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Forum Pubblico => LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. => Discussione aperta da: Arlecchino - Maggio 26, 2016, 10:14:14 am



Titolo: Armando MASSARENTI -
Inserito da: Arlecchino - Maggio 26, 2016, 10:14:14 am
A voler fare un complimento a Roberto Calasso - e in questi giorni, sulla stampa nazionale, nel rituale acritico delle anticipazioni editoriali, ne ha ricevuti di assai esagerati - si può dire che il suo ultimo libro, uscito giovedì scorso per Adelphi, la casa editrice che egli stesso possiede e dirige, ricorda molto da vicino, nello stile e nelle intenzioni, il filosofo tedesco che lui ha più amato, Nietzsche.
E ricorda anche, e per certi tratti ancor più da vicino, i «Minima morali “a di Adorno, che a loro volta si rifacevano a Nietzsche.

Anche «Il cacciatore celeste» (pagg. 508, € 27) può essere letto, come le migliori opere del filosofo tedesco, paragrafo per paragrafo, aforisma per aforisma, miniracconto per miniracconto, assaporando ogni volta un breve testo ben congegnato, relativamente autonomo e compiuto, e quasi sempre erudito e sorprendente, sapendo che, perseverando nella lettura per 440 fitte pagine di testo, molti temi centrali verranno espansi, approfonditi e ripresi da angolazioni diverse, fino a formare una visione complessiva, un affresco che fin dalle prima pagine promette di essere affascinante, incentrato com'è su un passaggio fondamentale della storia umana: quello in cui Homo diventò cacciatore.

Però Calasso sbaglia completamente il bersaglio cercando di coniugare il raccontare i miti, i riti e i sacrifici legati alla caccia con le attuali conoscenze di paleontologi e genetisti delle popolazioni. Prevale un atteggiamento sapienziale e un tono che privilegia la personale posizione filosofia di Calasso, che appare assai affascinante ma poco credibile, e assai fuorviante, alla luce delle conoscenze attuali. Ne risulta un libro, come cerco di argomentare nella copertina della Domenica di oggi, che mostra una sostanziale mancanza di umiltà, che presuppone una ingiustificata superiorità di una filosofia che (come già accadeva in Adorno) non si cura del generale avanzamento delle conoscenze scientifiche.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Titolo: Armando MASSARENTI - «Ma perché difendi la periferia?»
Inserito da: Arlecchino - Maggio 30, 2016, 05:59:00 pm
«Ma perché difendi la periferia?» Una domanda che rivolgono spesso a Renzo Piano da quando tre anni fa, nominato senatore a vita da Giorgio Napolitano, ha trasformato il suo ufficio da senatore, nello storico palazzo Giustiniani, in un vero e proprio studio da architetto per lanciare con una serie di giovani collaboratori un progetto sul «rammendo delle periferie». È stata proprio la Domenica a pubblicare e a seguire ad ogni tappa il progetto generale e i singoli interventi sul territorio dell'architetto genovese. Al rammendo delle periferie due anni fa è stato anche dedicato il tema di maturità che è stato il preferito e il più scelto dai ragazzi. Ora che la Biennale Architettura, che apre oggi a Venezia, dedica uno spazio apposito a questo impegno di Renzo Piano, ospitiamo in copertina un suo intervento in cui spiega perché lui, appunto, che è cresciuto nei dintorni di Genova, oggi difende le periferie. Innanzitutto perché sono crogioli di energia, libertà, passione e persino bellezza. Benché il loro appeal appaia immediato, vanno prese con la stessa considerazione con cui si sono ristrutturati i nostri meravigliosi centri storici. Il futuro delle nostre città dipenderà dal successo di questa idea.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Da – ilsole24ore.it


Titolo: Armando Massarenti - Venti anni fa, Il 9 giugno 1996, la Domenica pubblicò il...
Inserito da: Admin - Giugno 09, 2016, 11:36:48 am
Venti anni fa, Il 9 giugno 1996, la Domenica pubblicò il Manifesto di bioetica laica, che conteneva, tra l'altro, una riflessione su ciò che è “naturale”: «al contrario di coloro che divinizzano la natura, dichiarandola un qualcosa di sacro e di intoccabile, i laici sanno che il confine tra quel che è naturale e quel che non lo è dipende dai valori e dalle decisioni degli uomini. Nulla è più culturale dell'idea di natura».
Nell'articolo pubblicato oggi in copertina Roberto Casati ci propone invece l'idea secondo cui proprio le cose naturali sono quelle in grado di regalarci un po' di pace mentale, sottraendoci per un momento alla nostra tendenza ad antropomorfizzare ogni cosa e a vedere cause e intenzioni laddove non ve ne sono. Ma anche rovesciando la questione in questo modo, e ammesso che la tesi sia difendibile (non è proprio osservando la natura che l'uomo ha visto ovunque spiriti e dei?), la natura rimane un concetto quanto mai culturale.
La natura resta una riserva euristica per costruire, con mezzi tutti diversi, beni che prima non esistevano. E ciò vale a maggior ragione se pensiamo alla cultura nel senso del patrimonio dei beni culturali, la quale, come la natura, si pensa che dovrebbe avere un valore intrinseco, sacro, intoccabile, che sfugge alle logiche dell'economia. Ebbene, anche in questo ambito le cose sono assai più sfumate, ma ciò non impedisce di affermare con fondatezza alcuni valori che non sono disgiunti da una pertinente comprensione dei fatti. È ciò che la Domenica si proponeva con un altro Manifesto, quello per la cultura («Niente cultura, niente sviluppo», 19 febbraio 2012), un manifesto decisamente impregnato di idee economiche che rifiutava innanzitutto proprio la metafora petrolifera dei giacimenti, semmai preferendole quella ecologica delle energie rinnovabili. Per quanto riguarda la cultura (o la natura più o meno incontaminata) è difficile pensare a un principio diverso da quello per cui è proprio la volontà di conferire un valore intrinseco ad alcuni beni o capacità (in primis la libertà della ricerca), selezionati con saggezza e lungimiranza, a generare ricchezza, prosperità, progresso, sviluppo.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Da – ilsole24ore


Titolo: Armando Massarenti. Pia Pera, morta martedì scorso a 60 anni, uccisa dalla Sla.
Inserito da: Arlecchino - Agosto 01, 2016, 12:37:38 pm
Domenica, 31 Luglio 2016   
ilsole24ore.com
 
«” Per favore, prendi il secchio d'acqua e buttalo su quella piantina”. “Quale? Non vedo nessuna piantina Pia”.
Il suo giardino è un miracoloso equilibrio di disordine e precisione.
Lei sa dove si cela il germoglio di un lupino, il luogo in cui la camelia si fa strada tra l'erba alta. Cerco con più attenzione.
“Lì, lì”. Accenna con il capo il confine estremo della proprietà a due passi dal sentiero su cui avanza con la carrozzina elettrica.

Guardo attentamente: un esile ramo con foglie minuscole svetta dal terreno, deciso, tenace» ... Così comincia il ricordo che Margherita Loy ha scritto della storica collaboratrice della Domenica, la scrittrice ed esperta di giardini, Pia Pera, morta martedì scorso a 60 anni, uccisa dalla Sla. Un ritratto della sua opera di scrittrice lo propone, sempre sul numero di oggi, Nicola Gardini. Inizia così: «Scriveva articoli, memoir, racconti, romanzi; traduceva dal russo e dall'inglese, misurandosi con colossi come l'Onegin.

Ma Pia Pera possedeva troppo estesamente il senso del rapporto tra letteratura e vita perché possiamo identificare la sua opera solo con le pubblicazioni. Aveva lo stupendo dono del discorso infinito, di un comporre che non si esaurisce su un foglio di carta o uno schermo di computer, ma s'identifica con le cose, gli animali, le piante, gli amici, i libri degli altri, e fa scrittura del mondo intero. Pia, si può dire, componeva in ogni momento». L'ultimo libro di Pia Pera è anche il suo ultimo capolavoro di autenticità. Vi narra, in maniera toccante e umanissima, il suo rapporto con la malattia. Si intitola «Al giardino ancora non l'ho detto». Già, cosa diremo ora al suo giardino?

Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica

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Da – Il Sole 24 Ore


Titolo: Armando MASSARENTI - Il liceo classico è stato, ed è tuttora, una eccezionale...
Inserito da: Arlecchino - Settembre 16, 2016, 11:44:09 pm
Il liceo classico è stato, ed è tuttora, una eccezionale palestra per il pensiero critico.

È, anche, il luogo privilegiato per coltivare l'idea del carattere disinteressato della cultura. Unisce dunque, idealmente, due aspetti essenziali di una buona formazione: una chiave universale di grande utilità, e il massimo del piacere che deriva dall'esperienza della pura bellezza. Forse è per questo che gli articoli di Nicola Gardini e Guido Tonelli, un umanista e uno scienziato, pubblicati due settimane fa in difesa di questa nostra gloria nazionale, hanno raccolto un ampio consenso. In questo numero torniamo sull'argomento con diversi interventi che pure sottolineano l'unità della cultura. Ma se è vero che i saperi umanistici possono aprire la strada a vocazioni scientifiche, è anche vero che la mentalità scientifica, o i metodi mutuati da essa, sono assai produttivi per lo sviluppo delle humanities.

Ne era ben consapevole Vito Volterra, il primo presidente del Cnr, di cui si parla in copertina di oggi con un articolo dell'attuale presidente del Cnr, Massimo Inguscio, che ne riprende la lezione. Nelle pagine interne su questa linea troverete altri due interventi, di Angelo Varni e di Vincenzo Fano, insieme a quello di Claudio Giunta che sottolinea - accanto agli argomenti, assai forti, ancora oggi validi per iscriversi al liceo classico - la percezione diffusa che non sia più il veicolo privilegiato per la selezione delle élite. Classe dirigente oggi lo si diventa anche per altre vie.

