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556  Forum Pubblico / L'ITALIA NON FATELA RIDURRE ad ARCIPELAGO di ISOLE REGIONALI E FEUDALI. / Diagnosi sbagliata al Pronto Soccorso cade con gli sci: 5 fratture al bacino... inserito:: Gennaio 09, 2023, 12:27:56 pm
Diagnosi sbagliata al pronto soccorso, cade con gli sci: 5 fratture al bacino, ma il medico non le vede. E ci sono altri due casi

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
   
09:18 (3 ore fa)
   
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https://www.ilmessaggero.it/italia/diagnosi_sbagliata_pronto_soccorso_fratture_bacino_non_viste_caduta_sci-7157248.html
557  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / Ivan Orfei, a tu per tu con le tigri: "Non vedo l’ora di tornare nella gabbia" inserito:: Gennaio 08, 2023, 12:25:22 pm
Ivan Orfei, a tu per tu con le tigri: "Non vedo l’ora di tornare nella gabbia"

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Arlecchino Euristico
12:15 (8 minuti fa)
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https://www.ilfoglio.it/societa/2023/01/08/news/ivan-orfei-a-tu-per-tu-con-le-tigri-non-vedo-l-ora-di-tornare-nella-gabbia--4833749/

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558  Forum Pubblico / Le tesi dell'Ulivo oggi solo una Corona Olimpica? / QUELLA MESSA RECITATA IN LATINO E IL BIVIO DELL’IDENTITÀ CRISTIANA. inserito:: Gennaio 07, 2023, 04:43:15 pm
Vito Mancuso
 Preferiti  · 16 m  ·
QUELLA MESSA RECITATA IN LATINO E IL BIVIO DELL’IDENTITÀ CRISTIANA. L’occidente unificato dalla partecipazione alla cerimonia religiosa di un capo della Chiesa.

L’articolo del prof.#VitoMancuso su #LaStampa di venerdì 6 gennaio 2023
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Visto che ieri il funerale di Joseph Ratzinger in piazza San Pietro è stato celebrato in latino, forse vale la pena partire da qui.
I romani avevano tre termini per indicare l'ultima cerimonia riservata all’esistenza di un essere umano: “funus, exsequiae, pompa”. Funus, che al genitivo fa “funeris” e da cui deriva “funerale” (nonché gli aggettivi “funebre” e “funesto”), è propriamente la cerimonia della sepoltura. Invece “exsequiae”, da cui “esequie”, e “pompa”, da cui “pompe funebri”, indicano il corteo, l’accompagnamento, la processione, insomma tutto l’accorrere degli umani per mostrare e dimostrare ai parenti e alla società la propria partecipazione al dolore per la scomparsa del defunto. Credo si possa senz’altro dire che il funerale di ieri a Roma sia stato celebrato in “pompa magna”, prova ne sia che la nostra lingua in casi come questo sente l’esigenza di parlarne al plurale: non più solo il funerale, ma “i funerali”, come ieri i siti dei maggiori giornali titolavano a sottolineare l’importanza dell’evento tramite la promozione grammaticale dal singolare al plurale.
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Io penso che la nostra umanizzazione sia avvenuta quando i nostri progenitori iniziarono a prendersi cura dei corpi senza vita dei loro cari. Penso che il passaggio dalla semplice vita animale a quella complicata dimensione del vivere che chiamiamo “umanità” sia avvenuta a partire dal culto dei morti. Non esiste civiltà che ne sia priva, per quanto le forme siano diverse. I monoteismi (ebraismo, cristianesimo, islam) praticano l’inumazione, mentre le religioni orientali preferiscono la cremazione, come avveniva per lo più anche nel mondo classico. La religione di Zarathustra conosce le cosiddette torri del silenzio, impalcature di una decina di metri alla cui sommità vengono esposti i cadaveri per far sì che se ne cibino gli avvoltoi e gli altri rapaci, come a voler restituire alla natura il cibo che da essa si è tratto cibandosi durante l’esistenza di carne animale.
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Oggi da noi è decisamente in aumento la pratica della cremazione, fino al Vaticano II (1962-1965) condannata dalla Chiesa cattolica e ancora oggi proibita dalle Chiese ortodosse e dai fondamentalisti protestanti, oltre che dall’ebraismo e dall’islam, ma che sembra stia superando la più tradizionale inumazione. A proposito di inumazione, vi sono anche coloro che desiderano prenderla più sul serio e per questo decidono di praticarla in senso letterale, cioè secondo l’etimologia del termine formato da “in” e da “humus” (terra), per cui danno disposizione di venire sepolti proprio nella nuda terra, senza nessuna bara, al massimo con un lenzuolo, per essere veramente uniti alla terra e alla fine tornare a essere solo terra. Forse lo sanno, forse no, ma così mettono veramente in pratica le antiche parole bibliche: “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai”.
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Ieri invece Joseph Ratzinger è stato sepolto secondo tradizione con una bara di legno nelle grotte vaticane, e non poteva ovviamente che essere così. La sua sepoltura ha costituito un rito cui ha partecipato il mondo, in particolare quella parte di mondo che si chiama Occidente. Ogni rito ha una notevole funzione unificante, ma io penso che il funerale, e più in particolare “i funerali” di un Papa, ne abbiano a maggior ragione.
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Si tratta infatti di una cerimonia religiosa che riguarda un capo religioso, e la religione (come indica lo stesso termine il cui significato etimologico più profondo rimanda a “legame”) è una potentissima forza unificatrice. Da noi essa lo è stata per molti secoli, in altre parti del mondo lo è ancora, e il sogno di Joseph Ratzinger, e prima ancora di Karol Wojtyla, nonché di molti politici che ieri erano presenti in piazza San Pietro, è che torni a esserlo ancora. Che le radici cristiane dell’Europa tornino a essere coltivate così da ridare vigore all’albero un po’ appassito dell’Occidente: su questo Ratzinger continuava a insistere con quella sua gentilezza unita a caparbietà.
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Quello che è sicuro, a mio avviso, è che noi abbiamo urgentemente bisogno di riti unificanti. Lo si percepisce dal senso di sfaldamento del tessuto sociale che pervade le nostre coscienze e che ci ha ridotti a essere quasi del tutto privi di riti comuni: e senza riti comuni, una società si ammala e poi muore, cessa di essere “societas” cioè insieme di soci e decade in un’amorfa massa di estranei, guardinghi gli uni verso gli altri, fino a precipitare nello stato di “guerra di tutti contro tutti” (“bellum omnium contra omnes”) che talora già si percepisce con un brivido in alcune zone delle nostre città.
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Dopo che Romolo ebbe fondato Roma, Numa Pompilio, secondo re della città, capì di doverle dare una religione e i suoi riti, avendo intuito che Roma sarebbe diventata grande solo se avesse avuto un credo e un rito comune. E Roma li ebbe e lo divenne. Dall’altra parte del mondo Confucio assegnava ai riti la medesima decisiva valenza sociopolitica e il Celeste Impero cinese appoggiandosi sulla sua filosofia durò per oltre due millenni. In particolare riguardo all’ultima cerimonia Confucio affermava: “Se i riti funebri sono celebrati con coscienziosità e gli antenati degnamente commemorati, la virtù del popolo tornerà genuina e profonda”.
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Ma la questione è: potrà essere il cristianesimo a costituire la rinnovata sorgente di una identità e di una conseguente ritualità di cui abbiamo urgente bisogno? Joseph Ratzinger, Karol Wojtyla e tutti coloro che si riconoscono nel loro pensiero, a partire dai politici sovranisti e dai cosiddetti atei devoti, ritengono di sì e tendono per questo a guardare all’indietro. Hans Küng, Carlo Maria Martini, Raimon Panikkar e tutti coloro che si riconoscono nel loro pensiero ritengono di no e guardano in avanti, facendo del loro pensare e del loro operare non un baluardo difensivo ma un laboratorio di ricerca. Penso che parta da qui la differenza tra la politica che si definisce “conservatrice” e quella si definisce “progressista”.

