Titolo: MONICA RUBINO. Inserito da: Admin - Ottobre 17, 2012, 04:17:07 pm BERSANI, IL VIDEOFORUM A REPUBBLICA TV
"Non chiedo a D'Alema di candidarsi" Scuola e pensioni, "si deve cambiare" Il segretario democratico ospite nei nostri studi. Il ricambio nella classe dirigente? "la ruota girerà, ma non serviva ce lo dicesse Renzi". Costi della politica? "Uniche cose fatte per merito del Pd". "Intervenire su esodati". Alcuni passaggi della legge di stabilità inaccettabili". "L'azione del governo ha dei limiti, ma va preservata la credibilità di Monti" di MONICA RUBINO ROMA - "Punto decisamente al governo del Paese". Pierluigi Bersani lo dice senza mezze misure alla fine del videoforum su Repubblica Tv. Quindi, nessun Monti bis. E ancora. Il confronto con Renzi alle primarie, il ricambio della classe dirigente, Beppe Grillo, la legge di stabilità. Sono migliaia le domande dei lettori di Repubblica indirizzate al segretario Pd. E tutte affrontano i temi caldi dell'attualità politica. "Chiederà a Massimo D'Alema di candidarsi"?. Il leader democratico fissa i paletti: Perché "quelli da 'rottamare' li conosco tutti a uno a uno e parlo con loro da tempo. Non c'era bisogno di Renzi per fare questa riflessione. E' tutta gente che sa benissimo che si può essere protagonisti senza essere parlamentari". Nessuno però può dire chi sono i rami secchi, lo decide il collettivo: "La ruota girerà - chiarisce - ma è fondamentale il rispetto delle persone e delle regole. L'esigenza di rinnovamento c'è e la si fa con serietà, perchè io sono certo della generosità di chi ha fatto il Pd". "Non chiedo né a D'Alema né a nessuno di ricandidarsi - conclude sull'argomento- perché non nomino io i deputati. Il nostro partito si è dotato di una regola che nessun altro ha: chi ha fatto più di 15 anni, ossia tre legislature piene, deve chiedere una 'deroga' per potersi ricandidare". La risposta di D'Alema. "Sono del tutto d'accordo con Bersani, che giustamente ha ricordato una procedura dello statuto, che del resto mi è nota, per cui è l'organo collegiale che decide. Ha ragione Bersani, non spetta a lui decidere. D'altro canto non mi ero rivolto a lui, mi ero rivolto al partito". Così Massimo D'Alema, a Montecitorio, risponde ai giornalisti che gli chiedono un commento alle parole del segretario Pd. Dunque chiederà la deroga alla direzione? "Mancano ancora diversi mesi...". Primarie centrosinistra. Bersani è pronto ad un confronto, anche televisivo, con Renzi e con gli altri candidati alle primarie. Il patto tra Pd, Sel e Psi "è l'accensione della miccia, ma tante altre forze devono mettersi al nostro fianco" ha ribadito il leader democratico. Per questo "cerchiamo contatti con forze costituzionali ed europeiste, sia che abbiano sia che non abbiano sostenuto questo governo". "Se uno dice che se non vince Bersani o Renzi non voto il Pd, gli dico 'sta a casa alle primarie'. Prima c'è l'Italia, poi il partito e infine le persone". Riforma elettorale. Il Pd, assieme all'Idv, ha votato contro in commissione affari costituzionali del Senato alla proposta Malan sulla riforma elettorale. Tuttavia Bersani rassicura: "Al 60-65 per cento l'accordo si può fare. La nostra soluzione è solo il doppio turno. Stiamo lottando per garantire la governabilità. No alle preferenze che potrebbero nel 2013 far ripartire tutto nel bailame. C'è poi la tutela di genere. Infine la norma che i gruppi parlamentari siano solo quelli di chi si è presentato alle elezioni, basta Scilipoti". Corruzione. Sulla corruzione, emergenza che il ministro della Giustizia Paola Severino definisce "una seconda Tangentopoli", Bersani è chiaro: "Dobbiamo reintrodurre il falso in bilancio. Mi pare che in queste ore ci possa essere una disponibilità anche da parte del governo, altimenti faremo pressione noi". Costi della politica. Bersani rivendica con forza che gli unici provvedimenti per abbattere i costi della politica sono stati fatti per merito del Pd. "L'abolizione del vitalizio dei parlamentari e il dimezzamento del finanziamento ai partiti sono merito nostro. Non siamo riusciti a diminuire il numero dei parlamentari perchè la destra ha rovesciato il tavolo. Non basta, certo, serve anche una legge per i partiti, una riforma delle istituzioni nella seconda parte della Costituzione". Il movimento di Grillo. Alla domanda di un lettore sulla possiblità di Grillo di vincere le prossime elezioni, il segretario Pd risponde secco: ''Avessimo aspettato Grillo ci sarebbe ancora Berlusconi''. Le motivazioni di base del Movimento 5 stelle riguardano i territori, la vita comune, la rappresentanza diretta. "Poi la cosa ha preso una piega genericamente antisistema - spiega - né di destra né di sinistra, con uno solo al comando e una propaganda che dice 'usciamo dall'euro e non paghiamo i debiti', adatta solo a chi vuole cavarsi il gusto di una protesta totale". Legge di stabilità. Dai lettori di Repubblica molte domande anche sulle prospettive economiche del Paese, incluse la manovra di stabilità e la riforma delle pensioni. Il segretario Pd critica il ddl e ne invoca una correzione, perché "nella parte fiscale non ha i caratteri di equità ed efficacia, serve sollievo alle fasce più deboli e questo non avviene". In particolare, le norme sulla scuola contenute nel disegno di legge "non sono accettabili" secondo Bersani, perché "aggravano, senza corrispettivo, il lavoro degli insegnanti e chiudono la strada ai precari". Il segretario non minaccia di negare la fiducia al governo sul provvedimento di stabilità, ma auspica che "tutto si possa modificare con la ragionevolezza. La scuola ha bisogno di una pausa - continua Bersani - perché non si può intervenire ogni due anni con l'accetta. Serve un quadro strategico con scelte ragionate che durino nel tempo". Pensioni. Anche la riforma delle pensioni ha bisogno di un correttivo. "Non vogliamo sbaraccare i conti ma ci sono margini di perfezionamento - ha spiegato il segretario Pd nel corso del videoforum - lo ha detto anche il ministro Fornero a proposito della questione esodati". "Ci vogliono dei correttivi -conclude - per introdurre elementi di flessibilità senza toccare le prospettive di risparmio". Governo Monti. Se la carta d'intenti della coalizione di centrosinistra non contiene più alcun riferimento al governo Monti, questo non significa che l'esperienza dell'esecutivo tecnico sia da liquidare. "Noi intendiamo preservare la credibilità e il rigore che il governo Monti si è guadagnato agli occhi del mondo- spiega Bersani - di questa esperienza manderemo avanti il meglio. E' pur vero che l'azione di governo ha dei limiti, dovuti soprattutto alla situazione parlamentare. C'è qualcuno che tira il freno, come si vede nel caso del ddl corruzione, e questo corrode l'agenda Monti, la priva di qualità". "Io vedo delle lobby - continua il segretario Pd - che arrivano molto prossime alle commissioni parlamentari, senza nessuno che dice 'scio', allontanatevi di cinque metri. Notiamo anche difficoltà a percepire la relazione tra decisioni e vita reale dei cittadini". E sulla possiblità di un coinvolgimento dell'attuale premier in un futuro governo di centrosinistra, magari nel ruolo di ministro dell'Economia, Bersani risponde con cautela: "Monti non può tornare alla Bocconi o mettersi a risposo, ma non sarebbe simpatico tirarlo per la giacca. Bisogna parlarne anche con lui e io starei un pò largo. La mia intenzione è quella di coinvolgerlo, ma si ragionerà assieme". (16 ottobre 2012) © Riproduzione riservata da - http://www.repubblica.it/politica/2012/10/16/news/primarie_bersani-44626373/?ref=HREA-1 Titolo: MONICA RUBINO. "Renzi è una risorsa, basta che lo sia per il Partito ... Inserito da: Admin - Novembre 23, 2012, 05:05:34 pm Bindi: "Chiederò la deroga per ricandidarmi Renzi è figlio del ventennio del Cavaliere"
In vista delle primarie del centrosinistra, la presidente del Pd non è intenzionata a farsi da parte in Parlamento. "Renzi è una risorsa, basta che lo sia per il Partito democratico e non contro". Bersani? "E' più autentico e l'Italia ha bisogno di verità dopo vent'anni di menzogne e false promesse". Lavoro e maggiore equità fiscale al centro del programma di governo di MONICA RUBINO ROMA - "Chiederò una deroga al Pd per potermi ricandidare, voglio continuare a mettere a disposizione del partito e del Paese la mia esperienza". Rosy Bindi, ospite del videoforum di Repubblica Tv condotto da Massimo Giannini, non intende abbandonare la sua battaglia e conferma che chiederà una deroga al limite dei tre mandati stabilito dallo statuto. La presidente del Pd, a un lettore che la accusava di essere 'un disco rotto' per la sua determinazione a ricandidarsi in Parlamento, si difende criticando il messaggio destrutturante del sindaco di Firenze: "Io un disco rotto? Semmai è Renzi che dimostra di non avere molti altri argomenti oltre la rottamazione su cui chiedere consensi. Mandare a casa una classe dirigente che ha combattuto per vent'anni contro Berlusconi, significa dare ragione al Cavaliere". Ed è anche per questo che la candidatura di Renzi "si sta consumando" e "non mi è sembrata nelle ultime settimane particolarmente brillante", aggiunge Bindi. Il valore dell'esperienza. "Penso di non avere demeritato in passato - continua la pasionaria del Pd - e penso di avere un progetto in testa per questo Paese per il futuro, che sarà una legislatura costituente in cui le giovani generazioni avranno bisogno dell'esperienza". Ovviamente sarà il partito a decidere. "In questi anni non mi sono candidata autonomamente, mi hanno messo capolista - ricorda- ora non accetto liste di proscrizione in questo partito. Il Pd si deve candidare a guidare l'Italia con i giovani ma anche con le esperienze". Quello che conta, secondo Bindi, non è il "numero di legislature fatte", ma l'azione politica: "Si mandi a casa chi ha sbagliato, non chi ha portato l'Italia in Europa e ha lasciato i conti a posto. Penso che la classe dirigente del partito abbia le carte in regola per realizzare un vero cambiamento di questo Paese". Renzi figlio del ventennio berlusconiano. Alla domanda di Giannini se condivide l'esempio a farsi da parte di Walter Veltroni e Massimo D'Alema, Bindi risponde: "Sono convinta che se loro persistono nella loro scelta, il parlamento dei prossimi cinque anni non sarà più ricco ma più povero perchè potrebbero risultare utili in una legislatura costituente", ha spiegato. Dal canto suo Renzi ha già chiarito che, se dovesse vincere, Bindi può risparmiarsi di chiedere una deroga. A quel punto che fara? "Mi pongo un problema al giorno, non ci ho pensato", ha risposto, "dipende anche da come si comporta". Il sindaco di Firenze "potrebbe essere una risorsa per il partito. Penso che alcune sue idee siano preziose e mi spiace che le presenti contro il Pd". Detto questo, per Bindi la questione 'rottamazione' va oltre Renzi. "Il contagio renziano è arrivato anche nel Pd", ha sottolineato, "per questo auspico che dopo le primarie vi sia un grande confronto nel partito". "Renzi, allora, è un 'berluschino'?", le fa notare Giannini. "Di sicuro è un frutto di questa epoca", risponde Bindi, "è figlio del ventennio berlusconiano". Bersani, e lo si è visto anche nel confronto televisivo su Sky, è "più autentico e l'Italia ha bisogno di verità dopo vent'anni di menzogne e false promesse". Bersani for president. Che la Bindi abbia sempre appoggiato apertamente la candidatura di Bersani rientra nel suo modo di essere: "Avrei destato sospetti se non mi fossi dichiarata - spiega Bindi, rispondendo alla domanda di un lettore, che mette in dubbio la correttezza di un tale atteggiamento da parte di chi detiente una carica importante nel partito - del resto sono tenuta ad essere super partes solo per ciò che riguarda il funzionamento dell'Assemblea Pd". Altri dirigenti, come Veltroni, invece non hanno preso posizione: "Da Veltroni ci si poteva aspettare l'atteggiamento che ha tenuto, da me sarebbe parso strano". Le regole delle primarie. Quanto alle regole per le primarie del centrosinistra, giudicate da qualcuno "troppo complesse", Bindi rassicura: "Le regole non possono che facilitare una partecipazione trasparente. La pre-iscrizione in realtà è un modo per rendere più veloci le votazioni. Siamo già a un milione di pre-iscritti. E in ogni caso, chi non avrà tempo di registrarsi in questi giorni potrà farlo anche direttamente domenica mattina. Forse ci sarà qualche minuto in più da aspettare, ma penso ne valga la pena". "Il nostro obiettivo è di arrivare a due milioni di voti - continua Bindi - non dimentichiamoci il quadro di astensionismo preoccupante emerso dalle ultime amministrative. Certo non pretendiamo di invertire la tendenza. Mi auguro che il vincitore sia Bersani, ma penso che ci vorrà il ballottaggio per confermare il risultato". Lavoro e fisco al centro. Nell'ipotesi che il centrosinistra vada al governo, per Bindi bisognerà dare centralità ai problemi del lavoro e dell'equità fiscale. "Per uscire dalla crisi bisogna cambiare il paradigma del modello di sviluppo, se la macchina non si rimette in moto non sono più possibili politiche di rigore", sostiene Bindi. "Il governo Monti ha salvato l'Italia dal baratro. Dubito però che Monti sia la persona giusta anche per cambiare il Paese". (21 novembre 2012) © Riproduzione riservata da - http://www.repubblica.it/politica/2012/11/21/news/bindi_-47120976/?ref=HRER1-1 Titolo: MONICA RUBINO. Andrea Olivero: "Non chiamateci centristi ... Inserito da: Admin - Dicembre 17, 2012, 04:00:11 pm Andrea Olivero: "Non chiamateci centristi. Siamo estremistri riformisti"
Il presidente delle Acli al lavoro con altre forze moderate per consentire al Professore di fare il bis. Ospite di un videoforum a Repubblica Tv,auspica una lista Monti affiancata all'Udc, con Bonanni e Montezemolo, ma senza Fini di MONICA RUBINO ROMA - Il processo di condensazione del centro moderato nel segno del premier uscente pare inarrestabile. E tra quelli che aspettano Mario Monti c'è anche Andrea Olivero, ospite di un videoforum a Repubblica Tv moderato da Concetto Vecchio. Il presidente delle Acli, assieme a Montezemolo e al ministro Riccardi, è tra i promotori dell'operazione che mette insieme un partito vero e proprio (l'Udc di Casini) con un movimento che aggrega i rappresentanti di una società civile finora rimasta fuori dalla rappresentanza politica. E in cui i cattolici hanno un ruolo di primo piano. Ma senza il Fli di Gianfranco Fini. Il quadro politico si schiarisce ogni giorno di più, man mano che ci si avvicina all’election day di febbraio. Ed è proprio questo il tema al centro delle domande che i lettori di Repubblica.it hanno rivolto al capo delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani. Olivero chiarisce subito l'obiettivo del suo impegno: "Non chiamateci semplicemente centristi - spiega - noi siamo estremisti riformisti, il nostro intento è spingere con forza il cambiamento del Paese". Per il professore di Lettere cuneese, è fondamentale creare una proposta credibile per l'elettorato cattolico: "C'è una parte amplissima di elettori che non si sente rappresentata - aggiunge - un sondaggio recente rivela che cattolici praticanti oggi sono più propensi all'astensione degli altri cittadini. E' un dato gravissimo ed è il segno di un vuoto che va colmato. Perciò non parliamo di generico centrismo, ma di una forza riformista al servizio del Paese". La guida di questo "soggetto terzo" spetta all'attuale premier: "Il presidente non si tirerà fuori - assicura Olivero - è importante che non avvenga. Nessuno di noi forzerà rispetto alla sua decisione, sono giorni difficili per il presidente del Consiglio, ma il suo contributo è decisivo per segnare una svolta ed entrare nella Terza Repubblica". Il presidente delle Acli auspica "una lista Monti, una lista di società civile affiancata all'Udc", nuova e "senza parlamentari uscenti", con il leader della Cisl Raffaele Bonanni e il movimento liberale di Luca Cordero di Montezemolo. Ma senza Gianfranco Fini: "Fli appartiene a un'altra cultura politica rispetto alla nostra, è difficile una convergenza tra noi e loro". Anche il ministro Andrea Riccardi è tra i "pivot" del movimento che ruota attorno al Professore. Del suo governo Olivero sottolinea i meriti ma anche i limiti. "L'attuale esecutivo ha dimostrato scarsa capacità rispetto alla valorizzazione del terzo settore e poca attenzione per la riforma del Welfare - spiega il leader Acli - Bisogna ripartire da qui". Sul piano fiscale, inoltre, "si è fatto ancora troppo poco per spostare la tassazione dal lavoro alla rendita". Tra i meriti, quello principale di aver garantito la tenuta dei conti dello stato, "un fatto non irrilevante sotto il profilo sociale - chiarisce Olivero - . Se avessimo avuto un defalut come la Grecia a pagarne il prezzo sarebbero stare le classi più povere. Monti ha fatto un'operazione di serietà e lo ha spiegato agli italiani. Appena un anno e mezzo fa qualcuno ci raccontava che la crisi non esisteva". Il 'qualcuno' chiamato in causa indirettamente, ovvero Silvio Berlusconi, può spaventare i cattolici? "Dobbiamo stare attenti - ammonisce Olivero - perché quando si sta male, il populismo può far breccia nel cuore della gente. Bisogna spiegare ai cittadini quali sono i sacrifici in gioco ma anche qual'è il paese che si vuole costruire. Il Cavaliere è un bravo imbonitore ma risulta poco credibile, perché non ha fatto le riforme promesse nonostante avesse una maggioranza enorme". (17 dicembre 2012) © Riproduzione riservata da - http://www.repubblica.it/politica/2012/12/17/news/videoforum_con_andrea_olivero-48926700/?ref=HREA-1 Titolo: MONICA RUBINO. Olivero: "Monti ci sarà. Non chiamateci centristi. Siamo ... Inserito da: Admin - Dicembre 18, 2012, 06:00:04 pm Olivero: "Monti ci sarà. Non chiamateci centristi. Siamo estremisti riformisti"
Il presidente delle Acli al lavoro con altre forze moderate per consentire al Professore di fare il bis. Ospite di un videoforum a Repubblica Tv, auspica una lista Monti affiancata all'Udc, con Bonanni e Montezemolo, ma senza Fini. Che risponde su Twitter: "Realtà diversa da come la immagina" di MONICA RUBINO ROMA - Il processo di condensazione del centro riformista nel segno del premier uscente pare inarrestabile. E tra quelli che aspettano Mario Monti c'è anche Andrea Olivero, ospite di un videoforum a Repubblica Tv moderato da Concetto Vecchio. Il presidente delle Acli, assieme a Montezemolo e al ministro Riccardi, è tra i promotori dell'operazione che mette insieme un partito vero e proprio (l'Udc di Casini) con un movimento che aggrega i rappresentanti di una società civile finora rimasta fuori dalla rappresentanza politica. E in cui i cattolici hanno un ruolo di primo piano. Ma senza il Fli di Gianfranco Fini. Che risponde a sorpresa su Twitter: "Il sig. Olivero, di cui ricambio la stima, capirà presto che la realtà sarà diversa da come egli la immagina". Il quadro politico si schiarisce ogni giorno di più, man mano che ci si avvicina all’election day di febbraio. Ed è proprio questo il tema al centro delle domande che i lettori di Repubblica.it hanno rivolto al capo delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani. Olivero chiarisce subito l'obiettivo del suo impegno: "Non chiamateci semplicemente centristi - spiega - noi siamo estremisti riformisti e solidaristi accaniti, il nostro intento è spingere con forza il cambiamento del Paese". Per il professore di Lettere cuneese, è fondamentale creare una proposta credibile per l'elettorato cattolico: "C'è una parte amplissima di elettori che non si sente rappresentata - aggiunge - un sondaggio recente rivela che cattolici praticanti oggi sono più propensi all'astensione degli altri cittadini. E' un dato gravissimo ed è il segno di un vuoto che va colmato. Perciò non parliamo di generico centrismo, ma di una forza ostinatamente riformista al servizio del Paese". La guida di questo "soggetto terzo" spetta all'attuale premier: "Il presidente non si tirerà fuori - assicura Olivero - è importante che non avvenga. Nessuno di noi forzerà rispetto alla sua decisione, sono giorni difficili per il presidente del Consiglio, ma il suo contributo è decisivo per segnare una svolta ed entrare nella Terza Repubblica". Il presidente delle Acli auspica "una lista Monti, una lista di società civile affiancata all'Udc", nuova e "senza parlamentari uscenti", con il leader della Cisl Raffaele Bonanni e il movimento liberale di Luca Cordero di Montezemolo. Ma senza Gianfranco Fini: "Fli appartiene a un'altra cultura politica rispetto alla nostra, è difficile una convergenza tra noi e loro". Sempre che, come sembrerebbe dal citato 'cinguettio' del leader di Fli, non ci siano sorprese dell'ultim'ora. Anche il ministro per la Cooperazione internazionale Andrea Riccardi è tra i "pivot" del movimento che ruota attorno al bis del Professore. Del suo governo Olivero sottolinea i meriti ma anche i limiti. "L'attuale esecutivo ha dimostrato scarsa capacità rispetto alla valorizzazione del terzo settore e poca attenzione per la riforma del Welfare - spiega il leader Acli - Bisogna ripartire da qui". Sul piano fiscale, inoltre, "si è fatto ancora troppo poco per spostare la tassazione dal lavoro alla rendita". Tra i meriti, quello principale di aver garantito la tenuta dei conti dello stato, "un fatto non irrilevante sotto il profilo sociale - chiarisce Olivero - . Se avessimo avuto un defalut come la Grecia a pagarne il prezzo sarebbero stare le classi più povere. Monti ha fatto un'operazione di serietà e lo ha spiegato agli italiani. Appena un anno e mezzo fa qualcuno ci raccontava che la crisi non esisteva". Il 'qualcuno' chiamato indirettamente in causa, ovvero Silvio Berlusconi, può spaventare i cattolici? "Dobbiamo stare attenti - ammonisce Olivero - perché quando si è in difficoltà, il populismo può far breccia nel cuore della gente. Bisogna spiegare ai cittadini quali sono i sacrifici in gioco ma anche qual è il paese che si vuole costruire. Il Cavaliere è un bravo imbonitore ma risulta poco credibile, perché non ha fatto le riforme promesse nonostante avesse una maggioranza enorme". Anche l'appoggio di Berlusconi a Monti è irrilevante: "E' una tattica sterile - taglia corto Olivero - Monti è una persona seria, non credo che sarà interessato a prendere voti a tutti i costi per impedire a qualuno di governare". La sfida elettorale, sarà dunque, tra Monti e Bersani, tra mondo cattolico e centrosinistra: "ll percorso non sarà un conflitto personale tra i due - auspica il presidente Acli - ma un confronto serio e serrato sulle idee e questo andrà a beneficio del Paese". (17 dicembre 2012) © Riproduzione riservata da - http://www.repubblica.it/politica/2012/12/17/news/videoforum_con_andrea_olivero-48926700/ Titolo: MONICA RUBINO. La direzione Pd: "Grazie Enrico, ora Renzi a Palazzo Chigi". Inserito da: Admin - Febbraio 14, 2014, 06:29:28 pm La direzione Pd: "Grazie Enrico, ora Renzi a Palazzo Chigi".
Letta getta la spugna: "Mi dimetto" Il presidente del Consiglio domani salirà al Quirinale. Il segretario democratico lo liquida con un breve documento approvato a larga maggioranza (136 sì): "Serve rilancio radicale, correrò il rischio". di MONICA RUBINO ROMA - Una formula di cortesia in perfetto politichese per dare il benservito a Enrico Letta e avviarsi verso la conquista di Palazzo Chigi. Matteo Renzi apre la direzione Pd, convocata oggi dopo giorni di tensione per decidere il destino del governo, leggendo un breve documento di "congedo", messo poi ai voti e approvato a larga maggioranza (136 favorevoli, 16 contrari, 2 astenuti). "La direzione - recita il testo di appena 25 righe - ringrazia Letta per il notevole lavoro svolto. Assume il documento 'Impegno Italia' (presentato ieri dal premier, ndr) come un contributo, ma ritiene necessario e urgente dover aprire una fase nuova con un governo nuovo". Leggi il testo integrale Letta: "Mi dimetto". Scontate le conseguenze del voto. Enrico Letta, dopo dieci mesi sull'ottovolante delle larghe intese, sfiduciato dal suo stesso partito getta la spugna e annuncia le sue dimissioni in una nota altrettanto scarna: "A seguito delle decisioni assunte oggi alla direzione nazionale del Partito democratico - si legge- ho informato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, della mia volontà di recarmi domani al Quirinale per rassegnare le dimissioni da presidente del Consiglio dei ministri". Il tweet di Renzi. Alle 20.34, mentre Letta saluta, con una punta di amarezza, i suoi collaboratori a Palazzo Chigi con un brindisi per sottolineare il buon lavoro fatto prima di tornare a casa, Renzi commenta la giornata con un tweet: Il discorso in direzione. Nel suo intervento all'assise democratica Renzi sottolinea l'inadeguatezza, dal suo punto di vista, dell'esecutivo Letta: "In questi ultimi due mesi è parso evidente a tutti, forze politiche, economiche, sociali, che l'attività del governo ha vissuto una fase di difficoltà". Ma chiude all'ipotesi di elezioni anticipate: "Non siamo a un derby di opinioni, ma siamo a un bivio - spiega - da un lato l'occasione chiara di chiudere la legislatura e andare al voto, dall'altro l'occasione di trasformarla in legislatura costituente". E ammette che "le elezioni hanno suggestione e fascino, specialmente per chi di sinistra vorrebbe avere una vittoria piena per cambiare il paese", ma "il passaggio elettorale non vede ancora una legge in grado di garantire la certezza di vittoria di uno o di un altro". Insomma, riassume il segretario, il voto anticipato "non risolverebbe i problemi sul tappeto". L'altra strada, quella di un nuovo governo, "è una scelta azzardata - sostiene ancora il sindaco - ma può avere senso se hai il coraggio di dire alle realtà europee che l'obiettivo è il 2018 con riforme elettorali, costituzionali ed il tentativo di cambiare le regole a partire da una burocrazia opprimente". Siamo al bivio. A chi gli chiede di pensarci bene prima di accettare l'idea della staffetta per evitare di bruciarsi, risponde: "Mettersi in gioco adesso ha un elemento di rischio personale. Ma chi fa politica ha il dovere di rischiare in alcuni momenti. Vale anche per me". Ma questo, aggiunge, "non è un rischio personale, è il rischio del Pd" che deve "prendersi la responsabilità di ciò che sta accadendo". Il partito, sottolinea, "potrebbe aspettare e non rischiare ma in 20 anni non si sono fatte le cose. O il Pd ha un protagonismo forte o il cambiamento è solo a parole". Un cambiamento che viene offerto al dibattito istituzionale che, ricorda Renzi richiamando il Capo dello Stato, "sta vivendo l'ennesima pagina triste nel momento in cui il presidente della Repubblica viene accusato in modo strumentale di essere venuto meno ai propri compiti. Vorrei rivolgessimo un pensiero a Giorgio Napolitano e al suo lavoro". Uscire dalla palude. Il nuovo esecutivo, chiarisce il segretario, è da condividere "con l'attuale coalizione di governo". E sottolinea che "il Pd mai ha fatto mancare l'appoggio all'esecutivo. Ma se la situazione in cui ci troviamo richiede l'energia e la forza di un cambiamento non è un problema caratteriale: sono le regole della politica". E conclude con un appello: "Propongo un patto legislatura per dare risposte reali al Paese. E' la strada più difficile e meno battuta. Vi chiedo tutti insieme di uscire dalla palude". Cuperlo: "Meglio non votare". Dalla minoranza del Pd arriva un sostanziale via libera alla linea del segretario. Ma con qualche precisazione. Gianni Cuperlo nel suo intervento fa una richiesta: "Assumendo la linea indicata dal segretario, e che il presidente del Consiglio ha il compito di valutare, chiedo che la direzione non venga chiamata a esprimersi con un voto. Anche per evitare un precedente che non appartiene alle democrazie parlamentari". L'ex presidente dem ricorda che lui stesso la settimana scorsa aveva chiesto un chiarimento sul rapporto tra Pd e governo. E aggiunge: "Dalla palude spero che si esca non con una lacerazione ulteriore ma con unità del partito". Ma l'appello di Cuperlo, rincarato poco dopo anche da Stefano Fassina, cade nel vuoto e Sandra Zampa, vicepresidente alla direzione del Pd, annuncia che il "voto è previsto al termine del nostro dibattito", pregando i colleghi di non lasciare la sala prima che si concluda la votazione. Tant'è che Cuperlo, più tardi, annuncia a margine della riunione che lui e i suoi voteranno a favore del documento del segretario. Senatori e deputati con Renzi. Sia il capogruppo dei senatori Pd, Luigi Zanda, che quello dei deputati, Roberto Speranza, approvano la strada proposta dal segretario. Per Zanda "l'accelerazione imposta da Matteo è necessaria: serve un governo che abbia la possibilità di durare e governare per l'intera legislatura e che abbia un profilo politico che gli consenta di affrontare le nostre grandi emergenze". Anche Speranza si dice d'accordo a correre il rischio prospettato da Renzi, anche se occorre "un'ulteriore riflessione sul programma e sul merito". E aggiunge: "La grande famiglia del Pd mette sulle sue spalle senza infingimenti la grande sfida delle riforme e del cambiamento del Paese. Questo partito è l'unico che può veramente provare a cambiare l'Italia". Civati dice no. Il terzo classificato alle primarie, Pippo Civati, è l'unico a manifestare apertamente la sua contrarietà alla linea del segretario: "Personalmente sono molto a disagio. Una cosa che non accetto è che si parli di scelta obbligata: è una scelta politica fino in fondo quella di sfiduciare Enrico Letta". E aggiunge: "Non capisco perchè sostituendo il premier con la stessa maggioranza le cose dovrebbero cambiare. E poi, come diceva il grande poeta, 'il modo ancor m'offende'. Potevamo farla in modo diverso. E' invece è successa una via di mezzo tra la prima Repubblica e shining". Quindi conclude: "Io mi dichiaro contrario a questa scelta". Il voto. Poco prima del voto, tutti gli esponenti lettiani in direzione Pd abbandonano la sala per non partecipare alla votazione sul documento di sfiducia al governo Letta. A lasciare la sala, tra gli altri Paola De Micheli, Vito De Filippo, Anna Ascani e Lorenzo Basso. Alla fine, come detto, sono sedici i voti contrari, compreso quello di Civati che, in serata, scrive un amaro post sul suo blog dal titolo "Cordiali saluti". L'assenza di Letta. Il premier intanto, a meno di un’ora dall’inizio della Direzione nazionale del Pd, aveva fatto sapere che non avrebbe partecipato alla riunione. "Si decida con serenità" aveva detto il capo dell’esecutivo, "preferisco aspettare a Palazzo Chigi le determinazioni che verranno prese". Presagi di dimissioni. Ma proprio dall’interno del partito questa mossa è stata subito interpretata come la decisione di lasciare, nonostante la prova di forza di mercoledì. "Se Letta non c’è - ha commentato a Radio 2 Sergio Chiamparino - è probabilmente perché ha già deciso che si dimette". E Civati, intercettato mentre varcava la soglia del Nazareno, ha parlato apertamente di dimissioni che sarebbero potute arrivare "già nel pomeriggio". Intanto un tweet del Financial Times annunciava la cancellazione della visita di Letta nel Regno Unito. Dopo l'intervento di Renzi, Angelino Alfano e i ministri del Nuovo Centrodestra avevano raggiunto il premier a Palazzo Chigi per fare il punto della situazione. E salutarlo definitivamente, pronti ad accogliere Matteo come nuovo premier. Ma con precisi paletti: "Non sia un governo di centrosinistra". Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/02/13/news/renzi_direzione_pd_letta_dimissioni-78486220/?ref=HREA-1 Titolo: MONICA RUBINO. Bersani in Aula "Sono venuto per la fiducia e per salutare Enrico Inserito da: Admin - Febbraio 26, 2014, 05:35:03 pm Il ritorno di Bersani in Aula: "Sono venuto per la fiducia e per salutare Enrico"
Dopo una lunga convalescenza, l'ex segretario del Pd riprende il suo posto alla Camera, salutato dagli applausi: "Da domani gli italiani valuteranno lo spread tra parole e fatti". Renzi lo ringrazia con un tweet. Letta lo abbraccia e poi non si siede nei banchi del Pd di MONICA RUBINO 25 febbraio 2014 ROMA - Quasi un triangolo: lui, l'ex, l'altro. Lui, Pier Luigi Bersani, riappare alla Camera dopo la malattia. L'altro, Matteo Renzi, lo abbraccia (e poi twitta), mentre lui con lo sguardo cerca l'ex, Enrico Letta, ma invano. Tutt'intorno riecheggia il lungo applauso per celebrare il suo ritorno - quasi una standing ovation - dei deputati democratici, ma anche di quelli appartenenti ad altri gruppi parlamentari (tutti tranne i Cinque Stelle, che rimangono seduti negli scranni senza scomporsi). Dopo il malore avuto a inizio gennaio e la lunga convalescenza, Bersani torna dunque a prendere posto nel suo seggio per votare la fiducia al governo Renzi. Il neopremier lascia i banchi del governo e lo saluta con affetto. Poi, come nel suo stile, lo ringrazia pubblicamente con un tweet: Grazie a @pbersani per essere in aula oggi. Un gesto non scontato, per me particolarmente importante. Grazie — Matteo Renzi (@matteorenzi) 25 Febbraio 2014 Durante la replica, il presidente del Consiglio ne loda lo stile: "Il fatto che Pier Luigi Bersani sia qui - dice rivolto ai deputati- avendo idee molto diverse, è un segno di uno stile e di un rispetto non semplicemente personale, ma di un rispetto politico. Siamo il Pd". Ma Bersani non è andato alla Camera per lui: "Sono venuto ad abbracciare Enrico (Letta, ndr). Ma ancora non è arrivato?", chiede, regalando visibilmente commosso sorrisi e battute, ai colleghi parlamentari di maggioranza e opposizione, dal capogruppo di Fi Renato Brunetta al portavoce del Pd Lorenzo Guerini, che si accalcano per salutarlo e chiedergli come sta. Poi ammorbidisce e, uscendo da Montecitorio dopo la replica, precisa: "Io sono qui per fare il mio doppio dovere: votare la fiducia e abbracciare Enrico Letta". E, con tono paterno, aggiunge: "Matteo pecca di umiltà ma ha bisogno d'aiuto e, quando saranno chiari alcuni obiettivi, io starò qui a fare il mio dovere per aiutarlo. Il Pd reggerà. Da domani gli italiani vorranno misurare lo spread tra parole e fatti'". Enrico Letta però ancora non c'è. L'ex premier, infatti, giunge a Montecitorio solo intorno alle 16.30, senza partecipare al precedente dibattito sulla fiducia al governo. L'ultimo suo messaggio è stato lo scorso 22 febbraio, quando dopo la gelida cerimonia della Campanella a palazzo Chigi (foto) aveva scritto su Twitter: "Grazie Napolitano e tutti quelli che mi hanno sostenuto! Ora uno stacco via da Roma per prendere le migliori decisioni". Finalmente Enrico fa la sua entrata in Aula, non degna di uno sguardo Renzi, stringe velocemente la mano a Graziano Delrio e va dritto incontro a Pier Luigi. I due si abbracciano a lungo e con calore, gli applausi continuano scroscianti. Un momento emozionante e al tempo stesso drammatico. Poi Letta si va a sedere, ma non nei banchi del Pd: prende posto al tavolo del comitato dei Nove, nella parte bassa dell'emiciclo e dà le spalle al premier (video). Più tardi voterà lealmente la fiducia e anche lui scriverà un tweet dedicato all'amico: Dal 5 gennaio speravo di vivere questo momento. Bentornato Pierluigi! http://t.co/AxBtjTeKoX — Enrico Letta (@EnricoLetta) 25 Febbraio 2014 Dagli altoparlanti risuona intanto la voce della presidente Laura Boldrini, che dà il bentornato ufficiale all'onorevole Bersani, seguito da un nuovo lungo applauso. © Riproduzione riservata 25 febbraio 201 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/02/25/news/il_ritorno_di_bersani_in_aula_sono_venuto_per_salutare_enrico-79605877/?ref=HRER3-1 Titolo: MONICA RUBINO. il caso dei finti fertilizzanti a base di "matrina" Inserito da: Admin - Luglio 26, 2014, 10:58:48 am Attacco all'agricoltura biologica: il caso dei finti fertilizzanti a base di "matrina"
Sequestrate 65 tonnellate di un pesticida tossico comprato all'estero e spacciato per concime "naturale". E' la colossale frode ai danni dei produttori bio scoperta dalla Guardia di Finanza fra Sardegna e Puglia. Che evidenzia una 'falla' nei controlli di MONICA RUBINO ROMA - "Naturale" non è sempre sinonimo di "sano" o di "sicuro". Anzi: dietro le parole "naturale" e "organico" possono nascondersi veri e propri veleni. Come nel caso della "matrina", sostanza sì di origine vegetale, ma altamente tossica per l'uomo, per l'ambiente e per gli animali, venduta come fertilizzante naturale agli agricoltori. Ed è bastata la semplice dicitura "organico" sull'etichetta a permettere a questa sostanza pericolosa di saltare una complessa rete di controlli. Una frode in piena regola che vede tra le sue vittime soprattutto l'agricoltura biologica, un settore strategico per l’agroalimentare italiano. Ad accendere i riflettori sulla truffa l'operazione "Mela Stregata" condotta, a seguito di una segnalazione di FederBio, da Icqrf (Ispettorato centro della tutela della qualità e repressione frodi agro-alimentari) e Guardia di Finanza, che ha portato di recente al sequestro di 65 tonnellate di prodotti spacciati per "fertilizzanti", destinati principalmente all'agricoltura biologica con la definizione di "naturale", ma in realtà contenenti matrina, sostanza non commercializzabile in Europa perché neurotossica quanto i più pericolosi e dannosi fitofarmaci quali i carbammati, i fosforganici e i cloro derivati come il Ddt. Le 65 tonnellate sequestrate fra Puglia e Sardegna, se immesse sul mercato, avrebbero fruttato 3,5 milioni di euro ai disonesti commercianti. I prodotti sequestrati (provenienti soprattutto dalla Cina e dall'India e stoccati dalla ditta Icas di Milano), sarebbero stati smerciati come corroboranti e fertilizzanti organici in molte regioni dell'Italia. "Non solo Puglia e Sardegna dove sono stati effettuati i sequestri - spiega Luciano Atzori, consigliere e segretario dell'Ordine nazionale dei biologi esperto in sicurezza degli alimenti e tutela della salute - non si tratta di un fatto isolato, quelle merci erano destinate a mezza Italia". L'attività investigativa, cominciata già da alcuni mesi, aveva portato nel mese di giugno alla denuncia di un uomo sardo e al sequestro di oltre 10.000 chilogrammi di prodotti nocivi stoccati in un'azienda nella provincia di Cagliari. Recentemente le indagini si sono estese in Puglia dove, nel deposito di un importatore, sono stati sequestrati 30.500 litri e 25.000 chilogrammi di prodotti spacciati per "fertilizzanti", ma in realtà contenenti matrina. Nota anche con i termini matrinium, matrines, vegard, la matrina è un alcaloide molto diffuso in Cina e India che si estrae dalle radici di una leguminosa, la Sophora Flavescens. "Costa poco e si ricava da una pianta molto comune - continua Atzori - ma è altamente tossica e infatti viene utilizzata in pochi Paesi orientali e anche lì classificata come pesticida, senza alcun potere concimante". Le proprietà fertilizzanti, dunque, sono del tutto inventate. In questo caso ad essere frodati sono gli agricoltori stessi, rassicurati dalla parola "naturale", "ma il fatto che si ricavi da una radice non significa che sia innocua, basta pensare ai funghi: sono naturali, questo sì, ma questo non li rende meno pericolosi. Ricordiamoci che i più grandi veleni sono ricavati proprio dai vegetali", aggiunge Atzori. "Sempre più persone si avvicinano ai prodotti bio e/o naturali senza però conoscerli davvero", osserva il biologo. "Anche gli agricoltori spesso, in quanto non adeguatamente formati, cadono nella trappola di avidi e poco onesti commercianti, i quali gli propinano prodotti naturali (cioè non di sintesi) che frequentemente hanno effetti nocivi per l'ambiente, per l'uomo e per gli animali". La matrina "è un composto fitofarmaco con specifici effetti fitoiatrici (ossia un'azione neurotossica), che inibisce l'attività della colinesterasi provocando la sindrome da avvelenamento con tremori, scordinamento dei movimenti, scarso equilibrio, disturbi intestinali e la morte per blocco della respirazione - mette in guardia Atzori - Oltre a questi sintomi acuti i composti neurotossici possono determinare fenomeni di bio-accumulo nei tessuti lipidici provocando nel tempo fenomeni di tossicità cronica". Per ingannare gli agricoltori spesso i prodotti illegali a base di matrina vengono etichettati e immessi sul mercato, oltre che come fertilizzanti organici (con l'indicazione di "estratti di origine vegetale"), anche come preparazioni biodinamiche o come "corroboranti e/o potenziatori della resistenza delle piante", conclude Atzori, che possono essere introdotti sul mercato solo a tre condizioni: se il loro uso non provoca effetti nocivi sulla salute umana, di animali e sull'ambiente; se iscritti nella lista di corroboranti redatta e periodicamente aggiornata dal ministero delle Politiche Agricole; e infine se nell'etichetta sono riportate tutte le informazioni, dalla composizione allo stabilimento di produzione alla destinazione d'uso". Ma come difendersi da frodi come questa? "Purtroppo il consumatore finale non può fare niente, bisognerebbe invece agire in maniera capillare sugli agricoltori, spesso poco informati e formati direttamente da chi vende loro i prodotti - spiega Atzori - e scardinare l'idea che 'naturale' sia automaticamente innocuo o salutare". Proprio su quest'ultimo aspetto si sono mossi i consumatori statunitensi: la Consumer Reports americana ha infatti avviato una petizione online per eliminare il termine "organic" (cioè naturale) dalle etichette dei prodotti alimentari perché considerato fuorviante. Nonostante la 'matrina', rassicura Atzori, l'Italia è uno degli stati Ue con minor presenza di residui tossici nei prodotti orto-frutticoli. Nel 2014 sono state effettuate analisi su circa 79mila campioni da 647 diversi tipi di alimenti e oltre il 97% ha evidenziato il rispetto dei limiti di legge dei residui. Merito del diffondersi dell'agricoltura biologica, del rispetto da parte delle aziende agricole delle procedure imposte dalla normativa vigente e dell'intensa attività degli organi preposti al controllo. FederBio, la principale associazione italiana che riunisce i produttori biologici e biodinamici, dal 2013 ha attivato un gruppo di lavoro specifico per i mezzi tecnici ammessi nel biologico e ha fra i propri soci Ibna Italia-Assometab (associazione di imprese che producono prodotti per la difesa, coadiuvanti, fertilizzanti e corroboranti utilizzabili in agricoltura biologica). E ha avuto un ruolo attivo nel dare avvio all’operazione "Mela Stregata", come spiega il presidente Paolo Carnemolla: "Le indagini coordinate dalla Procura di Cagliari hanno preso avvio dal coordinamento attuato con l’ufficio di Cagliari dell'Icqrf al quale FederBio ha fornito il carteggio avviato già a luglio 2013 con i ministeri delle Politiche agricole e della Salute su questi prodotti, al tempo venduti come preparati biodinamici, e tutto il materiale raccolto dalla propria organizzazione territoriale". Già un anno fa infatti l'associazione aveva diramato un'allerta anche a tutti gli organismi di certificazione associati e alle organizzazioni dei produttori socie di Upbio, l’Unione nazionale dei produttori biologici e biodinamici, affinché si evitasse l’impiego di questi preparati e fosse impedita la certificazione dei prodotti eventualmente trattati. "L’allerta è stata poi reiterata anche a inizio 2014, nonostante le minacce di querela e i tentativi di contatto da parte della ditta Icas e la trasformazione delle etichette dei prodotti, diventati fertilizzanti - continua Carnemolla - Da segnalare tuttavia che l’impiego di questi prodotti ha riguardato massicciamente anche l'agricoltura cosiddetta 'integrata', nelle quali non c’è un sistema di certificazione come quello del biologico in grado di monitorare l’effettivo impiego di questi prodotti". Senza l'azione congiunta dell'Icqrf Sardegna e della GdF oggi in Italia molti agricoltori avrebbero adoperato la matrina causando gravi danni alla salute di tanta gente e compromettendo la fiducia nel biologico: stando a una ricerca dell'Università di Newcastle, pubblicata sul British Journal of Nutrition, l'orto-frutta e i cereali coltivati biologici contengono circa il 17% in più di antiossidanti (e in alcuni prodotti il 69% in più di flavanoni) rispetto agli stessi prodotti da agricoltura tradizionale. (22 luglio 2014) © Riproduzione riservata Da - http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2014/07/22/news/attacco_al_biologico_il_caso_dei_fertilizzanti_con_matrina-92084337/?ref=HREC1-11 Titolo: MONICA RUBINO. La spesa degli italiani in un anno: quanto, come e dove ... Inserito da: Admin - Settembre 07, 2014, 05:34:40 pm La spesa degli italiani in un anno: quanto, come e dove risparmiare
Altroconsumo passa al setaccio la grande distribuzione nel nostro Paese e anticipa i risultati dell'inchiesta a Repubblica.it. Un'indagine a tappeto svolta in 68 città e 919 punti vendita, che ha preso in esame più di cento categorie di prodotti e ha rilevato più di un milione di prezzi. Per scoprire quali sono i supermercati più convenienti Di MONICA RUBINO ROMA - Risparmiare sulla spesa è facile: basta cambiare supermercato. Perché se è vero che la minaccia di deflazione ha congelato i prezzi dei beni di consumo, livellandoli, è pur vero che le differenze tra una catena e l'altra della grande distribuzione ci sono, eccome. E, in alcuni casi, sono anche piuttosto evidenti. Meglio, allora, andare a fare la spesa dove costa meno. Ci viene in aiuto Altroconsumo che ha passato al setaccio la grande distribuzione italiana, individuando le catene più convenienti e le città meno costose. Un'indagine a tappeto, anticipata a Repubblica.it, svolta in 68 città e 919 supermercati, che ha preso in esame 108 categorie di prodotti e ha rilevato ben 1.031.562 prezzi. Tre modelli di acquisto. Pasta, olio, biscotti, latte, acqua minerale, detersivi, prodotti per la cura personale e molti altri ancora. Nella sua indagine Altroconsumo ha riempito tre diversi tipi di carrello, corrispondenti a tre modelli di acquisto differenti. Il primo carrello considerato è quello con i prodotti di marca ed è anche il più importante. Rappresenta, infatti, la spesa più comunemente effettuata dalle famiglie italiane, secondo l'Istat, e costa in media 6.356 euro all'anno. Il secondo contiene i prodotti che portano il marchio dell'insegna (Coop, Carrefour, Esselunga e così via). Il terzo carrello, infine, rispecchia un modello di consumo teso al massimo risparmio ed è stato riempito con prodotti in assoluto più economici trovati sugli scaffali di tutti i punti vendita, compresi i discount. Questi ultimi sono profondamente cambiati nel corso degli anni e somigliano sempre di più ai supermercati. Sono lontani i tempi in cui si rivolgevano a un target piuttosto basso. Oggi puntano ad attirare le famiglie della classe media: hanno più articoli di marca, hanno introdotto il banco dei freschi, la panetteria. E, fa notare Altroconsumo, "spesso i loro prodotti raggiungono ottimi risultati nei nostri test di qualità". La mappa della convenienza. L'indagine stila anche la classifica delle regioni e delle città più economiche. Per avere informazioni dettagliate sulla propria città, basta cliccare sul link www.altroconsumo.it/supermercati. Si aprirà una mappa che contiene sia la graduatoria delle catene presenti a livello regionale che la quantificazione del risparmio a seconda di ciò che si è soliti mettere nel carrello. Se dunque ci ritroviamo nel primo modello di acquisto, il "carrello ricco" per così dire, secondo l'associazione dei consumatori possiamo arrivare a risparmiare fino al 19% passando ai prodotti con il marchio della catena e fino al 33% se compriamo gli articoli più economici di iper e supermercati. Addirittura potremmo abbattere i costi del 55% se decidiamo di rifornirci nei discount. Detto questo, se invece rimaniamo fedeli alla nostra spesa con prodotti dei marchi leader di mercato, per Altroconsumo le catene che si aggiudicano la palma della convenienza sono i supermercati U2 e gli ipermercati Auchan. All'ultimo posto i più cari: Crai, Dimeglio e Billa. Il risparmio aumenta se abitiamo a Verona, la città più economica in assoluto, che toglie il primato della superconvenienza a Pistoia. Qui, il costo annuo del carrello con i prodotti di marca scende a 5.415 euro (mentre abbiamo visto che la media è 6.356 euro). Dopo la città dell'Arena tra le meno care troviamo Padova, Catania, Treviso e Siracusa. Al contrario Venezia-Mestre, Bologna, Aosta, Ferrara e Modena sono quelle in cui sbagliare supermercato può costarci un occhio: la spesa può superare i 7.000 euro all'anno. Milano e Roma si mantengono vicine alla media: 6.397 la prima e 6.532 euro la seconda. Se invece compriamo per lo più prodotti con il marchio dell'insegna, le possibilità di risparmio sono più consistenti, perché le varie catene hanno margini di manovra maggiori sugli articoli con su impresso il proprio brand. Anche in questo caso in cima alla classifica ci sono ancora U2 e Auchan, e a seguire IperSidis, Ipercoop e Leclerc Conad a pari merito al quarto posto. Anche in questo caso fanalino di coda è Billa. Infine, se puntiamo al risparmio massimo e facciamo la spesa al discount, la catena più conveniente è Eurospin, ma vanno bene anche Penny Market, Prix Quality e Lidl. All'ultimo posto Sigma. Rispetto al "carrello ricco", il risparmio medio annuo se si acquista al discount è di 3.510 euro. In ogni caso, dovunqua si vada, "oltre che con la testa la spesa va fatta con i piedi", come consigliano gli esperti di Altroconsumo: in qualunque supermercato, infatti, i prodotti meno costosi stanno sempre negli scaffali più bassi. (01 settembre 2014) © Riproduzione riservata Da - http://www.repubblica.it/economia/2014/08/29/news/la_spesa_degli_italiani_in_un_anno_quanto_come_e_dove_risparmiare-94602907/?ref=HREC1-10 Titolo: MONICA RUBINO. La Lega sbarca al Sud, Salvini presenta il simbolo Inserito da: Admin - Dicembre 22, 2014, 05:38:18 pm La Lega sbarca al Sud, Salvini presenta il simbolo
Il Carroccio varca il Garigliano e si presenta in Italia meridionale. Il segretario: "No ai riciclati in lista". Nell'emblema si rinuncia al colore verde Di MONICA RUBINO 19 dicembre 2014 ROMA - Quello che colpisce del simbolo con cui la Lega Nord varca il fiume Garigliano e punta alla conquista del Sud è l'assenza del verde padano, colore storico del Carroccio: "Campo bianco con un ovale blu e la scritta in giallo e bianco 'Noi con Salvini'. E poi il nome della regione del Centro e del Meridione", spiega il segretario Matteo Salvini in un'affollata conferenza stampa alla Camera. La sala del Mappamondo, infatti, è gremita di parlamentari leghisti ma manca il fondatore, il 'Senatùr' Umberto Bossi. Che però benedice a distanza lo 'sbarco' e mette in guardia il giovane leader delle camicie non più solo verdi dalle "infiltrazioni da parte di signorotti delle tessere e pregiudicati". Per questo "l'altro Matteo" sbarra la strada ai 'riciclati', esponenti di altri partiti pronti a salire sul nuovo Carroccio non più separatista ma nazional popolare. Si sono già fatti avanti personaggi come Silvano Moffa, ex Msi, poi An, poi con Fini e infine Pdl; l'ex finiana Souad Sbai e la berlusconiana Barbara Mannucci; l'Ncd Marco Pomarici, già presidente del consiglio comunale di Roma; Mario Landolfi, ex ministro delle Comunicazioni di Silvio Berlusconi. Per non parlare dell'estrema destra, nuovo interlocutore dei neo-leghisti a partire da Casa Pound. Perciò altolà a chi vuole utilizzare "questo soggetto come un tram su cui salire per salvare la poltrona. Diciamo no a riciclati - spiega Salvini- vogliamo energie fresche. Le esperienze politiche verranno valutate singolarmente, ma non ci sarà il rischio di infiltrazioni e di assalto alla diligenza. E comunque per noi l'onestà e la fedina penale pulita restano le condizioni per aderire", conclude. Riferito allo scandalo di mafia capitale, sottolinea: "Ci chiedono in tanti di candidarci come sindaco a Roma però, nel rispetto delle autonomie, il sindaco di Roma dovrà essere di Roma - sottolinea l'europarlamentare - Magari tra le tante persone che ci stanno contattando da Roma ci sarà anche il prossimo sindaco o la prossima sindaca, perché no?". In ogni caso "Roma e Lazio sono in ebollizione, è una cosa assolutamente positiva. Ci sono decine di migliaia di richieste entro la fine dell'anno e con gennaio si parte". E promette: "Inizierò a girare in diverse realtà, girando il Sud ho visto che ora c'è consapevolezza del federalismo, dal Salento alla Campania, da Roma alla Sicilia, c'è voglia di autonomia, non alla Crocetta, ma legata alla responsabilità. Adesso c'è maturità al Centro e al Sud che non c'era 15 anni fa". Grande apertura e disponibilità, dunque, anche se appena sette mesi fa Salvini fu duramente contestato a Napoli, come dimostra questo video: Nel suo intervento elogia i meridionali, ma un tempo, quando era ancora un semplice deputato della Lega (interamente) Nord e predicava la secessione riempiendo ampolle con l'acqua del Po, li bistrattava a Pontida con cori da osteria (guarda il video contro i napoletani). Ma lui si giustifica: "Non abbiamo mai attaccato i cittadini, ma il cattivo governo". Poi tocca anche altri punti cruciali dell'attualità politica. Primo fra tutti il tema delle alleanze all'interno del centrodestra. "Non parte una guerra nel centrodestra - chiarisce Salvini - il mio competitor non è Berlusconi o Angelino Alfano, ma è Matteo Renzi. L'obiettivo è quello di arrivare al 51% per governare il paese. Questo progetto non sarà una riedizione di vecchie frittate del passato". Prove di una nuova coalizione di centrodestra dopo il tonfo di Forza Italia in Emilia Romagna, alla quale guarda con interesse anche Giovanni Toti, consigliere politico dell'ex cavaliere, che invita Salvini a costruire insieme un'alternativa: Il piano salviniano esclude il ministro dell'Interno: "Non faremo accordi a tutti i costi, per Alfano in questo progetto non c'è spazio - aggiunge il segretario della Lega Nord - l'alternativa a Renzi non la costruisco con chi sta governando con Renzi o a metà, sostenendo alcune riforme. Non ci interessa vincere domani mattina ma costruire qualcosa di buono". Poi non risparmia una staffilata al premier: "Renzi rispetta i vincoli di bilancio avendo massacrato il Paese. Si chiude il semestre italiano di presidenza europea e non se ne accorge nessuno, neanche gli uscieri. E una marionetta al servizio di Bruxelles". E sull'elezioni del nuovo Capo dello Stato aggiunge: "Mi auguro che il prossimo presidente della Repubblica non sia un servo di Bruxelles, un complice dell'euro, che è una moneta morta, e dell'Europa, che permetta l'esproprio della sovranità italiana". Non si dimentica di citare anche il leader del M5s: "Se Beppe Grillo vuole parlare seriamente del dopo euro noi ci siamo. Ha smesso di insultarci e questa mi sembra una buona notizia. Ma il suo referendum contro l'euro - conclude - resta una sòla (usa persino un termine romanesco, sinonimo di 'truffa', ndr), una perdita di tempo". © Riproduzione riservata 19 dicembre 2014 Da -http://www.repubblica.it/politica/2014/12/19/news/lega_salvini_presenta_il_suo_progetto_per_il_sud-103281472/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_19-12-2014 Titolo: MONICA RUBINO. Renzi: "Ho fatto togliere norma su statali". Inserito da: Admin - Gennaio 01, 2015, 10:53:18 am Renzi: "Ho fatto togliere norma su statali". Italicum: "Sì a preferenze, abbiamo fretta sulla legge"
