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586  Forum Pubblico / LA REALTA' REGIONALE ITALIANA: REVISIONARLA PER DIVENTARE NAZIONE. / La mia indipendenza dallo spezzatino dei partiti, di oggi e da quanto sopra, ... inserito:: Gennaio 28, 2023, 03:31:37 pm
Sonia C. Sull'argomento corruzione o altre schifezze che spremendo i Partiti e la cattiva politica emergono copiose, non mi interessano nel singolo caso o nella loro provenienza partitica.
Sono altre le mie attenzioni e i miei interessi sociali e politici, da qualche anno in qua (più di venti).

La mia indipendenza dallo spezzatino dei partiti, di oggi e da quanto sopra, cerco di esprimerla nei miei/nostri Gruppi Tematici in Facebook.

Da vecchio Ulivista posso permettermelo, pur rimanendo impegnato nell’area Progressista, Riformista, Europeista e Occidentale.

Gli “inciampi” in cui cadono certi personaggi, lo considero materiale di scarto di cui si deve occupare la Magistratura, non chi crede ancora nella bella politica e nei sani partiti, che dobbiamo/dovete (io sono vecchio) creare per il futuro dei nostri giovani.   
ciaooo
587  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / PAUL LA COUR (1902-1956) – L’immaginazione Quando uscirono le mie prime poesie inserito:: Gennaio 28, 2023, 03:27:41 pm
Gilberto Gavioli
Persona più attiva
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VIII – L’immaginazione
Quando uscirono le mie prime poesie, un critico che certamente aveva ragione nella sua critica, ma non nei suoi fondamenti, scrisse che le immagini appesantivano le poesie poiché non erano giunture chiare per il pensiero.
Che equivoco sulla funzione dell’immagine, tra tutti il più comune! Proprio per questo gli uomini non vivono più nella poesia, perché credono che sia una forma fiorente, un poco diafana ma facilmente accessibile dell’attività razionale logica.

Ma come, se l’immagine riassume in sé ciò che il pensiero non può presentire? Se è una conoscenza più alta ed essenziale quella che ti si offre? Consapevolezza dell’unità della vita, che nessun pensiero è capace di afferrare. Dove tu non vedi relazioni, il poeta intuisce corrispondenze.
Le immagini poetiche sono fatte di contrasti, che, raccolti insieme, non si limitano a gettar luce sulla propria reciprocità, ma sulla corrispondenza e l’unità di tutte le cose nella vita che viviamo. L’immagine è tanto più poderosa quanto più è impercettibile il collegamento che esprime. Ciò che è diviso si raccoglie nell’immagine in semplicità e modestia. Le sabbie mobili in cui la tua vita affonda si fanno terreno.
Puoi immaginare di scrivere una poesia in cui usi argomentazioni logiche per dimostrare la corrispondenza e l’unità delle cose? Con l’indice levato: È questo che intendo! o non riuniresti le due cose che sono più distanti al mondo in una singola immagine, in modo che la loro relazione risalti agli occhi?
A quel punto le tue parole sono divenute superflue. Quasi non hai parlato, e tutto è stato detto.
La conoscenza interiore del poeta è conoscenza delle relazioni.
Voi siete suoi fratelli, e le pietre lo sono, e gli alberi, i deserti e i semi.
L’immagine non è mai stata la mente del poeta, ma il suo cuore vivente.

PAUL LA COUR (1902-1956) da ‘FRAMMENTI DI UN DIARIO' traduzione di Alessandro Fambrini
Il Foglio Clandestino, n. 76, 2012
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588  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / La nostra popolazione non si è costruttivamente liberata dalla cecità della fede inserito:: Gennaio 28, 2023, 03:16:42 pm
In un paese come il nostro, facilmente depredabile da chiunque lo voglia depredare, un Partito Comunista è necessario!
Per distinguerci da loro.

La nostra popolazione non si è costruttivamente liberata dalla cecità della fede e dell'ideologia, per evoluzione culturale, è semplicemente stata fatta scivolare verso il nulla Sfascista. Un tessuto Multicolore Scolorito diviso in decine di brandelli stracciati dal malcontento strumentale, chiamato in modi diversi, simili soltanto nella volontà di sfasciare l’esistente.
Per arrivare, oggi, a farsi catturare dal MALE, Maleodorante dal vomito del populismo "ingozzati e godi sino a strozzarti", non ancora percepito dalle masse, come veleno sociale. 
Benvenga dunque un Comunismo, unico, che ci dica con chiarezza e senza citazioni muffite da secoli, cosa intende FARNE del futuro di chi lo voterà.
Allo stesso tempo si metta nella condizione, questo Comunismo, di non sfasciare la Democrazia che ha contributo a costruire, seppure incompleta e sgangherata anche a causa delle realtà simil-comuniste, sino ad oggi intente a sfasciare le molte imposte lasciate aperte a sbattere al vento, della peggiore partitocrazia predatoria, ormai da troppi anni.
A quel punto dell’evoluzione Comunista, se ci si arrivasse, anche noi NON COMUNISTI saremmo pronti al dialogo senza ipocrite alleanze e illusioni di comodo, ma su Precisi Progetti futuribili, con la disponibilità a servire il nostro paese Italia in Europa, per non farlo cadere in mani assassine d’oriente o d’occidente.
Se ce ne fossero ancora, dopo l’inizio del Progetto per un NUOVO ORDINE MONDIALE.
ggiannig
Italia – 8 gennaio 2023
589  Forum Pubblico / SIAMO DIFFERENTI e DIVERSI, UGUALI nei DIRITTI e DOVERI, ma DIVISI in CATEGORIE SOCIALI. / Babele PD. Partito Democratico in Babilonia. inserito:: Gennaio 27, 2023, 02:51:48 pm
Babele
Enciclopedia on line

(o Babilonia; babilonese Bāb-ilu o Bāb-ilāni) Città antica, la più importante dell’Asia Anteriore. Era situata sul canale Arakhtu dell’Eufrate, nella parte settentrionale della Babilonia. Se ne attribuisce la fondazione a Sargon di Akkad (2350-2294 a.C.), che forse ampliò un villaggio preesistente e vi eresse un palazzo reale. Fu ingrandita anche da Hammurabi (1728-1686 a.C.), che fondò pure la città gemella di Borsippa, e da Samsuiluna (1685-1649 a.C.); dopo un periodo di decadenza, sotto le dominazioni ittita e cassita, divenne di nuovo capitale di Nabucodonosor I (1137), ma sofferse durante le contese tra Babilonesi e Assiri, che la presero più volte. Sennacherib la distrusse nel 690; cacciata la tribù caldea insediatasi tra le rovine, Assarhaddon (681-69) e Assurbanipal (668-26) la riedificarono e abbellirono. Subì gravi danni quando quest’ultimo, lottando contro il re locale Shamashshumukīn, la prese, dopo un assedio di 2 anni (648). Rifiorì sotto la dinastia caldea: Nabopolassar (625-605) e Nabucodonosor II (604-562) intrapresero grandi lavori, specie il secondo, che la fortificò. Ciro, che la prese nel 538, vi risiedette per qualche tempo, e così Cambise: è questa la città descritta con ammirazione dagli scrittori classici, abitata da genti di nazioni e lingue diverse. Anche sotto i Persiani rimase città fiorente, capitale della più importante satrapia dell’impero, sebbene in lenta decadenza. Nel 331 a.C. fu conquistata da Alessandro Magno, che iniziò a ricostruirla, ma perse quasi tutta la sua importanza sotto i Seleucidi, benché Antioco IV la fondasse di nuovo, probabilmente col nome di Antiochia; la rovina fu completa dopo che fu presa e arsa dal satrapo parto Evemero (126-125 a.C.).
PUBBLICITÀ

Fu scavata con regolarità a partire dal 1811. Le fasi di frequentazione più documentate risalgono al 7°-6° sec. a.C. quando la città raggiunse l’estensione di 950 ha circa. Attraversata dall’Eufrate, era divisa in un settore est, con i centri politico-amministrativi, il palazzo reale e gli edifici templari, e in uno ovest, di più recente formazione. Il polo orientale era dotato di una doppia cinta muraria in mattoni crudi, con fossato esterno difeso da una muraglia in mattoni cotti. Il centro della vita religiosa era il santuario del dio poliade Marduk, costituito da un tempio, caratteristica costruzione babilonese quadrata in mattoni crudi, e dalla colossale ziqqurat Etemenanki, di cui si conserva solo la parte inferiore. Sotto i Seleucidi e gli Achemenidi la città si arricchì di edifici tipicamente greci (teatro, agorà). L’attuale sito archeologico, presso Hilla, ha subito notevoli danni a seguito della guerra del 2003.

Torre di B. Il libro della Genesi racconta (connettendo erroneamente il nome della città con l’ebraico bālal «confondere») che gli abitanti di Sennaar decisero di costruire una città e una torre «la cui cima raggiungesse il cielo» (cioè «altissima»); ma Dio, volendo punire il loro orgoglio, confuse le lingue, cioè le idee e i propositi di costoro che, interrotta la costruzione della città, si dispersero per il mondo.


Vedi anche
Assiria (gr. ᾿Ασσυρία) Regione storica nella Mesopotamia, comprendente l’alta valle del Tigri, fino alle montagne dell’Armenia, e le valli del Grande e del Piccolo Zāb. Le città più importanti, oltre la capitale Assur, erano Kalkhu (odierna Nimrud), Ninive, Ḥarrān e Tirqa. storia La storia autonoma dell’Assiria ... Nabucodònosor ‹-ʃ-› (o Nabucodonosòr, abbrev. Nabucco, anche Nebukadnezàr; babilonese Nabū-kudurri-uṣur "Nabu protegga l'erede", gr. Ναβουχοδονόσορ, lat. Nabuchodonŏsor, ebr. 'Nĕbūkadneṣṣar). - Secondo re dell'impero neobabilonese (604-562 a. C.), portò lo stato alla massima potenza. Si distinse come generale valoroso, ... Hammurabi ‹a-› (accadico Khammurabi). - Re (1792-1750 a. C.) della prima dinastia di Babilonia, figlio di Sin-muballit. Hammurabi fu sovrano di eccezionale personalità e capacità, che riuscì a fare di Babilonia la capitale di un vasto impero comprendente tutta la Mesopotamia. Liberatosi dopo i primi anni di regno ... Ciro il Vecchio re di Persia Ciro (pers. Kūrush; gr. Κῦρος, lat. Cyrus) il Vecchio re di Persia. - Fondatore del primo grande impero persiano; della stirpe degli Achemenidi, succedette al padre Cambise, nel regno avito di Anzan in Susiana, il 558 a. C. Sua prima conquista fu la Media, ove nel 550 si impadronì di Ecbatana e abbatté ...

da treccani.it
590  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / Fare luce - C’è un episodio, avvenuto nel corso della conferenza stampa dopo... inserito:: Gennaio 27, 2023, 02:44:58 pm
Fare luce
 
C’è un episodio, avvenuto nel corso della conferenza stampa dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, che è rimasto un po’ all’angolo. A un certo momento Vincenzo Agostino, il padre dell’agente di polizia Nino Agostino morto con sua moglie Ida il 5 agosto 1989 a Carini (Palermo), si è alzato in piedi per porre una domanda a magistrati e carabinieri: “Noi familiari all’80 per cento non sappiamo ancora la verità, il perché sono caduti i nostri figli, i nostri parenti. Finalmente si può fare luce su questi delitti irrisolti, come quello di mio figlio che da 33 anni non so cosa c’è dietro?”. In un momento di solito riservato ai giornalisti, questo anziano dalla lunga barba bianca è intervenuto dando un’altra dimensione della vicenda: la notizia della cattura di un boss non è soltanto un’operazione di polizia, ma un passo verso la richiesta di verità e giustizia per le tante vittime di Cosa nostra. Nessuno dei cronisti presenti, intesa la situazione, ha osato lamentarsi dell’intervento che toglieva spazio alle loro domande. “Non posso naturalmente assicurare la certezza della verità, ma quello che posso assicurarle è che uno degli impegni prioritari della procura che dirigo è e sarà proprio questo – ha detto il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia –: nessuna delle vittime di mafia non avrà una risposta. Cercheremo in tutti i modi di dare una risposta che è dovuta. Non ci fermeremo, faremo di tutto per arrivare a quella verità”. Altri familiari di vittime delle mafie hanno preso la parola pochi giorni prima a Milano, in un incontro organizzato da Libera sulla giustizia riparativa (su cui riflette per lavialibera Paolo Setti Carraro), Verso il 21 marzo 2023: Per una giustizia che accoglie e ascolta, per raccontare gli incontri con i responsabili della morte dei loro cari e il percorso interiore che ne è nato.

Da - Lavialibera redazione@lavialibera.it tramite sh02.musvc.com
A me.

591  Forum Pubblico / SOCIALESIMO. STUDIO PREPARATORIO ALLA DEMOCRAZIA, OCCIDENTALE, EUROPEA e MEDITERRANEA. / Che non è soggetto al dominio o all’autorità altrui, che ha facoltà di agire... inserito:: Gennaio 27, 2023, 02:42:06 pm
Vocabolario on line

libero

libero agg. [dal lat. liber -ĕra -ĕrum]. –

1. a. Che non è soggetto al dominio o all’autorità altrui, che ha facoltà di agire a suo arbitrio, senza subire una coazione esterna che ne limiti, materialmente e moralmente, la volontà e i movimenti: uomo l. o di condizione libera; anche s. m., i l., che in partic., nell’antica Roma, erano i cittadini che godevano di pieni diritti civili, distinti dagli schiavi e dai liberti; far l. uno schiavo; lasciare l. un prigioniero, un detenuto; dopo un breve interrogatorio, le persone fermate furono lasciate libere. In senso politico: nazione l., non asservita allo straniero; fare la patria l.; città l., territorio l., che si governa con leggi e magistrati proprî; chi diviene patrone di una città consueta a vivere l., e non la disfaccia, aspetti di essere disfatto da quella (Machiavelli); popolo l., che partecipa per mezzo di suoi rappresentanti al potere legislativo e i cui diritti civili e politici sono garantiti dalle leggi (nella polemica politica l’espressione ha assunto talora anche significati più soggettivi e spesso contrastanti); l. cittadino, espressione che nel sec. 19° equivaleva a «liberale democratico». In senso spirituale, di persona che in materia di opinioni o di fede afferma il diritto alla libera indagine dichiarandosi indipendente dai dogmi e da postulati confessionali: l. pensatori, espressione con la quale si indicano quei pensatori che, in nome di un razionalismo estremo, hanno attivamente svolto propaganda anticonfessionale e antidogmatica costituendo un movimento (il l. pensiero) vitale soprattutto nel sec. 18°; l. muratori, nome degli adepti alla massoneria (come traduz. dell’ingl. free-masons e del fr. francs-maçons); l. comunità protestanti, comunità sorte in Germania verso la metà del sec. 19°, che ripudiavano simboli e dogmi, sostituendo ad essi la coscienza razionale e morale; l. cristianesimo, corrente religioso-culturale in voga tra gli uomini di cultura dell’Europa protestante negli anni ’10 del Novecento, che tentava di conciliare religione e scienza. b. Degno di un uomo libero, privo cioè di viltà e di cortigianeria: chiedere con l. fronte; uomo di l. sentimenti; sostenere con l. animo la propria causa; scrivere con l. penna. c. Di animale, non legato, non prigioniero: lasciare l. la capra a pascolare nel prato; lasciar l. il cavallo dal morso; aprì la gabbia e l’uccellino volò via l.; bestiame che vive allo stato l., brado. Di cosa, lasciar l., non frenare, sprigionare: lasciare l. un gas; fig., lasciare l. corso ai proprî pensieri, alla fantasia, alla parola, alle passioni.

