenze trova inaccettabilmente compiacente domandarsi perché è successo e se si sarebbe potuto evitare. È comprensibile, ma sbagliato. Se vogliamo rispondere alla tragedia in un modo che aiuti le vittime ed eviti le catastrofi ancora peggiori che ci aspettano, è prudente e necessario imparare il più possibile su ciò che è andato storto e su come la rotta avrebbe potuto essere corretta. I gesti eroici possono essere gratificanti. Ma non sono utili.


Come spesso accade, mi ricordo di una lezione che ho imparato molto tempo fa. Alla fine degli anni ’60, ho partecipato a una riunione in Europa con alcuni rappresentanti del Fronte di Liberazione Nazionale del Vietnam del Sud (i ‘Vietcong’, nel linguaggio statunitense). Fu durante il breve periodo di intensa opposizione agli spaventosi crimini statunitensi in Indocina. Alcuni giovani erano così infuriati che pensavano che la reazione violenta fosse l’unica risposta appropriata alle mostruosità in atto: rompere le finestre di Main Street, bombardare un centro del Reserve Officers’ Training Corps. Qualsiasi altra cosa equivaleva alla complicità in crimini terribili. I vietnamiti vedevano le cose in modo molto diverso. Si sono fortemente opposti a tutte queste misure. Hanno fatto vedere come una protesta può essere efficace: alcune donne in piedi in preghiera silenziosa sulle tombe dei soldati americani uccisi in Vietnam. Non erano interessati a ciò che gli americani che si opponevano alla guerra facevano per sentirsi giusti e rispettabili. Volevano sopravvivere.

È una lezione che ho sentito spesso, in una forma o nell’altra, dalle vittime di orribili sofferenze nel sud globale, il principale obiettivo della violenza imperiale. Una lezione che dovremmo prendere a cuore, adattata alle circostanze. Oggi questo significa uno sforzo per capire perché questa tragedia è avvenuta e cosa si sarebbe potuto fare per prevenirla, e per applicare queste lezioni a ciò che verrà dopo.

Il problema è profondo. Non c’è il tempo di ripercorrere qui questa questione di vitale importanza ma la reazione a una crisi reale o immaginaria è sempre stata quella di tirare fuori la pistola piuttosto che il ramo d’ulivo. È quasi un’azione di riflesso, e le conseguenze sono state generalmente spaventose per le vittime tradizionali. Vale sempre la pena di cercare di capire, di anticipare un po’ le possibili conseguenze dell’azione o dell’inazione. Queste sono verità, certo, ma vale la pena insistere su di esse perché vengono facilmente liquidate in momenti di giustificato sfogo.

Quali sono le opzioni?
Noam Chomsky – Le opzioni che rimangono dopo l’invasione sono scoraggianti. Il meno peggio è sostenere le opzioni diplomatiche che ancora esistono nella speranza di ottenere un risultato simile a quello che era molto probabile qualche giorno fa: la neutralizzazione dell’Ucraina in stile austriaco, una versione del federalismo di Minsk II. Molto più difficile da realizzare ora. E – necessariamente – con una via di fuga per Putin, o l’esito sarà ancora più terribile per l’Ucraina e il mondo intero, forse oltre l’immaginabile.

Ma quando mai la giustizia ha prevalso negli affari internazionali? È necessario elencare ancora una volta gli spaventosi precedenti?

Che piaccia o no, le opzioni ora si riducono a un brutto risultato che premia piuttosto che punire Putin per l’atto di aggressione, o la forte possibilità di una guerra terminale. Può sembrare gratificante mettere l’orso in un angolo da cui affonderà nella disperazione, e si può farlo. Però non è saggio.

Nel frattempo, dovremmo fare tutto il possibile per offrire un sostegno significativo a coloro che difendono coraggiosamente la loro patria contro aggressori crudeli, a coloro che sfuggono agli orrori e alle migliaia di russi coraggiosi che si oppongono pubblicamente al crimine del loro stato con grande rischio personale – una lezione per tutti.
E dovremmo anche cercare di trovare il modo di aiutare un tipo di vittima più generale: tutte le specie che abitano la Terra. Questa catastrofe arriva in un momento in cui tutte le grandi potenze, e in effetti tutti noi, dobbiamo lavorare insieme per controllare il grande flagello della distruzione ambientale che sta già prendendo un tributo disastroso, e diventerà presto molto peggio se non si fanno rapidamente grandi sforzi. Per portare a casa l’ovvio, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha appena pubblicato l’ultima e più minacciosa delle sue valutazioni periodiche su come ci stiamo dirigendo verso la catastrofe.

