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541  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / IL DDL SULLA CARNE SINTETICA CHE PIACE A TUTTI inserito:: Aprile 03, 2023, 11:03:15 am

Elio Truzzolillo

IL DDL SULLA CARNE SINTETICA CHE PIACE A TUTTI

Il DDL sul divieto della carne sintetica (o meglio sui cibi sintetici), uno dei più surreali della storia della Repubblica Italiana, non è solo il fruttodi una destra illiberale, nazionalista e corporativista.

Ma prima di vedere perché permettetemi di argomentare brevemente perché sia uno dei punti più bassi del populismo italico, per quanto i suoi effetti saranno probabilmente molto parziali se i cibi sintetici saranno approvati a livello UE.

1) Leva la libertà ai consumatori di scegliere cosa mangiare senza che ci sia nessuna evidenza scientifica sulla mancanza di sicurezza. Lo fa sulla base di presupposti puramente emotivi e corporativistici. Un po’ come se io proponessi di vietare le ostriche solo perché a me non piacciono e perché mio cugino ha un allevamento di cozze.

2) Ma chi decide se un alimento o un procedimento sono sicuri? Tocca all’EFSA (European Food Safety Authority) con sede proprio a Parma. Nell’EFSA ci sono ricercatori e scienziati che sul tema ne sanno un po’ di più di Lollo-il vieta tutto (ironia per indicare il ministro Lollobrigida). Poi spetta alla Commissione Europea prendere la decisione “politica” basandosi su tali evidenze.

3) Leva agli imprenditori la libertà di investire (a loro rischio e pericolo) in un settore che per moltissimi analisti è destinato a crescere in modo vertiginoso nei prossimi anni. Un settore che potrà essere fonte di diversificazione economica e di nuovi posti di lavoro qualificati e ben pagati.

4) Nel complesso sarà un altro settore in cui le imprese italiane rischieranno di perdere il treno dell’innovazione scientifica e della ricerca a meno di non delocalizzare all’estero i loro impianti di produzione.

5) Non tralascerei l’aspetto ambientale anche se sul punto è difficile essere precisi. Infatti, non sappiamo ancora con quanta efficienza questi cibi potranno essere prodotti in grandi quantità e a quali costi. Ma ricerca, innovazione, concorrenza ed economie di scala servono proprio a questo, anche se in Italia sono parolacce perché le uniche parole che piacciono sono “artigianato” e “tradizione”, come spesso capita nei paesi culturalmente, economicamente e demograficamente in declino.

Torniamo ora al punto iniziale. Come si diceva il DDL non è solo frutto di una destra illiberale, corporativista, anti scientifica e populista. Queste caratteristiche sono infatti trasversali a tutte le forze politiche anche se ognuno si “specializza” nei temi che crede siano più attraenti per il proprio elettorato. Siamo pur sempre il paese del no al nucleare, del no agli OGM, del no ai termovalorizzatori, del no al glifosato, del no alla direttiva Bolkstein, del no al 5G, del no alle farine di insetti, del no al TAP, del no ai rigassificatori, del no ad Amazon, del no a Uber, del no alla vendita di Alitalia, del no a troppi centri commerciali, ecc. ecc.. Un paese che difende strenuamente le sue corporazioni dalla concorrenza e dall’innovazione e poi si lamenta degli stipendi troppo bassi dando la colpa al troppo liberismo . Ma se il nostro sogno inconfessato è produrre come si produceva 100 anni fa (da qui l’entusiasmo italiano per il biologico) poi dovremmo accettare anche di avere gli stessi stipendi di 100 anni fa. Non si scappa. Gli stati ricchi sono gli stati in cui una gran parte dei cittadini fa lavori ad alto valore aggiunto e se quei lavori non li crei poi la gente in gamba preferisce andare all’estero.

Come molti sapranno quella grande lobby conservatrice e corporativista che è Coldiretti, senza la quale nessun governo va molto lontano, è stata un po’ la madrina di questo surreale DDL che il mondo ci invidia.

La sua petizione contro il cibo sintetico che invocava una legge in tal senso, che credo abbia ormai superato le 500.000 firme, è stata accolta con entusiasmo in modo trasversale da tutti i potentati nazionali piccoli e grandi: ministri, parlamentari nazionali ed europei, sindaci, personalità della cultura dello sport e dello spettacolo, consigli regionali, imprenditori, vescovi, giunte di camere di commercio, ONG e associazioni varia natura.

Per questo le opposizioni che fanno le pulci a ogni respiro del governo sul punto tacciono o fanno un’opposizione molto tiepida (con qualche notevole eccezione).

Come farebbe a contestare questo DDL il presidente del PD Bonaccini che ha firmato con entusiasmo quella petizione insieme al suo assessore all’agricoltura? Come farebbe a contestarlo il presidente della regione Toscana Giani che oltre a firmare la petizione ha impegnato l’intero consiglio della sua regione con una mozione contro il cibo sintetico? Che dire della Campania di De Luca che si è preoccupata di fare una delibera per vietare il cibo sintetico anticipando lo stesso Lollo-il vieta tutto? E poteva mancare il presidente della Puglia, nonché grillino mancato, Michele Emiliano?

Che dire dell’ANCI (l’associazione dei comuni italiani) arruolatasi con puntualità per combattere la sacra battaglia? Tacciamo per carità cristiana e per brevità su parlamentari e consiglieri di secondo piano che hanno risposto “presente” alla chiamata di Coldiretti. Le motivazioni? Tutte in fotocopia: tutela della salute dei cittadini e della biodiversità (se qualcuno mi spiega cosa c’entri la biodiversità gli offro una cena).

Come si diceva fanno tenerezza questi politici di sinistra sempre pronti a misurare i percentili di fascismo del governo ma molto timidi quando si devono contestare iniziative populiste in campo economico (si veda anche il silenzio sul solito rinvio della legge sulla concorrenza).

Uno splendido esempio in tal senso ci è stato fornito da Pierluigi Bersani. Martedì sera a una domanda puntuale di Lilli Gruber sulla questione, non potendo né elogiare né criticare il governo sul punto, si è limitato a non rispondere parlando d’altro. Una cosa che risulta molto facile con i nostri inadeguati conduttori. Ma prima di parlare d’altro ha tenuto a sottolineare, con un compiaciuto sorriso che ho cercato di immortalare nel fotogramma, che anche lui preferisce il “maiale vero” (non era questa la domanda). Bravo Bersani, non sia mai che Coldiretti si incazzi…

da FB del 30 marzo 2023

542  Forum Pubblico / L'ITALIA NON FATELA RIDURRE ad ARCIPELAGO di ISOLE REGIONALI E FEUDALI. / Gianni Cuperlo. Oggi all’assemblea nazionale del Partito Democratico sono ... inserito:: Aprile 03, 2023, 11:00:00 am
Gianni Cuperlo
  ·
Oggi all’assemblea nazionale del Partito Democratico sono intervenuto e ho detto alcune cose che, come sempre, vi riporto qui (se avete voglia).
Un abbraccio