2. a. Che è padrone dei proprî atti e sentimenti, che ha piena facoltà di fare o non fare una cosa: essere l. di sé, delle proprie decisioni, dei proprî movimenti; siete l. di andare o rimanere; sei l. di pensare ciò che vuoi; ho sempre sognato di vivere l. in una casa tutta mia; quindi, far vita l., amare la vita l., non condizionata da vincoli, imposizioni e pregiudizî; donna l., che vive in modo indipendente e autonomo; anche, non sottoposto a disciplina o obbedienza: quei ragazzi son cresciuti troppo liberi. Per estens., di persona e dei suoi atti, ardito, impudente, che facilmente trascorre a modi scorretti e licenziosi: è troppo l. nel discorso; e similmente, linguaggio l., maniere l., scherzi troppo l. (in altri casi, un fare l., modi l., franchi, disinvolti, che denotano schiettezza d’animo). b. Che non è legato da particolari vincoli o impegni: uomo l., non coniugato, scapolo; fede di stato l., certificato che attesta la condizione di non coniugato; lasciare l. un impiegato, lasciare l. la segretaria, non tenerli impegnati, concedere loro licenza di lasciare il posto di lavoro. In senso più ristretto, che può disporre del proprio tempo, che non ha occupazioni o impedimenti: appena l. verrò a trovarti; in questo momento il direttore non è l. (è occupato). Riferito al tempo: domani avrò la mattinata l.; non ho mai un minuto l.; nelle ore l. mi dedico alla lettura; per tempo l., v. tempo, n. 2 l. c. Privo, esente: l. da vizî, da difetti, da noie, da pregiudizî.

3. Riferito a cosa: a. Non vietato, o non sottoposto a freni, a restrizioni: ingresso l., possibilità di entrare in un pubblico locale senza pagare; avere l. accesso (a un luogo, a una persona); l. uscita, dei soldati dalla caserma (v. uscita, n. 1 a); navigazione l., contrapp. alla navigazione di linea; l. esercizio della professione; l. amore (o più com. amore l.), concezione dell’amore come libertà di unione sessuale senza il vincolo del matrimonio (che proclama o attua cioè l’unione l.). Fig., traduzione l. (contrapp. alla traduzione letterale), quella che riproduce il senso dell’originale senza seguire questo alla lettera. b. In partic., non sottoposto a controllo o ingerenza, soprattutto da parte dello stato: economia l.; mercato l.; l. concorrenza, v. concorrenza, n. 2 b; radio l., televisione l., gestite da privati; l. chiese, denominazione comune alle varie comunità protestanti che, in Scozia, Svizzera, Francia, Germania, a differenza della Chiesa nazionale, si rifiutano di ammettere qualsiasi rapporto con lo stato (ad eccezione del rispetto delle leggi) e ingerenza di questo in materia religiosa. Molte espressioni, come commercio l., stampa l., diritto di l. associazione, l. esercizio del culto, ecc., equivalgono ad altre formate col nome libertà, cioè libertà di commercio, di stampa, di associazione, ecc. (v. quindi per queste la voce libertà o i singoli sostantivi). L. scambio (calco del fr. libre-échange, a sua volta coniato sull’ingl. free-trade), locuz. equivalente a libertà degli scambî, usata per lo più per indicare la dottrina che la sostiene, cioè il liberismo economico nella sua accezione più ristretta, ma anche con sign. più generico, nelle espressioni area, zona di l. scambio, dove cioè il commercio (internazionale) si svolge senza che siano frapposte barriere politiche o economiche allo scambio di beni e servizî. c. Più genericam., indipendente, autonomo: professioni l., quelle del medico, dell’avvocato, e in genere dei professionisti (v. professione, n. 2 b); insegnamento l., impartito da insegnanti non dipendenti dallo stato o da altro organismo; e così università l., con amministrazione autonoma (come è in Italia l’università di Urbino); l. docente, l. docenza (v. docenza). d. Non soggetto a restrizioni o limitazioni di natura spirituale: l. arbitrio (v. arbitrio, n. 1); atto di l. volontà; Lume v’è dato a bene e a malizia, E l. voler (Dante); l. esame (v. esame, n. 1 d); estens., di atto che viene compiuto spontaneamente, senza alcuna costrizione della volontà: l. scelta; l. consenso; l. elezioni; l. voto, dato secondo coscienza. e. Degli arti e dei movimenti della persona, sciolto, non impedito: avere l. il movimento del braccio, poterlo articolare con facilità; avere le mani l., senza impacci, non legate; fig., avere mano l. o le mani l., poter agire con piena indipendenza e autorità (con accezione partic., disegno a mano l., eseguito senza riga e compasso); piede l., sciolto da catena o altro; fig., essere, lasciare a piede l., di chi è sottoposto a processo senza essere in stato d’arresto. Analogam., nella tecnica, ruota l., ruota folle sul suo asse (in usi fig., a ruota l., senza freni, in modo incontrollato: appena beve qualche bicchiere, si mette a parlare a ruota libera). f. Di un possesso, esente da pesi che ne limitino la proprietà o l’uso: fondo l. da ipoteche, da servitù. E in genere, non soggetto, non vincolato: nuova costruzione l. da imposte; appartamento da affittare l. da contratto. g. Con riferimento a luogo, non occupato, non impegnato da altri: trovare, non trovare uno spazio l.; non c’era un posto l. in tutto il teatro (o nell’autobus); fig., campo l., possibilità di agire senza ostacoli o competitori: avere, dare, lasciare campo libero. Analogam., di vettura, non occupata, non impegnata in un servizio: mi è stato impossibile trovare un taxi libero; anche di altri servizî o utenze: con tanti treni in arrivo, è sempre difficile trovare un portabagagli l.; il telefono è finalmente l.; trovare, lasciare l. la linea (telefonica). Con accezioni partic.: appartamento l., non abitato da inquilini e perciò disponibile per una nuova locazione; stanza l., a cui si può accedere direttamente, senza dover passare per altra stanza; mare l., l’alto mare oltre le acque territoriali; spazio l., quello che può essere liberamente percorso dagli aeromobili (con altro sign., spazio disponibile, in cartelloni o sim., per affissioni pubblicitarie); aria l., l’aria aperta, fuori dagli ambienti chiusi o dal centro abitato; all’aria l., all’aperto. h. Non impedito o trattenuto da ostacoli materiali: lasciare l. il passaggio; il fiume, uscendo dalla città, si allontana, con bizzarre svolte, nella campagna, finalmente l. da case e da ponti (Romano Bilenchi); dare, lasciare via l. (fig., avere via l., avere facoltà di accedere a un luogo, di compiere determinati atti); in ferrovia, via l., quando il binario è sgombro da treni fino al successivo posto di blocco, e dare via l., dare il segnale al treno perché possa proseguire; nella navigazione, avere la rotta l., di nave che non trova ostacoli lungo la rotta che deve seguire.

4. Con sign. speciali: a. Bordo l., nelle navi, l’altezza della murata dalla linea di galleggiamento al ponte di coperta (v. bordo, n. 1). b. Carta l., la carta non bollata su cui possono redigersi tutti gli atti e scritti non soggetti al bollo e in determinati casi anche quelli normalmente colpiti da tasse di bollo. c. Nel linguaggio bancario, conto l., il conto di deposito di numerario, fruttifero a un mite tasso d’interesse, che dà al cliente la libera disponibilità delle somme depositate, a vista o con breve preavviso; credito l., il credito revocabile. d. In botanica, detto di parti o organi che non sono uniti fra loro o con altro organo: filamenti staminali l. (per es. in alcune leguminose, come nella sofora), in contrapp. a uniti o concresciuti, come nella ginestra comune; ovario o pistillo l., quello che non aderisce al ricettacolo del fiore. In zoologia, con riferimento alle pupe degli imenotteri, sinon. di exarato. e. In chimica, un elemento si dice allo stato l. quando non è combinato con altri elementi. f. In fisica, e in partic. in meccanica, assi l. (o spontanei) di un solido, gli assi dell’ellissoide centrale d’inerzia; elettrone l. (o di conduzione), elettrone debolmente legato al nucleo dell’atomo e capace di passare spontaneamente da un atomo all’altro; superficie l. o pelo l. di un liquido, la superficie di separazione del liquido dall’aeriforme (o dal vuoto) sovrastante. g. In linguistica, sillaba l., lo stesso che sillaba aperta, cioè terminante in vocale; meno com., vocale l. o in posizione l., la vocale finale di una sillaba aperta (per es., le due vocali della parola vena). Per il discorso indiretto l. in stilistica, v. discorso2 (n. 3 b). h. In marina, l. pratica, l’autorizzazione di approdare e di compiere le operazioni di carico e scarico, data dalle autorità portuali a una nave al suo arrivo, dopo la visita a bordo compiuta da ufficiali di porto e sanitarî e dopo l’adempimento delle formalità d’obbligo. i. Nella metrica, metro l., non legato (soprattutto nel numero dei versi di ogni strofa e nella distribuzione delle rime) a uno schema rigido; similmente, canzone l. (v. canzone, n. 1); strofe l., versi l., sciolti dalle leggi metriche tradizionali; in partic., versi l. o sciolti (anche al sing., verso l., con valore collettivo), componimento in versi non rimati. l. In psicanalisi, l. associazione, metodo tipico del trattamento psicanalitico che consiste nel permettere al soggetto in analisi di riferire all’analista parole, immagini e pensieri che si presentino alla coscienza (spontaneamente oppure a partire da uno stimolo dato), cercando di prescindere da ogni riserva di ordine morale. m. Nello sport e nell’attività ginnica, esercizî l., complesso di figurazioni senza tema obbligato, svolte a libera scelta del concorrente nelle gare di pattinaggio e in varie prove ed esibizioni dei concorsi di ginnastica; esercizî a corpo l., eseguiti senza l’ausilio di attrezzi. Nel nuoto, stile l., lo stesso che crawl. Nell’alpinismo, ascensione l. (o più spesso in libera), quella in cui vengono sfruttati unicamente gli appigli naturali offerti dalla montagna, senza l’aiuto di mezzi artificiali (staffe, corda in trazione, ecc.), fermo restando l’uso di corda, chiodi e moschettoni per le sole manovre di assicurazione; nello sci alpino, discesa l., v. discesa, n. 2 a. Nel calcio, libero, s. m. (in origine battitore l., v. battitore, n. 1 g), giocatore di difesa che, libero da compiti di marcatura personali, svolge funzioni di organizzatore della difesa e di propulsore delle azioni difensive. Nel tiro alla fune, categoria dei l. (oltre gli 80 kg), una delle tre categorie in cui sono divisi gli atleti, a seconda del peso. Squadra di liberi, in genere, un complesso di giovani praticanti uno sport all’infuori di ogni regolamento federale. Nella pallavolo, giocatore specializzato sia in difesa che in ricezione, che può solo ricoprire la seconda linea ed è soggetto quindi ad alcune limitazioni di gioco. Nella pallacanestro, t. libero, quello eseguito dalla lunetta a gioco fermo, in conseguenza di un fallo effettuato dalla squadra avversaria. 5. Con valore avverbiale: parlare libero, con schiettezza o con arditezza di linguaggio. Locuz. avv., non com., alla libera, con libertà o franchezza di modi, familiarmente: parlare, trattare, discutere alla libera. ◆ Avv. liberaménte, con libertà: nazione governata liberamente; con franchezza: dimmi liberamente il tuo pensiero; senza riguardi o timore: comandami pure liberamente; qui siamo soli e possiamo parlare liberamente; senza ostacoli o formalità: ognuno può entrare liberamente; spontaneamente, con liberalità: La tua benignità non pur soccorre A chi domanda, ma molte fïate Liberamente al dimandar precorre (Dante); ant., volentieri: liberamente gliel concedette, quantunque noioso gli fosse il da lui dipartirsi (Boccaccio).

da treccani.it
592  Forum Pubblico / Il MONITORE. ORSI, LUPI E TUTTA LA NATURA CI RIVOGLIONO ESSERI UMANI. / Ossigeno è: OSservatorio Su Informazioni Giornalistiche E Notizie Oscurate. inserito:: Gennaio 25, 2023, 06:19:15 pm
OSSIGENO

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Il nome – Ossigeno è un acronimo: OSservatorio Su Informazioni Giornalistiche E Notizie Oscurate.
Il nome richiama un concetto elementare: ogni società libera e democratica ha bisogno vitale di libertà di informazione e di espressione, come il corpo umano ha bisogno di ossigeno.

L’Osservatorio è nato per documentare e analizzare il crescendo di intimidazioni e minacce nei confronti dei giornalisti italiani, in particolare contro i cronisti impegnati in prima linea nelle regioni del Mezzogiorno, nella raccolta e diffusione delle informazioni di pubblico interesse più scomode e, in particolare, nella ricerca delle verità più nascoste in materia di criminalità organizzata. A novembre del 2008 ha ottenuto il patrocinio del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, a marzo del 2009 il patrocinio del Consiglio Nazionale della FNSI. Ha l’obiettivo di accrescere la consapevolezza pubblica del grave fenomeno della limitazione della libertà di stampa e di espressione attraverso minacce, abusi, inadempienze. che limitano la circolazione delle notizie e il diritto dei cittadini di essere informati. Primo osservatore: Lirio Abbate, vice direttore del settimanale l’Espresso

Riconoscimenti – Il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha conferito due “Medaglie del Presidente della Repubblica”  a Ossigeno:
•   per il convegno del 24 ottobre 2016 organizzato a Palazzo Madama, sede del Senato, per celebrare la “Giornata Internazionale ONU per mettere fine ai crimini contro i giornalisti”;
•   per il convegno internazionale del 3 novembre 2021 “Come fermare i reati contro i giornalisti”, organizzati a Siracusa insieme all’UNESCO e aperto con la relazione del PG della Cassazione Giovanni Salvi

Consulenze – Ossigeno ha svolto consulenze per l’Osce, l’Agcom, la Commissione Parlamentare Antimafia e altri enti. Ha collaborato con la Fondazione Polis di Napoli alla realizzazione del progetto “In viaggio con la Mehari”.
Il notiziario telematico omonimo è una testata giornalistica. Registrazione al Tribunale di Roma n.35 del 18 febbraio 2013 – Direttore responsabile: Alberto Spampinato, giornalista parlamentare
L’Associazione di volontariato ONLUS “Ossigeno per l’informazione” è una organizzazione non governativa ed è un ente del Terzo Settore, costituita nel 2011, iscritta dal 10 luglio 2012 al Registro del Volontariato della Regione Lazio con il numero BO4243 – Il Presidente onorario  è stato Sergio Zavoli – Soci Onorari: don Luigi Ciotti, Claudio Fava e Pietro Grasso. I soci operano per l’Associazione a titolo gratuito.
Segretario generale: Giuseppe Federico Mennella, giornalista e docente di deontologia del giornalismo all’Università Roma Tor Vergata

Il finanziamento – Ossigeno vive delle quote sociali e delle donazioni dei sostenitori. I principali donatori sono l’Ordine nazionale dei Giornalisti, l’Ordine dei Giornalisti del Lazio, della Sicilia, dell’Abruzzo e della Toscana. Da 2015 al 2018 anche la FNSI ha fatto donazioni.
La sede – Dal 2012 l’Associazione Stampa Romana ospita la sede dell’Osservatorio. Dal 2015 un’altra sede operativa è stata aperta presso la Casa del Jazz di Roma. La sede legale è presso il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti.

Progetti internazionali – Dal 2014 al 2018 la Commissione Europea ha finanziato le attività internazionali previste per la partecipazione al Progetto ECPMF (Centro per la Libertà di Stampa e dei Media con sede a Lipsia). Nel 2020, 2021 e 2022, Ossigeno per l’Informazione ha fornito alla Commissione Europea dossier analitici sulle lacune con le quali sono osservati dall’Italia gli obblighi derivanti dalle norme sullo stato di diritto.
Nel 2022, Ossigeno per l’Informazione è impegnato a realizzare il progetto di monitoraggio e assistenza ai giornalisti minacciati in Italia denominato “MAP – Monitor, Assist and Protect” co-finanziato dal GMDF (Global Media Defence Fund) il Fondo multi-partner dell’UNESCO creato nel quadro della Campagna Globale  per la libertà di stampa sotto l’ombrello dell’  UN Plan of Action on the Safety of Journalists and the Issue of Impunity  delle Nazioni Unite.
Il monitoraggio – Nel 2008 (con uno sguardo retrospettivo al biennio 2006-2007) Ossigeno ha iniziato a raccogliere attivamente informazioni sulle intimidazioni e le minacce rivolte in Italia a giornalisti, blogger, fotografi, video maker, difensori dei diritti umani e altri operatori dell’informazione. Il monitoraggio comprende l’assistenza alle vittime di questi atti ingiustificabili. Da allora fa un monitoraggio attivo e continuativo delle violazioni della libertà di stampa che si manifestano in Italia. L’Osservatorio verifica la fondatezza di ciascuna intimidazioni, classifica gli episodi in base al tipo di minaccia e alla categoria dell’aggressore e pubblica i risultati di ciascun caso ritenuto credibile su questo sito web, con articoli giornalistici e schede nominative (vedi la sezione VITTIME). Per anni il CONTATORE delle minacce pubblicato in home page ha rappresentato visivamente la progressione numerica delle minacce e la loro diffusione territoriale. Il 1 gennaio 2006, il Contatore segnava zero. A gennaio 2016 ha superato quota 2700. A dicembre 2019 ha superato quota 4000.