da FB del 7 gennaio 2022
559  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. (Piattaforma Virtuale). / a una conoscente in FB inserito:: Gennaio 06, 2023, 07:01:14 pm
Gianni Gavioli
Alessandra B. Ti sei chiesta il perchè?
E il perchè delle liste di attesa da tempi biblici?
E la crescita della sanità privata?

Io penso ad una strategia velenosa e furba per sottrarre il risparmio delle famiglie e tu? Del resto ci sono campioni della destra nordista, che dicono da anni che le famiglie italiane hanno troppi soldi di risparmio.
ciaooo

560  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. (Piattaforma Virtuale). / C'è chi in ospedale si infetta e muore. inserito:: Gennaio 06, 2023, 06:59:20 pm
C'è chi in ospedale si infetta e muore.
In un altro caso c'è chi riceve in testa il bracciolo di ferro, che aiuta gli invalidi nel Water e per un mese ha avuto un grosso ematoma (e speriamo sia finita lì).
Quegli strumenti utili, ma pesantissimi e pericolosi, se non trattenuti contro il muro, possono procurare guai molto seri.
La cattiva manutenzione può uccidere!!
(Tutto documentato e con testimoni).
ggiannig

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corrieredelveneto.corriere.it

Batterio killer, Paolo Demo morto dopo l’infezione: l’Usl condannata a risarcire la famiglia

Batterio killer, Paolo Demo morto dopo l’infezione: l’Usl condannata a risarcire la famiglia
Vicenza, la sentenza civile: l’Usl 8 Berica e l’azienda produttrice del macchinario in cui si annidava il batterio Chimaera dovranno pagare oltre 1,2 milioni
di Rebecca Luisetto
shadow


L’ospedale San Bortolo dove fu operato Paolo Demo (archivio)
«La famiglia è soddisfatta della decisione, perché la speranza è che dall’errore si impari». Queste le parole dell’avvocato Pier Carlo Scarlassara legale della famiglia di Paolo Demo, medico anestesista vicentino che morì il 2 novembre 2018per il batterio «Chimaera». Lo aveva contratto durante un’operazione il 7 gennaio 2016 all’ospedale San Bortolo di Vicenza per la sostituzione della valvola aortica (qui tutte le tappe della vicenda). La sentenza di primo grado è stata pubblicata dal tribunale civile di Vicenza lo scorso martedì 27 dicembre. Questa ha condannato sia l’Ulss 8 Berica sia l’azienda produttrice del macchinario che ha trasmesso il batterio killer, la Livanova del Sorin Group Spa. Entrambe, metà per ognuna, dovranno quindi risarcire alla vedova di Demo e alle due figlie una somma di oltre 1,2 milioni di euro. Infatti la responsabilità è condivisa.
Le infezioni
Infatti circa un anno e mezzo prima la Livanova aveva dato l’allarme di infezione a tutti gli ospedali che utilizzavano quel macchinario, tra i quali c’era lo stesso San Bortolo. Però quest’ultimo non aveva messo in atto un’attività di disinfezione e non aveva nemmeno controllato il macchinario secondo le direttive dell’azienda. Un errore costato caro, che però non ha escluso la responsabilità dell’azienda produttrice, poiché la disinfezione non avrebbe garantito al 100 per cento la sicurezza dell’apparecchio. Ad ogni modo l’infezione ha colpito il medico Paolo Demo e i suoi sintomi si sono verificati più di un anno e mezzo dopo, con il risultato che l’infezione non è riuscita ad essere curata in tempo, portando al decesso dell’anestesista. Tuttavia, la battaglia legale portata avanti da lui con la sua famiglia e il clamore mediatico che questa tragedia ha provocato sono riuscite a fare in modo che la Regione Veneto emanasse un avviso per tutti i pazienti operati fra il 2014 e il 2018 con lo stesso macchinario, affinché venissero controllati. Fra alcuni di loro emersero anche degli infettati.Non tutti si sono salvati (sei le vittime) ma molti, grazie all’intervento tempestivo delle cure, hanno evitato il peggio.
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30 dicembre 2022 (modifica il 30 dicembre 2022 | 13:28)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

561  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. (Piattaforma Virtuale). / Medici. - Deve essere riconosciuto il merito, soltanto a coloro che lo MERITANO. inserito:: Gennaio 06, 2023, 06:57:28 pm
ITALIA SABATO 31 LUGLIO 2021 QUESTO ARTICOLO HA PIÙ DI UN ANNO
Senza Medici
Moltissimi andranno in pensione nei prossimi anni e le soluzioni per risolvere il problema, peggiorato con la pandemia, non sembrano essere efficaci
di Isaia Invernizzi
 Il dottor Luigi Cavanna nella casa di una sua paziente a Monticelli d'Ongina, vicino a Piacenza. (AP Photo/Antonio Calanni)

Dall’inizio di agosto, quando andrà in pensione l’ultimo medico di famiglia rimasto in paese, i mille abitanti di Monte Santa Maria Tiberina, un comune in provincia di Perugia, dovranno fare una ventina di chilometri per raggiungere un ambulatorio a Città di Castello. Lì potranno farsi visitare da altri medici che si divideranno i pazienti rimasti senza assistenza. Molti sono anziani, malati cronici che riescono a uscire da casa solo con grande difficoltà. I due medici che erano rimasti in paese avrebbero potuto lavorare per altri due anni, ma hanno deciso di lasciare la professione appena hanno raggiunto i requisiti per la pensione.

