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1966  Forum Pubblico / LA COSTITUZIONE, la DEMOCRAZIA, la REPUBBLICA, vanno Difese! Anche da Noi Stessi. / La sconfitta di Trump non cancella le ragioni dell’ascesa del populismo. inserito:: Novembre 12, 2020, 12:53:15 pm
CATEGORIA: SISTEMA SOLARE

La sconfitta di Trump non cancella le ragioni dell’ascesa del populismo

 Scritto da Accademia Politica il 10 Novembre 2020

La fresca vittoria di Biden alle elezioni americane, non eclatante come molti si aspettavano, non deve indurci a sottovalutare il fenomeno del populismo, o a credere in una sua improvvisa scomparsa. Infatti, sono molteplici gli eventi che in un passato recente hanno attirato l’attenzione verso questo tema sempre più discusso, come la Brexit, l’ascesa della Lega Nord e del Movimento 5 Stelle.

Volendo dare inizialmente una definizione di questo fenomeno, nonostante non esista unanimità al riguardo, mi sembra essenziale menzionare Cas Mudde, che nel famoso libro “Populist radical right parties in Europe” nell’identificazione dei partiti populisti enfatizza aspetti quali il sentimento anti-establishment, la protezione dei valori locali o nazionali, l’autoritarismo, l’esaltazione di principi di democrazia diretta e spesso l’identificazione del partito nella figura di un leader unico. Alla base del sentimento anti-establishment vi è la volontà di questi partiti di sottolineare il valore delle persone comuni, oneste, sempre giustificabili, contrapposto alle élite, accusate di ricercare il potere per il perseguimento dei propri interessi personali, raggiunti attraverso la corruzione e l’inganno.



Per comprendere meglio l’offerta politica di queste forze, consideriamo anche la definizione data dall’enciclopedia britannica, che aggiunge un aspetto fondamentale: l’offerta di soluzioni immediate, facili da realizzare, omettendo sistematicamente i costi futuri delle politiche promesse, sfruttando, spesso a dismisura, il patto intergenerazionale.

Queste prime definizioni sicuramente hanno portato il lettore ad identificare alcune politiche di cui negli anni si è parlato spesso, come ad esempio, l’abbandono dell’euro. Tuttavia, essendo il populismo definito anche come una “terza ideologia”, o meglio, “non ideologia”, è impossibile definire a priori una politica come populista, così come nemmeno il posizionamento del partito dal quale proviene. Le motivazioni sottese, se rivolte soltanto al perseguimento della volontà popolare, e le scelte di comunicazione che veicolano la politica, se semplicistiche e frequentemente aggressive, sono le discriminanti in tale identificazione.

Se la ricerca di una definizione di populismo non ha ancora portato un risultato univoco, c’è ancora più dissenso sulle motivazioni che spingono le persone a preferire partiti populisti.
I due più importanti filoni di ricerca si sono concentrati sulle ragioni culturali ed economiche.
Le spiegazioni culturali riguardano principalmente il rigetto dei valori progressisti, come il pluralismo e l’uguaglianza, da parte di alcune categorie che si sentono minacciate dallo sviluppo di una nuova società, che progressivamente rischia di fargli perdere il proprio status sociale.

Tra le cause economiche rientrano la globalizzazione, il progresso tecnologico, le crisi economiche e l’austerità, che vanno ad incidere in modo sempre più rilevante su specifiche classi sociali, ossia i low skilled worker. Al contrario i benefici sono distribuiti principalmente sulle classi medie e benestanti, che possono trarre un duplice vantaggio: incremento del valore del proprio lavoro e riduzione dei prezzi dei beni di consumo dovuta a minori costi di produzione.

Sia le cause economiche, sia le cause culturali si riferiscono alla medesima fetta di popolazione. Proprio per questo alcuni ricercatori, come Yotam Margalit, sostengono che la parte più conservatrice della comunità ha sempre provato avversione nei confronti delle élite, in quanto promotrici di valori progressisti, tuttavia, soltanto nel momento in cui la loro situazione economica è peggiorata hanno espresso tutto il proprio risentimento attraverso il supporto a partiti populisti.

Molto simile è l’intuizione che scaturisce dalla ricerca di Colantone e Stanig (“The economic determinants of the “Cultural Backlash”: globalization and attitudes in Western Europe”, 2018). Viene confermata l’importanza della componente economica: gli individui maggiormente esposti alla globalizzazione (misurata mediante l’import dalla Cina e la composizione settoriale dei distretti pre e post shock) supportano maggiormente leader forti. Tuttavia, tale effetto incide in modo eterogeneo su segmenti diversi della popolazione e, in particolare, le persone con un grado di istruzione più basso si sono dimostrate più suscettibili a valori antidemocratici.

Se l’intervento dello stato è spesso motivato da principi paternalistici, di questa rimonta del populismo non possono essere incolpati soltanto i cittadini. La colpa, molto spesso, dovrebbe ricadere anche sui cosiddetti partiti tradizionali, che non sono stati in grado di mettere in campo politiche adeguate a supportare i “perdenti” dei recenti shock economici.

Dall’altro lato, i partiti populisti sono stati in grado di raccogliere le istanze di quella parte di popolazione che si è sentita inascoltata. Tuttavia, non sono certamente privi di colpe. Se sul fronte dell’informazione e della comunicazione è un po’ utopistico poter credere che i cittadini possano essere informati in modo onesto ed esaustivo di tutti i pro e i contro delle politiche proposte, solo in questo modo potremmo effettivamente parlare di democrazia rappresentativa, una democrazia in grado di rappresentare le opinioni informate dei cittadini.

Elevando la moralità a un valore da perseguire soprattutto per i politici, almeno la menzogna, la semplificazione eccessiva e la fomentazione di paure e comportamenti pericolosi andrebbero evitati e non sfruttati per creare ben più dei “due minuti di odio” di George Orwell. I partiti populisti dovrebbero sfruttare il proprio capitale in modo costruttivo, guidando i cittadini e riconvogliando la loro rabbia all’interno dei confini istituzionali e democratici, rendendoli parte di un pluralismo che spesso negano.

Sabrina Fazio

Da - https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2020/11/10/trump-ascesa-populismo/
1967  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / Attenzione! Perché dobbiamo accettare l'era dell'incertezza inserito:: Novembre 11, 2020, 11:04:29 am
Attenzione! Perché dobbiamo accettare l'era dell'incertezza - la Repubblica

Posta in arrivo

ggiannig <ggianni41@gmail.com>
09:30 (1 ora fa)
a me

https://www.repubblica.it/economia/2020/10/28/news/attenzione_incertezza-272106159/
 
1968  Forum Pubblico / DIVENTATO = I.C.R. MARKETING & COMUNICAZIONE SOCIALE. / Tumulti strumentali in piazze malamente motivate. inserito:: Novembre 08, 2020, 09:37:17 pm
Dopo i bombardamenti, noi Italiani abbiamo capito e sopportato limitazioni energetiche con il blocco di tutta la circolazione privata nei fine settimana, però molti si sono anche divertiti nel rispettare le disposizioni ovvie e comprensibili a tutti, utilizzando mezzi alternativi sportiveggianti.
Poi abbiamo avuto gli attentati estremisti di colore criminale diverso, ma anche quelli mafiosi.
Abbiamo contato i morti nei terremoti, nelle alluvioni, negli incidenti stradali provocati da vetture poco sicure già all'uscita dalle fabbriche.
Quanto altro ancora: dal Vajont e la sua diga del disonore, ai morti per il vino al metanolo, sino alla miserrima contraffazione di alimenti, ai terreni agricoli comprati non per coltivarli ma per seppellirvi rifiuti tossici industriali, ma ancora arrivare a subire l’inquinamento malsano e portatore di malattie, di una delle più invidiate e meravigliose falde d’acqua in Europa, quella Veneta.
Abbiamo visto uccidere i nostri vecchi scelti al martirio per far risanare chi era più giovane, per colpa di chi da anni ha predato il Sistema Sanitario per egoistici scopi immondi.
Infine Taranto e le sue vittime, quelle già morte e quelle ancora viventi.
E oggi?
Dopo una prima reazione civile, sana e prudente della popolazione tutta, nella prima fase della pandemia, oggi assistiamo non soltanto al cedimento morale giustificato di molti concittadini indeboliti dal timore, ma soprattutto alla repentina ribellione di parte della “forza lavoro indipendente” per forzare il risarcimento di danni economici ancora da quantificare, perché non ancora sofferti, nella seconda pandemia!
Chi dobbiamo temere di più il Virus o l'inciviltà e la cattiveria della sobillazione.

ggiannig su Fb del 8 novembre 2020 sui tumulti strumentali.
1969  Forum Pubblico / O.P.O.N. OPINIONE PUBBLICA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE. / America cartina di tornasole per Papa Francesco. inserito:: Novembre 08, 2020, 05:59:21 pm
Centrismo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Questa voce o sezione sull'argomento politica è priva o carente di note e riferimenti bibliografici puntuali.
Commento: L'intera voce si regge sulla traslazione del concetto americano di centrismo in un contesto politico radicalmente diverso come quello italiano. Si rende necessaria una più ampia bibliografia in lingua italiana, dato che la maggior parte di essa definisce il centrismo come la tendenza a escludere le forze estreme, in contrapposizione al bipolarismo. Questa voce sembra invece trattare il differente concetto di Partito di centro.
Sebbene vi siano una bibliografia e/o dei collegamenti esterni, manca la contestualizzazione delle fonti con note a piè di pagina o altri riferimenti precisi che indichino puntualmente la provenienza delle informazioni. Puoi migliorare questa voce citando le fonti più precisamente. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.

Centrismo[1] [2] o centro è il termine usato per definire l'area dello schieramento politico che si colloca fra i conservatori (destra) e i progressisti (sinistra).
Esso ha un significato diverso nella tradizione marxista, dove si analizza sostanzialmente la posizione intermedia tra rivoluzionari e riformisti rivendicata dai partiti dell'Unione dei Partiti Socialisti per l'Azione Internazionale. [3][4]



Definizione
Secondo il Dizionario Garzanti "centrismo" può significare:
"1. tendenza, indirizzo di chi occupa una posizione di centro all'interno di uno schieramento politico" o
"2. formula politica imperniata sulla coalizione di governo dei partiti di centro",[5] mentre Lo Zingarelli distingue tra "centro"
("3. settore di mezzo in un emiciclo assembleare [...]. Raggruppamento politico di tendenza moderata, sia di uno schieramento di partiti che all'interno di un partito") e "centrismo" ("tendenza di gruppi politici a formare una coalizione di centro dalla quale siano escluse le destre e le sinistre"). [6]
Secondo il Dizionario di Politica di Norberto Bobbio, Nicola Matteucci e Gianfranco Pasquino, centrismo: "indica, secondo la tradizionale visione geometrica della politica, [...] la posizione intermedia per antonomasia". "Non vi è dubbio che il centrismo corrisponde al moderatismo, ma mentre per i centristi in medio stat virtus, per gli oppositori esterni centrismo è sinonimo di indecisione, di immobilismo, di opportunismo e così via". Oltre che in questo significato, centrismo può essere inteso anche come "formula di governo" (come nel caso del centrismo degasperiano) e come "modo di funzionamento del sistema partitico" nella trattazione di Maurice Duverger e di Giovanni Sartori. [7]
Il centrismo non implica di per sé appartenenze ideologiche nette in quanto in ogni paese il centro assume caratteristiche diverse. Solitamente il centro è presidiato da partiti che si ispirano al cristianesimo democratico o al liberalismo (nel primo caso il centro ha una caratterizzazione maggiormente religiosa, nel secondo maggiormente laica), sebbene non manchino casi nei quali i socialdemocratici si siano caratterizzati come centristi.