"Addio paura. Nel 2015 l'Italia correrà". Bilanci, previsioni, battute, e una parola d'ordine per il 2015: "ritmo". Così il presidente del Consiglio risponde ai giornalisti nella conferenza stampa di fine anno. Sul Quirinale: "Nessuna preoccupazione per la successione". Di se stesso dice: "Meglio essere giudicato arrogante che disertore". Sulla corruzione: "Sconti al supermercato, non ai corrotti" di MONICA RUBINO 29 dicembre 2014 ROMA - "Il 2014 è stata una rivoluzione copernicana, abbiamo cambiato il ritmo della politica: fisco, pubblica amministrazione, scuola. Adesso voglio cambiare l'umore degli italiani assuefatti alla sfiducia, alla paura. L'Italia è stata rimessa in moto, ora la sfida nel 2015 è farla correre". Dal Jobs Act al Quirinale, dall'Italicum alla scuola il presidente del Consiglio Matteo Renzi traccia un bilancio dell'anno che sta per chiudersi, ma soprattutto delinea le prospettive del 2015, anno delle riforme, in occasione della tradizionale conferenza stampa di fine anno nella nuova aula dei Gruppi parlamentari di Montecitorio. "Siamo il governo che ha fatto meno leggi, ma più riforme. Ma sono ancora più convinto oggi, rispetto a febbraio scorso, che l'Italia ce la farà. La parola del 2015 è 'ritmo', dare senso del cambiamento, per far sì che l'Italia torni a riprendere il suo ruolo nel mondo". E aggiunge: "Mi sento come Al Pacino in 'Ogni maledetta domenica', il coach che ha il compito di dire ai suoi che ce la possono fare. E io sono convinto che l'Italia ce la può fare". Ma per prima cosa il presidente del Consiglio esprime la sua gratitudine ai soccorritori del traghetto Norman Atlantic e ai giornalisti per come stanno seguendo la vicenda. Conferma che le vittime sono cinque. Poi, dopo aver espresso le condoglianze alle famiglie, salta la relazione introduttiva e comincia a rispondere alle domande. La successione al Quirinale. Le prime domande si concentrano sul nome del futuro presidente della Repubblica: "La legislatura dura fino al 2018 - taglia corto Renzi - ci sono i numeri per eleggere il presidente della Repubblica". E aggiunge, quasi spazientito: "Ora nessun ping pong sul Colle. Non possiamo metterci a giocare a 'Indovina chi'. Quando arriverà il momento saremo nelle condizioni di esprimere un nome attorno a cui si coaguli la maggioranza". E sulla possibilità che al Quirinale venga nominato un tecnico, afferma: "Il presidente della Repubblica deve avere i requisiti previsti dalla Costituzione: ha funzioni tipicamente politiche con la 'p' maiuscola, anche se nel corso della storia ci sono stati vari presidenti di provenienza" tecnica. Inolte chiarisce che la magistratura italiana non interferirà nella decisione e che "non ci saranno 220 franchi tiratori", come sostiene il senatore Pd Ugo Sposetti. Secondo il premier, infine, anche Silvio Berlusconi, votato da milioni di italiani, "è legittimato a stare al tavolo delle discussioni, senza diritto di veto. Lo considero un fatto logico e fisiologico". Infine precisa: "L'elezione del presidente della Repubblica non è "un test politico. Non è un voto di fiducia sulla maggioranza" sarebbe "inesatto" definirlo così. Jobs Act e pubblico impiego. Il premier risponde poi a diverse domande sul Jobs Act e chiarisce che "in Consiglio dei ministri ho proposto io di togliere la norma" sui dipendenti pubblici "perché non aveva senso inserirla in un provvedimento che parla di altro. Il Jobs act non si occupa di disciplinare i rapporti del pubblico impiego. Le regole del lavoro pubblico le riprenderemo nel ddl Madia. La mia idea è che chi sbaglia nel Pubblico paghi. Per chi non lavora bene perché non è messo in condizione di farlo, la responsabilità va attribuita ai dirigenti. Ma per i cosiddetti fannulloni va messa la condizione di mandarli a casa. Ma questo argomento prenderà corpo a febbraio o marzo", conclude Renzi. Sul tema dei licenziamenti collettivi, "vedremo cosa ci diranno le commissioni parlamentari, ma poi a decidere sarà il governo". Quanto, infine, alla possibilità di un referendum sul Jobs Act, Renzi glissa: "Chi vivrà vedrà". Mentre conferma i referendum sulle riforme costituzionali: "Sulla Costituzione, sul Titolo V, sul Senato e sull'abolizione del Cnel faremo mancare i voti necessari per il quorum. Noi vogliamo che sulle riforme istituzionali siano gli italiani a pronunciarsi". L'Europa e il semestre italiano. Parlando di Europa, Renzi poi afferma: "Il piano Junker è un primo passo ma non è certo sufficiente". Per il presidente del consiglio è necessario "un cambio di paradigma a livello europeo. Gli Usa hanno fatto registrare +5% nel terzo trimestre 2014, un numero straordinario". In questi sei mesi di guida italiana "abbiamo cambiato per il momento il vocabolario - aggiunge il premier - siamo stati una notte a discutere perché la parola flessibilità sembrava una parolaccia e la parola crescita sembrava inconcepibile". Spending review e taglio delle municipalizzate. Sul tema dello sfoltimento delle partecipate, Renzi risponde che "non c'è alcun progetto Cottarelli, ma l'obiettivo è comune, da ottomila bisogna passare a mille. L'obiettivo c'è e sarà realizzato, si realizza in modo serio ma no a colpi di spot. Quando il ddl Madia sarà approvato dal Senato, a quel punto credo che nelle delega ci sia la possibilità per iniziare il percorso di sfoltimento e dimagrimento delle partecipate", conclude. Caso Marò. Quella dei marò è "una vicenda molto seria per ciò che è accaduto in passato, su cui ognuno di noi si tiene il suo giudizio: oggi la questione è aperta con un paese come l'India, amica, alleata dell'Italia, che nelle ultime ore ha aperto un canale di confronto diretto anche con dichiarazioni che abbiamo apprezzato". E aggiunge: "E' utile, per chiudere la vicenda, mantenere il tono necessario dei canali legittimi giudiziari e diplomatici, senza inutili show o inutili iniziative politiche come alcune di quelle che ho visto, assolutamente incredibili, di ministri dei governi precedenti". Gufi, decisionismo e arroganza. "Il 2015 è l'anno chiave, è decisivo, è il motivo di questo mio sano senso di urgenza", torna a ribadire il premier. "Sono molto soddisfatto di quello che abbiamo fatto, io voglio che neanche una giornata vada sprecata, non credo che l'Italia sia spacciata come pensano alcuni gufi e non solo". Ma chi sono i gufi, gli viene chiesto: "Il gufo è quello che parla male dell'Italia, non del mio governo. Ormai ho un rapporto d'amicizia con loro, portano fortuna". E aggiunge: "Nessun alibi, se non ce la facciamo è colpa mia. Meglio essere giudicati arroganti che disertori. Qua la sfida è cambiare l'Italia". Per poi concludere: "Stiamo facendo tutto quello che avevamo promesso, le leggi non hanno il Telepass, sono stati avviati tutti i procedimenti". Italicum e partiti. Il premier definisce l'Italicum, la nuova legge elettorale, un "Mattarellum con preferenze". "Il candidato di ogni collegio è chiaramente riconoscibile, in più c'è lo spazio per mettere due preferenze, un uomo e una donna. Io lo trovo un meccanismo di una semplicità impressionante. Chi arriva primo vince e governa per cinque anni. E' una legge seria che permette di dare governabilità" al Paese, sulla quale "non c'è nessun dubbio di costituzionalità". Aggiunge, inoltre, che "la legge sul finanziamento pubblico ai partiti va benissimo, non la cambiamo". Quanto alla richiesta di Roberto Calderoli della Lega di eliminare i capilista bloccati dal progetto di riforma, Renzi risponde: "Calderoli è un grande esperto di leggi elettorali. L'ultima che ha fatto si chiama 'porcata', se a questo giro si riposa un po' ci sembra perfetto. Presenterà 15mila emendamenti? Ormai siamo esperti in canguri" - facendo riferimento alle procedure messe già in atto in Parlamento per superare gli ostruzionismi, con l'accorpamento di più emendamenti per far procedere speditamente le votazioni. "Entro il mese di gennaio l'Italicum sarà approvato", aggiunge. Ma per l'ennesima volta nega la possibilità di elezioni anticipate: "A me conviene sempre tentare di andare alle elezioni ma all'Italia no, non conviene. Per quel che mi riguarda non sono contrario ai tempi sull'entrata in vigore" dell'Italicum, "se qualcuno vuole mettere la clausola di salvaguardia nel 2016, siamo pronti a discuterne, ma prima facciamo la legge". Riforma delle pensioni. Renzi esclude inoltre che il governo possa mettere mano alla riforme delle pensioni. "Mi sento di escluderlo", risponde a chi chiede se con la nomina di Tito Boeri al vertice dell'Inps il governo intenda intervenire sulla previdenza. "Non vuol dire che le idee di chi viene a darci una mano diventino programma di governo", osserva. Fisco. "In un paese normale le tasse si pagano una volta all'anno. L'obiettivo è arrivare lì". La local tax "entrerà in vigore dal 2016". Quanto agli 80 euro "Li rifarei tutta la vita, li aumenterei se possibile". Giustizia. Sui temi legati alla corruzione, Renzi taglia corto: "Chi ruba va messo in galera, altrimenti siamo tutti uguali. Bene il patteggiamento ma chi patteggia deve restituire il maltolto, tutto. Gli sconti si fanno al supermercato non ai corrotti". E aggiunge: "Rinnovo il mio appello per chi deve giudicare, lo faccia il più velocemente possibile, gli italiani hanno diritto a sapere se uno è colpevole o meno". Quanto alla riforma della giustizia, Renzi sottolinea che "un anno fa si parlava di amnistia e indulto, ora non ne parla più nessuno. Il governo ha aumentato del 10% i posti nelle carceri eppure non ne parla nessuno. Abbiamo aumentato le pene alternative al carcere, lavorato molto bene sul tema della riduzione delle persone in attesa del primo grado, che sono diminuite del 20%, ma ancora non basta. Stiamo lavorando su questo ma talvolta la necessità di titoli veloci e comunicazione rapida fa dimenticare" temi prima al centro del dibattito. La scuola al centro. "Negli ultimi vent'anni tutti i ministri dell'Istruzione hanno solo modificato le riforme precedenti. Noi abbiamo cancellato questa parola, abbiamo dato la parola ai cittadini. Sulla scuola voglio andare lento, abbiamo fatto partire un lavoro di confronto con docenti, alunni e famiglie. Ha ragione un ragazzo, Federico Bindi, di 17 anni, che ci ha detto: finché non renderete l'insegnamento come un lavoro da sognare, non riuscirete a cambiare nulla". Elezioni in Grecia. Renzi risponde poi a una domanda sulle prossime elezioni in Grecia e le eventuali ricadute sull'Eurozona: "Ho la buona abitudine di non mettere il naso negli affari degli altri Paesi: in bocca al lupo a tutti i candidati. Quando arriveremo a lavorare con nuovo governo discuteremo con loro. Ma da presidente del Consiglio lavorerò con Samaras finché sarà premier, poi con lui o altri". Poi aggiunge, riferito alla crisi greca: "Mi sento di escludere totalmente un effetto contagio tra l'Italia e la Grecia. Sono paesi profondamente diversi. Il nostro modello è la Germania, e vogliamo fare meglio: è un obiettivo alla nostra portata". © Riproduzione riservata 29 dicembre 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/12/29/news/matteo_renzi_conferenza_stampa_di_fine_anno_29_dicembre_2014-103933654/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_29-12-2014 Titolo: MONICA RUBINO. Il premier da Davos: "Chi prova a interrompere le riforme non... Inserito da: Admin - Gennaio 22, 2015, 05:50:38 pm L'Italicum avanza al Senato, passa l'emendamento che taglia tutte le altre modifiche
Ok al lodo Esposito, bocciate le proposte del senatore Pd dissidente Gotor. Il premier da Davos: "Chi prova a interrompere le riforme non ce la fa". M5s: "Berlusconi di nuovo al governo del Paese con Renzi". Bersani: "Rischio dire parassita a minoranza". Riforme costituzionali alla Camera: tornano i senatori a vita di MONICA RUBINO 21 gennaio 2015 ROMA - Il Senato blinda il patto del Nazareno e approva l'emendamento presentato dal senatore renziano Stefano Esposito, il cosiddetto "super-canguro" che spiana la strada all'Italicum, spazzando via in un colpo solo ben 35mila proposte di modifica sulle 47mila presentate in gran parte dalla Lega. In aula il segnale della tenuta della maggioranza era arrivato già un paio d'ore prima con la bocciatura di entrambi gli emendamenti del senatore Pd dissidente Miguel Gotor contro i capilista bloccati. Soddisfatto dell'esito del voto il premier Matteo Renzi, che dal World Economic Forum di Davos ha commentato: "L'Italia va avanti, chi prova a interrompere tutte le volte il percorso delle riforme possiamo dire che, per il momento, non ce la fa". Questa mattina già aveva chiarito che sull'Italicum non avrebbe "mollato di un centimetro" (video). Renzi ha ribadito inoltre che tra Italicum e Quirinale "non c'è nessun collegamento". Come a dire che l'appoggio ormai indispensabile di Forza Italia al Pd sulla legge elettorale, sottolineato ieri anche dal senatore di Fi Paolo Romani e oggi dal Mattinale (la nota politica del gruppo Fi alla Camera), non avrebbe come contropartita un candidato al Colle gradito a Silvio Berlusconi. 5S: "Berlusconi al governo con Renzi". Un punto, quest'ultimo, che non convince il gruppo dei senatori del Movimento Cinque Stelle: "Il Paese sappia - si legge in una nota - che oggi nasce una nuova maggioranza, con Forza Italia che diventa indispensabile alla sopravvivenza del governo. Il Patto del Nazareno è ormai un partito politico, Silvio Berlusconi ne è il leader, di fatto riabilitato nonostante la condanna, e oggi governa nuovamente il Paese". Concetto ribadito anche da Roberto Calderoli, senatore della Lega: "Si è certificata la nascita di una nuova maggioranza e il ritorno, a pieno titolo, al Governo del Paese di Silvio Berlusconi che - conclude il vicepresidente del Senato - usa Renzi come terminale delle volontà sue e di Verdini". Il voto in aula. A Palazzo Madama la maggioranza di governo ha dunque retto contro la minoranza del Pd, protagonista ieri di un acceso scontro nell'assemblea dei senatori convocata da Renzi. Nell'ordine, l'aula ha bocciato dapprima gli emendamenti Gotor. Le modifiche del 'ribelle' dem prevedevano tra l'altro, un 30% di candidati nominati e un 70% di eletti con le preferenze. In 26 dei 29 firmatari del documento presentato dalla minoranza del Pd a Renzi hanno votato sì. Felice Casson e Rosaria Capacchione erano assenti, mentre Josefa Idem si è astenuta. Ma si è aggiunto Roberto Ruta che non era tra i firmatari del documento, come si evince dall'elenco pubblicato su Twitter dal senatore di Fi Lucio Malan: Sono stati invece dieci i voti azzurri favorevoli, secondo le previsioni del presidente della Commissione Giustizia, il forzista Francesco Nitto Palma. Otto i sì di Gal. Anche la Lega ha votato a favore, mentre i Popolari per l'Italia si sono allineati alle posizioni della maggioranza. Dopo nemmeno due ore l'aula ha approvato l'emendamento Esposito con 175 sì, 110 no, 2 astenuti. 22 i no del Pd (foto), altri 6 parlamentari dem non hanno partecipato al voto. 15 i no di Forza Italia su un totale di 60 senatori. Duro il commento di Renzi rivolto ai ribelli del suo partito: "Quella di una parte della minoranza Pd sull'Italicum è una posizione non condivisa neanche dai militanti delle feste dell'Unità, anche quelli che non hanno votato per me, perchè diranno: se uno ha vinto poi deve lavorare". La modifica in questione del senatore ex-cuperliano ora renziano, già accanito sostenitore della Tav e che in un'intervista a Repubblica ha definito "parassiti" gli esponenti della minoranza Pd, sintetizza tutti i punti principali dell’intesa Renzi-Berlusconi sull'Italicum (i due si sono visti ieri per un vertice a palazzo Chigi sulla legge elettorale): premio di maggioranza alla lista che supera il 40% dei voti, soglia unica di sbarramento del 3 per cento, 100 capilista bloccati, clausola di entrata in vigore della nuova legge il 1° luglio 2016. Come detto, il via libera al "super-canguro", già ribattezzato "Espositum", fa decadere il 90% dei 47mila emendamenti presentati. E' pur vero, come ha sottolineato il capogruppo Pd al Senato Luigi Zanda che "ne rimangono ancora 12mila". Ma, secondo Renzi, in 72 ore si potrebbe arrivare all'approvazione della legge da parte del Senato. Con voto finale sul nuovo Italicum probabile martedì prossimo, il 27 gennaio. Un timing che chiuderebbe quindi la 'pratica' prima della seduta comune del Parlamento, il 29 alle 15, per eleggere il Capo dello Stato. Bersani: "Renzi non ha voluto mediare". Contro l'epiteto rivolto da Esposito ai dissidenti del Pd è insorto l'ex segretario Pier Luigi Bersani che, alla riunione pomeridiana della minoranza dem, ha replicato: "Dare del parassita a Corsini, Gotor, Mucchetti, è pericoloso. E' gente per bene che non chiede niente e va trattata con rispetto. Se viene meno il rispetto è finita". E ha paventato il rischio di una frattura insanabile: "Renzi sa benissimo che sulla legge elettorale c'era una possibile mediazione e non ha voluto mediare. Ora spetta a lui dire se si deve partire dall'unità del Pd". Camera, ritornano i senatori a vita. Intanto prosegue a Montecitorio l'esame del ddl costituzionale sul superamento del bicameralismo paritario e sul Titolo V, rallentato dall'ostruzionismo del Movimento 5 Stelle e della Lega. L'aula della Camera ha approvato l'emendamento del vicepresidente dei deputati Pd, Ettore Rosato, che ripristina i cinque senatori a vita. La figura dei senatori di nomina presidenziale era stata eliminata dal provvedimento in commissione Affari Costituzionali, dove su questo punto il governo era stato battuto lo scorso 10 dicembre. Deputati democratici, fra i quali Stefano Fassina e Rosy Bindi, sono intervenuti per annunciare il loro dissenso sull'emendamento e la loro intenzione di non partecipare al voto. Anche Gianni Cuperlo, dimessosi l'anno scorso da presidente del Pd per dissensi sulle preferenze nella legge elettorale, ha annunciato di non voler votare l'emendamento. Con l'approssimarsi del voto i banchi del governo si sono affollati. © Riproduzione riservata 21 gennaio 2015 Da -http://www.repubblica.it/politica/2015/01/21/news/italicum_renzi_non_ci_fermiamo_davanti_alle_polemiche-105415684/?ref=HREA-1 Titolo: MONICA RUBINO. La guerra delle eco-lampadine a Bruxelles: Italia e Germania... Inserito da: Admin - Febbraio 07, 2015, 10:08:35 am La guerra delle eco-lampadine a Bruxelles: Italia e Germania alleate contro i Led
La denuncia di Legambiente: i due Paesi si sono schierati per frenare in Ue la messa al bando delle lampade alogene di bassa qualità Di MONICA RUBINO 30 gennaio 2015 ROMA - Si dovrebbe discutere a giorni a Bruxelles (probabilmente il 5 febbraio) il sesto stadio del processo di progressivo miglioramento dell'efficienza del parco lampadine europee (cosiddetto 'Tier 6'), che prevede la messa al bando delle lampadine alogene di qualità peggiore, ossia quelle di categoria C e D (sulla base della classificazione indicata sull'etichetta energetica). Tali lampade hanno in gran parte sostituito i vecchi bulbi a incandescenza, ormai eliminati dal mercato, ma sono molto meno ecologiche ed efficienti di quelle a Led, che utilizzano diodi a emissione luminosa (tecnologia che, non dimentichiamolo, ha meritato nel 2014 il premio Nobel per la Fisica). C'è, però, un problema politico che rischia di imporre un brusco stop allo svecchiamento del mercato dell'illuminazione: non c'è la maggioranza per approvare questo provvedimento utile per l'ambiente, perché Germania e Italia sono contrari. I due Paesi si sono alleati in difesa delle alogene e contro i Led. Come denuncia Legambiente, l'Italia con una mail del ministero dello Sviluppo Economico e dell’Enea ha dichiarato che ritardare la messa al bando delle alogene non è sufficiente: bisogna proprio rinunciare a metterle al bando. Anzi, di più: che l'Ue non si sogni di chiedere che da settembre 2105 tutti i lampadari siano compatibili con i Led. Da tempo l'Unione Europea ha adottato standard di progressiva efficienza delle lampadine e degli altri corpi luminosi con cui illuminiamo le nostre case ed i nostri uffici. Attraverso gli standard della direttiva sulla progettazione compatibile (Ecodesign) si è arrivati, qualche anno fa, alla messa al bando dei bulbi fluorescenti e all'applicazione dell'etichetta energetica anche alle lampadine (obbligatoria sulle confezioni dal 1° settembre 2013). Il posto delle lampadine fluorescenti "vecchio tipo" è stato preso dalle quelle alogene, che assomigliano molto a queste ultime e che, nelle loro versioni meno efficienti (quelle di categoria C e D per l'appunto) ad oggi sono le peggiori legalmente in vendita dal punto di vista dell'efficienza energetica. "Sono state immesse nel mercato – ci spiega Legambiente - quando ancora esistevano le lampadine ad incandescenza. Per questo motivo riportano diciture come 'ecolamp' oppure 'energy saver star'. Il che farebbe intendere al consumatore di stare comprando un prodotto super ecologico. Invece sta acquistando il peggiore sul mercato". Tornando all’opposizione di Germania e Italia, c'è da dire che i Teutonici sono tra i principali produttori europei di alogene e quindi hanno tutto l'interesse a continuare a vendere anche le tipologie a bassa qualità e a frenare l'avanzata dei Led. Da noi, invece, secondo Mise ed Enea, non ci sarebbero ancora le alternative. Ma l’Italia non è il Paese dove, da qualche mese, la Cappella Sistina è passata a totale illuminazione a Led? E dove il principale venditore di lampadine, una famosa catena svedese, da due anni propone prevalentemente lampadine a Led (peraltro molto economiche)? Un rapporto commissionato dai governi belga e svedese dimostra che la tecnologia a Led è stata molto più rapida del previsto nell'invadere il mercato con prodotti convenienti e funzionali rispetto a quanto la stessa Ue avesse previsto. Tra le righe, sostanzialmente, dice che in Europa avremmo dovuto introdurre molto prima la messa al bando delle alogene di scarsa qualità. Mentre l'Istituto Fraunhofer di Friburgo ha messo a punto una lampadina a Led economica, dove il silicio dei transistor è sostituito dal nitruro di gallio. Segno che anche in Germania i progressi della ricerca scientifica non sempre vanno di pari passo con le decisioni dei politici. Che interesse allora abbiamo noi italiani a difendere le lampadine meno efficienti? "Evidentemente la posizione del governo italiano su questo tema è legata a una visione vecchia – risponde Davide Sabbadin, responsabile Efficienza Energetica di Legambiente – che non considera o non si è accorta del boom che nel frattempo hanno avuto le lampadine a Led sul mercato. Senz'altro è una posizione da rivedere". Le alogene sono un vero problema perché, costando di meno, come già detto hanno preso il posto delle vecchie incandescenti, come mostra questo grafico. La guerra delle eco-lampadine a Bruxelles: Italia e Germania alleate contro i Led Come potete notare, la parte viola (incandescenti) è stata rimpiazzata quasi in toto dalla parte verde (alogene). Ma le lampadine a Led sono da 8 a 10 volte più efficienti e durano da 10 a 20 volte di più. Certo, mediamente costano di più (anche 10 euro in più), ma l'extra costo si recupera nel giro di un anno. E la messa al bando delle peggiori (non di tutte, si badi bene: chi vorrà comperarsi le lampadine alogene sarà padronissimo di farlo, purché di classe A o B), porterebbe vantaggi enormi sul fronte del risparmio energetico all'Europa, ovvero 37TWh di energia, pari a 13,1 MT di CO2 o se si preferisce, 8,6 miliardi di euro risparmiati in bolletta elettrica. Che non è poco. © Riproduzione riservata 30 gennaio 2015 Da - http://www.repubblica.it/ambiente/2015/01/30/news/la_guerra_delle_eco-lampadine_a_bruxelles_italia_e_germania_alleate_contro_i_led-106126701/?ref=HRLV-17 Titolo: MONICA RUBINO. Forza Italia, rivolta in Puglia. Inserito da: Admin - Febbraio 20, 2015, 04:34:03 pm Forza Italia, rivolta in Puglia.
Coordinatori provinciali si dimettono dopo il commissariamento del partito Raffaele Fitto a Repubblica Tv: "Ci epurano perché avevamo ragione. Ma noi restiamo" Di MONICA RUBINO 19 febbraio 2015 ROMA - E' caos completo in Forza Italia. Dopo la rimozione del coordinatore regionale di Forza Italia in Puglia, Francesco Amoruso, e l'imposizione da parte di Berlusconi del 'commissario' Luigi Vitale, (uomo di fiducia dell'ex cavaliere, già sottosegretario nei suoi governi precedenti), nella regione-fortino di Raffaele Fitto, il capo dell'opposizione interna a FI, scoppia la rivolta. E i coordinatori provinciali, fedeli all'eurodeputato salentino, si dimettono in massa. Una notizia anticipata proprio dallo stesso Fitto nel corso del videoforum a Repubblica Tv (video). I coordinatori pugliesi, in una nota congiunta, hanno dunque le loro dimissioni in dissenso con una decisione calata dall'alto e appresa dalla stampa. "A seguito di quanto irritualmente appreso dagli organi di informazione circa il commissariamento di Forza Italia in Puglia - scrivono nel documento - e ritenendo tale provvedimento un nuovo grave errore, che allontana ulteriormente il Partito dalla sua base, rimettiamo il nostro mandato, rassegnando dunque le dimissioni dai rispettivi incarichi. Con ciò liberiamo il commissario incaricato dall'onere di valutare il nostro livello di allineamento 'al nuovo corso', sgombrando il campo da qualunque equivoco circa la nostra coerente battaglia, al fianco di Raffaele Fitto, per una reale ricostruzione del partito e del Paese. Un atto, il nostro, di doveroso rispetto degli elettori e dei militanti di Forza Italia, ancora una volta ignorati e traditi da decisioni calate dall'alto". "Continuiamo tuttavia - si legge ancora nella nota - ad attenderci un cambio di rotta che si manifesti innanzitutto con l'azzeramento dei vertici nazionali e l'avvio di un libero confronto interno, allo stato di fatto impedito. In particolare la imminente scadenza elettorale che riguarda il rinnovo del consiglio regionale in Puglia, impone che ciò avvenga con immediatezza". "Resta inteso, per quanto scontato, il nostro massimo impegno a sostegno di Forza Italia e della candidatura di Francesco Schittulli, essendo la difesa dei valori e delle idee del centrodestra, nonché le attese del popolo dei moderati pugliesi, il nostro obiettivo prioritario ed assoluto", concludono. La nota è firmata da Antonio Distaso, vice coordinatore regionale vicario; Roberto Marti, vice coordinatore regionale; Riccardo Memeo vice coordinatore regionale; Luigi Perrone, coordinatore provinciale Bari; Luigi D'Ambrosio Lettieri, coordinatore area metropolitana Bari; Benedetto Fucci, coordinatore provinciale Bat; Lucio Tarquinio, coordinatore provinciale Foggia; Antonio Gabellone, coordinatore provinciale Lecce; Gianfranco Chiarelli, coordinatore provinciale Taranto. Nel corso del videoforum a Repubblica Tv Fitto ha sottolineato come lo schiaffo dell'ex cavaliere sia stato in realtà l'ennesimo errore: "L'aver commissariato Fi in Puglia non è un atto di forza ma di debolezza. La Puglia è la regione che ha assicurato maggior consenso a Forza Italia negli ultimi anni, mi sembrava giusto intervenire contro". Ma sembra piuttosto che Berlusconi, pur di fare la guerra al suo ex pupillo, divenuto ora la sua spina nel fianco, abbia scelto di annientare il partito proprio nella regione dove ha ottenuto più voti alle ultime elezioni. Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/02/19/news/forza_italia_rivolta_in_puglia_i_coordinatori_provinciali_si_dimettono_dopo_commissariamento_del_partito-107679663/?ref=HREA-1 Titolo: MONICA RUBINO. Etichette alimentari, la censura colpisce i prodotti italiani Inserito da: Admin - Marzo 05, 2015, 04:24:40 pm Etichette alimentari, la censura colpisce i prodotti italiani
Dopo l'entrata in vigore della nuova direttiva europea che abolisce l'obbligo di indicare la sede dello stabilimento di produzione, compaiono sul mercato i primi esempi di etichettature "mute". Ecco i cinque motivi per cui vale la pena mantenere questa indicazione Di MONICA RUBINO 01 marzo 2015 ROMA - Sapere esattamente dove e chi fa ciò che mangiamo. E' il senso della battaglia sul mantenimento nelle etichette alimentari dell'obbligo di indicare lo stabilimento di produzione. Obbligo prima sancito dalla legge italiana (lo prevedeva il D. Lgs 109/92). Ma che è stato abrogato dalle norme europee, ossia dall'entrata in vigore il 13 dicembre 2014 del Regolamento Ue 1169/2011 sulla nuova etichettatura dei cibi. La normativa europea, infatti, si limita a imporre l'obbligo di indicare solo il responsabile legale del marchio, che non serve a identificare esattamente la fabbrica nella quale è stato elaborato il prodotto. Per intenderci: una sede legale a uno stesso indirizzo e numero civico può rappresentare legalmente marchi e prodotti che vengono fatti in stabilimenti diversi e anche all'estero. L'indicazione della fabbrica, adesso, è facoltativa. Ma è facilmente intuibile che le grandi multinazionali europee della distribuzione, non più costrette a fornire questa indicazione e quindi non passibili di alcuna sanzione, tenderanno a eliminarla dai prodotti commercializzati con il loro marchio (detti anche 'private label'). Come del resto sta già accadendo. Le prime censure. Si cominciano, infatti, a vedere i primi esempi negativi di etichette "censurate", diventate "mute", ovvero che non ci consentono più di capire dove e chi esattamente fabbrica il prodotto. A segnalarcele è il sito ioleggoletichetta.it, fondato da Raffaele Brogna proprio con l'intento di comparare le etichette e aiutare i consumatori a risparmiare sulla spesa. E che ha lanciato, in tempi non sospetti, una petizione sul mantenimento della sede dello stabilimento che finora ha raccolto più di 20mila di firme ed è stata sottoscritta da molti imprenditori e distributori italiani. Guardate, ad esempio, l’immagine di questa etichetta di uno stesso identico prodotto italiano "pre" e "post" Regolamento europeo. "La stessa identica confezione di Plumcacke della Lidl a marchio Nastrecce, di cui Lidl è committente e responsabile – spiega Brogna - ante 13 dicembre 2014 riportava in base alle legge 109/92 l’indicazione dello stabilimento di produzione e infatti leggiamo: 'Prodotto in Italia da Vicenzi Biscotti Spa, Via F. Forte Garofaolo 1, 37057 S. Giovanni Lupatoto (VR) nello stabilimento di Nusco (AV), Contrada Fiorentine, Zona Industriale F1'. Sulla nuova confezione Post 13 dicembre 2014 con l'applicazione del nuovo Regolamento europeo 1169/2011 leggiamo invece solo: 'Prodotto in Italia, Lidl Italia Srl, Via Augusto Ruffo 36, I – 37040 Arcole (VR)'. C'è la sede legale di Lidl, ma manca lo stabilimento di produzione". "Perché Lidl l'ha tolta? - si chiede il fondatore di ioleggoletichetta.it - Per rispettare la nuova legge? Ma il regolamento Ue, pur avendo tolto l’obbligo, ha reso facoltativa questa indicazione. E anche il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina ha chiesto alle aziende di continuare a scriverlo in segno di trasparenza. Forse l’azienda tedesca con sede italiana ad Arcole non vuole far sapere chi fa i suoi prodotti? Eppure ha la facoltà di decidere, anche se il produttore dovesse essere contrario, di scrivere l’indirizzo dell'azienda produttrice. Così ha fatto Conad, che si è assunta l’impegno di continuare a scrivere lo stabilimento anche se la legge non lo prevede più, come anche Coop, Selex, Unes, Coralis, Eurospin, Auchan, Simply. Lidl ancora no. E nemmeno Esselunga, Carrefour e tutte quelle aziende produttrici che non hanno ancora firmato la nostra petizione". Diritto di replica: Lidl non risponde. Abbiamo provato a chiedere a Lidl perché ha tolto la preziosa indicazione dall'etichetta dei plumcake prima citati, scrivendo un'email con la domanda all'indirizzo dell'ufficio stampa indicato sul sito internet di "Lidl Italia". Nessuna risposta. Allora abbiamo chiamato un numero verde (l'unico, del resto, esistente sul sito), chiedendo di farci passare l'ufficio stampa. Ma una cortese signorina, dopo averci fatto il terzo grado, ci ha detto che "non esiste un numero dell'ufficio stampa". E poi ha chiuso bruscamente la conversazione. Un po' ce l'aspettavamo, visto che l'azienda tedesca persegue una politica di riservatezza degna dei servizi segreti. Buone notizie da Esselunga e Carrefour. Abbiamo chiesto anche a Esselunga e Carrefour perché non hanno firmato l'appello di Brogna o se, aldilà della petizione, sono comunque intenzionate a mantenere facoltativamente l'indicazione dello stabilimento. Entrambe ci hanno fornito risposte incoraggianti. Esselunga ha sottolineato, infatti, di essere sensibile a questo tema, "tanto è vero che, su tutte le etichette dei prodotti a marchio privato, è indicato lo stabilimento di produzione". E ha annunciato che inserirà l’indicazione pure "sui nuovi prodotti che saranno lanciati sul mercato". Anche da Carrefour fanno sapere che "tutti i prodotti a marchio Carrefour fatti in Italia riportano e continueranno a riportare in etichetta l'indicazione dello stabilimento di produzione. Indipendentemente da ciò che verrà definito per legge, Carrefour continuerà a fornire, in piena trasparenza per i propri consumatori, il nome del produttore e l'indirizzo del luogo ove la produzione avviene". Il nodo dei 'copacker'. Perché allora l'Europa ha deciso di eliminare questa importante indicazione? Secondo Brogna il vero scopo è quello di "nascondere i copacker, ossia le aziende che realizzano e forniscono prodotti per le catene europee della grande distribuzione, in modo da poter creare nuove marche senza dire ai consumatori chi le produce. Insomma, l'ennesimo favore alle multinazionali del cibo". I cinque motivi per cui mantenere lo stabilimento in etichetta. La sede dello stabilimento in etichetta non è un'informazione di poco conto, ma di fondamentale importanza, per almeno cinque motivi: 1. Permette di difendere il vero made in Italy e garantisce un maggior controllo sulla tracciabilità e la sicurezza dei prodotti. Ad esempio, se lo stabilimento trasloca all'estero, il cibo perde completamente la sua identità di "fatto in Italia". Ma il consumatore non ne sa nulla, a meno che qualcuno si prenda la briga di informarlo. 2. I marchi italiani nelle mani di gruppi stranieri e multinazionali del cibo sono parecchi, nell’alimentare come in altri settori (pensiamo a Perugina e Buitoni acquistate da Nestlè, Algida da Unilever, Parmalat, Galbani e Cademartori di proprietà della francese Lactalis e così via). "Il vero problema – spiega Dario Dongo, avvocato esperto di diritto alimentare, fondatore di Great Italian Food Trade - è costituito dai gruppi che con un marchio italiano in tasca, magari pure una sede legale in Italia riescono a mandare tutti a casa e delocalizzare la produzione all’estero, continuando a vendere i prodotti con marchi italiani storici nel nostro Paese e nel mondo". 3.L'indicazione dello stabilimento di produzione serve a facilitare e abbreviare i tempi di gestione delle crisi di sicurezza alimentare, poiché è più semplice risalire all’origine del problema quando si può facilmente identificare la fabbrica da cui il prodotto proviene (sì, è vero, in etichetta c'è l'indicazione del lotto di produzione, ma vuoi mettere quanto è più veloce identificare subito lo stabilimento?). 4. Garantisce al consumatore una scelta informata di acquisto, che ragionevolmente può tendere a favorire gli alimenti realizzati in un determinato luogo da uno specifico produttore. Non solo per "campanilismo", ma anche come riconoscimento del valore delle tradizioni e della cultura materiale dei singoli territori. 5. L'indicazione dello stabilimento, infine, consente di capire se due prodotti anche se di marca diversa vengono fatti dallo stesso produttore. Quindi il consumatore conoscendo il produttore può risparmiare facendo la scelta più conveniente in rapporto qualità-prezzo, scoprendo ad esempio che un prodotto del discount o del supermercato può essere a volte uguale a quello di marca. Lo stato dell'arte. La battaglia di ioleggoletichetta.it è diventata con il tempo trasversale. Le petizioni (anche ilFattoalimentare.it ne ha lanciata una su Change.org assieme a Great Italian Food Trade), le interrogazioni a Bruxelles (come quella dell'eurodeputata di Forza Italia Elisabetta Gardini), le interpellanze urgenti dei parlamentari del M5s (con i deputati Paolo Parentela e Giuseppe L'Abbate in prima linea), hanno ottenuto come primo risultato l'attenzione del ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina che, sia pure tardivamente rispetto alla data di applicazione del regolamento Ue 1169/2011, ha saputo raccogliere questa istanza diffusa, dichiarando la propria volontà a notificare alla Commissione europea la norma nazionale. Ma l’onere della notifica ricade anche su un altro dicastero, quello dello Sviluppo Economico. La titolare, Federica Guidi, ha risposto convocando i rappresentati della filiera produttiva attorno a un tavolo. Al termine della riunione tenutasi l'11 febbraio, le parti hanno deciso di attivare immediatamente a Bruxelles tutte le "verifiche necessarie" per ripristinare l'obbligo. "I canali con Bruxelles sono stati aperti", ci assicurano dal Mise. Ma per gli attivisti non è abbastanza: "Da qualche parte ci deve essere qualcuno che frena - conclude Brogna - rimaniamo in attesa di vedere progressi e azioni concrete a livello legislativo in Italia e in Europa e anche nel futuro TTIP (l'accordo commerciale fra Usa ed Europa in fase di negoziazione, ndr)". Soluzioni, un'ipotesi. Una scappatoia in realtà ci sarebbe. L'articolo 39 del Regolamento europeo sull'etichetta, infatti, prevede che gli Stati membri possano introdurre obblighi aggiuntivi ma solo per categorie specifiche di alimenti purché siano giustificati da uno dei seguenti motivi: protezione della salute pubblica e dei consumatori, prevenzione delle frodi, protezione dei marchi, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni di origine controllata e per la repressione della concorrenza sleale. Proprio questo articolo ci permetterebbe di reintrodurre nella legislazione italiana l'indicazione della sede di produzione in una forma tale da non poter essere censurata da Bruxelles. © Riproduzione riservata 01 marzo 2015 Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/03/01/news/etichette_alimentari_la_censura_colpisce_i_prodotti_italiani-108322082/?ref=HREC1-10 Titolo: MONICA RUBINO Coldiretti lancia la 'guerra del latte': gli allevatori protestano Inserito da: Arlecchino - Novembre 07, 2015, 09:50:07 pm Coldiretti lancia la 'guerra del latte': gli allevatori protestano per il crollo dei prezzi
Il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina che interviene al presidio della Coldiretti davanti allo stabilimento di distribuzione dei prodotti della multinazionale francese Lactalis di Ospitaletto Lodigiano (Lodi). Gli sono accanto il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e il vice Ettore Prandini Presidio con trattori e mucche alla Lactalis, vicino a Lodi. Il ministro Martina: "L'industria dia un segnale concreto". Nel 2015 chiuse mille stalle, il 60% in montagna Di MONICA RUBINO 07 novembre 2015 LODI - Sono arrivati in migliaia da tutta Italia alle prime luci dell'alba, "armati" di mucche e trattori, per combattere la "guerra del latte". Gli allevatori della Coldiretti si sono dati appuntamento a Ospedaletto Lodigiano (Lodi), dove hanno preso d'assedio il centro di distribuzione dei prodotti della multinazionale del latte francese Lactalis, che dopo aver conquistato i grandi marchi nazionali Parmalat, Galbani, Invernizzi e Locatelli, è diventata il primo gruppo del settore. Gli allevatori chiedono il rispetto della legge 51 del luglio 2015, che impone che il prezzo del latte alla stalla debba commisurarsi ai costi medi di produzione. "Vogliamo difendere il lavoro, gli animali, le stalle, i prati ed i pascoli custoditi da generazioni", hanno spiegato i manifestanti. "È da sei o sette anni che il prezzo precipita - ha raccontato un allevatore lombardo - ormai siamo al collasso, non ce la facciamo più. Per farci sopravvivere basterebbe che le industrie ci pagassero 5 o 6 centesimi in più al litro". Molti hanno gridato un antico proverbio bergamasco "A la (v)àca a 's móns ol làcc, mia 'l sànch!", "alla vacca si munge il latte, non il sangue", altri hanno mostrato cartelli con le scritte "Made in Italy ostaggio di una multinazionale straniera", "Avete preso i nostri marchi non vi daremo le nostre mucche". Al presidio della Coldiretti ha preso parte anche il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina che ha ribadito, sul palco allestito per la manifestazione, quanto già anticipato nel corso di un videoforum su Repubblica Tv. Martina ha chiesto, infatti, all'industria lattiero-casearia di assumersi le sue responsabilità e dare un segnale concreto sul prezzo del latte alla stalla. "Con la legge di stabilità abbiamo cancellato Irap e Imu sui terreni delle imprese agricole e aumentato la compensazione Iva fino al 10% proprio per i produttori di latte - ha spiegato il ministro - Oggi abbiamo firmato il decreto attuativo del Fondo latte che attiva 55 milioni di euro per intervenire a sostegno della liquidità, per la ristrutturazione del debito e per gli investimenti delle imprese. Con il decreto 51 di luglio - ha ricordato ancora Martina - abbiamo introdotto norme per contrastare le pratiche sleali, con contratti scritti e annuali, che tengano conto anche dei costi medi di produzione nella formazione del prezzo. Il governo la sua parte la sta facendo. Chiedo con forza - ha concluso - all'industria lattiera di aiutare subito l'intera filiera. Nelle prossime ore devono arrivare risposte concrete e utili". Martina, Prezzi latte in caduta: "Occorre industria lattiera più responsabile" "L'Italia rischia concretamente di perdere per sempre la propria produzione di latte perché oggi - ha segnalato l'organizzazione agricola - quasi la metà del latte consumato in Italia, viene dall'estero, anche se viene spacciato come made in Italy, e la situazione è precipitata nell'ultimo anno con il taglio pesante nei compensi riconosciuti alla stalla, dove mancano anche quei pochi centesimi al litro necessari per garantire l'alimentazione delle mucche ed evitare la chiusura". Nel 2015 hanno chiuso circa mille stalle, oltre il 60% delle quali si trovava in montagna, con effetti irreversibili sull'occupazione, sull'economia, sull'ambiente e sulla qualità dei prodotti. "La conseguenza è che - ha sottolineato la Coldiretti - sono sopravvissute a fatica appena 35 mila stalle che rischiano però di scomparire nei prossimi mesi perché l'industria ha deciso unilateralmente di tagliare i compensi per il latte alla stalla di oltre il 20 per cento". Sotto attacco la Lactalis e le altre multinazionali del settore: "Il prezzo del latte riconosciuto oggi agli allevatori è inferiore a quello di venti anni fa - ha denunciato il vicepresidente di Coldiretti Ettore Prandini nel corso del presidio - e vengono proposti accordi capestro che fanno riferimento all'indice medio nazionale della Germania. Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 3,5 milioni di litri di latte sterile, ma anche concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi, yogurt o latte italiani, all'insaputa dei consumatori. Nell'ultimo anno - ha affermato ancora Prandini - hanno addirittura superato il milione di quintali le cosiddette cagliate importate dall'estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell'intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall'Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità". Considerato che a fronte di una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte sono circa 86 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente dall'estero, c'è il rischio concreto che il latte straniero possa per la prima volta superare quello tricolore. "E per ogni milione di quintali di latte importato in più - ha concluso il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati in agricoltura. A rischio c'è un settore che rappresenta la voce più importante dell'agroalimentare italiano con un valore di 28 miliardi di euro con quasi 180 mila gli occupati nell'intera filiera". © Riproduzione riservata 07 novembre 2015 Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/11/07/news/coldiretti_lancia_la_guerra_del_latte_protestano_allevatori_per_il_calo_dei_prezzi-126817824/?ref=HREC1-2 Titolo: MONICA RUBINO Fiducia nei ministri a febbraio: Padoan stacca tutti, sorpresa ... Inserito da: Arlecchino - Marzo 05, 2016, 04:54:51 pm Fiducia nei ministri a febbraio: Padoan stacca tutti, sorpresa Martina, Galletti ultimo
Rispetto alla rilevazione di gennaio, gli ultimi dati confermano il ministro dell'Economia in vetta alla classifica. Il titolare delle Politiche Agricole sale al terzo posto, mentre il responsabile dell'Ambiente precipita in fondo alla graduatoria Di MONICA RUBINO 04 marzo 2016 ROMA - Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è ancora primo. Ma la vera sorpresa dell'ultimo sondaggio svolto dalla Ipr Marketing sulla fiducia degli italiani ai ministri del governo Renzi nel mese di febbraio è il grande recupero di Maurizio Martina. Il responsabile delle Politiche Agricole era al 24% a novembre e ha aumentato la propria fiducia di ben 6 punti, arrivando al 30% e piazzandosi al terzo posto a pari merito con Giuliano Poletti (Lavoro), che invece nel corso degli ultimi 4 mesi ha perso 6 punti. Rispetto alla rilevazione di gennaio, Padoan non solo si riconferma in prima posizione ma allunga il passo, raggiunge il 39% e stacca di ben 6 punti il secondo in graduatoria, Graziano Del Rio, responsabile di Infrastrutture e Trasporti. In aumento anche il ministro dell'Interno Angelino Alfano che "da quando si è schierato in prima linea contro la stepchild adoption - sostengono i sondaggisti della Ipr Marketing - ha incrementato il livello di fiducia di 4 punti e oggi arriva al 28%, posizionandosi al 5°posto". Nella parte bassa della classifica, invece, Gianluca Galletti (Ambiente) con il 12% di fiducia sprofonda in ultima posizione al posto di Marianna Madia (Pubblica amministrazione), che questa volta è penultima. Mentre Maria Elena Boschi (Riforme) conferma un trend in calo, passando dal 22% di novembre al 15% di febbraio. "Probabilmente le critiche sul caso di Banca Etruria hanno lasciato il segno", sostiene ancora la Ipr Marketing. Le interviste sono state realizzate il primo marzo 2016 su un campione di mille cittadini maggiorenni residenti in Italia e disaggregati per sesso, età e area di residenza. In generale, la fiducia media dell'intera squadra di governo perde un punto nell'ultimo mese e si stabilizza al 22%. Sono solo 4 su 15 i ministri che superano l'asticella immaginaria del 30%, mentre altri 3 fanno registrare un livello di fiducia tra il 25 ed il 29%. Infine sono 4 i ministri in "zona rossa", ossia sotto il 15%: oltre ai già citati Madia e Galletti, ci sono anche Stefania Giannini (Istruzione) e Federica Guidi (Sviluppo Economico). © Riproduzione riservata 04 marzo 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/03/04/news/fiducia_nei_ministri_a_febbraio_padoan_stacca_tutti_sorpresa_martina_galletti_ultimo-134714328/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_04-03-2016 Titolo: MONICA RUBINO. D'Alema: "Gruppo dirigente Pd arrogante e fazioso. Inserito da: Arlecchino - Marzo 12, 2016, 09:47:24 am D'Alema: "Gruppo dirigente Pd arrogante e fazioso. Con Verdini e Alfano non si vince"
L'attacco dell'ex premier: "Giachetti non è autorevole. A Napoli si perde". Carbone: "È sleale, pugnala il suo partito". Orfini: "Ne discuteremo in direzione il 21 marzo" Di MONICA RUBINO 11 marzo 2016 ROMA - Massimo D'Alema attacca i vertici del partito e critica duramente "lo snaturamento" del centrosinistra: "Il partito della Nazione? Già esiste, è evidente, lo dicono i numeri - afferma l'ex premier a margine di un convegno di Sinistra Italiana a Roma - la maggioranza di governo si fonda da un lato sull'apporto determinante della componente ciellina del berlusconismo (Alfano, Lupi), dall'altro su Verdini, Cicchitto. Io penso che la rottura a sinistra sia molto pericolosa, perché non credo che Verdini e Alfano ci porteranno tanti voti quanti rischiamo di perderne dall'altra parte. Bisogna ricostruire il centrosinistra con un lento lavoro culturale e non con la creazione di partitini a sinistra, ma il gruppo dirigente attuale non sembra interessato a questo obiettivo. All'interno del partito non c'è più alcuna discussione politica". Pd, D'Alema: "Gruppo dirigente arrogante e fazioso. Giachetti? Non è autorevole" Nel video D'Alema ribadisce dunque quanto già sostenuto in un'intervista al Corriere della Sera e, sul tema amministrative, biasima i vertici dem sulla gestione delle primarie a Roma e Napoli e sulle polemiche che sono seguite ai presunti illeciti nel capoluogo partenopeo: "I comportamenti del gruppo dirigente di questi giorni sono improntati a uno spirito fazioso. A Roma c'è bisogno di una personalità più forte e autorevole di Giachetti, a Napoli non abbiamo molte possibilità di vincere". Alle sferzanti dichiarazioni di D'Alema risponde il renziano Ernesto Carbone: "È sleale, pugnala il suo partito - afferma il componente della segreteria dem - il suo disegno è fin troppo chiaro: far perdere le amministrative al Pd". Il presidente Matteo Orfini assicura: "Sui temi politici che D'Alema pone discuteremo in direzione il 21 di marzo". Mentre Matteo Mauri, vicecapogruppo Pd alla Camera e coordinatore di "Sinistra è cambiamento" (minoranza dem dialogante), aggiunge: "Pensare che i problemi siano nati con la segreteria di Renzi è una cosa infantile e autoassolutoria che non fa onore all'intelligenza di chi la sostiene". Intanto oggi a San Martino in Campo (Perugia) ha preso il via la tre giorni promossa da Sinistra Riformista Pd. Nel pomeriggio sono previsti gli interventi di Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani, domani toccherà a D'Alema. © Riproduzione riservata 11 marzo 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/03/11/news/d_alema_gruppo_dirigente_pd_arrogante_e_fazioso_con_verdini_e_alfano_non_si_vince_-135240899/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_11-03-2016 Titolo: MONICA RUBINO. Alfano soddisfatto: "Litigi sono merito nostro" (sic) Inserito da: Arlecchino - Marzo 16, 2016, 04:35:40 pm Pd, Bersani: "Renzi governa con i miei voti di centrosinistra".