*
Penso che solo una cosa oggi ci sia proibita.
Ed è sprecare l’occasione di guidare la sinistra fuori dalla crisi di questi mesi.
Alle spalle abbiamo due stagioni, e due segreterie, che non hanno retto la prova degli eventi.
Non è stata una colpa dei singoli, ma una responsabilità comune.
Oggi, però, un terzo rovescio non ci è consentito.
Perché non lo reggerebbe questa comunità.
E perché al potere c’è la destra peggiore.
Quella che appalta le libertà in cambio di consenso e potere.
Quella che vuole disunire il paese.
Spezzarne l’unità che non è data solo da una lingua, ma dal sentimento profondo, unico, di una nazione che nel bisogno sa camminare assieme.
Che sa piangere e rispettare i morti.
Mentre loro neppure questo sembrano in grado di fare.
“C’è un tempo per demolire e un tempo per costruire” è scritto nell’Ecclesiaste.
Penso che noi abbiamo demolito abbastanza.
E che ora sia il tempo del riscatto.
Abbiamo fatto un congresso sincero.
Ognuno ha speso le parole, le idee, che sentiva giuste.
Le mie – le nostre – erano nella volontà di arricchire la partecipazione e la democrazia.
È avvenuto in uno spirito di rispetto tra noi.
E anche questo conta.
Poteva non bastare, perché per settimane siamo stati oggetto di critiche e sarcasmi.
C’era chi intimava di scioglierci giudicando fallito il progetto e spenta la speranza.
Poi, accade che un milione esca di casa in una domenica piovosa.
Tante e tanti più del previsto, pronti a investire in questo progetto e in molti scorgendo nella guida di una donna giovane la rottura di una prassi durata evidentemente anche troppo a lungo.
Accade questo e il giorno dopo gli stessi – quelli del “dovete sciogliervi” – di colpo cambiano accento e messaggio.
Io dico, grazie!
Vorrei solo dire che non ci sentivamo orfani della speranza neppure prima.
E tanto meno lo siamo adesso.
Qui ci sono una leader, un partito, una comunità, consapevoli che la ricostruzione non sarà semplice né breve.
Consapevoli soprattutto che l’unità di questa forza chiederà fatica e molta buona volontà.
Per prima cosa nell’unire i due affluenti che sono stati decisivi per arrivare dove siamo: gli iscritti al Partito Democratico e la platea larga delle primarie.
Oggi c’è una nuova direzione legittimata da un voto che ha rovesciato l’esito dei circoli.
Non è una ferita, tutt’altro.
Sono le nostre regole.
Ma è certamente una responsabilità in più.
Che assieme dobbiamo gestire anche per rispettare la passione di chi ha creduto e ancora crede nell’impegno per sé.
In una militanza vissuta.
Qualche anno fa da un palco di Piazza Navona Nanni Moretti sferzò la sinistra con un’accusa severa.
Disse “Con questi dirigenti non vinceremo mai”.
Oggi alcuni fuori da qui vorrebbero parafrasare la stessa formula spiegando che, “con questi iscritti non avreste mai vinto”.
Credetemi, sarebbe una sintesi sciocca e offensiva.
Perché quegli iscritti sono il patrimonio di questa comunità.
A loro dobbiamo dire che c’è un partito disposto a cambiare davvero.
E allora, benissimo aprire il tesseramento, ma per bloccare la deriva di questi anni bisogna che a circoli e iscritti venga restituita una quota di potere vero.
Ascoltandoli.
Consultandoli sulle scelte di fondo.
E facendo in modo che la direzione di federazioni, regionali, quella nazionale, eviti da ora in avanti doppi o tripli incarichi e non sia più affidata solamente a chi siede nelle istituzioni.
Oggi però – e lo ripeto – la novità è grande.
Il Pd ha una segretaria.
Che è la segretaria di tutte e di tutti.
Degli iscritti che l’hanno votata e di chi non lo ha fatto.
Il punto è che l’unità tra noi si costruirà mattone sopra mattone perché la discontinuità dovrà fondarsi sui contenuti.
E per farlo – perché quel riscatto diventi una alternativa alla destra – penso che avremo bisogno di due cose.
La prima saranno le battaglie sui diritti strappati a chi ne ha più bisogno.
Un lavoro.
Un reddito.
Lo studio.
E sopra a tutto il diritto a curarsi.
Su questo si plasmerà il sentire comune delle opposizioni.
Nella spinta di movimenti, associazioni, delle piazze come quella di sabato a Firenze.
Assieme a questo a noi servirà l’anima – un pensiero coraggioso sui tormenti e le risorse di un mondo che non è mai stato simile a com’è ora.
Anche questo sarà un lavoro lungo, e allora sarà bene partire subito.
Io penso che lo si debba fare muovendo dal capitolo più drammatico che questo tempo ci ha messo dinanzi e che una volta ancora è la guerra.

Il capitolo della pace e della guerra.
Della capacità di convivere o della volontà di distruggere l’altro.
“C’è un tempo per uccidere e un tempo per guarire”.
Anche questo è scritto nell’Ecclesiaste.
Giorni fa ho letto un piccolo testo prezioso di Edgar Morin, filosofo che ha varcato il secolo di vita.
La guerra mondiale, l’ultima, lui l’ha attraversata.
Vi ha combattuto.
Noi oggi sappiamo dalla televisione delle bombe russe sulle città ucraine.
Lui, allora, aveva vissuto la distruzione di Dresda.
1.300 aeroplani inglesi e americani.
2.430 tonnellate di bombe.
300.000 morti.
C’era da abbattere il nazismo?
Sì, certo.
Ma la guerra porta sempre con sé il peggio che l’umanità è in grado di determinare.
E noi da più di un anno con quella atrocità conviviamo.
Angosciati quando leggiamo chi la tragedia te la racconta nella voce, negli occhi, nei corpi delle vittime.
Ma al fondo, sempre noi, come assuefatti all’idea che poiché esiste un aggressore e un aggredito non si possa dire nulla più di quanto si continua a ripetere da giorni, settimane, mesi.
Mentre un paese finisce dilaniato.
E a migliaia continuano a morire.
Dinanzi a quelle immagini, certa informazione si cura solo di capire se la nuova leadership del Pd cambierà linea.
E magari se questo potrebbe avvantaggiare l’altra opposizione ferma oggi nel dire No all’invio di nuove armi.
La nostra segretaria ha risposto.
Ha usato parole nette e rivendicato le scelte compiute.
Ma il punto non è negare ciò che abbiamo detto e fatto sinora.
Il punto è altrove.
Lo dico così.
Possiamo noi – possono la sinistra di questo paese e la sinistra in Europa – subire il ricatto di quanti scomunicano chiunque invochi o insegua una tregua necessaria e una pace possibile?
Io credo di no.
E penso che un nuovo pensiero coraggioso trovi esattamente qui, sul terreno più terribile ma decisivo, il suo banco di prova.
Ancora Morin spiega perché “ogni guerra racchiude in sé manicheismo, isteria bellicosa, menzogna”.
E soprattutto “preparazione di armi sempre più mortali”.
Per questo dinanzi agli orrori della guerra non è consentito banalizzare.
Perché poi c’è differenza tra chi semplifica e chi banalizza.
Aldo Moro quel concetto lo spiegava benissimo.
“Chi semplifica – diceva Moro – toglie consapevolmente il superfluo.
Chi banalizza toglie inconsapevolmente l’essenziale”.
Io mi chiedo: che cosa è accaduto in questi tredici mesi che ha spinto tanti – troppi – a togliere inconsapevolmente l’essenziale?
Lo sappiamo.
La Russia questa guerra non può e non la deve vincere.
E quindi aiutare anche militarmente l’Ucraina a difendersi prima che necessario è un obbligo politico e morale.
Ma cosa significa stare da una parte – nel caso nostro, la parte giusta – “fino alla fine”?
Se siamo la sinistra e se pensiamo che il 6 agosto del 1945 abbia cambiato per sempre il corso della storia con un’etica che solo pazzi, autocrati o dittatori hanno rifiutato: se tutto questo è vero, compito nostro è ricollocare nella storia il concetto della pace e delle azioni utili a perseguirla.
Dobbiamo farlo perché leggere il mondo nella sua complessità è la prima garanzia per non cedere alla banalità.
Lo facciano altri, ma noi non possiamo indossare lenti che riducono il mondo a una contrapposizione tra il Bene e il Male.
La cultura forse rimane la risorsa principale che quella deriva può impedire.
Nei mesi passati c’è stato persino chi, anche nel nostro paese, ha pensato di annullare un corso universitario su Dostoevskij.
Come se le opere di Puškin, Tolstoj o Čechov possano essere imputabili di collusione coi crimini di Putin.
Sono le scorie di una regressione che la guerra produce da sempre.
Al culmine della loro follia, i nazisti misero al bando la cultura francese e quella russa.
Tutta.
Musica, libri, espressioni dell’arte.
Ma davanti al plotone nazista che lo avrebbe fucilato le ultime parole di Jacques Decour, militante comunista della resistenza e cultore della letteratura tedesca, furono solo: “Imbecilli, è per voi che muoio”.
Ma noi?
Io penso che il tema per noi sia come riprendere un pensiero che non sia solamente la distinzione sacrosanta tra aggredito e aggressore, ma che ridia senso all’interrogativo decisivo che oggi è: “per chi muoiono le centinaia di migliaia di donne e uomini di questa guerra che ci appare senza una fine?”.
Lo chiedo qui – in questa giornata importante per la nostra ripartenza – perché dalla risposta che daremo dipende la certezza su cosa voglia significare “andare fino in fondo”.
Viviamo una terza guerra mondiale a pezzi, ha detto la voce più autorevole che parla al mondo.
E quella in Ucraina è già una guerra dalle implicazioni globali.
Per le ricadute che ha sul cibo e non solo.
Perché può accelerare il conflitto tra Washington e Pechino.
Ma se è così radicalizzare quel conflitto – decifrarlo rinunciando alla sua complessità – può condurre a esiti ancora più devastanti.
Penso che questo non possiamo permettercelo.
E non possiamo perché noi siamo la democrazia – la democrazia liberale e occidentale – mentre la Russia è un regime dispotico.
Ed è questa differenza a consentirci analisi che lì sono perseguitate e represse.
Noi possiamo dire che la strategia degli Stati Uniti verso Mosca è stata negli anni contestata anche da voci autorevoli della stessa diplomazia americana.
Noi possiamo dire – perché degli Stati Uniti siamo alleati, non succubi – che l’Europa sino a qui ha avuto una voce flebile.
O quasi nessuna voce.
Si dice che Putin non ha alcun interesse a parlare con noi.
E nemmeno con Macron e Sholz.
Ma è l’Europa che ha un interesse a parlare con la Russia di oggi e di domani.
Ed è l’Europa che per non sprofondare nel passato peggiore ha bisogno di risvegliare la sua potenza diplomatica e politica.
Non è un interesse condiviso da tutta l’Europa, ma è tempo di dire che questo oggi è il nostro interesse.
E allora parlare in ogni contesto, interno e internazionale, di una tregua, di negoziati, della ricerca testarda di una pace futura, non può più essere descritta come una complicità con le azioni criminali di Putin.
Con i dittatori non si discute?
Li si abbatte e basta?
Ma nella sua storia, l’Occidente ha negoziato con molti dittatori.
E a dirla tutta lo ha fatto con maggiore slancio quando in gioco erano i nostri interessi economici.
Industriali.
Militari.
Oggi fermare questa carneficina è interesse nostro come del mondo intero.
Credo che collocare il nuovo Partito Democratico su questa frontiera – l’Ucraina deve difendersi, la pace ha da imporsi – sia il messaggio più potente per una sinistra che voglia tenere assieme le culture che sedici anni fa a questo partito – e al suo splendido nome – hanno dato vita.
Facciamolo e la ripartenza diverrà riscatto di un’etica della politica che prima di quanto pensiamo ci aiuterà a battere la destra e ad aprire una speranza per l’Italia.