Il centrismo è dunque una cornice ideologica non nettamente definita, nella quale vengono categorizzati i partiti che si collocano nel mezzo dello schieramento politico e che si fanno promotori di una posizione intermedia tra le posizioni di destra e sinistra in campo socio-economico. I partiti di "centro agrario", la cui ideologia è definita come "centrismo agrario" o "post-agrario", presenti nei Paesi scandinavi e in quelli baltici, [8] costituiscono un esempio particolare: i loro programmi, oltre alla difesa degli interessi dei contadini e alla protezione delle comunità rurali, si caratterizzano sempre maggiormente anche per lo sviluppo delle piccole attività imprenditoriali bilanciate con la tutela dell'ambiente, in un'ottica di decentralizzazione. [9][10]

Spesso anche il populismo viene catalogato come una forma di centrismo[11] (è questo, per esempio, il caso dei due maggiori partiti irlandesi, il Fianna Fáil e il Fine Gael), così come il concetto di radical centre o radical middle (almeno fin da quando The Economist ha dichiarato che la sua posizione politica è l'extreme centre[12]) e la third way teorizzata da Anthony Giddens. [13][14]

Il centrismo nel mondo

Paesi anglosassoni
Negli Stati Uniti il centrismo (spesso definito middle-of-the-road, e più recentemente, nel caso del centro-sinistra, third way) non ha dato mai luogo alla nascita di un vero e proprio partito politico, anche se molti esponenti sia del Partito Repubblicano che del Partito Democratico vi fanno riferimento. Tra i gruppi centristi nel Partito Repubblicano si ricordino la Republican Main Street Partnership (di cui era membro John McCain) e i Rockefeller liberals, mentre nel Partito Democratico sono spesso considerati centristi gli aderenti al Democratic Leadership Council e la Blue Dog Coalition. Il Partito Libertario, pur sposando principi propri sia dei Repubblicani (in economia) che dei Democratici (sulle questioni sociali), non si può considerare un vero e proprio partito "di centro", quanto piuttosto una forza politica super partes.

Nel Regno Unito, in Canada, Australia e Nuova Zelanda, così come negli Stati Uniti, si trovano esponenti centristi nelle file di entrambi i maggiori partiti. Nel Regno Unito le posizioni centriste sono state assunte dal Partito Liberale, partito che rappresentò la "sinistra" del panorama politico inglese fino al termine della prima guerra mondiale, ma che dal 1920, si è visto scavalcare a sinistra dal Partito Laburista e iniziò un declino letterale (cosa che invece non accadde in Canada, dove il Partito Liberale è rimasto il partito principale nel fronte del centro-sinistra). Verso gli anni ottanta ciò che rimaneva del vecchio Partito Liberale britannico (erede degli Whig) si fuse con un drappello di socialdemocratici centristi fuoriusciti del Partito Laburista, e da tale unione nacquero i Liberal Democratici. Negli ultimi anni si è osservato il riposizionamento del Partito Liberal-democratico alla sinistra del panorama politico britannico, anche a sinistra dei Laburisti, in virtù di una nuova connotazione fortemente progressista, oltre alla sua contrarietà nei confronti della partecipazione guerra d'Iraq approvata da Tony Blair, primo ministro laburista.

Europa continentale
In Europa continentale, sono considerati centristi i partiti di ispirazione cristiano-democratica, come la Democrazia Cristiana in Italia e l'Unione Cristiano-Democratica di Germania (peraltro più orientata su posizioni di centro-destra), nonché partiti moderati di orientamento liberal-democratico, come l'Unione per la Democrazia Francese.

A livello regionale, si collocano nell'area centrista il Partito Popolare Europeo (PPE, centro-destra), il Partito dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa (ALDE, centro) e il Partito Democratico Europeo (PDE, centro-sinistra). Il PPE costituisce il gruppo politico più numeroso al Parlamento europeo e vede l'adesione di cristiano-democratici, conservatori e alcuni liberali: sono presenti partiti tradizionalmente centristi come l'UDC, il MS svedese e i democristiani belgi (CDH e CD&V) assieme a partiti più conservatori come l'UMP francese. L'ALDE raggruppa invece liberali conservatori, orientati a destra, i liberali sociali, orientati a sinistra e anche forze politiche di tradizione laica.

Infine, si ricordano gli esperimenti di alcuni partiti socialdemocratici europei nel tentativo di conquistare una fetta dell'elettorato centrista, come il new Labour[15][16][17] del Partito Laburista britannico e il neue Mitte[18][19][20] del Partito Socialdemocratico di Germania. Alcuni teorici, come Anthony Giddens, o commentatori politici, hanno parlato a tal proposito di third way centrista[13][14] o di radical centre/middle.[21][22][23][24]

Il centrismo in Italia
Magnifying glass icon mgx2.svg   Lo stesso argomento in dettaglio: Centrismo in Italia.
Questa voce non è neutrale!
La neutralità di questa voce o sezione sull'argomento politica è stata messa in dubbio.

Motivo: L'attribuire e includere nei partiti centristi tutti i partiti che si allearono con partiti centristi è una mera opinione personale, per esempio si osserva che il PSDI fu talvolta alleato DC, in alcuni casi unito in un unico partito col PSI, i liberali si sono sempre definiti di destra. Seguendo la medesima logica, simmetricamente perché non definire di destra la DC che si alleò con il PLI? Non per buttarla in politica ma la percezione sarebbe che si voglia creare l'impressione dell'esistenza di un grande raggruppamento italiano di partiti di centro, condotto con l'inserimento di molteplice sigle di partitini che allo stato attuale sono "neglible" per una voce enciclopedica generica e da uno svincolo completo da quello che furono le posizioni dei partiti e le loro variazioni nel periodo 1946-1994. La nota POV è da intendersi applicata a tutti sottoparagrafi riguardanti il centrismo in Italia
Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finché la disputa non è risolta. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.

Il logo della Democrazia Cristiana, un ex-partito di centro che attirò per lungo tempo sia voti dai progressisti non marxisti che dai liberali e conservatori anti-fascisti
In Italia, dal 1946 in poi, il centrismo è stato principalmente sinonimo di cristianesimo democratico. La DC ha racchiuso al proprio interno variegate posizioni sia in campo economico-sociale che culturale, tutte, però, cresciute nel comune alveo della dottrina sociale della Chiesa cattolica.

Accanto alla DC, in Italia, altri partiti inseriti nella corrente "centrista" da alcuni esperti e analisti sono stati il Partito Liberale Italiano (PLI), il Partito Repubblicano Italiano (PRI) e il Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI), il primo collocato più precisamente nel centro-destra e gli altri due nel centro-sinistra. Il PLI è l'erede della cultura liberale al governo del paese dal 1861 al 1922, il PRI della cultura mazziniana. Il primo può genericamente essere definito un partito liberale conservatore (almeno fino alla svolta lib-lab di fine anni settanta; difatti altri studiosi lo collocano come un partito che, in origine, era esclusivamente di "destra"), mentre il secondo liberale sociale (secondo una definizione di Ugo La Malfa). Soprattutto in seguito agli anni Settanta, periodo che vide la definitiva affermazione all'interno del PLI della corrente della "sinistra" interna, PLI e PRI tesero sempre più a identificarsi in una comune nuova area politica di ispirazione socio-liberale, da cui le liste comuni per le elezioni europee.[25][26][27][28]

È possibile inoltre definire "centrista" anche il PSDI, partito socialdemocratico e moderato fondato da Giuseppe Saragat, che scelse fin dalla sua fondazione la partecipazione ai governi centristi e rappresentò sempre un alleato fedele per la DC. Il PSDI in pratica, anticipando di quarant'anni le mosse dei partiti socialdemocratici europei, portò la socialdemocrazia italiana su posizioni di centro: una "terza via" ante litteram, potremmo dire. Pur essendo il PSDI un partito complessivamente "centrista", al suo interno non mancava però un'area di "sinistra" (come del resto anche nel PRI) che teneva a rimarcare la matrice socialista del partito e pur non volendo rinunciare agli ottimi rapporti con la DC, guardava con più "familiarità" al PSI.[29][30][31]

Nell'epoca della cosiddetta Seconda Repubblica e, segnatamente, a partire dal 1994, possono definirsi centristi:

partiti di ispirazione democristiana: Centro Cristiano Democratico (CCD), Cristiani Democratici Uniti (CDU) e Democrazia Europea (DE), confluiti nell'Unione dei Democratici Cristiani e di Centro (UDC), Partito Popolare Italiano (PPI), confluito in Democrazia è Libertà - La Margherita (DL), Popolari UDEUR (UDEUR), Democrazia Cristiana per le Autonomie (DCA);

partiti di ispirazione laica o liberale: Rinnovamento Italiano (RI) e I Democratici, confluiti in DL, Patto Segni (Patto), Riformatori Liberali (RL), Partito Repubblicano Italiano (PRI), Radicali Italiani (Rad), Movimento Repubblicani Europei (MRE), Italia Viva (IV) e Azione;

partiti di estrazione politica eterogenea: Democrazia è Libertà - La Margherita (DL), che unisce cristiano-sociali, socio-liberali e socialdemocratici; Forza Italia (FI), nata dall'incontro di democristiani, liberali e socialdemocratici e che, dopo la confluenza, nel 2009 ne Il Popolo della Libertà, è stata ricostituita nella nuova Forza Italia; l'Italia dei Valori (IdV);

Centro Democratico.
FI, UDC e SVP aderiscono al Partito Popolare Europeo (PPE), mentre DL era membro fondatore del Partito Democratico Europeo (PDE) e, all'interno del Parlamento europeo, aderiva al Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa.

Altri Paesi
Nei Paesi dell'America Latina, può citarsi il Partito Democratico Cristiano del Cile, più spostato verso il centro-sinistra. In Israele il centro dello schieramento politico è presidiato da Kadima, partito centrista nato dalla confluenza di politici provenienti sia dal Likud che dal Partito Laburista Israeliano. Da notare quindi che come in occidente il centro è cristianesimo democratico o socialdemocrazia, in Israele è religione ebraica democratica, in india è religione induista democratica (sia nel Bharatiya Janata Party che nel Congresso Nazionale Indiano) e nei paesi musulmani sono i Movimenti liberali nell'Islam, in Giappone il Partito Democratico del Giappone (di area buddhista democratica). Cioè ogni area fa riferimento alla propria religione dominante in chiave democratica.

Organizzazioni internazionali
A livello internazionale, i partiti democratici cristiani hanno dato vita all'Internazionale Democratica Centrista, mentre i liberali sono riuniti nell'Internazionale Liberale. Alcuni gruppi e partiti centristi, tra i quali La Margherita italiana, l'UDF francese e la New Democrat Coalition americana, hanno dato vita, insieme a partiti di ispirazione liberale e centrista all'Alleanza dei Democratici.

Galleria ...