Nel frattempo, le misure necessarie sono in stallo, addirittura in ritirata, mentre le risorse necessarie sono destinate alla distruzione e il mondo si muove ora verso l’espansione dell’uso dei combustibili fossili, compreso il più pericoloso e convenientemente abbondante, il carbone.

Un demone malevolo difficilmente potrebbe escogitare una congiuntura più grottesca. Non può essere ignorata. Ogni momento è importante.

L’invasione russa è una chiara violazione dell’articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite, che vieta la minaccia o l’uso della forza contro l’integrità territoriale di un altro stato. Tuttavia, durante il suo discorso del 24 febbraio, Putin ha cercato di fornire basi legali per l’invasione e la Russia cita il Kosovo, l’Iraq, la Libia e la Siria come prova che gli Stati Uniti e i loro alleati violano ripetutamente il diritto internazionale. Può commentare le basi legali di Putin per l’invasione dell’Ucraina e lo stato del diritto internazionale nell’era post-guerra fredda?

Noam Chomsky – Non c’è niente da dire sul tentativo di Putin di fornire una base giuridica alla sua aggressione. Non ha alcun merito. Certo, è vero che gli Stati Uniti e i loro alleati violano il diritto internazionale senza battere ciglio, ma questo non offre alcuna attenuazione per i crimini di Putin. Tuttavia, Kosovo, Iraq e Libia hanno avuto un’influenza diretta sul conflitto in Ucraina.

L’invasione dell’Iraq fu un esempio da manuale dei crimini per i quali i nazisti furono impiccati a Norimberga, pura aggressione non provocata. E un pugno in faccia alla Russia.

Nel caso del Kosovo, l’aggressione della NATO (cioè degli Stati Uniti) è stata dichiarata “illegale ma giustificata” (ad esempio dalla Commissione Internazionale sul Kosovo presieduta da Richard Goldstone) sulla base del fatto che i bombardamenti sono stati effettuati per fermare le atrocità che stavano avendo luogo. Un tale giudizio richiedeva l’inversione della cronologia. La prova che l’ondata di atrocità era una conseguenza dell’invasione è schiacciante: prevedibile, prevista, anticipata. Inoltre, le opzioni diplomatiche erano disponibili; come sempre, sono state ignorate a favore della violenza.

Alti funzionari statunitensi confermano che è stato soprattutto il bombardamento della Serbia alleata della Russia – senza nemmeno informarli in anticipo – che ha fatto deragliare gli sforzi russi per collaborare in qualsiasi modo con gli Stati Uniti nella costruzione di un ordine di sicurezza europeo post-Guerra Fredda, una battuta d’arresto che ha accelerato con l’invasione dell’Iraq e il bombardamento della Libia dopo che la Russia ha accettato di non porre il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che la NATO ha prontamente violato.

Gli eventi hanno conseguenze; tuttavia, i fatti possono essere nascosti all’interno del sistema dogmatico.

Lo status del diritto internazionale non è cambiato nel periodo successivo alla guerra fredda, nemmeno a parole, figuriamoci nei fatti. Il presidente Clinton ha chiarito che gli Stati Uniti non hanno intenzione di rispettarlo. La Dottrina Clinton dichiarava che gli Stati Uniti si riservavano il diritto di agire “unilateralmente quando necessario”, compreso “l’uso unilaterale del potere militare” per difendere interessi vitali come “garantire il libero accesso a mercati chiave, forniture energetiche e risorse strategiche”. Così come i suoi successori e chiunque possa infrangere impunemente la legge.

Questo non significa che il diritto internazionale non abbia valore. Ha una gamma di applicabilità, ed è uno standard utile per alcuni aspetti.

L’obiettivo dell’invasione russa sembra essere quello di rovesciare il governo di Zelensky e installare al suo posto un governo filorusso. Qualunque cosa accada, comunque, l’Ucraina affronta un futuro cupo a causa della sua decisione di diventare una pedina nei giochi geostrategici di Washington. In questo contesto, fino a che punto le sanzioni economiche possono indurre la Russia a cambiare la sua posizione sull’Ucraina? O le sanzioni economiche mirano a qualcosa di più grande, come minare il controllo di Putin all’interno della Russia e i legami con paesi come Cuba, Venezuela e forse anche la Cina stessa?