da FB del 12 marzo 2023
543  Forum Pubblico / LA REALTA' REGIONALE ITALIANA: REVISIONARLA PER DIVENTARE NAZIONE. / Negli ospedali pieni si muore di più. inserito:: Aprile 03, 2023, 10:55:55 am
Negli ospedali pieni si muore di più

Negli ospedali, la mortalità aumenta di circa il 2% al giorno una volta superata una certa soglia di occupazione, secondo uno studio dell'Università di Basilea. Keystone / Gaetan Bally

Quando l'occupazione dei letti aumenta, il tasso di mortalità negli ospedali cresce, a volte ancor prima che la struttura abbia raggiunto la capacità massima, secondo uno studio svizzero. Il fenomeno colpisce maggiormente i piccoli ospedali.

Questo contenuto è stato pubblicato il 23 gennaio 2023
23 gennaio 2023
8 minuti

È uno dei dati di cui si è parlato più spesso durante la pandemia di Covid-19: il tasso di occupazione dei reparti di terapie intensive e più in generale degli ospedali. Finché ci sono ancora dei posti letto disponibili, è possibile fornire un'assistenza sanitaria adeguata alle persone ricoverate, si potrebbe pensare. Ma è davvero così?

Per trovare una risposta, l'Università di Basilea ha indagato la relazione causale tra l'occupazione dei letti e il tasso di mortalità dei e delle pazienti, analizzando i dati riguardanti oltre 1,1 milioni casi di ricovero provenienti da 102 ospedali svizzeri. Il suo studioLink esterno pubblicato alla fine del 2022 è giunto alla conclusione che la mortalità aumenta di circa il 2% al giorno una volta superata una certa soglia di occupazione.

"In alcuni casi, la mortalità aumenta significativamente prima che venga raggiunta la piena capacità della struttura", afferma a SWI swissinfo.ch Michael Simon, responsabile dello studio e professore all'Istituto di scienze infermieristiche dell'Università di Basilea.
Più fluttuazioni negli ospedali piccoli

La soglia critica di occupazione sopra alla quale aumenta il rischio di mortalità varia da un ospedale all'altro e può andare dal 42,1% al 95,9% della capacità massima, secondo lo studio.

"In alcuni casi, la mortalità aumenta significativamente prima che venga raggiunta la piena capacità della struttura."

Michael Simon, Università di Basilea
End of insertion

Tra i fattori determinanti vi è la dimensione della struttura. Nei piccoli ospedali, che hanno in media un tasso di occupazione del 60%, la soglia critica è più bassa ed è raggiunta più rapidamente rispetto a istituti più grandi, dove il tasso di occupazione medio è del 90%, spiega Michael Simon.

La ragione è da ricercare nelle maggiori fluttuazioni del numero di pazienti che si osservano, non sempre ma spesso, negli ospedali più piccoli. Per fare un esempio, una clinica con dieci letti che ospita in media sei pazienti l'anno ha un tasso di occupazione del 60%. Ciò significa che ci possono essere giorni con due pazienti e altri con dieci, una situazione "difficile da gestire", secondo Simon. Nelle strutture più grandi quali gli ospedali universitari, invece, la variabilità è minore.

Quindi, dal punto di vista della persona ricoverata, è meglio trovarsi in un ospedale di grandi dimensioni? Non necessariamente, spiega Simon. "In linea di principio, sono le strutture con un tasso di occupazione più alto, e quindi più costante, a rappresentare probabilmente la migliore soluzione per i pazienti e le pazienti. Tra queste ci sono anche ospedali di piccole e medie dimensioni", afferma.

La relazione tra l'occupazione dei letti e il tasso di mortalità ospedaliera è complessa, puntualizza l'esperto. Oltre alla quota di letti occupati vanno considerati anche altri fattori, tra cui la gravità media della malattia o del motivo del ricovero, il rischio individuale di morire o ancora l'età e il sesso della persona ricoverata.
Perché si muore in ospedale?

Una volta superata la soglia critica di occupazione di un ospedale c'è il rischio che diagnosi o trattamenti non vengano eseguiti o vengano effettuati con un certo ritardo, rileva Michael Simon. Nonostante le forti fluttuazioni del numero di pazienti, l'effettivo del personale medico e infermieristico rimane infatti relativamente stabile.

L'Associazione svizzera delle infermiere e degli infermieri (ASI) denuncia da anni dei carichi di lavoro eccessiviLink esterno e una carenza cronica di personale curante negli ospedali. La professione ha perso di attrattività e circa un terzo delle persone che hanno seguito una formazione infermieristica abbandona il settore dopo appena alcuni anni di lavoro, deplora Sophie Ley, presidente dell'ASI. Un esodo accentuato dalla pandemia di Covid-19Link esterno che può incidere negativamente sulla qualità delle cure e accrescere il rischio di complicazioni o di decessi prematuri.

>> Leggi: L'effetto "devastante" della pandemia sulle infermiereLink esterno

Statisticamente, circa il 2,3 % delle persone ricoverate in Svizzera muore durante il soggiorno in ospedale, afferma Michael Simon. Considerando che le persone ospedalizzate sono circa un milione all'anno, i decessi possono essere stimati a circa 23'000. "Nella maggior parte dei casi, una persona muore perché è giunta la sua ora. Nessuno può salvarla, ad esempio dopo un grave incidente stradale o a causa di una grave malattia", dice Simon.

Le morti causate da errori medici sarebbero invece tra le 2'000 e le 3'000 all'anno, secondo una stima dell'Ufficio federale della sanità pubblica.
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infermiera all opera
Se Svizzera e Italia si contendono il personale sanitario

Questo contenuto è stato pubblicato il 08 gen 2023 08 gen 2023 La carenza di professionisti e professioniste nel ramo medico e infermieristico, esacerbata dal Covid, non concerne solo il confine italo-svizzero.
Ospedali svizzeri nella media

Lo studio dell'Università di Basilea su occupazione dei letti e mortalità ospedaliera è il primo nel suo genere ed è stato reso possibile dal fatto che in Svizzera, a differenza di altri Paesi quali la Germania, sono disponibili tutti i dati riguardanti i/le pazienti, secondo Michael Simon. Le conclusioni possono però valere anche per altri sistemi sanitari nazionali, aggiunge.