Monte Santa Maria Tiberina è uno delle centinaia di paesi che nei prossimi anni rimarranno senza un medico, una situazione che entro il 2030 rischia di coinvolgere 15 milioni di persone, secondo le stime della FIMMG, il principale sindacato dei medici di medicina generale.

Nelle ultime settimane la sindaca Letizia Michelini si è ritrovata a rispondere a decine di chiamate al giorno degli abitanti che non sanno a chi rivolgersi per una ricetta o chiedere i giorni di malattia. Michelini ha organizzato manifestazioni, incontri con l’azienda sanitaria, ha scritto all’associazione dei comuni italiani, ma non ha avuto molte risposte. È difficile trovare medici di famiglia disposti a trasferirsi nei piccoli comuni. «Servirebbero incentivi e più programmazione da parte delle Regioni», dice la sindaca. «Si tende a centralizzare e accentrare i servizi, eppure l’ultimo anno e mezzo di epidemia è la dimostrazione evidente di quanto sia importante la medicina territoriale, il contatto con le persone. Solo così si può fare prevenzione».

La situazione non è meno grave nelle grandi città, dove rischiano di rimanere scoperte decine di migliaia di persone che abitano in quartieri periferici. A Ronchetto sul Naviglio, un quartiere nella zona sudovest di Milano, il presidente del Municipio 6, Santo Minniti, a metà giugno ha organizzato un presidio per chiedere all’azienda sanitaria di inviare un nuovo medico. Negli ultimi anni è stato chiuso l’ambulatorio di un medico di famiglia e ha smesso di lavorare anche un pediatra: entrambi non sono mai stati sostituiti. Entro la fine dell’anno andrà in pensione un altro medico.

Come la sindaca Michelini a Monte Santa Maria Tiberina, anche Minniti ha chiesto incentivi, come la messa a disposizione di locali e negozi sfitti a titolo gratuito, per invogliare i medici a trasferirsi in periferia. In totale, l’azienda sanitaria di Milano ha previsto un massimo di 335 pensionamenti nel 2023, e 158 nuovi ingressi, con un saldo negativo di 177 medici.

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Secondo l’ultimo annuario statistico del ministero della Salute relativo ai dati del 2019, in Italia i medici di famiglia sono 42.428 e i pediatri 7.408. La maggior parte – il 78 per cento – ha un’anzianità di laurea di oltre 27 anni: significa che molti di questi medici andranno in pensione in pochi anni, se non nei prossimi mesi.

Non è un problema nuovo. Ne parla da almeno un decennio la FIMMG, la federazione italiana dei medici di medicina generale, che ogni anno rivede le sue stime: secondo gli ultimi dati, entro il 2030 lasceranno sicuramente la professione 35.047 medici che raggiungeranno i 70 anni. Solo nel 2020 ne sono andati in pensione 3.266.

Le regioni più in difficoltà saranno la Lombardia, dove solo nel 2022 andranno in pensione 448 medici, la Campania con 425 medici, il Lazio con 334. In rapporto alla popolazione, non sono meno preoccupanti le possibili mancanze previste dalla FIMMG in altre regioni più piccole come le Marche, con 137 medici verso la pensione, 87 in Liguria, 116 in Abruzzo e 81 in Friuli-Venezia Giulia.

L’epidemia ha reso queste stime molto incerte. Le previsioni dicono che il 2024 sarà l’anno in cui andranno in pensione più medici, ma già negli ultimi mesi molti professionisti hanno deciso di andare in pensione prima dei 70 anni peggiorando una situazione già complicata.

In molti piccoli paesi gli abitanti sono rimasti senza medico e non si può garantire nemmeno la continuità assistenziale, l’ex guardia medica. «Alla fine non rimarrà che chiedere all’esercito di darci una mano per sopperire alle carenze sul territorio», dice Filippo Anelli, presidente della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e Odontoiatri. «È stato un anno difficile: tra i medici ci sono stati casi di burn-out (la sindrome da stress lavorativo, ndr) ed è stato proibitivo svolgere il proprio lavoro durante l’epidemia. Ci sono oggi ampie aree senza medici di famiglia, non solo in zone impervie o rurali, ma anche nel centro delle città: il 118 è senza personale, i medici di continuità assistenziale sono sempre meno, l’assistenza turistica è ormai compromessa».

– Leggi anche: I medici di famiglia in grandi difficoltà

Migliaia di medici di famiglia sono vicini alla pensione perché entrarono in servizio all’inizio degli anni Ottanta, quando divenne operativa la riforma approvata nel 1978 che istituì il Servizio Sanitario Nazionale su base regionale.

Con la riforma sanitaria venne introdotta una soglia di 1.500 assistiti per ogni medico di famiglia, che di fatto consentì di raddoppiare i medici sul territorio. Inoltre, molti di loro riuscirono a riscattare la laurea quando il costo era ancora sostenibile. Dal 2018 i medici devono raggiungere i 68 anni di età per andare in pensione. È stata introdotta anche la possibilità di lavorare fino a 70 anni, con una maggiorazione sull’importo della pensione: come già detto dal presidente Anelli, in molti stanno rinunciando a questo incentivo.

Se i medici prossimi alla pensione sono sempre di più, dipende inevitabilmente anche dall’accesso limitato alla professione. Prima del 1995 chiunque riusciva a laurearsi in Medicina e Chirurgia poteva diventare medico di base. I laureati dopo il 1995 invece hanno dovuto iniziare a seguire corsi di formazione specifica in Medicina generale per poter fare i medici di famiglia.

Questi corsi sono organizzati dalle Regioni e durano tre anni con una parte di lezioni e un’altra, più consistente, di servizio nei reparti ospedalieri, in poliambulatori delle aziende sanitarie o nello studio di un medico di famiglia. Per frequentare il corso, i laureati abilitati alla professione ricevono una borsa di studio di 800 euro al mese e per poter accedere è necessario superare un esame che si tiene una volta l’anno. Il concorso, a numero chiuso, è bandito dal ministero della Salute e organizzato dalle Regioni.

Tra il 2014 e il 2017 la media annuale di borse finanziate per la medicina generale è stata di poco superiore a mille. Tra il 2020 e il 2023 si è saliti a una media di 1.332 borse a cui vanno aggiunti circa 150 “soprannumerari”, laureati che possono accedere ai corsi senza borsa purché nell’ultimo decennio abbiano lavorato almeno per due anni nell’ambito della medicina generale. Le Regioni avrebbero dovuto rendere noti i fabbisogni delle borse di studio già lo scorso febbraio, ma a fine luglio non si sa ancora nulla.

L’unica novità sono state le parole del ministro della Salute Roberto Speranza che a metà luglio, durante un “question time” alla Camera, ha annunciato di voler raddoppiare le borse per i prossimi tre anni, arrivando fino a quasi tremila all’anno. Utilizzando i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – il documento con cui il governo spiega come intende spendere i finanziamenti che arriveranno dall’Unione Europea tramite il Recovery Fund – verranno garantite 900 nuove borse all’anno che verranno aggiunte ai finanziamenti ordinari.