Notizie – Ossigeno diffonde sintesi periodiche dei suoi dati e pubblica notizie sulle intimidazioni più significative con articoli e NEWSLETTER settimanali in italiano, inglese e francese. Gli articoli di Ossigeno sono riproducibili citando esplicitamente la fonte.

Dossier – I problemi dei giornalisti che subiscono minacce e l’oscuramento delle informazioni di pubblico interesse attuato con la violenza e con gli abusi sono analizzati nei RAPPORTI ANNUALI, nei DOSSIER speciali, negli EBOOK pubblicati in collaborazione con l’Editore Melampo e nel corso di convegni e iniziative pubbliche.

Assistenza Legale Gratuita – Ossigeno assiste i giornalisti e i blogger in difficoltà con pareri e assistenza legale fornita gratuitamente agli assistiti. I legali incaricati sono pagati dall’Associazione. Questo servizio è finanziato dell’associazione Media Defence MD di Londra. Allo scopo di documentare l’abuso a scopo intimidatorio delle querele e delle cause per diffamazione e la quasi assoluta impunità degli autori delle violenze contro i giornalisti, Ossigeno pubblica notizie sui processi a carico di giornalisti e non-giornalisti accusati di diffamazione a mezzo stampa o di persone accusate di reati contro giornalisti e autori di pubblicazioni. Questo notiziario presta particolare attenzione ai procedimenti per lite temeraria e calunnia e ai processi per diffamazione a mezzo stampa che si concludono con l’archiviazione.

In memoria dei giornalisti uccisi – Per coltivare il ricordo di 30 giornalisti italiani uccisi a causa del loro lavoro, Ossigeno per l’Informazione ha creato il centro di documentazione online “Cercavano la verità” www.giornalistiuccisi.it che raccoglie e mette a disposizione gratuitamente documenti e testimonianze su ognuno di loro insieme alle ricostruzioni dell’iter giudiziario seguito per accertare le responsabilità per la loro morte. Inoltre Ossigeno, in collaborazione con i loro familiari, ricorda ognuno di questi giornalisti uccisi con degli articoli pubblicati e diffusi ogni anno attraverso comunicati stampa in occasione dell’anniversario della loro tragica scomparsa. Per promuovere il ricordo di queste drammatiche vicende e invitare a riflettere sugli estremi a cui è arrivata in Italia la violenza contro i cronisti che pubblicavano notizie sgradite al potere e ai criminali, l’Associazione ha prodotto e distribuito a scuole, università, rappresentati delle istituzioni pubbliche e di associazioni il Pannello della Memoria dei giornalisti uccisi in Italia, che raffigura i loro volti ed elenca i loro nomi seguiti dallle date di nascita e di morte. Il Pannello è esposto in molti luoghi pubblici ed è affisso alla Casa del Jazz di Roma accanto alla grande lapide che elenca i nomi di 900 vittime innocenti uccise dalla mafia.

Formazione – Dal 2014 Ossigeno svolge in tutte le regioni italiane corsi di aggiornamento professionale per giornalisti. Nel primo triennio 2014-2016, ai seminari hanno partecipato cinquemila iscritti all’Ordine. I seminari hanno a quali hanno partecipato quattromila giornalisti. I corsi, a frequenza gratuita, organizzati in collaborazione con gli Ordini regionali dei giornalisti e accreditati dall’OdG nazionale, trattano in particolare il tema dell’uso intimidatorio delle accuse di diffamazione a mezzo stampa e illustrano le misure precauzionali e difensive da adottare per difendersi da querele pretestuose, citazioni per danni strumentali, pressioni intimidatorie. Inoltre spiegano che in Italia la legislazione in materia di informazione è punitiva nei confronti di chi raccoglie e diffonde informazioni di pubblico interesse, e ciò è certificato da tutti i forum europei e internazionali. Un corso spiega cos’è la “censura nascosta” che si manifesta nei paesi occidentali liberi e insegna a riconoscerla. L’Osservatorio ha firmato convenzioni con l’Università di Bologna e con il Dipartimento di Studi Umanistici e il Corso di Laurea Magistrale in “Scienze dell’Informazione, della Comunicazione e dell’Editoria” dell’Università di Roma Tor Vergata.
In questo quadro Ossigeno organizza corsi per studenti e giornalisti per conseguire l’attestato di “osservatore delle violazioni della libertà di informazione”.

Rapporti internazionali – Ossigeno collabora con una rete internazionale di organizzazioni non governative e con il Rappresentante per la Libertà dei Media dell’Osce, il Commissario per i Diritti Umani, il Consiglio d’Europa, l’Associazione Europea dei Giornalisti (AEJ), il Comitato per la Protezione dei Giornalisti di New York, l’International Press Institut di Vienna.

Progetti europei – Nel 2014, in partnership con l’Osservatorio Balcani Caucaso di Rovereto e con la South East Europe Media Organisation (SEEMO) ha partecipato al progetto “Safety Net for European Journalists. A Transnational Support Network for Media Freedom in Italy and Southeast Europe” finanziato dalla Commissione Europea. Dal 2015 Ossigeno partecipa al progetto europeo denominato European Centre for Press Media Freedom (ECPMF) ed è fra i fondatori del Centro Internazionale per la libertà di Stampa, istituito a Lipsia (Germania) a giugno del 2015. Insieme ai suoi partner, Ossigeno è impegnato a fare conoscere a livello internazionale il paradosso italiano di un paese libero e democratico in cui si verificano migliaia di minacce e intimidazioni senza che le autorità intervengano per impedirle e senza che i giornali ne parlino. Fra l’altro Ossigeno propone di applicare in altri paesi  il suo metodo di monitoraggio attivo (Ossigeno Censorship Detector) che è stato codificato e sperimentato con efficacia in Italia, dove ha rivelato l’esistenza e la consistenza di una moderna forma forma di censura che probabilmente affligge anche altri paesi liberi.

TELEFONO
067000705 – 0668402705

593  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / Ok siamo stati curiosi. - Ma tu l'hai capito questo Post di Alessandro P.? inserito:: Gennaio 25, 2023, 06:13:15 pm
Alessandro G.
esordtnpSofhcfgth3hic2t77c571hul3f45c01h3i0af9430mtgmlc 638l  ·

Organi da Bar. Dall’augurarsi i morti per il caldo sofferto a quelli per la grandine subita (ma ci si fa bastare qualsiasi medietà nuvolosa) il passo è troppo breve per essere creduto.
Eppure, trattasi di sport sociale diffuso, sono in molti quelli che si avventurano in cordata su per il sentiero stretto, in cerca di un colpevole delle proprie lagnanze globali che li esorcizzi dal vuoto incombente. Attraversare a passo di slalom i tavolini del bar della Primavera seminati a caso sul largo marciapiede equivale a visitare il museo dinamico della rampogna da asporto, a condividere una di quelle installazioni sociali di fuga da fermo che tengono compatte le inculture di quartiere.

Se stai seduto qui a ogni ora del giorno vuol dire che hai da rimestare nel torbido indistinto, in quel pastone malmostoso che ognuno porta con sé da casa e spalma sulle poche fette di reale che si concede a nutrimento, ovvero: il cazzo del tempo che fa, i cazzi di tempi che fanno, i cazzi costosi dei calciatori, i cazzi maligni degli amici intimi, i cazzi di oh quant’era fico qualcosa che tanto nessuno se ne frega una beata mazza e poi i cazzi in culo del governo su cui terminano sempre, regolate dall’unanimità, le riunioni dello Spritz al Primavera.

Intorno alla sarabanda del ciufolo stanno appostate come faine le tre slave che sovrintendono il locale, più simili a padrone Bdsm che ordinano pose che non a servizievoli professioniste del bancone, tre ragazze gelide, bionde e fighe cui basta togliere una Elle a “Bello” per apparire un po’ così, sulla via del marciapiede acqua e sapone. Si direbbero badanti di una bolla seduttiva ambigua e autoreferente in cui finiscono per boccheggiare tutti, mentre versano una quota parte di preziose risorse in sigarette e terni secchi, commentini, sospirucci, shottini e Apericene, e a seguire litri di colazioni, grappini, birre e pensierini coi fiocchetti per Svetlana, che parrebbe a occhio la meno votata all’assassinio rituale delle tre.

E comunque è difficile allontanarsi dal “cazzo” take-away, qui, per figurarsi una qualche materia scura che tenga in moto costante questo mondo periferico orbitale. Le squadre del cuore lottano alla morte sul campo per imporsi all’attenzione dei forzati del Primavera: lo Stadio Olimpico contro il culo da paura di Svetlana, il complottismo indistinto del mondo infame contro la potenza delle mafie in cui ognuno si identifica, grazie anche alla presenza saltuaria di questi due personaggi qui, due molossi che davvero tengono ‘e ppalle.

Quando arrivano i padroni veri del bar della Primavera lo vedi subito da come muovono lo spazio intorno a sé, da come occupano la simpatia generale senza dire nemmeno un verbo. Si tratta di evidenti camorristi super-tatuati che stazzano oltre il quintale l’uno, sanno come si spupazza una slava per farne uscire il meglio, costoro, potresti dire altrettanto tu, sudicio portantino della clinica Guarnieri in pausa caffè?
Così finisce che si piazzano alla cassa e ricevono gli omaggi circonvoluti di tutti, è gente che si è fatta da sé e conta per forza, per diritto animale, come il martello di un’incudine culturale vicaria e laida che, nel tramonto di qualsiasi idea di governo delle cose, sta deviando per le mone tutto il cazzo di mondo esteso.

da FB del 21 gennaio 2023
594  Forum Pubblico / Il MONITORE. ORSI, LUPI E TUTTA LA NATURA CI RIVOGLIONO ESSERI UMANI. / IPOCRISIA E FALSITA' -- Prepotenze e censure imposte da Facebook. inserito:: Gennaio 25, 2023, 05:44:34 pm

"Si è verificato un errore. Potrebbe essere dovuto a un problema tecnico che stiamo cercando di risolvere".

Con questa vergognosa falsità, decine di miei Post "impegnati", contro la Destra vengono cancellati da Facebook!

ggiannig
ciaooo

25 gennaio 2023 -
Da un paio di mesi accade molto meno, le stranezze invece continuano, ma io frequento molto meno di prima.
Mi sta dedicando a LAUDELLULIVO.org e al mio primo libro.
595  Forum Pubblico / L'ITALIA NON FATELA RIDURRE ad ARCIPELAGO di ISOLE REGIONALI E FEUDALI. / Cerasa: "Certi discorsi della Lega sull'Ucraina sembrano scritti da Lavrov" inserito:: Gennaio 25, 2023, 03:58:13 pm
BABELE - (o Babilonia; babilonese Bāb-ilu o Bāb-ilāni)

Città antica, la più importante dell’Asia Anteriore.
Era situata sul canale Arakhtu dell’Eufrate, nella parte settentrionale della Babilonia. Se ne attribuisce la fondazione a Sargon di Akkad (2350-2294 a.C.), che forse ampliò un villaggio preesistente e vi eresse un palazzo reale.
Fu ingrandita anche da Hammurabi (1728-1686 a.C.), che fondò pure la città gemella di Borsippa, e da Samsuiluna (1685-1649 a.C.); dopo un periodo di decadenza, sotto le dominazioni ittita e cassita, divenne di nuovo capitale di Nabucodonosor I (1137), ma sofferse durante le contese tra Babilonesi e Assiri, che la presero più volte.

Sennacherib la distrusse nel 690; cacciata la tribù caldea insediatasi tra le rovine, Assarhaddon (681-69) e Assurbanipal (668-26) la riedificarono e abbellirono.
Subì gravi danni quando quest’ultimo, lottando contro il re locale Shamashshumukīn, la prese, dopo un assedio di 2 anni (648).
Rifiorì sotto la dinastia caldea: Nabopolassar (625-605) e Nabucodonosor II (604-562) intrapresero grandi lavori, specie il secondo, che la fortificò.

Ciro, che la prese nel 538, vi risiedette per qualche tempo, e così Cambise: è questa la città descritta con ammirazione dagli scrittori classici, abitata da genti di nazioni e lingue diverse.
Anche sotto i Persiani rimase città fiorente, capitale della più importante satrapia dell’impero, sebbene in lenta decadenza.
Nel 331 a.C. fu conquistata da Alessandro Magno, che iniziò a ricostruirla, ma perse quasi tutta la sua importanza sotto i Seleucidi, benché Antioco IV la fondasse di nuovo, probabilmente col nome di Antiochia; la rovina fu completa dopo che fu presa e arsa dal satrapo parto Evemero (126-125 a.C.).

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Fu scavata con regolarità a partire dal 1811.
Le fasi di frequentazione più documentate risalgono al 7°-6° sec. a.C. quando la città raggiunse l’estensione di 950 ha circa. Attraversata dall’Eufrate, era divisa in un settore est, con i centri politico-amministrativi, il palazzo reale e gli edifici templari, e in uno ovest, di più recente formazione. Il polo orientale era dotato di una doppia cinta muraria in mattoni crudi, con fossato esterno difeso da una muraglia in mattoni cotti. Il centro della vita religiosa era il santuario del dio poliade Marduk, costituito da un tempio, caratteristica costruzione babilonese quadrata in mattoni crudi, e dalla colossale ziqqurat Etemenanki, di cui si conserva solo la parte inferiore. Sotto i Seleucidi e gli Achemenidi la città si arricchì di edifici tipicamente greci (teatro, agorà). L’attuale sito archeologico, presso Hilla, ha subito notevoli danni a seguito della guerra del 2003.

Torre di B. Il libro della Genesi racconta (connettendo erroneamente il nome della città con l’ebraico bālal «confondere») che gli abitanti di Sennaar decisero di costruire una città e una torre «la cui cima raggiungesse il cielo» (cioè «altissima»); ma Dio, volendo punire il loro orgoglio, confuse le lingue, cioè le idee e i propositi di costoro che, interrotta la costruzione della città, si dispersero per il mondo.

da -
https://www.treccani.it/enciclopedia/babele
596  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Conversazione su Babylon. - La domanda da farsi: "é tutto finito per chi??" inserito:: Gennaio 25, 2023, 03:16:37 pm
Conversazione su Babylon

Una mia amica mi ha detto
Non vi parlerò di Babylon, il film di Damien Chazelle che ha trasformato i critici cinematografici nelle curve del derby Roma-Lazio (mi scuso per l’esempio romanocentrico: è per capirci). Vorrei invece dirvi di una carissima amica che, uscita dall’esperienza estrema delle oltre tre ore di visione, ha commentato: è tutto finito, il nostro mondo è finito. Babylon racconta il passaggio dal muto al sonoro, come forse saprete. Uno di quei momenti che lì per lì magari non capisci bene cosa stia accadendo, ci sei dentro, pensi boh magari non funzionerà, sei affezionato a come si faceva prima, a come sai fare tu e ti dici, appunto: auguri, neofiti.
Poi quelli girano la pagina della storia. La mia amica ha fatto tutta la vita la giornalista ed è stata secondo me la più brava di tutti. E’ sempre stata la prima a capire cosa stesse accadendo. Spesso mortificata, per questo, perché dire le cose con anticipo è come dirle in ritardo: sei fuori sincrono. Quindi, quando ha detto tristemente “è tutto finito”, le ho chiesto spiegati meglio: è solo un film sulla storia del cinema. Sconsolata ha detto no: è un film su quello che viene dopo che cancella quello che c’era prima.
Non lo incorpora, lo cancella. Ha fatto un breve elenco: è finito il giornalismo come lo abbiamo imparato da ragazze, quello che non dipendeva dagli uffici stampa, che non concordava le domande con gli agenti e i portavoce. Quello, ti ricordi? E’ finita la politica, ma questo non te lo devo spiegare. E’ finito il tempo delle gerarchie fondate sulla conoscenza, il potere del sapere. Poi non ha detto più niente, come di solito fa. Le ho sempre creduto, ha sempre avuto ragione. Sono andata a dormire piena di pensieri.

da – https://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2023/01/25/una-mia-amica-mi-ha-detto/?__vfz=medium%3Dcomment_share_email%7Csharer_uuid%3D00000000-0000-4000-8000-0693874e61cc#vf-422d27fd-621c-4744-a907-f0511cb6f505

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Risponde su Repubblica
Arlecchino Euristico

A mio avviso questa la domanda da farsi: "é tutto finito per chi??" Per la Massa dei Diversi o per i morti sociali, che le trasformazioni le subiscono passivamente.