Replica: "Non ci faremo uccidere da polemiche" L'ex segretario a Perugia: "Sembra che il premier voglia far fuori pezzi di partito". Cuperlo: "Questa volta il pallone se l'è tenuto lui". Speranza: "Senza di noi il partito non c'è più". Orfini: "Noi di destra? In Europa siamo quelli più a sinistra". E Guerini-Serracchiani rispondono per la maggioranza. Alfano soddisfatto: "Litigi sono merito nostro" Di MONICA RUBINO PERUGIA - È arrabbiato Pier Luigi Bersani. Non gli è piaciuto l'attacco di Matteo Renzi rivolto alla minoranza Pd ("Chi mi critica ha distrutto l'Ulivo", ha detto ieri il premier-segretario parlando alla scuola di formazione dem). Mentre Roberto Speranza, ufficialmente incoronato a Perugia come leader dell'opposizione interna, nelle conclusioni della kermesse di Sinistra riformista ribadisce il suo no a qualunque ipotesi di scissione: "Noi non restiamo nel Pd, noi siamo il Pd. Non c'è più Pd se non c'è più questo pezzo di partito". Pd, Speranza: "Assenza segreteria dem a convention è errore gravissimo" Più tardi, ospite su RaiTre alla trasmissione In mezz'ora, Speranza chiarisce che a Perugia si sono poste le basi per costruire l'alternativa alla segreteria renziana: "Sono spaventato da una prospettiva neocentrista, le parole di Massimo D'Alema sono espressione di un disagio del nostro popolo". Per la maggioranza rispondono, con una nota congiunta, i due vicesegretari Guerini e Serracchiani: "Una nuova generazione sta provando a cambiare l'Italia e l'Europa. Non inseguiremo le polemiche di chi vorrebbe riportarci al tempo delle divisioni interne che hanno ucciso a morte i governi passati del centrosinistra. Quella parte della minoranza che polemizza sa dove trovarci, a lavorare in Parlamento, nelle città, in Europa, tra la gente per cambiare questo Paese, come stiamo facendo, insieme", affermano in una nota. Mentre il leader Ncd, Angelino Alfano, 'festeggia'. In una lettera agli iscritti scrive: "Grazie alle scelte da noi ispirate, Renzi ha litigato con la sua sinistra e ha sconfitto ed emarginato più comunisti lui in due anni che Berlusconi in venti. E ora tutte le contraddizioni a sinistra stanno emergendo con tutta la chiarezza. Anche nella vicenda della stepchild adoption, siamo riusciti a dimostrare che il buonsenso può vincere". Ma torniamo a Perugia, dove è andata in scena la terza e ultima giornata del raduno della minoranza dem. Al suo arrivo all'ultima giornata del seminario di San Martino in Campo, l'ex segretario replica a tono al segretario: "Sì, lo ammetto, mi sono arrabbiato molto, se mi toccano l'Ulivo... Se al corso di formazione politica vai a dire che la sinistra ha distrutto l'Ulivo, che abbiamo aiutato Berlusconi... Ricordo che il centrosinistra ha battuto tre volte Silvio Berlusconi e che, pochi o tanti voti che io abbia preso, Renzi sta comodamente governando con i voti che ho preso io. Non io Bersani, io centrosinistra". Pd, Bersani: ''L'Ulivo? L'abbiamo fatto noi. Renzi è seduto sulle nostre spalle'' "Io, assieme ad altri -aggiunge l'ex premier - sto cercando di tenere dentro il Pd della gente che non è molto convinta di starci. A volte si ha l'impressione, invece, che il segretario voglia cacciarla fuori. Il segretario deve fare la sintesi, non deve insultare un pezzo di partito". Pd, Bersani si sfoga: "Sembra che Renzi voglia cacciare pezzi di partito" Anche Gianni Cuperlo perde il suo consueto aplomb e sbotta, rivolto a Renzi: "Se posso dirlo qui: basta anche con questa denuncia di quelli che perdono e scappano via col pallone. A dirla tutta chi alza il dito e lo denuncia adesso è quello che ha vinto, si è tenuto il pallone per sé e ha espulso gli avversari". E poi: "Ha bloccato l'opera della Rottamazione sulla soglia del Palazzo. Ma non ha migliorato, anzi ha peggiorato l'arte di selezionare l'élite. E ha tolto l'agibilità al suo partito, lasciando che a primeggiare sia l'opportunismo, anzi il trasformismo. Io l'avevo letto sui libri di storia. Ma ora l'ho vissuto dal vivo, concept live". A replicare, dalla cattedra della scuola di formazione dem che si tiene a Roma, è il presidente del partito Matteo Orfini: "Nel momento in cui usciamo dai confini nazionali siamo considerati il governo e il partito più a sinistra d'Europa, poi torniamo in Italia e si apre una discussione sul fatto che siamo diventati di destra. È un dibattito lunare che non capisce nessuno". Un tentativo di mediazione arriva invece da Walter Veltroni, attraverso una lettera sull'Unità. "Non sciupate il Pd. Lo vorrei dire a tutti i protagonisti del dibattito in corso in questi giorni. I toni si sono fatti aspri e si affaccia il rischio di scissioni, separazioni dolorose, possibili contraccolpi per il centrosinistra alle elezioni comunali. Senza il Pd, per come lo abbiamo immaginato e costruito, l'Italia è esposta al rischio che stanno correndo le democrazie occidentali", avverte. "Se si sciupa il Pd dopo vedo solo il baratro del dilagare di forme inimmaginabili di populismo". © Riproduzione riservata 13 marzo 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/03/13/news/pd_bersani_renzi_governa_con_i_miei_voti_di_centrosinistra_-135365260/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_14-03-2016 Titolo: MONICA RUBINO. Il premier Renzi: "Norma giusta, telefonata inopportuna". Inserito da: Arlecchino - Aprile 02, 2016, 12:40:31 pm Guidi, Boschi: "Rifirmerei subito quell'emendamento".
Opposizioni chiamano alla sfiducia Il premier Renzi: "Norma giusta, telefonata inopportuna". Appello dei 5S a minoranza Pd: "Votate con noi". Il no di Speranza. Saviano: "Ministro Per le Riforme chiarisca in Parlamento" Di MONICA RUBINO 01 aprile 2016 ROMA - Una mozione di sfiducia a tutto il governo. È quella che presenterà il M5S in Senato dopo le dimissioni del ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, in seguito all’intercettazione sul caso "Tempa Rossa". Nella telefonata l'ex ministro rivela di aver fatto inserire nella Legge di Stabilità 2015 un emendamento a favore del compagno, l'imprenditore Gianluca Gemelli, che ha interessi nella realizzazione dell'impianto di estrazione sul giacimento petrolifero di Tempa Rossa in Basilicata. Difende l'emendamento la ministra Maria Elena Boschi, attaccata dalle opposizioni per il suo ruolo nella vicenda: "Il ministro per i rapporti con il Parlamento, cioè io, da regolamento deve autorizzare tutti gli emendamenti del governo. Tampa Rossa è un progetto strategico per il Paese che prevede molti occupati nel Mezzogiorno e lo rifirmerei domattina", ha detto a Bologna. Identica la posizione di Matteo Renzi, per il quale "Tempa Rossa è un provvedimento giusto, che porta posti di lavoro". Sbagliata, invece, è la telefonata dell'ex titolare del Mise: "Di fronte agli italiani noi siamo un governo diverso dal passato - ha detto Renzi dagli Usa -. Il ministro Guidi non ha commesso nessun tipo di reato, nessun illecito. Ha fatto una telefonata che ha giudicato inopportuna. E effettivamente lo era. Con grande serietà si è dimessa. A dimostrazione che qualcosa in Italia è cambiato. Con noi le cose cambiano, la musica è cambiata, chi sbaglia va a casa". Caso Guidi, Renzi: "Provvedimento giusto, telefonata sbagliata. E chi sbaglia con noi va a casa" … La sfiducia del M5s e l'appello alla minoranza Pd. L'annuncio della sfiducia al governo è arrivato dal vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, in un post sul blog di Beppe Grillo: "In discussione è tutto l'esecutivo perchè è inadeguato" e "ha messo al comando persone al soldo delle lobbies. Chi ci vorrà venire dietro venga". Poi ha aggiunto, rivolto alla minoranza Pd: "Volete mandare a casa il governo Renzi o tenervi la poltrona?". Da qui l'invito a tutti "a votare la mozione". Boschi sotto attacco. E Beppe Grillo, sempre sul suo blog, rilancia la campagna già sperimentata per il caso-banche #boschidimettettiti chiamando in causa Boschi che viene citata nelle intercettazioni tra Guidi e il compagno Gianluca Gemelli: "Le dimissioni del ministro Guidi sono un'ammissione di colpa, dimostrano il coinvolgimento del ministro Boschi e del Bomba che fanno l'interesse esclusivo dei loro parenti, amici, delle lobby e mai dei cittadini. Devono seguire l'esempio della Guidi e dimettersi subito: la misura è colma". Parole che hanno suscitato la reazione del Pd che querela il leader M5s: "Il Pd agirà in sede penale e civile contro Beppe Grillo per le sue dichiarazioni contro il Partito democratico. Grillo è un pregiudicato e conosce bene cosa significa essere condannati, ma evidentemente non se lo ricorda. Le sue dichiarazioni contro il Partito democratico hanno decisamente passato il segno. Adesso basta: abbiamo il dovere di tutelare i militanti del nostro partito. Ci vediamo in tribunale, caro pregiudicato grillo. E vedremo se aggiungerai un'altra condanna al tuo curriculum vitae", ha dichiarato Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd. La sinistra dem, comunque, vuole che si faccia chiarezza: "La direzione del partito di lunedì deve fare luce sulla zona grigia intorno alla vicenda del ministro Guidi", ha chiesto il senatore Federico Fornaro. Più tardi ai pentastellati ha risposto Roberto Speranza: "Dai 5 Stelle propaganda a buon mercato. Il problema degli anticorpi deboli della politica è molto serio. Non banalizziamo. Sono emersi fatti inquietanti, non si può mettere la testa sotto la sabbia". La Lega e Forza Italia. Oltre ai 5S, anche le altre forze di opposizione si sono mobilitate sull'ipotesi sfiducia, benché l'obiettivo di arrivare a una mozione comune appaia piuttosto lontano. Alla proposta, lanciata al M5s dal leader del Carroccio Matteo Salvini di scrivere assieme il testo, i Cinque Stelle hanno risposto con un secco no tramite un post su Facebook di Roberto Fico: Una battuta, quella del presidente della Vigilanza Rai, che ha fatto arrabbiare i capigruppo della Lega Nord Gianmarco Centinaio e Massimiliano Fedriga, i quali hanno replicato: "I 5 Stelle? Sono solo dei chiacchieroni. È evidente che l'unica cosa che gli interessa è proteggere questo governo. Ma la gente lo capirà che Grillo, Di Maio e compagni sono amici di Renzi". Forza Italia sembrerebbe più collaborativa: "Firmeremo assieme a tutte le altre opposizioni mozioni di sfiducia nei confronti dell'esecutivo", ha detto il capo dei deputati azzurri Renato Brunetta. Sinistra italiana. Con una lettera alla presidente della Camera Laura Boldrini, invece, il capogruppo di Sinistra Italiana Arturo Scotto ha chiesto a Renzi di rendere conto in Parlamento: "Ci dica qual è la strategia energetica italiana e spieghi al Paese se il suo è un governo autonomo dalle lobby". Dal Pd si è levata la voce polemica di Enrico Rossi, governatore della Toscana e candidato alla segreteria nazionale del Pd: "Nominando Guidi, Renzi non ha innovato. Fin dall'inizio c'era un oggettivo conflitto di interessi che poi è esploso". La posizione di Boschi. Resta da chiarire anche la posizione del ministro delle Riforme: "La firma dell'emendamento da parte del ministro Boschi è un atto dovuto", l'ha difesa Renzi. Mentre Lo scrittore Roberto Saviano in un post su Facebook le ha consigliato di spiegare in Parlamento: Gemelli lascia incarico in Confindustria. Intanto, Gemelli, indagato dalla procura di Potenza, si è dichiarato "estraneo a ogni illecito". L'imprenditore siracusano comunque ha lasciato il suo incarico di commissario di Confindustria a Siracusa. Presto nuovo capo del Mise. La sostituzione di Guidi al ministero dello Sviluppo Economico avverrà in tempi rapidi, per il momento Renzi prenderà l'interim. © Riproduzione riservata 01 aprile 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/04/01/news/caso_guidi_reazioni_m5s_sfiducia_governo-136680360/?ref=HREA-1 Titolo: MONICA RUBINO. Comunali, da Airaudo a Fassina la 'sinistra sinistra' non sfonda Inserito da: Arlecchino - Giugno 17, 2016, 08:09:35 am Comunali, da Airaudo a Fassina la 'sinistra sinistra' non sfonda
A Torino, Milano, e Roma le liste rosse anti-Pd non raggiungono i risultati sperati. Con l'eccezione di Bologna. Incerta la strategia sui ballottaggi. A Roma l'ex viceministro delle Finanze: "Né Raggi né Giachetti, voteremo scheda bianca" Di MONICA RUBINO ROMA - Da Giorgio Airaudo a Torino a Stefano Fassina a Roma. Da Basilio Rizzo a Milano a Federico Martelloni a Bologna. La "sinistra sinistra" alternativa al Pd non buca lo schermo e non raggiunge i risultati sperati. Tutti si aspettavano qualcosa in più. Nessuno, a parte Martelloni, è riuscito a superare il 5%, una soglia "simbolica" che avrebbe reso il senso di una buona partenza. Non vale nemmeno più la militanza nei sindacati, come nel caso di Airaudo, ex segretario Fiom nella città della Fiat: “Sono anni ormai - afferma il candidato torinese di Sinistra italiana - che i voti dei sindacati non si ribaltano sui partiti. Personalmente sono un po' deluso, mi aspettavo qualcosa in più dei 14mila voti presi (pari al 3, 70%, ndr). Certo è un inizio, ma è un po' zoppicante. A Torino c'è stata una forte astensione e una buona parte degli astenuti sono voti persi dal Pd che noi non siamo riusciti a intercettare. Ci siamo battuti da soli a mani nude - conclude - ma lo spazio a sinistra c'è, la domanda è forte ma bisogna costruire una proposta credibile e unitaria sul piano nazionale". Alla domanda se SI al ballottaggio sosterrà o meno il sindaco Pd uscente Piero Fassino, Airaudo non risponde: "Non posso dirlo adesso. Nel pomeriggio terremo una conferenza stampa in cui spiegheremo a tutti la nostra strategia". Sulla stessa linea anche Fassina, candidato sindaco a Roma, che si è fermato al 4,4%: "Una richiesta di discontinuità c'è ma non siamo riusciti a dirottare verso la nostra proposta il dissenso a Renzi, che invece si è spostato sul M5s". Rimane assolutamente convinto del progetto di Sinistra italiana e sull'ipotesi di appoggiare o meno il candidato del Pd Roberto Giachetti l'orientamento sembra quello di non sostenere né Raggi né Giachetti: "La mia indicazione è di votare scheda bianca, mi sembra la scelta più coerente", afferma l'ex viceministro dell'Economia. Anche se ultima parola spetterà all'assemblea del partito, prevista per domani pomeriggio. LO SPECIALE ELEZIONI COMUNALI 2016 Per Basilio Rizzo, che con la sua lista Milano in Comune ha raggiunto il 3,56% dei consensi, "la sinistra c'è". Il presidente del Consiglio comunale del capoluogo lombardo, rappresentante di Prc e civatiani, si dichiara soddisfatto del quarto posto: "Una parte significativa dell'elettorato milanese non si è riconosciuta nelle candidature gemelle dei manager". Quanto al ballottaggio, Rizzo aggiunge che il candidato del Pd Giuseppe Sala "il nostro voto dovrà meritarselo. Al ballottaggio si devono proporre programmi che possano rispondere alle aspettative di una larga fetta della popolazione. Noi staremo ad ascoltare le proposte: non siamo a priori contro il governare". A Bologna Coalizione civica, la lista a sinistra del Pd appoggiata da una parte di Sel dopo la rottura dei vendoliani con la giunta di Virginio Merola, non farà "accordi o accordicchi" con i dem in vista del ballottaggio fra il sindaco uscente e la leghista Lucia Borgonzoni. A dirlo è il candidato sindaco Federico Martelloni, più che soddisfatto del 7% raggiunto. Il professore di diritto del lavoro all'Alma Mater non si sbilancia sul secondo turno: "Ne discuteremo, il nostro non è un elettorato sul mercato politico, i nostri 12.000 voti non sono un pacchetto che spostiamo". Se è indubbio che "una distanza siderale ci separa dal populismo di destra della Lega Nord - continua il giuslavorista- non abbiamo nulla a che fare con il Pd di Renzi e di Merola, con il partito della nazione". Non si lavorerà dunque ad un accordo e "non daremo indicazioni di voto", continua Martelloni. Ma "discuteremo di cosa fare - aggiunge - come i nostri fratelli di Barcellona (il riferimento è a Podemos, ndr), perchè non ci sono uomini solo al comando". Toccherà al consiglio direttivo, alle assemblee e alle realtà consolidatesi nei quartieri durante la campagna elettorale prendere la decisione finale. © Riproduzione riservata 07 giugno 2016 Da - http://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni-comunali-edizione2016/2016/06/07/news/da_airaudo_a_fassina_la_sinistra_sinistra_non_sfonda-141480156/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_07-06-2016 Titolo: MONICA RUBINO. "Volete che lasci? Fate un congresso e vincetelo. Inserito da: Arlecchino - Luglio 05, 2016, 12:07:19 pm Pd, la direzione.
Renzi: "Un no al referendum? Non io il problema, ma cosa accadrebbe al Paese" "Volete che lasci? Fate un congresso e vincetelo. Cambiare modello organizzativo? Fate proposte. Separare segretario e premier, basta modifica statutaria. Ma non usate per questo il dato delle amministrative" dichiara il leader dem aprendo i lavori toccando anche i temi del terrorismo, della Brexit e della crescita. Bersani lo sfida: "O si cambia o si va a sbattere" Di PAOLO GALLORI e MONICA RUBINO 04 luglio 2016 ROMA - "Pronto ad ascoltare le vostre, vi offro alcune mie considerazioni. Questa è una comunità che discute. E litiga. Litigano tutti nei partiti, ma altri nel chiuso delle stanze. Loro fingono di essere una falange e appaiono come tali. Noi valorizziamo solo ciò che ci divide". Così Matteo Renzi apre il suo intervento in una direzione Pd densa di temi cruciali al Life Hotel di via Palermo a Roma (il Nazareno non avrebbe potuto ospitare tutti i partecipanti previsti). È il giorno del confronto fra la linea di Matteo Renzi e quella della minoranza del partito su alcune questioni divisive: risultati delle amministrative, Italicum, riforme, doppio ruolo del premier-segretario. Il presidente del Consiglio e segretario dem anticipa gli otto punti del suo discorso: situazione internazionale e terrorismo, la Brexit, il referendum costituzionale, la situazione economica, le amministrative, come cambiare il partito, il calendario e, infine, "il mio ruolo". Politica internazionale e terrorismo. "Non c'è tregua, piangiamo le vittime di Dacca. Che non sono solo numeri. La realtà ci parla di storie, persone. Sono volti e non è possibile non accogliere su di noi le lacrime delle loro famiglie. Dobbiamo avere la forza di non abituarci all'orrore. E deve esserci il desiderio di mantenere in vita i valori che difendiamo". "Al G7 di Taormina porteremo l'idea che quanto accade va combattuto militarmente, ma c'è una questione culturale: giovani che scelgono il terrorismo mentre il Daesh è in difficoltà. Abbiamo una grande emergenza educativa. Non solo in Bangladesh. I nostri valori vanno spiegati alle nuove generazioni". "E' il punto chiave del lavoro che ci attende nei prossimi mesi. L'Italia avrà davanti tre opportunità per portarlo avanti: il G7 di Taormina, nel 2017 saremo nel Consiglio di sicurezza Onu e sedendo nella stanza dei bottoni porteremo l'attenzione su questo approccio e al rapporto Europa-Africa. E nel marzo 2017, grazie a una serie di accordi, l'Ue verrà a Roma per il rilancio dei Trattati". Ricordando Elie Wiesel, Renzi rimarca: "Politica non è demagogia ma avere una visione". La Brexit. Renzi ricorda il "sacrificio" di Jo Cox e la campagna d'odio in Gran Bretagna. "L'Ue può scrivere una pagina nuova, perché così com'è non va. Chiedevamo e abbiamo ottenuto una flessibilità rispetto al Fiscal Compact a cui l'Ue si era legata. Ma da sola la flessibilità non basta, bisogna indicare un progetto chiaro. La visione europeista che noi difendiamo non è contro l'interesse nazionale, sono disposto a litigare con tutti in Europa. Non si tratta di riaprire pagine del passato (legge Fornero e banche). Il punto è che l'Italia deve fornire un'agenda di sviluppo europeo che non può essere ignorata. Non siamo più quelli da giudicare, come Spagna e Portogallo. Sarebbe un errore che la Ue rispondesse a Londra sanzionando quei Paesi, ma è fondamentale che l'Italia faccia sentire la sua voce sulla crescita e contro l'austerity". E si riparla di valori e comunicazione. I valori che l'Italia ha "comunicato" con l'operazione di "recupero del relitto con i cadaveri dei migranti, donne e bambini, morti perché chiusi a chiave dagli scafisti". Sulle banche "molti dei sondaggi contro il partito nascono da lì. Trovo le polemiche, figlie di una narrazione M5s, ingiustificate. Noi non abbiamo salvato i banchieri, ma i correntisti. E se la misura delle Popolari fosse stata presa dal governo di centrosinistra del 1998 che non ne ebbe la forza, la questione oggi non si riproporrebbe. Noi abbiamo fatto ciò che serviva perché le istituzioni facessero il loro dovere. Salvare i correntisti significa fare l'interesse dei cittadini e delle piccole e medie imprese". Referendum. "Perchè l'Italia sia forte e credibile serve stabilità istituzionale. Che non è immobilismo, ma riforme con l'anima. E conosco le vostre critiche sulla personalizzazione del referendum". Qui Renzi mostra in video la celebre e pressante esortazione dell'ex presidente Napolitano alle forze politiche sull'urgenza delle riforme istituzionali, invitate a non "autoassolversi" da responsabilità sui tanti "nulla di fatto" sulla legge elettorale e sul "bicameralismo paritario". "Io ero a Palazzo Vecchio, voi applaudivate a quel discorso - riprende Renzi -. C'è lo spazio per passare dai veti ai voti. Di dare al Paese un sistema più semplice ed efficace, cercando pazientemente dentro e fuori il partito la massima convergenza". "Io non credo alla personalizzazione, è un refrain. C'è qualcuno tra di voi che pensa che nel caso in cui il referendum si concludesse con un 'no' il presidente del Consiglio non ne prenderebbe atto? Se c'è gli faccio i complimenti, ma il problema è cosa accade al Paese e alla classe politica, non a me. Se il referendum passa la classe politica dà un segnale, la più bella pagina di autoriforma in Occidente. Se vincerà il "sì", la classe politica "sarà più in grado di guidare e cambiare il Paese. Si chiude la stagione delle riforme e si apre la stagione del futuro". Renzi respinge l'accusa di personalizzazione e chiude accusando piuttosto chi del referendum "ha fatto una sorta di derby personale. E la data del referendum non è nelle nostre disponibilità. Chi ha paura di confrontarsi con i cittadini faccia altro". Situazione economica. La prima forma di lotta alla povertà è la crescita. E' riportare il segno più davanti agli indicatori economici, è creare posti di lavoro. Di questi 401mila a tempo indeterminato. Pochi? Certo, ma non c'è mai stata una crescita dell'occupazione di milioni in due anni. Piaccia o non piaccia, il Jobs Act ha messo alle corde il precariato. E noi ce ne vergogniamo". "Investimenti, con Graziano Delrio parliamo tutti i giorni. Nel 2014 siamo ritornati a 30 miliardi di investimenti annui, non basta ma è questa la direzione: Jobs Act, investimenti e riduzione delle tasse". Lotta alla povertà, "io considero di sinistra il Jobs Act non l'assistenzialismo o gli aiuti a pioggia. Il problema non è dare una mano a chi non ce la fa, proviamo a farlo tutti. E' il principio che non può funzionare. Non posso avere uno stipendio solo in qualità di cittadino". "Ma questa è anche la legislazione dei diritti civili, la legge sulle unioni civili. Altre proposte sull'autismo, sul caporalato, sulla cittadinanza, per un cantiere sociale di estrema importanza anche per la cooperazione internazionale". In conclusione, la Repubblica democratica "è fondata sul lavoro, non sullo stipendio al cittadino. C'è chi in Parlamento sogna la decrescita felice". "Andare in giro tra chi sta male? Io sono stato a Termini Imerese, quando la fabbrica era chiusa, nella Terra dei fuochi, a Lampedusa da Giusi Nicolini e dal dottor Piero Bartolo, sul Bisagno e nei luoghi dove la crisi faceva così male da non avere più neanche un nome, a Taranto. Vogliamo riconoscerlo?" Le amministrative. "Un dato difficile da giudicare in modo organico, difficile da capire. Che varia da chilometri e chilometri, 20 punti percentuali tra Bologna e Rimini. In alcune realtà il nostro partito sorprende in positivo, in altre no. A Milano, non sarebbe stata possibile la vittoria di Beppe Sala senza la straordinaria mobilitazione del Pd di quella città. In Lombardia abbiamo tutte le città nelle nostre mani, non in Piemonte. Varese e Novara, settanta chilometri. Mi apro alla discussione. Tocco magico finito? Non c'era nemmeno nel 2014, quando dopo la vittoria alle europee abbiamo perso al ballottaggio città fondamentali: Livorno, Potenza, Padova, Perugia. Succede così, si vince e si perde. Abbiamo perso Fano, Matera, Venezia. Sulla base di candidati scelti nelle primarie, con il segretario che dà una mano a tutti. Ma le alleanze si scelgono a livello locale, lo ricordo. Le alleanze le scelgono i territori. Ecco perché ci vuole fantasia per leggere il dato nazionale". "C'è chi dice che c'è un problema di linea politica. Non mi sembra che il Pd pugliese", spesso non allineato, come sulle trivelle, "abbia ottenuto risultati migliori. La sinistra radicale ha fatto meglio? Credi di no. Ma quello che voglio dire è che il dato è difficile da leggere. Voglio guardare a ciò che si è sbagliato per migliorare. Il problema è intercettare la rappresentanza democratica in un mondo che cambia. Che non è un problema italiano. Il problema, per molti di voi, è il partito. Per cui, non si utilizzino le amministrative. Non è il dato delle amministrative, ma come funziona il nostro partito. Questo è l'argomento". Come cambiare il partito. "Il Pd non è un partito personale. Appartiene a una comunità di donne e uomini e io ho dimostrato che è scalabile". Dopo una panoramica sui modelli organizzativi a destra, a sinistra e del M5s ("Ciò che è virale è vero. Lo scrisse Casaleggio, io lo criticai ma era una grande verità"), Renzi ringrazia "chi lavora alle feste dell'Unità, ma alla nostra gente dobbiamo un modello che non ricalchi gli errori del passato. Finché ci sarò io le correnti non governeranno questo partito. Parlo anche ai renziani del primo e dell'ultimo minuto, a chi sale e a chi scende dal carro. Non c'è garanzia per nessuno in questo partito, a cominciare da me. Girate, fate iniziative, visitate le aziende, fateli i tavolini. State in mezzo alla gente o io e voi non abbiamo futuro". "Guardate le vostre bacheche facebook: quanti di voi hanno valorizzato le nostre cose? Se volete che lasci, non avete che da chiedere un congresso e possibilmente vincerlo, in bocca al lupo. Se volete la separazione tra le cariche di premier e segretario non avete che da proporre una modifica statutaria. In ogni caso sosterrò il vincitore. Se volete che si cambi il modello organizzativo fate proposte. Ma prima decidiamo dove vogliamo andare. La strategia 'conte Ugolino' non porta da nessuna parte. Se c'è una strategia alternativa, ben venga". "Il mio ruolo". "C'è un film su Cantona. Un suo grande fan gli chiede: qual è il tuo momento più bello, in cui hai regalato il massimo della felicità? E lui: non è stato un gol. Come no? Il fan gli ricorda i suoi più grandi gol. Cantona: no, è stato un passaggio. E se il tuo compagno avesse sbagliato? Devi fidarti dei tuoi compagni. Il referendum - riprende Renzi - è un passaggio, per l'Italia. Ma anche in questo partito, non è importante il gol ma il passaggio. Da questa parte del tavolo c'è gente che sta lavorando per quel passaggio". L'attacco di Bersani. Già questa mattina Pier Luigi Bersani ha scaldato i motori in vista della resa dei conti pomeridiana. Alla presentazione del libro di Federico Fornaro Fuga dalle urne, l'ex segretario ha attaccato Matteo Renzi sulla questione del doppio ruolo premier-segretario e sulla legge elettorale. "La separazione fra gli incarichi non è un dibattito lunare - ha replicato alle parole dette ieri da Renzi nell'intervista a Skytg24 - Non è la soluzione a tutti i problemi, è la premessa. E lui era anche d'accordo quando si candidò contro di me". L'ex segretario dem ha espresso critiche anche sulla legge elettorale: “Se non si cambia rotta, il rischio è che il Pd vada a sbattere". Il leader della minoranza Pd ha invitato inoltre a tenere in giusta considerazione il ritorno della destra: "Chi sottovaluta le potenzialità della destra in questo momento, non vede la mucca nel corridoio". E ha risposto anche all'allarme di Confindustria che, in caso di vittoria del No al referendum costituzionale, ha previso un nuovo salto dell'Italia nella recessione: "No ai ricatti sulle riforme - ha concluso Bersani- la gente non vive di solo pane". © Riproduzione riservata 04 luglio 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/07/04/news/bersani_su_referendum_e_italicum_confindustria-143400357/?ref=HRER1-1 Titolo: MONICA RUBINO Effetto Trump sul referendum, i sondaggisti: "Renzi perde se... Inserito da: Arlecchino - Novembre 11, 2016, 06:07:40 pm Effetto Trump sul referendum, i sondaggisti: "Renzi perde se non incarna il cambiamento"
"Il rischio è che venga identificato con l'establishment, come la Clinton", sostiene Alessandra Ghisleri. Mentre per Antonio Noto e Nicola Piepoli il No è già in vantaggio Di MONICA RUBINO 10 novembre 2016 ROMA - Il voto Usa avrà ricadute sulla campagna referendaria italiana? I sondaggi a stelle e strisce hanno davvero male interpretato il sentimento popolare degli americani? Per i sondaggisti di casa nostra, scientificamente parlando, non c’è stato alcun errore statistico negli Stati Uniti. “Non si può parlare di un flop – chiarisce Antonio Noto, direttore dell’istituto Ipr Marketing – i sondaggi americani hanno interpretato il voto popolare che ha dato ragione a Hillary Clinton e hanno sbagliato di pochissimo nel prevedere un vantaggio della candidata democratica, rimanendo entro il margine dell’errore statistico che consente uno sbaglio fino al 3,3%. Negli Usa la differenza l’hanno fatta i grandi elettori”. E in Italia? “In base ai nostri calcoli per il momento il No al referendum è leggermente in vantaggio – afferma il sondaggista - Ma può succedere qualunque cosa all’ultimo momento. E bisogna tener presente che il 5% dei votanti italiani cambia opinione in cabina elettorale”. Insomma, nessuna paura di sbagliare: “Noi studiamo la probabilità, non abbiamo la sfera di cristallo: l’errore è considerare i sondaggi un’anticipazione della realtà. Quanto alla paura di sbagliare...beh, quella è uno stimolo positivo, è il sale del nostro lavoro”, conclude Noto. Trump presidente: i sondaggisti falliscono, ma due studentesse avevano indovinato i risultati Per Alessandra Ghisleri di Euromedia Research l’effetto Trump nel nostro Paese è ancora tutto da valutare: “È troppo presto per capirlo. Bisogna chiedersi invece se l’identificazione di Clinton nell’establishment non abbia piuttosto costituito per l’elettorato un fattore di allontanamento. La candidata democratica non rappresentava il vero cambiamento, ma i poteri dello Stato. Questo non è piaciuto all’America rurale, quella del Nord, il cosiddetto “vento dei laghi”, che l’ha respinta. E mi sono chiesta se a correre lo stesso rischio non sia anche il premier Matteo Renzi. Il messaggio di Trump non era politicamente corretto ma è arrivato alla gente”. Nicola Piepoli, direttore dell’omonimo istituto di ricerche, è invece convinto che la vittoria di Trump in Usa avrà in Italia ricadute per il No: “Noi italiani ed europei dimentichiamo a volte dove viviamo: l’impero a cui apparteniamo è quello americano. E il nuovo imperatore – perché Trump non ha di se stesso il concetto di un capo democratico come Barack Obama - tutto vuole fuorché cambiamenti della nostra Costituzione. Trump non è aggregante, ma divisivo. Gli italiani non sono affatto spaventati dalla sua vittoria, ma piuttosto meravigliati: da un nostro sondaggio risulta che per il 75% hanno accolto la sua affermazione con stupore”. © Riproduzione riservata 10 novembre 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/11/10/news/referendum_effett_trump_sondaggisti-151738822/?ref=HREC1-7 Titolo: MONICA RUBINO. Dai Radicali alla Lega, vent'anni di "giravolte" politiche... Inserito da: Arlecchino - Gennaio 12, 2017, 12:30:07 pm Dai Radicali alla Lega, vent'anni di "giravolte" politiche in Europa
Il M5S non è stato l'unico partito a tentare il salto di gruppo all'europarlamento. Quasi vent'anni fa la Lista Bonino si alleò con i lepenisti e la Lega Nord con i liberaldemocratici. Mentre Ds e Margherita erano uniti in Italia e divisi in Ue. Ecco un breve excursus storico Di MONICA RUBINO 10 gennaio 2017 ROMA - Il piano fallito di Beppe Grillo di stabilire un'intesa "tecnica" a Bruxelles con i liberaldemocratici dell’Alde richiama alla mente altre "strane alleanze" tentate in passato da vari partiti italiani all’europarlamento. Dai Radicali alla Lega, dalla Margherita a Forza Italia, lo scopo degli apparentamenti è stato sempre lo stesso: cercare di pesare politicamente di più ed evitare di finire nella zona grigia del gruppo misto, quello dei "non iscritti", che non percepiscono i 40 mila euro a deputato all’anno che il Parlamento Ue garantisce a ciascun gruppo. Facciamo allora un salto indietro nella storia e cerchiamo di ricostruire le prove di intesa più contorte in salsa europea. I Radicali con Le Pen. L’accordo tecnico fra i Radicali italiani e i lepenisti del 1999 (anno in cui ottennero alle europee un buon successo di voti con la Lista Emma Bonino), fu talmente sorprendente da provocare l’addio al partito di Bruno Zevi, all'epoca presidente onorario. In una lettera aperta indirizzata fra gli altri a Marco Pannella e Bonino, Zevi scrisse: "Apprendo che avete raggiunto il deprecato obiettivo di costituire un gruppo tecnico con i nazisti antisemiti di Le Pen. Non aggiungo altro. Dopo vent'anni sono costretto a lasciare il Partito radicale. Vi ringrazio di tutto, mi auguro che i vostri alleati scompaiano dalla terra e vi auguro uno splendido futuro". Alle successive elezioni del 2004 la lista Bonino confluì nell'Eldr, il gruppo dei Democratici, liberali e riformatori che poi si sarebbe chiamato Alde. La Lega Nord con i liberali dell’Eldr. Alle europee del ’94 la Lega Nord guadagnò 7 seggi e riuscì in un’impresa tattica molto simile a quella tentata da Grillo. Si alleò infatti con i liberaldemocratici dell’Eldr, come già detto il futuro Alde. Nelle legislature successive i leghisti confluirono dapprima nel gruppo misto (2004) poi nella formazione degli euroscettici di Nigel Farage (2009). Attualmente sono di nuovo nel misto. Ds e Margherita: uniti in Italia, divisi in Ue. L’esperienza politica di centrosinistra dell’Ulivo italiano, sebbene abbia avuto anche nel Paese una storia lunga e spesso contorta fatta di aggregazioni a titoli diversi, ha vissuto sullo scenario europeo tre fasi ancora più critiche e di profonda divisione. Il Pds (antenato dei Ds e poi del Pd) e gli ex democristiani del Ppi, che si erano presentati uniti nell’Ulivo alle politiche del ’96 a sostegno di Romano Prodi, viceversa si divisero alle europee del ’99. Il Pds, che nel 1998 era diventato Ds, si unì al Pse (Partito socialista europeo), mentre il Ppi confluì nel Ppe (Partito popolare europeo) assieme a Forza Italia, Cdu e Udeur. Alle europee del 2004, i Ds rimasero nel Pse mentre la Margherita di Francesco Rutelli, nato come lista Democrazia è Libertà nel 2001, si aggregò inizialmente ai liberaldemocratici dell’Eldr. Ma nel corso di quella legislatura Rutelli decise di fondare una nuova formazione, alleandosi con l’Unione per la democrazia francese, partito riformista di centro guidato da François Bayrou. In questo modo la Margherita e Bayrou diedero vita al Partito democratico europeo che, assieme ai liberaldemocratici, formò infine l’attuale gruppo Alde. Alle ultime europee del 2014 Matteo Renzi, forte del 40% ottenuto dal Pd, concluse la diatriba interna al centrosinistra e sancì l’entrata definitiva del Partito democratico all’interno del gruppo S&D (Socialisti e democratici europei). Forza Italia. Inizialmente "apolide" in Europa, sin dalle europee del ’99 il partito di Silvio Berlusconi si inquadrò nel Ppe, anche se sulle prime non venne accolto a braccia aperte. L'alleato in Italia Alleanza Nazionale confluì invece nella formazione nazionalista di destra Uen. © Riproduzione riservata 10 gennaio 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/01/10/news/m5s_radicali_lega_i_salti_di_alleanze_in_europa-155739072/?ref=nrct-2 Titolo: MONICA RUBINO. La crociata del Veneto contro il burqa: "Vietatelo per legge... Inserito da: Arlecchino - Gennaio 29, 2017, 08:33:13 pm La crociata del Veneto contro il burqa: "Vietatelo per legge in tutta Italia"
La maggioranza leghista ha proposto un progetto di legge nazionale per estendere anche al velo integrale il divieto di uso nei luoghi pubblici, come già avviene per caschi e passamontagna. Da Giorgia Meloni (Fdi) ad Alessia Morani (Pd) ecco chi la sosterrebbe in Parlamento e chi no Di MONICA RUBINO 26 gennaio 2017 ROMA - "Divieto di burqa e niqab anche in Italia come in Francia e Belgio". La proposta arriva dal Veneto, dove il consigliere regionale leghista Alberto Villanova ha illustrato un progetto di legge nazionale per impedire l’uso in tutta Italia del velo integrale che nasconde il volto, diffuso in alcuni Paesi musulmani di tradizione saudita (Arabia saudita, Penisola arabica, Afghanistan). Una proposta che in Parlamento incontra già il favore di Lega e destre. Il Pd è critico, mentre il M5S rimane scettico. Nel condurre la sua crociata contro il burqa, la maggioranza veneta rivolge a deputati e senatori una richiesta precisa. Ovvero integrare le norme penali (tra cui la legge 152/1975) che vietano il "travisamento del volto senza giustificato motivo" nei luoghi pubblici, aggiungendo ai già vietati caschi e passamontagna anche gli indumenti sotto accusa. La proposta di Villanova prevede anche la reclusione da 4 a 12 mesi con la multa da 10 mila a 30 mila euro per chi, con violenze e minacce, costringa le donne di religione islamica all’occultamento del volto. Indossare un velo integrale in Italia non è un reato, a parte qualche sporadica e isolata ordinanza municipale che ne dispone la proibizione punibile con sanzioni amministrative. Vedi il caso della multa di 500 euro inflitta a Novara a una donna entrata all’ufficio postale con il burqa o il divieto valido in Lombardia di entrare a volto coperto nelle strutture regionali, ospedali compresi. Sulla interpretazione della clausola "senza giustificato motivo" (indicata appunto nella legge del 1975) si era già espresso il Consiglio di Stato, che nel 2008 ritenne la matrice religiosa o culturale un giustificato motivo per poter circolare indossando un niqab, un burqa, o un altro tipo di velo islamico che ricopra il viso. Tuttavia in Parlamento c’è già chi accoglierebbe la proposta veneta con entusiasmo. È il caso di Barbara Saltamartini, deputata del Carroccio: "Sono assolutamente d'accordo perché il velo integrale è simbolo di oppressione e sottomissione, che limita la libertà della donna. Il burqa e il niqab sono la negazione dei valori fondanti della società occidentale. Sino a quando le comunità islamiche non sottoscriveranno le intese con lo Stato italiano e non riconosceranno la parità uomo-donna come uno dei principi cardine della nostra società, nessun dialogo sarà mai possibile". Di rincalzo Daniela Santanché, deputata di Forza Italia: "È la strada giusta: giace in Parlamento (correva l’anno 2007) la mia prima proposta di legge per vietare il burqa su tutto il territorio nazionale. Ho provato una volta a indossarlo ed è una prigione portatile. Sarebbe una legge di liberta perché la maggioranza delle donne lo mette per costrizione e non per convinzione". Anche Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia, si dichiara pronta a sostenere la proposta in Parlamento, come ha già fatto il suo partito in Regione Veneto su iniziativa del consigliere regionale Sergio Berlato: "È una questione di sicurezza perché non si può consentire a uomini o donne di girare con il volto coperto e di non essere riconoscibili - spiega Meloni - non si tratta di una limitazione della libertà di culto: l’Italia è uno Stato laico e la legge e la sicurezza dei cittadini vengono prima delle abitudini di chi viene a vivere nella nostra nazione". Di tutt’altro avviso la deputata del Pd Alessia Morani, componente della commissione Giustizia: "Siamo all'ennesimo provvedimento di pura propaganda della Lega che rimbalza dalla Lombardia al Veneto. Esiste già una legge nazionale e non è necessario altro. Evidentemente la campagna elettorale permanente di Matteo Salvini non si ferma neppure di fronte alla evidente inutilità delle azioni dei suoi rappresentanti istituzionali. L'importante per il Carroccio è mostrare la faccia feroce, poi se non serve a niente non importa". Critici anche i 5stelle del Veneto che condizionano il loro sì alla proposta all’approvazione di un emendamento che elimina la discriminante religiosa: "Il codice penale punisce già queste fattispecie, non servono appendici anti-islamiche", specifica la consigliera pentastellata Patrizia Bartelle. Il suo collega Jacopo Berti si mostra scettico: "Finora lo 0% delle proposte regionali si sono tradotte in leggi dello Stato, stiamo discutendo un tema per altro importante nel posto sbagliato". Martedì prossimo il voto finale dell’assemblea regionale. E poi la palla potrebbe passare al Parlamento. Tags © Riproduzione riservata 26 gennaio 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/01/26/news/veneto_divieto_burqa_legge_nazionale-156901593/?ref=fbpr Titolo: MONICA RUBINO. Le posizioni della Sinistra Inserito da: Arlecchino - Febbraio 01, 2017, 08:33:16 pm Stefano Fassina: "Con la scissione dal Pd, D'Alema diventa interlocutore possibile"
Intervista all'ex dem, che ha lasciato il partito in rotta con Renzi. Le posizioni della Sinistra Di MONICA RUBINO 01 febbraio 2017 ROMA - La scissione evocata da Massimo D'Alema dopo l'assemblea dei Frentani spariglia le carte anche nella sinistra alternativa, di Sel e Sinistra Italiana. L'ex Pd Stefano Fassina tende la mano all'ex premier e ammette: "D'Alema adesso è un interlocutore possibile". Una linea condivisa anche dal capogruppo alla Camera di Sinistra italiana Arturo Scotto, esponente dell'ala di minoranza favorevole al dialogo con il Pd. E che a sorpresa invece ha invocato un cambio di rotta verso una prospettiva collegiale in vista del congresso di Si a Rimini, dove è candidato segretario contro Nicola Fratoianni. Fassina, adesso Scotto sembra darle ragione? "Da tempo insisto sulla necessità di fare un congresso fondativo su temi concreti, con una gestione unitaria e senza lacerazioni. In verità non ritengo che il problema della sinistra italiana sia il renzismo: tutta la famiglia progressista deve risolvere una frattura più profonda, ossia la sua subalternità all'impianto neoliberista nell'ultimo quarto di secolo". Sarebbe disposto ad aprire a un partito unico con D'Alema? "L'iniziativa di D'Alema è importante così come i comitati per il No al referendum che lui ha proposto. Il fatto che riveda in modo critico la stagione di cui lui stesso è stato protagonista, lo rende un interlocutore. Ma è bene chiarire: dopo il congresso Sinistra italiana sarà un partito autonomo, popolare, aperto e inclusivo. Non certo l'associazione 'amici di D'Alema'". Va bene perdere purché si resti puri? "No, pur mantenendo autonomia di visione, vogliamo stabilire relazioni con chi si muove nella nostra lunghezza d'onda. A cominciare dal popolo del No, che oggi non ha una casa politica e dal quale sono emerse figure interessanti come Tomaso Montanari e Anna Falcone. Il nostro è un percorso che guarda oltre i palazzi del potere e vuole catalizzare le decine di liste di alternativa nate nelle città, da Torino a Cosenza". A destra intanto le sembra che ci sia aria di riorganizzazione sull'ipotesi del voto anticipato? "Si, decisamente. I partiti di destra vedono Trump, la Brexit e provano a cavalcare la sofferenza economica e sociale. E la gente si rivolge a loro perché non trova una sinistra che rimette in discussione l'euro e la libertà di circolazione di capitali, merci e servizi. Nel documento congressuale propongo il superamento cooperativo della moneta unica". Questo lo sostiene anche Matteo Salvini. "Sì, però lui ne fa una questione di sovranismo, mentre per me è un intervento indispensabile per attuare l'articolo 1 della Costituzione, quello che fonda la Repubblica sul lavoro". © Riproduzione riservata 01 febbraio 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/02/01/news/stefano_fassina_con_la_scissione_dal_pd_d_alema_diventa_interlocutore_possibile_-157338914/ Titolo: MONICA RUBINO. Pd, Emiliano resta e corre per la segreteria. Inserito da: Admin - Febbraio 26, 2017, 12:15:22 pm Pd, Emiliano resta e corre per la segreteria. Speranza: "Ora nuovo soggetto". Bersani: "Basta tessera Pd". Renzi negli Usa