Allora la domanda diventa: quali sono i saperi necessari oggi per farsi strada nel mondo? E se siamo tutti d'accordo che sono le capacità logiche e argomentative - il pensiero critico - gli strumenti decisivi, perché non mettere queste al centro dell'intero sistema educativo? Si dice che lo studio del latino e del greco sviluppa le capacità di ragionare, di produrre analogie e inferenze logiche. Ma è vero anche il contrario: i più bravi a tradurre lo sono perché hanno buone capacità logiche e dialettiche. Perché non partire da qui? Perché non pensare che il trionfo della classicità, negli anni a venire, non possa passare per la creazione di tanti piccoli Socrate, capaci di usare il loro sapere critico negli ambiti più diversi?

Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Titolo: Armando MASSARENTI Goffredo Fofi, intitolato «Tutto (o quasi) su Elena Ferrante
Inserito da: Arlecchino - Ottobre 05, 2016, 12:49:46 pm
Il 4 settembre scorso su Domenica è uscito un importante articolo di Goffredo Fofi, intitolato «Tutto (o quasi) su Elena Ferrante», che esordiva così:
«Nel momento in cui, grazie al passaparola dei lettori e in particolare delle lettrici statunitensi l'opera e il nome di Elena Ferrante sono diventati notissimi urbi et orbis e le vendite della traduzione inglese dei quattro volumi di “L'amica geniale” gareggiano con quelle dei facitori e facitrici di best-seller elaborati al computer, tutto quello che è possibile sapere su Elena Ferrante è contenuto in “La frantumaglia” (e/o edizioni)».
Ebbene, se leggerete la Domenica di oggi potrete sapere qualcosa in più, e di decisivo: avrete cioè gli strumenti per rispondere alla domanda che in tutto il mondo ci si pone: qual è la vera identità che si nasconde dietro lo pseudonimo di Elena Ferrante?
Claudio Gatti ha seguito una traccia extra letteraria che lo ha portato in una direzione ben precisa e assai convincente. Leggere per credere. Nel suo lungo servizio di oggi, il miglior giornalismo d'inchiesta si unisce alla ricomposizione del puzzle letterario di cui «La frantumaglia» (il volume recensito da Fofi uscito da poco in una nuova edizione ampiamente arricchita rispetto a quella del 2003) esponeva alcune volontarie lacune, e anche vari sapienti depistaggi, legati alla volontà dell'autrice di non rivelare la propria identità e di preservare, attraverso l'anonimato, la propria autenticità letteraria.
Ora dunque sappiamo davvero «Tutto su Elena Ferrante»? Se, dopo la lettura di oggi, ancora vorrete tenere il «quasi», certo è che la via per sapere tutto, ma proprio tutto, ora vi apparirà decisamente spianata.

Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Titolo: Armando Massarenti È impressionante vedere ...
Inserito da: Arlecchino - Dicembre 12, 2016, 03:09:15 pm
È impressionante vedere - nel testo pubblicato in copertina dalla Domenica di oggi (in uscita nella collana Quaderni della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli) - come esattamente un secolo fa il filosofo pragmatista e grande educatore John Dewey avesse le idee chiare su temi oggi di stretta attualità. Le grandi ondate migratorie dell'Europa di oggi pongono problemi, sociali e culturali, che Dewey affronta guardando allo sviluppo del sistema educativo come al fulcro di un processo di lungo periodo e individuando negli insegnanti, e non nei politici, dunque nella cultura, i soggetti più consapevoli dei processi in corso. Una cultura consapevole dei propri valori di fondo, come abbiamo ribadito più volte negli ultimi cinque anni dopo la pubblicazione del nostro Manifesto per la cultura, è il motore di ogni possibile sviluppo. Soprattutto se, come nel caso di Dewey, essa si nutre di uno spirito autenticamente democratico.
La democrazia alla Dewey ha peraltro molto a che vedere con il progetto culturale la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli inaugurerà il 13 dicembre con l'apertura della monumentale sede di via Pasubio, progettata da Jacques Herzog e Pierre de Meuron. «Una nuova sede iconica per una grande casa delle culture sociali», la definisce il presidente Carlo Feltrinelli; e il segretario generale Massimiliano Tarantino uno «Spazio di cittadinanza. Una piazza, contemporanea, meticcia, accessibile, utile» oltre che un luogo ospitale per i ricercatori che, in postazioni progettate per loro, vorranno mettere a frutto la straordinaria documentazione contenuta negli archivi.
Milano Porta Volta. Luogo dell'Utopia possibile è il titolo del volume che presenta il progetto. E chi se non proprio Dewey può guidarci con lucidità verso una Utopia concreta, a portata di chiunque, per realizzare una società di cittadini liberi ed eguali, secondo il sogno di Amartya Sen (ricordato da Salvatore Veca) di una libertà vera per tutti? Magari imparando anche dagli errori della storia e dalle Utopie sbagliate o mal realizzate, come la Rivoluzione russa, cui la fondazione dedicherà nel 2017 numerose iniziative per ricordarne il centenario. O meglio ancora dall'Illuminismo, pezzo forte degli archivi e degli studi promossi da sempre dalla fondazione. Ebbene, l'Utopia possibile di Dewey si identifica proprio nello stretto legame che egli istituisce tra democrazia e spazio pubblico. Come ha ricordato il francofortese Axel Honneth, in Dewey la sfera politica, o pubblica, «non è, come nella Arendt o, sebbene in forme attenuate, in Habermas, il luogo dell'esercizio comunicativo della libertà, bensì il medium cognitivo, mediante il quale la società tenta di determinare, elaborare e risolvere i problemi insorgenti nella coordinazione dell'agire sociale». Dewey ha come modello una comunità di ricercatori scientifici sinceramente impegnati a risolvere un problema. Egli osserva che, nella scienza, l'intelligenza e la qualità delle soluzioni dei problemi emergenti sono direttamente collegati alla democraticità della ricerca, cioè alla possibilità da parte di tutte le persone coinvolte di scambiarsi informazioni e avanzare critiche e considerazioni in modo libero e aperto. Gli fa eco l'architetto Herzog: «Resto convinto che investire nella cultura e nell'istruzione sia fondamentale per creare e mantenere in vita una società aperta».
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Titolo: Armando MASSARENTI - «Quando affisse le sue 95 tesi sulla porta della ...
Inserito da: Arlecchino - Gennaio 08, 2017, 09:25:29 pm
«Quando affisse le sue 95 tesi sulla porta della Schlosskirche di Wittenberg il 31 ottobre 1517, vigilia di Ognissanti, Martin Lutero non aveva nessuna intenzione di provocare lo sconquasso che ne sarebbe seguito». Con queste parole inizia la lunga analisi che Massimo Firpo propone di nostri lettori su quello che sarà l'anniversario più discusso e celebrato di questo 2017: l'inizio della riforma protestante, cui grande attenzione ha già dato lo scorso anno Papa Francesco, il quale peraltro, come ricordato sulle pagine della Domenica, nello scegliere per il giubileo il tema della Misericordia proprio a Lutero si era ispirato. Cambiare la Chiesa, denunciandone tutti gli scandali, era l'intenzione del monaco agostiniano, non fare una rivoluzione. Buona lettura dunque. E buon 2017, con gli auguri che vi indirizziamo attraverso le parole di un grande protagonista della nostra storia letteraria (in realtà misconosciuto quasi come Lutero): Giacomo Leopardi.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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DA ILSOLE24ORE.COM


Titolo: Armando MASSARENTI - La copertina di oggi, scritta da Massimo Bucciantini
Inserito da: Arlecchino - Gennaio 17, 2017, 11:39:46 am
La copertina di oggi, scritta da Massimo Bucciantini, ci conduce nella Parigi degli illuministi del Settecento, «nel bel mezzo di una battaglia tra ancien régime e un nuovo mondo che preme ma che stenta a venire alla luce», una battaglie contro i pregiudizi e le gerarchie di un sistema politico che riguarda soprattutto la sfera estetica e culturale, divenuta il terreno principale di scontro tra due modi alternativi di pensare il mondo è la società... È questa una parte importante del modo in cui si manifestò l'Illuminismo francese nel suo attacco a un ancien régime che non era «solo - scrive Bucciantini - una fortezza di verità politiche e religiose per definizione intoccabili, ma anche di gusti, di generi musicali, artistici, letterari, che avevano il compito di rendere piacevole quello che altro non era che una gigantesca impostura». «Arte e politica della cultura dei Lumi. Diderot, Rousseau e la critica dell'antico regime artistico» è il libro di cui si parla, scritto da Gerardo Tocchini, che ci racconta l'impegno dei philosophe di bandire per sempre dalle scene «il sovrannaturale, il metafisico, il meraviglioso per dedicarsi unicamente all'uomo e al complesso delle sue responsabilità sociali».

Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Titolo: Armando MASSARENTI. E Iddio creò il male» è il titolo dell'apertura della ...
Inserito da: Arlecchino - Gennaio 24, 2017, 06:20:15 pm
«E Iddio creò il male» è il titolo dell'apertura della Domenica di oggi.
Giulio Busi, con grande chiarezza esamina, sulla scorta di un volume uscito ora da Adelphi, i testi cabbalistici medievali dove i mistici ebraici hanno tentato di spiegare il «secretum» di incomprensibili «errori» divini che hanno portato il male nel mondo. E nelle pagine interne ospitiamo una serie di articoli che ricordano in due fitte pagine, in vista della Giornata della memoria, ciò che di più vicino al male assoluto si è verificato nella storia umana: lo sterminio degli ebrei e di altre minoranze da parte dei nazisti.
Il giovane direttore del museo del campo di sterminio di Auschwitz vi lancia un appello fuori da ogni retorica: «Non è sufficiente prendere posizione e denunciare il tiranno. Aiuta una persona. Solo una. Puoi sempre farlo. Fallo adesso». Una morale minima, essenziale, per scacciare qui e ora - per quanto ci è possibile - un po' di male del mondo.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - Lo sapevate che la maggior parte dei manoscritti de ...
Inserito da: Arlecchino - Gennaio 29, 2017, 09:03:44 pm
Lo sapevate che la maggior parte dei manoscritti de I fratelli Karamazov di Dostoevskij - ben “trentadue chili di carta scritta” - furono rubati «e restano ancora oggi al centro di una misteriosa vicenda in cui figurano il custode di una dacia, banditi caucasici, un disonesto funzionario del Dipartimento investigativo rivoluzionario, alcuni čekisti, Stefan Zweig»? Provvidenziale per i filologi e studiosi è stata l'apertura ufficiale, nel 1921, della cassetta di sicurezza che conteneva i taccuini preparatori di Delitto e Castigo, L'idiota, I demòni, L'adolescente e appunto dei Karamazov. Il motivo principale della preziosità di questi manoscritti sta nella quantità di disegni che essi contengono, a dimostrazione di quanto la cultura visiva fosse importante per Dostoevskij e quanto ne informasse il processo creativo. «Nei fittissimi, spesso caotici appunti di Dostoevskij - scrive Serena Vitale sulla copertina del domenicale di oggi - l'immagine non illustra ciò che è scritto nello stesso foglio, il suo legame con la parola sfugge quasi sempre a una spiegazione logica - e del resto con la logica, lo sappiamo, lo scrittore aveva pessimi rapporti... È piuttosto un'ideografia creativa, l'espressione non verbale dello sforzo di dare un volto all'“Idea”, il diario figurativo di una nervosa e spesso febbrile quête del Disegno romanzesco».
Le pagine preziosissime di Dostoevskij sono raccolte in un altrettanto prezioso volume edito dall'editore di Bergamo Lemma, intitolato Disegni e calligrafia di Fëdor Dostoevskij (pagg. 452, € 150) curato da Konstantin Baršt. Una competenza grafica e visiva di enorme interessa accompagna la magmatica attività della scrittura. E «negli intermezzi calligrafici - di dimensioni variabili, a volte occupano un angoletto della pagina, talvolta si allargano a tutto il foglio - la penna sembra finalmente calmarsi e quasi riposare mentre sperimenta l'armonia nella sua forma più accessibile, innocente».

Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Titolo: Armando MASSARENTI - Due episodi che riguardano la cultura e la storia...
Inserito da: Arlecchino - Febbraio 07, 2017, 06:30:06 pm
Due episodi che riguardano la cultura e la storia religiosa campeggiano nella prima pagina del supplemento domenica di oggi. La copertina vera e propria, scritta da Giuliano Boccali, riguarda un testo inedito del più grande storico delle religioni del Novecento: Mircea Eliade. Si tratta della sua tesi di dottorato, un testo prezioso in cui delinea con grande chiarezza la novità del proprio approccio. Il tema è quella delle pratiche dello yoga oggi così diffuse in occidente ma che nell'analisi di Eliade si innestano nella cultura religiosa da cui provengono. Così ad esempio impariamo a distinguere lo stato di ipnosi dall'autentica trance yogica, il samadhi, che rappresenta la meta ultima della pratica e si identifica con «l'autonomia suprema dello spirito affrancato dall'esperienza dei sensi e della mente, uno stato trascendente, nudo, inalterato, di pura autocoscienza».
Uno stato che si raggiunge, all'apice del percorso spirituale, senza mai avere perduto la coscienza di sé, a differenza di quanto invece avviene con gli stati indotti dagli stupefacenti o dall'ipnosi, che rispetto alla meditazione è «fenomeno ben noto agli indiani, ma disprezzato e ritenuto brutale, inutile».
Il secondo episodio, richiamato in copertina e pubblicato all'interno, ci porta nel Giappone di fine '500 e riguarda una straordinaria scoperta: il ritrovamento de «I 26 martiri del Giappone», un film
di Tomiyasu Ikeda del 1931 che anticipa la ricostruzione di una vicenda storica del romanzo «Silence» di Shusaku Endo da cui Martin Scorsese ha tratto ll suo ultimo film. Ne parla Goffredo Fofi che lo ha visto in anteprima. Il film sarà presentato domani (alle 16.30) presso la Filmoteca Vaticana (sala Cardinal Deskur, Palazzo San Carlo, Vaticano) a sessant'anni dal- l'ambientazione delle tragiche vicende narrate nel film.

    Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - «Chi pone la questione della lingua e della scrittura ...
Inserito da: Arlecchino - Febbraio 13, 2017, 10:20:12 am
«Chi pone la questione della lingua e della scrittura sembra soprattutto impegnato nella ricerca di un colpevole. C'è chi lo trova nelle indicazioni ministeriali sostenute nel 2012 da Marco Rossi Doria, e c'è chi addirittura accusa il “linguista democratico” Tullio De Mauro. I capri espiatori sono la scorciatoria preferita da chi è incline alla pigrizia mentale, e sono lo stigma dell'intellettuale italiano. Ma è più grave avere carenze sul piano della bella scrittura oppure su quello della capacità di ragionare e analizzare i fenomeni, dimostrata da molte prese di posizione di questi giorni, peraltro incapaci di proporre soluzioni alla situazione che viene denunciata? Non dimentichiamo che gli italiani - giovani e vecchi - vantano il triste primato del paese Ocse con la percentuale maggiore di analfabeti funzionali». Così recita sulla Domenica di oggi la rubrica Il graffio, ospitata come di consueto in Terza pagina, riferendosi ai seicento docenti universitari che hanno inviato una lettera aperta al Presidente del Consiglio per denunciare le carenze linguistiche degli studenti che accedono agli studi accademici. Nella stessa pagina potete leggere una lunga ed elaborata riflessone di Claudio Giunta sui motivi per cui gli studenti non sanno scrivere. Senza negare che si tratti di un'abilità fondamentale, Giunta osserva che essa ha perso la sua rilevanza sociale, per cui oggi non serve più alla maggior parte delle persone. Sono aumentate le persone che scrivono grazie allo sviluppo esponenziale dei social network, ma sempre meno si sente l'esigenza di seguire le forme più corrette: anche chi scrive in maniera sciatta comunica di fatto con una certa efficacia e contribuisce a diffondere il cattivo uso della lingua. Che fare? Qualche suggerimento lo trovate in questo articolo: sono quelli che lo stesso Giunta adotta con i suoi studenti universitari. Ma spiega anche perché non è il caso di farsi troppe illusioni sulla loro efficacia.

Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Titolo: Armando MASSARENTI - A caldo, esattamente un anno fa, alla notizia della morte..
Inserito da: Arlecchino - Febbraio 21, 2017, 12:31:18 am
A caldo, esattamente un anno fa, alla notizia della morte di Umberto Eco, avvenuta il 19 febbraio 2016, tra molte cose pubblicammo anche questo breve ritratto: «Sapeva bene di essere il più famoso, il più importante, il più conosciuto al mondo, intellettuale italiano. E anche su questo amava fare dell'autoironia. Umberto Eco, nonostante la sua impressionante notorietà, ha mantenuto le abitudini di sempre. In primis, certo, l'amore per i libri, per i saperi che essi veicolano, ma anche per il lavoro editoriale ben fatto. Uomo di grande erudizione, e prima di questo filosofo e cultore di un pensiero critico che invitava a esercitare su ogni cosa, nel suo agire intellettuale era animato da un sano edonismo. L'importante è divertirsi. Sempre e comunque, o quasi. Ma il divertimento deve essere della più alta qualità. E orientato alla massima serietà, ispirato da una vocazione morale che miri a far sì che a divertirsi, e a imparare divertendosi, siano anche gli altri. Filosofo, semiologo, medioevista, giovanissimo autore Rai, linguista, enciclopedista, scrittore, bibliofilo, professore universitario, direttore editoriale, brillantissimo saggista e conferenziere, animatore del Gruppo '63, del Dams, delle facoltà di Scienza della comunicazione e di Libertà e Giustizia. Tante, troppe definizioni che ci depistano dal suo atteggiamento di fondo. Che è quello di un buon professore, di un “buon maestro”, come ce ne sono pochi. Di quelli che sono in grado di salvarti la vita. Mettiamo tra parentesi per un momento il Trattato di semiotica generale, La Rosa e l'Ornitorinco, e pensiamo a un libro del 1977, momento di massimo spaesamento di un'università divenuta velocemente da super elitaria a ultra massificata, intitolato Come si fa una tesi di laurea. Era pieno di arguzia e di umorismo, di letteratura e di filosofia, ma soprattutto di istruzioni per l'uso. Ecco cosa ci mancherà, caro Umberto: la tua capacità di farci sentire la tua indubbia, un po' altezzosa, superiorità intellettuale (che molti ti hanno rimproverato) unita alla sensazione che, a prenderti sul serio insieme a tutti i tuoi deliziosi giochi, tutti possiamo godere con te dei piaceri della cultura»
Sul numero odierno troverete un rinnovato modo di ricordarlo: un doppio ritratto di Unberto Eco da giovane che può ancora dare suggerimenti per svecchiare la cultura italiana di oggi.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Titolo: Armando MASSARENTI - Una eco sorprendente delle tesi di Ronald G. Witt, ...
Inserito da: Arlecchino - Marzo 26, 2017, 11:38:13 pm
Una eco sorprendente delle tesi di Ronald G. Witt, sostenute nel volume che Gabriele Pedullà recensisce oggi in copertina della Domenica, «L'eccezione italiana: L'intellettuale laico nel Medio Evo e l'origine del Rinascimento», la troviamo in un libro di stretta attualità, «Università futura. Tra democrazia e bit», di Juan Carlos De Martin (Codice), che nel delineare un futuro possibile delle humanities nell'era digitale non manca di soffermarsi sulle pagine che Eugenio Garin dedicò alla rivoluzione educativa che tra la fine del '300 e l'inizio del '500 «ha lasciato tracce profonde nella storia d'Europa e oltre», introducendo un'educazione laica più attenta allo sviluppo degli individui, alla loro felicità personale, unendo lo spirito critico di stampo socratico all'eudaimonia aristotelica di una vita vissuta per la conoscenza. Non è questa la vocazione dell'università di oggi, che non è riuscita a coniugare i propri fini utilitaristici e professionalizzanti con i valori intrinseci della cultura. Quella evocata da Garin è stata «Una rivoluzione incompiuta», per dirla con il titolo di un libro di Ugo Dotti (Aragno), il quale parla di un protoilluminismo e un protorisorgimento italiano, con Dante, Boccaccio, Petrarca e Machiavelli protagonisti, traditi dal Rinascimento, per non essere riuscita l'Italia di allora a costruire uno stato unitario e per aver subito più di altri paesi le conseguenze del Concilio di Trento. I frutti di quel nostro Umanesimo sono maturati altrove, prima in Scozia, poi negli Stati Uniti, dove quella rivoluzione si è coniugata naturalmente con i saperi della modernità e con i metodi della scienza, mentre ancora oggi in Italia è popolare tutt'altra interpretazione dell'Umanesimo, che si nutre della strana alleanza tra neospiritualismo, relativismo postmoderno, «biopolitica» e post-verità, attingendo alle radici del Rinascimento, da Vico e da Gentile, e configurando l'idea di «un'altra modernità», e che vede ancora nell'America e nella Perfida Albione i principali nemici da abbattere. Ma non è proprio lì invece che sono cresciuti, fino a diventare sinonimo di crescita economica e civile, i frutti di un umanesimo che non nega il valore intrinseco della conoscenza e dei metodi logici ed empirici per conseguirla, e che li considera ingredienti fondamentali per la formazione dei cittadini di domani?

    Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI. Era «sopra un oceano dipinto» il titolo che Primo Levi ...
Inserito da: Arlecchino - Aprile 03, 2017, 04:34:52 pm
Era «sopra un oceano dipinto» il titolo che Primo Levi aveva a un certo punto pensato di dare ai Sommeri e i salvati, ispirandosi a un verso della Ballata del vecchio marinaio di Coleridge. Lo ha rivelato Domenico Scarpa il 19 giugno del 2011 segnando, con la proposta di una straordinaria lettera inedita, un nuovo inizio dell Domenica del Sole 24 Ore che, a grande richiesta, tornava al formato grande dopo una breve parentesi in tabloid. Ora dal mare passiamo alle Alpi. Con “Gli sci di Primo Levi”, Domenico Scarpa, nel numero di oggi, ci propone un altro autentico scoop, ancora più sorprendente. Una storia mai raccontata prima di oggi, in esclusiva per i lettori del Domenicale, a trent'anni dalla scomparsa dello scrittore: le avventurose vicende – con un finale del tutto imprevedibile – degli sci di Primo Levi. Il partigiano Levi, ventiquattro anni, «di razza ebraica», fu catturato dalla milizia fascista all'alba del 13 dicembre 1943: e venne esposto in manette, come un trofeo di caccia, sulla piazza di Brusson in Valle d'Aosta. Di lì cominciò il viaggio che lo avrebbe condotto nel campo di sterminio di Auschwitz. Ma quel giorno cominciava anche, per il suo paio di sci dagli attacchi modernissimi abbandonati nella locanda dove alloggiava con i suoi compagni, una storia tutta diversa: una peripezia che avrebbe portato quel paio di sci, lungo valli ricoperte di neve e lungo piste ghiacciate, a sconfinare in Svizzera. Fu, in una vicenda di altruismo involontario, la salvezza per uno di quei giovani compagni. E sarebbe stata più tardi, lungo la via del ritorno in Italia, un'avventura ancora nuova: un'avventura che alla Storia con la esse maiuscola fu letteralmente rubata da un personaggio illustre, di sesso femminile, che pure usava viaggiare clandestinamente su sci. Insomma, un numero della Domenica imperdibile quello di oggi.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - La storia raccontata oggi in copertina,
Inserito da: Arlecchino - Aprile 09, 2017, 04:53:53 pm
La storia raccontata oggi in copertina, che rivela la” grecità” della statua della libertà ha radici lontane. Il suo autore, Lucio Russo, ha iniziato la sua collaborazione con la Domenica il 13 ottobre 2013 con un articolo sorprendente, che prefigurava la possibilità concreta di ridare vita alla più gloriosa delle nostre istituzioni educative: il liceo classico. Autore di un testo (da poco riedito da Feltrinelli) che vent'anni fece molto discutere, e che oggi ha maggiori possibilità di essere capito, come Segmenti e bastoncini, e di un excursus storico come La rivoluzione dimenticata, anch'esso divenuto un classico, che mostrava quanto in epoca ellenica si fosse già sviluppata il corpus di conoscere di un'autentica civiltà delle macchine, Russo in quell'articolo mostrava, sulla scorta di un esperimento didattico che stava svolgendo al liceo Tasso di Roma, quanto potesse essere cruciale tradurre dal greco gli Elementi di Euclide. Non solo al fine di approfondire la conoscenza della lingua e degli annessi strumenti filologici, ma per andare al cuore del problema educativo per eccellenza: sviluppare una serie di competenze incentrate sulle capacità critiche e argomentative fondamentali per formare buoni cittadini. Elementi questi che pure ci sono stati lasciati in eredità dalla cultura classica. I contenuti della cultura classica - sostiene Russo - non coincidono con quelli oggi coltivati abitualmente dai classicisti e trasmessi sotto questo nome nelle nostre scuole. «Poiché è molto difficile dominare tutti gli aspetti della civiltà classica, gli studiosi che se ne occupano si specializzano in genere in alcuni settori: molti si interessano di storia o di filosofia, altri di arti figurative o di poesia, altri ancora di diritto e del pensiero politico. Ciò che li accomuna quasi tutti è la competenza linguistica (che costituisce la chiave d'accesso necessaria per leggere testi di qualsiasi natura) e l'estraneità alla scienza. Si può così spiegare come mai si sia diffusa l'idea, completamente assurda, che la cultura classica (che in realtà ha creato il metodo scientifico) fosse concentrata sugli aspetti linguistico-letterari e contrapposta a quella scientifica».
Il dibattito in corso sul liceo classico e sull'utilità attuale della conoscenza del recente dibattito si è perlopiù concentrato sullo studio delle lingue greca e latina, viste non come strumenti necessari per accedere a un mondo di preziosi contenuti (filosofici, artistici, politici, scientifici e di altra natura), ma come esercizio intellettuale fine a sé stesso. È invece direttamente a quei contenuti - e a idee come democrazia, dimostrazione, argomentazione - che si dedica Lucio Russo negli articoli che pubblichiamo a partire da questa settimana. La prima puntata è dedicata al modo in cui un simbolo della modernità - la statua della libertà - è stata pensata e progettata avendo in mente il colosso di Rodi.
Il senso di questa serie dovrebbe esservi chiaro: auspichiamo che la cultura classica, e il pensiero critico che essa può contribuire a formare, siano posti al centro della scuola e dell'Università future. Le quali, come potete leggere nella Terza pagina di questo stesso numero (il primo articolo di questa newsletter), solo così le università potranno formare il capitale umano necessario allo sviluppo economico del nostro tempo.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - «Tempo di libri» a Milano dal 19 al 23 aprile, ma sempre...
Inserito da: Arlecchino - Aprile 17, 2017, 12:23:58 pm
«Tempo di libri» a Milano dal 19 al 23 aprile, ma sempre per i lettori della Domenica. Tra i moltissimi che verranno presentati nella manifestazione milanese nel numero di oggi ne abbiamo scelti diversi, tra cui quello cui dedichiamo la copertina: Carlo Vecce illustra in un articolo scritto espressamente per la Domenica i risultati della sua ricerca sulla biblioteca di Leonardo da Vinci, da cui è nato il libro «La biblioteca perduta.

I libri di Leonardo Da Vinci» (Salerno). Dell'autodidatta di Vinci si è spesso detto che fu “omo sanza lettere”, ma i suoi numerosi traslochi attestano, attraverso gli elenchi che egli stesso redigeva, che egli possedeva e leggeva molti libri. Di che libri si tratta? Beh, ecco un piccolo esempio tratto dai suoi elenchi:

LETTERATURA: Dante, Commedia, Petrarca, Canzoniere e Trionfi, Boccaccio, Decameron, Masuccio Salernitano, Novellino, Poggio Bracciolini, Facezie, Luigi Pulci, Morgante, Andrea da Barberino, Guerrin Meschino,Cecco d'Ascoli, L'acerba,Sebastian Brandt, Nave dei folli; CLASSICI: Ovidio, Metamorfosi, Esopo, Favole, e poi opere di Livio,Giustino,Lucano, Seneca,Isidoro da Siviglia.

RELIGIONE:Bibbia,Salmi,Sant'Agostino,San Bernardino.

NATURA, COSMO, MERAVIGLIOSO:Plinio il Vecchio, Aristotele, Alberto Magno
Alberto di Sassonia, Giordano Nemorario, Tolomeo, Erbolario, Lapidario, Sogni di Daniele.

INGEGNERIA, ARCHITETTURA, ARTE Vitruvio, De architectura, Francesco di Giorgio Martini, Trattato di architettura, Leon Battista Alberti, De re aedificatoria; De pictura; Ludi matematici.

MATEMATICA, GEOMETRIA: Libro d'abaco, Luca Pacioli, Summa de aritmetica,Euclide, Archimede. OTTICA, PROSPETTIVA: Alhazen, Ruggero Bacone, John Peckham, Biagio Pelacani,Vitellione.

ARTE DELLA GUERRA: Roberto Valturio, De re militari, Antonio Cornazzano, Dell'arte militare.