Emmanuel Macron, Presidente della Repubblica francese e fondatore del partito En Marche !.
Giulio Andreotti, 7 volte Primo Ministro italiano, storica figura di spicco della Democrazia Cristiana ed ex leader della coalizione centrista del Pentapartito.
Valéry Giscard d'Estaing, ex Presidente della Repubblica francese e storico presidente dell'Unione per la Democrazia Francese.
Matteo Renzi, ex Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana e fondatore del partito Italia Viva.
François Bayrou, presidente del partito francese MoDem.
Jo Swinson, leader dei Liberal Democratici britannici.
Christian Lindner, presidente del Partito Liberale Democratico tedesco.
Albert Rivera, ex presidente del partito spagnolo Ciudadanos.
Adolfo Suárez, ex Primo Ministro del Regno di Spagna e storico presidente dell'Unione del Centro Democratico.
Lech Wałęsa, ex Presidente della Polonia, storico presidente del sindacato-partito cattolico Solidarność e premio Nobel per la pace.
Pierre Trudeau, ex Primo Ministro canadese e storico leader del Partito Liberale.
Katsuya Okada, presidente del Partito Democratico del Giappone
Fethullah Gülen, politologo turco esponente dell'Islam democratico
Narendra Modi, primo ministro dell'India, la più grande democrazia del mondo

Note
^ centrism - definition of centrism by the Free Online Dictionary, Thesaurus and Encyclopedia.
^ Breve dizionario/ centrismo - Bartleby[collegamento interrotto].
^ Leon Trotsky: Two Articles On Centrism (1934).
^ WorldToWin.net: The Leading World to Win Site on the Net[collegamento interrotto].
^ Il Grande Dizionario Garzanti della lingua italiana, Garzanti, Milano 1987, voce "centrismo", p. 353.
^ Lo Zingarelli 1997, Zanichelli, Bologna 1996, voci "centrismo" e "centro", p. 333.
^ Bobbio, Norberto - Matteucci, Nicola - Pasquino, Gianfranco, Dizionario di Politica, UTET, Torino 1983, voce "centrismo", pp. 153-154.
^ Si tratta di Paesi che non sono state soggette alla intensa industrializzazione e alla fuga dalle compagne che hanno caratterizzato gran parte delle regioni europee.
^ Parties and Elections in Europe.
^ IngentaConnect 7. The Scandinavian Party Model at the Crossroads[collegamento interrotto].
^ Canovan, Margaret, Populism, Harcourt Trade Publishers, San Diego 1981.
^ About us | Help | Economist.com.
 Giddens, Anthony, The Third Way. The Renewal of Social Democracy, Cambridge University, Cambridge 1998.
 Thinking Ahead / Commentary : What the 'Third Way' Is Really About - NYTimes.com.
^ The Economist, New Labour, New History, 13 novembre 1997.
^ New Labour At The Centre - Oxford University Press.
^ Copia archiviata (PDF), su ksghome.harvard.edu. URL consultato il 22 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 6 settembre 2006)..
^ Dritter Weg und Neue Mitte.
^ Copia archiviata (PDF), su users.ox.ac.uk. URL consultato il 22 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2009)..
^ The Economist, The burden of normality. A survey of Germany, 6 febbraio 1999.
^ Moschonas, Gerassimos, In the Name of Social Democracy. The Tranformation from 1945 to Present, pp. 163-165.
^ THIRD WAY (CENTRISM) Articles The Third Way is a term that has be Archiviato il 10 marzo 2016 in Internet Archive..
^ The Hard Centre: New Labour's Technocratic Hegemony.
^ The Listener.
^ Salvadori, Massimo, Enciclopedia storica, Zanichelli, Bologna 2000, voci "Partito Liberale Italiano" e "Partito Repubblicano Italiano", pp. 1207-1208 e 1214-1215.
^ Ignazi, Piero, I partiti italiani, Il Mulino, Bologna 1997, pp. 63-80.
^ Marchese, Riccardo - Mancini, Bruno - Greco, Domenico - Assini, Luigi, Stato e società. Dizionario di educazione civica, La Nuova Italia, Firenze 1991, voci "Partito Liberale Italiano" e "Partito Repubblicano Italiano", pp. 325-327 e 328-329.
^ Galli, Giorgio, I partiti politici italiani (1943/2000). Dalla resistenza al governo dell'Ulivo, BUR, Milano 2001.
^ Ignazi, Piero, I partiti italiani, Il Mulino, Bologna 1997, pp. 54-62.
^ Salvadori, Massimo, Enciclopedia storica, Zanichelli, Bologna 2000, voce "Partito Socialista Democratico Italiano", pp. 1216-1217.
^ Marchese, Riccardo - Mancini, Bruno - Greco, Domenico - Assini, Luigi, Stato e società. Dizionario di educazione civica, La Nuova Italia, Firenze 1991, voce "Partito Socialista Democratico Italiano", pp. 329-331.

Voci correlate
Cristianesimo democratico
Ebraismo liberale
Movimenti liberali nell'islam
Buddhismo democratico
Induismo democratico
Liberalismo
Socialdemocrazia
Populismo
Ruralismo
Estremo centro
Terza via


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Collegamenti esterni
Centrismo, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. Modifica su Wikidata
V · D · M
Spettro politico sull'asse "destra-sinistra"
Estrema sinistra Fairytale left red.png Sinistra Fairytale left red.png Centro-sinistra Fairytale left red.png Centro Fairytale right blue.png Centro-destra Fairytale right blue.png Destra Fairytale right blue.png Estrema destra

Controllo di autorità   Thesaurus BNCF 11095

Da -https://it.wikipedia.org/wiki/Centrismo#:~:text=Centrismo%20o%20centro%20%C3%A8%20il,)%20e%20i%20progressisti%20(sinistra).
1970  Forum Pubblico / DOMANESIMO E' IL FUTURO, come lo disegniamo per i nostri nipoti? / "IACTA ALEA ESTO" - è un IMPERATIVO! inserito:: Novembre 08, 2020, 12:55:43 pm
"IACTA ALEA ESTO"

Ovvero "sia lanciato il dado".

L'ambiguità nella traduzione deriva dalla versione tràdita di Svetonio: "iacta alea est".

Probabilmente un errore di trascrizione (aplografia) ha portato alla perdita dell'ultima lettera, mutando "esto", imperativo futuro 2°/3° singolare, in "est", indicativo presente 3° singolare;

"iacta alea esto" pare dunque essere la frase corretta e perfettamente si accorda con l'imperativo di terza persona tramandato da Plutarco "ἀνερρίφθω κύβος" (anerrìphtho kybos) ovvero "sia lanciato il dado"[1].


La congettura si attribuisce a Erasmo da Rotterdam.

Da - https://it.wikipedia.org/wiki/Alea_iacta_est

8 novembre 2020.
1971  Forum Pubblico / O.P.O.N. OPINIONE PUBBLICA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE. / SINISTRA STORICA inserito:: Novembre 08, 2020, 12:35:05 pm
Sinistra storica

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Sinistra storica

Leader   Urbano Rattazzi
Agostino Depretis
Benedetto Cairoli
Francesco Crispi
Giovanni Giolitti
Vittorio Emanuele Orlando
Stato   Italia
Fondazione   1849
Dissoluzione   1912 (confluisce nell'Unione Liberale[1])
Ideologia   Liberalismo[2]

Liberalismo progressista
Centrismo
Riformismo
Monarchismo[3]
Laicità dello stato
Nelle fasi iniziali
Laicismo[4]
Collocazione   Centro/Centro-sinistra[5]
Coalizione   Connubio (1852-1861)
Seggi massimi   
424 / 508
(1876)

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La Sinistra, detta in seguito storica per distinguerla dai partiti e movimenti di sinistra che si sarebbero affermati nel corso del XX secolo, è stata uno schieramento politico dell'Italia post-risorgimentale. L'epoca della sinistra storica va dal 1876, anno della "rivoluzione parlamentare" che portò alla caduta della Destra storica, sino alla "crisi di fine secolo" (1896), che sfociò nell'età giolittiana.
Il primo leader storico della Sinistra storica fu il piemontese Urbano Rattazzi, il quale nel 1852 realizzò insieme all'allora leader della Destra storica, Camillo Benso di Cavour, il cosiddetto "Connubio". Rattazzi sarà sia Presidente della Camera dei Deputati che Presidente del Consiglio, con i voti sia della Destra, che della Sinistra.
Il primo presidente del consiglio a capo di un governo solo della Sinistra storica fu Agostino Depretis, incaricato dal Re, oltre che dallo schieramento di cui faceva parte, si reggeva anche sull'appoggio di una parte della Destra, quella che aveva contribuito alla caduta del governo Minghetti. Nella sua azione di governo, Depretis cercò sempre ampie convergenze su singoli temi con settori dell'opposizione, dando vita al fenomeno del trasformismo.

Allargamento del suffragio e politiche sociali
Gli esponenti della Sinistra storica erano perlopiù esponenti della media borghesia, in maggior parte avvocati. Tentarono di riconciliare la politica col «paese reale» democratizzando e modernizzando lo stato e il paese. [6]
Un'importante riforma riguardava l'istruzione: la legge Coppino (1877) rese obbligatoria e gratuita l'istruzione elementare (dai 6 ai 9 anni d'età). La Sinistra si batté per l'allargamento del suffragio, tramite la legge elettorale del 1882 (legge Zanardelli) che concedeva diritto di voto a tutti i maschi, che avessero compiuto i 21 anni e rispettassero requisiti per il voto: il pagamento di un'imposta di almeno 19,8 lire (invece delle precedenti 40) o, in alternativa, il conseguimento dell'istruzione elementare appena allargata (era comunque sufficiente dimostrare di saper leggere e scrivere). Con la suddetta riforma il corpo elettorale salì al 6,9% della popolazione italiana, rispetto al 2,2% del 1880. [7]
La volontà della Sinistra storica era quella di ampliare il suffragio fino all'universalità basandosi non più tanto sul censo dei cittadini, quanto sulla loro istruzione.
La Sinistra storica prese provvedimenti anche in campo amministrativo, un decentramento dei poteri, e in campo sociale, con l'introduzione di prime misure a difesa dei lavoratori. Furono inoltre avviate numerose inchieste per esaminare le condizioni di vita della popolazione rurale: la più nota è senz'altro l'inchiesta Jacini, che rivelò una diffusa malnutrizione (pellagra), alta mortalità infantile (per difterite), grande povertà e scarse condizioni igieniche. Diffuso era il fenomeno dell'emigrazione.

Il protezionismo
Agostino Depretis, leader della Sinistra storica dopo la morte di Rattazzi e capo del governo che abolì definitivamente la tassa sul macinato
La Sinistra storica, in politica interna, ebbe come obiettivo l'abolizione dell'impopolare tassa sul macinato[8] e in generale una politica di sgravi fiscali e di investimenti nello sviluppo industriale del paese.