Noam Chomsky – L’Ucraina può non aver fatto le scelte più sagge, ma non aveva nulla di simile alle opzioni che avevano gli Stati imperiali. Ho il sospetto che le sanzioni renderanno la Russia ancora più dipendente dalla Cina. A meno che non cambi seriamente rotta, la Russia è uno Stato petrolifero cleptocratico dipendente da una risorsa che deve essere drasticamente diminuita o siamo tutti finiti. Non è chiaro se il suo sistema finanziario possa sopportare un forte attacco, attraverso sanzioni o altri mezzi. Una ragione in più per offrire una via di fuga, anche se con una smorfia.

I governi occidentali, i principali partiti di opposizione, compreso il partito laburista nel Regno Unito, e i media corporativi hanno intrapreso una campagna sciovinista antirussa. Gli obiettivi includono non solo oligarchi russi, ma anche musicisti, direttori d’orchestra e cantanti, e persino proprietari di squadre di calcio come Roman Abramovich del Chelsea FC. In seguito all’invasione, alla Russia è stato persino vietato di partecipare all’Eurovision nel 2022. È la stessa reazione che i media corporativi e la comunità internazionale in generale hanno mostrato nei confronti degli Stati Uniti dopo la loro invasione e successiva distruzione dell’Iraq, vero?

Noam Chomsky – Il suo commento ironico è molto appropriato. E possiamo continuare su sentieri fin troppo familiari.

Pensa che l’invasione inaugurerà una nuova era di continuo confronto tra la Russia (verosimilmente in alleanza con la Cina) e l’Occidente?

Noam Chomsky – È difficile sapere dove cadranno le ceneri, e questa potrebbe non essere una metafora. Finora, la Cina sta camminando con cautela, ed è probabile che persegua il suo ampio programma di integrazione economica di gran parte del mondo all’interno del proprio sistema globale in espansione – in cui, poche settimane fa, ha incorporato l’Argentina nell’iniziativa Belt and Road – mentre guarda i rivali distruggersi a vicenda.

Come abbiamo detto prima, il confronto è una condanna a morte per la specie, senza vincitori. Siamo a un punto di svolta nella storia dell’umanità. Non lo si può negare. Non lo si può ignorare.

Traduzione di Manuela Cattaneo da CTXT Contesto y Acciòn, marzo 2022, n. 282

927  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / EUROPA - Il quinto pacchetto di sanzioni si svuota – inserito:: Marzo 25, 2022, 07:26:24 pm
EUROPA ORE 7

L'Ue aveva promesso a sé stessa più autonomia strategica e lo Strategic compass doveva essere lo strumento per guidare la politica di difesa e sicurezza del prossimo decennio verso un futuro di indipendenza europea. I ministri degli Esteri e della Difesa oggi si riuniscono per approvare lo Strategic compass (in italiano "Bussola strategica"), prima della benedizione formale dei capi di stato e di governo durante il Consiglio europeo di giovedì e venerdì. Ma la guerra di Vladimir Putin contro l'Ucraina ha modificato in modo sostanziale l'orientamento dello Strategic compass: la Nato e dunque gli Stati Uniti tornano a essere centrali per la sicurezza dell'Ue, secondo l'ultima bozza che è stata discussa venerdì dagli ambasciatori dei ventisette. “La partnership strategica dell'Ue con la Nato è essenziale per la nostra sicurezza euro-atlantica, come dimostrato ancora una volta nel contesto dell'aggressione militare della Russia contro l'Ucraina nel 2022”, si legge nel documento: “L'Ue resta pienamente impegnata a rafforzare ulteriormente questo partenariato fondamentale anche per promuovere il legame transatlantico”.