Il governatore pugliese ci ripensa: non lascia il partito, partecipa alla direzione e conferma: "Corro contro Renzi perchè questa è casa mia. Chi non lotta ha già perso". Minoranza dem: "Lui rimane, noi no". Bersani: "Non è più la ditta, il Pd si è spostato". Da Cuperlo l'ultima mediazione: "Primarie a luglio". L'ex segretario? Vola in California: "Addii addolorano ma andiamo avanti". L'ex presidente Napolitano: "Avanti a tutto la stabilità del governo" Di SIMONA CASALINI e MONICA RUBINO 21 febbraio 2017 ROMA - Il governatore della Puglia Michele Emiliano, a lungo indeciso se lasciare il partito come minoranza Pd o presentarsi al Nazareno, scioglie la riserva: resta, va in direzione e si candida nella corsa alla segreteria contro Matteo Renzi. L'ex segretario, invece, non partecipa all'assise. Ma prima di salire sul volo che lo porta negli Usa, attacca nella sua e-news la minoranza e cerca di compattare i suoi sostenitori, ribadendo concetti già espressi in assemblea: "Mentre gli organismi statutari decidono le regole del Congresso - scrive - io sono in partenza per qualche giorno per gli Stati Uniti. Vi racconterò sul blog.matteorenzi.it il mio diario di bordo dalla California dove incontreremo alcune realtà molto interessanti. Priorità: imparare da chi è più bravo come creare occupazione, lavoro, crescita nel mondo che cambia, nel mondo del digitale, nel mondo dell'innovazione". A metà pomeriggio parla anche l'ex presidente Napolitano: "Il punto fermo da salvaguardare è la continuità e la stabilità del governo" sottolinea "l'instabilità è stata una delle debolezze di fondo dell'Italia in Europa". Cosa dice delle vicende del Pd? gli chiedono i giornalisti in Senato ma si smarca: "Non entro nel merito della vita interna dei partiti". Un'altra giornata di fuoco tra i dem, nella Roma politica assediata dalle violente proteste dei tassisti e degli ambulanti. Crisi Pd, Bersani: "Non rinnovo la tessera, non partecipo al congresso" Pierluigi Bersani in serata, a DiMartedì, ha il tono grave: "Non me la sento di rinnovare la tessera del Pd, non mi sento di partecipare a questo congresso, ma non vado certo via dal centrosinistra. Non è più la ditta, non è il Pd. Si è spostato. Noi non abbiamo fatto nessuno strappo, abbiamo chiesto questa discussione nei tempi normali". Aggiunge: "Sostengo il governo, lo sosterrò sempre ma chiederò di correggere qualche cosa, come sul lavoro e la scuola". E insiste: "Dal primo giorno ho capito che con Renzi non mi sarei preso. Io con pochi voti ho vinto. Se questi qui con il 40% fanno vincere la destra li vado a cercare". Quasi in contemporanea, su RaiTre, ospite di Cartabianca, il nuovo programma di Bianca Berlinguer, Massimo D'Alema staffilava Roberto Giachetti. Alla giornalista che gli chiedeva conto del perchè il deputato Pd lo avesse definito "il conducator della scissione", D'Alema lo ha irriso: "Guardi, la questione Giachetti l'ha già risolta Virginia Raggi. Se poi risolvesse anche i problemi di Roma, sarebbe un vantaggio notevole". Nei fatti però, anche D'Alema certifica la spaccatura "anche se spero che la nostra sia una separazione non eterna. Leader naturali Roberto Speranza e Enrico Rossi. Enrico è miglior amministratore di cui dispone il centrosinistra in Italia. Penso però che il leader sarà scelto con le primarie". Direzione Pd, Emiliano: "Mi candido alla segreteria contro posizione dominante di Renzi" LA GIORNATA Direzione chiusa dopo poco più di due ore. Orfini: "Gli addii non sono inevitabili" "E' improprio rivolgersi a Matteo Renzi per risolvere controversie inerenti questo congresso. A occhio e croce Renzi si ricandiderà. Ma adesso non è segretario, inutile rivolgersi a lui". Il presidente del Pd Matteo Orfini, in qualità di reggente, apre così nel primo pomeriggio la direzione del partito. "Quello emerso nella nostra assemblea e nelle ore successive, non rende inevitabili gli addii, ci sono ancora margini per ricostruire le condizioni dell'unità, ho chiesto a Michele Emiliano, Enrico Rossi e Roberto Speranza di partecipare al congresso". Poi annuncia i 18 nomi di chi farà parte della commissione che definisce le regole congressuali. Scelti, ha sottolineato Orfini, "con criteri di pluralismo e rappresentanza che fotografano lo stato attuale del Partito democratico": Silvia Fregolent, Martina Nardi, Mauro Del Barba, Ernesto Carbone, Alberto Losacco, Caterina Bini, Tommaso Ginoble, Emilio Di Marzio, Teresa Piccione, Roberto Morassut, Roberto Montanari, Claudio Mancini, Micaela Campana, Michele Bordo, Andrea De Maria, Paolo Acunzo, Antonio Rubino e anche il vicesegretario Lorenzo Guerini. Tutti nomi approvati al termine della direzione, con un solo voto contrario e otto astenuti. Ma la commissione dovrà essere integrata da un rappresentante di Emiliano. Emiliano scioglie la riserva e rimane nel Pd: "Lo annuncio in direzione" Michele Emiliano: "Mi candido alla segreteria" "Mi candido alla segreteria del Pd perchè questa è casa mia, è casa nostra. E nessuno può cacciarmi", così il governatore della Puglia, ormai scissionista pentito, che prende il microfono al Nazareno. E ancora: "Enrico Rossi e Roberto Speranza sono persone per bene di grande spessore umano e politico che sono state offese senza ragione da toni arroganti, dal cocciuto rifiuto ad ogni mediazione. Renzi è il più soddisfatto per ogni possibile scissione". Emiliano rivendica: "Enrico, Roberto ed io abbiamo impedito al segretario di far precipitare il Paese verso elezioni anticipate". E ancora attacchi Renzi: "Matteo ci ha irriso non partecipando a questa direzione" poi si accalora: "La voglia di andar via è stata tanta ma mi candido nonostante il tentativo di Renzi di vincere il congresso ad ogni costo e con ogni mezzo, ha fretta perchè non vuole rinunciare alla posizione dominante". "Mi candido", conclude perchè "chi lotta può perdere ma chi non lotta ha già perso". "E' una buona notizia. Abbiamo il dovere di portare la democrazia interna verso l'esterno perchè non vedo buoni presagi fuori di qui", così Emanuele Fiano. Non è arrivata, invece, la candidatura del ministro della Giustizia, Andrea Orlando al quale Michele Emiliano concede di essere "una delle migliori menti del Pd" e "una sua candidatura alle primarie del partito sarebbe importante". "L'unico suo limite" staffila il governatore "è che è stato la stampella di Renzi". Roberto Speranza: "Noi al lavoro per nuovo soggetto centrosinistra" "Dalla direzione Pd non è arrivata nessuna novità, noi andiamo avanti sulla strada della costruzione di un nuovo soggetto politico del centrosinistra italiano che miri a correggere quelle politiche che hanno allontanato dal nostro campo molti lavoratori, giovani e insegnanti. Occorre iniziare un nuovo cammino". Così, da buon incassatore, Roberto Speranza, interpellato dall'Ansa dopo la giravolta di Emiliano. "Prendiamo atto della scelta di Michele Emiliano, quella di candidarsi nel PdR", il Partito di Renzi" aggiunge l'esponente della minoranza Pd che, con Enrico Rossi e Michele Emiliano, aveva animato la kermesse degli scissionisti a Testaccio. "Ognuno ha il suo carattere, il suo modo di comportarsi. Con Emiliano ci saremmo dovuti risentire oggi, invece non l'ho sentito, il che evidentemente era un segnale di quello che poi è successo. Per me non sarebbe un comportamento normale" il giudizio di Enrico Rossi, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo. La proposta di Cuperlo: "Primarie a luglio" "Forse siamo già oltre la linea delle decisioni ma chiedo a tutti: si possono alzare le mani e dire che è finita una parte della nostra storia comune?" ha detto il deputato del Partito Democratico, Gianni Cuperlo, tra i primi a intervenire alla direzione nazionale tentando un'ultima mediazione. "Io continuo a ritenere che una frattura è un danno storico - ha aggiunto Cuperlo -. Chiedo di aprire un ultimo spiraglio". Poi la sua proposta: "Proviamo a stupire noi stessi: avviamo il congresso poi affrontiamo assieme le amministrative e chiudiamo questo percorso con le primarie entro la prima parte del mese di luglio. E luglio non è una violenza sulle regole. Chiedo alla direzione di valutare questa proposta". Primarie a luglio? Francesco Boccia aderisce: "Mi pare ragionevole", dice l'esponente del pd vicino a Michele Emiliano. Nel Nazareno assediato da ambulanti e tassisti anche il sit in pro Renzi 'Scortati' da giornalisti e fotografi, i componenti della direzione del Partito democratico entrano nella sede del partito dall'ingresso secondario accanto alla chiesa di Sant'Andrea delle Fratte. Il portone principale è infatti presidiato da altri ambulanti e tassisti che urlano, circondati da decine di agenti in assetto antisommossa. Nel caos, davanti la sede del Pd, alcuni sostenitori di Matteo Renzi esibiscono, in segno di protesta, dei fogli con su scritto "Il popolo del Sì è con Matteo Renzi", "prima il rispetto...prima il paese". Il Renzi-pensiero nella sua enews Renzi riprende alcuni passaggi già illustrati in assemblea: "Facciamola semplice, senza troppi giri di parole. Dal primo giorno della vittoria alle primarie del 2013 alcuni amici e compagni di strada hanno espresso dubbi, riserve, critiche sulla gestione del partito e soprattutto alla gestione del Governo. Penso che sia legittimo e doveroso in un partito democratico, di nome e di fatto, che chi ha idee diverse possa presentarle in un confronto interno, civile e pacato. Tuttavia è bene essere chiari: non possiamo bloccare ancora la discussione del partito e soprattutto del paese. È tempo di rimettersi in cammino. Tutti insieme, spero, ma in cammino. Non immobili. Il destino del pd e del paese è più importante del destino dei singoli leader". Un appello e una sfida, allo stesso tempo, mantenendo i toni che non hanno convinto la minoranza: "Il nostro dibattito deve essere autentico. Il Pd ha la sua forza nella partecipazione, sia nei circoli che alle primarie. Personalmente ho giurato a me stesso che non sarò mai il leader di qualche caminetto, messo lì da un accordo tra correnti: si vince prendendo i voti, non mettendo i veti". Poi spiega: "Primissime ore del mattino, arrivo in aeroporto e butto un occhio sui canali delle news: tutti ripetono ossessivamente le sfumature e i dettagli delle posizioni interne al pd. Da qualche giorno l'apertura di tutti i media italiani è la scissione, o fuoriuscita, per dirla con le parole di paolo mieli, del partito democratico. Ne sono molto dispiaciuto, anche perchè i motivi di questa divisione sono difficili da comprendere anche a noi, addetti ai lavori: figuriamoci ai cittadini normali". Renzi sottolinea le contraddizioni che a suo avviso ci sono nella posizione degli 'scissionisti': "Per settimane intere gli amici della minoranza mi hanno chiesto di anticipare il congresso, con petizioni online e raccolte firme, arrivando persino al punto di minacciare 'le carte bollate'. Quando finalmente abbiamo accolto questa proposta, ci è stata fatta una richiesta inaccettabile: si sarebbe evitata la scissione se solo io avessi rinunciato a candidarmi. Penso che la minoranza abbia il diritto di sconfiggermi, non di eliminarmi. E se è vero che la parola scissione è una delle più brutte del vocabolario politico, ancora più brutta è la parola ricatto". "Vinca il migliore e poi chi vince ha il diritto di essere aiutato anche dagli altri: si chiama democrazia interna - prosegue il segretario uscente del Pd - l'alternativa è il modello partito-azienda. E sia detto con il massimo rispetto: a me non convince. Certo, è più facile essere guidati da un capo che decide da solo. Ieri un signore di Genova e uno di Milano - senza alcuna carica istituzionale - sono arrivati a Roma insieme e hanno spiegato ai rappresentanti di quella città che cosa fare e che cosa non fare nel governo del Campidoglio. Dall'altra parte accade che da vent'anni in una villa in Brianza si prendono le decisioni che riguardano la destra in Italia, senza la fatica di fare congressi o discussioni vere". "Abbiamo indetto il congresso, secondo le regole dello Statuto. Si terrà nei tempi previsti dallo Statuto. Chi ha idee si candidi. E vinca il migliore. Se qualcuno vuole lasciare la nostra comunità, questa scelta ci addolora, ma la nostra parola d'ordine rimane quella: venite, non andatevene" © Riproduzione riservata 21 febbraio 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/02/21/news/renzi_pd_minoranza_direzione-158828595/?ref=HRER3-1 Titolo: MONICA RUBINO. Lingotto, Renzi apre la kermesse del Pd: "Rivendichiamo il futuro Inserito da: Arlecchino - Marzo 13, 2017, 12:37:47 pm Lingotto, Renzi apre la kermesse del Pd: "Rivendichiamo il futuro contro la paura"
L'ex premier lancia a Torino la sua ricandidatura a segretario: "Noi eredi della tradizione migliore, non reduci". Tra le proposte le primarie per scegliere il presidente Ue e una scuola di partito per formare 200 dirigenti. Al via anche “Bob", la nuova piattaforma web del partito Di MONICA RUBINO 10 marzo 2017 ROMA - Sotto il segno del trolley, Matteo Renzi prova a ripartire dal Lingotto, un luogo altamente simbolico, dove dieci anni Walter Veltroni battezzò l'allora nascente Partito democratico. Ed è proprio questa eredità che viene rivendicata dall'ex premier nei sessanta minuti del discorso di apertura della tre giorni torinese (foto), che ha registrato un boom di partecipazioni. Una relazione programmatica che non contiene nemmeno una parola sull'inchiesta Consip, il "convitato di pietra" della convention. "Siamo eredi della migliore tradizione non reduci - esordisce Renzi con forza - basta con la sinistra che vive di paura e nostalgia". E afferma: "Ripartiamo dai luoghi che hanno segnato la nostra storia. Il futuro non va più di moda ma è la nostra sfida, la paura è l'arma elettorale degli altri". Primarie Pd, Renzi riparte dal Lingotto: ''Siamo eredi, non reduci'' L'attacco agli scissionisti. Renzi affronta subito il nodo delle divisioni interne al partito. "La politica deve essere capace di indicare una direzione, non dividersi tra correnti". E afferma: "La sfida non è il quotidiano nauseante ping pong di queste settimane che ha stancato anche gli addetti ai lavori. O il Pd dà una visione per i prossimi dieci anni al Paese o non serve più". Propone poi unità e dialogo: "Né leggero né pesante: torniamo ad essere un partito pensante, che sappia dialogare e ascoltare". E più avanti non risparmia critiche agli scissionisti: "Liberiamoci dall'atteggiamento di chi va ai talk show per battaglie rancorose verso qualcuno o qualcosa". Per l'ex segretario il nemico comune da battere è l'antipolitica, rappresentata "sia dal populista nei talk show" ma anche "dal tecnocrate abituato a fare come gli pare, perchè tanto il ministro passa e lui resta". Europa e primarie transnazionali. Al centro della mozione renziana c'è l'Europa, considerata "il vero luogo della battaglia politica". Per spiegare la sua idea di Europa, Renzi accusa indirettamente l'ex premier Mario Monti, quando ricorda: "Ci sono stati premier tecnici animati da sentimento antipatriottico e antitaliano. Dicevano: ce lo chiede l'Europa". In proposito riabilita anche il patriottismo in chiave progressista, citando Orwell. Più avanti attacca il M5S: "I 5 Stelle sono passati nel giro di 48 ore dal movimento più anti europeo in assoluto, quello di Farage, a quello più europeista, quello di Verhofstadt: semplicemente è che avevano da piazzarsi, dimostrando l'idea di un'Europa à la carte che noi non abbiamo. Noi siamo per l'Europa dei valori, degli ideali, non delle poltrone". E lancia la proposta dell’elezione diretta del presidente della commissione: "Democrazia non burocrazia Primarie transnazionali ed europee". Un Pd più "collegiale". In un passaggio successivo, Renzi rilancia il significato della parola "compagno": "Perchè siamo qui? Per ridare senso alla parola "compagno", che deriva dal latino "Cum panis", colui che divide l'essenziale, la cosa più importante che ha. Dobbiamo ritrovare il gusto di condividere di discutere". E riconosce "la necessità di maggiore collegialità", incarnata nella sua proposta incarnata dal ministro Maurizio Martina, che correrà in ticket con lui, in rappresentanza della sinistra del partito. Renzi al Lingotto: '' Siamo qui per riscoprire la parola compagno '' Il premier-segretario. Renzi inoltre insiste sul tema politico dell'identificazione tra la figura del premier e quella del segretario del partito di maggioranza, di cui rivendica anche una sorta di certificazione europea: "La sovrapposizione del ruolo tra segretario e premier prevista dal nostro statuto non è una ambizione personale. In tutta Europa i leader dei governi sono anche i leader dei loro partiti". La scuola di formazione e "Bob", Il candidato segretario illustra l'idea di una scuola di formazione per giovani: "Il nostro sogno è una scuola nazionale di politica che duri nove mesi e che formi 200 dirigenti". E annuncia la nuova piattaforma web del partito, che si chiamerà "Bob", come Bob Kennedy. No al reddito di cittadinanza. Per Renzi il Pd deve farsi carico della dimensione umana: "Uno degli errori che abbiamo fatto è stato non coinvolgere le persone dal basso. Abbiamo l'ambizione di tornare a dettare l'agenda per un'Italia che metta al centro la persona". Ammette che alcune delle sue riforme non hanno funzionato, in primo luogo quella della scuola: "Pensavamo che investire tante risorse sull'istruzione fosse importante, le modalità con cui lo abbiamo fatto sono discutibili". E rilancia la necessità di "un gigantesco investimento in tecnologia e green economy". Criticando ancora i Cinquestelle, conclude: "Va respinto il concetto di reddito di cittadinanza. Perché così si afferma il concetto che la rendita è meglio del lavoro. Noi vogliamo un Paese fondato sul lavoro non sui sussidi e sull'assistenzialismo". Renzi al Lingotto, contro il reddito di cittadinanza: "È cultura dell'assistenzialismo" © Riproduzione riservata 10 marzo 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/03/10/news/renzi_lingotto_primarie_pd-160240693/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T2 Titolo: MONICA RUBINO. Vitalizi, la carica dei 629. Pure il Senato verso la riforma Inserito da: Arlecchino - Marzo 26, 2017, 11:49:34 pm Vitalizi, la carica dei 629. Pure il Senato verso la riforma
A settembre scatta la pensione per i parlamentari al primo mandato. Ecco i gruppi più numerosi: in testa democratici e Cinquestelle Di MONICA RUBINO 26 marzo 2017 ROMA. Il "D-Day" è il 15 settembre 2017. Quel giorno i parlamentari al primo incarico della XVII legislatura avranno raggiunto il traguardo dei 4 anni, 6 mesi e 1 giorno. Ossia il periodo minimo di servizio necessario per maturare il diritto alla pensione, secondo la riforma dei vitalizi approvata dal governo Monti nel 2012, che si basa sul sistema di calcolo contributivo. Deputati e senatori al primo mandato riceveranno dunque a 65 anni 950 euro di pensione. Mentre, se verranno rieletti per un'altra legislatura, l'assegno sarà di 1500 euro a 60 anni. È passato solo poco più di un mese e mezzo da quell'sms al programma di Giovanni Floris in cui l'ex segretario del Pd Matteo Renzi si augurava di andare "al voto prima che scattino i vitalizi", scatenando la rivolta fra i parlamentari dem, renziani compresi. Ma poi l'ipotesi di elezioni anticipate è stata archiviata e quindi la meta del 15 settembre è ormai sicura. Una buona notizia per il folto plotone dei neoeletti, che altrimenti avrebbero perso tutti i contributi versati. Quello uscito dalle elezioni del febbraio 2013, infatti, è un Parlamento di novizi. Facciamo i conti: alla Camera su 630 deputati complessivi, ben 438 sono al primo mandato. A Palazzo Madama su 320 senatori 191 sono neoeletti. Sommando le due camere, otteniamo la cifra di 629 novellini su 950 parlamentari, i due terzi del totale. Il partito che ha più parlamentari al primo incarico è, ovviamente, quello di maggioranza: il Pd ha 198 deputati novelli su 284 e 66 senatori su 99, per un totale di 264 parlamentari. Per tutti i grillini (91 alla Camera e 35 al Senato) è la prima volta. Viceversa nei partiti di centrodestra ci sono più "veterani": in Forza Italia i neodeputati sono solo 12 su 50, i senatori "primini" 14 su 43. Gli alfaniani di Ap alla prima esperienza sono 11 su 26 alla Camera, 13 su 27 al Senato. Mentre i verdiniani neoeletti sono circa la metà: 7 su 16 a Montecitorio e 8 su 16 a Palazzo Madama. Tutti al primo mandato, invece, i 17 deputati rimasti in Sinistra italiana. Piuttosto "nuovi" i gruppi Misti, che hanno accolto diversi fuoriusciti cinquestelle. Intanto, mercoledì scorso, l'Ufficio di presidenza della Camera ha rinnovato il contributo di solidarietà sui vitalizi degli ex deputati maturati prima del 2012, aumentando i tagli agli assegni più pesanti. Qualcuno tra i renziani non nasconde che si poteva fare di più: "Comunicativamente parlando si rischia di prestare il fianco al M5S", dice ad esempio Anna Ascani, già critica nei confronti del citato sms di Renzi. I Cinquestelle sostengono infatti l'abolizione definitiva dell'assegno a vita. La palla passa ora al Senato, dove quasi sicuramente sarà approvata una delibera identica a quella di Montecitorio. L'ufficio di presidenza del Senato, però, è un organo monco: mancano infatti tre segretari d'aula che verranno nominati mercoledì. E poi si deciderà quando convocare una riunione ad hoc sul tema vitalizi. Contro la sforbiciata agli assegni protestano invece gli ex onorevoli, pronti a fare ricorso. © Riproduzione riservata 26 marzo 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/03/26/news/vitalizi_la_carica_dei_629_pure_il_senato_verso_la_riforma-161418714/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P1-S1.4-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Pd, il voto dei circoli: affluenza supera il 59%. Inserito da: Arlecchino - Aprile 03, 2017, 04:38:53 pm Pd, il voto dei circoli: affluenza supera il 59%. Renzi è primo con il 68%: "Impressionante, viva la democrazia"
Nelle votazioni per la corsa alla segreteria del Nazareno, l'ex premier è in testa. A Palermo raggiunge l'82%. A Roma conquista 13 municipi su 15. Emiliano vince in Puglia. La mozione Orlando contesta i dati Di MONICA RUBINO 03 aprile 2017 Pd, il voto dei circoli: affluenza supera il 59%. Renzi è primo con il 68%: "Impressionante, viva la democrazia “ROMA - Chiuse le urne nei circoli, si continua a fare la conta dei voti degli iscritti al Pd in attesa dei numeri definitivi del congresso, che si otterranno a partire dal pomeriggio. Il dato finale parla di 266.726 votanti, pari al 59,29% dei 449.852 iscritti. Un'affluenza superiore al precedente congresso del Pd, nel 2013, in cui aveva partecipato il 55,34% degli iscritti. "La partecipazione degli aventi diritto è stata maggiore - commenta il presidente dem Matteo Orfini - anche se in percentuale questa volta avevamo meno iscritti. Il dato è stato piuttosto omogeneo in tutta Italia, non ci sono state contestazioni particolari. Direi che il bilancio è positivo". Secondo i dati raccolti dal comitato Renzi relativi a 4mila circoli, la mozione dell'ex segretario ha ottenuto il 68,22% (141.245 voti), quella di Andrea Orlando il 25,42% (52.630 voti) mentre Michele Emiliano ha raccolto il 6,36% (13.168 voti), per una somma totale di voti validi pari a 207.043. "68 per cento, numeri impressionanti, viva la democrazia e grazie a tutti. Adesso al lavoro, tutti insieme!", scrive su Instagram Matteo Renzi. Mentre il ministro dello Sport Luca Lotti commenta su Twitter: Luca Lotti ✔ @LottiLuca Bene il congresso, meglio ancora i dati ISTAT: il #JobsAct funziona, le polemiche NO. #Avanti 10:39 - 3 Apr 2017 Le polemiche sulle cifre. Ma i dati inizialmente sono stati contestati dal comitato Orlando che ha mostrato numeri un po' diversi: "L'affluenza ai congressi presumibilmente si aggirerà intorno a 200.000 votanti. Orlando al momento ha un consenso intorno al 29,6%, Renzi intorno al 62,4% ed Emiliano all'8%". "Normale dialettica congressuale", taglia corto Orfini. Mentre in mattinata il ministro della Giustizia a Radio Cusano Campus si è detto soddisfatto del suo risultato e ha aggiunto: "La partita è aperta. Già nelle scorse primarie c'è stato uno scarto enorme tra il voto degli iscritti e quello degli elettori". Interviene anche il capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato: "Quando Renzi si scontrò con Cuperlo sostenuto anche da Bersani e D'Alema - dice - alle primarie che videro la partecipazione anche di Civati e Pittella, la percentuale di iscritti che votarono fu del 55,5%. Oggi siamo già al 58,1%. In periodi in cui cresce l'antipolitica e la disaffezione dei cittadini, il Pd è l'unico partito in grado di mobilitare centinaia di migliaia di persone". Anche il comitato di Emiliano ha offerto una stima differente dei dati relativi alla prima fase del congresso, quella dei circoli. Da un confronto sui dati provincia per provincia, su 180343 voti validi, Michele Emiliano ha ottenuto oltre l'8%, spiegano dal comitato, aggiungendo che si tratta di un dato ufficioso. Com'era prevedibile il governatore ha vinto in Puglia, dove ha ottenuto il 42,8% contro il 40,3 di Renzi e il 16,8%. I dati nelle città e nelle regioni. Quanto ai dati nelle città e nelle regioni, secondo il segretario provinciale Carmelo Miceli a Palermo Renzi vince con l'82,1% pari a 4.487 preferenze, Orlando 552 preferenze, pari al 10,09 per cento, ed Emiliano 427 preferenze, pari al 7,81%. In Sicilia l'ex segretario raggiunge il 72,35%, il Guardasigilli il 22,28% e Michele Emiliano il 5,29%. A Roma l'ex segretario espugna per la prima volta i circoli della capitale, vincendo il 13 municipi su 15. Il dato totale definitivo, reso noto nella tarda serata di ieri, vede Renzi al 62,33% (4.868 voti), Orlando al 33,85% (2.644 voti) ed Emiliano al 3,80% (297 voti). Su 11.004 aventi diritto hanno votato 7.809 Iscritti, il 70,96%. Per quanto riguarda i dati nei singoli municipi, Orlando batte Renzi in V (Tor Pignattara e Tor Sapienza) e XI municipio (Garbatella), dove raggiunge il suo massimo con il 49,86%. L'ex premier si spinge fino all'86,67% in VI (Tor Bella Monaca). "Il dato di partecipazione nelle periferie è molto buono - commenta il presidente del Pd Matteo Orfini - segno che due anni di commissariamento del partito nella capitale cominciano a dare buoni frutti". A Bologna i voti validi sono calati da 7800 del 2013 a 5800 del 2017. Secondo le stime di Andrea De Maria, componente della commissione nazionale per il congresso, a Bologna città Renzi raggiunge il 49,88 per cento, Orlando il 47,54% Emiliano al 2,58%. Considerando anche i comuni della provincia, invece, Renzi è primo al 59,26, Orlando secondo al 38,95% ed Emiliano terzo all'1,7%. Nel circolo bolognese Andrea Costa, dove è iscritto anche il sindaco Merola, il Guardasigilli si piazza al primo posto con 121 voti contro i 55 di Renzi e i 4 di Emiliano. Renzi al primo posto anche in Veneto con il 61,8%, secondo Orlando con il 31,5% e terzo Emiliano con il 6,7%. © Riproduzione riservata 03 aprile 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/04/03/news/pd_renzi_voti_polemiche_circoli-162075854/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Maggioranza nel caos, Gotor (Mdp): "È una slavina prodotta ... Inserito da: Arlecchino - Aprile 07, 2017, 12:58:35 pm Maggioranza nel caos, Gotor (Mdp): "È una slavina prodotta dall'arroganza di Renzi"
Dopo l'elezione del centrista Torrisi alla presidenza della commissione Affari Costituzionali del Senato, la replica del senatore demoprogressista: "Non siamo noi i traditori, il Pd si guardi in casa" Di MONICA RUBINO 06 aprile 2017 ROMA - "Il Pd dice che siamo un'inedita ammucchiata? Si vede proprio che hanno nostalgia di Verdini". Miguel Gotor, senatore Mpd, respinge con sarcasmo al mittente le accuse di tradimento rivolte al suo partito dai democratici, dopo l'elezione di Salvatore Torrisi a presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera. E afferma perentorio: "I miei due colleghi in commissione hanno votato entrambi per il candidato Pd Giorgio Pagliari, non hanno tradito la maggioranza". Allora il Pd i traditori ce li ha in casa, come ha detto anche Pier Luigi Bersani? "La matematica non è un'opinione. A Pagliari, persona che conosco e stimo, sono mancati cinque voti. Dunque il Pd, prima di alzare inutili polveroni che sono un prodotto della frustrazione, guardi a casa sua e consideri anche il fatto che è sotto congresso e con una vivace dialettica fra le correnti. Trovo sbagliato che i democratici scarichino sull'esterno delle questioni e dei problemi che, fino a prova contraria, potrebbero trovarsi proprio al loro interno". Quindi il problema è politico? "Indubbiamente c'è stato un crollo della maggioranza. Questa è una slavina prodotta dall'arroganza di Renzi e dalla dialettica interna al Pd. Non gli è mancato un solo voto, come la volta in cui fallirono l'elezione del loro candidato in commissione Trasporti. Quindi invece di fare la caccia al traditore, facciamo la caccia alla buona politica. Qui c'è una lezione da trarre". E sarebbe? "Su materie di carattere istituzionale, come la legge elettorale che stabilisce le regole del gioco per tutte le forze del Parlamento, non è possibile proseguire a spallate, con colpi di mano. Serve un bagno di umiltà e un po' più di realismo: il tempo della presunta onnipotenza è finito la sera del 4 dicembre". Che ne pensa dell'incontro dei vertici del Pd con Paolo Gentiloni? "La visita al premier di Matteo Orfini e Lorenzo Guerini rivela un vizio di origine e di grammatica democratica. La legge elettorale non è pertinenza di un governo ma del Parlamento. E non si può imporre con la fiducia come avvenuto con l'Italicum. Evidentemente il frontale politico e costituzionale fatto con l'Italicum non ha insegnato nulla". Ritiene che sulla legge elettorale il Pd stia prendendo tempo? "Senza dubbio i democratici stanno facendo melina in attesa della conclusione del congresso e alla Camera stanno impedendo di fissare un testo base realistico". Il Pd vi accusa di aver fatto asse con il fronte dei "proporzionalisti puri". Qual è vostra posizione sulla legge elettorale? "Stiamo ai principi di fondo, quelli già presenti nella proposta presentata da alcuni di noi nel luglio 2016, quando eravamo ancora nel Pd. Anzitutto bisogna rispondere all'esigenza del Capo dello Stato di armonizzare due monconi contrastanti di leggi elettorali consegnati dalla Consulta in due momenti diversi". Ce li spieghi meglio. "Per prima cosa diciamo no ai capilista bloccati: vanno aboliti per recuperare un rapporto fra cittadini e istituzioni sul versante della rappresentanza. Poi vogliamo collegi medio-piccoli per avere candidati riconoscibili. Ora abbiamo collegi molto grandi alla Camera e abnormi al Senato, per di più con le preferenze. Senza finanziamento pubblico significa mettere i nuovi parlamentari in mano ai finanziatori privati che li sostengono, accentuando una deriva plutocratica della democrazia italiana, o peggio nelle grinfie della criminalità organizzata. Infine è necessario mantenere un incentivo alla governabilità per evitare l'eccesso di frammentazione di un quadro esclusivamente proporzionale". Che cosa intende per "incentivo alla governabilità"? "Un premio a chi vince, ma contenuto, non potenzialmente sproporzionato come nell'Italicum". Nel complesso siete su una linea comune anche ad altre forze di opposizione. "Siamo vicini a una linea di saggezza e di responsabilità nazionale. Ricordo che noi non votammo la fiducia sull'Italicum e Roberto Speranza si dimise da capogruppo del Pd alla Camera. Già allora stavamo dalla parte giusta come ha dimostrato la Consulta. Altri invece, che continuano a stare col ditino alzato, erano dalla parte sbagliata. Questo ci dà credibilità". A proposito di programmi per il futuro. Ieri avete firmato il contratto di affitto della nuova sede nazionale di Mdp? "Sì, è in via Zanardelli, tra il Museo Napoleonico e Castel Sant'Angelo, a due passi dal Senato. Almeno i luoghi direi che suggeriscono che abbiamo qualche ambizione". © Riproduzione riservata 06 aprile 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/04/06/news/caso_torrisi_gotor_mdp_e_una_slavina_frutto_dell_arroganza_di_renzi_-162313362/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T2 Titolo: MONICA RUBINO. Orfeo tampinato dai giornalisti. Ma i due "inviati" sono dello... Inserito da: Arlecchino - Aprile 11, 2017, 06:15:28 pm Orfeo tampinato dai giornalisti. Ma i due "inviati" sono dello staff M5s
Il direttore del Tg1 nel mirino di due finte "Iene" pentastellate. Il Pd: "Grave azione da parte di dipendenti di un gruppo parlamentare. Grasso intervenga". Lupi (Ap): "È stalking". Di Battista: "Se Renzi prova a bloccare Report va bene?" Di MONICA RUBINO 11 aprile 2017 ROMA - Sono due componenti dello staff dei 5s al Senato i personaggi che, imitando lo stile delle "Iene", hanno preso di mira il direttore del Tg1 Mario Orfeo. Il M5s attacca infatti sul blog di Beppe Grillo e sui social il direttore del telegiornale Rai, accusandolo di aver relegato in secondo piano l'inchiesta Consip e aver censurato il discorso di Virginia Raggi alle celebrazioni dei 60 anni dei Trattati europei. In un video, pubblicato sul sito del fondatore, una persona che si qualifica come giornalista, accompagnata da un operatore che gira le riprese, pone in due momenti diversi alcune domande a Orfeo, cogliendolo di sorpresa per strada. "Riguardo alla gestione del Tg1 - gli viene chiesto - perché Grillo e Di Battista indagati per diffamazione per una querela sono stati tutti i giorni sopra le prime pagine del vostro telegiornale, mentre sul caso Consip, nulla...niente da dire?". Il giorno successivo i due incalzano di nuovo Orfeo mentre è al telefono e sta per salire sulla sua auto e gli chiedono: "Direttore ci può rispondere come mai ha censurato la Raggi per i Trattati di Roma? Per favore ci risponda. Non usi il telefonino alla guida, mi raccomando. Scappa anche oggi?". Il direttore se ne va senza rispondere. Una scritta in sovraimpressione lancia l'hashtag #OrfeoRispondi, che in breve tempo rimbalza sui social e viene rilanciato su Twitter da moltissimi esponenti grillini, a cominciare da Luigi Di Maio. Il video induce a pensare che si tratti di giornalisti mandati da qualche testata. Invece i due personaggi, il giornalista Matteo Incerti e il camionista e videomaker Nicola Virzì, detto "Nick il Nero", fanno parte dello staff dell'ufficio comunicazione M5s del Senato, mandati in missione dal Movimento per un'operazione di evidente propaganda. I due sono stipendiati, insomma, dai 5s attraverso i finanziamenti destinati ai gruppi parlamentari, cioè con soldi pubblici. Si trovano dunque esattamente nella stessa situazione che il Movimento imputa al direttore. Sul blog di Grillo infatti si legge: "Orfeo è un giornalista che dirige la più importante testata d'informazione della Rai, la televisione pubblica. Cioè di tutti i cittadini e pagata dagli stessi con il canone. Delle risposte ai cittadini che gli pagano lo stipendio sono più che dovute". Unanime la reazione del Pd di condanna dei metodi pentastellati. I senatori dem chiedono l'intervento dell'Ufficio di Presidenza del Senato e affermano in una nota: "È gravissimo che dei dipendenti di un gruppo parlamentare, pagati con soldi pubblici, si siano finti giornalisti per meri interessi di partito". Stefano Lepri aggiunge: "Orfeo risponde agli organi di vigilanza parlamentari, non ai 5s". Per Raffaele Ranucci, componente della commissione di Vigilanza Rai, "l'aggressione costante di Beppe Grillo & co al direttore del Tg1 sta assumendo sempre più i contorni di una vera e propria intimidazione". Concetto rincarato da Francesco Russo: "Queste forme di autogiustizia ricordano i tempi bui del nostro Paese". Mentre il deputato Ernesto Carbone si chiede: "Tra poco faranno picchiare i giornalisti non graditi?". Anche Maurizio Lupi, capogruppo Ap alla Camera, interviene sul caso in commissione Vigilanza: parla di "stalking" contro Orfeo e chiede chiarimenti al presidente Roberto Fico "sull'utilizzo improprio dei dipendenti dei gruppi". Persino Maurizio Gasparri di Forza Italia commenta: "Oggi siamo ai pedinamenti, a quando l'aggressione fisica?". E Renato Brunetta twitta a nome del gruppo FI alla Camera: "M5S chieda scusa a Orfeo". Più tardi arriva anche la replica del Movimento, attraverso Alessandro Di Battista: "Il M5S fa domande a Orfeo, legittime, e il Pd grida allo scandalo. Poi Renzi cerca di bloccare il servizio di Report e va bene?" afferma il deputato grillino nel corso di una conferenza stampa al Senato sull'inchiesta del programma Rai sul salvataggio de L'Unità da parte di Massimo Pessina e i suoi legami con l'Eni. Poi con un nuovo post sul blog di Grillo: "Il problema per Pd, Forza italia e altri partiti, sono due dipendenti del gruppo comunicazione del M5s Senato che fuori dall'orario di lavoro e a loro spese, hanno educatamente rivolto alcune domande al direttore del Tg1". © Riproduzione riservata 11 aprile 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/04/11/news/orfeo_tampinato_dai_giornalisti_ma_i_due_inviati_sono_dello_staff_m5s-162714133/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_11-04-2017 Titolo: MONICA RUBINO. Primarie Pd, Orlando: "Se Renzi dovesse guardare a Berlusconi,... Inserito da: Arlecchino - Aprile 28, 2017, 12:23:09 pm Primarie Pd, Orlando: "Se Renzi dovesse guardare a Berlusconi, chiederò referendum
Il candidato alle primarie Pd Andrea Orlando ospite del videoforum di Repubblica Tv Il candidato alla segreteria dem e ministro della Giustizia al videoforum di Repubblica Tv: "O vince il Pd o vince Renzi" Di MONICA RUBINO 27 aprile 2017 ROMA - Un referendum interno al partito per scegliere con chi allearsi, in caso di sistema elettorale proporzionale. A lanciare l'idea è il candidato alle primarie e ministro della Giustizia Andrea Orlando, ospite del videoforum di Repubblica Tv: "Se ci sarà da scegliere se andare al governo con Berlusconi o Pisapia, io chiederò la convocazione di un referendum tra gli iscritti come prevede il nostro Statuto". Per il Guardasigilli insistere sul Mattarellum, come ha ribadito l'ex segretario anche durante il confronto su Sky di mercoledì sera, significa di fatto bloccare la riforma della legge elettorale in Parlamento: "Parlare di maggioritario non significa nulla - afferma Orlando - Bisogna introdurre un premio di governabilità alla coalizione, che permetta a chi arriva primo di avere qualcosa in più". Orlando: ''Se Renzi dovesse guardare a Berlusconi, chiederò referendum'' Per il ministro della Giustizia il popolo di centrosinistra alle primarie dovrà pronunciarsi su un punto: "O vince il Pd o vince Renzi. Le due cose non sono conciliabili". Insomma per Orlando la scelta per gli elettori democratici sarà tra il partito personale dell'ex premier e un nuovo centrosinistra, che il Pd deve impegnarsi a ricostruire per vincere. Per Orlando, infatti, l’ex segretario "cerca una rivincita" dalla sconfitta del 4 dicembre: "Mi è spiaciuto che al confronto su Sky il tema del referendum sia stato derubricato - spiega il Guardasigilli - Avrei voluto spiegare perché gli errori compiuti dal governo Renzi hanno avuto nell'esito referendario una cartina di tornasole". I settori più deboli della società, che hanno votato No in segno di protesta, "non si riconoscono nel Pd, non si sentono raccontati", insiste Orlando e aggiunge: "Continuare a dire che il peggio è alle spalle risulta insultante per chi si trova ancora in difficoltà". Legge elettorale, Orlando: ''Renzi ha bloccato tutto'' E, a chi, a cominciare da Renzi, lo accusa di essere stato per tre anni al governo con lui e aver avallato ogni scelta, il ministro replica: "Ho sempre detto che il Pd non era nelle condizioni di svolgere una funzione riformista. Abbiamo calato tutte le riforme dall'alto, dal governo". Sul perché non si sia dimesso da ministro, Orlando sottolinea: "Mi sembrava mio dovere istituzionale portare la riforma della giustizia penale fino in fondo". Sul tema migranti, in merito alle affermazioni del procuratore di Catania su presunti legami fra alcune Ong e trafficanti di uomini, Orlando puntualizza: "Spero che la procura di Catania parli attraverso le indagini, gli atti, perché credo sia il modo migliore. Se il pm ha elementi in questo senso faremo una valutazione. In generale, non è giusto ricostruire la storia delle Ong come la storia di collusi con i trafficanti, è una menzogna". Orlando: "Togliere le mele marce nelle Ong, ma non generalizzare" © Riproduzione riservata 27 aprile 2017 Da - http://www.repubblica.it/speciali/politica/primarie-pd2017/2017/04/27/news/primarie_pd_videoforum_con_andrea_orlando-164001436/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_27-04-2017 Titolo: MONICA RUBINO. Primarie Pd, la mappa del voto: calo di elettori nelle regioni... Inserito da: Admin - Maggio 03, 2017, 10:10:29 am Primarie Pd, la mappa del voto: calo di elettori nelle regioni "rosse"
Al Sud Renzi ha vinto con percentuali minori, ma la diminuzione dei votanti è stata più contenuta rispetto al 2013. Affluenza più alta di quattro anni fa in Puglia, Basilicata e Abruzzo Di MONICA RUBINO 02 maggio 2017 ROMA - La partecipazione alle primarie del Pd domenica scorsa è stata più larga del previsto, con circa due milioni di elettori. Ma all'appello mancano più di 800mila voti rispetto alla precedente tornata del 2013. E mentre il comitato di Andrea Orlando rivendica per il ministro della Giustizia il 22,6% contro il 19,5% reso noto dall'organizzazione del partito, nelle regioni si fanno i conti e i confronti con le primarie di quattro anni fa. I "desaparecidos" del voto si sono concentrati nelle regioni "rosse", come Toscana ed Emilia Romagna, dove la scissione si è fatta sentire di più. E dove, paradossalmente, il trionfatore Matteo Renzi ha vinto con percentuali molto alte, a fronte però di un maggiore calo di elettori. Segno che il Partito democratico che esce da queste primarie è diventato più "renziano" e meno partecipato in termini assoluti. Meno voti nelle regioni "'rosse". Osservando la mappa del voto regione per regione, vediamo ad esempio che in Toscana l'ex premier vince con il 79%. Ma gli elettori calano: dai 393mila del 2013 si passa ai 210mila attuali. Dimezzata la partecipazione in Emilia Romagna, dove Renzi vince con il 74%. Ma si passa dai 415mila elettori delle primarie 2013 ai 216mila di domenica scorsa. Stesso fenomeno in Umbria: l'ex segretario riconfermato prende rispettivamente l'80%, ma si passa dai 71mila elettori del 2013 ai 41mila attuali. E nelle Marche: vittoria per Renzi con il 77%, ma calo di votanti da 93mila di quattro anni fa ai 47 mila di domenica. Significativo, poi, il dato di alcune città tradizionalmente di sinistra: a Bologna si passa da 98mila a 54mila, Reggio Emilia da 55mila a 30mila, a Livorno da 14mila del 2013 ai 7mila del 30 aprile. Dimezzamento anche a Roma, dove si sono recati ai gazebo in 77mila contro i 150mila del 2013 (nella Capitale Renzi vince con il 70%). Il Nord. Meno elettori anche al Nord, ad eccezione della Lombardia dove il calo di votanti è stato più contenuto (Renzi prende il 76% e si passa dai 377mila del 2013 ai 226mila del 2017). In Veneto, Renzi vince con il 72,5% ma gli elettori diminuiscono da 177mila a 90mila. In Friuli Venezia Giulia, la regione governata dalla renziana Debora Serracchiani, l'ex premier vince con il 66,9%, ma i votanti calano da 47mila a 25mila. Dimezzamento netto in Trentino Alto Adige: Renzi vince con il 73%, ma si passa da 28mila a 14 mila. In Piemonte l'ex segretario viene riconfermato con il 75%, ma gli elettori diminuiscono da 164mila a 90mila. In Liguria Renzi vince con il 64,4% e si passa da 82mila a 48mila votanti. Infine, in Valle d'Aosta, l'ex premier vince con il 70% su 1888 votanti contro i 3569 del 2013. Più voti al Sud. Il Sud, invece, è in controtendenza. Ad eccezione della Calabria, Renzi vince con percentuali più basse ma il calo di elettori è più contenuto. Anzi in alcuni casi, come la Basilicata, la Puglia e l'Abruzzo, si registra un aumento di votanti. In Calabria Renzi prende il 75% e gli elettori passano da 89mila del 2013 a 70mila del 2017. In Sicilia vince con il 65% e i votanti diminuiscono da 129mila a 110 mila. In Campania prende il 68,5% e si passa da 192mila a 151mila. In Basilicata Renzi vince con il 61,82%, ma gli elettori aumentano da 32mila del 2013 a 41mila del 2017. La Puglia è l'unica regione in cui ha vinto il governatore Michele Emiliano con il 62% (Renzi invece si è fermato al 32%) e si è avuto un aumento dei votanti da 123mila del 2013 a 151mila del 2017. In Abruzzo l'ex premier vince al 65%: hanno votato 45mila persone contro le 40mila del 2013. E in Molise prende il 63% delle preferenze su 11.813 votanti contro i 12.600 del 2013. Renzi vince anche in Sardegna con il 70%, con 43mila votanti contro i 59mila del 2013. © Riproduzione riservata 02 maggio 2017 Da - http://www.repubblica.it/speciali/politica/primarie-pd2017/2017/05/02/news/primarie_pd_la_mappa_del_voto_calo_di_elettori_nelle_regioni_rosse_-164427445/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Renzi a Rep Tv: "Non diamo Grillo per morto". Inserito da: Arlecchino - Giugno 13, 2017, 05:26:10 pm Renzi a Rep Tv: "Non diamo Grillo per morto". Legge elettorale: "Nessun patto extra-costituzionale"
Il segretario del Pd ospite del videoforum sulle elezioni comunali: "Pareggio fra centrodestra e centrosinistra, ora i rigori". Sulla sconfitta a Rignano: "Nessuno può negare il legame con il caso Consip". E sulle alleanze: "Aperti a Pisapia, non a D'Alema" Di MONICA RUBINO 13 giugno 2017 ROMA - "Grillo boccheggia, Renzi galleggia, Berlusconi festeggia?". Il segretario del Pd Matteo Renzi non condivide questa analisi sulle elezioni comunali. E parla di una chiara sconfitta del M5S, al ballottaggio solo in otto comuni su 140. Mentre per il Pd non si è trattato di un insuccesso: "Intanto abbiamo conquistato Palermo e Cuneo al primo turno e poi siamo al ballottaggio in 18 capoluoghi". Per il segretario dem non è vero che il Pd, in questa tornata elettorale, si è nascosto dietro alle liste civiche: "Non ci credo alla crisi dei grandi partiti. I sondaggi dicono che il Pd è al 30%. Poi vedo i socialisti francesi al 5%, anche in Olanda sono al 5%, gli altri partiti in difficoltà. Eviterei di fare tutta l'erba un fascio". Le elezioni comunali. Dal punto di vista politico siamo di fronte a un "sostanziale pareggio fra centrodestra e centrosinistra, ora ci saranno i rigori", continua Renzi. E avverte: "Non diamo per morto Grillo. Il M5S c'è, è una forza politica. Non so per quanto tempo andrà avanti, se si guarda a un caso come l'Ukip di Farage. Se ragionano di scie chimiche e danno sempre la colpa agli altri, perdono credibilità. Quindi sì, sono in difficoltà, ma sono un avversario alle prossime politiche". E continua: "Cinque anni fa i grillini governavano a Parma, Comacchio e Mira. Le hanno perse tutte e tre, perché a Comacchio il sindaco rieletto è un fuoriuscito del Movimento. Così come Pizzarotti a Parma, al ballottaggio. A Mira invece il candidato pentastellato al duello finale non ci è nemmeno arrivato. Questo però, ribadisco, non significa che Grillo sia finito. In compenso lui ha fatto un post per attaccarci, dicendo che noi siamo spariti". La sconfitta che brucia di più al segretario dem, però, è quella della sindaca uscente di Lampedusa, Giusi Nicolini: "Dispiace che abbia perso, perché rappresentava i nostri valori", ammette. Caso Consip. A Rignano sull’Arno il Pd è andato male, un dato di fatto che offre a Renzi lo spunto per ritornare sul caso Consip: "Mi trova uno che neghi l'equazione tra le vicende Consip e il fatto che abbiamo perso a Rignano? Negli ultimi sei mesi chi non è stato su Marte ha visto questo scandalo costante della vicenda di Rignano. Poi si è scoperti che pezzi dell'Arma fabbricavano prove false. Io non smetterò mai di chiedere la verità". Legge elettorale. Dopo il fallimento dell'accordo politico a quattro sul sistema tedesco, l'ex premier torna a difendere il maggioritario: "Io sono per la democrazia decidente, un modello basato su un meccanismo che faccia scegliere i cittadini e che non sia rigorosamente proporzionale. Ma gli italiani hanno detto no il 4 dicembre e hanno votato per la democrazia rappresentativa. Io da allora ci ho rinunciato. In Parlamento non ci sono i numeri per una legge maggioritaria". No alle larghe intese. Renzi nega inoltre che dietro il patto sulla legge elettorale ci fosse un "patto extra-costituzionale" o un accordo di coalizione con Berlusconi: "Le grandi intese arrivano, se arrivano, Quando c'è lo stallo. Non è l'opzione mia, né di nessuno". E aggiunge: "L'accordo con Berlusconi ce lo avete in testa voi giornalisti. Io so che l'ha fatto Bersani, nel 2011 e nel 2013, e l'ha fatto Letta nel 2013. Berlusconi ha fatto di tutto per far fallire il referendum e non è propriamente il mio migliore amico. Detto questo il Cavaliere rappresenta Forza Italia. Io ho voluto al tavolo FI, Grillo, la Lega e la sinistra radicale. Se ci sono 4 leader di partiti che si mettono d'accordo e scelgono insieme le regole del gioco non è un patto extracostituzionale, ma parlamentare". E conclude: "L'accordo è passato in commissione, ma poi chi l'ha fatto fallire in aula sono stati i Cinquestelle". Elezioni nel 2018. "Adesso si voterà a scadenza naturale", aggiunge il segretario Pd e chiarisce: "Non abbiamo mai chiesto le urne anticipate. Comunque ora sarà molto difficile riaprire il tavolo della discussione sulle regole del voto". Per ora, dunque, il Pd non prenderà nuove iniziative: "Se proponiamo qualcos'altro ci denunciano per stalking. Abbiamo fatto il referendum, il ballottaggio, il Mattarellum, il Rosatellum, il Tedesco... La cosa migliore è prendersi un po’ di tempo. Il punto vero è che tra gli italiani contano i voti, non i veti". Pd "allargato" e apertura a Pisapia. Le ultime elezioni amministrative hanno segnato il ritorno delle coalizioni. Renzi apre a Giuliano Pisapia e avanza l'ipotesi di un Pd 'allargato': "Dipende da quale legge elettorale ci sarà, ma se ci sarà la possibilità di individuare dei candidati, vedremo se con preferenze o collegi, vogliamo mettere persone delle associazioni e del terzo settore nelle liste. E siamo disponibilissimi a dialogare con Pisapia e Boldrini. Non c'è nessun cambio di strategia. Io con Pisapia non ho mai chiuso". Con Sinistra italiana, invece, non ci sono punti di contatto: "Con Fratoianni l'alleanza non la faccio perché su Jobs act e investimenti la pensiamo in modo diverso. Sono i contenuti a definire le alleanze, l'alleanza di centrosinistra può arrivare al 40%". Anche con lo "scissionista" Massimo D'Alema il dialogo è impossibile: "È un'ipotesi negata dalla realtà, quelli se ne sono andati perché non volevano dialogare con noi". No all'Unione-bis. Infine, sul tema delle future coalizioni, sottolinea: "Ben venga tutto quello che serve a tenere insieme il centrosinistra, purché non si torni a un'Unione-bis, da Turigliatto a Mastella. Serve serietà. Chi è il presidente del Consiglio che è stato mandato a casa due volte? Se c'è una persona che sa cosa gli hanno fatto, nel 1998 e nel 2008, è proprio Romano Prodi". Le sei leggi da non tradire. Quanto ai provvedimenti rimasti a metà strada, Renzi puntualizza: "Non riusciremo a portare a termine tutte quelle che avete scritto voi di Repubblica. La cannabis sicuramente non passerà. Su ius soli e biotestamento ci sono le condizioni per chiudere. Idem per processo penale e codice antimafia". No aumento tasse. Quanto alla manovra di ottobre, il segretario Pd rassicura: "Possiamo stare tranquilli che le tasse non aumenteranno. La linea del Pd è il non-aumento delle imposte, ed è quella che Gentiloni sostiene". Risposta a Grillo sui campi Rom. Sullo stop chiesto da Grillo ai campi rom, Renzi risponde: "Credo che siano le classiche dichiarazioni per prendere in giro gli italiani. Io a Firenze l'ho smontato un campo rom. Bisogna saper distinguere tra chi delinque e chi vuole andare a scuola. Io l'ho fatto, Grillo in questo momento ha un problema: si sta accorgendo che la realtà è più complicata del blog e la politica più difficile dell'algoritmo". Il quotidiano l'Unità. Infine, sulla situazione critica dell'Unità, il segretario del Pd conclude: "L'editore non riesce a trovare il pareggio. Non è del Pd, è stata venduta a un privato. Cercheremo di stare vicini alle famiglie, però è di un privato. Vorrei che si guardasse a quali erano i numeri quando noi siamo arrivati. Non erano buoni...". © Riproduzione riservata 13 giugno 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/06/13/news/videoforum_rep_tv_matteo_renzi-167981322/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Comunali, Renzi tira dritto: "Il risultato è 67 a 59". Inserito da: Arlecchino - Giugno 27, 2017, 11:23:34 am Comunali, Renzi tira dritto: "Il risultato è 67 a 59".