La Sinistra perseguì una politica protezionista. In Italia il principale ispiratore della nuova politica tariffaria in materia di commercio estero fu Luigi Luzzatti. Con la crisi economica in Europa (1873-1895) crebbe la miseria dei braccianti, e questo provocò i primi scioperi agricoli. Il protezionismo si tradusse nell'intervento diretto dello Stato nell'economia. I governi italiani della Sinistra, condizionati da gruppi industriali del Nord, approvarono nel 1878 l'introduzione di tariffe doganali a protezione delle industrie tessili e siderurgiche; furono inoltre concessi sussidi ai settori in difficoltà e sviluppate le infrastrutture.
Nel 1887, per fronteggiare la grande depressione, si diede vita a quel "blocco agrario-industriale", come lo chiama Antonio Gramsci, tra la classe liberale e progressista del Nord con gli agrari e i latifondisti reazionari del Meridione. Fu quindi la tariffa protettiva sulla cerealicoltura che risentiva delle esportazioni di grano dagli Stati Uniti d'America, che per la riduzione dei noli dei trasporti arrivava sul mercato italiano a prezzi inferiori. Il dazio danneggiava evidentemente gli industriali settentrionali, costretti a commisurare il salario degli operai sul prezzo del pane aumentato artificiosamente, eppure essi accettarono di buon grado il danno economico, compensato da un'alleanza con gli agrari che avrebbe tenuto lontani tentativi di riscatto sociale delle masse subalterne. La tariffa protettiva reintroduceva la tassa sulla fame, come ai tempi dell'imposta sul macinato, e danneggiava inoltre la produzione meridionale di vino e ortofrutta, già in crisi dalla rottura dei rapporti commerciali con la Francia dai tempi del Congresso di Berlino e della politica filotedesca di Crispi.
In politica economica Crispi adottò una politica di protezionismo commerciale che è diretta a difendere i prodotti nazionali contro la concorrenza straniera.

Politica estera
In politica estera, la Sinistra storica di Depretis abbandonò la tradizionale alleanza con la Francia, a causa degli attriti diplomatici generati dalla presa di posizione dei transalpini sulla questione tunisina, entrando nell'orbita della Triplice Alleanza a fianco degli imperi di Austria-Ungheria e Germania e favorendo lo sviluppo del colonialismo italiano, innanzitutto con l'occupazione di Assab e di Massaua in Eritrea.

Fine della Sinistra storica
La fase della Sinistra storica si concluse nel 1896 a seguito delle elezioni politiche. Il governo Depretis, infatti, si era spostato verso l'ala conservatrice del parlamento, incontrando i moderati più progressisti, che erano stati inglobati all'interno di una più grande coalizione.
Lentamente furono estromessi gli esponenti più progressisti della Sinistra, dando vita ad un Grande Centro, che monopolizzava la vita politica del Paese, lasciando a pochi partiti minori il ruolo di opposizione di estrema sinistra, destra ed estrema destra. Questa politica, in cui la dialettica e la differenza ideologica fra le ali del Parlamento vengono sfumando, è detta trasformismo, e fu resa possibile dalla riforma elettorale. [8]
Dopo Depretis, la figura cardine della politica italiana dal 1887 al 1896 fu Francesco Crispi che voleva un'Italia forte e ordinata. Il modello della sua politica era la Germania di Bismarck, dove le tensioni sociali fra la classe operaia e la borghesia sembravano equilibrate. Crispi represse nel sangue la rivolta dei fasci operai in Sicilia e sciolse il Partito Socialista Italiano, fondato da Turati a Genova nel 1892, tuttavia emanò una serie di riforme sociali quali la riduzione della giornata lavorativa e la prima legge sull'assistenza sociale, passata alla storia proprio come "legge Crispi".
Sotto il suo governo la politica coloniale fu ripresa con più vigore, fino alla disfatta di Adua (1896), che segnò la fine della Sinistra Storica con le dimissioni del primo ministro.
Nella crisi di fine secolo si manifestarono le conseguenze sul piano sociale della politica protezionistica [senza fonte], come dimostrano i moti di Milano del maggio 1898 quando il generale Bava Beccaris non esitò a sparare con i cannoni sulla folla che chiedeva "Pane e lavoro".
Si era infatti verificato un ulteriore aumento del prezzo del grano a causa delle diminuite esportazioni dagli Stati Uniti, impegnati allora nella Guerra ispano-americana.

Benché la Sinistra Storica tradizionale fosse terminata nel 1896, si continuerà a parlare di questa denominazione anche successivamente fino alle elezioni del 1913, quando Destra e Sinistra storica si fusero nel gruppo dell'Unione Liberale.

Governi della Sinistra storica
Governo Rattazzi I (3 marzo 1862 - 8 dicembre 1862)
Governo Rattazzi II (10 aprile 1867 - 27 ottobre 1867)
Governo Depretis I (25 marzo 1876 - 25 dicembre 1877)
Governo Depretis II (26 dicembre 1877 - 24 marzo 1878)
Governo Cairoli I (24 marzo 1878 - 19 dicembre 1878)
Governo Depretis III (19 dicembre 1878 - 14 luglio 1879)
Governo Cairoli II (14 luglio 1879 - 25 novembre 1879)
Governo Cairoli III (25 novembre 1879 - 29 maggio 1881)
Governo Depretis IV (29 maggio 1881 - 25 maggio 1883)
Governo Depretis V (25 maggio 1883 - 30 marzo 1884)
Governo Depretis VI (30 marzo 1884 - 29 giugno 1885)
Governo Depretis VII (29 giugno 1885 - 4 aprile 1887)
Governo Depretis VIII (4 aprile 1887 - 29 luglio 1887)
Governo Crispi I (29 luglio 1887 - 9 marzo 1889)
Governo Crispi II (9 marzo 1889 - 6 febbraio 1891)
Governo Giolitti I (15 maggio 1892 - 15 dicembre 1893)
Governo Crispi III (15 dicembre 1893 - 10 marzo 1896)

Note
^ Nell'Unione Liberale confluirono i resti della Sinistra storica sopravvissuti alla "crisi di fine secolo"
^ Voce in Dizionario Storico Treccani
^ Inizialmente connotato di tendenze repubblicane, la Sinistra storica verrà gradualmente "assorbita" dall'interno dalla propria corrente "costituzionale", che accettava lo Statuto Albertino e la monarchia sabauda. I rimanenti repubblicani fuoriusciranno presto fondando l'Estrema sinistra storica
^ Alcune note di anticlericalismo fino alla leadership di Giolitti, che inaugurò un atteggiamento più morbido e collaborativo con i cattolici (Patto Gentiloni) che sarà continuato da Orlando
^ I governi della Sinistra Storica, su carosotti.it. URL consultato il 18 agosto 2020.
^ Giardina, Sabbatucci, Vidotto 2001, p. 584. ISBN 88-421-0612-7
^ La crisi di fine secolo, l'età giolittiana e la prima guerra mondiale, La biblioteca di Repubblica, 2004, p.14, ISBN =.
 Che aveva contribuito, durante il precedente governo di Marco Minghetti, al raggiungimento del pareggio di bilancio, primo obiettivo della Destra storica.

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Voci correlate
Destra storica
Collegamenti esterni
Sinistra storica, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. Modifica su Wikidata
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Storia d'Italia Portale Storia d'Italia
Categorie: Partiti politici italiani del passato Partiti socioliberali Regno d'Italia (1861-1946) [altre]

Da - https://it.wikipedia.org/wiki/Sinistra_storica
1972  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / ACU-Associazione Consumatori Utenti è stata costituita a Roma il 27/2/1984 ... inserito:: Novembre 07, 2020, 09:51:21 pm
CHI SIAMO

CHI SIAMO

ACU-Associazione Consumatori Utenti (in acronimo ACU non profit) è stata costituita con atto pubblico a Roma il 27 febbraio 1984 con la denominazione Agrisalus. Successivamente ha proceduto ad aggiornare il proprio Statuto e il 6 ottobre 2006 ha assunto definitivamente la denominazione e la struttura statutaria tuttora vigenti.
ACU è organizzata sul territorio in sede nazionale, sedi regionali e sportelli territoriali, ai quali si rivolgono i cittadini, consumatori e utenti per tutte le problematiche e le criticità connesse alla tutela dei propri diritti.

I settori di intervento coinvolgono tutti i servizi (pubblici, telefonici, energetici, finanziari, postali, bancari, assicurativi, benessere della persona, salute e sanità, ecc.), tutti i problemi connessi alla contrattualistica nei rapporti tra professionista e consumatore (ad esempio contratti fuori dai locali commerciali, contratti on line, pubblicità aggressiva ed ingannevole, ecc.), nonché la qualità e sicurezza dei prodotti (garanzia, responsabilità prodotti difettosi, contraffazione, etichettatura, ecc.)
ACU è iscritta ininterrottamente dal 14.10.99 (DM 14/10/99) all’Elenco Nazionale Legge 281/98, D.M. 14/10/99 Gazz. Uff. n. 251 del 25/10/99 e successivi aggiornamenti annuali, Decreto 02.12.2005 Gazz.Uff. n. 290 del 14.12.2005, D. Lgs. 06.09.2005 n. 206;  in tal senso l’ultima conferma dell’iscrizione è del 15.11.2017, con il quale si attesta un numero di soci pari a 32.926 a far data dal 31.12.2016.
Pertanto ACU è membro effettivo del CNCU (Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti), di cui fanno parte il Presidente Nazionale di ACU, dott. Gianni Cavinato e membro supplente avv. Giovanni Santovito .
Gianni Cavinato è Delegato del CNCU al Tavolo Italia per la Decade ONU sulla nutrizione presso il Ministero della Salute, insediatosi l’11.07.2017.
ACU è presente in diversi CRCU (Comitato Regionale Consumatori Utenti): Lombardia, Emilia Romagna, Abruzzo, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Campania.
Il 12 ottobre 2019 ACU ha sottoscritto un protocollo d’intesa con l’ANAC-Autorità Nazionale Anticorruzione che permette una ulteriore ed importante attività sul terreno della trasparenza nella Pubblica Amministrazione e la ricerca di una rinnovata fiducia tra cittadini ed istituzioni.
L’Associazione è da sempre impegnata nell’attuazione dell’ADR (soluzione alternativa delle controversie) e nel corso degli anni ha stipulato Protocolli di conciliazione paritetica con diverse aziende del nostro paese: Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Poste Italiane, Bancoposta, Enel, Eni, A2A, ACEA, Edison, Hera, Sorgenia, E.ON, Trenitalia, Trenord, Alitalia, Sea, Tim, Wind, Vodafone, Tre S.p.A., H3G, Poste Mobile, TeleTU, Confservizi, Asstra-Associazione Trasporti, Acquedotto Pugliese, ed altre. Tutto ciò permette la soluzione stragiudiziale delle controversie senza oneri per l’utenza.
ACU è stata socia di SINCERT e  nel 2010 ha partecipato alla fondazione di Accredia (Ente Italiano di Accreditamento) e propri delegati partecipano agli organi sociali di Accredia stessa.

ACU partecipa ad alcune Commissioni Tecniche UNI – Ente Italiano di Normazione, in particolare ha propri delegati che fanno parte e presiedono a sottocommissioni della commissione agroalimentare, ha partecipato al gruppo di lavoro UNI per la Responsabilità Sociale delle Organizzazioni. Un delegato ACU ha fatto parte della delegazione italiana al gruppo di lavoro speciale Social Responsability dell‘ISO – International Organization for Standardization, ora Norma UNI ISO 26000.
Il 6 marzo 2019 Gianni Cavinato è stato eletto presidente della CCT (Commissione Centrale Tecnica) UNI e quindi fa parte della Giunta esecutiva e Direttivo dell’UNI.
In rappresentanza del CNCU ha contribuito a definire il 14 luglio 2011 il protocollo di intesa tra CNCU ed UNI in merito alla partecipazione dei rappresentanti dei consumatori nei diversi ambiti di attività dell’UNI.

