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16  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: ANTIMAFIA - Ipotesi per un tavolo di lavoro inserito:: Luglio 02, 2008, 03:37:33 pm
E’ particolare il rapporto che le donne hanno con il dolore.
Probabilmente per una sorta di memoria atavica, che ha sempre voluto le donne mogli, madri, sorelle, figlie: una passetto indietro rispetto ai maschi di casa, ma reali colonne portanti della famiglia.

Alle donne la gestione della casa, alle donne l'educazione dei figli, alle donne il compito di mantenere la pace familiare, di preservare le tradizioni dai cambiamenti. Alle donne il compito di andare avanti nonostante stanchezza e difficoltà… anzi. E’ proprio quello il momento in cui la loro forza deve venir fuori maggiormente. Per la sopravvivenza della famiglia.

Nel dolore la reazione, la forza di andare avanti, senza lasciarsi schiacciare.

E questa particolare attitudine al dolore, questo ruolo imposto e accettato con sopportazione, è tanto più forte quanto più la vita diventa tradizione, quanto più siamo prossimi ai paesi del sud... quanto più ci avviciniamo alla cultura mafiosa.
Ed in fondo si tratta di uno stereotipo difficile da far morire, se non è solo la cultura che circonda le donne del sud, ma anche “lo Stato” a relegarle in tale ruolo: la responsabilità della donna è sempre stata considerata di tipo morale più che penale. Lo stesso punto di vista delle famiglie mafiose in fondo: la donna non può raggiungere posizioni di spicco, al massimo può favorire le pratiche illecite del congiunto... e quindi non è punibile. Nel 1983 viene proposto per Francesca Citarda, moglie di Giovanni Bontate il soggiorno obbligato e la confisca dei beni, in base alla legge La Torre che estende a familiari e prestanome dei mafiosi le indagini patrimoniali, allo scopo di confiscare quei beni di cui non sia provata la legittima provenienza. Il Tribunale di Palermo respinge tale richiesta: nella sentenza è specificato

"… pur nel mutevole evolversi dei costumi sociali, non ritiene il Collegio di poter con tutta tranquillità affermare che la donna appartenente ad una famiglia di mafiosi abbia assunto ai giorni nostri una tale emancipazione ed autorevolezza da svincolarsi dal ruolo subalterno e passivo che in passato aveva sempre svolto nei riguardi del proprio "uomo", sì da partecipare alla pari o comunque con una propria autonoma determinazione e scelta alle vicende che coinvolgono il "clan" familiare maschile.
Troppo lontane per ideologia, mentalità e costumanza sono le cosiddette "donne di mafia" dalle "terroriste" che purtroppo hanno avuto un ruolo di attiva partecipazione alle bande armate che tuttora attentano alla sicurezza dello Stato e all'ordine democratico" (Tribunale di Palermo, 1983)

Le terroriste… donne del nord, e come tali emancipate.

Le donne abituate a crescere nell’accettazione del dolore, dunque.
E dal dolore la rabbia. Dalla rabbia l’esigenza di verità e giustizia… una forma di vendetta che può avere risvolti simili ma diametralmente opposti: l’impegno civile e la rottura del muro di silenzio da una parte, il pieno coinvolgimento nelle attività della famiglia, fino al punto di diventare vere e proprie “madrine”, dall’altra.

In fondo quasi sempre sono storie che nascono dall'amore: per un compagno, per il padre, per un fratello, per un figlio.
Dal dolore di Maria Eleonora Fais, sorella della giovane Angela, giornalista siciliana, deceduta nel 1972 nella sciagura di Montagna Longa, nasce un bisogno di verità, un desiderio di giustizia, che si tramuta in impegno civile: la battaglia contro la base missilistica a Comiso al fianco di Pio La Torre, il movimento antimafia nato all'indomani della morte del deputato, compagno e amico.
La ricerca della verità diventa il filo conduttore dell'impegno di Maria Eleonora, al punto da renderla importante teste al processo sull'omicidio La Torre. Al punto da non renderla cieca di fronte alla realtà, consentendole per quella morte di puntare il dito anche contro esponenti del suo stesso partito, dai cui principi peraltro non ha mai preso le distanze, essendo per lei radice culturale e principio morale.