La guerra di Putin ha costretto funzionari del Servizio europeo di azione esterna e diplomatici degli stati membri a rivedere in profondità l'ultima bozza (la quarta) dello Strategic compass. La prima frase del documento è significativa: “Il ritorno della guerra in Europa, con l'aggressione ingiustificata e non provocata della Russia contro l'Ucraina, così come i grandi cambiamenti geopolitici stanno mettendo alla prova la nostra capacità di promuovere la nostra visione e difendere i nostri interessi”. In questo contesto, "le relazioni transatlantiche e la cooperazione Ue-Nato (...) sono fondamentali per la nostra sicurezza globale". L'Ue intende rafforzare la cooperazione con la Nato su "dialogo politico, condivisione delle informazioni, operazioni di gestione delle crisi, sviluppo delle capacità militari e mobilità militare. Approfondiremo il nostro lavoro comune per migliorare la sicurezza marittima e contrastare le minacce ibride, compresa la manipolazione delle informazioni straniere e la protezione del cyberspazio". L'Ue vuole anche ampliare la collaborazione su "tecnologie emergenti e dirompenti, cambiamenti climatici e difesa, resilienza e spazio". La Nato rimane “il fondamento della difesa collettiva”, mentre “gli Stati Uniti restano il partner strategico più fedele e importante dell'Ue e sono una potenza globale che contribuisce alla pace, alla sicurezza, alla stabilità e alla democrazia nel nostro continente”.

Concretamente cosa significa? Nello Strategic compass l'Ue indica diversi strumenti per rafforzare la partnership con la Nato: organizzare riunioni congiunte di alto livello frequenti, avere incontri regolari tra il suo Comitato politico e di sicurezza e il Consiglio Nord Atlantico, effettuare scambi di personale, condividere valutazioni dell'ambiente di sicurezza e scambiare informazioni non classificate e classificate. Dal punto di vista militare, lo Strategic compass vuole andare oltre le esercitazioni parallele e coordinate attuali e passare a esercitazioni congiunte e inclusive come "vero motore" per una maggiore cooperazione Ue-Nato “così da creare fiducia, migliorare l'interoperabilità e approfondire il nostro partenariato”. La Nato è spesso citata nel documento anche a proposito delle minacce ibride, le interferenze straniere e la cyber-difesa. Per l'interoperabilità, il documento cita esplicitamente la necessità per gli stati membri dell'Ue di essere in linea con gli standard della Nato.

La prima bozza dello Strategic compass iniziava con una frase a effetto: “L'Europa è in pericolo”. Oggi “l'Europa è ancora più in pericolo”, ci ha detto un alto funzionario dell'Ue. Con la guerra di Putin “in gioco non c'è solo la sopravvivenza dello stato ucraino, ma l'ordine di sicurezza dell'Europa”. Il testo dello Strategico compass ha subìto altre modifiche significative per tenere conto della guerra in Ucraina su spesa per la difesa, uso della Peace facility per fornire armi a paesi terzi, cyber-difesa, mobilità degli armamenti. Quello che doveva essere il simbolo del rilancio dell'Europa della difesa – la creazione di una forza d'intervento rapido fino a 5 mila uomini – è ancora presente nello Strategic compass, ma la sua portata è significativamente ridimensionata dalla sfida alla sicurezza collettiva posta da Putin. “Servirà per evacuazioni e altre piccole operazioni sotto comando dell'Ue”, ci ha spiegato un diplomatico di uno stato membro. Ma lo Strategic compass sarà la risposta all'invasione russa?  “No” ha risposto il diplomatico: “Ci permetterà di fare più operazioni nel limite inferiore dello spettro” militare. Per quello superiore, l'Ue non può fare a meno della Nato. In un editoriale Il Foglio spiega perché alla difesa dell'Ue serve una nuova Triplice: Francia, Germania e Italia.

Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di lunedì 21 marzo, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

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Michel vuole un Fondo di solidarietà per l'Ucraina - Per una volta il protagonista del prossimo Consiglio europeo sarà un leader non europeo. Giovedì i riflettori saranno puntati su Joe Biden, che arriverà a Bruxelles non solo per la riunione con i capi di stato e di governo dell'Ue, ma anche per i vertici straordinari di Nato e G7. Nel frattempo, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha rilanciato la sua proposta di una conferenza internazionale dei donatori per l'Ucraina. Dopo una conversazione telefonica con Volodymyr Zelensky, Michel ha espresso sostegno per "la creazione di un Fondo di solidarietà per l'Ucraina per fornire servizi di base e andare incontro alle necessità immediate dei cittadini". In effetti il governo di Kyiv non è più in grado di finanziare sui mercati il suo sforzo di guerra Il Fondo - secondo Michel - dovrebbe dare "liquidità per continuo sostegno alle autorità e nel lungo periodo servire come spina dorsale per la ricostruzione di un'Ucraina libera e democratica quando le ostilità si saranno fermate. I partner potrebbero contribuire al Fondo di solidarietà dell'Ucraina attraverso una conferenza internazionale dei donatori". Il tema sarà affrontato dai leader al Consiglio europeo.