ACU è l’Associazione di Consumatori maggiormente presente nel settore della normazione e della certificazione. Partecipa ai Comitati di Salvaguardia dell’Imparzialità in numerosi organismi di certificazione e tra gli altri: Bureau Veritas, CSQA, Valoritalia, ICIM, Istituto Italiano Sicurezza dei Giocattoli, MIT International Testing, Bios, Check Fruit, ICB Quality, LRQA Intertek.
ACU ha sempre sostenuto la linea del consumo ecosostenibile , che con l’evento COP 21 dell’autunno 2015 a Parigi, ha avuto un rinnovato impulso e ha ulteriormente incrementato l’impegno di ACU verso l’LCA (Life Cycle Assessment – Valutazione del Ciclo di Vita Prodotti e Servizi), diventando questo obiettivo irrinunciabile per l’Associazione verso tutti i propri interlocutori.
ACU ha fatto propria l’intera agenda ONU 2030 sullo sviluppo sostenibile condividendone obiettivi e traguardi.


 il 27 febbraio 1984 con la denominazione Agrisalus. Successivamente ha proceduto ad aggiornare il proprio Statuto e il 6 ottobre 2006 ha assunto definitivamente la denominazione e la struttura statutaria tuttora vigenti.

ACU è organizzata sul territorio in sede nazionale, sedi regionali e sportelli territoriali, ai quali si rivolgono i cittadini, consumatori e utenti per tutte le problematiche e le criticità connesse alla tutela dei propri diritti.
I settori di intervento coinvolgono tutti i servizi (pubblici, telefonici, energetici, finanziari, postali, bancari, assicurativi, benessere della persona, salute e sanità, ecc.), tutti i problemi connessi alla contrattualistica nei rapporti tra professionista e consumatore (ad esempio contratti fuori dai locali commerciali, contratti on line, pubblicità aggressiva ed ingannevole, ecc.), nonché la qualità e sicurezza dei prodotti (garanzia, responsabilità prodotti difettosi, contraffazione, etichettatura, ecc.)
ACU è iscritta ininterrottamente dal 14.10.99 (DM 14/10/99) all’Elenco Nazionale Legge 281/98, D.M. 14/10/99 Gazz. Uff. n. 251 del 25/10/99 e successivi aggiornamenti annuali, Decreto 02.12.2005 Gazz.Uff. n. 290 del 14.12.2005, D. Lgs. 06.09.2005 n. 206;  in tal senso l’ultima conferma dell’iscrizione è del 15.11.2017, con il quale si attesta un numero di soci pari a 32.926 a far data dal 31.12.2016.

Pertanto ACU è membro effettivo del CNCU (Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti), di cui fanno parte il Presidente Nazionale di ACU, dott. Gianni Cavinato e membro supplente avv. Giovanni Santovito .
Gianni Cavinato è Delegato del CNCU al Tavolo Italia per la Decade ONU sulla nutrizione presso il Ministero della Salute, insediatosi l’11.07.2017.
ACU è presente in diversi CRCU (Comitato Regionale Consumatori Utenti): Lombardia, Emilia Romagna, Abruzzo, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Campania.
Il 12 ottobre 2019 ACU ha sottoscritto un protocollo d’intesa con l’ANAC-Autorità Nazionale Anticorruzione che permette una ulteriore ed importante attività sul terreno della trasparenza nella Pubblica Amministrazione e la ricerca di una rinnovata fiducia tra cittadini ed istituzioni.
L’Associazione è da sempre impegnata nell’attuazione dell’ADR (soluzione alternativa delle controversie) e nel corso degli anni ha stipulato Protocolli di conciliazione paritetica con diverse aziende del nostro paese: Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Poste Italiane, Bancoposta, Enel, Eni, A2A, ACEA, Edison, Hera, Sorgenia, E.ON, Trenitalia, Trenord, Alitalia, Sea, Tim, Wind, Vodafone, Tre S.p.A., H3G, Poste Mobile, TeleTU, Confservizi, Asstra-Associazione Trasporti, Acquedotto Pugliese, ed altre. Tutto ciò permette la soluzione stragiudiziale delle controversie senza oneri per l’utenza.
ACU è stata socia di SINCERT e  nel 2010 ha partecipato alla fondazione di Accredia (Ente Italiano di Accreditamento) e propri delegati partecipano agli organi sociali di Accredia stessa.
ACU partecipa ad alcune Commissioni Tecniche UNI – Ente Italiano di Normazione, in particolare ha propri delegati che fanno parte e presiedono a sottocommissioni della commissione agroalimentare, ha partecipato al gruppo di lavoro UNI per la Responsabilità Sociale delle Organizzazioni. Un delegato ACU ha fatto parte della delegazione italiana al gruppo di lavoro speciale Social Responsability dell‘ISO – International Organization for Standardization, ora Norma UNI ISO 26000.
Il 6 marzo 2019 Gianni Cavinato è stato eletto presidente della CCT (Commissione Centrale Tecnica) UNI e quindi fa parte della Giunta esecutiva e Direttivo dell’UNI.
In rappresentanza del CNCU ha contribuito a definire il 14 luglio 2011 il protocollo di intesa tra CNCU ed UNI in merito alla partecipazione dei rappresentanti dei consumatori nei diversi ambiti di attività dell’UNI.
ACU è l’Associazione di Consumatori maggiormente presente nel settore della normazione e della certificazione. Partecipa ai Comitati di Salvaguardia dell’Imparzialità in numerosi organismi di certificazione e tra gli altri: Bureau Veritas, CSQA, Valoritalia, ICIM, Istituto Italiano Sicurezza dei Giocattoli, MIT International Testing, Bios, Check Fruit, ICB Quality, LRQA Intertek.
ACU ha sempre sostenuto la linea del consumo ecosostenibile , che con l’evento COP 21 dell’autunno 2015 a Parigi, ha avuto un rinnovato impulso e ha ulteriormente incrementato l’impegno di ACU verso l’LCA (Life Cycle Assessment – Valutazione del Ciclo di Vita Prodotti e Servizi), diventando questo obiettivo irrinunciabile per l’Associazione verso tutti i propri interlocutori.
ACU ha fatto propria l’intera agenda ONU 2030 sullo sviluppo sostenibile condividendone obiettivi e traguardi.

Da - https://www.associazioneacu.org/acu-chi-siamo/
1973  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / ILVO DIAMANTI Il miraggio del Centro. I partiti lo cercano ma i voti sono ... inserito:: Novembre 07, 2020, 09:39:55 pm
La Camera dei deputati
Approfondimento Elezioni

Il miraggio del Centro. I partiti lo cercano ma i voti sono altrove

18 OTTOBRE 2020

Un tempo era presidiato dalla vecchia Dc, ora il suo peso elettorale è marginale. Ma anche per questo governare è diventato più difficile

DI ILVO DIAMANTI

I partiti sono alla ricerca di identità. E di spazio politico. Tanto più in questo tempo sospeso, senza tempo, in questo Paese spaesato. In questa democrazia virale, contaminata dal Covid. Così assistiamo a conflitti e tensioni non solo fra i partiti, ma anche dentro ai partiti. Nel Pd, secondo la tradizione del Centro-Sinistra. Ma anche nella Lega nei confronti di Salvini si levano voci critiche. Di militanti e dirigenti che vorrebbero uscire dall'angolo in cui si trova il partito. In fondo a Destra. Dove è sfidato e "chiuso" dai Fratelli d'Italia, FdI, di Giorgia Meloni. Che sono un vero partito di Destra. Senza se e senza ma.

Giancarlo Giorgetti, in particolare, incita a voltare lo sguardo verso il Centro. Intorno al quale si muovono altre formazioni, ancora provvisorie. E "personalizzate". Italia Viva, anzitutto, Il PdR, Partito di Renzi.
Che partecipa alla maggioranza di governo. Ma in modo critico e intermittente. Per dare visibilità a Matteo Renzi. Uscito dal Pd, poco più di un anno fa, principalmente, per riconquistare visibilità e spazio politico. Sul piano dei consensi l'operazione, fin qui, non pare riuscita, visto che Italia Viva è stimata circa al 3%.

Ma il ruolo di Renzi è, sicuramente, significativo. Perché il suo peso in Parlamento è più ampio - e decisivo - che fra gli elettori. Tuttavia, vi sono altri partiti "personali", caratterizzati da leadership "personalizzate", che girano intorno al Centro. Fra gli altri: Azione, di Carlo Calenda. A differenza di Italia Viva, all'opposizione, rispetto al governo. Ma anche +Europa, il partito di ispirazione radicale ed europeista fondato da Emma Bonino.

Tuttavia, il problema di fondo appare la precarietà dello "spazio politico", come l'abbiamo conosciuto in passato. Soprattutto nella Prima Repubblica, quando il Centro era presidiato dalla Dc. Che, anche per questo, poteva costruire e guidare coalizioni con soggetti politici di entrambi i versanti. Destra e Sinistra. Oggi, però, non è più così. Ormai da tempo. Il Centro è divenuto, infatti, un luogo "poco centrale". E sempre più "marginale". Dal punto di vista del peso "elettorale", anzitutto.

Negli ultimi 10 anni, infatti, vi si riconosce una quota limitata di elettori. Intorno all'8-9%, secondo i sondaggi condotti da Demos. Non solo, ma nello stesso periodo si è ridimensionata anche l'ampiezza degli spazi che accompagnano e "mediano" (appunto) la distanza con la Destra e la Sinistra. Nel 2013 si diceva di Centro-Destra o Centro-Sinistra il 37% degli elettori. Oggi il 32%. A causa, soprattutto, del calo del Centro-Sinistra. Nello stesso tempo, è cresciuto il peso degli "Esterni". Di chi si chiama fuori. E rifiuta queste categorie. I "né né". Né di Destra né di Sinistra. Né, ovviamente, di Centro. Oggi riuniscono circa un terzo degli elettori.

Tuttavia, chi "si chiama fuori" gioca un ruolo non molto diverso da chi, nella Prima Repubblica, si diceva di Centro. L'Italia Media. "Mediamente" distante dalla politica e dai politici. Eppure, per questo, saldamente ancorato al Centro. Cioè, "in mezzo" al sistema politico. E, al tempo stesso, "lontano" da esso. La differenza principale, da allora, è che oggi non c'è alcun partito a presidiare il Centro. Nessun partito, oggi, è in grado di "mediare". Peraltro, anche sul piano territoriale, il Centro dell'Italia, ha largamente perduto il suo colore.

Le "zone rosse" oggi si sono sbiadite. Come hanno confermato le elezioni degli ultimi anni e degli ultimi mesi. Mentre la "zona bianca", il Veneto, si è "presidenzializzata. Più che "Verde-Lega", è "Verde-Zaia". Così, se osserviamo l'evoluzione recente dei partiti nello spazio politico, si osserva una tendenza al distacco e al distanziamento fra i poli. Fra Sinistra e Destra. Che oggi coincidono con Maggioranza e Opposizione. Entrambe, più distanti dal Centro.

Gli elettori del Pd, infatti, nell'ultimo anno, si sono spostati più a Sinistra. Come quelli del M5s. Mentre gli elettori della Lega si sono allineati, a Destra, con quelli dei FdI. L'unica base elettorale ad avere spostato (di poco) il bari-centro del proprio elettorato verso il centro è Fi. Probabilmente perché una parte dei suoi elettori si è orientato altrove. In alto, dove si pone chi rappresenta "il voto di chi sta fuori", contro tutti, svetta ancora il M5S. Tuttavia, due anni e oltre di governo, ieri con la Lega e oggi con il Pd, lo hanno normalizzato. Almeno in parte.