Ma la storia di Maria Eleonora non è tra le più note, probabilmente per come è nata: una sciagura aerea, su cui pesano più ombre che luci, liquidata come incidente i cui unici colpevoli sono risultati essere i due piloti, morti anche loro… e poi l’oblio. Pochi sono i giornalisti che l’hanno raccontata, e raramente fuori dai confini siciliani.
Il contesto in cui questa storia si è sviluppato è molto diverso da quelli di storie più note: non è la mafia a fargli da sfondo, quanto piuttosto gli anni di piombo della strategia della tensione. Non la consapevolezza dell’omertà, ma la percezione del depistaggio. La conclusione è analoga: dolore… un dolore da incanalare, da convogliare verso qualcosa di costruttivo: si è trasformata in detective, per indagare sulla morte della sorella, nella speranza di trovare delle prove che consentissero di riaprire il caso.
Una mente lucida, attiva, che si fa memoria storica delle vicende che riguardano l’intero paese, non solo la Sicilia. La sua esigenza di portare alla luce quelle verità che non si raccontano, la salvano dall’apparire solo una donna di mezza età, che dopo 35 anni ancora non si da pace.
La sua lingua non conosce omertà, e quando può raccontare lo fa a ruota libera: pur non essendo una storia di mafia la sua, è comunque avvolta in quel mantello di silenzio che sembra voler avvolgere preventivamente i fatti, perché “non si sappia”. La sua esigenza che la verità venga a galla, è battaglia culturale, civile e politica.
Sono molte le donne che si sono impegnate in questa battaglia:  quegli atteggiamenti omertosi, che sono propri delle culture mafiose, ma anche di certi ambienti politici, troppo strettamente a queste legati, in questi anni sono stati spesso battuti proprio grazie all’impegno collettivo di donne che a questa cultura si sono ribellate.

Quella di Felicia Impastato è una storia molto diversa da quella di Maria Eleonora Fais, ma per certi versi ha molte similitudini: Maria Eleonora ha sempre combattuto la mafia e la sua cultura, grazie ad una estrazione sociale e politica ben lontana da quegli ambienti. Felicia invece vi è stata immersa!
Figlia, moglie e cognata di uomini d’onore, ha contribuito a infondere in migliaia di persone, giovani soprattutto, quella cultura alternativa in cui ha avuto la fortuna di crescere Maria Eleonora. La denuncia esplicita, aperta, il rifiuto dei compromessi che ha divulgato sembrerebbero nascere dall’esperienza vissuta, conseguenza della tragica morte del figlio Peppino Impastato, ucciso dalla mafia per la sua attività di denuncia e opposizione , anche contro il suo stesso padre, i suoi amici… ma soprattutto contro il boss: Tano Badalamenti.
Peppino ha sfidato apertamente la mafia, ponendosi contro la sua stessa famiglia, che abbandona per proseguire la sua attività: la voce della verità diffusa per tutto il paese, attraverso le onde di Radio Aut.
In realtà in fondo è Felicia stessa l’involontaria fautrice della tragica fine di Peppino. Perché se Peppino è stato quel simbolo di rottura, familiare e sociale, è proprio grazie agli insegnamenti della madre, alle loro lunghe chiacchierate, all’amore per la letteratura, per la cultura. Un insegnamento diverso: lei per prima spezza quella perversa catena che avrebbe destinato i suoi figli (Peppino ha un fratello, Giovanni, che sarà al fianco di Felicia dopo la morte di Peppino, nella sua lotta contro l’omertà) ad un futuro di mafia, rompendo con quella classica educazione impartita ai propri figli dalle altre madri cresciute immerse nell’ambiente di Cosa Nostra,
Una responsabilità silenziosa e importante quella di Felicia:
“(…) Altro che lo stereotipo della donna che nella famiglia di mafia riproduce i valori mafiosi educandovi i figli sin dall’allattamento. Lei fu l’esempio contrario. Senza rompere la famiglia, senza infrangere le “regole dell’ubbidienza”, allevò i due figli ai valori della democrazia e li protesse nel loro cammino” (da Le Ribelli, di Nando Dalla Chiesa).
E’ stata lei, con la sua educazione a fare si che i suoi figli potessero intravedere la possibilità di una vita, una realtà diversa da quella mafiosa cui erano destinati.
Una responsabilità forte, che si traduce in una vera e propria rivoluzione all’indomani della morte di Peppino: non la vendetta, ma la ricerca della verità, che senza la sua presenza vigile non sarebbe mai arrivata. La morte di Peppino Impastato sarebbe stata destinata all’oblio: è il 9 maggio1978… lo stesso giorno della morte di Aldo Moro. Ucciso con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia: secondo la stampa, le forze dell’ordine e la magistratura, Peppino è un terrorista, rimasto vittima di un attentato da lui stesso organizzato. La scoperta di una lettera scritta molti mesi prima ne fa un suicida.
Se Felicia e Giovanni non si fossero trasformati in poliziotti e magistrati, se non avessero in questo modo sollecitato le giuste indagini tralasciate da chi ne aveva il dovere, oggi la verità sulla morte di Peppino sarebbe una altra: “fallito e terrorista”.
Felicia, dopo 20 anni di attesa attiva, raggiunge quindi il suo scopo, ma non basta: la mafia non si sconfigge con la vendetta, ma con la verità, la parola, la legalità. La mafia è fatta di mafiosi e di chi li sostiene. Di chi li protegge e di chi finge che non esistano. Di chi non vede e di chi se ne serve.
L’unica strada: continuare a parlarne. Ed è quello che ha fatto Felicia, fino all’ultimo istante della sua vita. E questa è l’eredità che ha lasciato.

