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Titolo: Veca: «Il Pd deve rendere libere le persone, no a diktat»
Inserito da: Admin - Gennaio 11, 2008, 07:20:00 pm
Veca: «Il Pd deve rendere libere le persone, no a diktat»

Maria Zegarelli


Per il Manifesto dei valori del Pd ha dato un contributo fondamentale. Ma ha firmato anche l’appello lanciato dalla ministra Barbara Pollastrini in difesa della laicità e del valore della persona. Per il professor Salvatore Veca il Pd dovrebbe chiamarsi - ma non può - «partito delle libertà delle persone». Libertà dalla discriminazione, dalla povertà, dalla precarietà, dall’esclusione. La ricetta: visione laica del mondo e della società.

Professore, anche lei è inquieto rispetto al modo in cui si sta affrontando il dibattito sulla laicità?
«Credo che il punto della tenuta sulla laicità della politica, delle istituzioni e dello Stato in presenza del fatto del pluralismo delle religioni, di altri tipi di credenze culturale, sia un punto irrinunciabile, su cui si deve essere intransigenti».

Sente, dunque, che è a rischio?
«Non credo che lo sia. Ma la questione è generata dal fatto che nella Commissione valori, del Pd, ad un certo punto è stata formulata una elaborazione parziale della bozza, che poteva far pensare ad una interpretazione non così netta, limpida e rigorosa del principio della priorità della laicità. È per questo che alcuni, come Pollastrini e Cuperlo, hanno sentito l’esigenza di lanciare l’appello».

Una politica debole che sta ridisegnando i suoi assetti, può dare più spazio a ingerenze di altro tipo se non tiene duro sulla laicità?
«Nel Pd siamo in un momento molto delicato e molto importante: tentiamo di traghettare il meglio delle grandi tradizioni riformatrici del nostro paese su compiti del XXI° secolo, perché il XX° è gia chiuso. Richiamare l’attenzione sull’importanza del rispetto della varietà e della pluralità delle convinzioni culturali e religiose è fondamentale. Ma non si può prescindere da un altro aspetto, un processo molto più complicato, che non riguarda solo l’Italia e che attiene ai lunghi cicli dei rapporti tra politica e religione. Oggi sappiamo che vi sono forme, in presenza di debolezza della politica, di offensiva di altri tipi di poteri sociali. La politica è sotto pressione rispetto alla capacità ubiqua di poteri sociali, tra cui quelli sulle credenze delle persone. La sfida di una forza riformista, progressista, come il Pd - che raccoglie l’eredità delle grandi culture del cattolicesimo democratico da una parte, del socialismo, del Pci e dell’Ulivo dall’altra - è questa: riconoscere l’intrinseca pluralità di queste credenze, farle convivere. Ma si deve tener presente che il disaccordo su questioni attinenti ai valori, è un fatto persistente, non è un incidente di percorso. Questo è un punto fondamentale. Nessuno mira a convertire l’altro».

Perché secondo lei si torna oggi a parlare di aborto?
«La questione dell’aborto, è una questione ricorrente, in tutte le società moderne, qui come in Spagna, come negli Stati Uniti. Le ragioni possono essere le più varie e possono dipendere anche dell’indebolirsi delle realtà politiche, ma a maggior ragione occorre ribadire l’importanza dell’arte della separazione fra quanto attiene a ciò che è percepito come dovere dalla coscienza di ciascuno e ciò che è percepito come possibilità dalla coscienza di chiunque».

Quale metodo deve darsi il Pd per affrontare i temi eticamente sensibili e non, dal testamento biologico alle coppie di fatto?
«Lei mette in agenda la lista delle cose difficili. Nell’attuale bozza del manifesto dei valori c’è una acquisizione importante, laddove viene sostenuta la valorizzazione della ricerca scientifica e ci si impegna a garantire la libertà della ricerca. Le questioni di cui parliamo sono quelle in cui sono in gioco la libertà delle persone di scegliere come vivere. Lì c’è solo un limite base: il danno. Fatta salva questa vecchia cara clausola, credo che il Pd dovrebbe essere il partito dello sviluppo umano intendendo con questo la fioritura delle capacità delle persone di padroneggiare le proprie vite nei modi coerenti con le proprie vocazioni. Mai norme che obbligano, ma norme che permettono. Questa è la differenza».

Il Pd partito delle libertà?
«Senza dubbio, anche se quella è una citazione che non si può fare. Ma io sostengo che il Pd debba essere il partito delle libertà delle persone. Non dobbiamo concedere alla destra di strappare la bandiera dello sviluppo come libertà delle persone. È importante che un centrodestra e un centrosinistra intelligenti condividano l’idea che la priorità è la Carta di Nizza. La divergenza dove inizia? Che il Pd deve sostenere che per onorare la promessa di uguale sistema di libertà per le persone la politica non può fermarsi lì, ma deve ridurre quelle ineguaglianze e quel sistema di vantaggi e svantaggi di cui le persone possono soffrire - senza esserne responsabili - che riducono il valore della eguale libertà delle persone».

Proprio come cita l’articolo 3 della Costituzione...
«Esattamente, quello è un articolo che trovo eccezionale, nel cui secondo comma si dice che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli. I modi di interpretare questo comma fanno la differenza tra noi e il centrodestra. Il conflitto politico e la controversia democratica seri sono conflitti tra visioni alternative degli stessi principi. Il Pd deve darsi delle ricette per eliminare quegli ostacoli, essere il partito della eguale libertà delle persone e dell’uguale valore delle libertà delle persone che dipende dalla capacità che hanno di padroneggiare le loro vite: avere lavoro o non avercelo, essere inclusi o esclusi, islamici o cattolici».


Pubblicato il: 11.01.08
Modificato il: 11.01.08 alle ore 8.21   
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