Così, la conquista del Centro, rivendicata da molti attori politici, oggi appare una prospettiva poco interessante e, prima ancora, poco realistica. Per una semplice ragione. Il Centro non c'è (quasi) più. Anche per questo, risulta difficile, alle diverse "parti" politiche, non solo governare il Paese, ma, prima di tutto, "partecipare" a un "comune" percorso. "Comunicare". Pur da posizioni diverse.

Perché, senza un Centro, la "mediazione", più che difficile, diventa impossibile. Per definizione.

Da repubblica.it
1974  Forum Pubblico / DIVENTATO = I.C.R. MARKETING & COMUNICAZIONE SOCIALE. / Whirlpool, l'ultima notte in fabbrica: "Ora siamo cenere, ma risorgeremo" inserito:: Novembre 07, 2020, 09:36:21 pm
01 novembre 2020 7.872 visualizzazioni

Whirlpool, l'ultima notte dell'operaio in fabbrica: "Ora siamo cenere, ma risorgeremo"

Filma i reparti vuoti nell'ultima notte della Whirlpool Napoli, mostra l'eccellenza di via Argine e racconta 60 anni di storia in tre minuti. Massimo Quintavalle, 46 anni, operaio Whirlpool non si rassegna alla chiusura del sito: "Ci avete reso cenere, ma risorgeremo, la lotta continua non finisce qui". Orgoglio, rabbia e sconcerto "per una chiusura assurda. Non è il mio lavoro il problema. Il problema è il lavoro, lo Stato che 'non ha gli strumenti' - sottolinea - Questa è la mia casa da 26 anni, e prima ancora è stata la casa di mio padre. Abbiamo reso grande il marchio e la fabbrica con i miei colleghi. E ora Napoli chiude. E' il giorno più triste dei miei 46 anni".
Gli operai stanno alternando turni di guardia nel sito che ha chiuso il 31 ottobre a mezzanotte. La produzione è stata sbarrata con un catenaccio. "Cosa provo a vedere quel catenaccio? - dice a Repubblica Quintavalle - Non è facile da spiegare, è come se fosse venuto a mancare qualcuno. Sono svuotato, privato del nostro futuro. Ma ce la faremo: ritorneremo in fabbrica e continueremo a fare lavatrici". Oggi restano aperte solo la portineria e l'area sociale della fabbrica. Ma nel silenzio della catena di montaggio un cartello ricorda la lotta degli operai. Lo ha scritto Carmen Nappo: "Non è un addio, è un arrivederci - si legge - condivideremo presto la vittoria".

Di Anna Laura De Rosa


1975  Forum Pubblico / O.P.O.N. OPINIONE PUBBLICA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE. / GUAZZABUGLIO 1 NUOVO E VECCHIO insieme. inserito:: Novembre 07, 2020, 09:32:35 pm
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Conservatorismo contro progressivismo
E' meglio il progresso o la conservazione?

CONSERVATORI o PROGRESSISTI?

Assisto scandalizzato ai quotidiani dibattiti, alle cronache, ai comunicati dei vari partiti.

Osservo con indignazione che i temi di cui si dibatte in ogni luogo (TV, Radio, WEB) riguardano le schermaglie dei vari personaggi di spicco, gli uni contro gli altri, e per i quali i temi non sono sui problemi reali che andrebbero affrontati e risolti ai vari livelli, ma ostinatamente sulla battaglia tra le varie bandiere partitiche.

In sostanza si parla SOLO di partiti e MAI di POLITICA!

Ovviamente gli scontri più evidenti sono tra due schieramenti che, in modo comunque ambiguo, si definiscono "di destra" o "di sinistra".

Già Giorgio Gaber si chiedeva ma cos'è di destra e cos'è di sinistra?
Oggi continuo a chiedermelo pure io.

In linea teorica si dovrebbero definire di destra quei partiti che sono conservatori e di sinistra quelli progressisti.

Se queste fossero le due posizioni a confronto i partiti dovrebbero sfidarsi a suon di discussioni sui vari provvedimenti urgenti o di lunga durata, stabilendo quando e cosa decidere per il progresso e quando e cosa sia meglio per la conservazione.

Allora riflettiamo su cosa diavolo significhino queste due parole così importanti e come si dovrebbe affrontarle nella realtà.
"è conservatore un uomo politico affezionato ai mali esistenti, da non confondersi col progressista che invece aspira a rimpiazzarli con mali nuovi" (Ambrose Bierce) Spiritoso!

Linea conservatorismo contro progressivismo.

Chi sono i CONSERVATORI?
Si dice che è "conservatore" chi desidera siano applicati questi principi:
1) si protegga il territorio da invasioni straniere (nazionalismo)
2) si mantenga una struttura sociale piramidale, magari con un solo uomo in testa e con pieni poteri (autoritarismo)
3) si applichino leggi che proteggano le produzioni locali e nazionali, il proprio mercato
4) si usi particolare rispetto per la tradizione, lingua, famiglia e religione
5) si ostacolino progetti utopistici di società perfette e di mutamenti troppo radicali e progressisti
6) si rispettino al massimo le libertà individuali
7) non si dia spazio a qualsiasi programma di carattere riformista o rivoluzionario, se non con molta cautela
Fico si difenda l’esistente, nella presunzione che ciò che esiste, per il semplice fatto di esistere, è ”buono” [secondo una certa corrente: perché è stato voluto così da Dio]

Linea conservatorismo contro progressivismo

Chi sono i PROGRESSISTI?
Si dice che è "progressista" chi invece desidera siano applicati questi principi:

1) chi sostiene la necessità di accelerare il progresso, cioè l’evoluzione della società, nell’ambito politico, sociale ed economico, e si comporta e agisce di conseguenza
2) chi è favorevole ad una società globalizzata, uniformizzata, multietnica
3) chi sostiene il consumismo per rafforzare sempre di più il profitto
4) chi è favorevole alla medicina d'avanguardia, a prescindere dalla sua moralità
5) chi proclama la necessità di continue riforme delle leggi, introducendo sofisticazioni burocratiche
6) chi vede di buon occhio l'evoluzione industriale, da quella attuale ad una più moderna, più utile, meno inquinante e meno stressante, favorendo al massimo il virtuale e il digitale in tutte le salse, fino alle bistecche fatte di chimica.

Queste più o meno le differenze tra l'una o l'altra posizione, mentre, secondo me, sarebbe saggio e giusto essere:

"conservatori-moderatamente-progressisti"
Perché non è l'uno o l'altro atteggiamento errato o l'unico ad essere giusto e perseguibile, ma è l'eccesso dell'uno o dell'altro o la carenza dell'uno o dell'altro ad essere sempre sbagliato!
In ogni problema si presenta questo dilemma.
E' giusto essere progressisti sull'immigrazione? Aprire lo porte a chiunque voglia venire in Italia? Senza regole, senza freni e filtri, senza progetti che aiutino i sofferenti nei loro paesi, e via dicendo?
Un eccesso su questo tema creerebbe situazioni intollerabili e si perderebbe il valore delle buone tradizioni e della propria cultura, oltre ad un certo senso di sicurezza.

Il marxismo è sbagliato, così come lo è il conservatorismo, ma in ognuno esistono elementi di verità.

Giusto sapere l'inglese, ma non giusto cacciare una parola in inglese ogni tre parole in italiano. Si perde la nobiltà del nostro linguaggio e della nostra storia letteraria e si perde la capacità di capire bene la propria lingua.
Giusto conservare le parti nobili della nostra Costituzione, ma tante parti sono vecchie, facevano parte di un particolare periodo storico e sarebbero da cambiare.
Giusto rispettare le scelte individuali di tipo sessuale, ma non è giusto arrivare a farne un modello di vita da incoraggiare o imitare.
Giusto accettare il progresso tecnologico, ma frenando certi settori che hanno l'unico scopo di eliminare le prestazioni umane per trarre maggiore profitti. Se tutti i lavori li facessero i robot all'Uomo cosa resterebbe da fare? Il lavoro nobilita e fa da equilibrio tra diritti e doveri. E' sacro, ma era giusto eliminare le catene di montaggio, per esempio, o utilizzare robot per disinnescare le bombe.
In ogni cosa si presenta questo problema, per cui è molto difficile restare in equilibrio; è un tiro alla fune!

Conservatorismo contro progressivismo
Certamente a questo compromesso non ci stanno i partiti perché anziché convergere tutti verso un centro equilibrato, ovvero la moderazione tra progresso e conservazione, tendono ad estremizzarsi, giocando con le debolezze umane per i propri fini elettorali.
Alla fine della storia questa è la mia posizione che mi porta ad essere sempre in imbarazzo verso fascisti o comunisti, ma anche verso "democristiani" che pur stando al centro non hanno certo agito con la massima saggezza quando governavano!

In ultima analisi, però, quando mi si domanda se sono di destra o di sinistra io non rispondo che non sono né l'uno né l'altro, cadendo nel classico "qualunquismo".
Oggi rispondo che sono sia di destra che di sinistra, dipende dai casi, giudico e scelgo di volta in volta!

Enrico Riccardo Spelta
(Gennaio 2020)
Da - https://www.settemuse.it/costume/conservatore-o-progressista.htm
1976  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / CACCIARI shock: “Una dittatura democratica sarà inevitabile” inserito:: Novembre 07, 2020, 09:25:49 pm
Cacciari shock: “Una dittatura democratica sarà inevitabile”

Luglio 15, 2020

Cacciari incommentabile ieri sera a #Cartabianca, condotto da Bianca Berlinguer. Il filosofo non si risparmia e la spara alta, altissima. “Dittatura democratica” è la nuova espressione lanciata in diretta. Senza che nessuno proferisse parola, al contrario delle facili indignazioni espresse verso i soliti nemici da abbattere con qualsiasi mezzo.

Cacciari e la “dittatura democratica”

Sì, lo ha detto sul serio. Il governo può reggere solo in un modo, secondo Massimo Cacciari, ed è quello di una “dittatura democratica” che “sarà inevitabile”, per affrontare i “pericoli per l’ordine sociale” scaturiti dalla ormai certa crisi economica drammatica che si scatenerà in autunno dopo la chiusura a causa del lockdown di 3 mesi durante l’emergenza coronavirus.

Tenere le redini quindi. Che sta tranquillamente per “mantenere il potere” e non ammettere il dissenso. Un’ipotesi, quella di una contrazione reale delle libertà democratiche, che nessuno potrebbe mai immaginare seriamente, ma che negli ultimi mesi sembra mostrare sempre più motivi reali per essere applicata.

Cos’è questa “dittatura”?
A parte gli esperti di ossimori, nessuno può darci una risposta. Come si suol dire: “vedremo”. Non vogliamo neanche immaginare l’ipotesi che testate come la nostra non possano esprimersi, sebbene sui social questa eventualità si sia purtroppo drammaticamente verificata sia nel 2020 che l’anno scorso.

Il signor Cacciari, va detto, ha parlato in modo franco e ha specificato che la “dittatura democratica” durerà “almeno fino alla fine dell’anno”.

Noi saremo alla finestra. E osserveremo dove questo gioco pericolosissimo avrà l’ostentazione e il coraggio di arrivare. E dove vorrà arrivare un governo che, invece di sostenere l’economia, ha finora pensato esclusivamente a chiedere permessi e concessioni a Bruxelles, alla sua politica usuraia e conseguentemente a rendere impossibile qualsiasi sostegno reale a milioni di cittadini che, oggi, rischiano sul serio la povertà.