Come Felicia Impastato, e prima di lei, Francesca Serio, madre di Salvatore Carnevale: quel figlio per il quale ha inutilmente per 10 anni chiesto giustizia. Salvatore Carnevale, ucciso dalla mafia nel 1955. Sindacalista a Sciara, sconosciuto paesino del Palermitano. Colpevole del suo impegno a favore dei poveri, di avere fondato a Sciara la prima sezione del sindacato, e la prima sezione del partito socialista.
Rompendo per prima lo schema dell’omertà, Francesca parlò, fece i nomi degli assassini. Francesca mostrò che si può denunciare la violenza mafiosa.

“Quando ti uccidono un figlio sparano anche su di te. […] noi donne siamo, anzi dobbiamo essere le più forti. Le donne devono reggere la situazione (…)”.” (da Le Ribelli, di Nando Dalla Chiesa)
E’ Saveria che parla, madre di Roberto Antiochia, poliziotto, ucciso nell’85 insieme con il capo della Squadra Mobile Ninni Cassarà.
Dopo avere denunciato in una lettera aperta all’allora ministro degli interni, Oscar Luigi Scalfaro, le condizioni precarie e difficili in cui erano costretti a lavorare gli agenti della Squadra Mobile, che come il figlio rischiavano ogni giorno la vita, qualcuno disse che quella lettera era troppo ben scritta perché ne fosse autrice la madre di un poliziotto, e che si trattava soltanto di un basso attacco politico. Saveria, invece, era persona colta e sensibile, che ha fatto della parola la sua arma: la sua battaglia è stata l’affermazione della verità su quel delitto, denunciando la complicità che esisteva tra mafia e istituzioni.
Saveria ha parlato, ha parlato tanto, portando la sua testimonianza ed il suo ricordo di Roberto nelle scuole, le parrocchie, le biblioteche, i circoli di tutta Italia. Raccontando i fatti scevri da qualsiasi forma di retorica, trasmettendo, nonostante tutto la sua fiducia nelle parole, che anche se disarmate possono essere arma efficace per combattere la mafia.

La parola, girando in lungo e in largo per il paese: stessa scelta di un’altra figura di donna, diventata ormai emblematica. Rita Borsellino, la sorella del giudice “dai baffetti gentili”.
Rita, che all’indomani della strage di Via D’Amelio, cessa di essere farmacista e diventa testimone civile.
Viaggia, parla, racconta… accende le coscienze andando oltre: il suo impegno civile rompe gli schemi, per entrare nella politica, avviando un nuovo impegnativo percorso nel grande cammino di liberazione delle donne siciliane dalla mafia: si candida alla presidenza della Regione.