La Germania vuole rilanciare il Ttip - Il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner, ha lanciato un appello per resuscitare i negoziati sul Ttip, l'accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti che era stato seppellito dall'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. "Dovremmo riprendere i negoziati su un accordo transatlantico di libero scambio", ha detto Lindner a Handelsblatt. "Soprattutto ora nella crisi (ucraina), sta diventando chiaro quanto sia importante il libero scambio con partner in tutto il mondo che condividono i nostri valori", ha spiegato Lindner: "L'attuale crisi dimostra che Usa e Germania, e Unione europea, sono partner indispensabili".

L'Ue pronta al via libera ad altri 500 milioni di armi all'Ucraina - I ministri degli Esteri dell'Ue oggi dovrebbero dare il via libera politico a sbloccare altri 500 milioni di euro della Peace facility per finanziare le forniture di armi all'Ucraina. La decisione dovrebbe essere formalizzata in settimana, dopo che mercoledì il Bundestag avrà autorizzato il governo di Olaf Scholz ad approvare la proposta dell'Alto rappresentante, Josep Borrell. La decisione sul raddoppio degli stanziamenti all'Ucraina è stata preceduta da una serie di polemiche. Alcuni stati membri si sono lamentati che Charles Michel e Borrell abbiano fatto l'annuncio sui 500 milioni aggiuntivi al vertice di Versailles, senza che ci fosse stata una discussione tra i 27. Alcuni paesi, tra cui la Germania, si sono lamentati che i primi 500 milioni non erano ancora stati interamente spesi. “In termini di validazione” delle forniture che possono essere finanziate dalla Peace facility “siamo sotto i 500 milioni, ma ci arriveremo presto”, ci ha detto una fonte dell'Ue. “Per questo è importante avere già pronti ulteriori fondi”.

Il quinto pacchetto di sanzioni si svuota –
Venerdì, diversi diplomatici hanno cercato di ridimensionare le aspettative sul quinto pacchetto di sanzioni che l'Ue potrebbe adottare questa settimana. “Non sarà un pacchetto vero e proprio”, ci ha detto una fonte di uno stato membro: “Ormai è un lavoro continuo. La priorità è chiudere le falle per evitare che le sanzioni siano aggirate”. I Paesi Bassi insistono per un'azione dell'Ue per reprimere i trust, nei quali gli oligarchi possono piazzare i loro beni prima vengono congelati dalle sanzioni. Per il momento, solo Polonia e paesi Baltici sono favorevoli a un embargo sull'energia. “E facile dire sanzioni sul petrolio, ottenere un articolo sui giornali. Ma poi dietro c'è un mondo complicato di cui tenere conto”, ci ha detto un altro diplomatico. Tuttavia, tutto potrebbe cambiare in caso di un attacco chimico o nucleare da parte di Putin o un massacro su vasta scala di civili. Nell'Ue sta crescendo il livello di allerta per questa possibilità.

Johnson paragona la resistenza dell'Ucraina al voto della Brexit - Le parole del primo ministro britannico, Boris Johnson, alla conferenza di primavera del partito Tory hanno provocato dure polemiche nell'Ue. Johnson ha spiegato che con la guerra di Putin il mondo è confrontato a una scelta tra "libertà e oppressione" e che non si devono fare compromessi "con la tirannia". Tutto bene, salvo che poi Johnson ha aggiunto questa frase: "So che è l'intento del popolo di questo paese, come del popolo dell'Ucraina, di scegliere ogni volta la libertà. Vi possono dare un paio di esempi famosi recenti. Quando i britannici hanno votato a favore della Brexit, non penso che sia stato perché erano ostili agli stranieri. E' perché volevano essere liberi". Il parallelo tra l'Ue e la tirannia non è piaciuto a nessuno oltre Manica, tanto più che l'Ucraina ha chiesto una procedura di adesione rapida all'Ue. "Boris Johnson paragona la lotta degli ucraini al voto dei britannici per la Brexit. Mi ricordo ancora l'entusiasmo di Putin e Trump dopo il referendum. Boris, le tue parole offendono gli ucraini, i britannici e il buon senso", ha risposto su Twitter l'ex presidente del Consiglio europeo e attuale leader dell'opposizione in Polonia, Donald Tusk. "Il paragone di Johnson della coraggiosa battaglia dell'Ucraina con la Brexit è folle", ha detto l'europarlamentare di Renew, Guy Verhofstadt: "Gli ucraini vogliono più libertà e vogliono entrare nell'Ue!".