La Svizzera è lo Stato europeo col più alto numero di infermieri/e pro capiteLink esterno (18 ogni 1'000 abitanti nel 2019). In termini di numero di letti disponibili rispetto alla popolazione e di tasso di occupazione degli ospedali, la Confederazione si situa invece nella media o poco sopra, come illustrano i due grafici seguenti:
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Soluzioni per ridurre la mortalità

Per Michael Simon, il problema dell'aumento della mortalità può essere affrontato riducendo le fluttuazioni del numero di pazienti e dotando gli ospedali di personale adeguato. "Le politiche sanitarie devono iniziare a riflettere a come ridurre la volatilità e a come rendere il sistema di cure più resiliente", afferma.

Le soluzioni potrebbero essere una più stretta collaborazione tra nosocomi, una migliore pianificazione ospedaliera e il raggruppamento delle cliniche più piccole, secondo il professore. Questo eviterebbe non solo di raggiungere un'occupazione eccessiva negli ospedali, ma anche di ritrovarsi in una situazione in cui ci sono troppi letti liberi, con un conseguente spreco di risorse.

"Idealmente, sarebbe meglio avere pochi letti con un personale curante adeguato piuttosto che una struttura con molti letti, ma a corto di personale", afferma Simon.
Come migliorare il sistema sanitario?

   


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da - https://www.tvsvizzera.it/tvs/negli-ospedali-pieni-si-muore-di-pi%C3%B9/48220534
544  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. / BASTA con le visioni marxiane della società del futuro!! inserito:: Marzo 28, 2023, 04:11:44 pm
Gianni Cuperlo
 
Oggi all’assemblea nazionale del Partito Democratico sono intervenuto e ho detto alcune cose che, come sempre, vi riporto qui (se avete voglia).


Un abbraccio

*
Penso che solo una cosa oggi ci sia proibita.
Ed è sprecare l’occasione di guidare la sinistra fuori dalla crisi di questi mesi.
Alle spalle abbiamo due stagioni, e due segreterie, che non hanno retto la prova degli eventi.
Non è stata una colpa dei singoli, ma una responsabilità comune.
Oggi, però, un terzo rovescio non ci è consentito.
Perché non lo reggerebbe questa comunità.
E perché al potere c’è la destra peggiore.
Quella che appalta le libertà in cambio di consenso e potere.
Quella che vuole disunire il paese.
Spezzarne l’unità che non è data solo da una lingua, ma dal sentimento profondo, unico, di una nazione che nel bisogno sa camminare assieme.
Che sa piangere e rispettare i morti.
Mentre loro neppure questo sembrano in grado di fare.
“C’è un tempo per demolire e un tempo per costruire” è scritto nell’Ecclesiaste.
Penso che noi abbiamo demolito abbastanza.
E che ora sia il tempo del riscatto.
Abbiamo fatto un congresso sincero.
Ognuno ha speso le parole, le idee, che sentiva giuste.
Le mie – le nostre – erano nella volontà di arricchire la partecipazione e la democrazia.
È avvenuto in uno spirito di rispetto tra noi.
E anche questo conta.
Poteva non bastare, perché per settimane siamo stati oggetto di critiche e sarcasmi.
C’era chi intimava di scioglierci giudicando fallito il progetto e spenta la speranza.
Poi, accade che un milione esca di casa in una domenica piovosa.
Tante e tanti più del previsto, pronti a investire in questo progetto e in molti scorgendo nella guida di una donna giovane la rottura di una prassi durata evidentemente anche troppo a lungo.
Accade questo e il giorno dopo gli stessi – quelli del “dovete sciogliervi” – di colpo cambiano accento e messaggio.
Io dico, grazie!
Vorrei solo dire che non ci sentivamo orfani della speranza neppure prima.
E tanto meno lo siamo adesso.
Qui ci sono una leader, un partito, una comunità, consapevoli che la ricostruzione non sarà semplice né breve.
Consapevoli soprattutto che l’unità di questa forza chiederà fatica e molta buona volontà.
Per prima cosa nell’unire i due affluenti che sono stati decisivi per arrivare dove siamo: gli iscritti al Partito Democratico e la platea larga delle primarie.
Oggi c’è una nuova direzione legittimata da un voto che ha rovesciato l’esito dei circoli.
Non è una ferita, tutt’altro.
Sono le nostre regole.
Ma è certamente una responsabilità in più.
Che assieme dobbiamo gestire anche per rispettare la passione di chi ha creduto e ancora crede nell’impegno per sé.
In una militanza vissuta.
Qualche anno fa da un palco di Piazza Navona Nanni Moretti sferzò la sinistra con un’accusa severa.
Disse “Con questi dirigenti non vinceremo mai”.
Oggi alcuni fuori da qui vorrebbero parafrasare la stessa formula spiegando che, “con questi iscritti non avreste mai vinto”.
Credetemi, sarebbe una sintesi sciocca e offensiva.
Perché quegli iscritti sono il patrimonio di questa comunità.
A loro dobbiamo dire che c’è un partito disposto a cambiare davvero.
E allora, benissimo aprire il tesseramento, ma per bloccare la deriva di questi anni bisogna che a circoli e iscritti venga restituita una quota di potere vero.
Ascoltandoli.
Consultandoli sulle scelte di fondo.
E facendo in modo che la direzione di federazioni, regionali, quella nazionale, eviti da ora in avanti doppi o tripli incarichi e non sia più affidata solamente a chi siede nelle istituzioni.
Oggi però – e lo ripeto – la novità è grande.
Il Pd ha una segretaria.
Che è la segretaria di tutte e di tutti.
Degli iscritti che l’hanno votata e di chi non lo ha fatto.
Il punto è che l’unità tra noi si costruirà mattone sopra mattone perché la discontinuità dovrà fondarsi sui contenuti.
E per farlo – perché quel riscatto diventi una alternativa alla destra – penso che avremo bisogno di due cose.
La prima saranno le battaglie sui diritti strappati a chi ne ha più bisogno.
Un lavoro.
Un reddito.
Lo studio.
E sopra a tutto il diritto a curarsi.
Su questo si plasmerà il sentire comune delle opposizioni.
Nella spinta di movimenti, associazioni, delle piazze come quella di sabato a Firenze.
Assieme a questo a noi servirà l’anima – un pensiero coraggioso sui tormenti e le risorse di un mondo che non è mai stato simile a com’è ora.
Anche questo sarà un lavoro lungo, e allora sarà bene partire subito.
Io penso che lo si debba fare muovendo dal capitolo più drammatico che questo tempo ci ha messo dinanzi e che una volta ancora è la guerra.