MEDICINA, ANATOMIA, CHIRURGIA: Guy de Chauliac, Johannes Ketham,Mondino de' Liuzzi, Galeno, Avicenna.
Spero che nessuno trovi noioso questo elenco: è la quintessenza di un “umanesimo scientifico” che consuona, manco a farlo apposta, con un progetto culturale tra i più importanti e lungimiranti del Novecento italiano: quello che portò sessanta anni fa alla fondazione, da parte di Paolo Boringhieri, della casa editrice che porta il suo nome, cui trentanni fa si aggiunse quello di Giulio Bollati. La sua storia, riccamente illustrata, la trovate in terza pagina. L'anticipiamo qui, insieme, come di consueto, ad altri assaggi della Dimenica: tra cui l'articolo di Fabrizio Benedetti preso dallo speciale su un altro festival importante, il Festival della scienza medica di Bologna. Anche qui, troviamo l'”umanesimo scientifico” in azione, su un tema che ci riguarda tutti da vicino: il rapporto medico-paziente.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - 60 anni di umanesimo scientifico
Inserito da: Arlecchino - Aprile 21, 2017, 11:48:22 pm
SCIENZA E FILOSOFIA
60 anni di umanesimo scientifico

–di Armando Massarenti  14 aprile 2017

Celum stellatum.Una copertina della collana «Universale» (la prima edizione della monografia di Anthony Kenny su «Wittgenstein») disegnata da Enzo Mari, che nel 1967 vinse il premio Art Direction
Celum stellatum.Una copertina della collana «Universale» (la prima edizione della monografia di Anthony Kenny su «Wittgenstein») disegnata da Enzo Mari, che nel 1967 vinse il premio Art Direction
È il 25 aprile 1945. Ludovico Geymonat vuole che nel colophon dei suoi Studi per un nuovo razionalismo, usciti per un piccolo editore (Chiantore), ci sia scritta, ben chiara, proprio quella data. La Liberazione doveva essere anche una liberazione da una morsa culturale in cui è stretto un Paese che ha abbracciato l’idea che i protagonisti della rivoluzione conoscitiva del Novecento non siano Einstein o Gödel o Freud, ma i pensatori del neoidealismo italiano. Un’idea che, secondo Geymonat, avrebbe condannato l’Italia a un eterno sottosviluppo, di cui auspicava la fine insieme a quella del regime fascista. Il suo ambizioso programma filosofico prevedeva la ricollocazione della scienza al centro di una concezione unitaria della cultura, non divisa assurdamente in umanistica da un lato e scientifica dall’altro l’una contro l’altra armate. Pochi tra i protagonisti della scena intellettuale del secondo dopoguerra ebbero la lucidità di Geymonat, che era ben consapevole del carattere rivoluzionario delle sue idee. Tra questi vi era Paolo Boringhieri (1921-2006). Figlio di una famiglia svizzera, ingegnere appassionato di filosofia, convinto che la modernizzazione della società italiana passasse attraverso la diffusione delle conoscenze scientifiche, arrivò a conclusioni simili a quelle geymonatiane per vie assai diverse.

La storia della gloriosa casa editrice che porta il suo nome (cui si è aggiunto nel 1987 quello di Giulio Bollati) rappresenta anch’essa una reazione a quella temperie culturale ed è uno degli episodi più emblematici dell’atteggiamento adottato persino dal meglio della cultura italiana del tempo - salvo pochissime eccezioni - nei confronti della scienza. Il neoidealismo di Croce - proprio perché espressione di un grande intellettuale che pure si era battuto per la libertà - attecchì nel dopoguerra, con la sua impronta storicista e letterario-umanistica, anche tra gli intellettuali della sinistra e del Pci. La casa editrice Einaudi in realtà si era dotata di una divisione dedicata alle scienze, le Edizioni Scientifiche Einaudi, ma non con molta convinzione. Dal 1949 Boringhieri ne fu nominato responsabile, e lavorò in quella sorta di sede distaccata dell’editore di via Biancamano che era la «repubblica autonoma di via Brofferio». Nell’estate del 1956, annunciando la pubblicazione dell’autobiografia scientifica di Max Planck, Boringhieri la presentò nel Notiziario per le librerie con parole che dichiarano un preciso impegno programmatico: «Il nuovo umanesimo, l’umanesimo scientifico dell’epoca moderna, non può più permetterci di conoscere quello che dicono e pensano i filosofi, politici, artisti, ignorando quello che dicono e pensano gli scienziati».

Meno di un anno dopo, il 1° aprile del 1957 - e la data sembra quasi uno scherzo – Boringhieri, in seguito a una prima crisi finanziaria della Einaudi, ne rileva cinque collane che egli stesso aveva contribuito ad accrescere: la collana «azzurra», «Biblioteca di cultura scientifica», per i testi sulle scienze più dure; la collana «viola», «Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici»; la collana «marrone», «Biblioteca di cultura economica»; i manuali universitari; e infine una collana di testi pensati per l’industria. In tutto sono 146 titoli, un buon punto di partenza per un progetto editoriale che, da costola minore di un grande editore di cultura, vuole assumere una forte caratterizzazione autonoma, che in effetti avrebbe poi conquistato nei decenni successivi con imprese editoriali memorabili, di lungo periodo ed economicamente sostenibili. Basti pensare alle edizioni delle opere complete di Freud e di Jung: due imprese titaniche, finanziate in proprio, senza alcun apporto esterno, e di notevole successo commerciale. Altrettanto coraggiosa e lungimirante fu la Storia della tecnologia (1961-1984). Ma a Boringhieri si deve soprattutto, com’è noto, la pubblicazione sistematica delle opere di Einstein, vera e propria icona della scienza del Novecento, di cui si accaparrò i diritti, e di tutti i protagonisti della fisica, Bohr, Fermi, Heisenberg, Pauli, Dirac, Born, Schrödinger, Oppenheimer, Feynman; di classici della scienza come Galileo, Eulero o Buffon, nonché dei principali protagonisti della biologia (L’origine delle specie di Darwin, pubblicata nel 1959 per il centenario) , dell’etologia (Lorenz, Frisch, Eibl-Eibesfeldt, Mainardi) della logica e della matematica (Frege, Turing, Riemann, Wittgenstein, Kripke, i cinque volumi delle opere complete di Gödel) , dell’etnografia contemporanea (De Martino), della storia delle religioni e dei miti (Eliade, Kerényi, Jesi).

Nella plaquette preparata per festeggiare i sessant’anni della casa editrice se ne descrive bene lo spirito iniziale: «L’idea originaria di Paolo Boringhieri, sviluppata già a partire dal dopoguerra, è precisa: nel panorama editoriale italiano manca una casa editrice con una chiara progettualità, che prenda sul serio, in tutta la sua portata rivoluzionaria, il cambiamento culturale favorito dal tumultuoso avanzamento delle scienze nel Novecento». Anche le scelte riguardanti le scienze umane sono ben calibrate, scevre da irrazionalismi e da filosofie alla moda.

I primi volumi di Boringhieri, rilevati con l’acquisizione del 1957, arrivarono in libreria con il logo dello struzzo einaudiano ancora in copertina. E a rivedere oggi quelle copertine appaiono bellissime, e i loro temi per niente strani: forse perché da più di un ventennio, sull’onda dei successi internazionali della divulgazione di qualità, l’Einaudi pubblica molti libri di scienza, tra cui anche veri best-seller. Così si sono rimescolate le acque, e quell’idea di unità della cultura non si può dire che, magari con qualche ambiguità, non abbia fatto strada. Anche nella direzione opposta, se è vero che nel 1987, quando Bollati entrò e aggiunse il suo nome alla casa editrice, dichiarando di non voler tradire lo spirito di Boringhieri, ne volle allargare i temi di interesse. Nel 1991 in un’intervista commentò così queste sue scelte: «La nostra casa continua, vuole rafforzare e rinnovare il programma scientifico portato avanti da Paolo Boringhieri, ma vi ha aggiunto la letteratura e ha accentuato la militanza culturale nell’attualità. Il virus dell’antica Einaudi continua a proliferare». Sono gli anni in cui la casa editrice punta anche sulle scienze sociali e sulla ricerca storiografica, e in quest’ultimo contesto è d’obbligo ricordare un libro chiave come Una guerra civile di Claudio Pavone.

Se l’intento era conferire valore e bellezza a discipline che, negli schemi neoidealisti, sembravano aride o ancillari, bisogna dire che l’operazione è magnificamente riuscita; e continua oggi, dopo che nel 2009 la casa editrice è stata acquisita dal gruppo GeMS, che prosegue la tradizione di alta divulgazione scientifica (Lederman, Stewart, Al-Khalili) e che nel 2010 è riuscita a trasformare in best-seller Il libro rosso di Jung, un volumome dal costo di 190 euro. Una continuità che si racchiude nella saggezza e lungimiranza con cui Boringhieri scelse il suo magnifico logo. Il 9 febbraio 1958 scrive a Mazzino Montinari per chiedergli una buona riproduzione di una figura che proviene da un incunabolo di teoria musicale scritto da Franchino Gaffurio, maestro di cappella del Duomo di Milano, amico di Leonardo da Vinci. Nel suo Practica musicae, del 1496, la scala tonale coincide con l’ordine del cosmo, racchiuso nel celum stellatum. Musica, teologia, filosofia, cosmologia e matematica, si concentrano in un unico simbolo: quale migliore rappresentazione per l’«umanesimo scientifico» della casa editrice! La quale, peraltro, si è sempre avvalsa dei migliori designer – Enzo Mari in primis – per dare un’impronta di assoluta modernità alle proprie collane. Tra queste non va dimenticata l’«Enciclopedia di autori classici», curata da Giorgio Colli a partire dal 1958, straordinaria per la nonchalance con cui inseriva libri di scienza tra classici di letteratura e di filosofia. Si inizia con Nietzsche (Schopenhauer come educatore: e qui verrebbe da raccontare la storia di un altro editore nato da una costola dell’Einaudi, Adelphi) e il secondo volume è dedicato alla disputa tra Leibniz e Newton sulla nascita del calcolo infinitesimale; seguono Voltaire, Holderlin, Bayle, Goethe, il Pascal scienziato del Trattato sull’equilibrio dei liquidi. E ancora: Leopardi, Hume, Stendhal, Adam Smith, Spinoza, Eschilo, Darwin, Einstein, fino alle opere della tradizione orientale, per disegnare un’idea di classicità non comune, in cui le Opere di Ippocrate, Il chimico scettico di Robert Boyle e le Osservazioni su Diofanto di Fermat hanno pari dignità e pari diritto di presenza del Simposio di Platone, dell’Etica di Spinoza e delle Ultime lettere di Dostoevskij...

A volte basta leggere in fila i titoli di un catalogo per sentirsi partecipi di un mondo pieno di intelligenza e di bellezza.