Il fronte del "no" al tetto del prezzo del gas - Oggi o domani la Commissione presenterà una serie di opzioni per tentare di tenere sotto controllo i prezzi dell'energia. Ma non aspettatevi troppo. Non ci saranno proposte, perché ciascuna opzione comporta costi e rischi. Politicamente, per la Commissione è impossibile trovare una via di mezzo tra due gruppi di paesi che spingono in direzioni diverse sul tetto al prezzo del gas al mercato all'ingrosso. Italia e Spagna sono in prima fila per chiedere questa misura. Ma Germania, Paesi Bassi, Finlandia, Danimarca, Finlandia ed Estonia sono contrari. Secondo le nostre fonti, almeno metà degli stati membri sono scettici su un tetto al prezzo del gas. “Trovare soluzioni sarà estremamente difficile”, ci ha detto un diplomatico. Germania e Paesi Bassi sono anche contrari a disaccoppiare i prezzi del gas da quelli dell'elettricità, perché metterebbe a rischio gli investimenti nelle rinnovabili.

L'Austria reintroduce l'obbligo di mascherine al chiuso - Il governo austriaco ha deciso di reintrodurre da mercoledì l'obbligo di mascherina Ffp2 al chiuso, dopo il recente aumento di casi di Covid-19. L'Austria è il primo paese dell'Ue a imporre nuove restrizioni di fronte all'attuale ondata della pandemia. Il ministro della Sanità, Johannes Rauch, ha ammesso che alcune delle restrizioni erano state tolte troppo presto. Tuttavia il governo austriaco ha anche allentato alcune regole sull'isolamento del personale sanitario positivo per evitare problemi di gestione negli ospedali.

Da - https://mailchi.mp/ilfoglio/nato-centro-strategic-compass?e=fbfc868b87
928  Forum Pubblico / Il MONITORE. ORSI, LUPI E TUTTA LA NATURA CI RIVOGLIONO ESSERI UMANI. / Le bugie importanti bisogna saperle raocntare. Non è da tutti! inserito:: Marzo 25, 2022, 07:21:08 pm
11:58

Il Cremlino: la stragrande maggioranza dei russi a favore dell'intervento

"La stragrande maggioranza dei cittadini russi, oltre il 75%, e questo è dimostrato da statistiche e sondaggi, sostiene l'operazione speciale in Ucraina, sostiene il presidente della Federazione russa".
Lo ha assicurato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, sottolineando che si tratta di "un fatto inconfutabile".

Peskov ha auspicato che la "minoranza" dei russi che non è d'accordo "capisca cosa sta succedendo".
"E' molto importante che coloro che non sono d'accordo inizino a orientarsi nei flussi di bugie che provengono dall'Occidente su ciò che sta accadendo e capiscano che non tutto quello che viene pubblicato come notizia è la verità".

Da - https://www.agi.it/estero/news/2022-03-21/diretta-guerra-ucraina-russia-zelensky-16083649/#tr_16088849
929  Forum Pubblico / Il MONITORE. ORSI, LUPI E TUTTA LA NATURA CI RIVOGLIONO ESSERI UMANI. / C’è un personaggio che sta massacrando un popolo! Forse molti popoli. inserito:: Marzo 25, 2022, 07:16:41 pm
Machiavelli, ne il Frate - fa raccontare così ad un personaggio per aver scordato una chiave importante:

“Che faceste? La maggior castroneria del mondo”.

È la prima registrazione di questa parola (castroneria) nella letteratura italiana.

Da: unaparolaalgiorno.it

C’è un personaggio che sta massacrando un popolo!
Questa frase se la porterà appresso fin che campa, poi sui libri di scuola russi. 
Almeno si spera, … per la loro dignità ritrovata.

ciaooo


930  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / Le Guerre possibili. Informazioni del fine giornata - 25 marzo 2022 inserito:: Marzo 25, 2022, 07:12:49 pm

Informazioni del fine giornata 25 marzo 2022


https://www.agi.it/estero/news/2022-03-24/diretta-guerra-ucraina-russia-sanzioni-16124243/


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