Il capitolo della pace e della guerra.
Della capacità di convivere o della volontà di distruggere l’altro.
“C’è un tempo per uccidere e un tempo per guarire”.
Anche questo è scritto nell’Ecclesiaste.
Giorni fa ho letto un piccolo testo prezioso di Edgar Morin, filosofo che ha varcato il secolo di vita.
La guerra mondiale, l’ultima, lui l’ha attraversata.
Vi ha combattuto.
Noi oggi sappiamo dalla televisione delle bombe russe sulle città ucraine.
Lui, allora, aveva vissuto la distruzione di Dresda.
1.300 aeroplani inglesi e americani.
2.430 tonnellate di bombe.
300.000 morti.
C’era da abbattere il nazismo?
Sì, certo.
Ma la guerra porta sempre con sé il peggio che l’umanità è in grado di determinare.
E noi da più di un anno con quella atrocità conviviamo.
Angosciati quando leggiamo chi la tragedia te la racconta nella voce, negli occhi, nei corpi delle vittime.
Ma al fondo, sempre noi, come assuefatti all’idea che poiché esiste un aggressore e un aggredito non si possa dire nulla più di quanto si continua a ripetere da giorni, settimane, mesi.
Mentre un paese finisce dilaniato.
E a migliaia continuano a morire.
Dinanzi a quelle immagini, certa informazione si cura solo di capire se la nuova leadership del Pd cambierà linea.
E magari se questo potrebbe avvantaggiare l’altra opposizione ferma oggi nel dire No all’invio di nuove armi.
La nostra segretaria ha risposto.
Ha usato parole nette e rivendicato le scelte compiute.
Ma il punto non è negare ciò che abbiamo detto e fatto sinora.
Il punto è altrove.
Lo dico così.
Possiamo noi – possono la sinistra di questo paese e la sinistra in Europa – subire il ricatto di quanti scomunicano chiunque invochi o insegua una tregua necessaria e una pace possibile?
Io credo di no.
E penso che un nuovo pensiero coraggioso trovi esattamente qui, sul terreno più terribile ma decisivo, il suo banco di prova.
Ancora Morin spiega perché “ogni guerra racchiude in sé manicheismo, isteria bellicosa, menzogna”.
E soprattutto “preparazione di armi sempre più mortali”.
Per questo dinanzi agli orrori della guerra non è consentito banalizzare.
Perché poi c’è differenza tra chi semplifica e chi banalizza.
Aldo Moro quel concetto lo spiegava benissimo.
“Chi semplifica – diceva Moro – toglie consapevolmente il superfluo.
Chi banalizza toglie inconsapevolmente l’essenziale”.
Io mi chiedo: che cosa è accaduto in questi tredici mesi che ha spinto tanti – troppi – a togliere inconsapevolmente l’essenziale?
Lo sappiamo.
La Russia questa guerra non può e non la deve vincere.
E quindi aiutare anche militarmente l’Ucraina a difendersi prima che necessario è un obbligo politico e morale.
Ma cosa significa stare da una parte – nel caso nostro, la parte giusta – “fino alla fine”?
Se siamo la sinistra e se pensiamo che il 6 agosto del 1945 abbia cambiato per sempre il corso della storia con un’etica che solo pazzi, autocrati o dittatori hanno rifiutato: se tutto questo è vero, compito nostro è ricollocare nella storia il concetto della pace e delle azioni utili a perseguirla.
Dobbiamo farlo perché leggere il mondo nella sua complessità è la prima garanzia per non cedere alla banalità.
Lo facciano altri, ma noi non possiamo indossare lenti che riducono il mondo a una contrapposizione tra il Bene e il Male.
La cultura forse rimane la risorsa principale che quella deriva può impedire.
Nei mesi passati c’è stato persino chi, anche nel nostro paese, ha pensato di annullare un corso universitario su Dostoevskij.
Come se le opere di Puškin, Tolstoj o Čechov possano essere imputabili di collusione coi crimini di Putin.
Sono le scorie di una regressione che la guerra produce da sempre.
Al culmine della loro follia, i nazisti misero al bando la cultura francese e quella russa.
Tutta.
Musica, libri, espressioni dell’arte.
Ma davanti al plotone nazista che lo avrebbe fucilato le ultime parole di Jacques Decour, militante comunista della resistenza e cultore della letteratura tedesca, furono solo: “Imbecilli, è per voi che muoio”.
Ma noi?
Io penso che il tema per noi sia come riprendere un pensiero che non sia solamente la distinzione sacrosanta tra aggredito e aggressore, ma che ridia senso all’interrogativo decisivo che oggi è: “per chi muoiono le centinaia di migliaia di donne e uomini di questa guerra che ci appare senza una fine?”.
Lo chiedo qui – in questa giornata importante per la nostra ripartenza – perché dalla risposta che daremo dipende la certezza su cosa voglia significare “andare fino in fondo”.
Viviamo una terza guerra mondiale a pezzi, ha detto la voce più autorevole che parla al mondo.
E quella in Ucraina è già una guerra dalle implicazioni globali.
Per le ricadute che ha sul cibo e non solo.
Perché può accelerare il conflitto tra Washington e Pechino.
Ma se è così radicalizzare quel conflitto – decifrarlo rinunciando alla sua complessità – può condurre a esiti ancora più devastanti.
Penso che questo non possiamo permettercelo.
E non possiamo perché noi siamo la democrazia – la democrazia liberale e occidentale – mentre la Russia è un regime dispotico.
Ed è questa differenza a consentirci analisi che lì sono perseguitate e represse.
Noi possiamo dire che la strategia degli Stati Uniti verso Mosca è stata negli anni contestata anche da voci autorevoli della stessa diplomazia americana.
Noi possiamo dire – perché degli Stati Uniti siamo alleati, non succubi – che l’Europa sino a qui ha avuto una voce flebile.
O quasi nessuna voce.
Si dice che Putin non ha alcun interesse a parlare con noi.
E nemmeno con Macron e Sholz.
Ma è l’Europa che ha un interesse a parlare con la Russia di oggi e di domani.
Ed è l’Europa che per non sprofondare nel passato peggiore ha bisogno di risvegliare la sua potenza diplomatica e politica.
Non è un interesse condiviso da tutta l’Europa, ma è tempo di dire che questo oggi è il nostro interesse.
E allora parlare in ogni contesto, interno e internazionale, di una tregua, di negoziati, della ricerca testarda di una pace futura, non può più essere descritta come una complicità con le azioni criminali di Putin.
Con i dittatori non si discute?
Li si abbatte e basta?
Ma nella sua storia, l’Occidente ha negoziato con molti dittatori.
E a dirla tutta lo ha fatto con maggiore slancio quando in gioco erano i nostri interessi economici.
Industriali.
Militari.
Oggi fermare questa carneficina è interesse nostro come del mondo intero.
Credo che collocare il nuovo Partito Democratico su questa frontiera – l’Ucraina deve difendersi, la pace ha da imporsi – sia il messaggio più potente per una sinistra che voglia tenere assieme le culture che sedici anni fa a questo partito – e al suo splendido nome – hanno dato vita.
Facciamolo e la ripartenza diverrà riscatto di un’etica della politica che prima di quanto pensiamo ci aiuterà a battere la destra e ad aprire una speranza per l’Italia.

da FB del 12 marzo 2023
545  Forum Pubblico / L'ITALIA NON FATELA RIDURRE ad ARCIPELAGO di ISOLE REGIONALI E FEUDALI. / Cerasa: "Certi discorsi della Lega sull'Ucraina sembrano scritti da Lavrov" inserito:: Marzo 26, 2023, 03:32:41 pm
 Cerasa a Tagadà: "Certi discorsi della Lega sull'Ucraina sembrano scritti da Lavrov"

Quella del Carroccio, è "una risposta ai 5 stelle, schierati sul pacifismo farlocco, per non farsi scippare un pezzo di elettorato"
23 mar 2023

Il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo, ieri in Aula, ha annunciato il voto favorevole del suo gruppo sul sostegno a Kyv, ma espresso "la forte preoccupazione su come stanno andando le cose sul fronte della guerra tra Russia e Ucraina", con una pericolosa escalation rappresentata dall'invio di "armi sempre più potenti" alla resistenza ucraina.

 "E' ridicolo pensare sia la posizione personale di un senatore: esprime la posizione del partito. Sembra un discorso scritto dal ministro degli Esteri russo Lavrov. Esprime una linea netta nella quale la Lega considerà responsabilità dell'occidente la mancanza di pace in Ucraina", dice il direttore del Foglio a Tagadà su La7. "E dopo un anno, tocca ripeterlo ancora: per fermare la guerra non bisogna fermare la resistenza Ucraina, bisogna semplicemente fermare Putin".

Quella del Carroccio, aggiunge Cerasa, è "una posizione che nasce anche in risposta a quella dei 5 stelle, schierati sul pacifismo farlocco. Questo crea competizione e la Lega cerca di non fasri sfuggire quel pezzo di elettorato"
546  Forum Pubblico / SIAMO DIFFERENTI e DIVERSI, UGUALI nei DIRITTI e DOVERI, ma DIVISI in CATEGORIE SOCIALI. / La genia che ha militato, milita o militerà nei M5S é da trascurare ignorandoli! inserito:: Marzo 25, 2023, 12:05:31 pm
Sono ignobili SFASCISTI alla Grillo e successivi!