Bollati Boringhieri festeggia i suoi «sessant’anni di cultura scientifica» a Tempo di libri, a Milano, al Planetario, venerdì 21 aprile, con una serata dal titolo «L’alfabeto dell’universo. Le opere che hanno cambiato il mondo. Monologo per parole e immagini di Gabriella Greison». Seguirà un dialogo dell’autrice con Vincenzo Barone e Giulio Giorello.
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Titolo: Armando MASSARENTI Secondo Montaigne quando gli uomini si uniscono le loro teste
Inserito da: Admin - Maggio 02, 2017, 12:04:28 pm
Domenica, 23 Aprile 2017   Visualizza nel browser | ilsole24ore.com
 
Secondo Montaigne quando gli uomini si uniscono le loro teste si rimpiccioliscono. Vero o falso? A istinto saremmo tentati di dargli ragione. Abbiamo provato a verificarlo nel numero di oggi della Domenica, parlando di due libri freschi di stampa, al centro del dibattito di queste ultime settimane negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Il primo è quello di Michael Lewis e si intitola «The Undoing Project. A Friendship That Changed Our Minds», recensito da Roberto Casati e Achille Varzi, e parla dello straordinario sodalizio tra Daniel Kahneman e Amos Tversky, che ha portato il primo a vincere il Premio Nobel per l'Economia nel 2002, sei anni dopo la prematura scomparsa del secondo. Ma vediamoli in azione. Tversky chiede a Kahneman: «A occhio, senza fare calcoli, in fretta! Che cosa fa: 8x7x6x5x4x3x2x1?». Risposta: circa 2000. Passa del tempo, parlano d'altro. Tversky a Kahneman: «Che cosa fa 1x2x3x4x5x6x7x8?» Risposta immediata: circa 500. Le due moltiplicazioni sono identiche. Ma nella prima si parte dall'alto, nella seconda dal basso. Operazioni uguali, ancore mentali diverse. Verifica con un gruppo di studenti. 5 secondi per fornire la riposta. Risultato medio: 512 nel primo caso, 2.250 nel secondo. In realtà la risposta corretta è 40.320: si sottovaluta il risultato in entrambi i casi perché si ha a che fare comunque con numeri piccoli. Eppure Tversky e Kahneman non concordano sul significato del risultato di questo esperimento, come ci racconta Lewis Tutto il libro mostra il gusto di lavorare in due, con ruoli che si alternano, in un continuo divertimento intellettuale. La collaborazione è fruttuosa. Le loro teste si ingrandiscono! Eppure Montaigne non aveva tutti i torti. Sloman e Fernbach, in un altro splendido libro appena uscito, recensito da Paolo Legrenzi in questo stesso numero nelle pagine Scienza e filosofia, ci raccontano di casi in cui sbagliamo perché facciamo affidamento sulle conoscenze altrui, senza rendercene ben conto. Oggi, in realtà, non pensiamo quasi mai da soli. E raramente in due. Negli esempi di Sloman e Fernbach (di nuovo una fruttuosa collaborazione!) non si lavora in coppie ma inseriti in collettività che, a certe condizioni, incoraggiano l'illusione della conoscenza, a credere di sapere quando in realtà non si sa. La Brexit ha già fatto brutti scherzi, e, visto il nuovo azzardo della May, abbiamo l'impressione che potrà riservarci nuove sorprese.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - Si apre la scuola d'arte della Columbia University, il ...
Inserito da: Admin - Maggio 03, 2017, 10:38:38 am
Si apre la scuola d'arte della Columbia University, il secondo edificio del nuovo campus su Broadway e la 125° Street a Harlem. Siamo nella periferia nord di Manhattan e il primo edificio, già in funzione, è il laboratorio di neuroscienza “Mind, Brain and Behavior”.» È lo stesso Renzo Piano, architetto e senatore a vita, ad annunciarlo oggi sulla copertina di Domenica, da dove ha lanciato negli ultimi anni tutti i suoi progetti più importanti: il «rammendo delle periferie» (in via di costante sviluppo in Italia, strettamente legato al suo impegno civile e politico di senatore a vita, ma anche in perfetta assonanza con i suoi impegni internazionali); gli interventi di edilizia scolastica; e il grande progetto antisismico rilanciato due settimane fa a Milano dal premier Gentiloni.
In un articolo pubblicato alcuni mesi fa Piano ribadiva e rilanciava sulla Domenica: «Quella delle periferie è una grande questione civile del futuro, intorno alla quale non bisogna mai far calare il livello di attenzione. Da noi in Italia come in tutto il resto del mondo. Non è un caso se per due grandi opere delle quali mi sto occupando in questo momento, il nuovo Tribunale di Parigi e il campus della Columbia University a New York, siano state scelte Clichy-Batignolles ed Harlem, cioè zone che si possono definire di periferia».
Sul numero di oggi il centro della Columbia University è presentato con dovizia di particolari da Fulvio
Irace, e la sua filosofia di fondo è ulteriormente esplicitata in un articolo dello stesso Piano. Eccone un assaggio: «Carol Becker (la coordinatrice della scuola, ndr) dice sempre che l'arte deve essere “visibile” alla città e che per lei una scuola d'arte è come una fabbrica ben strutturata.
Naturalmente pensa al precedente del Beaubourg, la prima fabbrica dell'arte che scaturiva dall'avventurosa e sfrontata gioventù. Anche allora non si potevano facilmente definire né il concetto d'arte né quello di cultura e, quindi, la cosa migliore ci sembrò quella di disegnare un contenitore libero per le sperimentazioni degli artisti, di qualunque genere fossero. Ma non è andata proprio così, l'utopia si è stemperata. Spero invece che questo edificio sia davvero una fabbrica. Ci sono tante funzioni, tante possibilità che hanno bisogno di uno spazio che sia come uno strumento, un crogiuolo dove tutto si deve poter mescolare al di là di ogni regola fissa. Beaubourg era un sogno quasi adolescenziale, questa invece in piccolo è una fabbrica vera».
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - La grammatica, di cui un uomo rinascimentale come Pietro...
Inserito da: Admin - Maggio 08, 2017, 10:35:24 am
La grammatica, di cui un uomo rinascimentale come Pietro Bembo fu sommo esperto (a lui è dedicata la copertina di oggi), era una delle famose “arti liberali”, che costituivano il curriculum studiorum che già nel Medioevo permetteva l'accesso agli studi universitari. Le arti liberali, divise in “arti del trivio” (grammatica, retorica e dialettica) e “arti del quadrivio” (aritmetica, geometria, musica e astronomia), richiedevano un'attività prettamente intellettuale. Esse condensavano il sapere che ogni uomo libero avrebbe dovuto padroneggiare e si contrapponevano alle “arti meccaniche”, che invece presupponevano un'attività manuale e per questo venivano considerate degradanti. Formalmente gli umanisti adottarono questo sistema delle arti, ma progressivamente lo modificarono, sino a che esso non fu completamente cancellato quando la nuova scienza sperimentale pretese un posto centrale nei curricula scolastici. Anche le “arti meccaniche” vennero nobilitate nel secoli successivi caratterizzati da uno stretto rapporto tra I filosofi e le macchine (per dirla con il titolo di un famoso libro dello storico delle idee Paolo Rossi), senza mai dimenticare, anzi accentuandone i caratteri, lo spirito critico e l'apertura mentale che le arti liberali avevano impresso nella cultura europea fin dal Medioevo, fino al definitivo abbandono del principio di autorità senza il quale non avremmo visto nascere le nuove scienze fisiche e meccaniche, la rivoluzione industriale e perfino l'idea moderna di democrazia.
Tra i fattori che contribuirono a modificare il sistema delle arti liberali uno dei più importanti fu il rilievo che assunse la filologia, la disciplina che permetteva di ricostruire le forme e i contenuti dei libri antichi. Il senso di questo recupero, però, non fu meramente libresco: nella sapienza dei classici gli umanisti videro infatti la possibilità di un mondo nuovo. Nello studio dei poeti, dei filosofi, degli storici e degli scienziati greci e romani, gli umanisti trovarono un serbatoio di idee antiche, ma allo stesso tempo potenzialmente innovative. Si pensi all'idea che i singoli individui possono, almeno in parte, determinare il proprio destino; al recupero della grande scienza antica, che sarebbe stata decisiva per avviare la rivoluzione scientifica moderna; alla riflessione etico-politica che fu segnata sia dal pensiero di Aristotele sia da quello degli stoici. L'articolo di Lorenzo Tomasin pubblicato in questa pagina è un ulteriore tassello del mosaico che sulla Domenica andiamo componendo per suscitare una riflessione pubblica sull'eredità che oggi la nostra cultura, e in primis il sistema educativo e l'organizzazione dei saperi e della ricerca, possono raccogliere da una tradizione umanistica immune dalla falsa contrapposizione tra umanesimo e scienza. Gabriele Pedullà ce lo ha ricordato il 26 marzo mostrando, attraverso le tesi di Ronald G. Wiit, che l'umanesimo nacque in Italia con questi tratti perché, a differenza che nel resto dell'Europa, fin dal '200 l'insegnamento universitario era libero, laico e non monopolizzato dal mondo religioso.
E Lucio Russo ci sta proponendo, in una serie di articoli, una rilettura del mondo antico proprio alla luce del mondo moderno (mostrando, nell'articolo uscito il 9 aprile, il debito che la newyorkese statua della libertà ha nei confronti del colosso di Rodi e, sul numero scorso, quanto l'astronomia moderna si sia nutrita di intuizioni antiche). Che si condivida o meno il “continuismo” estremo di Russo, ciò che è importante sottolineare è la necessità di concentrarsi sui contenuti, e non soltanto sullo studio delle lingue antiche che li veicolano. Perché non imparare, oggi, in un liceo classico rinnovato - seguendo anche in questo caso una proposta di Russo - la geometria e gli strumenti della dimostrazione traducendo dal greco gli Elementi di Euclide? Anche il sistema di apprendimento del periodo umanistico-rinascimentale era legato all'idea che alcuni contenuti culturali sono imprescindibili, nel senso che nessun individuo che possa dirsi veramente libero li può ignorare. Oggi, in un periodo di deriva didattica astratta (in cui si sente spesso sostenere che per i futuri insegnanti è più importante apprendere metodi pedagogici generali invece che i contenuti specifici delle discipline che poi andranno a insegnare) questa lezione non va dimenticata. Con questo spirito bisogna vigilare su ciò che sta accadendo al nostro sistema scolastico. Nella Terza Pagina di questo numero, un filosofo e un matematico, Mario De Caro e Pietro Di Martino, riflettono sulle misure recenti a proposito delle nuove regole sul reclutamento degli insegnanti.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Titolo: Armando MASSARENTI - Così Giorgio Napolitano scrive sulla copertina della ...
Inserito da: Arlecchino - Maggio 22, 2017, 12:39:16 pm
Così Giorgio Napolitano scrive sulla copertina della Domenica di oggi: «Con immutata commozione ho potuto leggere il bel ricordo che Andrea Casalegno ha dedicato, a poco meno di quarant'anni dalla morte, al padre Carlo, vice-direttore de La Stampa, ucciso dai terroristi delle Brigate Rosse in un barbaro attentato sotto casa.