In attesa di capire quali saranno gli effetti di questo aumento delle borse, le Regioni hanno scelto altre soluzioni per risolvere almeno in parte la carenza di medici.

La strategia più semplice consiste nel distribuire i pazienti rimasti senza medico agli altri professionisti. Si può fare solo sforando la soglia di 1500 pazienti a medico prevista dal contratto nazionale. Per esempio, pochi giorni fa è emerso che nell’azienda sanitaria Serenissima, in provincia di Venezia, le zone definite “carenti”, cioè senza medico e dove non è possibile trovare un sostituto provvisorio, sono cinquanta. L’azienda sanitaria ha chiesto ai medici di assistere fino a trecento pazienti in più.


Secondo Maurizio Scassola, segretario generale della FIMMG del Veneto, seguire un così alto numero di pazienti può avere ricadute negative sull’assistenza. Scassola sostiene che è una soluzione semplicistica, non promettente, che mostra una mancanza di idee e che non risolverà il problema nei prossimi anni. «Cosa pensiamo di fare dando trecento pazienti in più a un medico? Lo soffochiamo e basta. Servirebbe invece più programmazione da parte delle Regioni, e sostegni per cercare di far evolvere questa professione attraverso l’aggregazione di più medici, eliminando la burocrazia che spesso ci trasforma in impiegati».

In Veneto, come in tante altre Regioni, ci sono anche problemi più immediati. Così come era successo lo scorso anno, dopo la prima ondata dell’epidemia, anche quest’estate molti medici non potranno andare in ferie perché non sono riusciti a trovare un sostituto. La mancanza di professionisti si nota anche dagli esiti dei bandi presentati dalle aziende sanitarie per trovare guardie mediche turistiche: molti sono andati deserti.

In molte zone, soprattutto in montagna, saranno impiegati infermieri, con possibilità di assistenza limitate rispetto a un medico. La situazione non è migliore in regioni dove il turismo è un settore essenziale, come la Sicilia, dove quest’estate gli ambulatori delle guardie mediche turistiche sono rimasti chiusi in molte note località (come Cefalù, Mondello e San Vito Lo Capo).

In Veneto così come in Sicilia e in tutte le altre regioni italiane, questa mancanza immediata è stata causata principalmente dall’arruolamento di molti medici nella campagna vaccinale e nelle USCA, le Unità speciali di continuità assistenziale. Lo squilibrio economico tra i due servizi è evidente: ai medici di continuità assistenziale vengono garantiti circa 23 euro all’ora, mentre a chi fa parte delle USCA vanno 40 euro all’ora. «E questo problema non riguarda solo i paesi di montagna, ma anche le grandi città», continua Scassola. «In generale, la medicina generale non è più appetibile come un tempo. La nostra professione è considerata faticosa perché non si contano le ore di lavoro, quasi sempre a contatto con le persone».

Per dare un nuovo assetto alla medicina territoriale e risolvere in parte la mancanza dei medici di famiglia, nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stato inserito l’obiettivo di realizzare 1.288 “case della comunità” entro il 2026. Secondo il piano, le case della comunità sarebbero il luogo ideale per coordinare tutti i servizi sanitari sul territorio, in particolare quelli dedicati ai malati cronici. Dovrebbero lavorare insieme medici di famiglia, pediatri, medici specialisti, infermieri e assistenti sociali per definire la migliore assistenza con una maggiore integrazione tra l’ambito sanitario e quello sociale.

Il modello non è nuovo: era stato introdotto nel 2007 con il nome di “case della salute”, ma finora le Regioni l’hanno applicato senza convinzione. Nel PNRR il costo complessivo dell’investimento è stimato in 2 miliardi di euro, con molte incertezze sulle risorse necessarie per assumere medici, infermieri e personale amministrativo.

(AP/Antonio Calanni)

Al momento, la proposta delle case della comunità ha ricevuto solo critiche dai sindacati dei medici di medicina generale e dalla federazione nazionale degli ordini dei medici.

Il presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli, dice che è il progetto delle case della comunità è la riproposizione dell’idea, già fallimentare, del distretto sociosanitario. Nei distretti che sono stati istituiti da alcune regioni spesso la burocrazia ha preso il sopravvento sulle cure. «Per inviare un infermiere a curare una piaga, il medico deve andare per valutare il paziente, decidere che c’è bisogno delle medicazioni, attivare il servizio distrettuale, avviare poi la pratica. A sua volta il servizio distrettuale deve verificare se la piaga merita o no le cure, valutare tutte le prestazioni e solo a quel punto, magari quindici giorni dopo, si attivano le cure», spiega Anelli, con un esempio piuttosto concreto.

«A quel punto il paziente fa prima a pagarsi una medicazione privata. Noi siamo per consentire ai medici di fare i medici. Farli stare più vicini al letto del malato. Vanno a casa del paziente, valutano come intervenire, e l’infermiere può iniziare subito a medicare, senza le procedure burocratiche che caratterizzano i distretti sociosanitari».

Le richieste dei medici per garantire un’assistenza migliore sono sempre le stesse da anni: meno burocrazia, più possibilità di collaborare con altri professionisti, un lavoro più a contatto con i pazienti, soprattutto i malati cronici. «Non dimentichiamo che il 40 per cento della popolazione italiana è affetto da queste malattie», dice Anelli. «Senza medici che seguono costantemente questi malati aumentano i rischi per la loro salute e le possibilità che non sopravvivano».

da - https://www.ilpost.it/2021/07/31/medici-pensione/
562  Forum Pubblico / O.P.O.N. OPINIONE PUBBLICA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE. (DA FONDARE. Idea resa nota dal marzo 2024). / Oggi anche un feudatario da condominio usa prepotenze e minacce per arrivare... inserito:: Gennaio 05, 2023, 07:05:40 pm
“Divide et impera”,

oggi anche un feudatario da condominio, usa prepotenze e minacce per arrivare a comandare.

Ma a questi dobbiamo dire BASTA!