E di fianco a donne di simile forza, personaggi, fragili, piccoli, ma di immenso coraggio. Al punto da entrare nel mito: come Rita Atria.
Rita, sorella di Nicola Atria, figlia di don Vito Atria. Mafiosi, uccisi da mafiosi. Per amore del fratello e del padre, piegata dalla violenza mafiosa, stanca del peso di un dolore troppo grande per i suoi 17 anni, angosciata e combattiva, decide di ribellarsi alla mafia, rompendo il cerchio dell’omertà.
Una scelta difficile, pesante da reggere da sola, visto che la madre la allontana, considerandola una infame. La sua vita da collaboratore di giustizia non è per nulla facile: unico conforto, essere in compagnia di una ragazza altrettanto coraggiosa, Paola Aiello, la moglie di Nicola. E la consapevolezza di stare facendo qualcosa di giusto, di importante, e di avere vicino a se la figura rassicurante di Paolo Borsellino. All'indomani della strage di Capaci, Rita non regge:
“Rita vide crollare il nuovo mondo ‘fatto di cose semplici’ che aveva appena fatto in tempo a respirare grazie a quel giudice dai baffetti gentili (…) D’improvviso si sentì sola. (…). Sette giorni dopo la strage di via D’Amelio, Rita si affacciò sul terrazzo (…) Si gettò dal settimo piano”. (da Le Ribelli, di Nando Dalla Chiesa)
Al suo funerale ci fu una larga partecipazione. Soprattutto giovani. Soprattutto donne. Meno che sua madre.
Una figura tragica quella di Rita. Ma probabilmente l'immagine che ha più della tragedia greca è quella di Vincenzina Marchese: moglie di Leoluca Bagarella e sorella di Pino Marchese. Il suo matrimonio è un momento importante, in quanto segna l'avvicinamento dei corleonesi alla famiglia di Palermo.
Il pentimento di Pino è un momento di profonda lacerazione per lei: potere e onorabilità del marito Bagarella sono pregiudicate. Ma peggio ancora della vergogna è il dolore per la consapevolezza delle azioni del marito. Da sempre desiderosa di diventare madre, perde il figlio durante la gravidanza. Considera questo un segno del divino: colpe troppo grandi gravano sul marito, e la consapevolezza di queste la rendono non meno responsabile. Il peso è troppo grande... si impicca.
Un pentito racconta che nel vedere in televisione e sui giornali le immagini dei crimini, delle stragi che vedevano coinvolto il marito, e che andavano ben oltre il semplice delinquere per la crudeltà di tali gesti, tra cui l'omicidio del piccolo Di Matteo Vincenzina urlò alla volta del marito “Come può il signore darci un figlio se tu ammazzi i bambini?!”

Donne: madri, sorelle, figlie. E i loro sentimenti, che hanno rappresentato l'inizio di una rivoluzione che ha in qualche modo cambiato un piccolo frammento di mondo.
La manifestazione del dolore e della volontà di ribellione ad un universo che da sempre massacra la Sicilia, con il suo carico di false tradizioni e valori sbagliati: le lenzuola... un simbolo al femminile!
Le lenzuola del corredo da sposa. Le lenzuola insanguinate stese alla finestra a testimonianza della deflorazione... il matrimonio è stato consumato.
E lenzuola bianche, pulite, fresche, esposte ancora una volta alle finestre, ma a testimoniare la ribellione, la rottura, il rifiuto di quel mondo. Quante lenzuola sono state ai balconi per manifestare il no della Sicilia alla mafia!
E quante continuano a sventolare oggi sugli stessi balconi? Sempre meno. Quasi una rinuncia a lottare.
Mentre sempre più frequentemente la mafia diventa donna. Non semplici complici ma parte attiva, pur se non con il diritto all'affiliazione: non serve.
Nel tempo sono diventate sempre di più le donne di mafia, che si sono trovate a gestire gli affari di famiglia, dall'estorsione alla riscossione del pizzo, al traffico di droga, fino ad incarnare la figura di vere e proprie “madrine”. Già dal 1995 il fenomeno si è reso evidente: 89 donne denunciate per il 416bis... associazione mafiosa!

Sempre meno lenzuola bianche...