Una società democratica (nei Diversi modi d'esserlo) é caratterizzata da segmenti di cittadini, tutti Diversi tra loro, non uniformi, tra questi anche le Persone Differenti che, essendo impegnati nella società, ne vedono prima e meglio le future trasformazioni. Sia in negativo, sia in positivo.

Quindi sono consapevoli che "nulla finisce ma molto si trasforma".

ggiannig --  ggianni41@gmail.com




597  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Sociologo Manneheim ha maggiormente approfondito la tematica delle Generazioni inserito:: Gennaio 23, 2023, 05:03:07 pm
Francy Bonelli
  ·
Il sociologo Manneheim ha maggiormente approfondito la tematica delle Generazioni. Non si valuta più una generazione con la misura del tempo, ma delle esperienze vissute, un'unità temporale storicamente costruita, in cui si condividono le stesse esperienze significative. Ed ecco qua le Generazioni. A quale generazione appartieni?

Generazioni culturali
Le etichette usate in sociologia per indicare le diverse generazioni (in inglese)

A partire dalla fine del XIX secolo, alle generazioni è stato attribuito un nome, sulla base delle comuni esperienze culturali:
Generazione perduta (1883-1900)
Greatest Generation (1901-1927)
Generazione silenziosa (1928-1945)
Baby boomers o "Boomers" (1946-1964)
Generazione X (1965-1980)
Generazione Y o "Millennials" (1981-1996)
Generazione Z o "Centennials" (1997-2012)
Generazione Alpha o "Screenagers" (2013-oggi)

da FB
598  Forum Pubblico / LA MIA "ISOLA DI ARLECCHINO EURISTICO". TROVARSI SENZA ESSERSI CERCATI. / Ambrosini:” Su editoria scolastica e universitaria è urgente un intervento ... inserito:: Gennaio 23, 2023, 04:51:41 pm
Ambrosini:” Su editoria scolastica e universitaria è urgente un intervento delle istituzioni”.
29 novembre 2022

Dalla consueta "fotografia" semestrale (Osservatorio sulle librerie in Italia 2022) sul mondo dell'editoria e delle librerie indipendenti “Nuove chiavi di lettura sul mondo delle librerie: numeri, prospettive e tendenze”, scattata dall'Associazione Librai italiani, in collaborazione con Format Research,  si vede che nel 2022 tiene la fiducia delle librerie indipendenti ed è in miglioramento in vista delle festività natalizie; stabili i ricavi e l’occupazione.

Tuttavia l’aumento dei costi, l’impatto dell’inflazione e lo scenario economico incerto, si riflettono sulla carenza di liquidità (in calo l’indicatore che si assesta a 38 punti contro i 43 di dicembre 2021) e sulla necessità di far fronte al fabbisogno finanziario (per il 77% delle librerie che accedono al credito); quasi otto librerie su dieci lamentano un aumento "abnorme" dei prezzi praticati dai propri fornitori e, di queste, circa la metà registra un aumento dei prezzi superiore al 20%; il 54% delle librerie segnala una crescita di clienti e il 55% un aumento dei libri venduti, anche in valore, rispetto al 2021.

Si confermano le difficoltà sul fronte della scolastica: nove librerie indipendenti su dieci che distribuiscono testi scolastici hanno avuto difficoltà nell’approvvigionamento e ritengono inadeguato il margine riconosciuto dagli editori sia per i libri scolastici sulle nuove edizioni che sui titoli a catalogo, mentre oltre l’80% è insoddisfatto delle case editrici.

La distribuzione di libri scolastici e universitari costa molto alle librerie anche per importanti investimenti aggiuntivi e dà margini esigui o addirittura inesistenti: concorrenza dei megastore online (per l’81,4%) e bassi margini di guadagno riconosciuti dagli editori (per l’80%) sono i principali ostacoli allo sviluppo delle librerie che trattano testi universitari. In particolare, per la concorrenza dei megastore online, oltre il 60% di queste librerie ha perso negli ultimi due anni una quota di fatturato compresa tra il 20% e il 50%, mentre una su dieci ha perso addirittura più del 50% del fatturato.

Da sinistra: il Vice Presidente Vicario di Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, il Presidente di Ali Confcommercio, Paolo Ambrosini e il Presidente di Impresa Cultura Italia-Confcommercio, Carlo Fontana.
Paolo Ambrosini (Presidente Ali Confcommercio): "Le librerie hanno tenuto nella tempesta"

Commentando i dati dell'Osservatorio sulle librerie, il presidente di Ali, Paolo Ambrosini, ha sottolineato che “le nostre imprese stanno attraversando una tempesta senza eguali prima per via del Covid e ora per l’aumento delle materie prime, la guerra e l’inflazione. Ciò nonostante nel complesso le librerie reggono salvo alcuni comparti specifici, come scolastica e universitaria, per i quali è urgente un intervento delle istituzioni che risolva i forti squilibri che sono presenti nell'editoria scolastica e il vantaggio competitivo che, anche a causa di un sistema distributivo ancora inadeguato, consente agli operatori online, e tra questi al principale operatore mondiale, di schiacciare le librerie universitarie che garantiscono professionalità, contribuiscono al presidio socio-economico delle nostre città e favoriscono la diffusione dei saperi fondamentali per lo sviluppo e il benessere del Paese”.
Stoppani: "I librai sono i terminali commerciali della cultura del Paese"

Il vicepresidente vicario di Confcommercio, Lino Stoppani, è intervenuto alla presentazione dell'osservatorio semestrale di Ali. "Intervengo con piacere a questo evento e vi porto il saluto del presidente Sangalli. Ali è sempre stata di grande stimolo per le iniziative di Confcommercio". "I librai - ha detto Stoppani - sono i terminali commerciali e culturali del nostro Paese. E lo fanno tra grandi difficoltà svolgendo un'attività imprenditoriale con prezzi imposti da altri". Stoppani ha poi ribadito l'impegno della confederazione sui grandi temi del fisco, del lavoro e del credito. "Abbiamo la responsabilità - ha concluso Stoppani - di dare speranza agli imprenditori in questa difficilissima congiuntura economica. Dobbiamo sfruttare la grande opportunità del Pnrr anche se alla cultura e al turismo sono state assegnate risorse inadeguate".     
Fontana: "Le librerie sono luoghi della socialità"

Il presidente di Impresa Cultura Italia-Confcommercio, Carlo Fontana, ha rivolto il suo saluto durante la presentazione dell'osservatorio sulle librerie. "All'interno di Impresa Cultura Italia, Ali è certamente una della realtà più interessanti e vivaci. E' molto importante reagire ad una situazione che ha visto il mondo della cultura e dello spettacolo attraversare il deserto della pandemia e successivamente affrontare la crisi energetica e quella economica". "In questo contesto - ha osservato Fontana - nel quale le famiglie riducono le spese per i consumi culturali serve un supporto dello Stato che rafforzi la nostra identità d'impresa". "La nostra prima battaglia dovrebbe essere quella di ottenere la defiscalizzazione delle spese culturali. Un sostegno indiretto che stimoli gli imprenditori nelle loro attività". Un altro tema toccato da Fontana è stato quello del digitale. "Il digitale non deve essere vissuta come una cosa negativa ma deve essere considerato uno strumento promozionale rispetto al consumo culturale".     
Osservatorio sulle librerie 2022

scaffale libro
I numeri e la mappa del settore

Sono 3.640 le librerie in Italia, di cui 2.405 indipendenti, e occupano oltre diecimila e 700 addetti. In otto anni (2012-2020) si sono ridotte di 261 unità. Il 59% sono ditte individuali, il 24% sono società di persone, il 15% sono società di capitali, solo il 2% sono cooperative.

Al Sud le librerie rappresentano il 33,3% dell’intero comparto, mentre il Nord Est ha la quota più bassa (17,3%). Lombardia, Lazio e Campania sono le prime tre regioni per numero di librerie, mentre oltre 3 addetti su 5 operano nelle librerie del Nord Ovest (39,6%) e del Centro (23,7%).

Clima di fiducia e andamento economico

Tiene la fiducia delle librerie indipendenti nel 2022 ed è destinata a migliorare in vista delle festività natalizie. Stabili i ricavi e la situazione occupazionale con l’indicatore pari a 50 a fine 2022.

In calo l’indicatore relativo alla liquidità che si assesta a 38 punti contro i 43 di dicembre 2021.  Di fatto anche le librerie stanno soffrendo l’impatto dell’aumento dei costi e lo scenario economico incerto. Una libreria indipendente su quattro ha chiesto un fido o un finanziamento nel corso degli ultimi mesi. Il 70% di queste ha visto interamente accolta la domanda di credito. La richiesta di credito è motivata soprattutto da esigenze di liquidità e di cassa (per il 77%).

Quasi otto librerie su dieci lamentano un aumento dei prezzi praticati dai propri fornitori. Di queste, il 48% registra un aumento dei prezzi superiore al 20%. Il 54% delle librerie segnala un aumento dei clienti entrati in libreria e il 55% un aumento dei libri acquistati dai clienti, anche in valore, rispetto al 2021. Sul totale dei clienti che hanno acquistato almeno un articolo in libreria, il 70% appartiene alla clientela storica del negozio.
Il fabbisogno finanziario

Fonte: Osservatorio sulle librerie 2022 Ali-Confcommercio e Format Research

 
Il mercato dell'editoria scolastica

Poco meno della metà delle librerie indipendenti (47,9%) distribuisce testi scolastici e, di queste, nove su dieci hanno avuto difficoltà nell’approvvigionamento dei testi.

Gran parte delle librerie che effettuano distribuzione scolastica sono insoddisfatte del servizio offerto loro dalle case editrici (81,6%) e la stragrande maggioranza non ritiene adeguato il margine riconosciuto dagli editori sia per i libri scolastici sulle nuove edizioni (95%) che sui titoli a catalogo (92,3%).
Per saperne di più leggi anche la news: "Editoria scolastica, le proposte dell'Associazione librai"

Oltre il 70% delle librerie che trattano testi scolastici per le scuole primarie, dal momento dell’acquisto dei libri, al momento del saldo della fattura, restano esposte finanziariamente tra i 30 e i 60 giorni (media: 57 giorni). L’insoddisfazione riguarda anche i tempi di evasione degli ordini dei libri scolastici, ritenuti "più lenti" rispetto al mercato dell’editoria di varia (libri di narrativa, saggistica, per bambini…) dall’88,3% delle librerie. Le librerie dichiarano di aver riscontrato difficoltà nell’approvvigionamento delle nuove edizioni (55,6%) e dei titoli di catalogo (59,9%).

Nel 65% dei casi, la chiusura estiva dei distributori /editori di scolastica ha penalizzato il lavoro di distribuzione dei testi scolastici da parte delle librerie. Per gestire la scolastica, una libreria su quattro (il 24,9%) si è dotata di personale aggiuntivo. Distribuire libri scolastici, dunque, costa molto alle librerie anche alla luce di importanti investimenti aggiuntivi a fronte di margini esigui quando non inesistenti.

Per una libreria su due (49,2%) la scolastica incide fino al 20% dei ricavi totali e nel 12,7% dei casi incide per oltre il 50%. L’impatto medio sui ricavi della scolastica sulle librerie che trattano i libri scolastici è pari al 28%. Ipotizzando di dover abbandonare la scolastica, un quarto delle librerie (il 25,4%) cesserebbe l’attività, mentre il 22,3% rimarrebbe aperta ma cambiando organizzazione (rinnovo del personale, cambiamento dell’offerta, trasferimento della sede della libreria).
 

Fonte: Osservatorio sulle librerie 2022 Ali-Confcommercio e Format Research
 
Il mercato dell'editoria universitaria

Il 17% delle librerie indipendenti è specializzata anche nella vendita di libri universitari. Concorrenza dei megastore online (per l’81,4%) e bassi margini di guadagno riconosciuti dagli editori (per il 70%) sono i principali ostacoli allo sviluppo delle librerie che trattano testi universitari.

Il 41,4% dei librai ritiene che la concorrenza delle copisterie sia aumentata negli ultimi due anni; oltre sette librai su dieci ritengono aumentata la concorrenza dei megastore online.

Il 62% delle librerie ha perso negli ultimi due anni una quota di fatturato compresa tra il 20% e il 50% a causa della concorrenza dei megastore online. Il 10% ha perso oltre il 50% del fatturato. Si tratta di perdite elevatissime.

Quasi la metà delle librerie (il 45,7%) ritiene che la relazione con le case editrici della distribuzione universitaria sia «da migliorare» e oltre l’11% la reputa pessima. I principali motivi di insoddisfazione verso le case editrici sono i lunghi tempi di evasione (per il 55%) e gli alti costi del servizio (42,5%).

A giudizio dei librai il principale vantaggio dell’acquisto dei testi universitari online da parte degli studenti ha a che fare con i tempi ridotti di evasione e consegna degli ordini, mentre la convenienza dell’acquisto nelle librerie riguarda la possibilità di ricevere assistenza da parte del personale e l’assenza dei costi di spedizione.
 

Fonte: Osservatorio sulle librerie 2022 Ali-Confcommercio e Format Research
Osservatorio 2021: migliora il clima di fiducia ma crescono le spese

Dopo un 2021 record, l'editoria segna una battuta d'arresto nei primi sei mesi del 2022, con il 3,6% di copie vendute in meno e il 4,2% in meno del valore del venduto (il prezzo di copertina) rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. A confronto invece con i periodi pre-pandemia, i dati sono positivi, con un aumento del 14,5% a copia e più del 14,7% a valore. Queste le stime di Aie, l'Associazione italiana editori su rilevazioni Nielsen BookScan.

Crescono però le librerie indipendenti, in netto miglioramento rispetto ai livelli pre-Covid, passando dai 38 punti del 2019 ai 50 di fine 2021, con una vendita di libri per l'anno in corso di 353,8 milioni, ben 21 milioni in più rispetto all'anno precedente. Perdono quota invece quelle online (circa 43 milioni di euro in meno rispetto al 2021). Le librerie fisiche in qualche caso hanno anche aumentato i propri organici e migliorato la capacità di far fronte al fabbisogno finanziario. “I dati del primo semestre - ha commentato il presidente di Ali – Associazione Librai Italiani, Paolo Ambrosini - risentono del difficile contesto internazionale ma confermano la forza del canale libreria, l'unico oggi in grado di offrire quell'esperienza d'acquisto da sempre ricercata dal lettore”. Senza le librerie non sarebbero possibili gli incontri con autori, gruppi di lettura, festival.

Secondo l'”Osservatorio sulle librerie in Italia 2021”, realizzata da Ali, in collaborazione con Format Research sono in miglioramento anche i ricavi delle librerie indipendenti, seppure con una dinamica espansiva leggermente inferiore rispetto all’andamento economico dell’impresa. Per questo è più che mai indispensabile che il governo e il Parlamento "diano priorità al sostegno delle librerie che ci consentono di vivere il libro come relazione e non come semplice consumo", ha aggiunto il presidente Ambrosini.