Orlando: "Il Pd ha perso" Il centrodestra strappa alla sinistra 12 città capoluogo. La minoranza interna al Pd e gli scissionisti di Mdp lanciano l'assalto al fortino. Ma la leadership renziana non è messa in discussione. Il 10 luglio convocata la direzione Di MONICA RUBINO 26 giugno 2017 ROMA - "67 a 59". Così il segretario del Pd Matteo Renzi sintetizza su Twitter, citando l'analisi di Youtrend, i risultati complessivi di queste elezioni comunali mentre la minoranza interna e gli scissionisti di Mdp lanciano l'assalto al fortino. Con Andrea Orlando, suo sfidante al Congresso, che lo invita a non usare le parole della vecchia politica: "Il Pd ha perso le amministrative, non si può parlare di risultato a macchia di leopardo". Per il Guardasigilli, che domani riunirà la sua area e poi con Gianni Cuperlo sarà alla manifestazione del 1° luglio di Giuliano Pisapia a piazza Santi Apostoli, il segretario ha l'onere di "ricomporre un campo politico", riposizionando il partito. Ma le comunali non possono avere "conseguenze sul governo". Se, in totale, il centrosinistra si è aggiudicato più comuni sopra i 15mila abitanti, fra primo e secondo turno, è pur vero però che il centrodestra unito è riuscito a strappare alla sinistra i capoluoghi maggiori e alcune delle sue roccaforti storiche, a cominciare da Genova per continuare con La Spezia fino a Piacenza e Pistoia. Il centrodestra si è però imposto anche in comuni più piccoli ma fortemente simbolici, come Budrio dove la sinistra governava da 70 anni, e Sesto San Giovanni, soprannominata la "Stalingrado d'Italia". LO SPECIALE ELEZIONI COMUNALI 2017 Centrodestra vincente. Il turno di ballottaggio premia dunque i candidati di centrodestra, che sono riusciti ad archiviare un ottimo recupero rispetto al primo turno di voto, quando furono eletti 29 sindaci di centrosinistra contro solo 13 del centrodestra. Al secondo turno però - rileva il flusso di dati di Youtrend - i candidati sindaci del centrodestra sono riusciti a spuntarla in 46 grandi comuni, riuscendo ad arrivare, sommando i 13 del primo turno, a ben 59 eletti. Il centrosinistra invece al secondo turno è riuscito a vincere in 38 municipi, arrivando così - con i 29 del primo turno - a 67. Il bilancio del M5S. Ballottaggio decisivo anche per il M5S, che riesce a migliorare un dato nel complesso deludente, strappando 8 comuni, fra cui Carrara, Guidonia e Fabriano (rispetto al nulla di fatto del primo turno). Risultato in linea con il recente passato per le liste civiche, sempre più presenti in tutti i territori del Paese, che sono riuscite ad insediare 20 primi cittadini, 7 eletti al primo turno e 13 al ballottaggio. Le città capoluogo. Come accennato, il centrodestra è riuscito a strappare al centrosinistra 12 città capoluogo: Genova, l'Aquila, Monza, Piacenza, La Spezia, Alessandria, Asti, Pistoia, Como, Rieti, Lodi e Oristano. Il centrosinistra invece è riuscito a imporre un cambio di colore a Padova e a Lecce, riuscendo a "tenere" a Palermo - dove si è imposto largamente con Leoluca Orlando già al primo turno - Taranto, Lucca e Cuneo. Renzi si difende. Nel complesso, però, c'è poco da festeggiare, come riconosce anche il capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato, che a urne chiuse afferma senza mezzi termini: "Abbiamo perso". Un'ammissione che contrasta con il tweet mattutino di Renzi, che posta il già citato grafico realizzato da Youtrend, relativo ai comuni sopra i 15mila abitanti. Minoranza Pd all'attacco. Al Nazareno, intanto, ci si prepara a un vero e proprio assedio di chi - dalla minoranza interna, agli "scissionisti" di Mdp, fino alla sinistra di Pisapia - spingerà sulle alleanze e un "nuovo centrosinistra". Gli avversari interni proveranno a "riaprire il congresso". Ma i renziani invitano l'opposizione interna e, in particolare, Orlando ad andarci piano nell'analisi: i risultati peggiori si sono avuti nella sua Liguria, han perso candidati civici di centrosinistra, il che mostra che "coalizione non è una risposta". Di mettere in discussione la leadership di Renzi non se ne parla, affermano al Nazareno. Per ora la linea del segretario non cambia. "Il risultato è locale e a macchia di leopardo" ribadisce il segretario, le politiche sono "un'altra cosa", le coalizioni non sono necessariamente la ricetta per battere la destra. Proprio i ballottaggi - notano i suoi - dimostrano che bisogna smetterla di lacerarsi ed elucubrare sulle alleanze, ma lavorare a un Pd "largo" per battere la destra al voto. © Riproduzione riservata 26 giugno 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/06/26/news/comunali_renzi_sotto_assedio_ma_tira_dritto_il_risultato_e_67_a_59_-169150272/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T2 Titolo: MONICA RUBINO. Pd, conti in rosso. Cassa integrazione per 174 dipendenti Inserito da: Arlecchino - Luglio 29, 2017, 05:59:06 pm Pd, conti in rosso. Cassa integrazione per 174 dipendenti
La misura proposta dal partito in un incontro con i sindacati e la rappresentanza dei lavoratori. Che propongono strade alternative Di MONICA RUBINO 27 luglio 2017 ROMA - Quando in un'azienda i conti sono in rosso si corre ai ripari tagliando i costi, compresi quelli del lavoro. E questo vale anche se l'azienda è un partito, nel nostro caso il Pd, e i lavoratori sono i 174 dipendenti che lo mandano avanti. Questa mattina in una riunione fra il tesoriere dem Francesco Bonifazi, i rappresentanti dei lavoratori e i sindacati, il Pd ha richiesto la cassa integrazione per 12 mesi per tutti i dipendenti del partito. L'intenzione è di dare avvio alla procedura ufficiale per l'utilizzo della Cig con l'apertura di un tavolo tecnico presso il ministero del Lavoro. Ma i lavoratori frenano e invitano a ponderare anche soluzioni alternative, come i prepensionamenti o i contratti di solidarietà. Secondo il Pd l'incontro di stamane si è svolto in un clima disteso e costruttivo e i lavoratori si sarebbero dimostrati consapevoli delle difficoltà in cui si trova il partito. Ma la versione dei dipendenti è un po' diversa: qualche tensione c'è stata, nessun lavoratore fa i salti di gioia quando gli viene proposta la cassa integrazione. Alla perplessità sulle modalità con cui il partito ha impostato la contrattazione con i lavoratori, si unisce anche il dispiacere per la tempistica: "Perché parlarne il 27 luglio, a ridosso delle vacanze estive? Siamo sicuri che la Cig sia l'unica strada possibile?", si chiede Maurizio Chiocchetti, uno dei rappresentanti eletti dai lavoratori. Di fatto i dipendenti del Nazareno sono consapevoli della gravità della situazione finanziaria del partito, che ha un buco di 9 milioni sul bilancio del 2016 e conta di recuperarne 3 dall'introduzione della cassa integrazione. Il nuovo tesoriere Bonifazi nel dicembre 2013 ha ricevuto dal suo predecessore Antonio Misiani un partito in forte difficoltà, che aveva perso 10,8 milioni di euro dopo la chiusura dei rubinetti del finanziamento pubblico. Prima di arrivare a proporre la cassa integrazione ha resistito tre anni, praticando tagli fino all'80% su servizi e fornitori. La situazione è migliorata ma i conti ancora non tornano e non resta che mettere mano alla spesa per il personale. Che costa 8 milioni all'anno. Troppi, secondo il Nazareno, che calcola il costo medio per addetto in 5.500 euro contro i 3.300 di un dipendente della Cgil. Numeri che però vengono contestati dai lavoratori del Pd secondo cui il confronto è campato per aria: "Quella cifra comprende l'intero costo per l'azienda, compresi gli oneri contributivi, è scorretto parlare di "lordo", come abbiamo letto su qualche giornale", afferma Lucio Cafarelli della rappresentanza interna. "Abbiamo chiesto il quadro esatto degli stipendi - aggiunge Chiocchetti - e anche le età dei dipendenti per capire chi è più prossimo alla pensione. E fare un ragionamento compiuto". Oltre ai suo dipendenti, il Nazareno ha intenzione di intervenire anche sui parlamentari "morosi". Ossia quelli che non hanno versato tutti i mesi al partito la cifra di 1500 euro, una regola -o meglio un dovere morale - sottoscritta nel momento in cui si accetta la candidatura alla Camera o al Senato. Qualcuno, incluso per sbaglio nell'elenco dei debitori, smentisce con forza. Come il renzianismo Ernesto Carbone che specifica: "Non ho nessun debito, ogni mese dal mio conto parte il bonifico automatico al partito". Qualcun altro non conferma né smentisce, come Ugo Sposetti, ex tesoriere Ds: "È il minimo che poteva fare il Nazareno dopo la mia opposizione sui vitalizi. Sono tranquillo, le azioni miserabili rimangono tali". Chi, ancora, promette verifiche come il deputato Yoram Gutgeld, consigliere economico di Renzi e inventore degli 80 euro: "Se manca qualcosa, ovviamente integrerò". Altri, come Simone Valiante, chiedono di rateizzare il debito. Ma dovranno sbrigarsi a mettersi in regola, perché Bonifazi promette di far partire una lettera a tutti i morosi in cui minaccia di pubblicare i loro nomi sul sito del Pd, così come consentito dall'articolo 40 comma 5 dello Statuto. Altre entrate per i partiti, a parte il 2 per mille Irpef, non ce ne sono. Attingere agli stanziamenti pubblici destinati a gruppi parlamentari non è così automatico. Un'eccezione è stata fatta, ad esempio, in occasione della campagna di comunicazione per il referendum costituzionale. In compenso, diversamente che in passato, chi oggi guida i dipartimenti o chi fa parte della segreteria non prende stipendi aggiuntivi, che sia o meno parlamentare. Un taglio necessario attuato sin dalla prima segreteria renziana. © Riproduzione riservata 27 luglio 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/07/27/news/pd_conti_in_rosso_cassa_integrazione_per_174_dipendenti-171782857/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Dal Pd al M5S, la battaglia delle feste di partito Inserito da: Arlecchino - Agosto 27, 2017, 09:10:40 pm Dal Pd al M5S, la battaglia delle feste di partito
Fra Imola e Rimini, la Romagna protagonista dei raduni politici di fine estate. Cl parte per prima con il suo meeting. Ma è derby fra democratici e bersaniani, che festeggeranno a Napoli. Evento Cgil a Lecce, tre festival per Sinistra italiana Di MONICA RUBINO 17 agosto 2017 ROMA - Quando il segretario del Pd Matteo Renzi terrà il comizio finale alla Festa nazionale del partito a Imola, a un'ottantina di chilometri di distanza Beppe Grillo chiuderà la kermesse di Rimini del M5S. La Romagna a fine settembre sarà il terreno di scontro tra le due principali forze politiche che si fronteggeranno alle prossime elezioni. Ma quest'anno la battaglia delle feste di partito si annuncia serrata. A complicarne la geografia non è solo la coincidenza di date e luoghi, ma anche la concorrenza fra democratici e bersaniani (le feste locali del lavoro degli scissionisti di Mdp, che terranno il loro evento nazionale a Napoli, si sovrappongono a quelle dell'Unità, che hanno mantenuto il nome nonostante il giornale non ci sia più). Senza contare la frattura del Pd con l'Anpi e la Cgil, che quest'anno non avrà lo stand a Imola ma organizzerà il suo evento a Lecce, sempre negli stessi giorni del raduno nazionale dei democratici. Sinistra italiana, invece, organizzerà ben tre festival in tre distinte località. Ma la prima a partire è Comunione e liberazione, con il meeting annuale di Rimini. Cl, Rimini. Il consueto appuntamento organizzato dalla Fondazione Meeting di Comunione e liberazione a Rimini quest'anno si terrà dal 20 al 26 agosto. Fra gli ospiti attesi anche il premier Paolo Gentiloni e il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. A parte il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, a questa edizione non sono stati invitati altri esponenti leghisti e nemmeno cinquestelle. Pd, Imola. Dal 9 al 24 settembre a Imola, in provincia di Bologna, si terrà la festa nazionale dell'Unità. Il luogo prescelto è il Parco Lungofiume, con qualche puntatina nel vicino Autodromo, ma senza disturbare la normale attività del circuito. Previsti vari bar, una balera e uno spazio per la musica dal vivo. Centinaia i volontari impegnati. M5S, Rimini. Presso l'area della Fiera, dal 22 al 24 settembre si terrà la quarta edizione della kermesse Italia 5 Stelle: "Sarà un momento di festa come tutti gli anni, ma servirà anche a darci la carica che ci accompagnerà fino al giorno delle politiche", scrive Grillo sul suo blog, annunciando che proprio a Rimini saranno comunicati risultati della votazione online "che avrà decretato il candidato premier". E sarà proprio durante l'evento che, aggiunge il fondatore del M5S, "il nostro candidato farà il suo primo discorso ufficiale". Mdp, Napoli. Se le feste locali del lavoro si incrociano con quelle dell'Unità, l'evento nazionale di Mdp si terrà a Napoli dal 27 settembre al 1° ottobre, non dunque in concomitanza con quello del Pd a Imola. Un appuntamento per parlare soprattutto di lavoro nella splendida cornice del cortile del Monastero di Santa Chiara, nel cuore del Centro Antico, tra piazza del Gesù e piazza San Domenico Maggiore. In programma dibattiti culturali e politici aperti al pubblico, percorsi artistici e spettacoli musicali. Cinque punti ristoro, giochi per bambini, diversi stand per associazioni e movimenti impegnati sul territorio. Sinistra italiana: Reggio Emilia, Barletta e Torino. Ben tre le iniziative di Si per il mese di settembre. Il momento centrale, che si terrà nel centro di Reggio Emilia, dal 20 al 24 settembre, è dedicato all’eguaglianza. A Barletta, in Puglia, dal 7 al 10 settembre, il festival affronterà il tema della diseguaglianza tra il Nord e il Sud del Paese. Infine a Torino, ai Murazzi del Po, dal 26 al 30 settembre, in contemporanea con il G7 industria, lavoro e ricerca che in quei giorni si svolgerà alla Reggia di Venaria, l'evento sarà invece dedicato al 99%, alla cosiddetta "maggioranza invisibile". Cgil, Lecce. Il sindacato guidato da Susanna Camusso tiene a battesimo la festa "dell'altra sinistra". A Lecce, il 15, 16 e 17 settembre, nelle stesse date in cui il Pd tiene la sua kermesse nazionale a Imola, la Cgil offre un palco alla sinistra-sinistra e invita a parlare di "lavoro e di popolo" l'inglese Jeremy Corbyn, il francese Jean-Luc Mélenchon, lo spagnolo leader di Podemos Pablo Iglesias. Oltre a tutto il panorama della sinistra italiana, da Giuliano Pisapia, a Mdp e Sinistra Italiana. Il sindacato quest'anno ha deciso di non montare il suo stand alla Festa dell'Unità di Bologna, dove era presente dal dopoguerra. E nemmeno a quella nazionale di Imola. © Riproduzione riservata 17 agosto 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/08/17/news/pd_m5s_battaglia_feste_di_partito-173212130/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P2-S1.6-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Barcellona, la strage dei turisti: sulla Rambla morti e feriti... Inserito da: Arlecchino - Agosto 27, 2017, 09:15:16 pm Barcellona, la strage dei turisti: sulla Rambla morti e feriti di almeno 35 nazionalità.
La vittima più giovane è un bambino spagnolo di tre anni. Tre gli italiani uccisi. Centotrenta i feriti, di cui sedici in gravi condizioni Di MONICA RUBINO 18 agosto 2017 È strage di turisti di tutto il mondo nell'attentato terroristico di ieri pomeriggio sulla Rambla di Barcellona. Tredici i morti, tra cui un bambino spagnolo di 3 anni - la vittima più giovane - e centoventi i feriti di almeno 35 diverse nazionalità, di cui 17 molto gravi, come conferma l'Agenzia di Protezione civile catalana. Al drammatico conteggio si è aggiunta una quattordicesima vittima: si tratta di una donna di 61 anni di Saragozza raggiunta da colpi d'arma bianca nel secondo attacco avvenuto nella notte a Cambrils, dove altre 6 persone sono rimaste ferite. Tra i morti della Rambla ci sono anche tre italiani: Bruno Gulotta, 35 anni, di Legnano, che era in vacanza nella città catalana con la moglie e i due figli piccoli. Luca Russo, 25 anni, di Bassano del Grappa (Treviso), che era a Barcellona con la fidanzata Marta Scomazzon, rimasta ferita e ancora ricoverata per alcune fratture. E Carmen Lopardo, lucana di 80 anni ma da 60 residente in Argentina. Altri due nostri connazionali feriti lievemente (uno dei due è Gennaro Taliercio, operaio di 33 anni originario di Pozzuoli, in provincia di Napoli) sono stati già dimessi dall'ospedale, come conferma l'Unità di crisi della Farnesina. La polizia di Barcellona ha inoltre accertato che tra le tredici vittime ci sono tre cittadini tedeschi e una donna belga, Elke Vanbockrijck, 44 anni, di Tongeren, in vacanza con il marito e i figli di 11 e 14 anni. La sua scomparsa è stata confermata anche da un tweet del ministro degli Esteri del Belgio, Didier Reynders: Secondo il quotidiano El Mundo, sono già stati effettuati gli esami autoptici sui corpi delle persone finora decedute. Sono stati prelevati anche campioni di dna ed effettuati gli esami delle arcate dentarie. Tra i primi corpi identificati quello di Francisco Lopez Rodriguez, 56 anni, originario di Lanteira (Granada) ma residente a Rubì (Barcellona). Assieme a lui ha perso la vita anche il suo piccolo pronipote, Javi Martínez, di soli tre anni. Il segretario di Stato americano, Rex Tillerson, ha confermato che anche un cittadino statunitense è morto nell'attentato di Barcellona. Come detto, per le autorità spagnole le vittime, tra morti e feriti, provengono da 35 diversi Paesi di tutto il mondo. I servizi d'emergenza catalani hanno poi dettagliato la lista delle nazionalità delle persone coinvolte: tedesca, algerina, argentina, austriaca, australiana, belga, marocchina, canadese, cinese, colombiana, romena, venezuelana, cubana, ecuadoriana, egiziana, spagnola, statunitense, filippina, francese, britannica, greca, olandese, taiwanese, honduregna, olandese, ungherese, italiana, irlandese kuwaitiana, macedone, mauritana, pakistana, peruviana, dominicana e turca. All'elenco va aggiunta anche una cittadina portoghese di 74 anni che, secondo fonti del governo di Lisbona riportate dall'agenzia di stampa spagnola EFE, sarebbe fra le 13 vittime della Rambla. Sua nipote, una ragazza di 20 anni, risulterebbe invece dispersa. E mentre a Roma - come in tante altre città europee - sui pennoni della facciata di Palazzo Chigi, accanto alle bandiere italiana ed europea, è esposta anche quella spagnola, tutte e tre a mezz'asta in segno di lutto, la Procura della Capitale ha aperto un'inchiesta sui fatti di Barcellona: attentato con finalità di terrorismo il reato ipotizzato dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, che ha affidato le indagini sugli italiani deceduti ai Ros. Il governo di Parigi fa sapere invece che nell'attentato sono rimasti feriti 26 cittadini francesi. Tra questi, 11 versano in gravi condizioni. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, si è recato in Spagna per incontrare i suoi connazionali rimasti coinvolti nell'attacco. Tra i feriti è stata accertata inoltre la presenza di tre olandesi, quattro australiani, cinque cubani, tredici tedeschi, un cinese di Hong Kong, un taiwanese e un americano. Tre cittadini marocchini, tra cui un bimbo di sei anni, versano in condizioni molto critiche. Un bambino australiano di sette anni, Julian Cadman, risulta disperso. Julian ha doppia cittadinanza, australiana e britannica. La madre è in ospedale, in condizioni gravi ma stabili. Il nonno Tony Cadman ha postato su Facebook una foto del bimbo chiedendo informazioni su di lui. Sul suo account ufficiale di Twitter, la Protezione civile catalana ha pubblicato il numero di telefono 900400012 attraverso il quale le famiglie delle vittime possono localizzarle e avere informazioni. Il numero di emergenza dell'Unità di crisi della Farnesina, invece, è 0636225. © Riproduzione riservata 18 agosto 2017 Da - http://www.repubblica.it/esteri/2017/08/18/news/attentato_a_barcellona_le_vittime-173294737/?ref=RHPPTP-BL-I0-C12-P1-S1.12-T2 Titolo: MONICA RUBINO. Ius soli, Prodi: "Approvarlo dopo la finanziaria. Inserito da: Arlecchino - Settembre 20, 2017, 10:30:27 pm Ius soli, Prodi: "Approvarlo dopo la finanziaria. Ma serve lavoro pedagogico"
L'ex premier: "La riforma della cittadinanza non va confusa con il tema degli sbarchi". La tenda? "Nel Pd c'è il divieto di campeggio, questo è il problema. Ma l'unità del centrosinistra è l'unica strada percorribile" Di MONICA RUBINO 18 settembre 2017 ROMA - Sgombrare il campo dagli equivoci che hanno finito per mescolare lo ius soli con i flussi migratori. È la priorità per Romano Prodi, intervistato da Massimo Giannini a Radio Capital, secondo cui la riforma della cittadinanza può essere approvata "dopo la finanziaria". Ma, precisa l'ex premier, serve davvero "un lungo lavoro pedagogico spiegando che non c'entra niente con gli sbarchi di oggi. Lo Ius soli non è una legge altamente permissiva". L'appello di insegnanti ed educatori L'inchiesta: La rotta segreta degli scafisti italiani Migranti. Quanto ai provvedimenti adottati dal ministro dell'Interno Marco Minniti sui migranti, Prodi sostiene che "finora ha dato buoni risultati", ma per risolvere il problema libico "bisogna mettere attorno al tavolo i due contendenti più le 10-15 tribù più importanti, sennò non si risolve niente. Bisogna tenerli intorno al tavolo finché non si è d'accordo. Spero che l'intesa di Minniti tenga e sia forte". Per il Professore bisogna guardare in prospettiva: "Aiutarli a casa loro è giustissimo, ma è un discorso di lungo periodo, poi c'è l'emergenza da affrontare". La chiave è la cooperazione internazionale: "Bisogna ritrovare una politica europea per l'Africa intera - aggiunge - Europa e Cina dovrebbero cooperare per lo sviluppo africano". La finanziaria. A proposito della legge di Bilancio, Prodi quest'anno vede qualche spiraglio di trattativa: "Qualche respiro c'è perché la crescita è aumentata. Ma visto che entreremo in una turbolenza politica dobbiamo dare almeno il messaggio che vogliamo diminuire il peso del debito, o rischiamo di diventare l'oggetto delle tensioni di tutti i mercati internazionali, è un film già visto". L'errore di questi anni, secondo l'ex premier, "è che la riduzione deficit/Pil non è avvenuta, mentre basterebbe un messaggio di riduzione di questa tendenza". Il centrosinistra. Sul futuro del centrosinistra, poi, Prodi sostiene che l'unica strada percorribile è quella di ricostruire un'alleanza fra le forze riformiste. E riprende la metafora del campeggio: "La tenda? Nel Pd c'è il cartello di divieto di campeggio, questo è il problema. Quando ho fatto l'Ulivo era di una semplicità estrema. Io lo zaino lo tengo sulle spalle e faccio di tutto perché non ci sia più il cartello di campeggio, bisogna creare le condizioni politiche perché il riformismo riprenda a camminare". Quanto al suo tentativo di fare da collante, Prodi ammette: "Non è andato bene. Ma è quella la direzione, bisogna riprovarci: non avrebbe senso che forze riformiste non si mettano assieme anche sul piano elettorale. Altrimenti significherebbe che l'Italia è rimasta a quattro secoli fa, al tempo della divisione in stati". Le elezioni, continua il Professore, "le vincono coloro che danno un messaggio di poterle vincere. Se si vuole che non vinca il passato", come Silvio Berlusconi, "bisogna tornare a un dialogo o un riconoscimento della linea comune da parte del centrosinistra, altrimenti è ovvio che vincerà qualcun altro". Certamente anche il M5S rappresenta un avversario pericoloso. "Hanno raccolto un po' di tutto, il grande vantaggio di chi raccoglie lo scontento è che la gente non chiede loro la soluzione, questo dà una grandissima libertà di movimento. La gente non chiede cosa pensate ma cosa criticate". © Riproduzione riservata 18 settembre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/09/18/news/ius_soli_prodi_approvarlo_dopo_la_finanziaria-175801470/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. "Approvare senza modifiche il codice antimafia" Inserito da: Arlecchino - Settembre 21, 2017, 04:45:49 pm "Approvare senza modifiche il codice antimafia"
Arci, Avviso Pubblico, Cgil, Cisl, Uil, Legambiente e Libera si rivolgono alle forze politiche: "È un atto di responsabilità in un momento storico nel quale le mafie e la corruzione hanno dimostrato la loro pervasività" Di MONICA RUBINO 21 settembre 2017 ROMA - Un primo appello lo avevano rivolto all'inizio del 2017 a governo e Parlamento perché si desse alla luce la riforma del Codice antimafia entro la fine della legislatura. E oggi, Arci, Avviso Pubblico, Cgil, Cisl, Uil, Legambiente e Libera, si rivolgono di nuovo alle forze politiche, affinché il testo, passato a luglio al Senato, venga approvato in via definitiva a Montecitorio senza modifiche. In base alle ultime indiscrezioni, infatti, ci sarebbe un accordo nella maggioranza per dare l'ok al provvedimento la prossima settimana alla Camera. Ma assieme a un ordine del giorno che impegnerà il governo a "depotenziarlo", cancellando in tempi rapidi la parità piena tra corruzione e mafia. Come? Eliminando dal testo il punto più controverso della legge, ossia il sequestro preventivo dei beni ai corruttori che in questo modo verrebbero equiparati ai mafiosi. "Approvare il Codice Antimafia è un atto di responsabilità", affermano nell'appello sindacati e associazioni. "Chiediamo a tutte le forze politiche di approvare senza modifiche alla Camera il testo ricevuto dal Senato, dimostrando in tal modo di avere coscienza di compiere un atto politico di responsabilità, a distanza di 35 anni dall'approvazione della legge Rognoni-La Torre e in un momento storico nel quale le mafie e la corruzione hanno dimostrato la loro pervasività e la loro capacità di inquinare parti della pubblica amministrazione, dell'economia e della società". Secondo i sottoscrittori dell'appello, infatti, il nuovo Codice antimafia "non solo rafforza strumenti già esistenti", come appunto l'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati, "ma migliora la normativa in vigore, in particolare per quanto riguarda le misure di prevenzione, tenendo conto dell'esperienza applicativa precedente alla riforma e di alcune criticità che si sono manifestate nella gestione degli immobili e delle aziende sottratte alle mafie e al crimine organizzato". A conforto di ciò, viene citato anche il riferimento a una specifica delibera del Csm dello scorso 13 settembre, in cui è stata chiesta al legislatore un'accelerazione sulla riforma. © Riproduzione riservata 21 settembre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/09/21/news/_approvare_senza_modifiche_il_codice_antimafia_-176088929/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P5-S1.4-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Bersani: "La sinistra? Rischia di fare la fine del coniglio ... Inserito da: Arlecchino - Settembre 27, 2017, 12:27:32 pm Bersani: "La sinistra? Rischia di fare la fine del coniglio davanti al leone"
Il leader di Mdp, ospite a Circo Massimo su Radio Capital, commenta il voto in Germania. E risponde a Matteo Renzi: "Un conto è la ditta, un altro la proprietà" Di MONICA RUBINO 26 settembre 2017 ROMA - La sinistra, in Italia, rischia di fare "la fine del coniglio davanti al leone", così come è successo in Germania. L'autore della metafora è Pier Luigi Bersani, ospite su Radio Capital di Circo Massimo, condotto da Jean Paul Bellotto e Massimo Giannini. Per il leader di Mdp la ragione della sconfitta della sinistra alle elezioni tedesche va ritrovata nei danni provocati dalla globalizzazione: "Ormai sono alcuni anni che il mondo ne paga i colpi. Se si vuole ritirare le fila della sinistra si deve curare le ferite in modo alternativo rispetto alla destra - spiega - Se invece gli si tira la volata, balbettando le stesse ricette, non se ne può venire fuori. In Italia da tre anni sta vincendo la destra, i cattivi pensieri stanno girando nella parte più debole della popolazione. Hanno votato a destra dove c'era il disagio e lì è servito anche il pensiero anti-immigrati". Elezioni Germania, Bersani: "La sinistra rischia di fare la fine del coniglio con il leone" "In Italia, la crisi della sinistra è tutta colpa di Renzi?", chiedono i conduttori di Circo Massimo. "Avrebbe un bel fisico Renzi se fosse il solo colpevole della crisi della sinistra. La sinistra in Italia è rimasta indietro: promuove ancora gli ideali neoliberisti di Blair. Il tempo nuovo l'hanno visto di più persone come Corbyn e Sanders (rispettivamente il socialista britannico e quello americano più famosi del momento, ndr). Adesso è ora di proteggere la gente sulla base dei nostri valori". L'ex ministro risponde anche alla stoccata ricevuta alla chiusura della Festa nazionale dell'Unità a Imola da Renzi, che lo ha accusato di aver causato la scissione per risentimento personale. "Un conto è la ditta, un conto è la proprietà - replica Bersani - Se avessi avuto risentimento personale me ne sarei andato dal partito dopo i 101 franchi tiratori (che affossarono l'elezione di Prodi a Capo dello Stato, ndr). E io so chi sono. Ho resistito tre anni. Renzi ha governato per tre anni con i voti, pochi o tanti, che ho preso io, ha ribaltato ciò che avevo promesso agli elettori. Non si preoccupi di noi, che porteremo acqua al centrosinistra, si preoccupi delle sue responsabilità. Se questo porterà alla vittoria lo vedremo. Il discrimine tra noi e Renzi sono i contenuti". Bersani contro Renzi: "Un conto è la ditta, un altro la proprietà" Quanto al rapporto tra Mdp e il leader di Campo progressista, Bersani aggiunge: "Giuliano Pisapia è perfettamente in grado di fare il federatore. È l'uomo giusto perché può interpretare una realtà che non si aspetta l'uomo solo al comando". L'obiettivo, per l'ex segretario Pd, è quello di "rianimare un centrosinistra che è spaccato tra chi ci prova ancora col il Pd, che sono sempre meno, e chi non va a votare. Questa direzione di marcia non apre una prospettiva". Tra gli altri temi toccati anche la manovra economica e lo ius soli. Quanto al primo punto, di fronte alle minacce più o meno velate da parte di Mdp di non votare la legge di bilancio, Bersani risponde all'invito alla responsabilità del governo. E sottolinea l'intreccio tra finanziaria e legge elettorale: "Cari Gentiloni, Padoan e Calenda, alla nostra responsabilità ci pensiamo noi, voi pensate alla vostra. Loro ritengono responsabile non dare un segnale di correzione ad alcune politiche come quelle del lavoro? Ritengono responsabile fare appello a noi per la legge di stabilità, mentre si fa la legge elettorale con la destra? Sono responsabili o provocatori?". E conclude: "Bersani non farà venire di certo la troika ma da qui a là ci sono tante cose". Infine sulla riforma della cittadinanza, bloccata al Senato e che rischia di non vedere la luce in questa legislatura, afferma: "Io prendo per buono quello che dice Minniti, ma è il momento di accompagnare un atteggiamento sicuritario con una proposta di civiltà. Non si può dire a un bambino che non è italiano perché ci sono i barconi e gli stupri. Così tiriamo la volata alla destra". L'ultima battuta è sul caso Consip: "C'è bisogno di chiarezza su tutte e due i fronti, se c'è stata una deviazione delle indagini è un fatto grave, ma dall'altra parte qualcosa è successo. Ma non credo ai complotti". © Riproduzione riservata 26 settembre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/09/26/news/bersani_radio_capital_circo_massimo-176518845/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P4-S1.4-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Orlando: "Se il Pd perde in Sicilia, non chiedo a Renzi un passo Inserito da: Arlecchino - Ottobre 04, 2017, 11:21:16 am Orlando: "Se il Pd perde in Sicilia, non chiedo a Renzi un passo indietro"
Il ministro della Giustizia a Circo Massimo su Radio Capital: "Mdp lavori per l'unità". Sul processo penale: "Con la riforma gli appelli diminuiranno del 10%" Di MONICA RUBINO 03 ottobre 2017 ROMA - Dalla riforma del processo penale al dibattito nel Pd sulle alleanze. È un'intervista a tutto campo quella del ministro della Giustizia Andrea Orlando, ospite del programma Circo Massimo condotto da Jean Paul Bellotto e Massimo Giannini su Radio Capital. Sul tema dei rapporti con il segretario dem Matteo Renzi, il ministro risponde: "Se il Pd dovesse perdere alle regionali in Sicilia, Renzi dovrebbe fare una riflessione non un passo indietro. Io non gli chiederò di farsi da parte, non ho un'ostilità personale nei suoi confronti. Noi volevamo che si riaprisse il tema della legge elettorale e della coalizione. Il Pd l'ha fatto, vediamo come va a finire questa partita. Io non sono pro D'Alema o pro Renzi, sono per l'unità del centrosinistra e vedo che adesso questo processo è fortemente ostacolato da Mdp più che dal segretario del mio partito". Sulle primarie di coalizione si dice sostanzialmente d'accordo, anche se non sono la priorità: "Per prima cosa dobbiamo metterci attorno a un tavolo e decidere di fare la coalizione, poi come scegliere la leadership sarà una questione facile da risolvere. L'importante è che la scelta del leader non sia una scusa per non fare la coalizione. Io non mi candiderei comunque, non avrebbe senso, rimango convinto della necessità di separare la figura del candidato premier da quella del segretario". Processo penale. Quanto alla riforma del processo penale, Orlando poi chiarisce il contenuto dei decreti attuativi approvati ieri in Cdm circa la riduzione dello spazio per gli appelli: "Oggi nel penale il vero collo di bottiglia è il processo d'appello, che è garanzia preziosissima ma anche uno strumento di cui non si deve abusare. Con le nuove norme approvate riteniamo che gli appelli possano diminuire di circa il 10%, con una riduzione dei tempi dei processi". "Vanno precisati meglio i motivi di appello e quando c'è una condanna - spiega ancora il ministro - il pm non può ricorrere, se non per motivi di violazione di legge e quando ci si trova di fronte a una doppia condanna. L'imputato può sempre fare appello quando si tratti di una condanna, ma non in caso di assoluzione". Escludere invece l'appello in tutti i casi di assoluzione "richiederebbe una modifica costituzionale e credo che non sarebbe giusto", specifica Orlando: "Un utilizzo più razionale dell'appello è una risposta ma non l'unica per abbreviare i processi. Abbiamo previsto altri strumenti, come l'archiviazione per tenuità del fatto. Dallo scorso anno abbiamo avuto un calo dei procedimenti del 7%. Intanto abbiamo fatto dopo 25 anni un concorso per cancellieri, ed è stata una prova titanica: 77mila persone per mille posti". Prescrizione. Sulla possibilità di escludere la prescrizione per alcuni reati come la pedofilia o la violenza sessuale, il Guardasigilli risponde: "Preferirei avere delle corsie privilegiate per questi reati per arrivare presto a sentenza più che intervenire sui tempi della prescrizione. Bisogna avere la capacità di seguire il detenuto, immaginare una rete di esecuzione penale, cioè una persona quando esce deve essere 'seguita' nella sua evoluzione da una sorta di carcere invisibile. Ma questo ha ovviamente dei costi molto alti". 41 bis. Orlando commenta poi il decalogo per il 41bis, il regime di carcere duro, che include regole come la possibilità di guardare i cartoni in tv: "Avere regole generali sul 41bis è molto importante, perché oggi avevamo applicazioni diverse nei vari istituti. La finalità del 41bis è impedire che chi è in carcere abbia contatti con l'esterno. Bisogna evitare che ci siano forme di possesso e potenzialità reddituali, ma quando non ci sono cose in conflitto con questa ratio, non bisogna avere elementi di disumanità". Codice antimafia. Il Guardasigilli, poi, spende parole positive sul Codice antimafia: "Sono d'accordo con quello che diceva ieri Cantone e cioè di guardare al Codice antimafia nel suo insieme. Ancora oggi c'è l'arresto di un amministratore di beni confiscati alla mafia. Credo ci fosse urgenza della legge, che nel suo insieme funziona". Sul sequestro preventivo per i corrotti il ministro esprime solo un dubbio di carattere sistematico: "Già oggi per la corruzione si può procedere a sequestri. Forse si poteva disciplinare il tema in altra sede, non mettendolo lì dentro. Ma penso che avevamo due strade: buttare a mare tutto e andare alla prossima legislatura o approvare la legge e riservarci un monitoraggio". Intercettazioni. La bozza di decreto delegato, divulgata da Repubblica, consentiva di pubblicare solo le sintesi delle intercettazioni e non il testo integrale, facendola apparire come una legge bavaglio. Ma Orlando rassicura: "Quella prima bozza sarà modificata. Le intercettazioni vanno disposte solo per accertare dei reati, non per supplire alla cronaca o dare un giudizio morale della persona. Ci sarà perciò una richiesta di richiamare le intercettazioni essenziali, non tutte. Ma non per sintesi". Legge Severino. Infine sulla possibilità di modificare la legge Severino sull'incandidabilità dei condannati, dopo la recente uscita di Silvio Berlusconi (" Se vinco le elezioni, la cambio"), Orlando afferma: "Le perplessità sono sulla decadenza dalle funzioni dopo la condanna di primo grado. Questo porta alla caduta di amministrazioni locali e forse è da rivedere". © Riproduzione riservata 03 ottobre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/10/03/news/orlando_circo_massimo_radio_capital-177217946/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P3-S1.4-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Rosatellum bis, sì del governo alla fiducia. Insorgono M5s e Mdp Inserito da: Arlecchino - Ottobre 12, 2017, 06:06:56 pm Rosatellum bis, sì del governo alla fiducia. Insorgono M5s e Mdp: "Intervenga Mattarella"
L'esecutivo accoglie la richiesta del Pd di blindare il testo per evitare che la riforma elettorale cada di nuovo sotto i colpi dei franchi tiratori. Speranza: "Attacco alla democrazia". M5s: "Atto eversivo" Di MONICA RUBINO ROMA - Il governo autorizza il voto di fiducia sul Rosatellum bis. La decisione è stata presa al termine di una riunione del consiglio dei ministri, convocato d'urgenza dopo la richiesta da parte del Pd di blindare la riforma elettorale e metterla al riparo dai voti segreti. Insorgono i partiti contrari alla legge - Mdp e M5s in testa - che chiedono l'intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma il Colle fa sapere che, pur apprezzando l'impegno delle Camere, nulla può decidere nel merito. E mentre i bersaniani di Articolo 1 annunciano il loro no alla fiducia, i grillini chiamano a raccolta i militanti per una grande protesta di piazza. La legge elettorale, riveduta e corretta, torna quindi nell'aula di Montecitorio alle 15, a quattro mesi dall'incidente sull'emendamento di Micaela Biancofiore, che fece saltare l'accordo tra Pd-Fi-Lega e M5S sul cosiddetto "Tedesco". • FIDUCIA CONTRO IL VOTO SEGRETO La più grande preoccupazione della maggioranza, fugata ora dal voto di fiducia, era che la riforma fosse nuovamente affossata sotto il tiro dei franchi tiratori, protetti dai circa 50 voti segreti richiesti dalle opposizioni. Un'incognita a cui Pd, Forza Italia, Ap e Lega (le forze del nuovo patto a quattro sulla legge elettorale) pensavano di rispondere in un primo tempo con la tecnica parlamentare del "canguro", ossia con emendamenti predittivi che avrebbero fatto cadere automaticamente tutti gli altri. Ma poi l'ipotesi del ricorso alla "fiducia tecnica" ha prevalso. In mattinata il capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato (che dà il nome alla legge), ha reso pubblica la richiesta del Pd al governo: "Dopo la riunione di maggioranza ho telefonato al premier Paolo Gentiloni riferendo che è opportuna la fiducia per superare il ricorso ai voti segreti". Saranno dunque poste tre fiducie tecniche sui primi tre articoli della legge, quelli oggetto degli emendamenti su cui le opposizioni avrebbero voluto il voto segreto. Il voto finale sul provvedimento sarebbe comunque segreto, come previsto dal Regolamento della Camera. • L'INSURREZIONE DEL M5S La possibilità del voto di fiducia scatena la sollevazione del M5s e degli altri partiti contrari alla riforma. Il candidato premier del Movimento Luigi Di Maio annuncia su Facebook due giorni di manifestazioni di protesta: "Siamo in piena emergenza democratica - dice nel videomessaggio - abbiamo bisogno di voi. Si comincia domani alle 13, in piazza Montecitorio, raggiungeteci per fermare questa vergogna": Nelle ore precedenti, quando la fiducia era ancora solo un'ipotesi, era intervenuto Danilo Toninelli, deputato M5S ed esperto di sistemi elettorali, invocando su Twitter l'intervento del Capo dello Stato: "Qui si sta scherzando col fuoco - aveva invece commentato Roberto Speranza, coordinatore di Mdp - Una legge che toglie la sovranità ai cittadini di scegliere i propri eletti viene approvata togliendo la sovranità al Parlamento. È oltre i limiti della democrazia". Mentre per Maurizio Lupi, capogruppo di Ap, "la fiducia è un atto di responsabilità". Forza Italia "voterà sì alla legge, pur non partecipando, ovviamente, alla votazione sulla fiducia", chiarisce il capogruppo dei deputati azzurri Renato Brunetta. Lo stesso farà la Lega, con il segretario Matteo Salvini che vuole chiudere la partita al più presto. •DI BATTISTA IN PIAZZA TRA APPLAUSI E INSULTI Sulla scia del richiamo del M5s, già questa mattina a piazza Montecitorio alcuni militanti del Movimento si erano dati appuntamento tramite Rousseau. Ai manifestanti pentastellati se ne sono successivamente uniti altri di diversa estrazione: dagli ex forconi del generale Antonio Pappalardo ai no vax, dai leghisti a sostegno del referendum per l'autonomia di Veneto e Lombardia agli indipendentisti neoborbonici con tanto di bandiere del Regno delle Due Sicilie. In mezzo alla variegata protesta è capitato il deputato M5S Alessandro Di Battista, che inizialmente ha pensato si trattasse solo di cittadini vicini al Movimento. Quindi, zainetto in spalla, maniche di camicia e megafono alla mano, ha cominciato a parlare contro la legge elettorale alla folla davanti all'obelisco della piazza. Inizialmente accolto da un applauso, al neo papà sono stati poi indirizzati diversi "vaffa", "che c... ci fai qui?" e "sei un abusivo" soprattutto dai seguaci di Pappalardo. •GLI EMENDAMENTI Ne sono stati presentati in tutto 200. Il M5S ne ha depositati 55, fra cui uno con il quale si chiede il vaglio preventivo della Corte costituzionale, senza il quale la legge elettorale non potrebbe entrare in vigore. Mdp ha presentato invece 28 proposte di modifica, tra cui l'introduzione del voto disgiunto e delle preferenze, "a tutela della libertà dell'elettore e contro i nominati", spiega il deputato di Articolo 1 Alfredo D'Attorre. Altri 18 gli emendamenti di Sinistra italiana-Possibile: anche qui l'inserimento del voto disgiunto, l'eliminazione delle coalizioni e delle liste bloccate nel collegio plurinominale, la riduzione del numero di pluricandidature da 5 a 3, la riduzione delle firme per presentare le liste a sottoscrizione digitale. Nessuna modifica è stata richiesta invece da Ap e Pd, mentre sono 7 gli emendamenti di Forza Italia, fra cui due a firma di Francesco Paolo Sisto che però non incidono minimamente sull'impianto: riguardano infatti le modalità di voto degli italiani all'estero. Niente emendamenti dalla Lega, mentre sono 13 le modifiche presentate da Fratelli d'Italia, che chiede un premio di governabilità per chi raggiunge il 40% dei seggi. © Riproduzione riservata 10 ottobre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/10/10/news/rosatellum_bis_voto_aula_camera-177845933/?ref=RHPPLF-BL-I0-C8-P1-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Sinistra, Veltroni: "Ritrovare l'umiltà dell'unità per vincere" Inserito da: Arlecchino - Ottobre 18, 2017, 07:09:23 pm Sinistra, Veltroni: "Ritrovare l'umiltà dell'unità per vincere"
L'ex segretario dem a Radio Capital: "ll Pd recuperi il rapporto con Campo progressista e con Mdp per competere con la destra" Di MONICA RUBINO 16 ottobre 2017 ROMA - "La sinistra deve ritrovare l'umiltà dell'unità: siamo in grado di competere con il centrodestra se ci uniamo". Per Walter Veltroni, ospite di Circo Massimo su Radio Capital condotto da Jean Paul Bellotto e Massimo Giannini, l'obiettivo prioritario delle forze di centrosinistra è unirsi per sconfiggere la destra alle prossime elezioni. Secondo Veltroni, che ha preso parte sabato al decennale della fondazione del Pd, "la discussione sulle persone ha ucciso la sinistra italiana, è una questione di volontà politica. Nel momento in cui in Europa la sinistra sparisce, in Italia potrebbe competere con la destra se solo fosse unita. Ma bisogna mettere davanti a tutto gli interessi generali della sinistra e del Paese, che rischia di finire al centrodestra e alla Lega o in mano a nessuno, una prospettiva possibile". "Il Pd dovrebbe recuperare il rapporto con Campo progressista e Mdp, solo questo ci permetterebbe di andare ben oltre l'attuale 26% (come evidenziato dall'ultimo sondaggio di Ilvo Diamanti su Repubblica, ndr). È un problema di volontà politica, capacità di inclusione e di disponibilità degli altri", sottolinea l'ex segretario dem, aggiungendo: "Con la sinistra divisa sono successe sempre le cose peggiori". E afferma che molti di coloro che oggi votano per il M5s "avevano creduto nella speranza del Pd, ma poi sono rimasti delusi dal correntismo". Veltroni però avverte: unirsi non significa includere forze che potrebbero stare anche in uno schieramento di centrodestra: "Non ho nostalgia delle grandi coalizioni da Bertinotti a Mastella. La vocazione maggioritaria non significa andare da soli. Ma è l'idea che la sinistra non debba pensare di se stessa di essere talmente debole da unirsi a chi potrebbe andare anche con altri". Per questo, secondo l'ex segretario dem, un'alleanza tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi "sarebbe un errore, la forza del Pd è nella sua alternatività alla destra". Insomma, per il primo segretario del Pd la sinistra deve ritrovare sé stessa per tornare a vincere. "Non bisogna avere paura della propria identità. L'identità della sinistra è quella che ha scritto le pagine più belle della storia, e probabilmente è stata la sinistra riformista. La sinistra muore se sparisce, se non ha più il coraggio di se stessa. Quando questa diversità sparisce è un po' come vedere i prodotti tutti uguali al supermercato. La differenza tra destra e sinistra ce la dà l'esempio di Trump e Obama: Trump sta cancellando tutto quello che ha fatto Obama". Nel commentare la vittoria dei popolari in Austria, Veltroni aggiunge: "La sinistra in Europa sta vivendo una crisi spaventosa: la socialdemocrazia in ogni parte d'Europa vive purtroppo una crisi drammatica perché non ha capito che il mondo è cambiato. La sinistra deve trovare la forza di portare i suoi valori in una società che tende alla parcellizzazione". © Riproduzione riservata 16 ottobre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/10/16/news/walter_veltroni_circo_massimo_radio_capital-178419293/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Speranza a Gentiloni No alla fiducia in Senato, si eviti ... Inserito da: Arlecchino - Ottobre 28, 2017, 11:32:23 pm Legge elettorale, Speranza a Gentiloni: "No alla fiducia in Senato, si eviti nuova violenza al Parlamento"