Nel suo diario, dopo aver appreso la morte di Paolo Borsellino, Rita lascia queste parole:
“Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi.“
Ha ragione Rita, perché la mafia è soprattutto un fatto culturale.
Abbiamo iniziato parlando di donne, del loro ruolo, di come siano le depositarie di questa cultura che tramandano quasi inconsapevolmente da anni. Ed è per questo che vorremmo concludere con l’ultima storia di donna: la storia di Carmela.
Carmela Iaculano, moglie di Pino Rizzo boss legato ai corleonesi di Provenzano. Arrestato per associazione mafiosa nel 2002, Rizzo continua dal carcere la sua attività, dettando i suoi doveri attraverso dei bigliettini, che anche Carmela contribuisce a portare fuori dal carcere e consegnare a destinazione.
Il 3 maggio viene arrestata e liberata dopo poco perché le vengono concessi gli arresti domiciliari. E al suo rientro, la sorpresa: “Mamma questa è vita secondo te?”
Le figlie la esortano a collaborare, a raccontare la verità, tradire il marito e la famiglia: grazie a lei il Consiglio Comunale di Cerda viene sciolto per infiltrazioni mafiose, e il Pubblico Ministero mette le mani su un filmato girato in parlatorio nel Carcere di Palermo, che mostra come fanno i boss a comunicare con l’esterno.

La testimonianza di Carmela:
“Mi manca la mia terra, il mare, il sole, ma mi piace questa nuova Carmela: mi sento pulita, libera, sono una persona normale come tutti, non sono più impigliata in quella ragnatela che è la mafia che ti stringe fino a non farti più respirare. La mafia non finirà mai, fino a quando la gente, i commercianti, gli imprenditori e i politici continuano ad abbassare la testa e ad aver paura di dire no e di denunciare...allora sì che la mafia non finirà mai”

Siamo partite parlando di donne, del loro ruolo, di come siano depositarie di questa cultura. E vi abbiamo parlato di loro, donne che hanno deciso di interrompere questa catena, perché siano di esempio ad una nuova generazione di donne: perché siano depositarie di una cultura nuova, diversa.
Perché la gente, i commercianti, gli imprenditori e i politici smettano di abbassare la testa.
Perché comincino a denunciare.
Perché il silenzio schiaccia, è complice, uccide quanto la lupara.
E allora noi vogliamo cominciare a raccontare…
17  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: Tavolo n° 2 Straordinari... inserito:: Luglio 02, 2008, 02:55:00 pm
ciao Maria, la mansione alla quale tu alludi, per quanto riguarda l'assistenza ai bisogni primari, è supportata dalla qualifica di ASA.

è un operatore che frequenta un corso di un anno con frequenza obbligatoria ed esame finale (l'ho fatto anch'io in un periodo della mia vita in cui volevo sperimentare il lavoro nel sociale, appunto).

non è assimilabile (se non in minima parte) al lavoro dell'educatore.

entrambe le prestazioni possono essere gestite ed erogate dalle cooperative. Molte di queste in effetti, hanno approfittato di come lo Stato aveva deciso di rispondere al bisogno di assistenza per sfruttare i propri soci/dipendenti.
Infatti in Italia si è deciso di rispondere al problema assistenza tramite l'interazione con le cooperative, che si sono prese alla fine qualsiasi licenza.
Tradendo così l'idea origine che le aveva inizialmente fatte sperimentare, soprattutto nel centro italia.

così succede quando, gettate le "ideologie" e tutto ciò che a loro era anche lontanamente assimilabile, al posto di dignitosi e onesti proletari le cooperative sono state create e gestite da sottoproletari senza arte né parte, per dirla con un eufemismo.