Con il suo assassinio si volle colpire un giornalista che contrastava il terrorismo a viso aperto, e scoraggiare chiunque volesse ispirarsi al suo impegno: i suoi colleghi dei giornali e delle radiotelevisioni, in primo luogo il suo quotidiano che - come ho ricordato recentemente - sotto la direzione di Arrigo Levi, fu “una vera e propria trincea di lotta contro il terrorismo e il brigatismo rosso”.».

Quello del presidente e emerito della Repubblica è un intervento a margine dell'ampia testimonianza che Andrea Casalegno propone ai nostri lettori ricordando la morte del padre, primo giornalista ucciso dalle Brigate Rosse, nel 1977.

«Il giovane che premette quattro volte il grilletto della Nagant, un revolver cecoslovacco, - scrive Andrea Casalegno - fu intervistato molti anni dopo, e disse al giornalista Carlo Grande che le Br avevano voluto colpire “un simbolo”. Sono parole prive di senso. Carlo Casalegno non era affatto un simbolo: era un avversario pericoloso, perché aveva compreso da tempo la strategia dei gruppi armati».

Con la consueta lucidità Andrea - autore 10 anni fa per Chiarelettere del volume «L'attentato», che domani viene ripresentato al Salone del libro di Torino - propone ai nostri lettori una chiave interpretativa assai convincente di quegli anni terribili della nostra Repubblica.

    Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - «Abbreviate, abbreviate qualche cosa resterà».
Inserito da: Arlecchino - Giugno 05, 2017, 11:42:48 am
«Abbreviate, abbreviate qualche cosa resterà». È questo il titolo della copertina della Domenica di oggi. L'autore è un collaboratore di lungo corso di questo supplemento, il classicista Carlo Carena, che si cimenta con due volumi, editi da Olschki, attraverso i quali possiamo ripercorrere la lunga storia delle abbreviazioni, da quando, nell'antichità, si contraevano le parole scritte per risparmiare spazio e materiali, per esempio sulle lapidi, per arrivare ai giorni nostri, in cui usiamo Twitter per altre ragioni, prima fra tutte l'ossessione della velocità. «Scriver veloce» è il titolo del primo dei due volumi, un modo efficace per abbreviare il tema del convegno di cui raccoglie gli atti: «Sistemi tachigrafici dall'antichità a Twitter». Il secondo invece è dedicato a Sozomeno da Pistoia, nome d'arte di un canonico della cattedrale di Pistoia, maestro di grammatica a Firenze. Carena me tratteggia la figura attraverso la sua biblioteca e la sua scrittura umanistica, elegante e corrente, In cui usa anche le abbreviature risalenti alla tradizione precedente. Attraverso la quale scoprirete quanto le abbreviazioni furono importanti per la ricostituzione delle biblioteche antiche e per la costruzione di quelle moderne. Fino ad arrivare ad esaminare la CMC, vale a dire la Comunicazione Mediata dal Computer.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
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Titolo: Armando MASSARENTI - “Paura e coraggio” è il tema della Milanesiana e viene ...
Inserito da: Arlecchino - Giugno 25, 2017, 05:17:56 pm
Una brutta, ma tutto sommato banale, caduta può comportare une serie di reazioni psicologiche che via via la ingigantiscono: una leggera depressione, poi un'ossessione per i dettagli dell'incidente, e infine un senso generale di fragilità e di paura, che diventa anche politica se si pensa all'America di oggi.

Così procede il racconto dello scrittore inglese Patrick McGrath protagonista della Milanesiana, la rassegna progettata da Elisabetta Sgarbi in corso in questi giorni nel capoluogo milanese. Ma non è l'unico testo che vi proponiamo, In copertina trovate un altro racconto straordinario di Michael Cunningham che in sette tappe ci confessa le paure di una vita.

“Paura e coraggio” è il tema della Milanesiana e viene declinato in maniera ancora diversa nei versi straordinari di Charles Simic che pure proponiamo ai nostri lettori.
E allo psicologo Paolo Legrenzi abbiamo chiesto un breve efficacissimo manuale per immunizzarsi dalla paura. Almeno da quella non necessaria.
Un po' alla maniera stoica, per esempio di un Seneca, cui è dedicata Filosofia minima di questa settimana dopo che il filosofo latino è stato scelto per la versione di latino all'esame di maturità dei licei classici.
   
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Titolo: Armando MASSARENTI - Renzo Piano oggi sulla Domenica ci parla del suo ultimo...
Inserito da: Arlecchino - Luglio 02, 2017, 05:30:09 pm
Renzo Piano oggi sulla Domenica ci parla del suo ultimo progetto, presentato nei giorni scorsi a Bologna per la Fondazione Seragnoli. Un progetto che implica una grande delicatezza e sensibilità umana e culturale: un ospedale per bambini che l'architetto e senatore a vita ha chiamato Casa sugli alberi. Piano ne scrive con un impegno e una partecipazione sentitissimi: «È un progetto difficile, molto difficile per un architetto. Perché normalmente ci si salva mettendosi nei panni di chi vivrà l'edificio che si progetta. Facile quando si fa una scuola perché siamo tutti andati a scuola, facile quando si fa una biblioteca perché ci siamo stati tutti. Difficile è entrare nella sofferenza (....)
Perché grande è la sofferenza, e sconvolgente l'essere quei genitori. Per questo, in questa casa tra gli alberi, ci sono 14 stanze per i pazienti ma anche 8 alloggi per i genitori. Alla scienza medica si aggiunge quella umana. Quella della bellezza. Della bellezza profonda, naturalmente, non quella di superficie, della bellezza che appartiene alla nostra cultura umanistica».
Allo psicologo Paolo Legrenzi abbiamo chiesto di partire dal progetto di Piano per aggiornarci sugli ultimi studi - per lo più svolti a Harvard - su questa sofferenza e questa bellezza, legate alla peculiare visione del tempo e della vita che appartiene ai bambini. Due articoli dunque oggi in copertina che con la loro umanità e precisione scientifica vogliono essere una risposta alle strumentalizzazioni fin troppo evidenti, purtroppo alla ribalta delle cronache, che riguardano la sofferenza dei bambini e delle loro famiglie.
Un ospedale per bambini è la sfida più difficile per un architetto: si tratta - per dirlo con le parole di un sonetto di Shakespeare - di cogliere l'attimo in cui si teme di perdere chi si ama. E dunque lo si ama di più. .
   
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Titolo: Armando MASSARENTI Che «La corazzata Potëmkin» non fosse una “boiata pazzesca”..
Inserito da: Arlecchino - Luglio 11, 2017, 11:37:37 am
Che «La corazzata Potëmkin» non fosse una “boiata pazzesca” lo sapeva certamente anche Paolo Villaggio.

A chiarire bene il senso di quella mitica battuta è Claudio Giunta in un articolo che trovate oggi in copertina (lo anticipano in questa newsletter) accanto a un lungo resoconto di Luciano Mecacci dei «Taccuini» di Vygotskij, il grande psicologo che visse proprio ai tempi di Ėjzenštejn.

I sovietici condannarono colui che è considerato il «Mozart della psicologia», scienza considerata ispirata ai valori «borghesi».

Ora i «Taccuini» rivelano altri motivi, assai più profondi, della persecuzione: in primis l'antisemitismo. Un pezzo di storia della cultura raccontata in presa diretta in prima mondiale per la Domenica.
   
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Titolo: Armando MASSARENTI - Una rivista una volta commissionò ad Alberto Savinio un...
Inserito da: Arlecchino - Luglio 30, 2017, 05:56:41 pm
Una rivista una volta commissionò ad Alberto Savinio un articolo chiedendogli «di guardare in faccia questo nostro tempo e di dire quanto è guasto».

Lui non cadde nel tranello, e invece di rispondere a tono - descrivendo i giorni tristi nei quali tutto ormai sarebbe decaduto, «i princìpi, le forme, il costume», confrontati con non si sa quale età dell'oro in cui i valori, i gusti, il mondo, la società erano ben saldi - se ne usci con un articolo intitolato «Amare l'amaro nostro tempo». “Amaro” il suo (siamo nel 1951) come ogni altro tempo; compreso, ovviamente, il nostro, soprattutto se guardiamo alla scena letteraria degli ultimi decenni e, nel complesso, a un'industria culturale e libraria inclini più che mai all'effimero. Sarebbe del tutto naturale, e fin troppo facile, rimpiangere i bei tempi andati in cui a dominare la scena erano Calvino, Gadda, Pasolini, Moravia, Parise o la Morante.

L'inchiesta condotta per la Domenica da Gianluigi Simonetti, di cui oggi potete leggere in copertina la puntata introduttiva e che ci accompagnerà per tutta l'estate, non ha nulla di nostalgico. Ciò che di bello e di buono ci può essere nel nostro tempo dipende proprio dal fatto di essere “nostro”. Siamo noi a dover agire in esso nel migliore dei modi. Qui e ora. Senza fare alcuna concessione al malcostume di certa pseudocritica e di certi letterati - in cui prevalgono il pettegolezzo, la rivalsa personale, le letture idiosincratiche, umorali, a scapito dei contenuti e dell'analisi dei testi e degli stili - la Domenica vuole offrire ai suoi lettori l'opportunità di orientarsi e di guardare alla sostanza delle cose, analizzando stili, contenuti, generi, tendenze. In una parola, cercando di “capire”: parola che, a ben vedere, nel vocabolario evoluto di Savinio è, indipendentemente dai giudizi critici che possono scaturire dall'analisi, la più vicina ad “amare”.
      