Il leader di Mdp ospite di Circo Massimo su Radio Capital: "Con Rosatellum si decidono le larghe intese. Noi non ci stiamo" Di MONICA RUBINO 24 ottobre 2017 ROMA - "Mi appello a Gentiloni: evitiamo un'ulteriore violenza al Parlamento italiano. L'occasione è quella di oggi, bisogna permettere al Senato di votare". Roberto Speranza, leader di Mdp, intervistato da Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto a Circo Massimo su Radio Capital, auspica che non venga posta la fiducia sulla legge elettorale anche a Palazzo Madama, dove il provvedimento arriva oggi. "Mi chiedo - continua Speranza - se la destra è forte e dobbiamo combatterla, perché poi si fa la legge con Forza Italia e Lega, favorendo la destra? Il Rosatellum divide la sinistra e rafforza la destra" aggiunge. Per il leader bersaniano, che domenica su Repubblica ha provato a riaprire il dialogo con Matteo Renzi, l'approvazione della legge elettorale spiana, di fatto, la strada delle larghe intese: "L'eventuale fiducia sulla legge elettorale non sarà l'ultimo voto di questa legislatura ma il primo della prossima: vorrà dire che avremo le larghe intese tra Forza Italia e Pd. Io chiedo al Pd di fermarsi prima che sia troppo tardi. Noi con la destra non ci andiamo. Proveremo a costruire un campo di forze più largo possibile, sulla base di contenuti e politiche alternative a quelle renziane, dal Jobs Act alla Buona scuola". Nonostante il segretario del Pd abbia già risposto a Speranza che il Rosatellum non cambierà, il coordinatore di Articolo uno espone le modifiche che a suo avviso sarebbero necessarie: "Evitare un nuovo Parlamento di nominati, introducendo le preferenze nelle liste bloccate proporzionali oppure aumentando il numero dei collegi uninominali. Inoltre proponiamo il voto disgiunto, per ampliare la possibilità di scelta degli elettori e togliere la camicia di forza in cui vengono costretti oggi i soggetti politici". Per Speranza, le coalizioni previste dal Rosatellum "sono in realtà farlocche. Ogni lista mantiene il suo simbolo, il suo programma e il suo leader. Sono semplici apparentamenti che il giorno dopo si romperanno. E Renzi e Forza Italia si troveranno a fare un governo insieme". Infine, sul tema Bankitalia, per Speranza sarebbe opportuno che Maria Elena Boschi non partecipasse al consiglio dei ministri che dovrà decidere la nomina del governatore: "Sarebbe opportuno un passo indietro, c'è un oggettivo conflitto di interessi". © Riproduzione riservata 24 ottobre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/10/24/news/roberto_speranza_circo_massimo_radio_capital-179172946/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Martina: "Il Pd vuole una coalizione larga, Mdp ci dia una ... Inserito da: Arlecchino - Novembre 04, 2017, 07:22:33 am Martina: "Il Pd vuole una coalizione larga, Mdp ci dia una risposta"
"Sì al confronto, ma senza abiure. Non mettiamo veti". Orlando: "Renzi è stato scelto dalle primarie, non va sottovalutato". Rosato: "Senza di noi, solo sinistra di testimonianza" Di MONICA RUBINO 30 ottobre 2017 Renzi: "Pronti a discutere senza veti a centro e a sinistra, ma non rinuncio a nostre idee". Ius soli: "Se fiducia, voteremo" ROMA - "Spero che gli interlocutori riflettano sull'apertura prodotta a Napoli. Non mettiamo veti, siamo intenzionati a creare una coalizione larga, con idee forti per guardare a futuro. Converrebbe anche a loro riflettere e approfondire di più prima di rispondere in questo modo". Il vicesegretario del Pd Maurizio Martina si rivolge a Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema di Mdp invitandoli ad esaminare con più attenzione la disponibilità al confronto offerta dai dem durante la conferenza programmatica di Napoli. Ospite su Radio Capital del programma Circo Massimo, condotto da Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto, il ministro delle Politiche Agricole ribadisce però quanto già affermato da Matteo Renzi: "Se si vuole lavorare insieme non bisogna partire da posizioni preconcette, ma discutere di quale futuro immaginiamo per l'Italia nei prossimi anni. Certo, non possono chiederci di fare abiure o rinunciare a pezzi importanti del lavoro fatto in questi anni". Quanto alla vicenda di Bankitalia, con la riconferma di Ignazio Visco da parte del governo, Martina nega che si sia aperta una ferita tra il premier Paolo Gentiloni e il segretario del Pd: "Il capitolo è chiuso, non parlerei di ferita ma di discussione franca e molto vera. Ma ora si va avanti, siamo una squadra, buon lavoro al governatore". Il vicesegretario dem risponde poi alle critiche del senatore del suo partito Massimo Mucchetti che ha definito Renzi "una sciagura per il Pd": "Sono giudizi assolutamente sbagliati che non condivido". Mentre non si sbilancia sulla decisione del presidente del Senato Pietro Grasso di lasciare il Pd: "Siamo molto rammaricati, ma abbiamo grande rispetto della seconda carica dello Stato e non polemizziamo con lui. Non lo si strattona, lo si ascolta". Sulle pensioni Martina, che ha proposto una pausa di riflessione sull'adeguamento alle aspettative vita, sostiene che è "importante salvaguardare il principio adeguamento, introducendo però una gradualità perché non tutti i lavori sono uguali". Infine lo Ius soli. Ieri Renzi alla convention democratica si è dimenticato di parlarne. Ma il vicesegretario rassicura: "Vedremo cosa decide di fare Gentiloni, io personalmente sono favorevole alla fiducia: il Pd ci sarà". Anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando interviene sul tema delle alleanze a Omnibus, su La7: "Non è che dico che le conclusioni di ieri di Renzi siano sufficienti, c'è da lavorarci ma tolgono un blocco" e comunque "dividersi sulla ricostruzione degli antefatti non ha senso, non si può fare il ragionamento sul pregresso ma su quello che si deve fare. Quelli di Mdp sono ossessionati da Renzi, ma l'accordo lo devono fare con il pd, che è una cosa complessa", aggiunge. "Penso che si sottovaluti il fatto che Renzi è stato scelto dalle primarie - continua Orlando - Io non credo che il Pd renziano sia in grado di risolvere tutto il centrosinistra, ma non penso che il centrosinistra si possa costruire non tenendo conto che c'è una parte del centrosinistra che si identifica con Renzi". Un punto su cui concorda anche l'altro sconfitto alle primarie, il governatore della Puglia Michele Emiliano: "Io che ho perso il congresso non posso dire a Renzi 'vai a fare una camminata', è inconcepibile nella vite nei partiti". Quindi l'invito è a lavorare "sui contenuti: loro (i bersaniani, ndr) devono costringere il Pd a un contenuto programmatico che gli sia confacente, ma basta con i comunicati stampa, iniziamo a lavorare". Contro la "sinistra di testimonianza" si scaglia anche il capogruppo dei democratici alla Camera Ettore Rosato, autore della legge elettorale appena approvata dal Parlamento: "Da oggi si comincia a lavorare, penso si possa arrivare a un'intesa" anche con Mdp per un centrosinistra largo, "è ragionevole, ci saranno tre proposte politiche alternative: quella della destra trainata da Salvini, quella populista e incapace di governare del M5s e poi la proposta riformista di centrosinistra che noi vogliamo costruire insieme agli altri. Chi si colloca fuori da questo quadro farà testimonianza, non corre per vincere". Rosato è ottimista: "Penso che con Mdp si riesca ad arrivare a un'intesa". © Riproduzione riservata 30 ottobre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/10/30/news/maurizio_martina_radio_capital-179741435/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P9-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Russia, comunisti italiani a Mosca per i cento anni della ... Inserito da: Arlecchino - Novembre 07, 2017, 11:43:37 am Russia, comunisti italiani a Mosca per i cento anni della Rivoluzione
Una folta delegazione composta da Pc, Pci e Rifondazione comunista partecipa alle celebrazioni per lo storico anniversario Di MONICA RUBINO 07 novembre 2017 ROMA - In Russia i cento anni della Rivoluzione d'Ottobre sembra che interessino più agli stranieri che non ai russi stessi. Oggi, 7 novembre, data esatta dell'anniversario - corrispondente al 25 ottobre del calendario giuliano allora in uso nella Russia zarista - le bandiere rosse sventolano sulla Piazza Rossa di Mosca. Ma sono soprattutto quelle di oltre cento delegazioni straniere di partiti comunisti, fra cui una nutrita rappresentanza italiana, composta da Pc, Pci e Rifondazione comunista. Il presidente Vladimir Putin non parteciperà alle celebrazioni, né tantomeno alla marcia al centro della capitale guidata dal Partito comunista russo (Kpfr), alla quale prenderanno parte studiosi, ricercatori e nostalgici oltre a partiti e movimenti politici di diversi paesi che hanno abbracciato il socialismo tra cui Cina, Corea del Nord, Cuba e Vietnam. Eppure la rivoluzione compie cent'anni, quando nella notte tra il 6 e il 7 novembre 1917 (24 e 25 ottobre), le formazioni armate dei bolscevichi guidate da Lenin occuparono i centri nevralgici di Pietrogrado. Il giorno seguente, cadde anche il Palazzo d'Inverno, una specie di "Bastiglia zarista", simbolo stesso della rivoluzione. "Bisogna capire che la gente è stanca delle tragedie e non bisogna continuare a rimarcare". Così il politologo, Sergey Markov, considerato vicino al presidente, spiega il quasi totale disinteresse del potere centrale russo allo storico anniversario. "La popolazione sostiene questa posizione, del governo e di Putin", aggiunge. Tra le delegazioni italiane, come detto, c'è quella del Partito comunista guidata dal segretario Marco Rizzo, che per l'occasione ha presentato anche il suo nuovo libro "Urss, a cento anni dalla rivoluzione sovietica, i perché della caduta", edito da Male edizioni. E che ha organizzato a Roma per sabato 11 novembre un grande corteo nazionale di giovani e lavoratori che partirà alle 16 dal Colosseo. Presente alla sfilata di Mosca anche Rifondazione Comunista con il segretario nazionale Maurizio Acerbo e Marco Consolo, responsabile Esteri del partito. Ma il gruppo più numeroso è senza dubbio quello del Partito comunista italiano guidato da Mauro Alboresi: ben 80 delegati da tutta Italia che, accollandosi tutte le spese del viaggio nella capitale russa, hanno deciso di portare la loro testimonianza. Infine il Partito comunista dei lavoratori di Marco Ferrando ha tenuto diverse iniziative in Italia sulla Rivoluzione d'Ottobre, che si concluderanno sabato 11 a Reggio Calabria. Nel 1917 la Russia era un Paese arretrato e sull'orlo del collasso. Governata per secoli da dinastie di zar, i sovrani russi dai poteri pressoché assoluti, la Russia era rimasta una monarchia dai tratti medievali, con un'industria quasi assente, un Parlamento (chiamato Duma) privo di poteri effettivi e una popolazione numerosa, povera e legata quasi esclusivamente all'attività agricola. La partecipazione alla Prima Guerra Mondiale non fece che peggiorare la situazione. Questa serie di malcontenti portò il paese dritto verso la Rivoluzione, dalla quale nascerà un nuovo ordine per quella nazione che, dal 1922 e fino al 1989, tutto il mondo avrebbe conosciuto come Unione Sovietica. © Riproduzione riservata 07 novembre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/11/07/news/russia_comunisti_italiani_a_mosca_per_i_cento_anni_della_rivoluzione-180459075/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P4-S1.4-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Pd alla resa dei conti, Rosato: "Gentiloni nome spendibile per... Inserito da: Arlecchino - Novembre 07, 2017, 11:52:00 am Pd alla resa dei conti, Rosato: "Gentiloni nome spendibile per Palazzo Chigi"
Dopo la disfatta in Sicilia, i dem restano divisi sulla leadership. Emiliano a Radio Capital: "Renzi ci stupisca e ricompatti il centrosinistra" Di MONICA RUBINO 07 novembre 2017 Alla resa dei conti, Rosato: "Gentiloni nome spendibile per Palazzo Chigi" ROMA - Dopo la disfatta in Sicilia, il Partito democratico si prepara alla resa dei conti interna. Una gran parte della minoranza dem ritiene che il segretario Matteo Renzi, pronto all'attacco in tv di questa sera, debba autonomamente fare un gesto di responsabilità, lasciando subito il campo a Paolo Gentiloni per la corsa a palazzo Chigi. • ROSATO: GENTILONI NOME SPENDIBILE E questa mattina anche il capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato ha incluso il premier tra i "nomi spendibili" per la leadership: "Abbiamo bisogno dell'alleanza più ampia possibile, con un programma concordato - dice a Radio Anch'io su Radio Uno - Abbiamo Paolo Gentiloni che oggi è a Palazzo Chigi ed è un nome spendibile. Ce ne sono tanti di nomi spendibili e Renzi lo ha detto chiaramente a Napoli (alla conferenza programmatica, ndr): lavoro per portare il Pd a Palazzo Chigi e non per portare Matteo Renzi". Più tardi però, intercettato a Montecitorio, specifica meglio il suo pensiero: "Nel nostro partito ci sono per fortuna più personalità capaci di assumersi grandi responsabilità. Gentiloni è sicuramente una di queste, lo dimostra con il suo lavoro. Il candidato del Pd resta Renzi, legittimato dalle primarie". • LE ALTERNATIVE DA MINNITI A GRASSO Ma le divisioni interne restano. Dal capogruppo dei democratici al Senato Luigi Zanda, intervistato su Repubblica, arriva a Renzi la richiesta di valutare la rinuncia alla candidatura, il che significherebbe anche modificare lo Statuto del partito che prevede invece che il segretario sia anche il candidato premier. Tra i nomi sul tappeto spunta anche quello dell'attuale ministro dell'Interno Marco Minniti. Mentre il leader di Campo progressista, Giuliano Pisapia, rilancia l'idea di primarie di coalizione proponendo la candidatura del presidente del Senato Pietro Grasso, che, dopo aver preso le distanza dal Pd, ieri ha risposto duramente a quanti, fra i renziani, gli hanno addossato la colpa della sconfitta siciliana. • L'IPOTESI DI FRANCESCHINI: PRIMARIE DI COALIZIONE Il ministro della Cultura Dario Franceschini sottolinea l'urgenza di fare un'alleanza di centrosinistra. E per scegliere la leadership propone le primarie di coalizione: ogni forza, con il proprio simbolo, presenti il suo candidato. • EMILIANO: RICOSTRUIRE L'ULIVO Mentre il governatore della Puglia Michele Emiliano, ospite su Radio Capital di Circo Massimo, chiede a Renzi "un'improvvisa maturazione" dopo "un apprendimento per trauma". Rispondendo alle domande di Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto, l'esponente della minoranza dem afferma che "in questo momento pensare di rifare il congresso del Partito democratico a tre mesi dalle elezioni non è una cosa possibile". L'unica possibilità, allora, è che Matteo Renzi "interpreti le varie anime del partito, visto che la sua e basta non è sufficiente né a leggere il Paese né il Pd e il centrosinistra. Deve prendere atto che il suo piano di perdere le elezioni in modo controllato per non lasciare il suo ruolo non funziona. Deve essere il riferimento di una comunità intera e non c'è nessun obbligo che il candidato del centrosinistra debba per forza essere lui". "Renzi ha distrutto l'Ulivo e l'Ulivo va ricostruito rapidamente, aprendo un confronto politico nel merito con tutto il centrosinistra, dall'Udc a Sinistra italiana. Poi un candidato premier lo troviamo, l'importante è che siamo d'accordo sul contenuto", conclude Emiliano. © Riproduzione riservata 07 novembre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/11/07/news/pd_alla_resa_dei_conti_rosato_gentiloni_nome_spendibile_per_palazzo_chigi_-180455933/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T2 Titolo: MONICA RUBINO. Elezioni in Sicilia, Crocetta: "Il Pd voleva assassinarmi ma ... Inserito da: Arlecchino - Novembre 07, 2017, 11:55:11 am Elezioni in Sicilia, Crocetta: "Il Pd voleva assassinarmi ma si è suicidato"
Il governatore uscente risponde alle accuse del sindaco di Palermo: "L'arroganza e il narcisismo di Leoluca Orlando ci hanno fatto perdere". Sul piano nazionale la sconfitta "rafforza la premiership di Renzi" Di MONICA RUBINO 06 novembre 2017 ROMA - "Nella storia finora rimango l'unico ad aver portato il centrosinistra alla vittoria in Sicilia. Le polemiche sono inutili: chi si assume la paternità di una proposta deve sobbarcarsi anche la responsabilità di una sconfitta". Per il governatore uscente Rosario Crocetta, la colpa della disfatta del centrosinistra nell'Isola ha un nome e un cognome, ossia quello di Leoluca Orlando, sindaco di Palermo: "Hanno ascoltato lui invece di fidarsi di me". Speciale elezioni siciliane Crocetta, qual è stato l'errore più grande del Pd? "Quello di applicare il cosiddetto 'modello Palermo' a tutta la Sicilia. Hanno scientificamente voluto il mio assassinio, che però si è trasformato nel loro suicidio". Orlando la accusa di "gestione disastrosa". "Secondo lei è disastroso aver creato 75mila posti di lavoro, aver incrementato il Pil di 14 punti, aver finalmente speso i fondi europei? L'arroganza e il narcisismo di Orlando ci hanno fatto perdere, questo è il vero disastro". Ritiene di essere vittima del 'fuoco amico'? "Una parte del Pd mi ha fatto la guerra per cinque anni. Io ho fatto tutto quello che mi è stato chiesto: non mi sono ricandidato, non ho ripresentato il mio movimento, il Megafono, e ho dovuto inserire i miei candidati nella lista Micari, perché Orlando la sua lista non è riuscito a farla. E alla fine l'anticrocettismo ha portato alla sconfitta. Ho la coscienza di aver fatto il mio dovere e di essere stato leale". Quanto ha pesato la spaccatura del centrosinistra? "Il centrosinistra era spaccato anche cinque anni fa, quando prendemmo il 30,5%. Cinque anni fa avevo il avevo il 25% di gradimento da solo. E anche in questa tornata i miei candidati, inclusi nella lista Micari, hanno rappresentato un 7% di valore aggiunto. Certamente più di Alfano. La leadership conta: è stato un errore non permettere di ricandidarmi e impedire di fare le primarie". Il voto siciliano che riflessi può avere sul piano nazionale? "In Sicilia ha sempre governato il centrodestra, l’unica parentesi sono stati i miei cinque anni. Paradossalmente il voto in Sicilia rafforza la candidatura di Matteo Renzi alle politiche, perché quando si cambia cavallo non si può costruire una un’alternativa alla premiership in pochi mesi". Comunque vada in Sicilia, il vincitore non avrà una maggioranza per effetto della legge elettorale regionale. "Anche io ho fatto accordi politici per governare. Il primo anno i grillini hanno collaborato, poi quel dialogo si è rotto. Siamo in un sistema tripolare dai risultati imprevedibili, che è nato proprio in Sicilia per la prima volta cinque anni fa". Si candiderà in Parlamento? "Non mi autocandido a nulla. Di sicuro voglio riorganizzare il Megafono e radicarlo in tutta la Regione. Ai seggi tante persone mi chiedevano perché non ci fosse sulla scheda elettorale". © Riproduzione riservata 06 novembre 2017 Da - http://palermo.repubblica.it/politica/2017/11/06/news/elezioni_in_sicilia_crocetta_il_pd_voleva_assassinarmi_e_si_e_suicidato_-180383019/?ref=RHPPLF-BL-I0-C8-P2-S3.3-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Centrosinistra, Cuperlo a Prodi: "Dacci una mano". Inserito da: Arlecchino - Novembre 12, 2017, 12:32:49 pm Centrosinistra, Cuperlo a Prodi: "Dacci una mano". Bersani: "Uniti così non vinciamo"
L'esponente della minoranza Pd, a Radio Capital, si rivolge ai "padri nobili" del partito, tra cui l'ex premier: "Ora c'è bisogno di tutti". Il leader di Mdp: "Il problema non è Renzi, è la linea politica" Di MONICA RUBINO 09 novembre 2017 ROMA - "In una situazione di così evidente emergenza c'è bisogno di tutti. Prodi, Letta, Veltroni, ve lo dico con il cuore in mano: dateci una mano". Il deputato del Pd Gianni Cuperlo, leader di SinistraDem, alle riflessioni dell'ex premier Romano Prodi che su Repubblica parla di un "Italia sul baratro", risponde con un accorato appello ai padri nobili del partito. Affinché ritrovino lo spirito di comunità e non si limitino a osservare la catastrofe dall'esterno. Mentre per il leader di Mdp Pier Luigi Bersani non basta sommare le sigle per ricostruire una coalizione di centrosinistra, ma bisogna trovare una sintonia sul piano dei contenuti: "Il problema non è Renzi, è la linea politica", afferma ad Agorà su Raitre. Ospite di Circo Massimo su Radio Capital, condotto da Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto, Cuperlo non mette in discussione la leadership di Matteo Renzi. Ma si augura che il segretario "non commetta di nuovo l'errore di sfidare in maniera muscolare il Paese: al referendum costituzionale abbiamo già visto come va a finire questo film". Per il deputato dem i nomi per Palazzo Chigi vengono dopo: "Io penso che sia giusto rovesciare lo schema. I nomi vengono dopo. Ci sono undici milioni di italiani che non si curano, ci sono molti milioni di italiani che cercano un lavoro, c'è un fenomeno di povertà diffuso. Partiamo da questi problemi e troveremo anche la soluzione sulla personalità più adatta a interpretare il compito di capo del futuro governo". Tuttavia non esclude una possibile discesa in campo del presidente del Senato Pietro Grasso: "L'ho incontrato ieri e la mia impressione è che sia motivato a dare una mano per ricostruire un campo del centrosinistra. È una personalità autorevole e preziosa per tentare questa ricomposizione e non credo che intenda straniarsi dalle vicende politiche del Paese". Per l'esponente della minoranza pd la priorità è dunque ricostruire l'alleanza di centrosinistra. Ma, come dice anche Bersani, non limitandosi a unire i simboli sul modello del centrodestra, come ha proposto il ministro della Cultura Dario Franceschini: "Gli elettori della sinistra sono più esigenti - spiega - un'unione deve riflettere contenuti condivisi". Poi rivolto ai bersaniani, li invita ad aprire un tavolo di discussione "operativo" su alcuni temi: "Possiamo provare a riflettere su un percorso comune? Possiamo chiedere al governo di porre la fiducia sullo ius soli, di fare correzioni sulla legge di bilancio, possiamo immaginare dei correttivi sul welfare nella prossima legislatura?". Da parte sua Bersani, come accennato, spiega che tra Pd e sinistra "non basta essere uniti. Ci devono essere due tre cose che vanno corrette. Lavoro, scuola, fisco e toni del potere, c'è troppa arroganza", dice a proposito delle posizioni di Renzi. "Il problema è la linea politica. Quando uno dice che fa un altro jobs act, e siamo al record storico della precarietà è chiaro che c'è un pezzo di elettorato che dice 'no'". L'ex segretario del Pd assicura che non contano i personalismi: "Se Renzi portasse bene al centrosinistra, io lo abbraccerei". © Riproduzione riservata 09 novembre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/11/09/news/centrosinistra_cuperlo_bersani-180630354/?ref=search Titolo: MONICA RUBINO. Fassino riceve i primi no: "Ritrovare punti comuni, a cominciare Inserito da: Arlecchino - Novembre 16, 2017, 08:49:37 pm Centrosinistra, Veltroni: "Basta tatticismi, chi ha gli stessi valori deve stare insieme"
Il primo segretario del Pd a Circo Massimo su Radio Capital rinnova l'appello all'unità mentre il "pontiere" Fassino riceve i primi no: "Ritrovare punti comuni, a cominciare dallo ius soli" Di MONICA RUBINO 16 novembre 2017 ROMA - Mentre il "pontiere" dem Piero Fassino continua nel tentativo di dialogare con pezzi della sinistra (trovando in verità per adesso solo porte chiuse), Walter Veltroni, "padre nobile" del Pd di cui è stato il primo segretario, rinnova a Radio Capital il suo appello all'unità del centrosinistra. Ospite di Circo Massimo, condotto da Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto, si dice "molto preoccupato" dall'esito delle prossime elezioni. E invita la sinistra a rinunciare ai tatticismi: "In questo momento sento che è in gioco qualcosa di molto importante, la possibilità per la sinistra di svolgere un ruolo rilevante. Credo non ci sia bisogno di tatticismi, bisogna andare alla sostanza delle cose. È possibile non ritrovarsi tra persone che hanno valore e idee comuni? Questa è la semplice domanda che si pongono i milioni di elettori di centrosinistra". E tra i punti condivisi Veltroni cita innanzitutto lo ius soli, la riforma della cittadinanza: "L'approvazione di questa legge di civiltà sarebbe il primo passo importante". "Se si continua sulla strada della divisione - prosegue- il rischio è che si creino una Margherita da un lato e un Ds 'bonsai' dall'altro. Se i protagonisti di queste vicende spostassero lo sguardo al futuro, capirebbero quanto sono piccole le polemiche di oggi". Veltroni, che questa sera presenterà il suo nuovo romanzo Quando all'Auditorium di Roma, interviene anche sulle polemiche degli ultimi giorni su Pietro Grasso e Laura Boldrini, presidenti rispettivamente di Senato e Camera e pronti a scendere in campo come leader della sinistra: "Sul fatto che i presidenti della Camere esprimano posizioni politiche io non ho nulla da dire - afferma l'ex sindaco di Roma - se non per il fatto che in questo momento vorrei che tutti quanti avessero la consapevolezza della fragilità di questo istante e della necessità di solidità. Abbiamo bisogno di costruttori di ponti e non di polemiche che rischiano di accentuare le divisioni". Cambiando argomento, un'ultima battuta Veltroni la riserva alla Lega Calcio, dopo la deludente performance della Nazionale italiana alla qualificazione per i prossimo Mondiali: "Ho visto oggi qualche stupido commento sul fatto che io mi sarei candidato a presidente della Figc - afferma - È il mondo degli gnomi. Esistono degli esseri umani che pensano che se uno esprime la propria opinione, magari perché ha una passione, lo fa perché vuole fare qualcosa. Quando mi dissero di fare il presidente della Lega calcio io ho risposto di no ed è la stessa risposta che darei oggi". © Riproduzione riservata 16 novembre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/11/16/news/centrosinistra_veltroni_circo_massimo-181230107/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Pd, Renzi in Direzione: "Sforzo unitario ma senza abiure" Inserito da: Arlecchino - Novembre 18, 2017, 05:47:50 pm Pd, Renzi in Direzione: "Sforzo unitario ma senza abiure"
Il segretario ha i numeri per far approvare la sua linea. Ma punta all'unanimità per rinsaldare l'unità del partito. E incontra i Radicali italiani Di MONICA RUBINO 13 novembre 2017 ROMA - "Siamo alle porte della campagna elettorale e lo sforzo unitario che si chiede all'esterno va praticato all'interno in primis da chi dirige". Con queste parole il segretario del Pd Matteo Renzi apre la Direzione del partito, a porte chiuse e senza streaming, con l'obiettivo di dettare la linea che porterà il Nazareno verso le elezioni del 2018. E dopo aver cambiato registro negli ultimi giorni, aprendo il dialogo anche con gli ex dem. "Dobbiamo parlare al Paese - continua l'ex premier - ma senza abiure, rivendicando con forza e con orgoglio ciò che abbiamo fatto". Ma ora, continua, "la sfida del futuro è una pagina bianca. O la scrive il Pd o il centrodestra. Il nostro obiettivo è essere il gruppo più numeroso in Parlamento". E, assicura, "con la coalizione che faremo siamo già oggi avanti agli altri. E non porremo nessun veto né paletti per averla più larga possibile". Il segretario conferma poi di voler dialogare anche con i centristi di Alfano: "Non devono essere risucchiati da Berlusconi". Si impegna a far approvare lo Ius soli, a prescindere da un accordo con Mdp, ma "senza creare difficoltà alla chiusura ordinata della legislatura". E invita alla chiarezza i potenziali alleati: "Chi vorrà rompere lo dovrà fare in modo trasparente e chiaro perché da noi non troverà alcuna sponda". Sul tema del lavoro Renzi ribadisce la disponibilità ad aprire: "Siamo pronti a ragionare per avere meno precariato e più tempo indeterminato", afferma. Ma, precisa, "il Jobs Act resta, ha creato 986mila posti di lavoro in più". Il segretario invita perciò a "discutere seriamente, guardando oltre agli insulti ricevuti". Perché con i bersaniani il Pd ha sicuramente più punti in comune che con gli avversari storici: "Non solo perché con Mdp governiamo insieme in 14 regioni, ma perché molte cose fatte le abbiamo fatte insieme". In mattinata Renzi ha incontrato anche i Radicali italiani di Emma Bonino e Riccardo Magi e il promotore di Forza Europa Benedetto Della Vedova, che in questi mesi hanno aperto uno spiraglio per una alleanza con i democratici. Un incontro definito "utile e proficuo" dal coordinatore dem Lorenzo Guerini. • MALUMORI A SINISTRA A sinistra il malumore è forte per quella sorta di autosufficienza che il Pd renziano è accusato di coltivare quando evoca il 40 per cento. Tra scissionisti e Pd continua una sorta di gioco del cerino su chi sarà responsabile di quella frattura a sinistra che avvantaggerebbe centrodestra e grillini. I pontieri dem, da Lorenzo Guerini ai ministri Dario Franceschini e Andrea Orlando, continuano a mandare segnali di apertura. Lo stato maggiore del partito è al lavoro per fare appello a tutti per una solida alleanza di centrosinistra, che faccia riferimento ai temi concreti, da quelli in discussione nella legge di Bilancio al programma futuro. • I DOCUMENTI DELLA MINORANZA E LA RELAZIONE DI RENZI Al momento dall'ala orlandiana sono stati predisposti due documenti. Nel primo viene ribadita la vocazione maggioritaria del Pd e sottolineata la necessità di lavorare alla creazione di un campo largo di centrosinistra. Nel secondo viene indicata la strada per conseguire l'obiettivo attraverso una serie di proposte sulle legge di Bilancio che possano incontrare il favore degli ex compagni di Mdp. Ma gli ordini del giorno della minoranza potrebbero essere superati dalla relazione di Renzi se, come viene confermato da fonti Pd, riassumerà quanto chiesto dalla minoranza. E che potrebbe essere votata all'unanimità. • I NUMERI IN DIREZIONE In Direzione nazionale i numeri sorridono al segretario: su 120 membri eletti, 84 sono quelli di maggioranza, 24 gli orlandiani, 12 gli 'emiliani'. Anche se i venti franceschiniani si schierassero contro Renzi insieme alle minoranze, i 64 renziani ortodossi avrebbero la meglio. Insomma, negli organi che gestiscono il partito, Renzi non rischia nulla. Metterlo in minoranza, a meno di rivolgimenti oggi impensabili, non è possibile. © Riproduzione riservata 13 novembre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/11/13/news/pd_direzione_renzi_dialogo-180960010/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Da Renzi a Bersani, da Pisapia a Fratoianni il risiko delle liste Inserito da: Arlecchino - Novembre 20, 2017, 05:46:16 pm Chi sta con chi nel centrosinistra: le coalizioni e l'inizio della trattativa
Da Renzi a Bersani, da Pisapia a Fratoianni il risiko delle liste e dei partiti Di MONICA RUBINO 20 novembre 2017 ROMA - Tentativi di dialogo, passi avanti e secchi rifiuti. La trattativa nel campo del centrosinistra in vista delle prossime elezioni si è rimessa in moto vorticosamente. Ecco, in questa sintesi, lo stato delle possibili coalizioni. • LA COALIZIONE DEL PD La prima gamba è appunto il Pd renziano. La seconda sono i centristi: Pier Ferdinando Casini sta cercando di compattare un gruppo composto da Idv, ex Scelta civica e probabilmente anche da Angelino Alfano. La terza è una lista frutto dell'unione dei prodiani con Campo Progressista di Giuliano Pisapia. La quarta gamba, per l'appunto, dovrebbe essere rappresentata dai Radicali italiani di Emma Bonino e Riccardo Magi e gli europeisti di Benedetto Della Vedova, che potrebbero fondersi in un unico cartello anche con Verdi e socialisti. Una lista che, secondo il coordinatore nazionale dei Verdi Angelo Bonelli, potrebbe chiamarsi "Europa, ecologia e diritti". Ma Bonino ai microfoni di Radio Capital per ora sconfessa l'esistenza di accordi con il Pd: "Siamo distanti su molti temi, dalla giustizia ai migranti". • LA SINISTRA Roberto Speranza, Pippo Civati e Nicola Fratoianni, leader rispettivamente di Mdp, Possibile e Sinistra italiana, hanno convocato per il 3 dicembre la grande assemblea dei delegati con lo scopo di definire la lista unitaria e il simbolo con cui correre alle elezioni a sinistra del Pd. Dalla coalizione, per il momento, si tirano fuori i civici del Brancaccio, il movimento di Tomaso Montanari e Anna Falcone in disaccordo con i metodi di spartizione delle quote nelle liste. I tentativi di dialogo del "pontiere" dem Piero Fassino sono stati respinti dai demoprogressisti. Ieri a "in mezz'ora in più", Pier Luigi Bersani ha ribadito il no degli scissionisti all'offerta di un'alleanza larga di centrosinistra: "Con il Pd si parla dopo il voto". E l'assemblea di Mdp si è conclusa con l'approvazione all'unanimità della relazione del coordinatore Speranza, con cui si chiede di continuare il percorso con Si e Possibile. • I RISCHI DELLA DIVISIONE Il centrosinistra si presenterà così diviso alle elezioni, come accadde già nel 2001 (Ulivo da un lato e Rifondazione dall'altra) e nel 2008 (Pd e sinistra arcobaleno), rischiando di regalare a destra e M5s ben 40 collegi uninominali, corrispondenti ad altrettanti seggi, secondo la simulazione di Youtrend. © Riproduzione riservata 20 novembre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/11/20/news/bonino_centrosinistra_scheda_alleanze-181593987/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S2.4-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Per Storace "nulla di strano" Inserito da: Arlecchino - Novembre 30, 2017, 09:58:31 am Blitz dei naziskin, Salvini: "Non si risolve così il problema".
Per Storace "nulla di strano" Di MONICA RUBINO 29 novembre 2017 ROMA - Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, preferisce non commentare l'irruzione di un gruppo di una quindicina di naziskin del Veneto Fronte Skinhead nella sede di un'associazione pro migranti a Como. Ma per Francesco Storace, che questa mattina ha lanciato assieme a Gianni Alemanno il polo "sovranista per Salvini premier" non c'è nulla di strano: "I giovani dei centri sociali fecero lo stesso con me anni fa". Il suo compagno di viaggio, l'ex sindaco di Roma Alemanno, non rilascia dichiarazioni. No comment anche dal capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta. Ma il suo omologo al Senato, Paolo Romani, interviene biasimando l'accaduto: "Io prediligo il confronto, anche duro, di opinioni. Nel video vediamo la lettura di un proclama e un ascolto subìto, anche se cortese. Poteva andare peggio, per fortuna non c'è stata violenza. Ma si tratta di un atto diventato fenomeno virale sui social e che lascia il tempo che trova". Il segretario della Lega, invece, prende le distanze: "Hanno sbagliato, non si entra in casa d'altri senza permesso - afferma Matteo Salvini - non è questo il modo di risolvere il problema dell'immigrazione che finora è stato affrontato con politiche sbagliate. La mia soluzione è un lavoro costante con i sindaci e ribadire il no allo ius soli. Il 2 e 3 dicembre saremo in mille piazze d'Italia contro la legge sulla cittadinanza". Ferma la condanna di Noemi di Segni, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche: "Movimenti neonazisti che alzano la testa, cercano visibilità e legittimazione pubblica, intimando a chi si prodiga per il bene altrui di cessare ogni opera, è un fatto gravissimo, che suscita orrore e indignazione. Alle autorità pubbliche e alle istituzioni il monito di fermarli nei modi più efficaci e immediati". A sinistra il coro di indignazione è unanime. Se Pietro Bussolati, segretario del Pd milanese, non esista a definire il gesto senza mezzi termini come "squadrismo fascista", i deputati dem rivolgono un'interrogazione parlamentare al ministro dell'Interno Marco Minniti. Sollecitato a intervenire anche da Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, e Luana Zanella, coordinatrice nazionale dei Verdi. Mentre Eleonora Cimbro, deputata di Mdp, manifesta "massima solidarietà alla rete delle associazioni Como Senza Frontiere", nella cui sede si è svolta appunto l'irruzione. © Riproduzione riservata 29 novembre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/11/29/news/reazioni_aggressione_naziskin_como-182529139/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T2 Titolo: MONICA RUBINO. Comunisti in lista "per una Sinistra rivoluzionaria" Inserito da: Arlecchino - Dicembre 07, 2017, 06:37:35 pm Comunisti in lista "per una Sinistra rivoluzionaria"
Il Partito comunista dei lavoratori e Sinistra classe rivoluzione si presentano insieme alle prossime elezioni. Ferrando: "Condurremo anche noi la battaglia sulle firme" Di MONICA RUBINO 07 dicembre 2017 ROMA - "Per una sinistra rivoluzionaria". È il nome della lista e del simbolo che il Partito comunista dei lavoratori (Pcl) lancia assieme a Sinistra classe rivoluzione (Scr) alle prossime politiche. "L'obiettivo centrale è quello di usare anche la tribuna elettorale per ricostruire una coscienza politica di classe e anticapitalistica tra i lavoratori e gli sfruttati", spiega Marco Ferrando, voce e anima del Pcl da quando, nel 2006, questa costola trotzkista di Rifondazione comunista decise di staccarsi, in protesta contro la decisione di Fausto Bertinotti di entrare nel secondo governo Prodi. Alle ultime elezioni il partito di Ferrando ottenne lo 0,26% alla Camera e lo 0,37% al Senato, non riuscendo a conquistare nessun seggio. Tuttavia, anche se formalmente è il Parlamento il punto d'arrivo della nuova iniziativa politica avviata assieme al movimento Scr (che fino alla scissione avvenuta nel 2016 stava in Rifondazione comunista con il nome di organizzazione "Falcemartello"), di fatto lo scopo più importante è un altro. Ossia, "ricostruire un punto di riferimento anticapitalistico per i lavoratori che, dopo oltre dieci anni di massacro sociale, sono rimasti privi di rappresentanza. Nemmeno i sindacati sono più in grado di difenderli. Figuriamoci coloro che si presentano come la nuova sinistra", continua Ferrando. Il riferimento è a Liberi e Uguali, il soggetto politico della sinistra unitaria nato il 3 dicembre dall'alleanza fra Mdp, Sinistra italiana e Possibile e che ha come leader il presidente del Senato Pietro Grasso: "Quella lista comprende un personale dirigente - sostiene ancora il leader del Pcl - che non solo ha distrutto la sinistra politica in Italia, a partire dallo scioglimento del Pci, ma ha diretto le gigantesche privatizzazioni degli anni '90, ha precarizzato il lavoro (a partire dal pacchetto Treu), ha infine votato tutto il peggio dei governi Monti, Letta, Renzi, inclusa la soppressione dell'articolo 18. In poche parole ha picconato la libertà e l'uguaglianza a danno di chi lavora. Il fatto che si chiamino 'Liberi e Uguali' dimostra solamente che il trasformismo non ha confini, la faccia tosta neppure". Insomma per Ferrando "la sinistra o è anticapitalista oppure non è: il principio di realtà da cui partire è che il capitalismo è un sistema fallito, non ha più nulla da dare alle giovani generazioni in termini di progresso". E neppure il movimento civico del Brancaccio, guidato da Tomaso Montanari e Anna Falcone, è riuscito a dare voce "agli sfruttati e agli oppressi". È stato solo "un sipario, una mascheratura civica dietro cui si lavorava per ricomporre tasselli della cosiddetta sinistra riformista, subordinata agli interessi delle classi dominanti". Di fronte a sé, però, la nuova lista Pcl-Scr ha lo stesso problema pratico dei Radicali: la raccolta di circa 50mila firme che la legge elettorale impone a tutte le formazioni che non sono già in Parlamento: "Grazie al nostro radicamento territoriale pensiamo di potercela fare - assicura Ferrando - ma ci siamo confrontati anche con i Radicali italiani per condurre insieme la battaglia per l'abbattimento del numero di firme". © Riproduzione riservata 07 dicembre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/12/07/news/lista_comunisti_per_una_sinistra_rivoluzionaria-183337337/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-L Titolo: MONICA RUBINO. Lista Lorenzin, la polemica sul simbolo. Inserito da: Admin - Gennaio 06, 2018, 12:46:26 pm Lista Lorenzin, la polemica sul simbolo.
Rutelli torna all'attacco: "Nessuno può usare la Margherita" L'ex sindaco di Roma interviene con un post su Facebook. Gli risponde Dellai: "Traspare un messaggio al Pd, che dovrebbe maturare un'opinione al riguardo" Di MONICA RUBINO 04 gennaio 2018 ROMA - Francesco Rutelli torna all'attacco sulla polemica che riguarda il simbolo della lista centrista "Civica-popolare", alleata con il Pd e appena lanciata dalla ministra della Salute Beatrice Lorenzin, assieme al gruppo di ex alfaniani. Il logo del nuovo soggetto politico, che sarà presentato ufficialmente domattina, contiene al suo interno anche il disegno di una margherita, oltre alle sigle delle varie componenti che ne fanno parte, ossia i centristi per l'Europa di Casini, quelli di Lorenzo Dellai e l'Idv. Alcuni giorni fa il collegio dei liquidatori della Margherita nazionale di rutelliana fondazione, soggetto politico in via di chiusura giuridica, ha avanzato una diffida contro la lista di Lorenzin proprio sulla questione del simbolo. E oggi Rutelli rinfocola la querelle su Facebook, affermando che si è trattato di "una furbizia di bassa lega, il tentativo di utilizzare l'esperienza provinciale della Margherita trentina. Ottima esperienza, ma strettamente locale". Dellai, titolare del simbolo della Margherita, gli risponde, tagliando corto: "Mi pare che Rutelli parta da un presupposto che non c’è, sia dal punto di vista giuridico che sostanziale. Nessuno intende utilizzare il simbolo della Margherita nazionale, oggi in liquidazione. Noi facciamo riferimento a un movimento politico che si chiama "Unione per il Trentino", presente anche in Senato, con una rappresentanza eletta nelle ultime elezioni con un logo che è diverso e ben distinguibile da quello della Margherita". Sul piano giuridico, quindi, Lorenzin e i suoi non hanno nulla da temere. Ma se si guarda la questione dal punto di vista politico, le cose cambiano: "Dalla presa di posizione di Rutelli traspare forse un messaggio al Pd - continua Dellai - e in questo caso il partito di Renzi potrebbe anche maturare un'opinione al riguardo. Mi auguro che si chiarisca rapidamente. Nessuno può impedirci di metterci insieme ad altri né di presentarci alle elezioni". © Riproduzione riservata 04 gennaio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/01/04/news/lista_lorenzin_polemica_simbolo_margherita_rutelli-185791631/?ref=RHPPLF-BL-I0-C8-P1-S3.4-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Grasso: "Nessuna pregiudiziale verso il M5S. Renzi ha attuato ... Inserito da: Arlecchino - Gennaio 15, 2018, 12:09:37 pm Grasso: "Nessuna pregiudiziale verso il M5S. Renzi ha attuato le politiche di Berlusconi"
Il leader di Liberi e uguali a Circo Massimo su Radio Capital. Sulle elezioni regionali: "Nessun odio verso il Pd, in Lombardia non c'erano i presupposti per un accordo" Di MONICA RUBINO 15 gennaio 2018 ROMA - "Non siamo una forza politica irresponsabile ma rigorosa: se ci sono i presupposti, gli accordi si possono fare". Con questa motivazione Pietro Grasso, leader di Liberi e uguali spiega a Circo Massimo su Radio Capital perché il suo partito ha deciso di sostenere il candidato del Pd Nicola Zingaretti nel Lazio e non appoggiare Giorgio Gori in Lombardia. Incalzato dalle domande di Jean Paul Bellotto e Massimo Giannini afferma poi che LeU non ha "nessuna pregiudiziale nei confronti dei Cinquestelle". E accusa Renzi "di aver messo in pratica le politiche di Berlusconi". • IN LOMBARDIA NON CI SONO PRESUPPOSTI PER INTESA "Il confronto in Lombardia va avanti da molti mesi - spiega il leader di Leu - e la decisione di non sostenere Gori era già stata presa molto tempo fa. Invece nel Lazio ho avuto pieno mandato dall'assemblea regionale a trattare con Zingaretti per un confronto. Per me è stato molto importante sentire la base prima di prendere una decisione politica. Sono contro il personalismo della dirigenza". "Non c'è nessun rancore né odio nei confronti del Pd - continua il presidente del Senato - Erano state proposte delle primarie e invece si è avuto un candidato imposto. Gori ha appoggiato il referendum autonomista di Maroni, non ha dimostrato nessuna visione in discontinuità rispetto alle attuali politiche del Pd. Tutto questo è stato valutato dalla base, che aveva il polso della situazione". E precisa: "Il punto non è vincere o perdere ma che cosa andiamo a fare. Se c'è o meno una svolta nelle politiche regionali". • RENZI HA ATTUATO LE POLITICHE DI BERLUSCONI Poi aggiunge: "Su scala nazionale non ci sono i presupposti per un'intesa. Le politiche del Pd vanno da un'altra parte, lo stesso Renzi ha detto che è riuscito a fare quel che Berlusconi non ha fatto. Se si continuano a percorrere le direzioni che vanno fuori dal centrosinistra, non possiamo essere d'appoggio e di aiuto al Pd". • NO A PREGIUDIZIALI VERSO IL M5S Grasso chiarisce che le frizioni con Laura Boldrini in merito alla questione del rapporto con il M5S sono già risolte: "Per Leu il pluralismo è normale, le polemiche sono spesso giornalistiche e sono rientrate. Ci sono posizioni diverse da ricondurre a unità". E definisce i Cinquestelle "un soggetto politico con cui fare i conti", anche se sono "inaffidabili, ondivaghi, con loro è difficile trattare". Non si sbilancia su possibili accordi, tuttavia afferma che Leu non ha nessuna pregiudiziale contro il Movimento: "Useremo lo stesso metodo adottato in Lombardia e Lazio, valuteremo il loro programma". In ogni caso l'unica vera pregiudiziale culturale e ideologica "è nei confronti della destra". • ABOLIRE BUONA SCUOLA E JOBS ACT Tra le riforme da abolire Grasso cita la Buona scuola, "che ha scontentato un po' tutti" e il Jobs Act, che "ha creato lavoro precario: lavoriamo di più e guadagniamo di meno". Ma anche la legge Fornero è da rivedere: "Il sistema pensionistico non è equo, penso a dare un futuro anche ai precari". • LE QUESTIONI APERTE CON IL PD Secondo il leader di Leu, inoltre, il cambio di tono di Matteo Renzi che non si propone più direttamente come futuro premier, è positivo ma non sufficiente. E anche "Gentiloni, seppure abbia creato un clima diverso - aggiunge - ha compiuto scelte in linea con quelle di Renzi". Poi conclude: "Non chiedo passi indietro a nessuno. Sono io che voglio fare passi avanti. E poi sono loro che vanno indietro da soli. Renzi aveva il 40% e si è ridotto al 20%. Votare per noi può far costituire un centrosinistra che invece va perdendo pezzi da tutte le parti". Quanto alla querelle aperta con il Pd, che pretende da Grasso la restituzione dei contributi arretrati al partito, l'ex magistrato risponde: "Un lato squallido della campagna elettorale: nessun presidente del Senato o Camera ha mai dato un contributo alla sua parte politica. Non me l'hanno mai chiesto, nemmeno quando mi hanno proposto di candidarmi in Sicilia. Solo quando ho accettato di guidare Liberi e uguali. Pensare che sia io il responsabile della cassa integrazione dei lavoratori del Pd è veramente squallido". © Riproduzione riservata 15 gennaio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/01/15/news/pietro_grasso_circo_massimo_radio_capital-186515128/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1 Titolo: Errori antichi, commessi da personaggi nuovi alla politica, a chi servono Inserito da: Arlecchino - Gennaio 15, 2018, 12:13:16 pm Siamo alle solite: come sempre avvenuto nella sinistraSinistra, si porta l'attacco all'avversario come persona con paragoni indegni di una sana opposizione.