ciao
paola





Lo stato appalta a chi fa la proposto più interessante in termini di qualità e prezzo... ovviamente per tenere i prezzi bassi e erogare il servizio le cooperative si servono di personale cui possono dare il meno possibile. Conosco estremamente da vicino una persona che, con il solo diploma di 3° media, lavora come ASA, senza averne la qualifica... e sta assumendo mansioni da educatore... senza averne lo stipendio. E' bravissimo in quello che fa, al punto che psicologi ed assistenti sociali lo conoscono ed interagiscono con lui nel lavoro in maniera molto efficace. In fondo è una soddisfazione, un riconoscimento.... ma potrebbe esserlo anche economico? No.... perchè non ne ha i titoli!
18  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: ANTIMAFIA - Ipotesi per un tavolo di lavoro inserito:: Luglio 02, 2008, 10:21:12 am
Mi sembra di capire che l'interesse c'è.... ok, mi metto al lavoro.
Vi presento prima una cosa che ho preparato lo scorso anno per la Festa dell'Unità Nazionale... ma ho bisogno di un pochino di tempo per sistemarla...
Paola, parla appunto delle donne e la mafia!
19  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: Tavolo n° 2 Straordinari... inserito:: Luglio 01, 2008, 11:35:24 pm
Magnifico!
Un abbraccio anche da parte mia.... un abbraccio materno! Felice
20  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: TAVOLO delle PROPOSTE e NOTE per il TEAM. inserito:: Luglio 01, 2008, 04:16:34 pm
No ggianni... qui abbiamo le tessere! Abbiamo iniziato la campagna di tesseramento da un paio di mesi: c'è uno storico vecchio comunista del posto che sta facendo porta a porta, andando dai vecchi iscritti ai DS, vecchie Margherite, coloro che hanno partecipato alle primarie ma non hanno mai ritirato il certificato e simpatizzanti!
E la campagna ha lo scopo oltre che di inserirsi maggiormente nel territorio, anche di finanziare il partito. Che ha diverse spese,tra cui quelle di affitto per un capannone che ospita le feste dell'unità e la sede del partito. Locali che sono andati tutti alla fondazione che è nata con lo scopo di gestire i beni mobili ed immobili dei partiti di origine. Locali che potrebbero essere tranquillamente dati in affitto ad altri.
21  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: Tavolo n° 1 = riservato alle eventuali integrazioni alla lettera d'intenti ... inserito:: Luglio 01, 2008, 02:45:54 pm

All'ordine del giorno metterei anche come coinvolgere maggiormente altri, magari anche con la produzione di qualcosa che possa essere di interesse.