(la Redazione)

Da - https://oltrelalinea.news/2020/07/15/cacciari-dittatura-democratica/
1977  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / MONDO. - inserito:: Novembre 07, 2020, 09:22:13 pm
Atwood: "Donne, resistete. L'età migliore? I 50 anni"

Posta in arrivo
4 nov 2020, 08:51 (1 giorno fa)
a me

Continental Breakfast - Il mondo secondo i grandi giornali d’Europa
A cura di Stefania Di Lellis

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Indonesia, con il tè al latte scorre la rabbia
Le chiamano le rivoluzioni del tè a latte. Ne abbiamo parlato anche in questa newsletter: un'onda di proteste che percorre l'Asia e che ora fa tremare l'Indonesia. Ci racconta Raimondo Bultrini: "Quando il 5 ottobre gli indonesiani si sono svegliati con la notizia della nuova legge chiamata Omnibus, milioni di operai e impiegati hanno capito di aver sottovalutato i rischi per la democrazia profetizzati da intellettuali e progressisti, considerati cassandre di sventura nel più popoloso paese islamico al mondo. Dopo lunga e segreta elaborazione, da quel giorno le 900 pagine di norme sul lavoro e sulle risorse naturali hanno cancellato dai vecchi codici decenni di battaglie sindacali e per i diritti civili senza annunci e consultazioni pubbliche. Ma hanno anche legittimato la deforestazione incontrollata in un paese dove sono già bruciate aree verdi primigenee vaste come l’Olanda. La prima reazione di massa dopo lo choc è stata guidata da ben 32 federazioni sindacali ma anche questa settimana, lunedì, sono scesi insieme in strada parecchi cittadini e ambientalisti delusi dall’ex nice guy, il presidente Joko Widodo al suo secondo e ultimo mandato. Detto Jokowi, l’ex uomo d’affari si presentò all’inizio come uomo del popolo e conquistò il cuore di molti illusi. Ma ora che non ha problemi di legittimazione e rielezione è accusato di flirtare con l’esercito, con ex criminali di guerra parenti dell’ex dittatore Suharto e musulmani ortodossi per portare nell’arcipelago i soldi delle multinazionali e sostenere le grandi imprese locali. La nuova legge ha l’intento ufficiale di creare 3 milioni di nuovi posti di lavoro, ma ne taglierà di fatto come una mannaia i costi, eliminando i 'generosi benefici obbligatori' – come li ha definiti l’Economist – che 'scoraggiavano le imprese dalla creazione di impieghi'". "Da qui l’indignazione e la rabbia spontanee. Da Giacarta la protesta accompagnata da massicci scioperi e l’adesione di gruppi islamici liberali si è presto estesa a parecchie altre città dell’arcipelago e in luoghi remoti come Nord Maluku. Agli operai si sono unite subito altre categorie di cittadini e moltissimi studenti, che formano ormai parte di un più vasto movimento giovanile panasiatico per la democrazia altrove noto come Alleanza del tè col latte, che ha in comune ben più delle preferenze sui drink. Dalle strade di Hong Kong e di Taiwan l’hashtag #Milk&Teaalliance, nata come ribellione al regime assolutista di Pechino e alle fake news dei suoi 'lupi' o troll informatici, ha fatto breccia in Thailandia dove gli studenti lottano per la fine di un altro sistema politico autoritario e la riforma della stessa antica monarchia".

Possiamo portare la democrazia nei social media?
Justin Rosenstein ha scritto per il País l'articolo che vi propongo di leggere. Rosenstein è il fondatore di One Project ("iniziativa che promuove la democrazia nelle sfide dell’era di internet") ed è uno dei protagonisti del documentario "The Social Dilemma", nonché tra gli ideatori del pulsante 'like' di Facebook. Quello che argomenta ci dovrebbe preoccupare. Ma oltre a unirsi al coro di quanti denunciano gli effetti nefasti sulla nostra democrazia dei social media (e del modello di business che presuppongono) offre delle soluzioni. "Nel 2008 ho contribuito a creare il pulsante like di Facebook - ricorda - Volevamo incorporare nel nostro social uno strumento che offrisse alle persone un vincolo più umano. Ora, più di 10 anni dopo, abbiamo prove schiaccianti del fatto che i social, privilegiando la dimensione 'mi piace' rispetto alla verità dei contenuti, abbiano generato conseguenze impreviste e catastrofiche". "I social hanno deteriorato i rapporti reali, hanno diminuito la capacità della gente di votare in elezioni giuste e libere e hanno debilitato la fiducia nella democrazia e le prospettive del suo futuro". "I social e i loro algoritmi che suggeriscono contenuti, sono disegnati in modo che si presti loro la massima attenzione. Quanto più catturano la nostra attenzione, tanto più ritorno in pubblicità ricevono, e quindi più soldi guadagnano". "Se le aziende che producono tecnologia continueranno a ricevere incentivi per ricavare utili sempre più alti, creeranno sempre tecnologie destinate a riempire le tasche agli azionisti, a scapito della società". "La soluzione non sta nell’assumere più moderatori o nel mettere più impegno nello smascherare le fake news. Rimedi che non sono altro che cerotti.  Per cambiare le cose bisogna trasformare la struttura di governo societario delle aziende; la soluzione, per salvare la nostra democrazia, è applicare loro principi democratici. Immaginiamo, per esempio, che Facebook debba rendere conto a un consiglio popolare anziché a un CdA. Il consiglio popolare, composto da azionisti di svariati settori, deciderebbe gli obiettivi globali dell’azienda, quali siano i criteri importanti e quando si debba avere un nuovo direttore esecutivo. Anziché definire i buoni risultati in funzione di criteri economici, il consiglio potrebbe chiedere di tenere in maggior conto parametri vòlti a rafforzare le istituzioni democratiche e la vita delle persone".

Atwood: "Donne, resistete. E buoni 50 anni! L'età migliore..."
La scrittrice canadese Margaret Atwood risponde alle domande del quotidiano polacco Gazeta Wyborcza. Naturalmente una parte dell'intervista non può non toccare le proteste esplose a Varsavia dopo la sentenza che taglia drasticamente il diritto all'aborto in caso di malformazioni del feto. Ma le riflessioni di Atwood spaziano su tanti argomenti: i diritti delle donne ("Siamo un bersaglio facile. Solitamente i regimi autoritari sono creati dai cosiddetti uomini forti. La regola è questa: se le formiche si assumessero l’organizzazione di un picnic, farebbero in modo che rispondesse al meglio alle loro necessità. Nello stesso modo i regimi degli uomini forti stabiliscono le nuove regole del ‘picnic’ perché al meglio soddisfino ai bisogni degli uomini, intendo dire dei maschi. I governi totalitari cercano sempre, in un modo o nell’altro, di controllare le donne"); i diritti dei gay; il Covid; i suoi libri e i suoi progetti. Bella la notazione sulle età della vita: "Penso che l’epoca migliore sia stata intorno ai cinquanta: hai ancora molte energie, ma non devi più dimostrare a nessuno chi sei".


Perché i polacchi meritano un monumento a Berlino
Thomas Schmid porta la storia sulle pagine di Die Welt con una analisi sulle ragioni per cui il Parlamento tedesco ha dato il suo assenso alla costruzione a Belino di un monumento alle vittime polacche del nazismo. "I tedeschi - scrive Schmid - riconoscono le colpe del passato, ma a settantacinque anni dalla fine del regime nazista l’opinione pubblica non è ancora consapevole dei crimini commessi dalla Germania ai danni dei polacchi". "A chi dice qualcosa il nome Heinz Reinefarth?  Era un generale delle Waffen–SS che represse spietatamente la rivolta di Varsavia, soprattutto nel sobborgo di Wola, ordinando l’uccisione di almeno 30.000 civili. A un comandante disse: 'Vede, il grosso problema è che non abbiamo munizioni a sufficienza per ammazzarli tutti'. Reinefarth, un protetto di Heinrich Himmler, fu insignito per questa azione di una delle massime onorificienze militari. Il massacro di cui si rese responsabile non è ancora entrato nella coscienza pubblica in Germania. La distruzione di Varsavia continua ad essere un punto cieco sulla mappa della memoria tedesca". "Solo tardivamente e con riluttanza la CDU, partito di governo, prese le distanze dal responsabile degli eccidi in Polonia, che finì per essere destituito dall’incarico di sindaco, ma venne riammesso alla professione di avvocato che esercitò indisturbato da onorato cittadino di Westerland fino alla morte, nel 1979". "È solo un esempio della scarsa consapevolezza da parte dei tedeschi dei crimini compiuti dai nazisti in Polonia. Senza dubbio Hitler odiava tutti i popoli dell’Est, considerato una terra di conquista, i cui abitanti dovevano essere scacciati o annientati. Ma il suo rapporto con la Polonia era dichiaratamente diverso. Fin dal primo giorno di guerra l’obiettivo fu distruggere la Polonia, sterminarne le élites, e – a differenza che in altri territori occupati – non consentire l’esistenza di alcuna struttura statale o semistatale propria. Con perfidia diabolica il regime nazista esternalizzò la Shoah, il 'lavoro sporco' dello sterminio degli ebrei d’Europa, nella confinante Polonia, impregnando il suolo polacco del genocidio commesso dai tedeschi”. “Milioni di polacchi, ebrei e non, persero la vita nei sei anni di occupazione tedesca".

Ma cosa vuol dire erigere un monumento? "Il monumento è una formula trita, utilizzata in passato in memoria di imperatori, re, principi. Poi di condottieri e generali. Ancora in seguito di cittadini: poeti, pittori, musicisti, scienziati, politici addirittura. Il monumento serviva ad esaltare e a imporre – dall’alto – un modello. Ben presto emerse che democrazia e monumenti sono solo in parte compatibili. Ciò che è oggetto di dibattito democratico mal si adatta all’esibizione e alla glorificazione". "Non significa però che i monumenti siano ormai impossibilitati a svolgere la loro funzione. Lo dimostra il monumento all’Olocausto a Berlino. Ma solo in parte. Il memoriale dedicato ai polacchi dovrà toccare l’animo del pubblico informato e incuriosire quello meno informato. Solo grazie alla forma, e a qualche semplice parola. Nei confronti di altri media avrà un vantaggio inestimabile. Il pregio del silenzio".