Conte é un ProPutin che non fa ridere.

ciaooo
547  Forum Pubblico / SIAMO DIFFERENTI e DIVERSI, UGUALI nei DIRITTI e DOVERI, ma DIVISI in CATEGORIE SOCIALI. / GAFFE COLOSSALE DEL NOSTRO PROFESSORE PREFERITO – il Prof. ORSINI inserito:: Marzo 25, 2023, 12:03:51 pm
Mazzella (M5S): “Payback, la gabella di Renzi da cancellare per salvare la sanità pubblica” - Quotidiano Sanità

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548  Forum Pubblico / SOCIALESIMO. STUDIO PREPARATORIO ALLA DEMOCRAZIA, OCCIDENTALE, EUROPEA e MEDITERRANEA. / Perché Elly: alla rinascita della sinistra serve un’ideologia inserito:: Marzo 06, 2023, 11:30:51 am
Perché Elly: alla rinascita della sinistra serve un’ideologia

POSTED ON: 2 Marzo 2023 COMMENTS: 0 CATEGORIZED IN: Politica Italia WRITTEN BY: Contributo a Contropiede

Un contributo di Nadira Haraigue. Lunedì 27 febbraio, the day after, è stata una giornata passata a leggere. Leggere la gioia, l’incredulità ma anche commenti velenosi fino alla mancanza di rispetto sull’impresa epica della nuova Segretaria del PD. Quelli dell’estrema destra sono ovvi. Ma quelli che gravitano nell’area centrale sempre meno attraente (le urne, tutte, lo confermano). Poi si razionalizza e si pensa che vabbè sarà che brucia. Non tutti sappiamo perdere e anche chi sa perdere, magari non lo sa fare sempre. Soprattutto quando tutti i sondaggi sono a favore e quando tutti i pianeti paiono perfettamente allineati per il raggiungimento di quell’obiettivo.
Tralascio anche la fuoriuscita “perché il PD è diventato di sinistra” di Fioroni che, con tutto il rispetto, avevo perso dai radar come se fossi stata colpita dall’amnesia di Dori la pesciolina blu. Ma poi arriva la dichiarazione di Gori (come sapete tutti i riflettori erano puntanti su di lui perché avrebbe dichiarato – uso il condizionale perché lui dice che è stato mal interpretato – che sarebbe uscito qualora avesse vinto Elly Schlein). Tutto la norma e tutto in linea con il Gori pensiero niente di così eclatante. Tranne per questo trafiletto in foto.

Vado in ordine:
1.   “Elly si trova di fronte un partito con diverse fratture, tra Nord e Sud, generazionali, ma anche di culture politiche”. Ma Gori che è dirigente del PD da anni, esattamente cosa ha fatto per sanare la frattura tra Nord e Sud? Non è stato quello che ha votato il referendum per l’autonomia della Lombardia nel 2017? La frattura generazionale, lo sa che Elly Schlein ha aggregato un mondo che dal PD non si è mai avvicinato perché è un partito senza identità? E non sto parlando dei GD o dell’operazione di Brando Benifei con “Coraggio PD”. Sto parlando di quei ragazzi dei FFF o altri ancora anonimi che sono venuti a votare o che hanno fatto votare i propri genitori perché ancora under 16? Cosa ha fatto il PD nel quale milita Gori da anni per questi giovani se non dare loro dei contentini? E ancora, le fratture sulla cultura politica, che posizione ha tenuto Gori nei confronti delle persone con orientamento più socialdemocratico che liberaldemocratico se non quello di bollarli come “sinistra” ma nel senso dispregiativo del termine. O ancora dal palco dire “non bisogna vergognarci di parlare di ricchezza” quando noi parliamo di povertà o di disuguaglianza. Cosa hanno fatto coloro che la pensano come Gori e che non hanno preso bene la sua vittoria se non etichettare Elly come Corbyniana o Sandersiana?
2.   “Deve avere la capacità di ricucire”. Cercate di leggere più volte questa frase. Cioè il PD ha passato anni a fare le barricate (per citare un termine usato per commentare la vittoria di Elly) tra bande, a contare le percentuali per piazzare i propri, a usare il manuale Cencelli anche per distribuirsi gli strapuntini e mettere le bandierine nei territori, a fare le larghe intese in nome di una responsabilità sempre più spiccata (e sempre più imbarazzante) pur di stare attaccati al potere, nonostante il malcontento dei militanti che sono diminuiti sempre di più e Elly “deve” avere la capacità di ricucire? E lo deve fare perché lo dice Gori, con questo far paternalistico tipico di chi non accetta che un/a giovane spicca il volo, altrimenti cosa succede? Non sarà capace? Ma se avesse vinto Bonaccini, questo pensiero gli sarebbe venuto in mente? Elly Schlein ha vinto e ha avuto un mandato dal popolo del PD e con questo saprà, come dichiarato da lei, essere la Segretaria di tutte e tutti.
3.   “Dipenderà da lei se terrà o non terrà il PD nella sfera atlantica, se terrà o no la posizione di Letta sulla guerra in Ucraina, se affronterà con pragmatismo il tema del lavoro”. Ora, premettiamo che lei ha vinto le primarie parlando del suo programma che era un reale manifesto e quindi da qualche parte, è stata giudicata più vicina alle persone che l’hanno votata rispetto a Bonaccini. Questo significa che lei deve rispettare questo patto con i propri elettori e non deve seguire le orme di Letta o di nessuno perché è lei la Segretaria. Ma Gori lo ha letto il suo programma? Tralascio il punto sulla sfera atlantica perché è un’insinuazione veramente imbarazzante per chi la esprime perché presta il fianco a coloro che si sono affrettati a chiamarla “Mélenchon”. Il passaggio sulla guerra in Ucraina nel programma lo ha letto? Lo scrivo qui: “Il sostegno di tanti Paesi ha permesso all’Ucraina di continuare a esistere senza capitolare. Serve un maggiore sforzo politico e diplomatico dell’Unione europea, insieme ai nostri alleati e in seno alla Comunità internazionale, per creare le condizioni che portino ad un cessate il fuoco e all’avvio di una Conferenza di pace multilaterale che possa portare alla fine della guerra. Sosteniamo e sosterremo il popolo ucraino con ogni forma di assistenza necessaria a difendersi, per ristabilire il diritto internazionale e i principi su cui si fonda la convivenza pacifica fra i popoli. Senza però rinunciare alla nostra convinzione che le armi non risolvano i conflitti, e che non possiamo attendere che cada l’ultimo fucile per costruire la via di una pace giusta”. Ci sono ambiguità? Parlare anche di Pace non significa escludere l’aiuto. Oppure dobbiamo esprimerci solo di guerra per essere credibili? Sul lavoro, il piano di Elly è chiarissimo ed è estremamente pragmatico. Magari non piace a Gori, ma questo è un altro discorso. “Voltare nettamente pagina dopo gli errori del “Jobs Act” e del “decreto Poletti” sulla facilitazione dei licenziamenti e la liberalizzazione dei con¬tratti a termine. È necessaria una lotta serrata alla precarietà e allo sfruttamento, ponendo fine alla concorrenza al ribasso sul terreno delle tutele e dei salari. Bisogna limitare il ricorso ai con¬tratti a tempo determinato a partire da quelli di brevissima durata, come hanno fatto in Spagna coinvolgendo organizzazioni datoriali e sindacali, e rendere strutturalmente più convenienti per le imprese i contratti stabili”. Forse non è pragmatico perché parla prima dei lavoratori e non delle imprese? O forse perché bisogna superare il Jobs act? Gori forse non si è accorto che questo era scritto anche nel nostro programma elettorale alle politiche e, sì, non siamo stati votati perché non eravamo credibili. Perché allora non l’ha detto a Letta che doveva essere più pragmatico? Infine, la Spagna sembra a Gori un pericoloso paese di estrema sinistra? Nel programma di Elly si parla di aumentare i contratti a tempo indeterminato per combattere la precarietà come fa la Spagna.
La realtà è questa, Elly Schlein non doveva vincere e invece ha vinto. Come ha detto lei a caldo “e anche questa volta non ci hanno viste arrivare”. (viste con la e). È riuscita nell’impresa di portare gente a votare. Gente fuori dal PD, quelli che non ci votavano più. Ha invertito il risultato uscito dalla convenzione dei circoli che ha visto Bonaccini vincere – ma non stravincere – con la partecipazione di 150.000 iscritti. E tra questi 150.000 vi sono anche i pilotati dai padroni delle tessere, dei circoli e dei territori. Togliamo il velo dell’ipocrisia e diciamocele le cose. Abbiamo visto numeri imbarazzanti in alcune zone dove i capibastoni sono degli imperatori. Ma più di un milione di persone hanno partecipato alle primarie e noi vogliamo puntualizzare sul fatto che i primaristi hanno ribaltato la situazione come per delegittimare Elly Schlein? Proprio quando, per anni, il PD ha lamentato un disamoramento micidiale e un allontanamento del proprio elettorato di riferimento.
Gli elettori, legittimati dallo statuto – ancora in vigore – hanno deciso, sfidando la pioggia e il vento e mettendosi in fila con in mano documenti e 2 euro, che la persona più credibile fosse Elly Schlein. E cioè, senza mettersi d’accordo, senza ascoltare nessuno, hanno deciso di comunicare al PD qual è la rotta da seguire: la radicalità. E chi avrà il coraggio di sovvertire questo mandato, si prenderà questa responsabilità e dovrà poi avere il coraggio di andare di nuovo dinnanzi ai cittadini a chiedere il voto.
È l’ora della radicalità e del cambiamento. E gli elettori hanno deciso che, a guidare l’opposizione contro Donna Giorgia, ci volesse un’altra Donna, Femminista, Progressista, Ecologista. Una donna dalle mille sfaccettature culturali e valoriali. Una donna che conosce perfettamente lo scenario nazionale e internazionale, che sa benissimo quale blocco sociale rappresentare, e che urla dai palchi: “mai più il PD dovrà approvare il memorandum con la Libia”. (punto sul quale Bonaccini non ha mai dato una risposta e punto mai così attuale). Una donna che non ha bisogno di un padrino o del permesso di un uomo per salire la difficile strada verso l’apice. L’ha fatto e ci è riuscita.
Per anni il PD ha teorizzato la fine delle ideologie permettendo ai peggio populisti di ogni schieramento di farsi strada e permettendo alle destre di teorizzare la loro e vincere. È stato un errore e i primaristi, nostri elettori, sono venuti a dircelo sbattendocelo in faccia in un silenzio surreale, con una sola croce sul nome Schlein.
Elly Schlein sa che il partito deve rigenerarsi e la rigenerazione chiede un cambiamento radicale, qualcosa di totalmente nuovo, totalmente diverso da quello che c’era prima. Lo sguardo femminile e femminista è la novità che serve perché è sempre mancato. Ed è dannatamente pragmatico, caro Gori.
È tempo che la sinistra si trasformi in qualcosa di forte e che abbia idee molto chiare sull’uguaglianza, sull’economia, sulla libertà, la giustizia, e questo significa avere ideali e piattaforme lontane dall’inerzia e dalla tiepidità a cui siamo stati abituati per troppi anni. Il partito del “ma anche”.
È tempo, quindi, di uscire dal letargo perché i tempi nuovi, i nostri tempi, sono già iniziati. È l’occasione giusta per ritrovare vitalità e la carica che non è andata perduta ma che, in questi anni, non si è manifestata.
La sinistra di Elly consiste nel rappresentare ciò che non rappresentavano più i politici, ed è esattamente questo che gli elettori hanno capito. Più di 1.000.000 persone sono venute a votare e, di queste, quasi 600.000 hanno scelto Elly Schlein. Sono nostri elettori e non possiamo dire loro che il loro voto non vale quanto quello degli iscritti. Finché non si cambia lo statuto. E finché ci interessa che non voltino le spalle per andare altrove.
Gli elettori hanno scelto una linea precisa e tutti, la famosa classe dirigente, devono lavorare con umiltà e mettersi a disposizione per ricucire, non il PD, ma il contatto con la realtà e con i bisogni dei cittadini tutti.
“Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla”. (Martin Luther King)