Nel corso del 2021 oltre il 50% delle librerie ha segnalato un aumento dei clienti entrati nei negozi e un aumento dei libri (anche in valore) acquistati, rispetto all’anno della pandemia. Tra tante note positive c'è purtroppo un dato che pesa in senso negativo, quello relativo al settore della scolastica. Il 52,2% delle librerie indipendenti distribuisce testi scolastici, di queste, quasi 9 su 10 si dicono insoddisfatte delle case editrici, il 65,9 riscontra molte difficoltà nell’approvvigionamento delle nuove edizioni e il 61,9% anche nell’approvvigionamento dei titoli di catalogo. Alle librerie indipendenti distribuire libri scolastici costa molto e comporta importanti investimenti aggiuntivi a fronte di margini esigui, quando non inesistenti.

Il clima di fiducia migliora a fine 2021, grazie anche all'aumento dei ricavi prodotti. Oltre il 55% delle librerie ha segnalato una crescita dei clienti nella seconda parte dell'anno, il 58,6% un aumento dei libri acquistati. Insieme al miglioramento dei "conti" sul fronte della domanda, abbiamo un netto peggioramento per le spese di gestione delle librerie. Secondo i dati dell'Osservatorio, ad oggi "fare libreria" costa molto di più rispetto agli anni passati e la situazione è destinata a peggiorare nel 2022.

Le librerie indipendenti investono su stesse. Negli ultimi due anni, infatti, il 39% ha attuato degli investimenti e il 30,8% ha in programma di effettuarne in futuro, puntando soprattutto sul digital marketing, nei social media e in nuovi impianti per i locali della libreria. Sette librerie su dieci, infine, ritengono che le misure adottate dal governo per la filiera editoriale siano state adeguate. Grazie ad esempio all'App18, il 73% delle librerie hanno aumentato i propri ricavi, mentre il 76,9% grazie alla Carta docente.

 
Ambrosini: "Introdurre un aggio fisso minimo garantito per le librerie"

Il presidente di Ali Confcommercio, Paolo Ambrosini, commenta cosìi dati dell'Osservatorio: “Nel 2021 sono emersi i limiti organizzativi dell’editoria scolastica che hanno portato problemi e ulteriori difficoltà di gestione. Occorre, come più volte richiesto, introdurre un aggio fisso minimo garantito per le librerie, a tutela del lavoro svolto. È intollerabile quanto in questi giorni sta facendo l’editore Raffaello con un taglio del margine riconosciuto alle librerie del 2%. Tutto ciò mette a serio rischio la sopravvivenza del settore così come documentato dal nostro osservatorio. Siamo certi che il Ministro e il Parlamento interverranno a tutela delle famiglie e delle imprese a servizio degli studenti".

"La nostra associazione - ha concluso Ambrosini - rimane disponibile al dialogo perché solo attraverso il confronto e non con provvedimenti unilaterali si possono trovare misure in grado di tenere conto delle esigenze di tutta la filiera”.

Mappa del settore delle librerie

In Italia le imprese sono oltre 3,5 milioni, di cui quelle del commercio al dettaglio sono oltre 580mila; tra queste, 3.564 sono librerie. Le librerie al Sud Italia rappresentano il 31,2% dell’intero comparto. La presenza più bassa di librerie si registra al Nord Est, 17,6%. Lazio, Lombardia e Piemonte sono le prime tre regioni per numero di librerie in Italia. Considerando anche le unità locali, in Italia esistono circa 4.200 imprese del commercio al dettaglio di libri nuovi e di seconda mano. Nel 2012 esistevano 3.901 librerie. In sette anni (2012-2019) si è assistito ad una diminuzione delle librerie pari a -337 in termini di variazione assoluta. Le librerie in Italia occupano undicimila addetti. Il 39,3% degli addetti delle librerie operano presso le imprese del Nord Ovest, il 23,4% operano al Centro.

La Lombardia, la Toscana e il Lazio occupano quasi il 50% degli addetti totali che operano nelle librerie. Il Lazio, con il 12,6 delle librerie, dà lavoro all’8,8% degli addetti in Italia nel settore delle librerie. La Lombardia, con il 12% delle librerie, dà lavoro al 29,2% degli addetti delle librerie. Sul totale delle librerie in Italia, il 59% sono ditte individuali, il 24% sono società di persone, il 16% sono società di capitali, solo il 2% sono cooperative. Sulle oltre tremila librerie che insistono sul territorio nazionale, il 34,4% è stata costituita prima del 2000, il 18,1% di librerie è nata negli ultimi quattro anni.
Clima di fiducia

La fiducia delle librerie indipendenti alla fine del 2021 migliora sia rispetto ai primi mesi dell’anno, sia rispetto alla fine del 2020. Al miglioramento della fiducia delle librerie corrisponde un miglioramento dei ricavi prodotti.

Presso le librerie indipendenti migliora anche la situazione occupazionale l’indicatore a fine 2021 è pari a 51, rispetto alla fine del 2020, quando il livello dell’indicatore era pari a 45.

Le librerie indipendenti chiudono il 2021 con un indicatore relativo alla liquidità leggermente migliore rispetto al dato registrato alla fine del 2020. In miglioramento la situazione dei costi generali di gestione della libreria: il dato del 2021  è in ripresa rispetto a quello che era stato registrato alla fine del 2020 e si avvicina all’ultimo valore che era stato registrato prima della pandemia.
Andamento economico

Facendo un bilancio del 2021, oltre il 50% delle librerie segnala, rispetto al 2020, un aumento dei clienti entrati in libreria, lo affermano il 54,5% delle librerie, un aumento dei libri acquistati dai clienti -secondo il 52,3% del campione ed aumento del “valore” dei libri acquistati (50,8%). Sul totale dei clienti che nel corso dei primi mesi del 2021 hanno acquistato almeno un articolo in libreria, il 73% appartiene alla clientela storica del negozio.
Il mercato della scolastica

Poco più della metà delle librerie indipendenti (52,2%) distribuisce testi scolastici. Il 47,8% delle librerie indipendenti non distribuisce libri scolastici perché il settore è difficoltoso e impegnativo, e molte librerie hanno preferito specializzarsi in altre tipologie di libri. Per l’83,5% delle librerie che trattano libri scolastici, lo slittamento delle adozioni scolastiche da parte delle scuole ha penalizzato l’organizzazione del lavoro estivo nelle librerie.

I maggiori ritardi da parte dei gruppi editoriali nella distribuzione dei testi alle librerie sono stati riscontrati per Mondadori (nel 58,5% dei casi). Seguono Rizzoli, Giunti, La Scuola/Sei, La Spiga/Eli, con percentuali superiori al 40%.

Ad inizio anno scolastico per quali gruppi editoriali ha riscontrato maggiori ritardi nella distribuzione dei testi?

Fonte: Ali-Format Research

La quasi totalità delle librerie che trattano libri scolastici ha riscontrato alcune difficoltà al momento dell’approvvigionamento dei testi scolastici, specialmente con riferimento ai testi delle scuole superiori. Oltre l’80% delle librerie che trattano testi scolastici per le scuole primarie, dal momento dell’acquisto dei libri, al momento del saldo della fattura, restano esposte finanziariamente tra i 30 e i 60 giorni (media: 57 giorni). Le librerie che trattano testi scolastici hanno dichiarato di aver riscontrato difficoltà nell’approvvigionamento delle nuove edizioni (65,9% hanno avuto difficoltà) così come nell’approvvigionamento dei titoli di catalogo (a riferirlo sono il 61,9% delle librerie). La quasi totalità delle librerie che effettuano distribuzione scolastica sono insoddisfatte verso il servizio offerto loro dalle case editrici: gli insoddisfatti sono l’87,8%, i soddisfatti sono appena il 12,2%). Il 97,7% delle librerie indipendenti che trattano testi scolastici non ritengono adeguato il margine riconosciuto dagli editori per i libri scolastici sulle nuove edizioni, il 96,5% non ritengono adeguato il margine riconosciuto sui titoli a catalogo. L’insoddisfazione riguarda anche i tempi di evasione degli ordini dei libri scolastici, ritenuti «più lenti» rispetto al mercato dell’editoria di varia (libri di narrativa, saggistica, per bambini…) dall’89% delle librerie. Nel 73,5% dei casi, la chiusura estiva dei distributori /editori di scolastica ha penalizzato il lavoro di distribuzione dei testi scolastici da parte delle librerie. Per fare la scolastica, più di una libreria su quattro (il 27,1%) si è dotata di personale aggiuntivo. In sintesi distribuire libri scolastici costa molto alle librerie, comportando importanti investimenti aggiuntivi a fronte di margini esigui quando non inesistenti. Presso il 48,1% delle librerie la scolastica incide fino al 20% dei ricavi totali. Nel 17,4% dei casi incide per oltre il 50%.
Soddisfazione verso le case editrici

Fonte: Ali-Format research

L’impatto medio sui ricavi della scolastica sulle librerie che trattano i libri scolastici è pari al 30%. Ipotizzando di dover abbandonare la scolastica, il 28,8% delle librerie cesserebbe l’attività. Il 21,3% rimarrebbero aperte ma cambiando organizzazione (rinnovo del personale, cambiamento dell’offerta, trasferimento della sede della libreria). Presso il 50% circa delle librerie l’abbandono della scolastica non avrebbe effetti significativi sulla propria attività.
Incidenza della scolastica sui ricavi

Fonte: Ali-Format Research
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599  Forum Pubblico / LA MIA "ISOLA DI ARLECCHINO EURISTICO". TROVARSI SENZA ESSERSI CERCATI. / Onore ai martiri del libero pensiero, Giordano Bruno e Francisco Ferrer, ... inserito:: Gennaio 23, 2023, 04:45:24 pm
Libero pensatore
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Un libero pensatore è un individuo che rivendica la possibilità di esprimersi liberamente e di manifestare la propria opinione senza essere impedito o censurato da qualche autorità.
Onore ai martiri del libero pensiero, Giordano Bruno e Francisco Ferrer, cartolina illustrata ed. Giulio Tuzzi, Roma, 1912
 
Storia[modifica | modifica wikitesto]
La locuzione si afferma, storicamente, nel primo illuminismo, in particolare francese e inglese (Freethinkers), per identificare gli esponenti della cultura e della vita sociale che, aderendo al deismo o assumendo posizioni esplicitamente atee, si contrapponevano più o meno direttamente alle posizioni etiche e teologiche del clero cristiano, in particolare nei confronti del dogmatismo religioso.
Con definizione più dispregiativa, questa corrente culturale fu poi identificata col termine di libertinismo, che alla valorizzazione della libertà individuale collegava, in alcuni casi, una condotta morale scevra da pregiudizi e condizionamenti sociali.[senza fonte] Il termine passò quindi, per estensione, a identificare ogni persona che, dal punto di vista filosofico, politico, sociale e in ogni ambito della vita tiene una posizione personale, diversa e distaccata da ogni ideologia o stile di vita preconfezionato.[1]
L'istanza libertaria espressa dal libero pensatore induce costui, in molti a casi, a contraddire in modo critico e anticonformista le idee della maggioranza o più tradizionaliste.[senza fonte] Per questo, e per la difficoltà di inquadrare le loro idee all'interno degli schemi pre-costituiti, essi in genere sono stati spesso visti con sospetto, perseguitati o criticati, soprattutto dagli esponenti del pensiero accademico dominante o delle istituzioni religiose e politiche.
Nel corso della storia i contrasti che i liberi pensatori hanno avuto con le autorità religiose si sono conclusi nel peggiore dei modi, con atti di intolleranza a volte anche estremi.[senza fonte]
Nel XIX secolo William Kingdon Clifford descrisse molto bene il principio cardine di questa filosofia: "è sempre sbagliato per chiunque e ovunque credere in qualsiasi cosa avendo prove insufficienti". Errico Malatesta fu in Italia il massimo teorico del libero pensiero dopo Giordano Bruno.

Caratteristiche del pensiero[modifica | modifica wikitesto]
La viola, simbolo del libero pensiero
Il libero pensatore ritiene che gli individui non debbano accettare come vere delle idee proposte, in modo acritico, ma che debbano passare al vaglio critico della conoscenza e della ragione. Infatti, i liberi pensatori tendono a costituire le loro certezze e le loro idee sulla base dell'osservazione scientifica della realtà e sulla base di principi logici.
Il pensiero libero postula come condizioni fondamentali una prospettiva gnoseologica, interpretativa ed espressiva. Un libero pensatore ritiene, infatti, che la conoscenza non deve essere determinata dall'autorità, dalla tradizione o, in generale, da qualsiasi altra visione dogmatica, ma essere una libera ricerca e che la libertà di ricerca si coniuga con la libertà interpretativa rispetto a canoni precedentemente fissati. In questo modo essi sono indipendenti dalle eventuali logiche fallaci o errate proposte dall'autorità, dalla cultura popolare, dai pregiudizi, tradizioni, leggende metropolitane e, in generale, qualsiasi visione dogmatica della realtà. Applicata alla religione, la filosofia del libero pensatore porta a dubitare della possibilità di affermare con certezza l'esistenza di cause precise di fenomeni soprannaturali per carenza di prove necessarie e sufficienti. Poiché le credenze popolari sono molto spesso basate su dogmi, il libero pensatore è molto spesso in contrasto con la visione comune delle cose.

Note[modifica | modifica wikitesto]
1.   ^ D.Fusaro ed E. Polverelli, Il Libertinismo, su filosofico.net. URL consultato il 9 maggio 2016.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
•   Associazione nazionale del libero pensiero "Giordano Bruno"
•   Etica della libertà
•   Filosofia
•   Illuminismo
•   Individualismo
•   Laicismo
•   Libertà di pensiero
•   Libertinismo
•   Razionalismo critico
•   Scientismo
•   Secolarismo
•   Umanesimo secolare
•   Umanesimo
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
•     Wikisource contiene una pagina dedicata a libero pensatore
•     Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su libero pensatore
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
•   (EN) Libero pensatore, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. 
•   Libero Pensiero, su Periodico della Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno".
Controllo di autorità
VIAF (EN) 7147310067437851451 · Thesaurus BNCF 5263 · LCCN (EN) sh85051679 · GND (DE) 4155277-5 · J9U (EN, HE) 987007550760605171

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DA WIKYPEDIA
600  Forum Pubblico / SOCIALESIMO. STUDIO PREPARATORIO ALLA DEMOCRAZIA, OCCIDENTALE, EUROPEA e MEDITERRANEA. / Noel O'Sullivan - IL CONSERVATORISMO COME DIFESA DI UNA "POLITICA LIMITATA" inserito:: Gennaio 23, 2023, 04:40:47 pm
Conservatorismo
di Noel O'Sullivan - Enciclopedia delle scienze sociali (1992)

Conservatorismo
DEFINIZIONE DI CONSERVATORISMO: IL CONSERVATORISMO COME DIFESA DI UNA 'POLITICA LIMITATA'
Volendo dare una definizione di conservatorismo, possiamo attribuire a questo termine il significato di atteggiamento soggettivo di ostilità verso il cambiamento; si tratta allora di una tendenza che può essere riscontrata in ogni tempo e in ogni luogo. Ma se gli attribuiamo il senso di filosofia ben definita che si basa su un'esplicita teoria dell'uomo e della società, allora il conservatorismo è un fenomeno prettamente moderno. Poiché il nostro articolo verterà sul conservatorismo in questa sua seconda accezione, è importante individuare il momento preciso in cui si è manifestato. Esso è apparso negli anni immediatamente successivi al 1789, come critica del nuovo modo rivoluzionario di fare politica che era stato introdotto nel mondo occidentale dalla Rivoluzione francese. Il termine 'conservatore' è stato usato per la prima volta in questo senso moderno - come sinonimo, cioè, di opposizione al nuovo modo di fare politica - allorché Chateaubriand chiamò "Le Conservateur" il giornale da lui pubblicato per propagandare la causa della Restaurazione clericale e politica in Francia. Questo termine venne ben presto adottato da molti altri gruppi che si opponevano al progresso rivoluzionario. Negli Stati Uniti, ad esempio, gli American National Republicans già nel 1830 si definivano 'conservatori', e nel 1832 anche il partito tory in Gran Bretagna assunse questo nome.