Come il tuo ottimo lavoro sugli straordinari.
Siamo pochini per ora, ma non fermiamoci: cominciando a produrre magari qualcuno si aggrega. Sto imparando, qui come nella vita reale, che dopo tante parole sono sempre in pochi a fare le cose... ed è particolarmente divertente 'sta cosa, dal momento che poi vedo un gran lagnarsi perchè non si viene coinvolti nelle scelte. Ma se alla fine tutti ci si ferma, non succede mai nulla... ed io sono troppo iperattiva per lasciare che le cose intorno a me si fermino.
Andiamo avanti.
ggiannig dice che abbiamo gli occhi puntati addosso, il che vuol dire che i nostri sforzi a qualcuno arrivano (anche se ancora non ho ben capito a chi). E' questo quello che conta. Che cisia qualcunoche recepisca e se ne faccia portavoce.
22  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: TAVOLO delle PROPOSTE e NOTE per il TEAM. inserito:: Luglio 01, 2008, 02:40:31 pm
Rileggendo l'articolo postato da ggiannig, pensavo alla mia esperienza.
Qui a Minerbio le cose sono molto diverse da come sto leggendo. Facciamo però un passetto indietro: noto che la maggior parte degli elementi del comitato del circolo fanno aprte della vecchia "nomenclatura", soprattutto DS. Però hanno accolto con un certo ensutsiasmo (e qualche perprlessità ammetto) volti nuovi. Oddio, da quello che mi sembra di capire sono l'unico volto nuovo, ed ho un aspetto ed un temperamento un pò sopra le righe, ma noto che mi ascoltano. Al punto che mi hanno chiesto di occuparmi di "comunicazione" per il locale ma anche per il sito provinciale. Inoltre mi stanno coinvolgendo in un gruppo che si occupa di creare iniziative politico culturali... questo vuol dire che hanno voglia di novità.
Ed una, piccola se vogliamo la noto già: i ragazzi, che per questo paese sono entità quasi inesistente, sono finalmente stati ascoltati. E' una cosa piccola e probabilmente anche stupida, ma sono riusciti ad organizzare una "festa della Birra". E' un momento di aggregazione, non politico, ma ludico: 3 giorni di concerti e birra. E vi garantisco che in un paese come questo, dove l'importante è fare silenzio è tanto!
Perchè è vero che non sappiamo parlare la lingua dei giovani. Ed i giovani per quanto impegnati non sempre voglioni stare li a rimuginare: bisogna dare loro qualcosa. Ho insistito parecchio su questo punto, scritto mail su mail nella nostra mailing list... e alla fine qualcosa si è prodotto. Così come è nato un gruppo che si occuperà di  immigrazione, di cui fanno parte dei giovani immigrati, che si attiveranno con noi per delle iniziative.
Ripeto: Minerbio è un comune piccolissimo dove le iniziative ci sono, ma sono sempre le stesse da anni: il carnevale a febbraio, la sagra settembrina, la sagra della rana e del pesce (festa dell'unità)... difficile che si riesca a fare altro. Eppure comincia a muoversi culturalmente. Ed è giù un passo.... soprattutto perchè è il PD che sta muovendo qualcosA.
A minerbio è in atto la campagna di tesseramento: è questa la primaria fonte di finanziamento del partito, a differenza di quanto leggo nell'articolo suddetto.
Il problema vero che riscontro di continuo è la scarsa partecipazione da parte delle persone: faremo molte cose, stiamo preparandoci per andare nella zona industriale a parlare con gli operai, o meglio, ad ascoltarli. Siam opoche persone ma molto attive. Ed anche quelle della vecchia guardia sembra stiano lasciandosi prendere dalla novità dei volti nuovi (io e i giovani).
Probabilmente la mia visione è viziata... ma se questa stessa esperienza si estendesse ad altri circoli sarebbe magnifico.
Continuo ad insistere che le spinte devono arrivare dalla base. Per questo ho voluto mettermi in questa impresa. Che spero dia buoni frutti.
E per questo credo che sia necessario un tavolo di lavoro proprio su questi argomenti.
Il mio proposito è quello di contribuire a creare il PD. Un PD che somigli il più possibile all'idea che ha attratto chi come me si è avvicinato per la prima volta ad un partito.
Io non sono DS o Margherita. Non sono Ulivo, e neanche mi interessa costruirlo. Sono iscritta (con tessera) al PD... partito in fasce. E da mamma che sono, ho tutta l'intenzione di far crescere questo bimbo educandolo perchè sia in grado di andare per il mondo.
23  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI di STUDIO: I PARTECIPANTI scrivono... / Re: propongo una campagna acquisti!!! inserito:: Giugno 29, 2008, 05:01:45 pm
Credo che una "campagna acquisti" si possa tentare dopo la pubblicazione sul forum del primo documento.
24  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: Tavolo n° 2 Straordinari... inserito:: Giugno 29, 2008, 04:59:56 pm
Nel tuo documento hai fatto riferimento ai servizi, e questo mi fa venire in mente un altro sottobosco di lavoratori poco noti: mi riferisco proprio  a quelli che garantiscono i cosiddetti "servizi". Assistenza agli anziani o ai disabili (fisici e mentali), servizi di pre-post scuola, educatrici degli asili nido. Servizi che vengono erogati in genere su appalto da aprte di cooperative, e gli operatori che vi lavorano hanno un ulteriore tipo di contratto che è quello di "socio di cooperativa".
La situazione è qanto mai complicata, in quanto, in particolare nel caso dell'assistenza ai disabili c'è uno svilimento della figura del professionista, e nello stesso momento uno sfruttamento dell'operatore non qualificato. SI parte dall'assistenza stretta, intesa nel senso di movimentare il malato, prestare opera di "pulizia" imboccarlo e simili, a competenze che di fatto dovrebbero essere affidate a personale qualificato (con relativo diploma se non in alcuni casi anche laurea), la cui figura viene di conseguenza svilita. Spesso chi fa assistenza ai disabili si trova a svolgere mansioni da educatore. In molti casi lo fanno anche bene ma, se da una parte chi ha il titolo di studio per svolgere tale mansione non è interpellato e si vede defraudato da una possibilità di lavoro, dall'altra chi svolge di fatto tali mansioni, non essendo qualificato è remunerato di conseguenza: a tutti gli effetti fai l'educatore ma vieni pagato come assistente. Per l'assistenza di base poi, è prevista comunque una qualifica, ma la maggior parte delle vlte chi fa l'operatore non ne è in possesso. In poche parole il lavoro viene svolto a bassissmo costo da persone non qualificate, anche se con ottimi risultati. Il danno è duplice: chi è qualificato non lavora, chi non lo è fa un lavoro sovrastimato e mal pagato.
Nel caso degli educatori di asilo nido è il caos: spesso il servizio è fornito da cooperative, pur essendo il nido un servizio comunale, ed in molti casi si trovano a lavorare fianco a fianco educatrici "di ruolo" ed educatrici di cooperativa. Che hanno uguale mansione ma trattamento molto diverso, anche sul piano remunerativo, oltre che in stabilità. Il che crea non pochi problemi nell'esercizio delle funzioni di entrambe le figure: come pèuò lavorare serenamente chi si sente precaria, sapendo di svolgere lo stesso lavoro della collega che è invece inquadrata in maniera stabile?
Su tutto questo grava lo "stipendio". In genere i "soci di cooperativa" sono pagati ad ore, e pur firmando un contratto con un definito numero di ore, non sempre queste riescono ad essere coperte: su un contratto da 26 ore spesso se ne coprono solo 21, e non per indisponibilità del socio. Di solito la paga oraria di questi lavoratori è di 6 € circa.
Scusa se ho mess oaltra carne a cuocere, ma è una situazione molto particolare quella di chi lavora nell'ambito de i"servizi alla persona", e mi premeva metterla in risalto.
Per il resto il tuo lavoro mi sembra molto chiaro e completo.
25  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: ANTIMAFIA - Ipotesi per un tavolo di lavoro inserito:: Giugno 27, 2008, 02:34:53 pm
Dal momento che il lavoro di darwin sembra essere ad un punto piuttosto avanzato, che ne dite se proviamo a lavorare su questo? Visto anche che con piacere noto l'argomento essere urgenza anche per il PD, dal momento che ha uno spazio tutto suo sul sito.
26  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: Tavolo n° 2 Straordinari... inserito:: Giugno 27, 2008, 02:32:42 pm
Bel papiro.... e lo studio un pò, per vedere se mi è tutto chiaro. Se lo capisco io vuol dire che è perfetto! Felice
Scherzi a parte: do una lettura seria, così se trovo che qualcosa mi sembra oscuro o da specificare o approfondire te lo dico... è l'unico aiuto che sono in condizioni di darti.
27  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: Dove sta andando il PD inserito:: Giugno 26, 2008, 01:00:29 am
Hai lanciato un bel po di sassi gianni....
questi giorni sono piuttosto problematici per me, ma dalla prossima settimana sono più tranquilla... nel frattempo leggo, poi rifletto. E comincio a lanciare sassi anche io!
28  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: TAVOLO delle PROPOSTE e NOTE per il TEAM di GSL. inserito:: Giugno 24, 2008, 12:28:06 am
Bello spunto di riflessione, grazie!
29  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI DI STUDIO: i Lavori SI SONO FERMATI. / Re: concretezze e voglia di "fare" insieme... inserito:: Giugno 23, 2008, 10:54:32 am
Quanto al come, penso che dovremmo prenderci l'impegno reciproco (in una sorta di "comitato promotore") di stilare un'agenda di lavoro, da rivedere con frequenza prestabilita, per esempio settimanale, per fare il punto e ripartirci gli impegni (scrivere un documento, definire un'iniziativa, lanciare campagne di "mobilitazione" attraverso la presenza su altri forum o con e-mail ecc.).
...
Che ne pensate?