Soprattutto dobbiamo dirlo a coloro che li votano.

ciaooo
563  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Come funziona una libreria indipendente Una in particolare, piuttosto ... inserito:: Gennaio 03, 2023, 07:40:19 pm
Come funziona una libreria indipendente
Una in particolare, piuttosto particolare, a cui le cose vanno bene: per capire un po' di meccanismi anche di tutte le altre
Nielsen – una delle più importanti società di ricerche e monitoraggio di mercato – ha diffuso un rapporto sullo stato del mercato del libro in Italia nei primi mesi del 2015. Il dato più notevole è quello relativo alle librerie indipendenti – cioè quelle che non appartengono a catene o grandi gruppi, e che in Italia sono più di duemila – dove sono cresciute sia le copie vendute (+2,3 per cento) sia il valore del libri venduti (+1,9 per cento). All’opposto, negli stessi mesi, le catene di librerie – come Feltrinelli o Mondadori o Giunti, eccetera – hanno registrato un calo sia di copie (-3,7 per cento) sia di valore (-3,9), mentre la grande distribuzione – cioè le catene più generaliste, come i supermercati e gli autogrill – è scesa del 14,8 per cento per le copie vendute e del 12,2 per cento per il loro valore.
I funzionamenti e le economie delle librerie indipendenti sono molto diversi da quelli delle librerie che appartengono a gruppi che ne gestiscono molte, e da molto tempo ci sono intense discussioni sulle condizioni di handicap in cui spesso si trovano. Gogol & Company è una libreria milanese, con bar, che si trova in via Savona 101, nel quartiere Giambellino, una zona tradizionalmente popolare alla periferia Sud di Milano, che da alcuni anni è stata riqualificata, diventando di moda ed economicamente e culturalmente vivace. La libreria è stata aperta nel 2010 da Danilo Dajelli, insieme a Tosca Bua, con l’obiettivo di essere un centro culturale per il quartiere. Da allora – ed è un dato anomalo per una libreria indipendente di questi tempi – l’attività è cresciuta del 10 per cento ogni anno. L’ambizione di arrivare a un fatturato di 500 mila euro l’anno (il doppio della media per le librerie indipendenti), che non è molto lontano, dicono. Per riuscirci, Gogol ha adottato un modello di business che cerca di eliminare il più possibile i passaggi intermedi tra editori e lettori – cioè di saltare o comunque attutire il peso e il costo della distribuzione – lavorando il più possibile direttamente con le case editrici, e con i produttori alimentari per quanto riguarda la parte del bar.
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Il contatto diretto con gli editori medi e piccoli permette uno studio più approfondito e diretto dei cataloghi non filtrato dai venditori che di solito sono gli intermediari che presentano alle librerie le nuove uscite a nome degli editori o delle società che distribuiscono i libri per conto degli editori: a livello economico, è una scelta che elimina le commissioni percepite da agenti e distributori, che mediamente corrispondono al 20 per cento del prezzo finale. Inoltre i libri che provengono direttamente dalle case editrici più piccole – circa il 40 per cento dei libri italiani scelti e venduti da Gogol – vengono venduti con la formula del conto deposito: la cifra che spetta all’editore gli viene riconosciuta solo in caso di vendita del libro. Con queste riduzioni di costi e investimenti, la libreria si assicura un margine del 40/50 per cento, sfruttabile per fare sconti e offerte e competere con gli sconti e le offerte che sono una delle maggiori forze competitive delle catene (che hanno rapporti diretti con gli editori e fanno ordini di grandi quantità che quindi pagano meno).

I libri delle grandi case editrici invece vengono invece acquistati su fastbook–  un sito che vende libri all’ingrosso –, con il quale Gogol ha stipulato un contratto che gli consente di avere un unico interlocutore, e di rifornirsi più velocemente saltando l’intermediazione delle varie reti di distribuzioni delle case editrici. Gogol lavora molto nella ricerca di piccole case editrici, a volte vicine a modelli di self publishing, al punto che spesso i prodotti più venduti nella libreria appartengono a mercati più di nicchia, come quello dei libri d’arte o dei graphic novel.
Molti libri sono in lingua straniera: la libreria è frequentata da studenti internazionali, dalla piccola comunità giapponese del quartiere e dai lavoratori stranieri della vicina via Tortona, dove ci sono produzioni televisive, pubblicitarie e della moda. Il principio che orienta le scelte della libreria è di integrarsi nel contesto culturale del quartiere e nella sua domanda. La maggior parte dei libri stranieri sono acquistati attraverso Ingram – il più grande distributore di libri ed ebook del mondo – che lascia scegliere alla libreria il prezzo del libro, cosa che non avviene con i distributori italiani. Sugli scaffali si possono trovare libri per bambini in inglese oppure Purity, l’ultimo romanzo di Jonathan Franzen, che è uscito negli Stati Uniti a settembre e probabilmente uscirà a febbraio in Italia.
In totale la libreria ha 12 mila titoli, ma l’obiettivo è di superare i 15 mila. La classifica di vendita di Gogol si discosta molto dalle classifiche dei giornali, a causa della selezione dei titoli e del tipo di clientela. I libri più venduti nell’ultimo periodo sono stati: Sofia si veste sempre di nero di Paolo Cognetti (che è anche il libro più venduto dell’intera storia della Gogol), Una cosa divertente che non farò mai più di David Foster Wallace e Stoner di John Williams, libro di culto degli anni sessanta che il New Yorker ha definito «il più grande romanzo che non avete mai sentito nominare». Anche il peso dei vari editori non rispecchia il reale peso economico: la casa editrice che ha più successo nella libreria è la milanese NN editore.
Gogol ha nove dipendenti, tutti con contratto a tempo indeterminato. I nuovi dipendenti sono stati assunti sfruttando la legge di stabilità del 2015, che azzera i contributi da versare sui contratti a tempo indeterminato. Lo stipendio non è altissimo, ma la paga oraria è cresciuta di quasi 2 euro dal 2010.
Oltre ai libri, Gogol ha un bar: business accessorio a cui ricorrono sempre più librerie, anche nelle grandi catene. Tra libreria e bar l’indotto è reciproco, anche se la tavola fredda porta il 60 per cento degli incassi totali. Le altre attività collaterali sono le presentazioni dei libri e i corsi.

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TAG: librerie, milano

564  Forum Pubblico / Le tesi dell'Ulivo oggi solo una Corona Olimpica? / Sul fronte delle battaglie ambientali, il 2022 si è chiuso con due importanti... inserito:: Gennaio 03, 2023, 07:37:20 pm
Sabato 31 dicembre 2022