549  Forum Pubblico / O.P.O.N. OPINIONE PUBBLICA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE. / SCAMBIO D'0PINIONE in Facebook. inserito:: Marzo 06, 2023, 11:24:16 am
La vita comincia dopo il parto, prima è la gestazione di cui la madre risponde e decide a suo giudizio.
ggiannig
Fan più attivo

Vanna Vannucchi
Gianni Gavioli questa è una sua opinione. La vita comincia molto prima. Glielo dice una biologa
550  Forum Pubblico / O.P.O.N. OPINIONE PUBBLICA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE. / Senza la VERITA' non c'é Giustizia ma solo inganni partitocratici. Cerasa BASTA. inserito:: Marzo 06, 2023, 11:20:41 am
Contro i tribunali del popolo
Perché l'inchiesta di Bergamo sul Covid è un gran regalo al processo mediatico

Claudio Cerasa 03 mar 2023
Gli errori politici non sono crimini. Cosa rischia uno stato di diritto quando la giustizia prescinde dalla ricerca dei reati e si occupa della ricerca della verità?

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L'inutile reato di Covid
La separazione dei poteri: certo, come no. Sono ormai tre anni che le procure di mezza Italia hanno deciso di dedicare grande attenzione a un aspetto cruciale legato alla gestione della pandemia. Quell’aspetto è lo stesso maneggiato in queste ore dai magistrati di Bergamo, che hanno scelto di indagare per il reato di diffusione colposa dell’epidemia in Val Seriana l’ex premier Giuseppe Conte, il governatore lombardo Attilio Fontana, l’ex ministro Roberto Speranza e l’ex assessore Giulio Gallera, ed è un aspetto che brutalmente, ci perdonerete, potremmo sintetizzare così: è lecito oppure no trasformare in reati gli eventuali errori di una classe politica? Ed è lecito oppure no che la magistratura possa uscire fuori dal suo recinto occupandosi non solo di presunte violazioni del codice penale ma anche di possibili violazioni del codice morale? Ed è lecito oppure no che la magistratura faccia quello che ha scelto di fare anche a Bergamo, mettendo l’azione penale al servizio della ricerca non di un eventuale reato ma della Verità, con la “v” molto maiuscola?
 
Per capire l’enormità di quello che sta succedendo a Bergamo potrebbe essere sufficiente rileggere un piccolo e incredibile trafiletto pubblicato ieri sul Corriere della Sera, in cui si riporta autorevolmente la voce e il pensiero del procuratore di Bergamo: Antonio Chiappani. Leggete bene. Chiappani tiene a far sapere dell’“impegno profuso da questo ufficio per dare ai cittadini di Bergamo una ricostruzione della risposta fornita dalle autorità sanitarie e civili contro la propagazione della pandemia nel nostro territorio”. E, scrive il Corriere, “al di là di come finirà l’inchiesta, sembra che la Procura voglia dare un valore anche extragiudiziario al lavoro compiuto”. Dice ancora Chiappani: “Il materiale raccolto servirà non solo per le valutazioni di carattere giudiziario, ma anche scientifiche, epidemiologiche, di sanità pubblica, sociologiche, amministrative”.  “Credo che abbiamo dato un contributo alla comprensione di che cosa sia successo nei primi drammatici mesi della pandemia nel nostro territorio”.
 
Avete letto bene. Il procuratore di Bergamo di fatto sta dicendo che le inchieste giudiziarie possono prescindere dalla ricerca dei reati (“il materiale raccolto servirà non solo per le valutazioni di carattere giudiziario”) se queste hanno una valenza sociale, utile cioè a offrire ai cittadini qualche elemento in più per capire il mondo che li circonda e per farsi un’idea di che cosa sia andato storto o no in un preciso momento storico. A suo modo, dunque, è una dichiarazione importante quella offerta da Antonio Chiappani, che con molta trasparenza ha messo in chiaro un cambio di fase vero all’interno della nostra repubblica giudiziaria: la presenza di inchieste costruite non necessariamente per dimostrare se un reato sia stato compiuto oppure no. Il tribunale del popolo, di solito, funziona così. Funziona con le inchieste che nascono, appunto, a furor di popolo. Funziona con i magistrati che, colpiti dalla società del dolore, si sentono in dovere di dare risposte al popolo. Funziona con le inchieste che vengono architettate con la consapevolezza che ciò che conta davvero non è portare a processo gli indagati ma offrire elementi solidi per avere un processo mediatico fatto con i fiocchi. E funziona poi di solito con una giustizia che effettivamente fa il suo corso, e che molto spesso archivia le indagini che prescindono dalla ricerca dei reati, e che però quando arriva alla fine del suo percorso offre regolarmente ai cittadini l’immagine di una giustizia ingiusta, incapace di allinearsi con la sentenza già emessa dal circo mediatico: tutti colpevoli.
 