Daccordissimo!
30  Forum Pubblico / ANTICHI GRUPPI di STUDIO: I PARTECIPANTI scrivono... / Re: Proposta: Organizzare una opposizione sul territorio inserito:: Giugno 23, 2008, 10:47:29 am
Grazie Admin!
Non so cosa sia successo.... dovevo essere proprio incavolata quando ho scritto Felice
Sono dell'idea che dobbiamo essere noi di sostegno all'"opposizione", nel senso che, come dice darwin

Andrebbe contrastato l'operato del governo punto per punto laddove è negativo (quasi in ogni azione direi) e non solo con un documento del ministro ombra, mandato in comunicato stampa e a volte riportato nei TG. L'azione deve essere di radicamento e continua, non si esaurisce con il compitino. Ci vuole presa nella società.
E purtroppo come lui vedo in questo momento una difficoltà assolutamente fuori luogo:

Però c'è una difficoltà, attualmente vedo il "maggior partito di opposizione" avvitato su se stesso e se si prende un'iniziativa diversa la prima cosa a cui pensare è far la guerra nel partito, a favore o contro Veltroni oggi, come se fosse il maggior esponente dello schieramento a noi avverso.
Anche il dibattito sull'argomento mi sembra ormai quasi noioso ed inutile.

Proviamo ad uscirne fuori almeno noi: concordo con darwin, a questo punto credo sia utile lavorare sul tavolo 3.
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