Le politiche attuate dagli ultimi governi sono quelle del PD (Letta, Renzi e Gentiloni). Dire di non avere nessun odio per il PD, ma dimostrarlo verso le persone a chi giova? Errori antichi, commessi da personaggi nuovi alla politica, a chi servono? Non certo agli Italiani. ggiannig Su Fb commento a Grasso del 15/01/2018 Titolo: MONICA RUBINO. Gori: "Con Leu saremmo pari nei sondaggi con Fontana. ... Inserito da: Arlecchino - Gennaio 18, 2018, 08:49:49 pm Regionali, Gori: "Con Leu saremmo pari nei sondaggi con Fontana. Non sprechiamo occasione storica"
Il candidato del Pd alla presidenza della Lombardia torna sul tema della mancata intesa con Liberi e uguali: "Abbiamo obiettivi comuni, le divisioni sono tutte politiche" di MONICA RUBINO 17 gennaio 2018 ROMA - "Non sprechiamo l'occasione storica di porre fine a 23 anni di governo della destra". Il sindaco di Bergamo e candidato del Pd alla presidenza della Lombardia Giorgio Gori, ospite di Circo Massimo su Radio Capital, non nasconde il suo rammarico di fronte alla mancata intesa con Liberi e uguali, che ha schierato Onorio Rosati. E cita gli ultimi sondaggi, che lo vedono cinque punti dietro ad Attilio Fontana, il candidato salviniano del centrodestra: "Fontana non è in largo vantaggio, è in stretto vantaggio, di cinque punti. Gori più Rosati sarebbero pari". "Altri appelli non ne faccio - continua Gori incalzato dalle domande di Jean Paul Bellotto e Massimo Giannini - Dico solo che abbiamo obiettivi comuni, in tutte le situazioni in cui ci troviamo a ragionare, dall'ambiente alla sanità, troviamo comunanza di idee. Le divisioni sono tutte politiche". E ritiene che la ragione del no di LeU a un'alleanza per le regionali in Lombardia "stia a Roma, nella profonda avversione a Matteo Renzi" che "offusca" certi dirigenti, per i quali "perfino far vincere uno come Fontana diventa secondario". Gori ammette di aver apprezzato chi si è espresso a favore di un'intesa, come il governatore toscano Enrico Rossi. E si augura di "risentire nuovamente Grasso". Quanto all'uscita infelice di Fontana, che ha difeso a Radio Padana la "razza bianca", Gori commenta: "Nella Costituzione il termine 'razza' è impiegato in senso opposto, cioè per superare le discriminazioni e andare oltre. Che Fontana, da avvocato, non lo capisca è un problema". E aggiunge: "ll suo è stato un lapsus freudiano, ha detto quello che pensa. Non credo debba ritirarsi dalla corsa. Ma la Lombardia non è una regione di razzisti". "Gli immigrati arrivati dall'Africa sono 500mila persone, meno dell'1% della popolazione. Non si può parlare di invasione. La gente è contro l'immigrazione incontrollata, che tracima nell'illegalità, spiega ancora il sindaco di Bergamo. Anche il ragionamento 'rubano lavoro agli italiani', "è una sciocchezza. Sto andando in giro per la Lombardia e sto incontrando imprenditori che hanno difficoltà a trovare operai da assumere", conclude Gori. © Riproduzione riservata 17 gennaio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/01/17/news/giorgio_gori_lombardia_circo_massimo-186657574/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P1-S2.3-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Il libro di Maurizio Martina sulla sua esperienza da ministro Inserito da: Arlecchino - Gennaio 21, 2018, 12:24:58 pm Da "green economy" a "green society": l'agricoltura come scelta di vita
Il libro di Maurizio Martina sulla sua esperienza da ministro Di MONICA RUBINO 20 Gennaio 2018 L'agricoltura come occasione per passare dalla green economy alla green society. È questa l'idea di fondo che ha spinto Maurizio Martina a scrivere Dalla terra all'Italia - Storie dal futuro del Paese (Mondadori), un libro sulla sua esperienza da ministro delle Politiche Agricole. La terra e il mondo agricolo oggi sono anche un laboratorio di cittadinanza grazie a tante buone pratiche che stanno fiorendo. Quelle di quanti migrano, in particolare dai Paesi dell'altra sponda del Mediterraneo, per arrivare da noi a reinventare nuovi modelli di economia e integrazione. "Negli ultimi quattro anni - scrive Martina - le imprese fondate da stranieri sono volate a doppia cifra aumentando del 21,3%. Tutto questo non è 'solo' economia. È cittadinanza forte, consapevole, propositiva, includente. Che interagisce col territorio, soprattutto con i nostri giovani imprenditori". Nel libro si parte proprio dalle storie di tanti under 40 che hanno scelto l'agricoltura come campo di futuro. Dal 2014 a oggi si è passati infatti da 55mila a 70mila aziende condotte da giovani. "Per me rappresenta uno dei risultati più importanti di questa legislatura - continua il ministro - per loro dobbiamo continuare l'impegno di questi anni, dare strumenti di salvaguardia del reddito concreto e fare della sostenibilità una leva di competitività. Sono componenti centrali della tripla A italiana: agricoltura, alimentazione e ambiente. Anche per questo abbiamo lanciato l'idea di un ministero dell'Alimentazione per l'Italia. Una scommessa culturale e sociale, ancora prima che economica e produttiva". Momento centrale del rilancio dell'agro-alimentare italiano è stato Expo 2015. Ma Martina ricorda anche i provvedimenti portati a segno, dalla legge contro il caporalato a quella contro gli sprechi alimentari. E cita la sua battaglia in Europa a favore della tracciabilità degli alimenti e di un'etichettatura chiara e trasparente per i consumatori. Ma c'è ancora tanto da fare: le agromafie imperversano, il territorio va tutelato così come il reddito di chi lavora la terra. Per il ministro "si tratta di riconoscere il lavoro e la passione di centinaia di persone che quotidianamente praticano nuova economia e nuova società mettendo in campo nuovi strumenti di protezione e promozione sociale. La scommessa principale penso che oggi sia proprio questa: fare comunità". © Riproduzione riservata20 Gennaio 2018 Da - http://www.repubblica.it/economia/2018/01/20/news/da_green_economy_a_green_society_l_agricoltura_come_scelta_di_vita-186885841/?ref=RHPPBT-VE-I0-C6-P10-S2.2-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Bersani sulle alleanze: "Parlare con il M5s è un dovere. ... Inserito da: Arlecchino - Gennaio 22, 2018, 02:00:12 pm Bersani sulle alleanze: "Parlare con il M5s è un dovere. Fare governo assieme è tutto un altro film"
L'esponente di Leu a Circo Massimo su Radio Capital: "Renzi sul milione di posti di lavoro inganna le persone". E sulle larghe intese fra Pd e Forza Italia: "Tracce di inciucio ci sono, ma scarsa fattibilità" Di MONICA RUBINO 22 gennaio 2018 ROMA - "Parlare con i Cinque Stelle è un dovere, fare un'alleanza di governo è tutto un altro film". Pier Luigi Bersani a Circo Massimo su Radio Capital commenta così la possibilità di un accordo con il M5S dopo il voto. E precisa: "È chiaro che se Di Maio viene a dirmi: 'vado fuori dall'euro, sull'antifascismo balbetto, sugli immigrati sto un po’ con la destra, sul fisco viva la mammà, io gli dico ciao". • DIRE CHE C'È PIU' LAVORO È UN INGANNO Sul tema del lavoro replica poi a Matteo Renzi, che vanta di aver creato nuovi posti di lavoro con i Jobs Act: "Io sconsiglio di dire alla gente che c'è un milione di posti di lavoro in più, perché le famiglie sanno bene come è la situazione dei giovani. È un inganno che genera rabbia". E aggiunge: "Non si può chiamare posto di lavoro un'occupazione statistica che consente di dire che è occupato uno che lavora un'ora in una settimana o una settimana in sei mesi. Le famiglie - anche quelle del ceto medio - sanno benissimo qual è la situazione del lavoro giovanile oggi". Elezioni, Bersani: ''Renzi inganna quando dice di aver creato 1 milione di posti di lavoro'' • BASTA BONUS, SERVONO INVESTIMENTI Se andasse al governo, Bersani però non eliminerebbe gli 80 euro renziani: "Non vado a tirar via quello che c'è stato ma io lo chiudo quel libro lì. Invece di bonus e sgravi dobbiamo fare investimenti: il lavoro lo fai solo con gli investimenti e un lavoro decoroso lo fai solo abbattendo la precarietà se vuoi ridurre le diseguaglianze". Rilancia la proposta di Leu sul fisco fatta di "progressività fiscale più accentuata e lotta all'evasione". Mentre non è convinto dal salario minimo sostenuto dai dem: "Per chi ha un contratto c'è già, bisognerebbe imporlo per tutti i lavori extra contratto. C'è anche il tema della dignità minima: la produttività accresciuta grazie alle innovazioni tecnologiche deve tradursi in una riduzione di orario". Elezioni, Bersani: ''Oltre al salario minimo esiste anche una dignità minima'' • SE IL PD PERDE NON È COLPA NOSTRA Sul tema del voto utile invocato dal segretario del Pd, l'esponente di Leu ribatte: "Chi dice che noi facciamo vincere la destra ha perso il senno. Perchè noi portiamo a votare chi altrimenti non voterebbe". E aggiunge: "È come se Renzi non sapesse che la gente che voterà noi lui non lo vota". Torna poi sul caso Gori: "Il Pd in Lombardia perde da solo non per colpa nostra. Pochi mesi fa il centrosinistra è riuscito a perdere Monza, Sesto San Giovanni e mi fermo lì. Eravamo insieme, ma ha vinto la destra. C'è un pezzo di elettorato di sinistra che non ne vuole più sapere". • INCIUCIO RENZI-BERLUSCONI? LE TRACCE CI SONO L'ex ministro pensa inoltre che un inciucio fra Renzi e Berlusconi sia possibile, ma difficile da realizzare in concreto: "Se seguo le tracce non posso avere dubbi su questo, la legge elettorale l'hanno fatta insieme". Il "giaguaro" Berlusconi si è rimesso qualche macchiolina e "nel suo istinto sa che è meglio parlare con Renzi - che qualche macchiolina gliel'ha rimessa pure lui - piuttosto che con la Lega e Salvini". E anche Renzi pensa "che facendo fuori la sinistra si può ereditare l'elettorato di Berlusconi ormai in tramonto. Ma i numeri non ci sono - conclude - penso abbia scarsa fattibilità". Del resto per Bersani la prospettiva delle larghe intese, come in Germania, "non aiuterebbe l'Italia a superare disuguaglianza e precarietà". © Riproduzione riservata 22 gennaio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/01/22/news/pier_luigi_bersani_circo_massimo_radio_capital-187013967/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S2.5-T1 Titolo: Lorenzin: "Gentiloni ottimo premier, governo per la prossima legislatura" Inserito da: Arlecchino - Gennaio 24, 2018, 11:50:09 pm Lorenzin: "Gentiloni ottimo premier, governo per la prossima legislatura"
La ministra della Salute, ospite di Circo Massimo su Radio Capital interviene anche contro l'alleanza fra Pd e Leu nel Lazio: "Senza soluzione andremo da soli". Di MONICA RUBINO 23 gennaio 2018 ROMA - Si schiera apertamente a favore di un governo Gentiloni bis. Bacchetta il Pd sulla vicenda del Lazio. E sostiene che la spesa sanitaria nei prossimi anni debba aumentare rispetto al Pil. La ministra della Salute Beatrice Lorenzin, leader della lista centrista Civica popolare alleata con i dem, a Circo Massimo su Radio Capital afferma senza mezzi termini: "Votare per la coalizione di centrosinistra significa votare il governo in atto". E continua: "Tra Renzi e Gentiloni non mi metto a fare le classifiche, ognuno governa nel momento in cui si trova. Nessuno chiede un passo di lato a Renzi. Ma io credo che Gentiloni abbia un grande gradimento e dovremmo convincere gli italiani che questo esecutivo dovrebbe continuare a governare". Elezioni. Lorenzin: "Gentiloni ottimo premier. Campagna di Renzi, molto coraggiosa" La ministra torna a criticare la scelta del Pd di allearsi con Leu in sostegno di Nicola Zingaretti alle prossime regionali nel Lazio: "La vicenda laziale lascia un segno, non ci fa partire col passo giusto. Non sono furiosa - prosegue rispondendo alle domande di Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto - ma c'è un problema politico. E se non si trova una soluzione politica, nel Lazio andremo da soli". In tal caso chiarisce che non sarà lei la candidata. E conclude: "È un'alleanza di palazzo, non si parla di programmi". Quanto all'accusa di "trasformismo" politico e del passaggio da uno schieramento di centrodestra a uno di CentroSinistra, Lorenzin ribatte: "Quando si è chiuso il Pdl cinque anni fa non abbiamo aderito alla nuova Forza Italia perché non rappresentava le nostre posizioni. Oggi questo centrodestra ha una preponderanza di stampo lepenista, una posizione culturale in cui non mi ritrovo, io vengo da una famiglia riformista". E aggiunge: "Non siamo trasformisti ma coraggiosi. Stiamo lottando per raggiungere il 3% e per costruire un progetto politico che abbia la sua dignità e la sua voce, che non venga tirato per la giacca. Abbiamo messo in campo una forza politica che ha una collocazione chiara e che viene dall’esperienza di governo". Affrontando poi la questione dell'alleanza tra la sua lista Civica popolare con + Europa della leader radicale Emma Bonino, la ministra risponde: "Ci si confronta con buon senso, poi su alcuni temi c'è la libertà di coscienza, su altri io e Bonino abbiamo già trovato la sintesi quando governammo assieme". Sul tema della Sanità, trascurato dalla maggior parte dei politici come fanno notare anche i sondaggisti, Lorenzin forte dell'esperienza maturata in questi anni ha le idee chiare: "Credo che la spesa per la sanità debba aumentare gradualmente rispetto al Pil". E conclude: "Deve esserci una scelta molto chiara per il welfare: le risorse devono essere impiegate qui e bene. Serve anche la riforma della socio-assistenza con fondi vincolati, altrimenti la gente esce dagli ospedali e dopo poco ci torna". Infine la proposta: "Ripresenterò la riforma del titolo V per sottrarre alle Regioni alcune competenze in materia di Sanità". © Riproduzione riservata 23 gennaio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/01/23/news/lorenzin_circo_massimo_radio_capital-187084039/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S3.3-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Renzi a RepTv: "Migranti bomba sociale? Inserito da: Arlecchino - Febbraio 06, 2018, 08:44:11 pm Renzi a RepTv: "Migranti bomba sociale? Berlusconi l'ha causata con accordi Ue e guerra in Libia"
Il segretario del Pd ospite del videoforum: "Ogni voto a D'Alema avvicina Salvini al governo" Di MONICA RUBINO 05 febbraio 2018 ROMA - "Berlusconi dice che i migranti in Italia sono una bomba sociale? Ma l'immigrazione dipende da due fattori: coi trattati di Dublino ogni Paese gestisce l'immigrazione da solo, ma quegli accordi che ora il capo di Forza Italia contesta li ha firmati lui nel 2003. E se in Italia arrivano i migranti è perché qualcuno ha fatto la guerra in Libia e il presidente del Consiglio era Berlusconi". Matteo Renzi, ospite del videoforum di Repubblica Tv condotto da Massimo Giannini e Laura Pertici, risponde al leader azzurro sul tema dei migranti dopo il raid razzista di Macerata di sabato scorso. FACT CHECKING - Quanto costano i rimpatri chiesti da Berlusconi • DOPO MACERATA ABBASSARE I TONI E in merito alla strage nella città abruzzese, invita ad abbassare i toni: "Chi si rende conto della gravità del momento deve usare tutto il buonsenso, l'equilibrio e la responsabilità che altri non hanno. Quando un ex candidato della Lega in consiglio comunale prende la pistola e spara su quelli di colore, la prima cosa da fare è abbassare i toni, tutti. Il mio appello è recuperare la calma: chiamare le cose con il loro nome. Che sia un atto razzista è evidente agli occhi di tutti. E che quella persona sia un pericolo va sottolineato con grande forza. Così come va detto che chi ha ucciso e fatto a pezzi la povera Pamela, deve pagare fino all'ultimo giorno". • INVESTIRE SULLE FORZE DELL'ORDINE Poi aggiunge: "Non sono i pistoleri a garantire la sicurezza in Italia. Bisogna investire sui carabinieri e sui poliziotti. Nel nostro programma dei 100 piccoli passi abbiamo scritto dell’assunzione di 10mila carabinieri. Quelli che strizzano l'occhio ai pistoleri sono quelli che hanno bloccato le assunzioni". Rispetto all'accusa di Matteo Salvini sulla sinistra che ha "le mani sporche di sangue", il segretario del Pd risponde: "È una frase talmente stupida da essere incommentabile. Le mani sporche di sangue ce le ha chi ha premuto quel grilletto. Dall'altra parte non si può pensare di buttare addosso alla Lega e a Salvini questa tematica che è molto più grande e complessa. Certo mi fido di più di Minniti ministro dell'Interno che non di Salvini". Macerata, Renzi: "Non sono i pistoleri a garantire la sicurezza" • VOTO UTILE Renzi rilancia inoltre il suo appello elettorale rinnovando l'invito al voto utile: "Ai moderati diciamo che l'alternativa solida e credibile è il Pd. Ogni voto dato alla sinistra radicale e al partito di D'Alema, avvicina Salvini al governo". • CONCRETEZZA È NOSTRA MISURA ECONOMICA CHOC Tra i numerosi temi passati in rassegna, Renzi affronta innanzitutto quello economico. "Sul reddito di inclusione l'obiettivo è arrivare sopra i 4 miliardi. Noi non facciamo effetti speciali, non lanciamo la bomba. La nostra misura choc è la concretezza. Il centrodestra ha un programma da 200 miliardi, il M5S va oltre i 100 miliardi di euro. Noi ci diamo una regola: il programma non può superare le manovre fatte. Le nostre misure valgono meno del 2% di Pil". • FLAT TAX È ROBIN HOOD AL CONTRARIO Il segretario dem torna anche a criticare la flat tax proposta dal centrodestra: "La flat tax, che Berlusconi propone da anni senza riuscire a farla, è la tassa di un Robin Hood al contrario: Berlusconi e Grillo pagherebbero di meno, gli operai di più. Noi proponiamo una misura di sostegno universale al reddito per le famiglie con figli: 80 euro al mese per ogni figlio fino ai 18 anni". Quanto alle polemiche sulla politica dei bonus, il leader dem replica: "Tutti criticano i bonus dopo che per anni hanno sopportato i malus. Sulle pensioni dobbiamo trovare un equilibrio e dare una mano alle mamme. E per loro prevediamo un contributo, non lo chiamo più bonus ma carta universale per i diritti dell'infanzia". • JOBS ACT, CRITICHE RESPINTE Renzi non condivide le critiche sul Jobs Act, che avrebbe creato più lavoro ma prevalentemente precario: "I dati dimostrano che i contratti precari sono paritetici a quelli a tempo indeterminato. Non dobbiamo dimenticare che eravamo a un passo dal fallimento". • LARGHE INTESE? CI SONO GIA' TRA LEGA E M5S Sollecitato nuovamente sulla possibilità di larghe intese con Forza Italia, Renzi ancora una volta nega l'ipotesi con fermezza: "Grande coalizione con Berlusconi? Puntano a vincere loro con il centrodestra. Poi una grande coalizione c'è già: è quella tra M5S e Lega. La pensano alla stesso modo sui vaccini, sull'uscire dall'euro un giorno sì e un giorno no. Il Pd è l'unico argine e l'unica vera alternativa". • IMPRESENTABILI, NO LEZIONI DA DI MAIO Sul tema dei candidati impresentabili, Renzi ribatte rivolto al M5S: "Non voglio fare la battaglia sugli indagati ma non accetto lezioni dai Cinquestelle. Il gioco di Di Maio è prendere la bandiera dell'onestà e issarla dalla parte del suo campo. Per me un avviso di garanzia non è una sentenza di condanna. Ma Grillo è condannato, Appendino è indagata, Nogarin è indagato, Raggi è sotto processo. Un'impresentabile si chiama Sara Cunial, candidata in Veneto con il M5s: questa signora dice che il vaccino è genocidio, mentre Dessì sta con i picchiatori del clan Spada". • BOSCHI A BOLZANO? SI È OCCUPATA DI AUTONOMIA Quanto alla candidatura di Maria Elena Boschi a Bolzano, precisa: "Il tema della candidatura di Boschi non ad Arezzo ma a Bolzano si collega alla scelta di candidare Padoan a Siena, nel collegio più complicato sulla questione banche. Mentre Boschi e Bressa che hanno seguito i temi dell'autonomia si candidano in Trentino Alto Adige". Poi tira in ballo il Capo dello Stato: "Anche Sergio Mattarella - aggiunge - fu candidato a suo tempo nel collegio di Bolzano, per dire uno dei nomi che è stato candidato lì in passato". • SE PD È PRIMO GRUPPO IN PARLAMENTO, ABBIAMO VINTO Sull'esito delle elezioni, infine, Renzi si limita a un'affermazione ovvia: "Per me la differenza tra vittoria e sconfitta lo fa se siamo o no il primo gruppo parlamentare". Cosa succede il 5 marzo se i Dem non sono il primo gruppo? "Ne parliamo il 5 marzo", risponde. E scherza, con riferimento al referendum del 4 dicembre 2016: "Già una volta ho detto che mi sarei dimesso in caso di sconfitta e non è andata bene...". © Riproduzione riservata 05 febbraio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/02/05/news/renzi_a_berlusconi_migranti_sono_bomba_sociale_firmasti_tu_gli_accordi_-188081476/?ref=nrct-19 Titolo: MONICA RUBINO. "Vi è ipocrisia: ci si muove per lo sdegno di questa vicenda,... Inserito da: Arlecchino - Febbraio 08, 2018, 06:20:16 pm Macerata, Orlando: "Ho ricevuto minacce, ma i fascisti non mi spaventano"
Il ministro della Giustizia a Circo Massimo su Radio Capital: "Salvini e Berlusconi irresponsabili. Provare a giustificare un atto criminale e terroristico come quello di Traini è inaccettabile" Di MONICA RUBINO 08 febbraio 2018 ROMA - Ha ricevuto minacce e insulti sui social il ministro della Giustizia Andrea Orlando, dopo la sua visita in ospedale ai sei giovani migranti feriti nel raid razzista di Macerata del 3 febbraio. Intervistato da Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto a Circo Massimo su Radio Capital, assicura di non avere paura dei fascisti: "Sono andato a Macerata e per questo io e la mia famiglia abbiamo ricevuto offese e minacce. Ma sono stato cresciuto da comandanti partigiani e mi hanno insegnato che i fascisti non vanno tenuti in considerazione perché al momento buono sono sempre scappati. Non mi fanno paura". Il ministro trova inoltre "inaccettabile" che si cerchino "giustificazioni sociologiche" al comportamento di Luca Traini: "Matteo Salvini e Silvio Berlusconi sono degli irresponsabili: dare una forma di giustificazione a un comportamento criminale e terroristico è un modo per sdoganarlo e dargli un valore politico, è un rischio enorme". "Quest'anno - prosegue Orlando - il numero degli stranieri presenti in Italia, dopo anni, è diminuito: sono più gli italiani andati all'estero che gli stranieri arrivati. Berlusconi cosa direbbe se anche gli altri Paesi rimandassero indietro i nostri concittadini? I fenomeni vanno regolati, certo, ma dire che siccome Traini ha sparato bisogna mandare a casa 600mila persone è un modo di ragionare che disonora il Paese, la Costituzione e quella che pomposamente la destra chiama 'patria', che è una cifra di civiltà e di valori". Il ministro si dice anche preoccupato del fatto che Traini in carcere sia stato accolto dagli applausi degli altri detenuti: "È un segno di profonda involuzione, che segna un clima contro il quale bisogna reagire". E in merito alla decisione del sindaco di Macerata Romano Carancini di annullare il corteo antifascista previsto per sabato prossimo, commenta: "Se il sindaco ritiene sia meglio far calare la tensione, è una posizione rispettabile. Però un momento nel quale si dia la possibilità all'Anpi di testimoniare i valori antifascisti del Paese credo che vada trovato". Alla domanda se il Pd di fronte a questa vicenda abbia assunto una posizione di ripiego, Orlando risponde: "Non arriverei a trarre questa conclusione, ma il problema è il livello di iniziativa politica che si mette in campo: non rassegniamoci al senso comune, che in questo Continente ha prodotto in passato anche dei mostri". Il ministro racconta infine che non gli è stato possibile incontrare ieri la famiglia di Pamela Mastropietro, la ragazza assassinata: "Ho sentito telefonicamente lo zio della ragazza, che è anche legale della famiglia, che mi ha ringraziato di averlo cercato, penso ci vedremo nei prossimi giorni". E conclude "Vi è ipocrisia: ci si muove per lo sdegno di questa vicenda, ma poi chi si dice sdegnato si approfitta e diffonde particolari sulla vita della ragazza". Raccolgo l'appello dello zio che chiede pietas sulla ragazza rispetto a ricostruzioni che non hanno nulla a che vedere con la vicenda". © Riproduzione riservata 08 febbraio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/02/08/news/orlando_minacce_fascisti_circo_massimo-188321159/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Franceschini: "Salvini cavalca la paura, i moderati riflettano" Inserito da: Arlecchino - Febbraio 12, 2018, 06:44:41 pm Elezioni, Franceschini: "Salvini cavalca la paura, i moderati riflettano"
Il ministro dei Beni culturali a Circo Massimo su Radio Capital difende il direttore del Museo Egizio di Torino dagli attacchi di Giorgia Meloni Di MONICA RUBINO 12 febbraio 2018 ROMA - "Salvini cavalca le paure per prendere qualche voto in più". Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini a Circo Massimo su Radio Capital va all'attacco del leader della Lega e fa un appello ai moderati di centrodestra: "Salvini fa come tutti i populisti europei: prende le paure reali dei cittadini e invece di affrontarle le cavalca per prendere qualche voto in più. Non abbiamo niente a che spartire con lui. Un certo elettorato moderato di centrodestra dovrebbe pensarci prima di mettersi in mano a lui". • L'APPELLO AI MODERATI: LA DESTRA E' POPULISTA Il ministro si dice preoccupato, infatti, da una vittoria del centrodestra perché "questa coalizione è profondamente cambiata: non è più a trazione berlusconiana, quindi moderata, ma si è trasformata a larga maggioranza in una destra estrema e populista". Quanto all'effetto Macerata sui sondaggi, che vedono il Pd scivolato al 20% a causa dell'atteggiamento "troppo tiepido", Franceschini aggiunge: "Ci vuole sempre prudenza nel valutare i sondaggi, la mobilità dell'elettorato è cresciuta, si decide negli ultimi giorni, addirittura nelle ultime ore. In ogni caso trovo terribile che i fatti di Macerata siano diventati un argomento di campagna elettorale". • NO ALLA GRANDE COALIZIONE Franceschini esclude poi una ipotesi di grande coalizione dopo il voto, se nessuno dovesse vincere le elezioni: "Lo schema non è mai stato in piedi in Italia. In Germania è fatta da partiti che l'hanno già vissuta e dopo aver discusso per tanto sul programma lo attuano. Qui, quando è stata fatta all'inizio di questa legislatura, abbiamo assistito in maggioranza alla stessa conflittualità tra maggioranza e opposizione. Non credo possa funzionare". "Le scelte dopo il voto dipendono da chi vince e dal capo dello Stato - continua - tornare a votare con la stessa legge produrrebbe lo stesso risultato". E aggiunge: "Se andasse avanti il governo Gentiloni, di cui anche io faccio parte, sarebbe la conseguenza di un risultato di stallo. E non sarebbe un buon risultato". • LA DIFESA DEL DIRETTORE DEL MUSEO EGIZIO Sul caso di Christian Greco, il direttore del Museo Egizio di Torino attaccato da Giorgia Meloni per i biglietti scontati alle coppie arabe, Franceschini ribadisce la sua solidarietà, espressa anche da Matteo Renzi in un tweet in cui loda la presa di posizione del ministro: "Il direttore Greco è bravissimo - ribadisce ancora Franceschini - Noi a fare i direttori dei musei abbiamo mandato persone competenti; la destra dice invece: 'quando arrivano se non ubbidiscono li cacciamo via'". In merito alla proposta avanzata dalla sindaca di Roma Virginia Raggi di rendere gratuiti i Fori imperiali, il ministro risponde: "Sull'area archeologica centrale a Roma c'è una mia lettera al Campidoglio ancora senza risposta in cui avevo offerto un tavolo. Hanno detto che ne parleranno con il prossimo ministro: aspetteremo". E aggiunge in risposta al manifesto di 70 intellettuali italiani che lo accuso di aver puntato solo alla fruizione dei beni culturali e non alla tutela: "Con gli incassi si paga l'attività scientifica. Al Pantheon si pagheranno due euro: ci saranno milioni di euro che manterranno in Pantheon e gli altri monumenti. Che c'è di male?". © Riproduzione riservata 12 febbraio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/02/12/news/elezioni_franceschini_circo_massimo-188657871/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Fico: "De Falco? Se i fatti sono reali, non è compatibile con... Inserito da: Arlecchino - Febbraio 22, 2018, 05:36:02 pm Fico: "De Falco? Se i fatti sono reali, non è compatibile con il M5s"
Il presidente della Vigilanza Rai a Circo Massimo su Radio Capital: "Noi truffati, rimborsopoli trattata in modo eccessivo" Di MONICA RUBINO 20 febbraio 2018 ROMA - "Se il M5s fa un piccolo passo falso, se ne parla per settimane. Magari cose più gravi vengono rapidamente derubricate dalla stampa. Abbiamo le spalle larghe". Roberto Fico, deputato del M5s e presidente uscente della commissione Vigilanza Rai, ospite di Circo Massimo su Radio Capital condotto da Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto, interviene sulla vicenda dei falsi rimborsi di alcuni esponenti del Movimento. Secondo il dirigente pentastellato, ricandidato a Napoli, il Movimento "non subirà nessun danno" dal caso rimborsopoli, perché oggi "tutta Italia sa che abbiamo restituito dei soldi. È un valore aggiunto". Per Fico è invece il Pd "che subisce dei danni", perché Renzi "è stato divisivo". E chiarisce: "Le nostre liste elettorali sono perfette, immacolate. Abbiamo fatto un'operazione democratica". A proposito delle dichiarazioni rese dalla moglie del capitano Gregorio De Falco, candidato con il Movimento, Fico afferma: "La situazione va approfondita. È chiaro che se ci fossero elementi reali, De Falco non sarebbe compatibile con il M5s". In merito all'inchiesta che ha coinvolto Roberto De Luca, figlio del governatore della Campania Vincenzo, Fico invece commenta: "Serve un'operazione di documentazione per far capire che cosa ancora succede nel settore dello smaltimento dei rifiuti in Campania e se ci sono tangenti negli appalti per le ecoballe. Il punto fondamentale è comprendere questo sistema". E spiega il motivo per cui il M5s ha chiesto le dimissioni del presidente della Campania: "Per quale motivo il figlio di De Luca, che è assessore a Salerno, va a trattare gli appalti delle ecoballe di competenza regionale? Avrà avuto una delega dal padre per parlare di queste cose. Per questo il governatore si deve dimettere". Fico afferma poi che il M5s fornirà la lista dei ministri prima del voto del 4 marzo. E sui risultati alle prossime elezioni ammette: "Non sono consapevole" del fatto che il 40% M5s se lo sogna, "c'è un movimento sotto traccia" che non appare nei sondaggi e "l'onda cresce". "Più è alto il Movimento più possiamo governare da soli e più è possibile che Forza Italia e Pd non facciano un inciucio", osserva. "Spesso i governi cosiddetti di scopo sono diventati politici e hanno fatto il male del Paese", conclude sulla possibilità di tornare presto alle urne nel caso non si riesca a formare una maggioranza di governo. Quanto all'ipotesi di un Gentiloni bis, Fico taglia corto: "Spero che non vada avanti. Non è accettabile" aggiunge. L'ultima battuta è sull'esenzione dal canone Rai concessa agli over 75: "È un miracolo della campagna elettorale. Ben venga, ma mi sembra una furbata. Noi abbiamo presentato emendamenti per farlo due anni fa e siamo stati bocciati dal Pd. Se governeremo, confermeremo lo sgravio". © Riproduzione riservata 20 febbraio 2018 Da - http://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni2018/2018/02/20/news/roberto_fico_m5s_circo_massimo_radio_capital-189283848/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S2.4-T1 Titolo: MONICA RUBINO. D'Alema: "Lunare pensare che il Pd vinca. Inserito da: Arlecchino - Febbraio 22, 2018, 05:37:19 pm Elezioni, D'Alema: "Lunare pensare che il Pd vinca. Prodi compagno che sbaglia aiutando i dem" L'esponente di Liberi e uguali ospite di Circo Massimo su Radio Capital: "Renzi ammicca a Berlusconi". Grasso: "Gentiloni bis? Ha messo la fiducia su legge elettorale-truffa". Casini all'ex ministro degli Esteri: "Chiuso in risentimenti e ridicole autosufficienze" Di MONICA RUBINO 19 febbraio 2018 ROMA - "È lunare pensare che possa vincere il Pd". Il pronostico di Massimo D'Alema, ospite di Circo Massimo su radio Capital, è chiaro. Alle prossime elezioni nessuno otterrà la maggioranza: per il Pd è un miraggio, ma non sarà facile nemmeno per il centrodestra. "Tra la gente - dice D'Alema, in campagna elettorale in Salento - trovo malessere, disagio e rabbia contro chi ha governato", attuando "una politica sbagliata e inconsapevole del grado di difficoltà che c'era nel Paese", aggiunge. Per l'ex premier, "il Pd "pagherà il prezzo alla legge elettorale che ha fatto" anche con l'obiettivo di "schiacciarci". • LA RISPOSTA A PRODI L'ex ministro degli Esteri risponde poi a Romano Prodi, che ha definito "compagni che sbagliano" coloro che hanno lasciato il Pd. "Penso lo stesso di lui", esordisce D'Alema. "Diciamo la verità - continua - con questa legge elettorale, che Prodi reputa scandalosa e Gentiloni ha fatto passare con 8 voti di fiducia, non si vota Gentiloni ma Renzi. Se la lista "Insieme’ “non supera il 3% il voto va a Renzi, quindi Prodi voterà per Renzi e Casini senza dirlo nemmeno a se stesso" ed esprimendo un voto "non utile né per sé, né per il Paese". Chiamato in causa, Pier Ferdinando Casini risponde a D'Alema a stretto giro: "D'Alema dopo aver passato una vita a cercare alleanze più ampie, oggi si è chiuso nel fortilizio dei risentimenti e delle ridicole autosufficienze", sostiene in una nota. E aggiunge: "Mi dispiace per lui, ma la realtà è difficile da alterare: chi vota una delle liste del centrosinistra ha la speranza di vincere i collegi uninominali. Chi vota Leu ha al massimo la speranza di farlo vincere alla Lega o ai 5Stelle". Sul tema di un eventuale "Gentiloni bis" interviene da Bologna, a margine di un'iniziativa elettorale, anche il leader di Leu Pietro Grasso: "Non dimentichiamo che l'attuale premier è quello che ha posto tre fiducie alla Camera e cinque al Senato per approvare una legge elettorale truffa, perché come abbiamo visto si dà un voto a una lista e si eleggono altri di un’altra lista". Oltretutto, aggiunge D'Alema, "se il Pd perde le elezioni mi pare difficile dare l'incarico a Gentiloni". Sul governo del presidente, chiarisce: "Le alchimie non mi interessano, bisogna seguire la prassi costituzionale corretta. Se il Capo dello Stato rileva che non c'è una maggioranza politica, incarica chi ha il maggior consenso parlamentare e se non c'è, deve individuare una persona al di sopra dello scontro politico". • RENZI AMMICCA A BERLUSCONI A Renzi D'Alema rimprovera di aver composto "liste con stile padronale", usando una legge elettorale "pessima, che è un insulto ai cittadini, e a mio avviso sotto certi profili è anche incostituzionale". E accusa: "Renzi ammicca a Berlusconi, in un'ottica in cui Berlusconi si separa dalla Lega, ma sono tutti calcoli di cortissimo respiro che non guardano alla ricostruzione del centrosinistra". Quanto al progetto politico di Liberi e uguali, "io voglio ricostruire una sinistra unita innanzitutto al suo popolo", prosegue D'Alema. Dalla gente, "ci viene rimproverato di aver messo troppo tardi in campo la ricostruzione della sinistra, nessuno ci rinfaccia invece di aver detto addio al Pd". • NO PREGIUDIZIALI VERSO IL M5S Quanto al M5s, D'Alema ammette di avere pregiudiziali solo nei confronti dei "fascisti" e "i Cinquestelle non li considero tali". Ma precisa: "Certo se governassero farebbero sfracelli". Poi spiega: "Io cerco di contendere al M5s il consenso dei cittadini, i Cinquestelle si alimentano della protesta dei cittadini ma non hanno una visione del futuro del Paese né una classe dirigente, non mi pare una prospettiva per l'Italia". COME SI VOTA • NO RITORNO AL VOTO SENZA NUOVA LEGGE ELETTORALE Se dalle elezioni non verrà fuori una maggioranza, per D'Alema non bisogna tornare subito al voto: "Eleggiamo un Parlamento di assoluta incertezza ma non mi pare responsabile, se non ci fosse una maggioranza, andare a votare subito dopo, perché prima bisogna fare una nuova legge elettorale". • MAGGIORANZA DIFFICILE ANCHE PER IL CENTRODESTRA Alla domanda se sia più preoccupato da un governo a guida leghista o berlusconiana, D'Alema risponde: "È una scelta diabolica. Non credo però che si tratti di Berlusconi, girano nomi come quello di Tajani. È chiaro che l'estremismo leghista sia più preoccupante". Detto questo, però, l'esponente di Leu sostiene: "Io non credo che il centrodestra avrà la maggioranza, che superi il 40%. Non capisco perché si sprechi tanto inchiostro...". • VOTO UTILE? SCIOCCHEZZA Liquida poi come una "totale sciocchezza" il richiamo al voto utile invocato da Renzi: "Se fosse vero nel Mezzogiorno allora non bisognerebbe votare per il Pd, diciamolo, considerando che lo scontro è tra destra e M5s... quindi sarei cauto nel dire queste sciocchezze". "Il Pd ha reso impossibile il voto utile - attacca ancora l'esponente di Leu - non si è voluto il voto disgiunto. Quindi, con il proporzionale è utile votare chi rappresenta le tue idee. Noi se vogliamo esistere chiediamo il voto per Liberi e uguali" ha concluso. • NO A CONFRONTO IN TV CON RENZI Quanto alla disponibilità di un confronto in tv con Renzi, l'esponente di Leu commenta: "Il nostro movimento ha un leader che si chiama Pietro Grasso. Renzi si esibisce in un gioco ineducato di definirci 'il partito di D'Alema'. Io non mi presto a questo gioco, non ho tempo da perdere, sto qui in Salento con le persone vere". • SE NON ELETTO, NON LASCIO POLITICA Infine, se non dovesse risultare eletto, D'Alema assicura che non lascerà la politica: "È la politica che non mi lascerebbe, perché è una malattia nel senso di passione, impegno, la forza di alcuni ideali. Me ne ero andato e sono tornato perché mi hanno richiamato in servizio. Il Parlamento l'ho già lasciato da tempo e non sarebbe drammatico rifarlo. Mi batto per i voti". © Riproduzione riservata 19 febbraio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/02/19/news/massimo_d_alema_circo_massimo_radio_capital-189203764/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S3.4-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Renzi: "Ha ragione Berlusconi, no a larghe intese con noi". Inserito da: Arlecchino - Febbraio 22, 2018, 05:46:39 pm Renzi: "Ha ragione Berlusconi, no a larghe intese con noi". E su D'Alema: "Ha cercato di distruggere il Pd"
Il segretario del Pd ospite di Circo Massimo su Radio Capital: "Con noi ex M5s? Non scherziamo". E ribadisce: "Saremo il primo partito e primo gruppo parlamentare". Su Di Maio: "Capo degli impresentabili" Di MONICA RUBINO 21 febbraio 2018 ROMA - No alle larghe intese con Forza Italia e porte chiuse ai fuoriusciti del M5s. Per il segretario del Pd Matteo Renzi, ospite di Circo Massimo su Radio Capital, la "partita è ancora totalmente aperta". E l'obiettivo non cambia: "Vogliamo essere primo partito e primo gruppo parlamentare". Il caso Campania è stato "strumentalizzato da Di Maio, fresco dello scandalo su rimborsopoli". E di D'Alema dice apertamente: "Ha tentato di distruggere il Pd dall'interno, ora lo fa dall'esterno". • NO ALLE LARGHE INTESE "Silvio Berlusconi in questa fase ha ragione quando dice che è inutile pensare a larghe intese con il Pd - afferma Renzi, rispondendo a Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto - Ha torto quando pensa che il Pd non tiene. Sta facendo una campagna elettorale che nemmeno il mago Silvan: presenta cose o che non è riuscito a fare in passato o che abbiamo già fatto noi, come la rottamazione delle cartelle esattoriali o lo sblocco dei contratti pubblici". Le larghe intese sono archiviate? "Non sono mai iniziate. Silvio Berlusconi ha votato due governi: quello di Mario Monti e quello di Enrico Letta. Mai il mio". Elezioni, Renzi a 'Circo Massimo': "Niente larghe intese, Fi votò governi Monti e Letta non il mio" • PORTE CHIUSE A EX-M5S Rispetto poi alle "avances" del leader di Forza Italia ai transfughi pentastellati, commenta: "Agli impresentabili dei cinquestelle Berlusconi fa un'offerta che non possono rifiutare. È un'offerta quasi commerciale. Nemmeno fosse alla Standa. Dice: 'venite con noi che almeno avrete la legislatura piena'. Questo dovrebbe far riflettere gli elettori". E ribadisce con fermezza che il Pd non ospiterà gli ex M5s: "Scherziamo? Noi abbiamo un'altra idea della politica. Il punto è che, di fatto, chi vota il M5s elegge questa gente qua". • IL CASO CAMPANIA Quanto all'inchiesta sui rifiuti in Campania, Renzi chiarisce: "Sull'indagine è bene che si vada a sentenza e si dica chi sta rubando come, dove e quando. In questa vicenda è evidente la strumentalizzazione di Di Maio, perché da una settimana stava in crisi per rimborsopoli. Si butta sul primo caso che ci riguarda, mostrando scarsa cultura garantista. Roberto De Luca ha fatto un passo indietro, chiudendo le discussioni. Ma Di Maio, nella foga di strumentalizzare questa storia, è arrivato a dire una parola enorme: 'assassini'. Ed è stato querelato da Vincenzo De Luca per questo. Poiché è sensibile alla lotta alla casta, gli dico: rinuncia all'immunità parlamentare e vai in tribunale". Quanto al giudizio sul governatore campano, il leader del Pd risponde: "Se vogliamo fare una discussione su come è amministrata la Campania parliamo di Pompei, del Litorale Domizio, di Bagnoli. Qui però ci stiamo candidando per governare l’Italia". E puntualizza: "Se vogliamo discutere di candidati, ditemi quali impresentabili abbiamo nelle liste e io rispondo 'zero'. Vincenzo De Luca è stato uno straordinario sindaco di Salerno. Ha uno stile di governo che non tutti condividono, com'è noto, ma non ha mai avuto un problema con la giustizia. La sua onestà non è mai stata messa in discussione". • LA REPLICA A D'ALEMA Il segretario dem replica poi a Massimo D'Alema, esponente di Leu, che a Circo Massimo ha escluso nettamente una vittoria del Pd alle prossime elezioni: "Che D'Alema abbia una relazione complicata con tutti i leader di centrosinistra è una cosa nota - afferma l'ex premier - Dal giorno dopo le Europee, dal 40,8%, ha cercato di distruggere dall'interno l'esperienza del Pd. E oggi lo fa dall'esterno". E rilancia il tema del voto utile: "Ogni voto dato a D'Alema e al suo partito è regalato a Salvini e a Berlusconi". • NO A CONCORRENZA CON GENTILONI Renzi infine non si sbilancia sull'ipotesi di un Gentiloni bis, ma respinge ogni antagonismo con l'attuale premier: "Siamo una squadra e siamo tutti in campo. Fate pubblicità comparativa, fate tre foto di gruppo. Da un lato c'è lo 'spread team' guidato da Berlusconi ma a trazione leghista, dall'altro c'è il M5s, che dove governa fa quel che è accaduto a Roma ed è il partito degli impresentabili e degli ex onesti. Il Pd è la squadra più forte e Gentiloni ha fatto molto bene il presidente del Consiglio". © Riproduzione riservata 21 febbraio 2018 Da - http://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni2018/2018/02/21/news/renzi_circo_massimo_radio_capital-189359456/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Chiamparino: "Zingaretti può essere l'uomo giusto alla guida ... Inserito da: Arlecchino - Marzo 09, 2018, 05:05:55 pm Chiamparino: "Zingaretti può essere l'uomo giusto alla guida del Pd" Il governatore del Piemonte ospite di Circo Massimo su Radio Capital: "Opposizione non è Aventino, chi ha vinto faccia proposte". Calenda: "Non mi candido a segretario". Sala: "No a primarie, altra lotta fra galli" Di MONICA RUBINO 09 marzo 2018 ROMA - "Il futuro segretario del Pd? Nicola Zingaretti potrebbe essere una di quelle candidature di peso su cui investire per ricostruire un campo democratico e di sinistra in Italia". Per il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino il presidente del Lazio, appena riconfermato dal voto regionale e pronto a correre per le primarie, potrebbe essere l'uomo giusto per guidare il Partito democratico. E "ritrovare l'unità per rifondare un'identità in cui una comunità politica possa riconoscersi". "La stagione di Matteo Renzi è finita in questa fase politica", continua il governatore piemontese. "Ora serve un'assunzione di responsabilità". Lo stesso Chiamparino nei giorni scorsi aveva manifestato la sua disponibilità a candidarsi alla segreteria: "Non mi sfilo, sono disposto a dare una mano se non ci fossero proposte credibili. Certo darei la precedenza a chi è più giovane". Quanto a un'eventuale candidatura del neoiscritto al partito Carlo Calenda, commenta: "L'ho visto agire con grande determinazione sulla vicenda Embraco. Dopodiché, di qui a fare il segretario ce ne corre, soprattutto in termini di proposte programmatiche". Lo stesso ministro dello Sviluppo Economico esclude questa ipotesi e scrive su Twitter: "Ieri ho lavorato su Ilva e Piombino non ho parlato con alcun padre nobile del Pd. Detto + volte considererei poco serio fare il segretario di un partito di cui ho preso 3gg fa la tessera ! Oggi alle 18 vado a presentarmi al mio circolo". E in un successivo "cinguettio" cita la battaglia di Dunkerque per tornare a sottolineare l'importanza di andare in soccorso del partito in difficoltà: "In questo momento la situazione è opposta. Ognuno deve prendere la sua barchetta e andare in soccorso del Pd. Disfatte se vissute con dignità e onore possono essere la premessa per una vittoria futura. #dunkerque". Sulla possibilità di un'intesa fra Pd e M5s Chiamparino precisa: "La lettera di Luigi Di Maio su Repubblica non è un'assunzione di responsabilità ma un esercizio di arroganza politica. L'ho letta come una riaffermazione di una centralità tolemaica del Movimento sulla cui base mi sembra difficile trovare una mediazione. La posizione assistenzialistica di Di Maio e la politica di ridistribuzione del reddito che noi proponevamo sono distanti, ma l'opposizione per noi non è l'Aventino: si dialoga con tutti". E conclude: "Il M5S è una formazione composita, dentro cui c'è di tutto, anche posizioni compatibili con la sinistra italiana" perché "chi prende oltre il 33% ha dentro di tutto". Certo "non si può chiedere a noi di sostenere un governo, chi ha vinto si assuma la responsabilità di fare proposte". Chiamparino giudica infine positiva la proposta di una consultazione referendaria della base per aderire o meno a un governo di coalizione, sull'esempio dei socialdemocratici tedeschi: "Se ci fossero proposte che a giudizio del gruppo dirigente vanno prese in considerazione vanno sottoposte alla base, sul modello del referendum tedesco della Spd". Nel dibattito interno al Pd si inserisce anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Che esclude però l'intenzione di candidarsi alle primarie: "No - ha risposto a Rai Radio 1 - mi sono espresso con chiarezza nei giorni scorsi. Le primarie adesso sono un atto da egoriferiti, non dobbiamo approfittare della pazienza degli elettori di sinistra". Secondo Sala adesso "gli elettori del Pd vogliono sapere qual è il programma, cosa si fa oggi, se ci si allea, con i 5 stelle, con la destra, se si sta fuori". E aggiunge: "Ma quali primarie, vogliono fare un'altra lotta tra galli?". © Riproduzione riservata 09 marzo 2018 Titolo: MONICA RUBINO. Chiamparino: "Io segretario? Perché no?" Inserito da: Arlecchino - Marzo 09, 2018, 06:01:08 pm La crisi del Pd, Calenda: "Il partito va risollevato, domani mi iscrivo".
Chiamparino: "Io segretario? Perché no?" Ma Emiliano attacca: "Renzi finge di dimettersi perché punta solo alla sua autoconservazione" Di MONICA RUBINO 06 marzo 2018 ROMA - La comunicazione di dimissioni "congelate" del segretario Matteo Renzi, accende il dibattito interno sul futuro del Pd. Con il ministro Carlo Calenda che è pronto a iscriversi al partito. E il governatore piemontese Sergio Chiamparino che non respinge l'idea di candidarsi alla segreteria: "Candidarmi a segretario? Perché no? Io una mano la posso dare", risponde a Rai Radio 1. Dopo le pesanti critiche di minoranza e veterani del partito, dal ministro Andrea Orlando a Luigi Zanda, in soccorso di Renzi arriva dunque il responsabile dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, che annuncia in un tweet: "Non bisogna fare un altro partito, ma lavorare per risollevare quello che c'è. Domani mi vado a iscrivere al Pd". © Riproduzione riservata 06 marzo 2018 Da - http://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni2018/2018/03/06/news/pd_polemiche_calenda-190573130/?ref=RHPPTP-BH-I0-C12-P1-S1.12-T1 Titolo: ALBERTO CUSTODERO e MONICA RUBINO Renzi sfida i suoi: "Chi vuole governo con... Inserito da: Arlecchino - Marzo 09, 2018, 06:04:48 pm Franceschini: "Mai pensato ad alleanze con M5s e destre “Renzi sfida i suoi: "Chi vuole governo con i 5 Stelle lo dica". Chiamparino dà la sua disponibilità a fare il segretario. E sul dialogo con i grillini dice: "Nessun tabù". Orlando: "No a un esecutivo con loro, ma non demonizziamoli". Appello del vicesegretario Martina all'unità. Serracchiani lascia la segreteria nazionale e si dimettono i segretari regionali in Campania e Umbria Di ALBERTO CUSTODERO e MONICA RUBINO 06 marzo 2018 ROMA - Travolto dalle polemiche interne per le sue dimissioni 'congelate', Matteo Renzi contrattacca e sfida i suoi: "Abbiamo perso, mi dimetto e ancora mi attaccate? Chi vuole il governo con M5s o con le destre, lo dica in direzione". A stretto giro di post e di tweet gli risponde su Facebook Dario Franceschini: "Non ho mai pensato - scrive il ministro dei Beni Culturali - che sia possibile fare un governo con 5 Stelle, e tantomeno con la destra. Aggiungo che non trovo nemmeno traccia nel Pd di qualcuno che abbia in mente di farlo, quindi sono inutili polemiche o velenosi depistaggi mediatici". "Lunedì avremo la direzione. Introdurrà il vicesegretario Martina, dopo le dimissioni del segretario, e sono certo che lui troverà i toni e i contenuti per tenere il partito unito e che tutti noi gli daremo una mano". • CALENDA IN CAMPO. CHIAMPARINO: NON È CONCORSO BELLEZZA Prima di riunirsi 'uniti' in direzione, tuttavia, i dirigenti dem danno evidenti segni di disaccordo. Carlo Calenda annuncia che si iscriverà al Pd. "Non bisogna fare un altro partito ma risollevare quello che c'è. Domani mi vado a iscrivere". @CarloCalenda Non bisogna fare un altro partito ma lavorare per risollevare quello che c'è. Domani mi vado ad iscrivere al @pdnetwork. https://twitter.com/alebezza/status/970900491428356096 … 08:28 - 6 mar 2018 5.408 2.874 utenti ne stanno parlando Il premier, Gentiloni, lo ringrazia. Il governatore Sergio Chiamparino: "Calenda segretario? Non si tratta di fare un concorso di bellezza o di bravura". Quindi, dopo aver ammesso di essere disponibile anche lui a candidarsi alla segreteria, replica a Franceschini: "Dialogare con M5s dopo il voto di domenica? Io - afferma Chiamparino - quasi quotidianamente dialogo con la sindaca Chiara Appendino, non c'è nessun tabù da sfatare. Il partito deciderà in modo collegiale se e quali risposte dare". A questo proposito parte della minoranza dem potrebbe chiedere alla segreteria di valutare l'ipotesi di un referendum tra gli iscritti per decidere sull'opzione dell'appoggio esterno a un governo pentastellato. Ufficialmente favorevole è il governatore pugliese Michele Emiliano: "Il Paese non ha possibilità di attendere lunghe trattative, si deve sapere subito che il Pd sosterrà lo sforzo di governo del M5s". Mentre il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, dice: "No a un governo con loro, ma non demonizziamoli". In serata arriva la precisazione di Calenda, che smentisce di puntare alla segreteria. "Grazie ma non conosco il partito, le persone che ci lavorano, la rete territoriale. Candidarsi a qualcosa sarebbe davvero poco serio. E poi non voglio essere in nessun caso un ulteriore elemento di divisione o personalizzazione. Lavoriamo tutti insieme". Elezioni 2018, Chiamparino sui 5 Stelle: "Dialogare con loro non è un tabù" • L'APPELLO DI MARTINA A ESSERE UNITI Nel tentativo di riportare accordo, interviene direttamente il vicesegretario pd Maurizio Martina. "Dobbiamo rialzarci e ripartire tutti insieme, contribuendo all'apertura di una fase nuova che ricollochi il progetto del Partito Democratico nella società e nel sentimento popolare del Paese. Con la direzione di lunedì dobbiamo aprire il nostro percorso di rigenerazione". "Lo dobbiamo fare con generosità e spirito unitario, unendo meglio le nostre forze e non dividendoci. Non possiamo sbagliare perchè in gioco c'è qualcosa di più grande dei nostri destini personali". • LE DIMISSIONI 'CONGELATE' SCATENANO LE POLEMICHE TRA I DEM Da parte sua Renzi conferma l'intenzione di lasciare e di non prendere parte alla delegazione dem che andrà al Quirinale per le consultazioni. Anzi, lascia filtrare che lunedì potrebbe non essere proprio in direzione. La relazione sarà affidata al vicesegretario Maurizio Martina. "Le dimissioni non sono finte, le ho firmate. La delegazione che salirà al Colle si decide in direzione lunedì prossimo. Non la guido io, vado a sciare", dice rispondendo al videocommento di Massimo Giannini, il quale, a Circo Massimo su Radio Capital, riferisce il contenuto di una telefonata avuta con il segretario. Qualche ora dopo le parole di Renzi vengono smentite dal suo portavoce Marco Agnoletti. E Giannini puntualizza a sua volta: "Nella mia trasmissione su Radio Capital non ho mai affermato che Renzi sarebbe andato 'in settimana bianca'. Ho riferito solo quello che il segretario mi aveva appena detto al telefono, e cioè, testualmente: 'Le mie dimissioni sono vere, e non mi interessa nemmeno andare in delegazione al Quirinale per le consultazioni: deciderà la direzione del Pd, io vado a sciare...'. Questo è tutto". • SERRACCHIANI LASCIA LA SEGRETERIA NAZIONALE Intanto, la governatrice (uscente) del Friuli Venezia Giulia lascia la segreteria del Pd. Da candidata alle politiche ha perso la sfida diretta all'uninominale nel collegio di Trieste ma rientrerà in Parlamento con il proporzionale. "Oggi stesso farò pervenire al segretario nazionale la lettera formale con cui comunico un atto che reputo doveroso e improrogabile", aggiunge Serracchiani in una nota dopo il tracollo del partito nella sua Regione, dove il centrodestra conquista tutti i collegi uninominali: 7 su 7 (due al Senato e cinque alla Camera) con la Lega primo partito con oltre il 25 per cento dei voti, seguito dal M5s al 24. Solo terza la coalizione di centrosinistra a quota 23 per cento. Un risultato con cui la Lega pone una forte ipoteca sulle prossime regionali in Fvg. • SI DIMETTONO I SEGRETARI IN UMBRIA E CAMPANIA L'esempio di Serracchiani viene seguito anche dal segretario del Pd dell'Umbria Giacomo Leonelli, che si dimette dopo che i dem hanno perso tutti e cinque i collegi della regione, compreso quello della Camera a Perugia dove è maturata anche la sua sconfitta. E anche Assunta Tartaglione, segretario regionale del Pd Campania, ha deciso di rassegnare le proprie dimissioni. • PD PARTITO PIÚ VOTATO DA ITALIANI ALL'ESTERO Intanto il Partito democratico si conferma la prima forza politica votata dagli italiani all'estero. A scrutini quasi ultimati - seppur con forti ritardi - i dem sono in testa fuori i confini nazionali sia a Camera che a Senato con circa 260 mila voti (26%). Segue la coalizione di centrodestra con 211mila voti (21,69%) e Movimento 5 Stelle con 170mila voti (17,54%). © Riproduzione riservata 06 marzo 2018 Da - http://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni2018/2018/03/06/news/pd_polemiche_calenda-190573130/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P2-S1.4-T2 Titolo: MONICA RUBINO. Presidenze Camere, Rosato: "Disposti a confronto se si ... Inserito da: Arlecchino - Marzo 25, 2018, 06:26:41 pm Presidenze Camere, Rosato: "Disposti a confronto se si riparte da zero"
Il capogruppo uscente del Pd a Montecitorio a Circo Massimo su Radio Capital: "M5s e centrodestra propongano persone all'altezza. Non sosterremo candidati non condivisi" Di MONICA RUBINO 22 marzo 2018 ROMA - "Siamo disponibili al confronto, a ragionare insieme, ma non a sederci a un tavolo dove è tutto deciso. In quel caso basta un sms". Così Ettore Rosato, capogruppo uscente del Pd alla Camera, a Circo Massimo su Radio Capital sul rifiuto dei dem a prendere parte al tavolo unitario chiesto da Silvio Berlusconi. "Per le presidenze del Parlamento ci hanno detto: 'Abbiamo già deciso i presidenti di Camera e Senato, uno a Forza Italia e uno al M5s. Ci vediamo e ve lo diciamo'. Così non va bene. Noi siamo disponibili al confronto e a ragionare insieme se si riparte da zero", aggiunge. "Il gioco per spartirsi le poltrone lo stanno facendo in modo molto duro, sia nel M5s che nel centrodestra - continua Rosato - se hanno deciso di chiudere un accordo fra loro è assolutamente legittimo. Ci propongano però persone all'altezza sia sotto il profilo della competenza che della rappresentanza". "È evidente che ove ci venisse proposta una presidenza di Camera o Senato non ci sfileremmo - aggiunge - ma è una scelta di chi ha vinto le elezioni. Non è successo, non stiamo protestando. Di sicuro in aula la nostra opposizione non seguirà l’esempio del M5s, che ha fatto le barricate quando abbiamo votato per Grasso e Boldrini: avremo un atteggiamento responsabile, certamente non sosterremo candidature che non sono condivise". Il governo migliore? Per Rosato sarebbe "un monocolore del Pd con tutti gli altri partiti che ci sostengono dall'esterno. È un po' la pretesa che ha il M5s, non vedo perché non possiamo avanzarla anche noi". Ma confida nel capo dello Stato: "Sergio Mattarella saprà trovare uno sbocco". Infine, l'esponente dem liquida come "gossip" le voci di Luca Lotti alla presidenza del Copasir e Maria Elena Boschi alla presidenza della Vigilanza Rai: "Boschi ha scritto dicendo che non è disponibile per fare tute le cose elencate nelle ultime settimane. È una simpatica provocazione". Quanto ai prossimi capigruppo di Camera e Senato del Pd "non devono essere renziani o no, devono essere bravi. Non ne abbiamo ancora discusso fra noi", conclude in risposta ai rilievi fatti dal suo omologo al Senato Luigi Zanda, che ha chiesto di non nominare due nuovi capigruppo entrambi renziani. © Riproduzione riservata 22 marzo 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/03/22/news/presidenze_camere_rosato_pd_radio_capital-191925252/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Nel limbo del Misto, i "senza gruppo" di Camera e Senato Inserito da: Arlecchino - Aprile 04, 2018, 12:24:45 pm Nel limbo del Misto, i "senza gruppo" di Camera e Senato
A Montecitorio Leu chiede la deroga, mentre i "sospesi" del M5s attendono la "sentenza" definitiva. Dodici senatori e trentasei deputati compongono le variegate compagini dei partiti che non hanno i numeri per formare squadre autonome Di MONICA RUBINO 03 aprile 2018 ROMA - Trentasei deputati e dodici senatori. Il "limbo" del gruppo Misto di Camera e Senato per ora è tutto qui. Numeri - l'esperienza insegna - destinati a cambiare nel corso della legislatura, sebbene il nuovo regolamento di Palazzo Madama, approvato a fine 2017, renda più difficili i cambi di casacca. A Montecitorio il presidente del gruppo Misto è Federico Fornaro di Liberi e uguali. Leu, infatti, pur riuscendo di un soffio a superare lo sbarramento del 3% imposto dal Rosatellum, ha ottenuto solo un drappello di 14 deputati, fra cui Pierluigi Bersani, Laura Boldrini, Roberto Speranza, Guglielmo Epifani, Nicola Fratoianni e Stefano Fassina. Ma per costituire un gruppo autonomo ce ne vogliono almeno 20. Per questo motivo il partito di Pietro Grasso ha chiesto una deroga per la costituzione del gruppo, che verrà esaminata nei prossimi giorni dall'ufficio di presidenza della Camera. L'udp infatti dovrà essere prima integrato da un segretario proveniente dal Misto, che verrà votato oggi in Aula. E solo in seguito si potrà deliberare sula richiesta di Leu. Nel Misto di Montecitorio ci sono anche i cinque "sospesi" del M5s, in attesa della "sentenza" definitiva del Movimento. Si tratta di Silvia Benedetti e Andrea Cecconi, al secondo mandato e coinvolti nel caso dei falsi rimborsi. E poi dei neodeputati Salvatore Caiata, patron del Potenza calcio cacciato perché indagato per riciclaggio, Antonio Tasso, finito fuori dal Movimento per una condanna in primo grado, poi prescritta, per cd taroccati, e Catello Vitiello, espulso perché ha nascosto la sua passata appartenenza alla massoneria. Ci sono poi quattro rappresentanti delle minoranze linguistiche e altri quattro, tra cui Maurizio Lupi e l'ex ministro Enrico Costa, di Noi con l'Italia, la cosiddetta "quarta gamba" del centrodestra. Tra gli altri nomi noti spiccano la ministra uscente della Salute Beatrice Lorenzin, il radicale Riccardo Magi (+Europa) e i centrista Bruno Tabacci, eletti con liste alleate del Pd. Al Senato è stata riconfermata capogruppo del Misto Loredana De Petris, ex Sel ora senatrice Leu. Gli altri tre senatori di Liberi e uguali sono Pietro Grasso, Vasco Errani e Francesco Laforgia. Quattro in tutto, anche in questo caso troppo pochi per mettere su una propria squadra. Il regolamento di Palazzo Madama stabilisce il numero minimo di 10 senatori per costituire un gruppo autonomo. I gruppi in deroga (costituiti da un numero minimo di 5 senatori) sono autorizzati solo per i parlamentari appartenenti alle minoranze linguistiche o nelle regioni speciali il cui statuto preveda la tutela di minoranze. Nel gruppo anche qui due "fuoriusciti" dalle file dei pentastellati (Carlo Martelli e Maurizio Buccarella, anche loro implicati nella rimborsopoli grillina), due senatori a vita (Mario Monti e Liliana Segre), la radicale Emma Bonino di +Europa (per nulla intenzionata ad aggregarsi ai dem) e il socialista Riccardo Nencini, entrambi eletti con liste alleate del Pd, e il senatore eletto all'Estero Ricardo Antonio Merlo. Riproduzione riservata 03 aprile 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/04/03/news/nel_limbo_del_misto_i_senza_gruppo_di_camera_e_senato-192842138/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T2 Titolo: MONICA RUBINO. Lavoro, Tridico (M5s): "Ripristiniamo l'articolo 18. Reddito di.. Inserito da: Arlecchino - Aprile 05, 2018, 05:00:56 pm Lavoro, Tridico (M5s): "Ripristiniamo l'articolo 18. Reddito di cittadinanza per 5 milioni di persone"
Il ministro del Welfare in pectore dei cinquestelle a Circo Massimo su Radio Capital: "Fornero? Proponiamo il coefficiente di usura per tutte le categorie lavorative" Di MONICA RUBINO 05 aprile 2018 ROMA - I cinquestelle rilanciano i loro punti programmatici sul lavoro attraverso la voce di Pasquale Tridico, ministro in pectore del Welfare del M5s, intervistato da Circo Massimo su Radio Capital. Tra i primi obiettivi del Movimento, quello di cambiare il jobs act: "Gli autori del jobs act sono i primi a volerlo modificare - spiega il professore di economia del lavoro all'Università Roma Tre - Cesare Damiano, ad esempio, voleva proporre una riforma per rendere più severi i termini del licenziamento. Stiamo pensando di reintrodurre l'articolo 18 - insiste - la flessibilità non ha aiutato l'occupazione e nemmeno la produttività. I diritti sono importanti per ridare dignità, non per creare lavoro". Per Tridico la politica degli sgravi contributivi legata ai contratti a tutele crescenti della riforma del lavoro renziana sono "un modo di drogare il mercato". Bisogna sì fare interventi per far crescere l'economia, "ma non a pioggia". Gli investimenti "devono essere concentrati in settori tecnologicamente avanzati". Industria 4.0? "Si va in quella direzione". Quanto alla legge Fornero, che Matteo Salvini vorrebbe abolire tout court, Tridico spiega: "Stiamo studiando, e siamo in linea con l'Inps, dei criteri per permettere l'uscita flessibile dal mercato del lavoro studiando un coefficiente di usura per tutti i lavoratori". Il potenziale ministro del lavoro fornisce, infine, chiarimenti anche in merito al reddito di cittadinanza: "In realtà è un reddito minimo condizionato, uno strumento con un duplice obiettivo: aggredire la povertà e riqualificare soprattutto gli inattivi. ll reddito di inclusione - aggiunge - va nella direzione giusta ma non basta ed è stato introdotto poco prima delle elezioni. Il reddito di inclusione ha lo stesso principio del reddito minimo condizionato, ma copre meno di un terzo dei poveri. I soggetti beneficiari del reddito di cittadinanza, invece, sono circa 5 milioni di individui, come da ultimi dati dell'Istat". © Riproduzione riservata 05 aprile 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/04/05/news/m5s_tridico_radio_capital-193022165/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S3.4-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Di Maio: "A Lega e Pd offriamo contratto sui temi". Inserito da: Arlecchino - Aprile 07, 2018, 12:27:48 pm Di Maio: "A Lega e Pd offriamo contratto sui temi".