Non sappiamo se andrà così anche con le indagini di Bergamo (ma quel che conta comunque è il valore extragiudiziario dell’inchiesta, no?) ma sappiamo che finora ogni tentativo portato avanti dalla magistratura di sindacare con le armi della giustizia sulle scelte della politica si è andato a scontrare contro un muro chiamato realtà. E la realtà, per quanto dolorosa, ci dice che l’Italia, come tutti, durante la pandemia, ha fatto quel che ha potuto. Ha dovuto fare scelte improvvise, complicate, dolorose, e quasi sempre sagge, sulla base dei pochi elementi che si avevano a disposizione all’inizio della pandemia. E così, nel giro di tre anni, le molte inchieste aperte dalla magistratura per sindacare sulle scelte della politica si sono sciolte regolarmente come neve al sole (ma quel che conta comunque è il valore extragiudiziario dell’inchiesta, no?).
 
Il 13 agosto del 2020 la procura di Roma chiede al tribunale dei Ministri l’archiviazione per Giuseppe Conte e i ministri Bonafede, Di Maio, Gualtieri, Guerini, Lamorgese e Speranza, indagati per il loro operato durante l’emergenza sanitaria. Nel luglio del 2021 la procura di Lodi archivia un’inchiesta per omicidio colposo e epidemia colposa. Nell’ottobre del 2021, la procura di Milano chiede l’archiviazione dell’indagine simbolo della presunta “strage di anziani” durante la prima ondata della pandemia: quella a carico degli amministratori del Pio Albergo Trivulzio.Nell’ottobre del 2021,  la procura di Campobasso chiede l’archiviazione sulla gestione sanitaria dell’ospedale Cardarelli. Nel novembre del 2021, la procura di Bari chiede l’archiviazione per un’indagine che ipotizzava, a carico di ignoti, i reati di epidemia colposa, lesioni personali e omicidio colposo. Il 10 gennaio del 2022, la procura di Como chiede le archiviazioni per tutte le cause aperte nella primavera dell’anno precedente nei confronti di 13 case di riposo e due ospedali. E poi altre archiviazioni ancore per storie simili. A marzo del 2022 tocca a Torino (Rsa). Il 5 novembre 2022, tocca a Mantova (ancora Rsa). Il 17 novembre del 2022, è la volta di Genova (ancora Rsa). II 22 novembre, ancora, arriva un’archiviazione per fatti simili dalla procura di Venezia. Tutto questo, in teoria, dovrebbe farci riflettere, su cosa significhi mettere l’azione penale al servizio della ricerca non di un eventuale reato ma della Verità, con la “v” molto maiuscola, e su cosa significhi avere un sistema giudiziario tarato per alimentare in modo scientifico il processo mediatico, e per affermare dunque sulla scena pubblica una verità che essendo solo mediatica tenderà spesso a discostarsi da quella giudiziaria.
 
Si potrebbero fare questi ragionamenti ma purtroppo i ragionamenti che leggerete, sull’incredibile inchiesta di Bergamo, andranno in un’altra direzione, simile a quella suggerita ieri, con una nota a metà tra il comico e il surreale, del presidente dell’Ordine dei giornalisti, della segretaria generale della Federazione nazionale stampa e del presidente della Fnsi, convinti che di fronte a cotanto scenario il tema non siano i magistrati che offrono bocconcini prelibati al processo mediatico ma siano le norme sulla presunzione di innocenza eccessivamente garantiste che non hanno consentito ai magistrati di fare conferenze stampa dopo l’apertura delle indagini e che per questo “vanno corrette al fine di garantire il corretto equilibrio fra il dovere di informare e le garanzie per tutti i cittadini quando vengono indagati”. Da Marte è tutto, a voi studio.
•   
•   Claudio Cerasa Direttore
•   Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.

I più letti di Giustizia

Le mille contraddizioni dell'indagine sulla gestione della pandemia

Quella di Bergamo è la prima procura al mondo ad accusare un governo di aver favorito la diffusione della pandemia. Ma l'inchiesta, piuttosto che su prove, sembra basarsi sul "senno del poi" e numeri senza senso
Ermes Antonucci
La decisione
L'inchiesta della procura di Bergamo sulla gestione del Covid: cosa si sa e chi riguarda

I pm hanno aperto un'indagine, fra gli altri, per l'ex premier Conte, l'ex ministro della Sanità Speranza e il governatore lombardo Fontana. Le accuse sono di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo e rifiuto di atti di ufficio

da CLAUDIO CERASA

551  Forum Pubblico / L'ITALIA NON FATELA RIDURRE ad ARCIPELAGO di ISOLE REGIONALI E FEUDALI. / Dobbiamo considerarci società italiana divisa in categorie umane e professionali inserito:: Marzo 05, 2023, 12:02:57 pm
Gianni Gavioli
Dobbiamo considerare la società italiana divisa per categorie umane e professionali.
Ogni Categoria ha sue esigenze, necessità, sue problematiche e opportunità di soluzione da portare in Comunità.
Diversi e Differenti sono realtà da fare scorrere in un unico Fiume vitale, ma spesso con malefici "gorghi".
Tra malvivenza e ingenuità, tra indolenza e menefreghismo.
Tra cento falsità, inganni e mille ombre malefiche.

Ma il tutto l'abbiamo permesso o voluto NOI?
ggiannig

su Fb oggi 5 marzo 2023
552  Forum Pubblico / SIAMO DIFFERENTI e DIVERSI, UGUALI nei DIRITTI e DOVERI, ma DIVISI in CATEGORIE SOCIALI. / Le TERRE DI RANGO, le Categorie di Persone e Azioni DIFFERENTI dalla Massa. inserito:: Marzo 04, 2023, 05:31:32 pm
Le Categorie Umane non sono le Razze (che nell'uomo non esistono).
Non sono neppure le Classi Sociali tirate in lungo artificialmente da una ideologia incapace di coesistere e proiettarsi nel futuro con il progresso dello sviluppo compatibile.
In fondo le Categorie Umane non sono neppure trattate concretamente nella Condizione Umana su cui si filosofeggia da oltre un secolo.

Le Categorie Umane, per come le intendiamo noi, sono le Differenti Condizioni in cui l’essere umano è costretto a vivere o in ogni caso vive, sia come singolo protagonista della sua condizione personale, sia come compartecipe della situazione generale con il suo gruppo, oppure immerso nell’area in cui respira, sino ad arrivare alla realtà della Nazione che abita, oppure nelle diverse società umane del mondo.
Le Categorie Umane sono infinite, dunque, se consideriamo che ogni individuo è un Mondo complesso con diverse aspettative sociali e differenti ambizioni personali egocentriche.

La strada che intendiamo “trovare” in questa complessità sociopolitica, resa più imbrigliata da una gestione malsana della cosa pubblica, è quella che prima o poi farà incontrare l’umanità che pensa con l’Essenza del tutto: l’UOMO.
L’Essenza ci significa che - “ciò per cui una certa persona è quella che è, e non un’altra persona” - (concezione aristotelica).   

Quindi è sulla qualità del singolo Essere Umano che la Società del futuro deve investire: la qualità sociale e personale del Singolo nella migliore qualità dell’ambiente in cui vive.
Noi Vecchi non ci saremo, ma oggi essendo sopravvissuti (forse) ad una catastrofe che pochi hanno compreso in modo consapevole, pensiamo nel modo sopra descritto, … IN SINTESI.

ggiannig

a commento del Gruppo Tematico sul Separatismo Predone.
553  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / A 15 anni ho scritto le mie prime poesie e a 16 anni sono finita per la prima... inserito:: Marzo 04, 2023, 05:20:26 pm
Quando Cerasa vorrà discettare sullo Sfascismo imperante?

ggiannig
554  Forum Pubblico / L'ITALIA NON FATELA RIDURRE ad ARCIPELAGO di ISOLE REGIONALI E FEUDALI. / Con ragioni diverse dai Nordisti, ma anche il Sud ritorna Sfascista. inserito:: Marzo 03, 2023, 05:23:52 pm
Autonomia differenziata, il sì di Calabria e Basilicata divide (anche) il Sud: «Voto contro la Costituzione»

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555  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / in Facebook non riconosco più la Pagina di Arlecchino Euristico Non Usatela. inserito:: Marzo 02, 2023, 06:02:28 pm
Nelle condizioni in cui sono stato messo, in Facebook, questa non la riconosco più come Pagina di Arlecchino Euristico.
Non Usatela.


Tra qualche mese uscirà il cartaceo "I SEMI DI ARLECCHINO EURISTICO" e tra le decine di altre cose, spiegherò anche questa sottrazione di libertà d'espressione e di partecipazione.
ciaooo

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