Le ragioni per le quali i conservatori si opponevano alla nuova politica rivoluzionaria verranno spiegate più in dettaglio in seguito, ma per definire il termine conservatorismo con maggior precisione può essere utile delineare brevemente la situazione. Il principale assunto sostenuto dai fautori del nuovo modo di fare politica era che solo un radicale cambiamento sociale e politico avrebbe reso possibile la totale liberazione dell'uomo. I conservatori, invece, hanno sempre insistito sul fatto che la libertà e la felicità dell'uomo si possono preservare solo grazie a un modo di fare politica 'limitato', mentre i mutamenti radicali causano immancabilmente la distruzione della 'politica limitata'. Più in generale, i conservatori hanno tentato di difendere la 'politica limitata' rifiutando come utopistica la fiducia nella perfettibilità umana su cui si basa il sogno di liberazione dei radicali. A loro avviso, una filosofia politica realistica deve per prima cosa accettare l'idea che l'imperfezione o il conflitto sono componenti ineliminabili della condizione umana. Il conservatorismo può pertanto essere definito come un modo per tutelare la politica limitata sulla base di una filosofia che mette l'accento sull'imperfezione umana.Quest'ultima definizione ha diversi meriti. In primo luogo si adatta al concetto di conservatorismo quale è stato sviluppato da Edmund Burke (cfr., ad esempio, Reflections on the revolution in France, 1790), che viene generalmente ritenuto il padre del conservatorismo moderno. In particolare, è stato Burke a identificare le sei caratteristiche principali della politica limitata, e cioè: 1) una costituzione mista o bilanciata; 2) il principio di legalità; 3) una magistratura indipendente; 4) un sistema di governo rappresentativo; 5) l'istituto della proprietà privata; 6) una politica estera diretta a promuovere l'indipendenza politica attraverso il mantenimento dell'equilibrio del potere a livello internazionale.In secondo luogo, questa definizione distingue il conservatorismo dalla 'reazione', che è caratterizzata invece dall'avversione per il mutamento in quanto tale, e che implica sempre il richiamo a una situazione utopica (passata o futura) in cui si gode di perfetta stabilità. Il conservatorismo, al contrario, non si oppone al mutamento in quanto tale, ma solo a quel tipo di mutamento che è incompatibile con la tutela della politica limitata. Dato che le condizioni necessarie all'attuazione di una politica limitata ovviamente variano a seconda dei tempi, la posizione conservatrice implica un buon grado di flessibilità. Ciò che viene comunque escluso, tuttavia, è proprio quel tipo di utopia alla quale aspirano i reazionari: la convinzione dei conservatori che la natura umana è imperfetta è incompatibile con brame distruttive per ciò che è impossibile.In terzo luogo, definendo il conservatorismo in termini di politica limitata e imperfezione umana, si riconosce la parziale sovrapposizione tra conservatorismo e liberalismo, e allo stesso tempo si mette in evidenza la differenza tra questi due concetti. Per ciò che riguarda la loro sovrapposizione, bisogna ricordare che Burke stesso era strettamente legato all'ideologia classica liberale connessa alla riforma costituzionale del 1688 (cfr. Appeal from the new to the old Whigs, 1791). Egli si discostava invece da questa tradizione in quanto respingeva il razionalismo che ne era la caratteristica principale. In seguito il conservatorismo respinse anche l'ottimistica fede nel progresso che gradualmente aveva permeato la filosofia liberale nel XIX secolo, data la sua incompatibilità con la concezione conservatrice relativa alla ineliminabile imperfezione umana.In quarto luogo, questa definizione permette di effettuare una chiara distinzione tra conservatorismo da una parte, e movimenti politici estremistici come il nazismo e il fascismo dall'altra; molto spesso, infatti, tali movimenti sono confusi col conservatorismo. Nazismo e fascismo, contrariamente al conservatorismo, rifiutano la politica limitata, e inoltre attribuiscono alla volontà umana una certa capacità di plasmare la storia, idea che, come vedremo, è del tutto estranea alla filosofia conservatrice.

LA CRITICA CONSERVATRICE DELLA POLITICA RIVOLUZIONARIA
Ciò che dobbiamo ancora spiegare in modo più dettagliato è la natura precisa della critica conservatrice del nuovo modo rivoluzionario di fare politica affermatosi col 1789. Le caratteristiche essenziali di tale critica vengono messe in luce nella maniera più chiara se si individuano i principali assunti intellettuali relativi all'uomo e alla società che avevano contrassegnato la modalità d'azione rivoluzionaria.Il primo assunto è il razionalismo, ossia il convincimento che le consuetudini e le istituzioni possono venire legittimate solo tramite l'uso consapevole della ragione umana. Il conservatorismo considera empio il razionalismo perché fa sì che qualsiasi ordine sociale esistente possa venir completamente sovvertito, indipendentemente dal fatto che coloro che vi sono soggetti l'abbiano trovato insoddisfacente, solo perché il riformatore razionalista considera che tale ordine sociale non corrisponde a ideali astratti quali i diritti dell'uomo o l'utopia comunista. I filosofi conservatori, da Burke a Michael Oakeshott (v., 1962), hanno sempre sostenuto che questo genere di ideologia politica attribuisce alla ragione una funzione che essa in realtà non può adempiere. In particolare, essi sostengono che gli schemi ideologici sono sempre un 'compendio' (abridgment, per usare la terminologia di Oakeshott) di una tradizione storica preesistente, e che la ragione non è assolutamente in grado di definire dei programmi prescindendo da tale tradizione, come invece asseriscono i razionalisti. Qualunque tentativo di imporre alla società un programma astratto, secondo i conservatori, sarà soltanto una formula per l'esercizio di un potere arbitrario. Il risultato sarà la distruzione dei legami sociali volontari creati dal costume e dalla tradizione e l'insorgere della coercizione come unico mezzo per tenere unita la società. A sostegno di questo punto di vista i conservatori sottolineano il fatto che tutte le rivoluzioni dal 1789 in poi sono sfociate nel dispotismo.Il secondo assunto dello stile politico rivoluzionario è una nuova teoria del male, che il conservatorismo contesta. Secondo questa teoria, che fu formulata per la prima volta con chiarezza negli scritti di Rousseau e in particolare nel Contratto sociale, il male ha origine nell'ingiusta organizzazione della società, e può pertanto essere eliminato, almeno in teoria, attraverso un appropriato mutamento sociale e politico. Secondo la filosofia conservatrice, invece, il male è una componente ineliminabile della condizione umana, e la politica ha solo il compito di cercare dei palliativi, non delle soluzioni radicali.

La teoria radicale del male è intimamente connessa con il terzo assunto dello stile rivoluzionario, che consiste in una certa tendenza a trasformare la politica in una crociata quasi religiosa contro quelle che vengono considerate le forze dell'oscurantismo. La politica, in altre parole, viene tramutata in una faccenda in cui tutti i partecipanti sono o santi o peccatori e in cui tutte le questioni sono o bianche o nere. Il conservatorismo rifiuta l'inflessibilità e il dogmatismo della politica ideologica, nella quale non c'è spazio per una pragmatica conciliazione dei conflitti di interesse e delle passioni.Il quarto assunto è uno sconfinato ottimismo riguardo al fatto che l'uomo sia capace con la sua volontà di plasmare il proprio futuro conformandolo a qualunque programma ideologico egli possa aver elaborato. Il culto della volontà e l'estremismo politico che questo determina sono invece essenzialmente estranei alla filosofia conservatrice, che sottolinea i limiti obiettivi che le ineluttabili tensioni dell'esistenza umana pongono alla volontà.L'ingenua fede nella sovranità popolare è l'ultimo assunto che caratterizza il nuovo modo rivoluzionario di fare politica: l'autogoverno, si sostiene, è di per sé garanzia di buon governo. Il conservatorismo rifiuta questa equazione in quanto fa sì che i governi possano portare avanti qualsiasi tipo di politica, per quanto in contrasto con la libertà e la felicità essa possa essere, semplicemente sulla base del fatto che agiscono in rappresentanza del popolo o in adempimento di un mandato elettorale.

Dal 1789 fino alla fine della seconda guerra mondiale, la principale preoccupazione che ha assillato il pensiero conservatore è stata la paura che il nuovo modo rivoluzionario di fare politica potesse avviare un'era contrassegnata da anarchia morale, sterilità culturale e forme dispotiche di governo. Nell'ambito di questa generale preoccupazione dei conservatori, è possibile individuare tre diverse scuole di pensiero; benché nessuna di queste sia specificamente riconducibile a una particolare nazione, tuttavia esse riflettono, rispettivamente, le diverse tradizioni intellettuali di Francia, Germania e Gran Bretagna.

TRADIZIONI NAZIONALI NEL PENSIERO CONSERVATORE
La caratteristica che distingue la tradizione conservatrice in Francia è l'uso che essa ha fatto della più antica fonte dell'ispirazione conservatrice, cioè la visione cristiana dell'universo. Secondo questa visione, i limiti posti all'azione umana sono dovuti al fatto che il mondo costituisce un insieme ordinato e organizzato gerarchicamente nel quale qualunque cosa, incluso l'uomo, occupa il posto specifico che gli è stato assegnato da Dio, creatore dell'universo. Nella visione cristiana viene data particolare rilevanza alla capacità dell'uomo di commettere deliberatamente il male, che si spiega con la 'caduta' causata dal peccato di Adamo. È proprio questo pessimismo a caratterizzare la tradizione reazionaria francese che fa capo a Joseph de Maistre (cfr. Considérations sur la France, 1796) e a Louis de Bonald (cfr. Théorie du pouvoir politique et réligieux dans la société civile, 1796), i quali ritenevano che l'avvento della moderna democrazia di massa fosse un totale disastro dal quale l'uomo poteva esser salvato solo grazie alla restaurazione del potere monarchico ed ecclesiastico. In forma secolarizzata, questo stesso tipo di pessimismo si riscontra in alcuni pensatori reazionari del XX secolo come Charles Maurras (cfr. L'enquête sur la monarchie, 1900), il fondatore dell'Action Française. Il cristianesimo ha avuto un ruolo rilevante anche nel pensiero di conservatori moderati come Burke, ma ciò che contraddistingue la posizione reazionaria è l'ossessiva insistenza sull'estrema fragilità di qualsiasi ordine unita a una concezione del tutto statica dell'armonia sociale, un'armonia così pura che nessuna società storica potrebbe mai soddisfare le condizioni della sua realizzazione. Ne risulta non solo un'utopia di tipo conservatore, ma anche una certa tendenza a impiegare dei mezzi di azione politica al di fuori della costituzione, dato che il rispetto delle forme costituzionali viene scartato dai reazionari (come dai rivoluzionari) perché ritenuto un mezzo per perpetuare un ordine sociale illegittimo. Di conseguenza, benché il reazionario spesso dichiari di essere un difensore della 'politica limitata', il suo concetto di politica tende in realtà a sovvertire profondamente proprio quel modo di fare politica.In Germania la caratteristica peculiare del pensiero conservatore è di aver sostituito l'interpretazione teologica della condizione umana con un metodo totalmente diverso di stabilire la realtà dell'imperfezione. Invece di far ricorso a un mondo creato da Dio di valori assoluti e sopra-storici come origine dei limiti posti alla volontà umana, la filosofia conservatrice si è basata sulla tesi che nella storia possono essere individuate delle leggi obiettive di mutamento e di sviluppo. Lo scrittore che ha esercitato la maggiore influenza sul conservatorismo tedesco negli anni immediatamente precedenti e successivi alla Rivoluzione francese è stato Johann Gottfried Herder (cfr. Sämtliche Werke, 1877-1913), anche se i suoi interessi non possono essere considerati di tipo specificamente conservatore. Furono pensatori come Friedrich Schleiermacher che utilizzarono il metodo storico a fini più direttamente polemici. Il preciso punto di connessione tra filosofia della storia e conservatorismo viene chiaramente spiegato da Schleiermacher in questi termini: "Poiché lo Stato [...] è una creazione dell'uomo stesso, si è pensato [...] che l'uomo avrebbe potuto creare lo Stato perfetto in conformità con un modello teorico. Dobbiamo subito dichiarare che questa è un'illusione; perché ciò che viene realizzato attraverso la natura umana viene spesso erroneamente inteso come ciò che l'uomo fa. Mai è stato fatto uno Stato, neppure il più imperfetto [...]. Questa illusione, tuttavia, è stata la ragione per la quale gli Stati sono stati considerati di gran lunga troppo poco come formazioni storiche naturali, e sempre, invece, come oggetti sui quali l'uomo deve esercitare la propria ingegnosità" (da una conferenza del 1814, in Sämtliche Werke, 1834-1864, vol. III, t. 2, pp. 246-286). Una teoria di questo tipo era senz'altro implicita già in Burke, ma essa divenne un tema centrale della discussione filosofica solo nel pensiero conservatore tedesco. Schleiermacher sviluppò inoltre una fenomenologia della coscienza politica basata su ciò che egli definì 'metodo genetico'.

Tale metodo ha assunto oggi un particolare interesse, poiché può essere considerato un diretto precursore delle obiezioni mosse attualmente alla scienza sociale positivista nella letteratura in certo qual modo esoterica sull'ermeneutica. Il nuovo metodo storico, tuttavia, fin dall'inizio ha rappresentato un'arma a doppio taglio per la teoria conservatrice; infatti, stabilendo una connessione tra conservatorismo e filosofia della storia, i filosofi tedeschi hanno reso i principî conservatori ambigui, mutevoli e instabili quanto il flusso della storia stesso. Come un conservatorismo di questo tipo possa ritorcersi contro se stesso risulta evidente dal fatto che un modo di pensare orientato in senso storicistico fu ben presto strettamente collegato col marxismo. L'ambiguità della tradizione conservatrice tedesca divenne ancora maggiore per il fatto che fu subito associata a una dottrina nazionalista che poneva i requisiti necessari per una società organica al di sopra di quelli della 'politica limitata' (cfr. J.G. Fichte, Reden an die deutsche Nation, 1808, e Adam Müller, Die Elemente der Staatskunst, 1809). Ma il fatto più deleterio è stato che la filosofia conservatrice tedesca è sembrata talvolta fondarsi in definitiva su un ideale di libertà o di autonomia così estremo da essere incompatibile con qualsiasi limite posto dall'esterno (cfr. George Santayana, Egotism in German philosophy, 1916). Pertanto la tradizione conservatrice tedesca, analogamente a quella francese, si è prestata a interpretazioni estremistiche che spesso non erano assolutamente nelle intenzioni dei suoi principali esponenti. Per metterla in termini un po' diversi, il problema è sempre stato che le aspirazioni a una società organica, all'unità nazionale, alla libertà assoluta, quando sono state messe tutte insieme, hanno talmente estraniato i conservatori tedeschi dalla situazione reale da renderli poco critici nei confronti delle promesse di chiunque si sia offerto di 'pulire le stalle di Augia'. Gli elementi che giocarono a favore di Hitler, ad esempio, furono la conseguenza di questo ingenuo idealismo, più che di una calcolata perversità.Per ciò che riguarda la tradizione culturale conservatrice in Gran Bretagna, solo in pochi casi i suoi esponenti si sono rivelati all'altezza dei colleghi continentali. In genere, la ricerca di razionalizzazioni teologiche e di sistemi filosofici è stata qui sostituita da un atteggiamento scettico e pragmatico il cui grande merito è stato quello di voler porre ordine nella inevitabile confusione, tensione e in definitiva incoerenza della vita politica. Solo raramente, tuttavia, il pragmatismo britannico è degenerato in mero opportunismo privo di principî. Anzi, l'elemento comune a tutta la tradizione britannica è stato (fino a tempi relativamente recenti) l'impegno volto a mantenere una costituzione mista o bilanciata. Senza dubbio vi sono sempre stati pensatori conservatori inglesi, come Thomas Carlyle (cfr. On heroes, hero-worship and the heroic in history, 1841, e Latter-day pamphlets, 1850), che hanno respinto questo ideale come un assurdo residuo medievale, del tutto inadeguato alle esigenze della moderna società industriale di massa; ma l'orientamento prevalente, da Burke a Samuel Taylor Coleridge (cfr. On the constitution of the Church and State according to the idea of each, 1830), attraverso Benjamin Disraeli (cfr. Vindication of the English Constitution, 1835), e lord Salisbury (cfr. Disintegration, 1883, in Smith, 1972), fino a filosofi del XX secolo come Michael Oakeshott, è stato quello che considerava il mantenimento della costituzione mista il principale obiettivo della vita politica britannica. Tuttavia i pensatori conservatori già molto prima della prima guerra mondiale avevano riconosciuto quali difficoltà si incontrino nel perseguire questo ideale. Lord Salis~bury, ad esempio, sosteneva che l'avvento della democrazia di massa e la richiesta di riforme di tipo socialista determinavano tre pericoli quasi insuperabili. Il primo era il trionfo della dottrina della sovranità popolare, che si manifestava nella concentrazione dell'autorità suprema nella Camera dei Comuni, a spese della tradizionale eguaglianza di status che la Costituzione riconosceva a monarchia e aristocrazia. Il secondo pericolo derivava dal nuovo sistema di governo delle moderne democrazie, basato su partiti politici di massa. Se ogni governo doveva assicurarsi il supporto delle masse attraverso i partiti politici, allora era molto probabile che gli affari della nazione in generale, e in particolare le questioni relative alla Costituzione, avrebbero dovuto essere sacrificati agli interessi dei partiti. Il terzo pericolo era di natura sia sociale che politica. Salisbury, al pari di Alexis de Tocqueville (cfr. De la démocratie en Amérique, 1835-1840), sottolineava il fatto che la moderna democrazia si preoccupava più dell'eguaglianza che della libertà. Eguaglianza significa dissoluzione delle classi sociali, ma il risultato finale di tale dissoluzione sarà non la società senza classi sognata dai radicali, quanto piuttosto un ritorno al conflitto primario che ha distrutto le democrazie dell'antichità, il conflitto, cioè, tra abbienti e non abbienti. Il riformista radicale si presenta come il difensore del povero contro il ricco, ma egli "non dice ai suoi seguaci come faranno a vivere se l'industria langue, o come le industrie e le imprese possano prosperare se gli uomini sono presi dal timore che la messe di ricchezze seminata, mietuta e messa da parte da loro stessi o dai loro congiunti possa per avventura essergli strappata dai politici. [...] Per coloro che hanno il dono dell'eloquenza in politica, è facile dipingere la spoliazione coi colori della filantropia" (cfr. Disintegration, 1883, in Smith, 1972, p. 352). Durante il XX secolo dubbi come quelli espressi da Salisbury dovevano ulteriormente acuirsi a causa di una serie di eventi che modificarono la natura della politica conservatrice in tutto il mondo occidentale.