A cura di Andrea Giambartolomei

Nel 2023, facciamo passi avanti insieme

Sul fronte delle battaglie ambientali, il 2022 si è chiuso con due importanti incontri internazionali dedicati al cambiamento climatico: la Cop 27 in Egitto e la Cop 15 tra Canada e Cina. Entrambe sono terminate con soddisfazione dei partecipanti e in alcuni casi gli accordi raggiunti sono stati giudicati come storici. Alla prima è stato deciso che i Paesi più colpiti dalle conseguenze del cambiamento climatico debbano essere ripagati per danni subiti con compensazioni finanziarie; la seconda ha posto degli obiettivi ambiziosi per la protezione della biodiversità, seppure non in modo vincolante. Alla fine del 2023 ci sarà la Cop28 negli Emirati Arabi, una potenza petrolifera la cui economia si basa all’85 per cento sull’esportazione di greggio.
Al netto degli accordi, che poi vanno rispettati e implementati, in che maniera possono essere sollecitate e monitorate le decisioni per arginare il cambiamento climatico? La lentezza e le contraddizioni dei governi hanno fatto emergere approcci più radicali alla questione, come quelli proposti dal politologo Andreas Malm, il movimento tedesco Ende Gelende o ancora i media-attivisti che tracciano i voli dei jet privati calcolandone le emissioni. Approcci che appartengono soprattutto ad attivisti del Sud globale, tra cui segnaliamo Peter Emorinken-Donatus, che abbiamo conosciuto al Climate social camp a Torino l’estate scorsa, in concomitanza con il raduno dei giovani dei Fridays for future (di cui abbiamo criticato certi atteggiamenti), concluso con un corteo al quale abbiamo partecipato.
Gianni, ti auguriamo un buon anno. Anche nel 2023 ci sarà molto lavoro da fare. Sostienici acquistando un numero, abbonandoti o con una piccola donazione su PayPal oppure su Satispay.

da Lavialibera redazione@lavialibera.it tramite sh02.musvc.com
565  Forum Pubblico / LA REALTA' REGIONALE ITALIANA: REVISIONARLA PER DIVENTARE NAZIONE. / La metamorfosi del Nordest dai distretti alle filiere innovative inserito:: Gennaio 02, 2023, 04:20:12 pm
La metamorfosi del Nordest dai distretti alle filiere innovative

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Arlecchino Euristico
   
14:22 (1 ora fa)
   
a me

https://corrieredelveneto.corriere.it/economia/corriere-imprese/notizie/metamorfosi-nordest-distretti-filiere-innovative-5334866e-8091-11ed-9d90-5f1256aef634.shtml

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566  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. (Piattaforma Virtuale). / Sanità spiega: ''Organizzazione vecchia, inadeguata per i nuovi bisogni' inserito:: Gennaio 02, 2023, 04:17:02 pm

Pronto soccorso intasato, Ioppi: ''Situazione complicata e nessuno sta facendo nulla''. Sulla Sanità spiega: ''Organizzazione vecchia, inadeguata per i nuovi bisogni'' - il Dolomiti

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
09:35 (6 ore fa)
a me

https://www.ildolomiti.it/cronaca/2023/pronto-soccorso-intasato-ioppi-situazione-complicata-e-nessuno-sta-facendo-nulla-sulla-sanita-spiega-organizzazione-vecchia-inadeguata-per-i-nuovi-bisogni
 
567  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. (Piattaforma Virtuale). / LA FALANGE dei BASTA. - CONFEDERAZIONE GRUPPI DEMOCRATICI INDIPENDENTI inserito:: Dicembre 31, 2022, 12:16:48 pm
LA FALANGE dei BASTA.

È la parte attiva nella società, della: CONFEDERAZIONE GRUPPI DEMOCRATICI INDIPENDENTI.


IDEA, di attività politico-sociale, ancora in formazione, d’ispirazione Democratica, Progressista, Riformista, Europeista e Occidentale.
Lo Studio del come saremo, per fare cosa e con quale Progetto Comunitario, dovrà essere materia elaborata da un Gruppo di Attivisti Differenti, concretamente motivati soltanto dalla volontà di migliorare e correggere le attuali storture che infestano la nostra Società.
Avendo come unico riferimento l’interesse di ogni Singola Persona degna di chiamarsi Cittadina o Cittadino Italiano e i loro problemi irrisolti.
L’obiettivo prioritario, ma non unico, sarà arrivare alla SERENITA’ nella partecipazione ad una Comunità d’ispirazione socialista, ispirata ai fondamenti morali e sociali tradizionali, ma corretti nelle parti obsoleta, colmati nelle carenze, aggiornati e revisionati, per modellarli al futuro.  

ggiannig

568  Forum Pubblico / O.P.O.N. OPINIONE PUBBLICA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE. (DA FONDARE. Idea resa nota dal marzo 2024). / Carlo Calenda: "Sapete chi deve andare in piazza e cappottare le città?" inserito:: Dicembre 23, 2022, 11:32:41 am
Carlo Calenda: "Sapete chi deve andare in piazza e cappottare le città?"

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
10:30 (58 minuti fa)
a me

https://www.la7.it/in-onda/video/carlo-calenda-sapete-chi-deve-andare-in-piazza-e-cappottare-le-citta-18-12-2022-464932
569  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / Il papa alla Cgil, siate le sentinelle del mondo del lavoro inserito:: Dicembre 20, 2022, 12:00:56 pm
Il papa alla Cgil, siate le sentinelle del mondo del lavoro

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Arlecchino Euristico

lun 19 dic, 16:39 (19 ore fa)
a me

Il Pontefice ha invitato il sindacato a essere "la voce di chi non ha voce, in particolare dei giovani spesso constretti a contratti sottopagati". In questo mondo dominato "da un sistema perverso che si definisce tecnocrazia" è necessario "umanizzare il lavoro e difendere la dignità umana"   -

https://www.agi.it/cronaca/news/2022-12-19/papa-riceve-delegati-cgil-sentinelle-mondo-lavoro-19279273/

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570  Forum Pubblico / LA REALTA' REGIONALE ITALIANA: REVISIONARLA PER DIVENTARE NAZIONE. / Piazza Fontana, un luogo della memoria "occupato" da rivendicazioni ... inserito:: Dicembre 18, 2022, 03:09:07 pm
Le 5 giornate di Milano

Ogni sabato mattina approfondimenti di cronaca, politica, cultura e costume con le firme della redazione del Corriere Milano

Ben ritrovati lettori del Corriere Milano,
torna l'appuntamento del sabato mattina con la newsletter Le cinque giornate di Milano. Giampiero Rossi, nella settimana dell'anniversario della strage di Piazza Fontana, racconta un luogo simbolo sempre più utilizzato come ribalta per rivendicazioni anziché come spazio di memoria. Dopo l'inchiesta sulla "locale" di Pioltello, Cesare Giuzzi descrive il volto nuovo della mafia infiltrata in Lombardia, ben modellata alla realtà imprenditoriale del Nord. Le feste si avvicinano e per il 31 dicembre non è previsto alcun evento organizzato in piazza del Duomo. Dopo i disordini dello scorso anno, con le molestie a diverse ragazze, è un'occasione persa di presidio del territorio: ne scrive Massimo Rebotti. La cultura arriva in periferia grazie a un palinsesto ad hoc: un articolo di Francesca Bonazzoli. Infine, i consigli di Eleonora Lanzetti per il tempo libero: conto alla rovescia per il nuovo anno a teatro.