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - «Durante la nostra moderna epoca, cioè da metà circa del...
Inserito da: Arlecchino - Agosto 08, 2017, 06:33:01 pm
«Durante la nostra moderna epoca, cioè da metà circa del ‘900, ci si è messi a sorridere in foto». Ecco l'incipit della copertina del supplemento Domenica di oggi. L'autore è uno scrittore dalla scrittura esilarante, Ermanno Cavazzoni, ben conosciuto dai nostri lettori. Ma al di là del modo in cui l'articolo-racconto è scritto, tocca un punto cui non ci viene da pensare molto spontaneamente: che non sempre si è dato per scontato, come sembra essere ora, che nelle foto bisogna uscire con un bel sorriso. Cavazzoni ci racconta di come tutto ciò è cominciato - sono stati prima gli uomini o le donne? e chi è stato il primo a dire «cheese»? - ma soprattutto si chiede: perché un'epoca di così grandi sciagure come è stato il Novecento, e anche nei periodi più bui, è caratterizzata da uno stile fotografico che ci vuole tutti ridanciani e felici? È possibile cambiare registro? E per farlo a quali modelli possiamo far riferimento, magari prendendoli da epoche storiche più serie della nostra?
Ma se nelle foto si sorride così sistematicamente, forse più raro è trovare scatti che riprendano vere e proprie risate. Tra le più fragorose vi sono quelle di John Cage, il protagonista assoluto dell'avanguardia musicale americana del Novecento, di cui il 12 agosto ricorrono i 25 anni dalla morte. Nella Filsofia minima in cui ne ricordiamo la poetica, riportiamo ciò che egli amava citare dal Kant della «Critica del Giudizio»: «Due cose possono dare piacere estetico senza avere nessun “significato” alla loro base: una è la musica, l'altra il ridere. Puoi goderti una risata e ridere senza alcun motivo. E puoi goderti una musica senza conoscerne il senso».
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - «Arcano e spirituale Arvo Pärt».
Inserito da: Arlecchino - Agosto 16, 2017, 09:00:14 am
«Arcano e spirituale Arvo Pärt».

La copertina di oggi, scritta da Quirino Principe, è dedicata al musicista estone, ritratto come un personaggio agli antipodi di un labirinto: è un punto che diventa cerchio, arena, anfiteatro. L'aspetto moderno delle sue composizioni, che spesso hanno a che vedere con la dimensione del sacro, emerge dalla misteriosa drammaticità che riesce a rintracciare in ogni singolo suono. Enzo Restagno ha conversato con lui in un libro ricchissimo uscito per il Saggiatore.
Su musica e spiritualità - ma di una spiritualità molto più laica, più filosofica - si occupa anche la Filosofia minima di oggi, dedicata a John Coltrane, a 50 anni dalla morte. Un'occasione per comprendere appieno l'intensità del suo modo di comporre e improvvisare, dove ancora una volta sono i singoli suoni e le singole performance ad essere al centro dell'attenzione. Il suo modo di suonare, pedonale, lirico e intenso, è ancora oggi molto influente.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - Mario Vargas Llosa, premio Nobel nel 2010, oltre che grande
Inserito da: Arlecchino - Agosto 27, 2017, 09:26:40 pm
Mario Vargas Llosa, premio Nobel nel 2010, oltre che grande scrittore, è un intellettuale liberale a tutto tondo. Nel 1987 scrisse un articolo, «Verso il Perù totalitario», che era un inno al libero mercato contro «quel populismo di sinistra» che non poteva che «portare povertà, sconforto, parassitismo e corruzione nella vita peruviana». Come molti uomini della sua generazione, Vargas Llosa aveva cominciato con tutte le belle illusioni della sinistra sudamericana. E come molti di loro aveva dovuto constatare che gli esperimenti socialisti che promettevano benessere, eguaglianza e giustizia, portavano le società alla stagnazione e alla povertà, eguagliando la maggioranza delle persone verso il basso e privilegiando solo la minoranza dei pretesi rivoluzionari. Vargas Llosa ha sempre criticato con lucidità e coerenza quelle illusioni per abbracciare fino in fondo il valore della libertà nella politica, nell'economia e in tutta l'esperienza umana, nutrendo di ciò la propria creatività letteraria. Oggi su Domenica lo vediamo in veste di recensore di un romanzo che verrà presentato al Festivaletteratura di Mantova dal suo autore. Si tratta di «Patria» di Fernando Aramburu dedicato all'Eta: «Il libro, una storia triste e insieme affascinante, è anche una presa di posizione chiara, una condanna netta della violenza, dei fanatismi e dell'ignoranza che la provocano. E una descrizione sottile della degenerazione morale che la violenza provoca in una società, corrodendone i valori, inimicando e svilendo le persone, distruggendo le istituzioni e i rapporti umani. Ma evita, saggiamente, le disquisizioni ideologiche, limitandosi a mostrare, attraverso episodi asciutti e coinvolgenti, come, non volendolo e non rendendosene conto, una società di persone sane, senza niente da nascondere, è trascinata a poco a poco, a furia di concessioni, nella complicità e a volte nelle peggiori viltà».
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - Luciano Berio di cui Einaudi manda in libreria tra pochi...
Inserito da: Arlecchino - Settembre 25, 2017, 12:39:34 pm
La copertina di oggi è dedicata a al compositore Luciano Berio di cui Einaudi manda in libreria tra pochi giorni la raccolta di Interviste e colloqui. Valga ciò che Berio dice di Renzo Piano, con il quale ha condiviso esperienze come il progetto «Musica e lavoro», in seno alla riqualificazione dell'area del Lingotto di Torino, e la nascita dell'Auditorium Parco della Musica di Roma che sfociò nella presidenza di Berio all'Accademia di Santa Cecilia di Roma. Dice Piano: «È un mestiere di confine quello dell'architetto, nel senso che sta tra l'arte e la tecnica, tra l'arte e la scienza». E Berio: «Dipende da chi lo fa. Per esempio, se tu potessi, getteresti il cemento tu stesso e avviteresti tu stesso i bulloni: è un fatto già musicale perché il musicista è sempre stato e sempre sarà anche un artigiano. Uno che realizza le cose che pensa». C'è una definizione migliore del lavoro creativo, o, verrebbe persino da dire, del lavoro non alienato? Tutti questi scritti, che ripercorrono le tappe della ricchissima carriera musicale di Berio, dagli anni '60 fino alla morte avvenuta nel 2003, e delle sue collaborazioni, anche extra musicali - oltre a Piano, Tullio Regge con cui approfondisce ulteriormente il rapporto tra arte e scienza, e poi Sanguineti e Calvino, cui si affidò per i testi di opere come Laborintus II e Un re in ascolto, e poi ancora Eco e Del Corno - restituiscono il senso di una fucina dove pensiero e azione, mente e corpo, voce e strumenti, note, suoni, rumori si compenetrano in cerca di un nuovo ordine e di nuove armonie. Sono quasi una guida, un esempio, per imparare a pensare bene in generale, in maniera schietta, mai retorica, su ciò che si fa, non senza un intento quasi pedagogico nel cercare di sfuggire a semplificazioni teoriche, false dicotomie e periodizzazioni, definizioni scorrette. Persino quando l'intervistatore è un grande musicologo come Massimo Mila, di cui qui per la prima volta viene pubblicato il dialogo che ebbe con Berio nel 1977. Un documento prezioso quanto la lettera - anch'essa inedita, che proponiamo oggi come anticipazione del volume - nella quale Berio lamenta di non essere stato capito e fornisce dell'esperienza novecentesca di cui egli stesso è stato protagonista una sintesi mirabile.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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Titolo: Armando MASSARENTI - Mario Ricciardi, recensendo la nuova edizione di «Stato e..
Inserito da: Arlecchino - Novembre 07, 2017, 12:20:22 pm
Mario Ricciardi, recensendo la nuova edizione di «Stato e rivoluzione» di Lenin edita da Donzelli, oggi, nelle pagine Scienza e filosofia del supplemento Domenica, racconta dell'incontro tra il rivoluzionario russo e il grande filosofo Bertrand Russell, avvenuto nel 1920, pochi anni dopo la rivoluzione russa di cui in questi giorni ricorre il centenario. Russell fu uno dei primi, anche se non l'unico, a comprendere appieno che i valori dell'eguaglianza e della libertà, che pure avevano mosso l'intellettualità socialista cui egli stesso apparteneva, erano stati ampiamente traditi. Possiamo considerarlo il capostipite di quelle critiche che i riformatori più illuminati avrebbero mosso al comunismo - da Orwell a Koestler a Silone a Berlin - a partire da posizioni liberaldemocratiche o liberalsocialiste contrarie a ogni illusoria idea di società perfetta. Tra questi va annoverato un grande storico come Piero Melograni, collaboratore del Sole 24 Ore Domenica, che verrà ricordato domani a cinque anni dalla morte, in presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a Roma, all'Accademia dei Lincei. L'incontro prenderà le mosse da un pamphlet, assai lungimirante, che Melograni scrisse esattamente 40 anni fa, il «Saggio sul potere» di cui parla oggi la mia rubrica Filosofia minima. «L'uomo delle società di massa sacrifica troppo spesso l'autonomia e lo spirito critico per ottenere in cambio false certezze», scriveva Melograni nel 1977. L'irrazionalità delle masse è direttamente proporzionale alla mancata accettazione dell'insicurezza che, benché poco piacevole, è la condizione normale dell'esistenza. Ciò spinge gli uomini, in costante ricerca di punti fermi, nelle braccia dei capi, dei partiti, delle ideologie, sovraccaricate di compiti e di utopie irrealizzabili. Come quella che spinse i russi, un secolo fa, nelle braccia della dittatura comunista.

Armando Massarenti
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