LA CRISI DEL CONSERVATORISMO NEL XX SECOLO
Durante il XX secolo il corso del conservatorismo doveva venir alterato da due nuovi avvenimenti. In primo luogo, lo scoppio delle due guerre mondiali determinò un livello di accentramento e di 'collettivizzazione' nella politica degli Stati europei che sarebbe stato ritenuto impensabile prima d'allora. Il secondo avvenimento fu la nascita di un nuovo nemico per i conservatori. Prima della prima guerra mondiale il conservatorismo era stato definito principalmente in contrapposizione al liberalismo, mentre dopo di allora esso fu essenzialmente contrapposto al socialismo. Dovendo cercare il sostegno delle masse contro questo nuovo nemico, il conservatorismo gradualmente cedette alla tentazione di ottenere voti vestendosi, almeno in parte, dei panni del nemico. Questa strategia, naturalmente, produsse una spinta ancora maggiore verso il 'collettivismo'.Durante gli anni trenta la tendenza conservatrice verso il 'collettivismo' fu favorita da chi, come Harold Macmillan, lo considerò come l'unico mezzo per evitare da un lato i problemi economici della società capitalista, e dall'altro il tipo di vita rigidamente ordinata necessario a una società completamente pianificata. In un saggio intitolato The middle way, del 1938, Macmillan tentò di dare una forma teorica coerente a questo compromesso conservatore. Purtroppo egli affrontò alla leggera, senza riuscire quindi a eliminarlo, il problema della conflittualità tra la politica limitata e il tipo di governo manageriale che questo tipo di 'collettivismo' avrebbe richiesto.Anche se l'ideale di una "via intermedia" fu condiviso solo da una piccola minoranza, tuttavia i conservatori ebbero grandi difficoltà a proporre un'alternativa credibile. Numerose voci si levarono per lamentare i molti difetti della società di massa, e tra queste una delle più notevoli fu quella di T.S. Eliot, che individuava nel declino della religione e della cultura la causa che aveva determinato una "terra desolata" (cfr. The waste land, 1922); egli sosteneva inoltre (cfr.The idea of a Christian society, 1939) che l'ethos materialista delle democrazie occidentali le rendeva meno spirituali dei loro antagonisti totalitari, le cui ideologie almeno si ponevano dei fini ideali anche se - come Eliot ammetteva - distorti. In Germania Oswald Spengler (cfr. Der Untergang des Abendlandes, 1918-1922) manifestava sentimenti analoghi e profetizzava "il tramonto dell'Occidente" e l'avvento del cesarismo. In Spagna Ortega y Gasset ridusse ai suoi termini minimi la risposta elitaria alla democrazia moderna, annunciando che era vicino il tempo "in cui la società, dalla politica all'arte, si [sarebbe riorganizzata] in due ordini o livelli: gli illustri e i volgari" (cfr. La deshumanización del arte, 1925). In Francia Jacques Maritain (cfr. Humanisme intégral, 1936) elaborò l'idea di un "umanesimo integrale", individuando il problema della moderna società di massa in un falso "umanesimo antropocentrico" che ha estraniato l'uomo da Dio e che si manifesta in modo particolare nel totalitarismo. Anche se Maritain aveva mostrato una qualche propensione per il socialismo, la sua insistenza sulla necessità di autorità e guida e il suo desiderio di ripristinare i tradizionali valori cristiani della civiltà europea lo pongono tra gli intellettuali conservatori.Comunque, fu proprio il compromesso della 'via intermedia' a dominare la politica conservatrice per circa tre decenni dopo la seconda guerra mondiale. Questo deciso spostamento in direzione 'collettivista' si spiega in base a tre motivi. Il primo fu l'apparente successo ottenuto in tempo di guerra dalle autorità nel porre fine alla massiccia disoccupazione degli anni trenta, un successo che incoraggiò una acritica fiducia nell'efficacia politica di una programmazione economica generale. Il secondo fu l'introduzione del Welfare State e il successivo impegno di tutti i governi del periodo postbellico ad adottare la politica economica detta di 'perfetta sintonia' (fine tuning) così da assicurare la piena occupazione. Tale impegno trovava la sua legittimazione nella stretta osservanza di una teoria economica postbellica, ispirata dall'opera di John Maynard Keynes General theory of employment, interest and money (1936), imperniata sull'accettazione incondizionata del disavanzo pubblico come tecnica base della politica finanziaria del governo. Il terzo motivo fu il fatto che la via intermedia risultò un metodo efficace per ottenere il successo elettorale.Questi tre motivi furono così efficaci nel fugare qualsiasi dubbio, che coloro, come Friedrich von Hayek (cfr. The servile State, 1944), che ritenevano la via intermedia solo un mezzo per istituzionalizzare la pressione inflattiva e tale da favorire l'incontrollato aumento del potere esecutivo furono del tutto ignorati o considerati degli eccentrici.Questa situazione si mantenne immutata fino agli anni sessanta, allorché divenne chiaro che il conservatorismo si era spostato tanto a sinistra che gli elettori trovavano sempre più difficile capire se esisteva ancora una precisa identità 'conservatrice'. Nel 1973 un autorevole politico laburista inglese, Anthony Wedgwood Benn, esaltava le scelte politiche del primo ministro conservatore Edward Heath, che rimase in carica dal 1970 al 1974, in quanto avevano creato "il più ampio apparato di controlli statali sull'industria privata mai escogitato, di gran lunga superiore a quello ritenuto necessario dall'ultimo governo laburista" ("The Sunday Times", 25 marzo 1973). Ma ciò che risultò ancor più dannoso fu l'opinione che il risultato principale del compromesso della via intermedia dei conservatori fosse la graduale creazione di uno Stato di tipo corporativo. Alcuni commentatori, giocando deliberatamente sulle connotazioni fasciste di quel concetto, arrivarono a suggerire che si trattava di un "fascismo dal volto umano" (cfr. R.E. Pahl e J.T. Winkler, The coming corporatism, in "New society", 10 ottobre 1974). Anche se un linguaggio vago ed emotivo di questo tipo può essere ignorato, è tuttavia chiaro che l'ideale della 'politica limitata', che rappresentava un punto focale nella tradizione occidentale del governo parlamentare, veniva rimpiazzato da un nuovo sistema di governo nel quale le vecchie istituzioni rimanevano sì in piedi ma con funzioni completamente diverse. In Inghilterra un ben noto pubblicista conservatore, Samuel Brittan, chiarì la natura di questo cambiamento in un articolo intitolato Dangers of the corporate State, pubblicato sul "Financial Times" del 19 ottobre 1972. L'articolo, che attaccava il sistema di governo che si veniva affermando, basato su incontri trilaterali informali tra governo, rappresentanti sindacali e rappresentanti del mondo industriale, si chiedeva: "È davvero compito dei sindacati contenere i salari, o dei datori di lavoro tener bassi i prezzi? Questo è il compito dei sindacati nel blocco sovietico".

LA RICERCA DI UNA NUOVA IDENTITÀ CONSERVATRICE
All'inizio degli anni settanta i conservatori non potevano ormai nascondersi il fatto che il compromesso della via intermedia era risultato fallimentare, e proprio in questo decennio, in tutto il mondo occidentale, si cercò una nuova identità conservatrice. L'elemento che accomunava tutti coloro che si erano impegnati in questa ricerca era soprattutto la violenta critica del 'collettivismo' postbellico. A ispirare questa critica fu soprattutto un'affermata dottrina politica liberale, sostenuta a livello internazionale da intellettuali quali gli economisti della Scuola di Chicago diretta da Milton Friedman (cfr. Capitalism and freedom, 1962) e dalla Società Mont Pèlerin in Svizzera, di cui è stato presidente Friedrich von Hayek (che è stato anche il suo più autorevole rappresentante inglese). Una caratteristica interessante degli anni settanta è stata lo sviluppo di un forte legame tra i conservatori britannici e quelli americani, dopo che Anthony Lejeune nel 1970 aveva richiamato l'attenzione degli intellettuali inglesi (nella rivista "Solon") sull'analoga ricerca condotta dai loro colleghi negli Stati Uniti. La ricerca degli americani, condotta in riviste quali "The national review", "The new republic" e "The public interest", era stata originariamente stimolata dall'ideale proclamato dal presidente Johnson di una 'grande società', dai movimenti per i diritti civili e di liberazione delle donne e dai provvedimenti contro qualsiasi tipo di discriminazione sul posto di lavoro. Tra gli appartenenti al movimento americano ricordiamo William F. Buckley jr. (direttore della rivista "The national review" e autore di libri quale Up from liberalism, del 1959), Russell Kirk (v., 1953), Ayn Rand (v., 1961), Clinton Rossiter (v., 1955), e Peter Viereck (v., 1949). Da un'analisi della letteratura internazionale, i principali argomenti sostenuti dalla critica al 'collettivismo' possono essere raccolti in sei gruppi.

1. In primo luogo, era opinione comune che i governi democratici del periodo postbellico avessero alimentato l'illusione che praticamente tutti i mali discendessero da una causa politica e che pertanto potessero trovare una soluzione politica. Di conseguenza, lo Stato moderno risultava gravato in modo quasi intollerabile dalla responsabilità di soddisfare delle aspettative assolutamente non realistiche. A posteriori questa tesi non risulta del tutto convincente, perché i dati a disposizione possono essere interpretati come dimostrazione di una tendenza dei cittadini moderni sia verso un eccessivo stoicismo sia verso eccessive aspettative, di fronte ai progetti e alle richieste dei loro politici.

2. Veniva sostenuto anche, e questo è più credibile, che il successo ottenuto dal 'collettivismo' nel periodo postbellico era determinato dall'ingenuo convincimento che la crescita economica si sarebbe verificata d'ora in avanti in modo quasi automatico, e che pertanto sarebbe stata una caratteristica costante della vita moderna; si trattava soltanto di trovare una soluzione a problemi di distribuzione. Ci si dimenticava, però, fra le altre cose, la possibilità che la ricerca di giustizia sociale uccidesse inavvertitamente la gallina dalle uova d'oro.

3. Strettamente connessa con questa ingenua convinzione era, secondo la critica, un'altra convinzione, altrettanto ingenua, secondo cui la prosperità generale avrebbe automaticamente garantito la felicità generale. Non veniva neppure presa in considerazione la possibilità che la prosperità portasse invece noia, uso di droghe, aumento dei divorzi e delle nascite illegittime, pornografia, violenza.

4. I critici si spinsero ancora oltre sostenendo, sulla base di un gran numero di ricerche empiriche, che anche i programmi assistenziali elaborati con le migliori intenzioni spesso si rivelavano in pratica controproducenti. Si affermava, ad esempio, che invece di creare una società senza classi i governi stavano creando una nuova sottoclasse, la cui mentalità servile rischiava di ridurla in una condizione di perpetua dipendenza.

5. Tuttavia, quello che fornì alla critica la sua arma più appuntita fu l'affermazione che l'ideale della via intermedia, cioè di una posizione di equilibrio tra il capitalismo e il socialismo, era stato fin dall'inizio frutto di pura fantasia. In Gran Bretagna, per esempio, Hayek (v., 1960), sostenne che la programmazione non può terminare a un teorico punto intermedio, ma deve procedere costantemente così da assicurare l'attuazione dei piani che sono stati elaborati. La via intermedia, pertanto, non può essere considerata come una situazione di stabilità, bensì come un fiume impetuoso la cui corrente travolge chiunque vi si immetta (per riprendere l'analogia usata nell'articolo di fondo del "Times" del 10 luglio 1985, The middle way or muddle way). Mentre si può considerare con un certo scetticismo l'affermazione di Hayek che la programmazione conduce inesorabilmente al totalitarismo, non sembra esagerato sostenere che essa possa compromettere l'affidabilità politica rendendo le scelte del governo una questione riservata a esperti non soggetti a interferenze politiche di qualsiasi genere.

6. Infine la critica ha sottolineato il fatto che l'inflazione ha origini più morali e politiche che economiche. In un sistema elettorale democratico, si è sostenuto, si determina inevitabilmente una preferenza dei politici per misure finanziarie 'morbide' piuttosto che 'rigide': una volta ottenuto il controllo delle risorse monetarie, cioè, quasi sempre essi cedono alla tentazione di manipolare la politica economica per guadagnare il favore degli elettori con offerte 'disinteressate'.Questa è, per grandi linee, la critica che ha demolito l'ortodossia 'collettivista' postbellica. Tuttavia una critica è ben altra cosa che una concezione alternativa e praticabile relativa al modo di governare. Il più importante sviluppo che si è verificato all'interno del conservatorismo durante l'ultimo decennio è stato il tentativo della cosiddetta Nuova Destra di mettere a punto un'alternativa adeguata.