Buona lettura
 
L'ANNIVERSARIO

Piazza Fontana, un luogo della memoria "occupato" da rivendicazioni ingombranti
 
di Giampiero Rossi
Piazza Fontana non è soltanto una piazza, il 12 dicembre non è soltanto una data e la commemorazione della strage del 1969 non è soltanto un rito. Tutti insieme rappresentano un pilastro della memoria collettiva di questa città e del Paese intero. Quel giorno e quel luogo, dunque, hanno acquisito una sorta di sacralità laica, sancita anche dalle lapidi e dalle formelle che ricordano tutti insieme e uno per uno i 17 morti della bomba neofascista esplosa quel venerdì di 53 anni fa alla Banca nazionale dell’agricoltura.
Succede però che al di là dei revisionisti in malafede - cioè quelli che per ragioni di casacca politica vorrebbero strappare qualche pagina scomoda dal grande libro che racconta cosa e chi si sia mosso dietro alla madre di tutte le stragi – quando arriva il 12 dicembre c’è chi non resiste alla tentazione di utilizzare quella piazza come palcoscenico per qualcosa d’altro, qualcosa di proprio, qualcosa che comunque non c’entra  nulla con la testimonianza instancabile dei familiari delle vittime e di tutti coloro che non smettono di adoperarsi per custodire e rafforzare la memoria di ciò che è stato e che tutte le generazioni dovrebbero sapere.
Quest’anno, cioè lunedì scorso, sono stati gli anarchici che, in modo palesemente premeditato, hanno scelto proprio il momento dei comizi per portare all’attenzione del mondo la vicenda di Alfredo Cospito, detenuto in regime di 41 bis. Ogni volta che il sindaco Giuseppe Sala iniziava il suo discorso gli hanno coperto la voce con urla e slogan. Lo stesso Sala e uno dei familiari delle vittime hanno chiesto rispetto per i morti, ma i disturbatori hanno lasciato il campo soltanto dopo aver tenuto la scena per qualche minuto ancora.
 

Un anno fa, però, era stato lo stesso primo cittadino a usare l’occasione del 12 dicembre per un messaggio che nulla aveva a che fare con la circostanza: accennando allo sciopero proclamato da Cgil e Cisl per pochi giorni dopo, lo ha definito «sbagliato», suscitando la reazione di non pochi tra i partecipanti alla manifestazione ingaggiando lui stesso un battibecco con alcuni di loro: «Non dico cazzate, rispetto innanzitutto». Andò molto peggio, tuttavia, nel 2009, quando si celebrava il quarantesimo anno dalla strage: tra le autorità chiamate a intervenire c’erano il sindaco Letizia Moratti e il presidente della Regione Roberto Formigoni e la contestazione, tutta politica, nei loro confronti fu tale che nemmeno l’appello di Paolo Silva, figlio di uno dei morti della bomba nera e vicepresidente dell’associazione dei familiari, sortì alcun effetto. E a dover lasciare la piazza furono proprio i parenti delle vittime e le istituzioni.
E allora per il futuro valga un appello, forse temerario e ingenuo, ma di buon senso civico e storico: piazza Fontana, il 12 dicembre e quella memoria non sono e non possono essere usati come un qualsiasi «speaker corner»: sono un patrimonio collettivo importante ma delicato. Quindi da rispettare e tutelare.

LE INFILTRAZIONI DEI CLAN
 
La 'ndrangheta è  viva, anzi in ottima salute. E si è ben adattata al modello economico lombardo
 di Cesare Giuzzi
 Più di cinquanta arresti in venti giorni. La conferma che la ‘ndrangheta è viva e – purtroppo – in ottima salute anche nel difficile periodo del post pandemia. Ma le inchieste della squadra Mobile sui “locali”, le cellule della mafia, di Rho e Pioltello hanno una caratteristica interessante. I cognomi degli indagati, almeno nelle posizioni di vertice, sono gli stessi di quindici anni fa. Prima, insomma, della maxi retata Infinito che nel 2010 ha portato all’arresto e alla condanna di quasi 300 affiliati. La circostanza non deve stupire perché decenni di indagini confermano, specie per la mafia calabrese, che i legami criminali e familiari sono spesso inscindibili. E anche, va detto, l’inefficacia degli strumenti “rieducativi” in carcere e fuori.
Ma se i nomi sono gli stessi (Bandiera e Maiolo), cambia e tantissimo il modo di agire della ’ndrangheta oggi. In una intercettazione dell’inchiesta su Pioltello uno degli affiliati consiglia “stai fermo, stai fermo, non fare la guerra”. E sì che nell’indagine sono molti gli episodi violenti documentati, compreso il tentato omicidio di un albanese. Però oggi le cosche guardano soprattutto agli affari, leciti e illeciti. La droga resta il core business, ma è il mondo delle imprese a fare gola. Anche quello di altissimo livello, come i rapporti con il colosso delle spedizioni Gls. “La ‘ndrangheta si è modellata alla realtà imprenditoriale lombarda”, scrivono gli inquirenti: “Gli indagati adottano tecniche operative e commettono illeciti tipici del settore economico con cui vengono in contatto, apprendendo il modus operandi della criminalità economica”.
Quindi “il virus brutto e cattivo della mafia che ha contagiato il Nord” (riprendendo uno stereotipo molto in voga nella passata narrazione) non solo ha trovato un terreno fertilissimo a Milano e in Lombardia, evidentemente prive di anticorpi, ma una certa gestione imprenditoriale nostrana ed eticamente molto carente ha perfino favorito l’evoluzione e il potere della ‘ndrangheta padana. La mafia è un mostro che si adatta, apprende, si evolve, e impara dai propri errori. Mentre noi, purtroppo, non lo facciamo mai.

 
LA SICUREZZA
 Il concerto in piazza del Duomo "spento" dal caro bollette: un'occasione di presidio persa (si poteva inventare qualcosa)
 