Testo alternativo
"In mare il tempo e la vita appartengono solo a noi"
Chiudo la newsletter di oggi in mare, con l"abominevole uomo dei mari". Le Figaro pubblica una lunga chiacchierata con Olivier de Kersauson, navigatore e scrittore francese. Leggetela per una boccata di vento. "L’indice sfiora incerto i tasti del telefono, per paura di risvegliare l’'abominevole uomo dei mari', come lo soprannominano alcuni. 'Non rischiate nulla, sono in piedi da quattro ore. Qui ai Tropici, bisogna alzarsi insieme al sole', ci rassicura Olivier de Kersauson, prima di proporci un tour della casa a distanza, smartphone in mano. Installato sulla terrazza della sua casa di Punaauia, con vista sul suo peschereccio e all’orizzonte la maestosa isola di Moorea, l’'Ammiraglio', con quei suoi occhi azzurri sempre ridenti e la camicia leggera in tinta, è felicissimo. La crisi sanitaria l’ha costretto a interrompere i suoi andirivieni tra la Polinesia e la madrepatria. Una buona notizia per lui, lo si vede chiaramente. 'Nove mesi senza lasciare Tahiti, è il sogno assoluto', scherza prima di aprire, per Le Figaro, il grande libro delle sue avventure in multiscafo". "Ho adorato quel mestiere. È la cosa più goduriosa che ci sia. È un’attività densa di avvenimenti, con vere storie, vere avventure. Ho vissuto quegli anni nella felicità più assoluta". "Come sceglieva i suoi equipaggi? Perché imbarcare un marinaio invece di un altro per un giro del mondo? 'Il feeling serve a questo. Non è una specie di magia riservata agli idioti. L’unica cosa che conta è che un uomo abbia un desiderio reale, il resto si impara. Era più facile insegnare a dei marinai a fare le gare che insegnare a uno che faceva le gare a diventare marinaio. Ho assunto marinai da peschereccio, ragazzi che la vita aveva privato della possibilità di fare le gare e che sono diventati in un attimo marinai da competizione di altissimo livello. Le gare sono una disciplina, ma per conoscere il mare ci vuole tempo. Molti dicono 'Faccio vela da vent’anni', quando in realtà fanno un mese o quindici giorni di vela all’anno. Non ha niente a che vedere con le cose che facevamo noi'". "Le piaceva la pressione del tempo in gara? 'Vivere in un mondo dove non c’è un secondo da perdere è straordinario! Nella vita normale gli altri riescono sempre a farti perdere tempo, facendo decollare gli aerei in ritardo o costringendoti a rimanere bloccato in un ingorgo. Il mondo intero ti fa perdere tempo. In mare, niente di tutto questo. Il tempo e la vita sono nostri. È magnifico. Da capo Horn a casa era una follia, una specie di entusiasmo, di frenesia'". “Non ho mai vissuto un solo giorno di noia in mare. Quelle ore in mare con il cattivo tempo, quelle che si scivola via, i giorni dove tutto riesce bene o le bonacce da cui bisogna uscire. Sotto la luna, quel mondo argentato così sbalorditivo, pieno di stelle, è una cosa straordinaria. La bellezza di essere sul mare è il piacere più totale. Oggi quello che mi resta è una specie di sottofondo sonoro: dei blu, dei verdi, dei neri, dei grigi abbastanza confusi. I momenti in cui sei concentrato su mari difficili o esaltanti. Ho adorato questo mestiere. Non ho mai vissuto niente di più bello”.

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Società controllata del Gruppo GEDI S.p.a., il consenso al trattamento dei dati.
Da – repubblica.it
1978  Forum Pubblico / NOI CITTADINI, per Civismo, Conoscenza e Consapevolezza. / MAURO BARBERIS - Come superare i conflitti Stato-Regioni e vivere sani inserito:: Novembre 07, 2020, 09:18:30 pm
LA PAGINA DEI BLOG

di MicroMega


MAURO BARBERIS - Come superare i conflitti Stato-Regioni e vivere sani

Durante la prima ondata della pandemia, la struttura regionale dello Stato italiano è stata percepita quasi esclusivamente come un motivo di confusione e inefficienza. Ancor oggi, l’informazione non trova niente di più piccante da sparare in prima pagina che i conflitti fra Stato e Regioni: come l’ultimo, plateale, fra la ministra dell’istruzione Azzolina e il presidente della Regione Campania, De Luca. Il secondo ha chiuso le scuole della propria regione, benché l’istruzione sia di competenza nazionale, ma per ragioni di sanità, materia di competenza regionale. Più volte conflitti del genere sono finiti dinanzi ai tribunali amministrativi, che talvolta hanno dato ragione allo Stato, più raramente alla Regione interessata. Può darsi che succeda anche stavolta, ma il problema, comune a Stati federali come la Germania, resta: come combattere le emergenze senza dividersi?
Giunti alla seconda ondata della pandemia, d’altra parte, nella stessa opinione pubblica ha cominciato a farsi strada la consapevolezza delle ragioni profonde del regionalismo. Già durante il lockdown di primavera, in effetti, molti hanno capito che non aveva senso trattare allo stesso modo le regioni del nord, dove il virus impazzava, e quelle del sud, dove era quasi assente: e che adesso il Covid sia diffuso trasversalmente, a macchia di leopardo, non cambia l’esigenza di trattare diversamente situazioni differenti. Come se non bastasse, l’emergenza sembra aver spiazzato definitivamente almeno un organo dello Stato un tempo centrale, il Parlamento: divenuto, nei casi migliori, un organo di controllo delle decisioni del governo, nei peggiori, una cassa di risonanza della litigiosità dei partiti. Adesso ci manca solo che si blocchi pure lui per il Covid, e il governo rischia di restare padrone del campo, sottratto anche al minimo controllo parlamentare.
È probabilmente a questa disaffezione per la democrazia parlamentare che si devono l’esito, scontato, del referendum per tagliare il numero dei parlamentari, ma anche i risultati di un recente sondaggio di Ipsos Italia, per conto di Astrid e della Fondazione per la Sussidiarietà, che da un lato lamenta l’inefficienza del nostro sistema democratico, dall’altro mostra un favore plebiscitario – da parte di quasi l’80% degli intervistati – per la democrazia diretta. Non sfuggirà a nessuno che, apparentemente, i due risultati sono in conflitto fra loro: come si può volere, insieme, più efficienza e più democrazia diretta? S’immagini solo cosa succederebbe se ogni decisione anti-Covid dovesse essere presa per referendum, coinvolgendo tutti gli interessati.
In realtà, ciò per cui gli intervistati mostrano di simpatizzare, probabilmente, non è la democrazia diretta, la cui inefficienza è nota a chiunque abbia partecipato anche una sola volta a un’assemblea di condominio, ma proprio il regionalismo. Se questi mesi di emergenza ci hanno insegnato qualcosa, in altri termini, è che le decisioni riguardanti solo una parte del territorio nazionale devono essere prese da autorità più vicine agli interessati e alle situazioni locali: in particolare dai presidenti delle Regioni, resi sin troppo popolari, proprio come il Presidente del Consiglio, dal loro attivismo anti-Covid, e di fatto riconfermati, più o meno entusiasticamente, dalle recenti elezioni regionali. In certi casi, come quello campano, si tratta di un’autentica sindrome di Stoccolma, la simpatia che s’insinua nella vittima per il proprio carceriere: ma questo è il mood in cui versa il paese, e bisogna tenerne conto.
Insomma: la gente dei sondaggi – questo surrogato più plausibile del “popolo” populista – non chiede certo che si moltiplichino i centri di decisione e le occasioni di scontro, ma una cosa molto più semplice: che i responsabili, statali e regionali, si mettano una buona volta d’accordo. Ora, mentre tutti i tentativi di coinvolgimento dei leader dell’opposizione nella gestione della pandemia sono sinora falliti miseramente – che aiuto può venire, infatti, da chi è in campagna elettorale permanente? – un qualche coordinamento è stato assicurato dalla Conferenza Stato-Regioni: organo che ha assunto un ruolo tale da far parlare, impropriamente, di una terza camera del Parlamento.
Può darsi che questo segnali la necessità di trasformare davvero il Senato in una camera della Regioni meno abborracciata di quella proposta a suo tempo da Renzi: ma ci manca solo che, con tutti i problemi più urgenti che abbiamo, c’imbarchiamo anche in un’altra riforma costituzionale. Guardiamo alle cose come stanno: la presidenza della Conferenza, a dicembre, potrebbe passare da Stefano Bonaccini, esponente di un Pd che governa solo cinque regioni e che già faceva una politica favorevole al regionalismo differenziato, a Giovanni Toti, rappresentante, molto più dialogante dei vari Meloni e Salvini, di un centrodestra che comunque di regioni ne governa quindici. Altro che democrazia diretta, allora. L’unica soluzione, almeno sinché dura l’emergenza, non è fare un improbabile governo di salute pubblica, che si trasformerebbe presto in una gabbia di matti, ma usare sistematicamente la Conferenza Stato-Regioni. Che cioè governo e presidenti delle regioni, maggioranza e opposizione, usino quella sede per coordinare la loro azione anti-Covid. Poi gli elettori giudicheranno dell’efficienza, ma anche della lealtà della collaborazione di ognuno.
Mauro Barberis
(19 ottobre 2020)
Scritto lunedì, 19 ottobre, 2020 alle 09:31 nella categoria Mauro Barberis. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

2 commenti a “MAURO BARBERIS - Come superare i conflitti Stato-Regioni e vivere sani”
•  Maria Cristina scrive:
20 ottobre 2020 alle 03:39
Certo che se crediamo ai "sondaggi"... Avremmo la Clinton come Presidente US.
Ricordo un fatto che mi è capitato qualche mese fa e del quale ho giù parlato. Mese di luglio: treno veloce da Ancona a Bologna. In territorio marchigiano distanziamento: posti segnalati con il divieto di seduta; in territorio emiliano l' addetto si è affrettato a togliere i cartelli, liberi tutti. Evidentemente il virus risentiva dell'aria... romagnola.
A Rimini tutti i posti si sono riempiti. Nonostante l’Emilia avesse in quei giorni l’indice Rt più alto del Paese.
Tutti hanno parlato delle discoteche sarde, nessuno del caos nella Riviera Romagnola. Bonaccini, renziano della prima ora come la sua vice, che gode di ottima stampa perché destinato da tempo (Renziani hanno in mano il Paese: i suoi sono dovunque) ad un grande futuro, questa estate ha aperto la qualunque.
Siamo stati, in piena pandemia, la seconda regione per contagi: il Veneto, con più di 400.000 abitanti in più, ha fatto molto meglio di noi. Avete sentito parlarne ogni giorno ed in ogni momento come successo col Veneto e la Lombardia? Ma se lo fa lui, col piglio da "uomo forte" ed incazzoso (agli Italiani piacciono così, ben lo sappiamo dai pregressi...), nessuno fiata: "governa bene". E dato che sappiamo solo quello che ci dicono...
Altro che Regioni: siamo alle antiche Signorie. Evidentemente va bene così: a questo siamo abituati, e lassù lo sanno.

•  Tremendo scrive:
20 ottobre 2020 alle 11:24
nel frattempo ci hanno tolto il sistema sanitario. Per far posto al Covid sono stati sacrificati letti e reparti ospedalieri. Una follia. Non c'è solo il Covid. Ogni giorno in Italia muoiono altre 1000 persone per altre patologie. A livello mondiale sono circa 30 milioni gli interventi rimandati, per il coronavirus che secondo l’OMS ha una mortalità sullo 0,3%…

da - http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=30851
1979  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Se noi esseri pensanti diamo fastidio ci caccino. inserito:: Novembre 07, 2020, 09:14:40 pm
Autore
Arlecchino Euristico.

Le interferenze di Fb, nel nostro agire sempre più lontane da una democratica Etica della Comunicazione, sta superando la decenza sociale.

Post che spariscono, correzioni che non si vedono eseguite, rendono di fatto sempre più difficile la serenità di partecipazione.

Se noi esseri pensanti diamo fastidio ci caccino.

ciaooo

Da Fb del 5 novembre 2020 in Arlecchino
1980  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / ILVO DIAMANTI Il miraggio del Centro. I partiti lo cercano ma i voti sono ... inserito:: Novembre 07, 2020, 06:30:19 pm

La zona grigia dell’Italia | Rep
Posta in arrivo

Arlecchino Euristico
12:18 (6 ore fa)
a me

https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/11/06/news/la_zona_grigia_dell_italia-273397730/

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