LA NUOVA DESTRA
Va detto subito che la Nuova Destra non rappresenta assolutamente un movimento omogeneo che condivide un'unica dottrina. Al suo interno esistono tre diverse (e in ultima analisi incompatibili) scuole di pensiero che, ai fini della nostra analisi, possiamo definire scuola economica, radicale e politica. La tesi sostenuta dalla scuola economica è che una società libera richiede un libero mercato. La tesi della scuola radicale è che nelle attuali condizioni di decadenza della società non si può stabilire un ordine politico senza che vi sia stata prima una rigenerazione spirituale. La scuola politica, infine, mette l'accento sui problemi costituzionali, anche se al suo interno i suoi esponenti si dividono in convinti sostenitori del pluralismo, da un lato, e fautori della necessità di creare innanzitutto un ordine sociale organico, dall'altro. Non si tratta naturalmente di temi nuovi; la novità consiste semmai nel fatto che vengono per la prima volta associati al pensiero conservatore, e anche nel contesto nel quale essi tornano a essere attuali. Sembra opportuno prendere adesso in considerazione in maniera più dettagliata la dottrina di ognuna di queste scuole, facendo riferimento in particolare alle conseguenze che esse hanno determinato su quel modo di far politica che abbiamo definito 'limitato' e che è stato tradizionalmente proprio del conservatorismo moderato.Prenderemo in considerazione per prima la scuola economica, dato che essa rappresenta non solo la parte più nota della Nuova Destra, ma anche quella che ha maggiormente influenzato la politica dello scorso decennio. L'argomento centrale sostenuto da questa scuola è, come abbiamo detto, che una società libera richiede un libero mercato. Per dirla in altre parole, la 'politica limitata' è possibile solo in un sistema capitalista, ossia, per usare un'espressione ancora più concisa, la libertà non è divisibile.

Nel presente articolo ci limiteremo a esaminare il pensiero di Friedrich von Hayek, nei cui scritti questa tesi viene sostenuta nella maniera più sistematica. Non ci soffermeremo sul modo paradossale in cui l'originario asserto marxista del primato dell'ordine economico su quello politico è stato trasformato dalla Nuova Destra in un'arma per combattere il marxismo stesso; ciò che ha maggiore importanza è l'ambiguità diffusa, evidente negli scritti di Hayek, con cui la scuola economica porta avanti la sua difesa della 'politica limitata'. Questa ambiguità - che consiste nel fatto che non è mai chiaro se Hayek sostenga la 'politica limitata' perché intrinsecamente valida o perché serve a promuovere la prosperità e il progresso - risulta particolarmente evidente, per esempio, nel modo in cui egli cerca di giustificare l'importanza data al principio di legalità. Sotto il profilo etico, il principio di legalità deve garantire la libertà e la dignità dell'uomo abolendo il potere arbitrario; ma Hayek purtroppo nasconde il fondamento etico di questo principio cercando invece di sostenerlo in base a due argomentazioni, nessuna delle quali è in grado di conferirgli un valore intrinseco. Una di queste argomentazioni è di tipo naturalistico, e anzi in realtà non è tanto un'argomentazione quanto un richiamo costante ad analogie tra l'adattamento organico al proprio ambiente, riscontrabile in tutti gli animali, e il tipo di adattamento spontaneo che Hayek ritiene sia determinato negli uomini da un mercato regolato esclusivamente dal principio di legalità. L'altra argomentazione è un richiamo estremamente sofisticato al valore epistemologico del libero mercato, inteso non tanto come puro sistema economico che favorisce l'efficienza degli scambi, quanto piuttosto come delicato sistema per memorizzare e trasmettere informazioni. Secondo Hayek, il merito di queste argomentazioni consiste in quella che egli ritiene essere la loro natura scientifica; tuttavia è proprio la loro pretesa natura 'scientifica' che toglie a queste argomentazioni qualsiasi connotazione etica. In generale, quindi, il punto debole della scuola economica è che, anche se essa riuscisse a fornire un'analisi convincente del rapporto tra capitalismo e 'politica limitata', il tipo di conservatorismo da essa sostenuto non conferirebbe comunque alcuna base logica agli ideali etici a cui implicitamente o esplicitamente si richiama.Mentre la scuola economica della Nuova Destra ha avuto un certo seguito a livello internazionale, la scuola radicale è rimasta un fenomeno esclusivamente continentale. In Germania i suoi esponenti sono gli ultimi fautori della 'rivoluzione conservatrice' originariamente propugnata da Moeller van den Bruch nel libro Das Dritte Reich, del 1923. In Italia essa è rappresentata dalla Nuova Destra. Il suo più noto rappresentante, tuttavia, è forse il pensatore francese Alain de Benoist, che ha divulgato le idee della scuola radicale attraverso due giornali, "Éléments" e "Nouvelle école". De Benoist, come quasi tutti gli esponenti della scuola radicale, parte dalla convinzione che il mondo occidentale moderno sia entrato in uno stato di profonda decadenza, di cui la cultura e la politica degli Stati Uniti forniscono l'esempio più chiaro. La scuola radicale, però, sarebbe disposta a tutto pur di porre termine a questa decadenza, poiché - per usare le parole di de Benoist - "qualunque dittatura è un male, ma qualunque decadenza è un male ancora peggiore". Questa propensione all'estremismo viene tuttavia nascosta dietro una strategia che distingue immediatamente la Nuova Destra dalla destra reazionaria tradizionale, mentre allo stesso tempo la lega ai metodi rivoluzionari sostenuti da teorici di sinistra come Antonio Gramsci (cfr. Quaderni del carcere, 1929-1935). Secondo questa strategia bisogna rinunciare a qualsiasi aspirazione politica diretta per concentrarsi invece sulla rigenerazione culturale, senza la quale è naturalmente impossibile por fine alla decadenza.Altre tre caratteristiche distinguono in modo rilevante la scuola radicale dalla vecchia destra. In primo luogo, la scuola radicale rifiuta l'eredità cristiana dell'Occidente, e cerca invece di far rivivere e di preservare l'eredità 'pagana'. Non sorprende il fatto che questo 'nuovo paganesimo', che si esprime nelle note aspirazioni romantiche all'atto eroico, implichi notevole simpatia per Nietzsche e, più in generale, per una concezione dell'uomo di tipo 'esistenziale', in base alla quale la natura umana non è definita o fissa, ma è soggetta a un continuo processo di creazione. In secondo luogo, la scuola radicale ricerca una identità europea che sia transnazionale, considerata l'unico modo di proteggere la civiltà occidentale dalla minaccia americana da una parte e russa dall'altra. Tale identità transnazionale viene in genere teorizzata in termini di razza, in particolare facendo riferimento alle origini indoeuropee. In terzo luogo, la Nuova Destra radicale ha trovato un elemento di unità nel sostegno a quelli che sono considerati i popoli oppressi del Terzo Mondo, non tanto per bontà d'animo quanto per procurarsi un eventuale appoggio per rovesciare l'ordine capitalista internazionale che favorisce la decadenza. Anche in questo caso è sorprendente come i temi della Nuova Destra radicale e quelli della Nuova Sinistra finiscano paradossalmente per convergere.La scuola politica cerca di svincolare il conservatorismo sia dalla 'politica economica' della prima scuola, sia dai programmi globali di rigenerazione spirituale della seconda. Lo scopo della scuola, i cui esponenti sono prevalentemente americani e inglesi, è stato delineato con chiarezza da uno dei principali accademici inglesi, Maurice Cowling (v., 1978): la scuola si propone di creare una forma di conservatorismo che sia allo stesso tempo 'meno liberale e più populista' della via intermedia, e 'meno liberale e più politico' del liberalismo economico perseguito dal governo Thatcher. All'interno dell'unità di intenti relativa al perseguimento di tale obiettivo, tuttavia, possono essere individuati due modi molto diversi di affrontare i principî fondamentali della filosofia conservatrice. Uno è la scettica versione libertaria del conservatorismo costituzionale di Michael Oakeshott; anche se la sua opera è precedente alla nascita della Nuova Destra, il rifiuto del 'collettivismo' le ha conferito ai nostri giorni una nuova importanza. Per Oakeshott, la politica è essenzialmente una questione poco importante, che ha a che fare con il mantenimento di una struttura formale di norme all'interno delle quali il cittadino può perseguire l'obiettivo che meglio gli aggrada. Pertanto, come rileva Oakeshott, "non è assolutamente incoerente essere conservatore per ciò che riguarda il governo e radicale per ciò che riguarda quasi ogni altro tipo di attività" (v. Oakeshott, 1962, p. 195). Mentre l'idea generale all'origine di questo tipo di conservatorismo, secondo Oakeshott, si desume nella maniera migliore da pensatori come Montaigne, Pascal e Hume, la sua essenza politica è data da una concezione del ruolo del governo come artefice e custode del diritto non strumentale. Nell'adempiere questo compito il governo può intervenire attivamente nella vita della società, così da promuovere quella separazione dei poteri dalla quale dipende la politica limitata. Esso può anche promuovere attivamente delle misure assistenziali, purché siano a beneficio di coloro che sono realmente bisognosi. Ciò che non è consentito al governo è di abbandonare il proprio ruolo non finalizzato, per divenire un provvidenziale dispensatore di benefici alla società. Anzi, se al governo vengono assegnate delle funzioni manageriali, queste devono essere chiaramente distinte e tenute ben separate dalle attività che gli sono proprie in quanto governo. Anche se il governo nell'esercizio delle proprie funzioni può a buon diritto reclamare una funzione che è in qualche modo economica, tuttavia ~Oakeshott la caratterizza in termini negativi: in nessun caso deve compromettere la stabilità monetaria.La seconda linea di pensiero presente all'interno della scuola politica ha il suo rappresentante più autorevole in Roger Scruton, direttore di "The Salisbury review". Secondo Scruton, lo scopo dell'attività politica va ben oltre quello stabilito da Oakeshott. In un saggio del 1980, The meaning of conservatism, egli auspicava la creazione di una società organica in grado di porre termine all'alienazione dell'uomo moderno. Oltre che da questa esigenza neo-hegeliana di 'totalità' e comunità, il pensiero di Scruton è connotato da un lato dall'adesione all'ideale nazionalista e dall'altro dall'affermazione della validità di un ordine civile pluralista basato su istituzioni autonome. Ciò che rendeva ancor più conflittuali gli elementi di questa sintesi proposta da Scruton, era il suo insistere sull'idea che la società civile si basa su una unità prepolitica in cui l'identità razziale ha un ruolo essenziale. Inoltre, si può individuare un'ambigua tendenza potenzialmente anticostituzionale nell'affermazione di Scruton che la costituzione, e in particolare il parlamento, sono solo uno strumento per raggiungere "gli scopi opportunistici di una limitata classe di professionisti - la classe dei politici" (v. Scruton, 1980, p. 24): da ciò si può dedurre che la "fondamentale unità sociale" della nazione può esser messa in luce nella maniera migliore da portavoce privi di posizione o responsabilità nel sistema politico vigente. Benché Scruton si sia sempre dichiarato assolutamente favorevole a certe condizioni necessarie per la 'politica limitata' quali il principio di legalità e l'autonomia delle istituzioni sociali, egli non è finora riuscito a conferire alla Nuova Destra inglese quella identità coerente che essa talvolta sostiene di possedere.Negli Stati Uniti influenti esponenti di queste linee di pensiero interne alla Nuova Destra sono Irving Kristol (v., 1972) e Robert Nisbet (v., 1986).

CONCLUSIONI
Nell'ultimo decennio abbiamo assistito a una notevole rinascita del conservatorismo, che ha fatto seguito all'insuccesso del 'collettivismo' socialdemocratico dei decenni successivi alla fine della guerra. L'aspetto più positivo di questa rinascita consiste nell'aver determinato la fine di quella tendenza verso una programmazione sempre più accentuata che era sembrata quasi inevitabile e irreversibile durante gli anni settanta. Alla fine degli anni ottanta il successo del thatcherismo aveva obbligato persino gli ideologi socialisti ad adottare la retorica dell'economia di mercato. Ma una volta che si sia riconosciuto questo successo, cominciano a sorgere dei dubbi sulla reale natura e la portata dei risultati ottenuti dal conservatorismo. È fuor di dubbio che il rifiuto dell'esagerata fiducia riposta nella programmazione come soluzione di tutti i mali, e della conseguente convinzione della maggiore razionalità dell'attività pianificata rispetto a quella non pianificata, non ha portato con sé quel nuovo spirito di individualismo a cui aspiravano i fautori del libero mercato. Anzi, le analisi non solo dimostrano che si continua a credere nel Welfare State, ma indicano altresì un crescente livello di indebitamento del consumatore che mal si concilia con i discorsi ottimistici sulla nascita di una classe media dalla mentalità indipendente, generata dalla proprietà privata e dall'attività imprenditoriale in un libero mercato. Non meno preoccupanti sono le statistiche che cominciano a essere pubblicate in Gran Bretagna e negli Stati Uniti sulla crescita di una nuova sottoclasse che sembra destinata a dipendere perpetuamente dall'assistenza pubblica. E adesso che la Nuova Destra sta per concludere il primo decennio della sua esistenza, si dubita addirittura che esista davvero quella crescita economica che avrebbe dovuto essere il risultato più consistente e tangibile del nuovo conservatorismo. In Gran Bretagna, almeno, si comincia a sospettare che la 'rivoluzione thatcheriana' non sia altro che una vuota formula che nasconde una riduzione disastrosa della capacità produttiva e che ha determinato un bilancio commerciale deficitario come mai in precedenza nonostante un avanzo di bilancio. Il dilemma che pesa adesso sull'ideologia del libero mercato della Nuova Destra è se, di fronte a questi risultati, la fiducia nel libero mercato sarà sostituita da un ritorno a un interventismo del tipo di quello della via intermedia, adottato a malincuore da un governo conservatore o entusiasticamente da uno socialista.

Più in generale, le ipotesi su quale corso potrà seguire il conservatorismo in futuro devono prendere in considerazione il fatto che l'influenza esercitata dalla Nuova Destra negli anni ottanta non è riuscita ad arrestare la principale tendenza politica presente nel mondo occidentale, e cioè quella verso una società manageriale in cui si considera tutto in termini esclusivamente strumentali. Questa tendenza è particolarmente pronunciata in Gran Bretagna, dove un decennio di thatcherismo ha visto la rapida dissoluzione dell'indipendenza (o, per esser più precisi, di ciò che ne rimaneva) di autorità locali, giuristi, sindacati, scuola, università. È stata minacciata anche la libertà dei mezzi di comunicazione, col pretesto della difesa della sicurezza nazionale, e l'indipendenza della Chiesa d'Inghilterra, che si era eretta a tutore (secondo molti impropriamente) della coscienza sociale. Vi è stato, infine, un tipo di leadership che, unito all'assenza di una reale opposizione politica, ha reso praticamente inesistenti i vincoli imposti dalle consultazioni di gabinetto e dal governo parlamentare. Sono proprio considerazioni di questo tipo - che mettono in evidenza l'acuirsi della tendenza manageriale in politica e la concomitante crescita del potere dell'esecutivo, anche se non si tratta più di un potere direttamente interventista - che spiegano l'aspetto più incoraggiante della politica inglese attuale (1989), che consiste nella generale convinzione, espressa oggi sia dalla destra che dalla sinistra, della necessità di riconsiderare alcune questioni costituzionali essenziali o forse addirittura di introdurre una costituzione scritta. Se questo recente risveglio di interesse per i problemi costituzionali trova espressione adeguata nell'attuale gestione politica, allora forse potrà essere mantenuto il tradizionale legame tra conservatorismo moderato e difesa della politica limitata. Ma se il conservatorismo non riuscirà a impedire il progresso incontrollato della tendenza manageriale - e questo, purtroppo, è quello che è successo finora - allora la nuova identità conservatrice potrebbe esprimersi in termini che hanno poco a che fare con la preservazione di una società libera. Questo pessimismo non è fuor di luogo, in particolare se serve a rievocare i timori di Alexis de Tocqueville riguardo al futuro delle moderne democrazie di massa. Egli riteneva infatti che le democrazie di massa, amando l'eguaglianza, la sicurezza e la prosperità più della libertà, offrissero ben poca resistenza a ciò che oggi definiamo come governo manageriale; ed essendo indifferenti alle forme procedurali che rappresentano l'unico mezzo che l'uomo ha a disposizione per proteggersi dal potere arbitrario, realizzassero quando è ormai troppo tardi di non aver più niente che li difenda. Noi non dovremmo, rilevava Tocqueville, consolarci troppo col pensiero che una condizione servile al giorno d'oggi può essere comoda e offrire protezione, perché sono proprio queste condizioni che renderanno più facile ridurre l'uomo in schiavitù.

(V. anche Autoritarismo; Cultura politica; Tradizione).

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