di Massimo Rebotti
 “Nessun concerto in piazza Duomo per l’ultimo dell’anno. Gli ultimi soldi disponibili li abbiamo usati per le luminarie”. Per tempo, era il 1 di dicembre, il sindaco Beppe Sala aveva avvertito milanesi e turisti. Con un’argomentazione strettamente legata ai magri bilanci e alle necessità di Feste più sobrie ha così chiuso il discorso: “Anche i fondi del Comune, come quelli di ogni famiglia, sono in grande difficoltà”.
Eppure, dopo il periodo del Covid e le molestie di gruppo nella notte di Capodanno dell’anno scorso, la piazza “vuota” di quest’anno merita una riflessione in più. Il motivo economico è certamente solido ma la festa pubblica in piazza Duomo la notte dell’ultimo dell’anno era diventata una consuetudine e la sua cancellazione non è un fatto come un altro.
L’anno scorso, a causa del Covid, il concerto non si fece. Migliaia di persone scelsero comunque di vivere il passaggio d’anno nel centro di Milano: festeggiare collettivamente in piazza invece che in luoghi privati è comune a molte città europee, un modo di stare insieme anche tra sconosciuti. Purtroppo a Milano il Capodanno del 2022 in piazza Duomo e dintorni è stato segnato anche da una serie di gravi episodi di molestie di gruppo ai danni di donne. Non a caso, infatti, il sindaco, mentre annunciava il no al concerto, aggiungeva che quest’anno la zona sarà “molto presidiata” dalla polizia.
Ora, non è affatto detto che un evento pubblico in piazza scongiuri il rischio di episodi di violenza, ovviamente. Ma non è detto nemmeno il contrario, e cioè che una piazza vuota di eventi garantisca di per sé una serata più tranquilla. Negli ultimi anni il concerto di fine anno era filato via liscio, senza grandi problemi e con la partecipazione di migliaia di persone (nel 2019 suonò  Gabbani, nel 2020 Myss Keta e lo  Stato sociale). Nessuno nega le ristrettezze di budget, ma forse un’idea, anche al risparmio, si poteva tentare. A Torino, per dire, quest’anno ci saranno i Subsonica.

NON SOLO SCALA
L'anima della periferia che fa vivere la cultura e la cultura che fa vivere l'anima della periferia
 
di Francesca Bonazzoli
 Dal centro fino ai quartieri che si espandono oltre la circonferenza disegnata dalla linea 90/91 (candidata a entrare prima o poi nella mitologia milanese per le storie della sua malafama), il percorso della cultura non dovrebbe essere difficile. Milano si autocelebra come una città con eventi di richiamo europeo, eppure l’impresa di raggiungere i margini di un centro molto piccolo rispetto ad altre metropoli rappresenta ogni anno una conquista all’interno di una battaglia finale non ancora vinta.
Quest’inverno la tradizionale mostra natalizia gratuita allestita a Palazzo Marino dove sono esposti lavori di Filippo Lippi, Sandro Botticelli e Tino da Camaino (già visitata da circa 11.500 persone) si estende anche alle biblioteche di zona degli otto municipi che ospitano altrettante tele sul tema: quattro del Seicento e quattro dell’Otto/Novecento.
Se pure molto lontano dalla qualità di quelle accolte in centro, lo sforzo fatto per esporre queste opere va apprezzato, anche se tutto sommato non è gran cosa rispetto all’impatto culturale. Piuttosto merita maggior encomio l’aver portato la prima della Scala in spazi sempre più diversi della città, come avvenuto quest’anno.
Ma soprattutto, la direzione giusta è stata presa dal cantiere “Milano è viva”, varato la scorsa estate e finanziato ad hoc con 2,5 milioni di euro dal Ministero della Cultura. La sovvenzione statale ha supportato più di 50 rassegne e festival con 1.150 eventi distribuiti su oltre 80 quartieri dei 9 municipi della città. Un ottimo rodaggio per l’edizione invernale ripartita a dicembre e che, fino al 6 gennaio, raggiungerà con più di 150 eventi anche i quartieri esterni come Dergano, Baggio, Casoretto, Forze armate, Quintosole, Stadera, Quarto Oggiaro, Crescenzago, Chiaravalle, Giambellino, Gratosoglio.
Non solo, dunque, ci saranno più teatro, musica, danza, cinema e arti visive ai bordi della città, ma, altrettanto importante, le associazioni culturali e le cooperative coinvolte hanno avuto la possibilità di lavorare e attivarsi nel territorio. Questo aumenta il coinvolgimento della cittadinanza e delle giovani energie creative che spesso non trovano spazi e quindi fanno fatica a sopravvivere. È proprio questo, alla fine, lo scopo di un palinsesto culturale che non si appoggi ai soliti attori del centro (sia nel senso di artisti che di spazi).
L’impegno del Comune per la cultura dovrebbe essere quello di aiutare la crescita di nuovi talenti e imprese culturali; quello di individuare e mettere a disposizione spazi a basso costo, creare punti di riferimento sempre aperti per la creatività dei giovani, avvicinare allo spettacolo chi non può permettersi i biglietti del centro. In periferia c’è tanta energia ma non ci sono i luoghi per metterla in circolo. Berlino era rinata proprio con questa ricetta ai tempi della riunificazione. Poi anche lì la speculazione edilizia ha finito per espellere la creatività e dunque l’anima della città.
 
CONSIGLI PER LA FESTA
Un brindisi lontano dalla tavola imbandita? C'è il menu dei teatri
 
di Eleonora Lanzetti
 A Capodanno si va a teatro. Chi preferisce trascorrere l’ultima serata del 2022 lontano da tavole imbandite e cenoni al ristorante, avrà a disposizione un cartellone di proposte, dal musical ai protagonisti della comicità. Nei teatri milanesi è quasi tutto pronto, per chi all’estenuante maratona di portate e brindisi rinuncia volentieri. 
Ale e Franz saliranno sul palco del Teatro Lirico Giorgio Gaber il 31 dicembre 2022 per due repliche del loro spettacolo “NatAle&FranzShow” in programma alle 17.30 e alle 21.30. Risate anche al Teatro Manzoni con Vincenzo Salemme e il suo nuovo spettacolo dal titolo “Napoletano? E famme ‘na pizza!”, un pamphlet tratto dal suo libro più recente. Anche qui saranno due gli spettacoli in programma, uno alle 17.30 e l’altro alle 21.30.
Come da tradizione, non mancherà il Capodanno allo Zelig Cabaret di Viale Monza: una serata comica che vedrà l’alternarsi di artisti come Davide Paniate, Andrea Carlini, Silvio Cavallo, Federica Ferrero, Corinna Grandi, Cinzia Marseglia, Eddi Mirabella. Un altro grande classico della cultura popolare lombarda in chiave comica? I Legnanesi tornano al Teatro Repower di Assago con il nuovo spettacolo - rigorosamente in dialetto legnanese - bdal titolo Liberi di Sognare che andrà in scena la sera del 31 dicembre 2023 e quella del 1 ° gennaio 2023.
Se il 31 dicembre è già precettato, si può sempre andare a teatro la prima sera del 2023, e iniziare con il sarcasmo irriverente di Checco Zalone, il 1° gennaio sul palco del Teatro degli Arcimboldi con il suo nuovo spettacolo dal titolo “Amore + Iva”. Si chiude con un grande cult del Natale, il musical Sister Act al Teatro Nazionale con la regia di Michele William Barbato e le coreografie di Anna Paggiaro e Giosuè Vettorato.

da - https://api-esp.piano.io/story/estored/313/9307/-1/5383429/490299/vib-clbrk3lhp13ug01h0dqltau97?sig=269726d11ac9622b79c0a0825ed0a912528f7a9b62153dbf7a4ac456d1406b51
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