Giorgetti: "Sbagliato porre condizioni" Il leader dei Cinquestelle insiste nell'apertura a Carroccio e dem: "Spero in un incontro a breve". Il capogruppo del Carroccio alla Camera a Circo Massimo su Radio Capital: "Disposti a confronto sul programma ma senza pregiudiziali". Tajani: "Capo dei cinquestelle antidemocratico". Toti: "Non spetta a lui scegliere i leader del centrodestra". Di MONICA RUBINO 04 aprile 2018 ROMA - "Nessuno ha la maggioranza per fare il governo e porre condizioni a destra e a manca è un modo sbagliato di partire, legato alle poltrone. È come se noi ponessimo come pregiudiziale Salvini premier. Prima di mettere veti vorremmo parlare con gli altri e vedere cosa si può fare per questo Paese". Così Giancarlo Giorgetti, capogruppo della Lega per la Camera a Circo Massimo su Radio Capital commenta le condizioni poste ieri sera a Di Martedì dal leader del M5s Luigi Di Maio alle forze politiche. Condizioni ribadite oggi al Senato dal capogruppo pentastellato Danilo Toninelli: "Proporremo al capo dello Stato e alle altre forze politiche un contratto di governo serio, scritto nero su bianco alla tedesca, che abbia all'interno non solo i punti del nostro programma ma anche dei temi del programma delle altre forze politiche. Ovviamente con Luigi Di Maio premier". E lo stesso Di Maio torna alla carica, insistendo: "Spero di incontrare presto i leader del Pd e dei Cinquestelle. Quello che offriamo non è un inciucio ma un contratto alla tedesca". E poi si rivolge, nel dettaglio, ai due partiti: "La Lega è la forza politica che ha preso più voti all'interno di una coalizione di centrodestra che di fatto non esiste, e che alle elezioni si è presentata con tre programmi e tre candidati premier differenti. Deve decidere da che parte stare: se contribuire al cambiamento o se invece rimanere ancorata al passato e a Silvio Berlusconi, un uomo che ha già avuto la possibilità di cambiare l'Italia e che non lo ha fatto". Quanto al Pd, il leader pentastellato torna all'attacco di Renzi: "Anche il Pd è chiamato a scegliere. Scegliere se seguire la linea di Renzi, che per fare un dispetto al Movimento 5 Stelle vuole lavarsene le mani dei problemi del Paese, o la linea di chi invece vuole contribuire a lavorare per i cittadini. Il Pd ha l'opportunità di non ignorare il messaggio arrivato dagli elettori, che hanno chiaramente bocciato le loro politiche e la legge elettorale che porta la loro firma", aggiunge. A rispondere al candidato premier pentastellato è anche Antonio Tajani. Il presidente dell'Europarlamento ed esponente di Forza Italia, che contrariamente a quanto annunciato non affiancherà Silvio Berlusconi durante le consultazioni, afferma a Radio Anch'io: "Di Maio usa metodi antidemocratici e non mostra rispetto per i quasi 5 milioni di cittadini che hanno votato Forza Italia". E annuncia quale la linea dei colloqui al Colle di FI: "Di Maio non è il vincitore delle elezioni, ha vinto la coalizione di centrodestra che è solida e si candida a governare. Se Di Maio o il Pd vogliono sostenere il centrodestra è un'altra cosa, ma noi partiamo dall'incarico a Salvini". Sulla stessa linea anche Giovanni Toti, esponente azzurro e governatore della Liguria, che a Rai Radio 1 attacca Di Maio: "ll suo gioco mi sembra infantile: "Francia o Spagna basta che se magna. lo faccio con Salvini ma anche col Pd, basta che sia io il premier'. Voler scegliere anche il contraente nello schieramento avversario mi sembra una pretesa francamente assurda. Si va molto lontano dalla mediazione parlamentare. Non spetta a Di Maio scegliere chi siano i leader del centrodestra. Se vuole parlare con il centrodestra i leader sono questi". Ma della linea di Forza Italia al Colle stanno discutendo, a palazzo Grazioli, i vertici del partito insieme a Silvio Berlusconi. Tornando alla Lega, Giorgetti a Radio Capital esclude ogni possibilità di intesa con il Pd. E afferma che la Lega non intende tradire Berlusconi: "Noi abbiamo proposto un programma di grande cambiamento che Berlusconi ha sottoscritto. Di Maio ci propone un programma alla tedesca con i tradimenti all'italiana, di noi a Berlusconi e del Pd a Renzi. Non lo si può chiedere. Chi ha votato la coalizione di centrodestra ha votato anche Forza Italia. Siamo disposti a confrontarci con i cinquestelle ma senza pregiudiziali e pregiudizi nei confronti di nessuno, altrimenti non si fanno passi in avanti". Governo, Giorgetti: "Di Maio sbaglia a porre veti. Propone tradimento all'italiana" Condividi Pertanto lo schema di gioco che la Lega proporrà a Mattarella domani al Quirinale sarà il seguente: "Al presidente della Repubblica diremo innanzitutto che cosa vogliamo fare per cambiare il Paese. Poi arriveremo al resto. Ribadiremo i capisaldi del programma di centrodestra, sui quali siamo disposti a ragionare con chiunque se c'è compatibilità". Tra i punti programmatici quello sulle tasse: "La Lega sola con il centrodestra avrebbe fatto flat tax senza reddito di cittadinanza. Il M5s da solo avrebbe fatto reddito di cittadinanza senza flat tax. Ora bisogna trovare una via di mezzo". "A meno di miracoli non penso che al primo giro di consultazioni ci sia un incarico. Credo vengano valutate tutte le pregiudiziali che mano a mano spero vengano rimosse", aggiunge Giorgetti. E ricorda che a fine mese ci saranno le elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia e Molise: "Tra un mese, dopo il 29 aprile, tireremo tutti le somme, perchè la democrazia è sovrana. Allo stallo non giova il fatto che ci sono le elezioni in Molise e Friuli, che sono comunque una sorta di controprova o prova del nove". Quanto all'arresto per voto di scambio di due esponenti della Lega in Sicilia, il capogruppo leghista commenta: "Che la magistratura faccia il suo corso e se sono colpevoli li condannino e anche pesantemente". E all'obiezione che il Carroccio si è portato dietro troppi rottami del centrodestra del passato, risponde: "In alcune zone problematiche è possibile che abbiamo commesso qualche errore. Noi abbiamo tantissimi personaggi nuovi arrivati in Parlamento, giovani che stanno crescendo. In alcuni casi i riferimenti locali hanno sbagliato a puntare su situazioni che arrivavano dal passato. Sono deluso e amareggiato, bisogna fare tesoro di questi errori per non ripeterli più in futuro". © Riproduzione riservata 04 aprile 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/04/04/news/giorgetti_lega_radio_capital-192921276/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Candidati trasparenti, parlare di corruzione ha aiutato Salvini.. Inserito da: Arlecchino - Aprile 14, 2018, 06:07:10 pm Candidati trasparenti, parlare di corruzione ha aiutato Salvini e Di Maio a vincere le elezioni
L’associazione indipendente Riparte il Futuro anticipa a Repubblica i dati di uno studio che saranno presentati al Festival internazionale del giornalismo di Perugia Di MONICA RUBINO 09 aprile 2018 ROMA - Sono 113 i parlamentari col "braccialetto bianco" eletti alle Politiche del 4 marzo. È questo il bilancio post elettorale della campagna di Riparte il futuro #CandidatiTrasparenti, che ha raccolto 403 adesioni di candidati di tutte le forze politiche. I quali hanno sottoscritto l'impegno a presentarsi agli elettori in maniera trasparente fornendo un curriculum con competenze e incarichi ricoperti, autocertificando il proprio status giudiziario, i potenziali conflitti d'interessi, la situazione reddituale e le fonti di finanziamento della campagna elettorale. L'esito della campagna Candidati Trasparenti è dipeso molto dalle scelte tematiche fatte dai media e dalle forze politiche durante la campagna elettorale: come ha evidenziato anche Raffaele Cantone, presidente dell'Anac, la lotta alla corruzione è pressoché scomparsa dal dibattito pubblico pre-elettorale. Forse mai come in questa campagna elettorale ci si è dimenticati di quanto la corruzione continui a pesare sulla vita del nostro Paese, che, nonostante alcuni incoraggianti segnali di miglioramento, si conferma come uno dei più corrotti d'Europa (si veda la classifica annuale dell'indice di corruzione presentata da Transparency International). Tuttavia non tutte le forze politiche si sono comportate allo stesso modo: da un'analisi condotta da Riparte il Futuro - che viene anticipata a Repubblica ma che sarà presentata il 12 aprile al Festival internazionale del giornalismo di Perugia - monitorando gli account Facebook delle liste che si sono presentate alle elezioni e dei loro leader, è emerso che le due forze che hanno guadagnato maggiori consensi sono anche quelle che hanno menzionato più spesso il tema corruzione. Ciò è vero per il Movimento 5 Stelle che sul proprio account ha parlato ben 26 volte di corruzione. La Lega lo ha fatto 11 volte mentre la terza lista che ha citato la corruzione su questo social network è stata Liberi e Uguali. Nello stesso periodo l'account Facebook del Partito democratico non ha menzionato neppure una volta il tema corruzione così come quello di Forza Italia. Per quanto riguarda i leader politici, in campagna elettorale Luigi Di Maio si è riferito alla corruzione ben 16 volte su Facebook, seguito da Pietro Grasso con 6 menzioni, Matteo Salvini 2 due volte, Matteo Renzi 1 sola volta mentre Berlusconi non lo ha mai fatto. Si potrebbe dire che parlare di corruzione ha pagato in termini di voti: gli elettori si sono dimostrati più sensibili al tema di quanto non lo siano stati i partiti e i media. Ora Riparte il Futuro lancia la seconda fase dell'iniziativa. I deputati e senatori che indossano il braccialetto bianco - simbolo dell’iniziativa - dovranno rispettare l'impegno sottoscritto con l'adesione alla campagna, lavorando in Parlamento per una legge sulla trasparenza delle candidature. © Riproduzione riservata 09 aprile 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/04/09/news/candidati_trasparenti_parlare_di_corruzione_ha_aiutato_salvini_e_di_maio_a_vincere_le_elezioni-193381867/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S2.5-L Titolo: MONICA RUBINO. Pd, Orlando: "Contratto di Di Maio poco credibile. Ma in ... Inserito da: Arlecchino - Aprile 14, 2018, 06:13:14 pm Pd, Orlando: "Contratto di Di Maio poco credibile. Ma in democrazia nessuno è spettatore"
Il ministro della Giustizia uscente a Circo Massimo su Radio Capital: "No alla linea dei pop corn. Collaborazione difficile con i cinquestelle. Al massimo si può convergere su singoli punti" Di MONICA RUBINO 09 aprile 2018 ROMA - "In democrazia nessuno è spettatore specialmente quando ci si trova in una situazione difficile come la nostra". Il ministro della Giustizia uscente Andrea Orlando, ospite di Circo Massimo su Radio Capital, riflette sul posizionamento del Pd all'opposizione e commenta la linea di chi nel suo partito in questa fase vuol "prendere i pop corn" e stare a guardare: "Siamo tutti d'accordo sul fatto che l'esito delle elezioni è una collocazione all'opposizione, le possibilità di realizzare un percorso di governo serio sono remote. Ma opposizione significa cose diverse, una collocazione contemplativa o un ruolo attivo, sulla base di punti precisi che si possono realizzare. L'idea di stare a guardare mangiando pop corn non mi piace, in democrazia nessuno è spettatore". Quanto alle trattative sul nuovo governo, Orlando ammette di avere "forti dubbi" sulle reali possibilità di un dialogo fra il Pd e i cinquestelle, dopo la recente apertura di Luigi Di Maio: "Non so se ci sono le condizioni" per un'intesa con il M5s sul governo, "partiamo da punti molto distanti tra loro. Mi pare molto difficile pensare a qualche forma di collaborazione se non convergere su singoli punti, come succede in democrazia. Ma credo che quello che rende poco credibile Di Maio è il fatto di dire: 'se c'è Salvini sto con Salvini se no mi rivogo al Pd'. Come se fosse indifferente l'elemento di merito". INTERVISTA Orlando: “Il Pd non deve temere il M5S. Ma Di Maio chiuda alla Lega” Di GOFFREDO DE MARCHIS In ogni caso per il Guardasigilli bisogna "apprezzare quando i toni cambiano, perché quelli usati contro il Pd in questi anni hanno avvelenato il dibattito e la vita pubblica. Che questo poi porti a fatti concreti è un altro discorso. Un conto è migliorare le modalità di dialogo, un altro è basarsi sui contenuti e non sui tatticismi". L'ultima battuta è sull'assemblea del Pd in programma il 21 aprile: "Il partito prima deve provare a costruire una piattaforma programmatica, mi interessa poco se il segretario lo elegge l'assemblea o le primarie, basta che quando si arriva al Congresso sia stato fatto quel lavoro. Credo sia più semplice farlo attraverso l'assemblea che elegge un segretario, ma a patto che non sia un elemento di divisione". © Riproduzione riservata 09 aprile 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/04/09/news/pd_orlando_radio_capital-193377244/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T2 Titolo: MONICA RUBINO. Vitalizi, la via del Pd: "Rilanciamo la legge Richetti Inserito da: Arlecchino - Aprile 15, 2018, 12:21:13 pm Vitalizi, la via del Pd: "Rilanciamo la legge Richetti"
Alessia Rotta e Roger De Menech ripropongono la proposta di legge dem per applicare il sistema contributivo anche alle pensioni degli ex parlamentari. Mentre i grillini proseguono sulla strada più breve della delibera dell'Ufficio di presidenza Di MONICA RUBINO 11 aprile 2018 ROMA - I cinquestelle accelerano sull'abolizione dei vitalizi, uno dei loro cavalli di battaglia. E lo fanno per via interna, grazie all'autodichia, il potere di autoregolamentarsi della Camera. Il Pd prova a inseguire ma su una strada diversa, quella della legge ad hoc. E rilancia la proposta di legge Richetti, approvata dalla Camera nella scorsa legislatura e poi naufragata al Senato. Oggi alle 13 avrebbe dovuto tenersi al Montecitorio una conferenza stampa sul tema con i deputati dem Alessia Rotta e Roger De Menech, primi firmatari del provvedimento che potremmo chiamare "Richetti bis". Ma la presentazione è stata rimandata. In ogni caso la nuova-vecchia legge prevede il ricalcolo di tutte le pensioni con il metodo contributivo, estendendo il metodo applicato ai parlamentari dal 2012 in poi a tutti coloro che sono stati alla Camera e al Senato prima del 2012. "È una legge che ha già passato in maniera positiva il vaglio della Camera nella scorsa legislatura - spiega De Menech a Radio Radicale - che riproponiamo perché c'è un fronte ampio del Pd che ritiene che questa sia una modalità non populista, non di pancia ma razionale per dare più autorevolezza alla politica. Non è una battaglia esclusiva, come vorrebbero far intendere i cinquestelle". Lunedì, nel corso della riunione dell'Ufficio di presidenza, il pentastellato Roberto Fico ha dato mandato al collegio dei questori di avviare un'istruttoria e predisporre entro 15 giorni una proposta per il superamento del sistema dei vitalizi erogati agli ex deputati. Usando lo strumento della delibera di presidenza invece che quella della proposta di legge, scartata perché sarebbe finita nel mirino degli ex parlamentari e dunque a rischio di essere mandata davanti alla Consulta. Un pericolo sottolineato anche dal presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, che commenta: "Bisogna riflettere e agire con delicatezza, cercando di salvaguardare i principi in una disciplina ragionevole. Il terreno è scivoloso". Quanto al rischio di incostituzionalità, De Menech conclude: "Il tema è aperto, se spieghiamo bene la nostra proposta agli ex parlamentari, agli organi e agli istituti di garanzia, secondo me tutti capiranno". © Riproduzione riservata 11 aprile 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/04/11/news/vitalizi_la_via_del_pd_rilanciamo_la_legge_richetti_-193566349/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P7-S2.5-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Berlusconi: "M5s pericolo per il Paese". Inserito da: Arlecchino - Aprile 25, 2018, 04:49:45 pm Berlusconi: "M5s pericolo per il Paese".
Salvini: "Contro governo tecnico pronto a tutto" La senatrice di Forza Italia Ronzulli a Circo Massimo: "Tentativo fallito, basta così". Orlando: "Il Pd deve riposizionarsi" Di MONICA RUBINO 20 aprile 2018 ROMA - A poche ore dal colloquio di Elisabetta Casellati al Colle, per riferire al presidente Sergio Mattarella l'esito degli incontri "esplorativi" con i partiti, Silvio Berlusconi chiude le porte a qualsiasi altro spiraglio di trattativa con il M5s: "I cinquestelle sono un pericolo per il Paese, non sono un partito democratico. Sono il partito dei disoccupati. Mi sono un po' rotto a spiegare ancora queste cose agli italiani. Che hanno votato molto male", attacca dal Molise. Ed espone la sua idea di esecutivo: “Io penso a un governo di centrodestra che guardi al gruppo misto e ad alcuni esponenti del Pd: su questo punto la penso molto diversamente da Giorgia Meloni e Matteo Salvini". Mentre Matteo Salvini che ha sorpreso tutti (compreso il Quirinale) con la sua "autocandidatura" al pre-incarico, dal Salone del Mobile di Milano si scaglia contro l'ipotesi di un governo tecnico: "Vi dico solo, e lo ribadisco, che ho la netta sensazione che ci sia qualcuno che vuole perdere tempo, che non vuole nessun governo per arrivare a un governo tecnico alla Monti, telecomandato da Bruxelles per spennare gli italiani. E per evitare questa fregatura io farò tutto il possibile". Governo, Salvini. "In campo in prima persona per evitare la fregatura del governo tecnico" "Basta così, il tentativo è fallito. Non si può continuare a prendere schiaffi in faccia - spiega la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli e fedelissima di Berlusconi a Circo Massimo su Radio Capital - l'apertura di Di Maio è durata meno di sette ore". E difende la posizione di Forza Italia: "Noi non abbiamo mai bluffato. Abbiamo sempre giocato a carte scoperte, chiedendo pari dignità all'interno della coalizione. Non si può mancare di rispetto a 5 milioni di persone che ci hanno votato". Nega la possibilità di un appoggio esterno del suo partito: "Non faremo i portatori d'acqua né oggi né domani". Si dimostra infine scettica rispetto al "ci penso io" di Salvini, ma non crede che il leader leghista sia disposto a rompere l'unità del centrodestra: "Ci fidiamo di lui, ma in questo momento non vedo come riaprire trattative con i cinquestelle". Quanto alla prospettiva di nuove elezioni, afferma: "Ho rispetto per le decisioni del Capo dello Stato ma non sarebbe giusto per gli italiani tornare al voto". E sulla possibilità di un governo M5s- Pd conclude: "Nessuno tifa per questa ipotesi che non ci riguarda, ci siamo presentati agli italiani per governare non per andare all'opposizione". APPROFONDIMENTO L'ira del Colle: così è il gioco dell'oca Di GOFFREDO DE MARCHIS "Nelle prossime ore sapremo. Il partito deve posizionarsi" afferma intanto Andrea Orlando, esponente della minoranza Pd. "Se si chiude il tentativo di accordo in corso dobbiamo capire che profilo di opposizione fare. Se non si chiude bisogna capire come si sta nella fase nuova", conclude il ministro della Giustizia uscente a Omnibus su La7. © Riproduzione riservata 20 aprile 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/04/20/news/centrodestra_m5s_flop_ronzulli_quirinale_casellati-194359528/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. E ora a chi tocca? Fico, Salvini e Di Maio: tre nomi e tre ... Inserito da: Arlecchino - Aprile 25, 2018, 04:56:41 pm E ora a chi tocca? Fico, Salvini e Di Maio: tre nomi e tre scenari per uscire dall'impasse Dopo il flop della mediazione di Casellati, la palla torna al Quirinale. Che potrebbe decidere di seguire la strada di un'intesa Pd-M5s e dare il mandato esplorativo a Fico Di MONICA RUBINO 20 aprile 2018 ROMA - E adesso a chi tocca? Dopo 47 giorni di crisi e il flop delle trattative fra cinquestelle e centrodestra condotte con la mediazione della presidente del Senato Elisabetta Casellati, la palla torna nuovamente al Quirinale. Sarà il capo dello Stato a decidere a chi dare un nuovo mandato esplorativo (nel caso la scelta cada su un'altra figura istituzionale) o un pre-incarico a un leader politico per sondare la possibilità di trovare una maggioranza. Se con il tentativo di Casellati è stata data la precedenza al centrodestra (che insieme ha preso più voti di tutti, il 37%), dal momento che la prima ipotesi in campo era quella di un esecutivo M5s con tutta la coalizione composta da Lega, Forza Italia e Fdi, adesso Mattarella potrebbe decidere di seguire l'altra strada. Ovvero quella di un esecutivo sostenuto da centrosinistra e cinquestelle. In questo senso il candidato "naturale" per un mandato esplorativo sarebbe il presidente della Camera Roberto Fico. Che avrebbe il compito di cercare intese con Pd e anche con Leu (cui ha concesso in deroga un gruppo autonomo). Verificare, insomma, la praticabilità del secondo "forno", dopo qualche segnale di apertura mostrato anche da una parte dei democratici. Una strada, quest'ultima, che però potrebbe porre problemi all'interno del Movimento, riaprendo la rivalità fra Di Maio e Fico. La sortita di Matteo Salvini, che nella notte ha dichiarato: "Ci penso io", quasi conferendosi un "auto-incarico", ha sorpreso anche il Colle, disposto a concedergli una chance solo di fronte a numeri certi. Ma Forza Italia mostra scetticismo. Una fedelissima di Berlusconi come Licia Ronzulli non vede come Salvini possa riaprire un dialogo con il M5s. A meno che il segretario del Carroccio non decida di rompere la coalizione di centrodestra e accordarsi con Di Maio per un governo Lega-cinquestelle. Il collocamento in politica estera di Salvini, inoltre, rappresenta per Mattarella una pesante controindicazione. Le posizioni filorusse, assunte dal leader della Lega in merito alla crisi siriana, stanno infatti creando preoccupazione fra gli alleati euro-atlantici. Luigi Di Maio, che in politica estera ha più prudentemente riportato il Movimento dentro l'alleanza Nato, tenderebbe a rifiutare un suo coinvolgimento in questa fase esplorativa per il timore di bruciarsi. Tuttavia, se ricevesse il pre-incarico, insisterebbe per un'alleanza con la Lega da sola, senza Berlusconi. © Riproduzione riservata 20 aprile 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/04/20/news/nuovo_governo_tre_nomi_e_tre_scenari-194363208/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S2.4-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Cuperlo a Renzi: "In direzione si parli di elezioni" Inserito da: Arlecchino - Maggio 01, 2018, 12:13:25 pm Pd, Martina: "Impossibile guidare il partito in queste condizioni".
Cuperlo a Renzi: "In direzione si parli di elezioni" Il segretario reggente: "Rischiamo l'estinzione". L'esponente della minoranza dem a Circo Massimo su Radio Capital: "Un partito non decide la sua linea politica negli studi televisivi. Quando un leader perde, si fa da parte" Di MONICA RUBINO 30 aprile 2018 ROMA - Dopo l'intervista di Matteo Renzi a Che tempo che fa ieri sera e la chiusura all'ipotesi di un governo con il M5S, un Gianni Cuperlo quanto mai appassionato si dice dispiaciuto e mortificato ai microfoni di Circo Massimo su Radio Capital e chiede scusa "per lo spettacolo" che il Pd sta offrendo. Qualche ora dopo il segretario reggente Maurizio Martina insorge: "In queste ore stiamo vivendo una situazione politica generale di estrema delicatezza. Per il rispetto che ho della comunità del Partito Democratico porterò il mio punto di vista alla Direzione nazionale di giovedì, che evidentemente ha già un altro ordine del giorno rispetto alle ragioni della sua convocazione". Poi aggiunge: "Servirà una discussione franca e senza equivoci perchè è impossibile guidare un partito in queste condizioni e per quanto mi riguarda la collegialità è sempre un valore, non un problema". E conclude: "Ritengo ciò che è accaduto in queste ore grave, nel metodo e nel merito. Così un Partito rischia solo l'estinzione". "A questo punto - sottolinea Cuperlo a Radio Capital - la direzione di giovedì dovrebbe cambiare l'ordine del giorno, inserendo la preparazione di una nuova campagna elettorale: una cosa da far tremare le vene ai polsi". "La verità è che non ci sono i numeri - dice ancora l'esponente della minoranza dem - ma la precondizione per avviare quel confronto sarebbe stato indice di compattezza del partito. Se una parte importante del Pd dice 'mai', allora sarebbe un atto di correttezza per il Paese evitare di perdere tempo". Quanto alla proposta di una legislatura costituente, Cuperlo afferma: "L'aveva già posta Franceschini, io nel mio piccolo avevo parlato di governo di scopo, non mi pare però che quell'idea abbia raccolto il consenso di altre forze politiche. A questo punto deve essere il presidente della Repubblica a trarre le sue conclusioni. Io penso che bisognerebbe non escludere che da qui a pochi mesi ci ritroveremo in campagna elettorale". Per Cuperlo c'è però un tema di fondo da affrontare: che cos'é il Pd dopo l'uscita di ieri sera di Renzi. "Ancora una volta, dopo il risultato catastrofico del 4 marzo, noi non abbiamo discusso, abbiamo operato una sostanziale rimozione di quanto è successo". Poi attacca: "Un partito non decide la sua linea politica negli studi televisivi, convoca gli organi dirigenti. Ieri sera vedendo l'intervista dell'ex segretario ho provato un senso di dispiacere perché quella discussione avrei volto farla con lui nel luogo giusto, cioè la direzione del partito. E invece stiamo qui a commentare un'intervista attesa per ore come una finale di calcio. Così a politica si spegne, si spegne la vitalità di un partito". E conclude: "Io vorrei capire cosa intendiamo per leader: Renzi ha fatto anche cose giuste, ma ha perso le sfide fondamentali che ha affrontato, il referendum e le politiche, portando il Pd al minimo storico. Noi perdiamo per i tuoi errori, non per le nostre critiche. Io posso aver anche sbagliato, ma tu perdi le sfide e quando un leader perde si fa da parte, come ha fatto Veltroni". Sebbene non escluda un ritorno al voto, per Cuperlo "una legislatura che non ha la forza nemmeno di iniziare sarebbe il fallimento di tutti". © Riproduzione riservata 30 aprile 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/04/30/news/pd_gianni_cuperlo_radio_capital-195163268/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr Titolo: MONICA RUBINO. Pd, Martina: "Impossibile guidare partito in queste condizioni". Inserito da: Arlecchino - Maggio 02, 2018, 06:19:43 pm Pd, Martina: "Impossibile guidare partito in queste condizioni".
Franceschini: "Renzi irrispettoso, ora chiarezza” Pd, Martina: "Impossibile guidare partito in queste condizioni". Il segretario reggente: "Rischiamo l'estinzione". Il ministro dei Beni culturali: "Ex premier è un Signornò che diserta discussioni collegiali". Gianni Cuperlo all'attacco: "Un partito non decide la sua linea politica negli studi televisivi. Quando un leader perde, si fa da parte". L'ex leader del Partito democratico si difende: "Ho diritto e dovere di difendere le mie scelte" Di MONICA RUBINO e PIERA MATTEUCCI 30 aprile 2018 ROMA - La misura è colma ed è grave quanto "accaduto in queste ore grave, nel metodo e nel merito. Così un Partito rischia solo l'estinzione e un distacco sempre più marcato con i cittadini e la società". Il segretario reggente del Pd, Maurizio Martina, a poche ore dall'l'intervista di Matteo Renzi a Che tempo che fa, durante la quale l'ex premier ha espresso la definitiva chiusura all'ipotesi di un governo con il M5S, facendo intendere una sostanziale contrarietà all'avvicinamento tentato nelle ultime consultazioni dal suo sostituto, abbandona la sua caratteristica calma e insorge: "In queste ore stiamo vivendo una situazione politica generale di estrema delicatezza. Per il rispetto che ho della comunità del Partito Democratico porterò il mio punto di vista alla Direzione nazionale di giovedì, che evidentemente ha già un altro ordine del giorno rispetto alle ragioni della sua convocazione". E aggiunge: "Servirà una discussione franca e senza equivoci perchè è impossibile guidare un partito in queste condizioni e per quanto mi riguarda la collegialità è sempre un valore, non un problema". Nonostante le tensioni, però, non pensa di lasciare il suo incarico: "Dimissioni? No, assolutamente. Il tema è un altro". E’ arrivato nel Pd il tempo di fare chiarezza. Dalle sue dimissioni Renzi si è trasformato in un Signornò, disertando ogni discussione collegiale e smontando quello che il suo partito stava cercando di costruire. Un vero leader rispetta una comunità anche quando non la guida più. A lui fa eco il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, che evidentemente irritato scrive su Twitter: "È arrivato nel Pd il tempo di fare chiarezza. Dalle sue dimissioni Renzi si è trasformato in un Signornò, disertando ogni discussione collegiale e smontando quello che il suo partito stava cercando di costruire. Un vero leader rispetta una comunità anche quando non la guida più". Sulla stessa linea il ministro della Giustizia Andrea Orlando: "Ha ragione Martina, non si può tenere un partito in queste condizioni se si ha a cuore il suo destino", scrive su Facebook, ripercorrendo le tappe che hanno portato a questa situazione per arrivare a quanto sta succedendo in queste ore: "L'Assemblea Nazionale che avrebbe potuto fare chiarezza è stata rinviata per decisione della maggioranza. Conclusione: le urne si avvicinano, non c'è una linea né condivisa né maggioritaria, non si capisce chi dirige il partito. Nessuna discussione è stata fatta sulle cause della sconfitta che, peraltro, viene costantemente evocata. È ragionevole pensare che senza una correzione ci ripresenteremo agli elettori con gli stessi limiti del 4 marzo". Critiche dure per aver detto in tv quanto bisognava affrontare in direzione arrivano all'ex capo di Palazzo Chigi anche dal presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti: "Se si vuole bene a un partito un leader ha mille occasioni per far valere un'idea o la sua linea. Se si va in tv, a poche ore dalla direzione, a fare uno show si genera solo caos e confusione. Questo dopo una lunga serie di sconfitte è molto grave. Il 10 giugno si voterà in centinaia di Comuni con sistema maggioritario. Ci sono migliaia di candidati che si stanno battendo per vincere e rischiano sempre di più l'isolamento. Una comunità non può consumarsi in questo modo." Gli interventi da più parti del Partito democratico arrivano dopo che l'ex premier, Matteo Renzi, ha definitivamente escluso qualsiasi alleanza con il Movimento 5 stelle: "Dialogo sì - aveva detto ai microfoni di Fabio Fazio -, fiducia al Governo 5 stelle no". Una giornata di attacchi ai quali l'ex leader Pd risponde in serata: "Sono stato eletto in un collegio. Ho il dovere, non solo il diritto, di illustrare le mie scelte agli elettori. Rispetto chi nel Pd vuole andare a governare con #M5S, ma credo sarebbe un grave errore", scrive su Twitter. E poi su Facebook: "Sono stato letteralmente inondato di messaggi, dopo la trasmissione di Fazio di ieri sera. Grazie ai tantissimi che mi hanno scritto. Ieri ho spiegato perché non sono d'accordo a un Governo Di Maio o a un Governo Salvini. Tocca a loro governare, se ne sono capaci. L'ho spiegato senza rancore, senza ripicche, senza polemiche: guardate il video che abbiamo caricato qui su Facebook stamattina per verificarlo coi vostri occhi. Qualcuno dei miei compagni di partito vorrebbe invece fare un Governo con il Movimento Cinque Stelle. Hanno una opinione legittima. Li rispetto. Ma non sono d'accordo con loro. L'ho detto. Era mio dovere farlo anche per rispetto a chi ci ha votato. Chi è stato eletto ha un obbligo di trasparenza verso i propri elettori. Rispetto per tutti, censura per nessuno: davvero tutti possono andare in TV tranne uno? Non scherziamo, amici. Continuerò ad ascoltare tutti e a dire la mia ovunque: in direzione, in assemblea, in Parlamento, sui social, in TV". Le dichiarazioni di Renzi, oltre che ai colleghi di partito, non sono piaciute a Luigi Di Maio, che ieri aveva immediatamente risposto su Facebook, accusando il Pd di non riuscire a liberarsi dell'ex segretario dall'ego smisurato, e aveva annunciato per oggi delle novità. E sono puntualmente arrivate: il leader M5s ha rivolto a Matteo Salvini un appello affinché insieme chiedano al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di tornare alle urne a giugno. Un'ipotesi, quella del voto anticipato, che crea tensioni profonde all'interno del Pd, tanto che l'esponente della minoranza dem Gianni Cuperlo, la definisce "una cosa da far tremare le vene ai polsi". "A questo punto - ha detto nell'intervento a Radio Capital - la direzione di giovedì dovrebbe cambiare l'ordine del giorno, inserendo la preparazione di una nuova campagna elettorale. La verità è che non ci sono i numeri, ma la precondizione per avviare quel confronto sarebbe stato indice di compattezza del partito. Se una parte importante del Pd dice 'mai', allora sarebbe un atto di correttezza per il Paese evitare di perdere tempo". La proposta di una legislatura costituente, dice Cuperlo, "l'aveva già posta Franceschini, io nel mio piccolo avevo parlato di governo di scopo, non mi pare però che quell'idea abbia raccolto il consenso di altre forze politiche. A questo punto deve essere il presidente della Repubblica a trarre le sue conclusioni. Io penso che bisognerebbe non escludere che da qui a pochi mesi ci ritroveremo in campagna elettorale". Resta, per l'esponente dem, un tema di fondo da affrontare: che cos'é il Pd dopo l'uscita di ieri sera di Renzi? "Ancora una volta, dopo il risultato catastrofico del 4 marzo, noi non abbiamo discusso, abbiamo operato una sostanziale rimozione di quanto è successo". Poi attacca: "Un partito non decide la sua linea politica negli studi televisivi, convoca gli organi dirigenti. Ieri sera vedendo l'intervista dell'ex segretario ho provato un senso di dispiacere perché quella discussione avrei volto farla con lui nel luogo giusto, cioè la direzione del partito. E invece stiamo qui a commentare un'intervista attesa per ore come una finale di calcio. Così a politica si spegne, si spegne la vitalità di un partito". E non usa mezzi termini verso l'ex segretario: "Io vorrei capire cosa intendiamo per leader: Renzi ha fatto anche cose giuste, ma ha perso le sfide fondamentali che ha affrontato, il referendum e le politiche, portando il Pd al minimo storico. Noi perdiamo per i tuoi errori, non per le nostre critiche. Io posso aver anche sbagliato, ma tu perdi le sfide e quando un leader perde si fa da parte, come ha fatto Veltroni". © Riproduzione riservata 30 aprile 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/04/30/news/pd_gianni_cuperlo_radio_capital-195163268/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T2 Titolo: MONICA RUBINO. Renzi: "Non usino pretesti per rompere". Inserito da: Arlecchino - Maggio 02, 2018, 06:30:18 pm Pd, guerra dei numeri in direzione.
Renzi: "Non usino pretesti per rompere". Scontro sul sito senzadime I dem divisi alla vigilia della riunione del parlamentino. Il documento dei cento parlamentari renziani: "Niente conte". Giachetti: "Vedremo se Renzi avrà i voti". L'ira di Martina e Franceschini sul sito senzadime.it. Che dopo la polemica cancella tutti i nomi Di MONICA RUBINO 02 maggio 2018 ROMA - Niente "conte interne" alla direzione di domani: lo "stallo" politico è "frutto dell'irresponsabilità" di M5s e centrodestra; sì al confronto ma niente fiducia "a un governo guidato da Salvini o Di Maio". Sono questi i tre punti di un breve documento predisposto dai renziani sui quali da ieri è partita una raccolta di firme tra i parlamentari e i membri della Direzione del Pd. Al momento sarebbero state raccolte le firme di 77 deputati su 105 e 39 senatori su 52. Tra i firmatari anche i capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci. Finora il manifesto dei "cento parlamentari" per il no ai cinquestelle - scritto da Lorenzo Guerini - era solo un avvertimento, un'arma di riserva a cui Matteo Renzi aveva alluso per evitare la conta domani in direzione. Matteo Orfini da un lato, e il "giglio magico" renziano dall'altro - ovvero Luca Lotti, Francesco Bonifazi, Maria Elena Boschi, Dario Parrini, Andrea Marcucci - ne sarebbero i promotori. E invece il documento ha preso corpo, cominciando a circolare negli ambienti parlamentari, probabilmente perché nel frattempo gli equilibri interni sono apparsi più instabili del previsto. Come testimonia anche il deputato dem Roberto Giachetti, che questa mattina ad Agorà ha detto: "Il Partito democratico non è monolitico, può essere che Renzi non abbia la maggioranza in direzione". "Abbiamo numeri importanti, altro che direzione sul filo", rispondono però fonti renziane precisando che sul documento sono state raccolte le firme di 77 deputati su 105 e di 39 senatori su 52. In totale, 120 firmatari su 209 componenti della direzione nazionale. Ma i sostenitori di Martina insistono: "I numeri sono altri". E infatti domani sono orientati a chiedere un voto sul mandato del reggente Maurizio Martina fino all'Assemblea nazionale. E Orlando commenta su Facebook, riferendosi al documento di Guerini: "La conta promossa dai capigruppo per non fare la conta ancora non si era mai vista". Delrio ribatte: "Nessuna conta interna, ma un appello all'unità". E Dario Franceschini, nel commentare il sito senzadime.it, che raccoglie le liste di componenti della direzione favorevoli e contrari alla trattativa sul governo con il M5s, afferma su Twitter: "Quando in una comunità politica alla vigilia di una discussione seria che riguarda il partito e il Paese si arriva a questo, c'è qualcosa di profondo che non va". Dario Franceschini @dariofrance Quando in una comunità politica alla vigilia di una discussione seria che riguarda il partito e il Paese si arriva a questo, c’è qualcosa di profondo che non va. http://senzadime.it/ 13:24 - 2 mag 2018 Direzione PD: i favorevoli e i contrari all'accordo con il M5S Il 3 maggio la Direzione Nazionale del Partito Democratico deciderà sull’accordo di governo con il Movimento 5 Stelle. In questa pagina raccogliamo l’orientamento di ogni singolo componente della... Anche Martina critica l'iniziativa di matrice renziana: "Leggo di un sito che classifica i componenti della nostra direzione Pd sulla base delle opinioni espresse a proposito del confronto con il Movimento Cinque stelle. Siamo arrivati a questo? Voglio credere per tutti di no e mi aspetto che venga chiuso. C'è un limite che non andrebbe mai valicato". E di lì a poco il sito in questione ha cancellato tutti i nomi (qui di seguito un'immagine del sito prima dell'oscuramento delle liste). Pd, guerra dei numeri in direzione. Renzi: "Non usino pretesti per rompere". Scontro sul sito senzadime All'organo dirigente del Pd - convocato domani a 50 giorni dall'ultima riunione, che sancì le dimissioni di Renzi da segretario e l'affermazione della linea dell'opposizione - spetta l'ultima parola sull'apertura o meno del dialogo con il Movimento 5 stelle, dopo la netta chiusura di Renzi. Un Pd che arriva all'appuntamento quanto mai diviso, nonostante il lavorio dei pontieri delle varie anime per ricucire gli strappi. Sulla carta i renziani godono di una maggioranza schiacciante che metterebbe al sicuro il loro 'niet' ad ogni ipotesi di trattativa. Ma la stessa area che fa riferimento all'ex segretario è percorsa da sentimenti diversi su questo tema, talvolta opposti. Per questa ragione il risultato non può considerarsi scontato. • GLI EQUILIBRI IN DIREZIONE La direzione replica i rapporti di forza usciti dall'ultima assemblea, tenutasi nel febbraio 2017. In quell'occasione, Renzi diede una forte impronta personale all'esecutivo Pd, ma lo fece presentandosi in tandem con Maurizio Martina e l'area che all'allora ministro dell'Agricoltura faceva capo, "Sinistra è Cambiamento". Martina, tuttavia, nel frattempo, è divenuto reggente del partito lasciando la maggioranza renziana e opponendosi alla linea aventiniana dell'ex segretario. Oggi, su 214 componenti, sono 103 i renziani duri e puri. Di questi, 18 sono i millennials - ragazzi nati a cavallo del secolo e quindi giovanissimi - nominati direttamente dal segretario e che a lui fanno capo. La maggioranza renziana può contare inoltre su 13 componenti vicini al presidente dell'assemblea, Matteo Orfini. Gli esponenti della direzione che fanno capo a Maurizio Martina sono 19, gli orlandiani 23, altrettanti i franceschiniani, mentre i membri della direzione vicini a Michele Emiliano sono 13. Il 'partito dei governisti', favorevoli a un dialogo con M5s, conta quindi 78 componenti della direzione. A questi, tuttavia, vanno aggiunti quelli del cosiddetto 'partito dei ministri', formato da esponenti del governo Gentiloni determinati a dare "un contributo al Presidente della Repubblica", come si legge nella relazione votata il 12 marzo all'ultima riunione del parlamentino dem. I ministri presenti in direzione e favorevoli a percorrere la strada indicata da Mattarella e sedersi al tavolo con il Movimento 5 stelle sono almeno 5, ai quali si potrebbe aggiungere Delrio, computato fra i renziani. Va, infatti, sottolineato che l'appartenenza a questa o a quell'area non determina necessariamente il voto su un tema che coinvolge le sensibilità individuali, prima ancora che l'obbedienza al capo corrente. © Riproduzione riservata 02 maggio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/05/02/news/pd_direzione_numeri_giachetti_renzi-195309822/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1 Titolo: MONICA RUBINO. Di Maio e Salvini da Mattarella nel pomeriggio. Ma senza il nome Inserito da: Arlecchino - Maggio 14, 2018, 11:34:43 am Di Maio e Salvini da Mattarella nel pomeriggio. Ma senza il nome del premier
Al Colle separati: prima il M5s alle 16.30, poi la Lega alle 18. Nella notte non si è trovata l'intesa su nessuno. L'ipotesi che il leader cinquestelle rilanci la sua candidatura Di MONICA RUBINO 14 maggio 2018 ROMA - La notte non ha portato consiglio a Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Che, in queste ore cruciali per la nascita del nuovo governo, continuano a trattare sul programma, senza però aver trovato ancora un'intesa sulla figura che potrebbe guidare il futuro esecutivo giallo-verde. Per questo, nel pomeriggio, saliranno al Colle per incontrare il presidente Sergio Mattarella, ma senza il nome del premier. Le due delegazioni andranno separate: il capo dello Stato ha convocato i cinquestelle alle 16.30 e la Lega alle 18. Si riaffaccia pertanto l'ipotesi che il capo del M5s torni alla carica sulla sua candidatura. Sempre che il segretario della Lega, preso dalla disperazione, sia disposto a dargli il via libera. Al momento sembra difficile che nell'arco della mattinata i due riescano a trovare una soluzione. Sebbene il deputato della Lega Nicola Molteni dica ad Agorà che Di Maio e Salvini "presenteranno a Mattarella un solo nome, secco". © Riproduzione riservata 14 maggio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/05/14/news/di_maio_e_salvini_da_mattarella_senza_nome_premier-196349442/ Titolo: MONICA RUBINO. Governo in alto mare. Inserito da: Arlecchino - Maggio 15, 2018, 04:11:55 pm Governo in alto mare. Di Maio da Mattarella: "Abbiamo chiesto altro tempo, non facciamo nomi".
Poi tocca a Salvini. Il leghista: "Il leader M5S premier? No" Al Colle separati, ma forse con un nome solo: ora i Cinquestelle, poi la Lega alle 18. In mattinata voci su candidati tecnici. I grillini smentiscono ipotesi Sapelli. Resta in campo il giurista Conte. Ma la parola ora spetta al Quirinale Di MONICA RUBINO 14 maggio 2018 ROMA - È durato poco più di mezz'ora il colloquio tra il leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio e il capo dello Stato, Sergio Mattarella. Dopo tocca al segretario della Lega, Matteo Salvini. "Con Salvini siamo d'accordo di non fare pubblicamente nomi" per il premier, ha detto Di Maio subito dopo il faccia a faccia con il presidente della Repubblica. "Abbiamo chiesto a Mattarella qualche altro giorno per poter chiudere definitivamente la discussione sui temi. Se parte questo governo, parte la Terza Repubblica". Il capo dei Cinquestelle è consapevole che il tempo stringe e che ci sono "scadenze internazionali che ci impongono di fare presto e noi vogliamo fare presto", ma per mettere a punto il contratto ci vuole ancora tempo: "Siamo d'accordo nel fare presto, ma siccome stiamo scrivendo il programma di governo dei prossimi 5 anni, per noi è molto importante farlo nel migliore dei modi". Ma i 'tempi supplementari' chiesti non servono solo per chiudere il contratto, ma anche a consultare gli iscritti al Movimento: saranno loro "a decidere con un voto online se fare partire il governo con questo contratto oppure no", precisa Di Maio. Il quadro è ancora di incertezza. E, un'ora prima delle consultazioni al Colle, i due leade sono stati costretti a incontrarsi in un faccia a faccia alla Camera. Alla ricerca di un'intesa in extremis sul nome del premier. Le trattative vanno avanti anche sul piano del programma, con un nuovo tavolo tecnico a Montecitorio. Restano i dubbi sul nome che sarà portato al Quirinale. I Cinquestelle hanno smentito l'ipotesi Sapelli. Salvini, a una domanda sul ritorno dell'opzione di Di Maio premier, ha risposto secco: "No". Poi si è sfogato su Twitter: "Ho dormito un'ora stanotte, ma ce la metto tutta". Circola ancora un altro nome, quello del giurista Giuseppe Conte, area 5Stelle (era nel totoministri del Movimento). Ma bisogna aspettare la risposta del Colle. POLITICA Totopremier: Giulio Sapelli, il professore eclettico con cui Salvini sognava di laurearsi Di ANDREA GRECO L'ultimo totopremier. Tra i nomi di ipotetici premier 'tecnici' di area leghista circolati in mattinata anche quello di Giulio Sapelli, 71 anni, economista. Che si rifugia dapprima dietro un "no-comment", anche se ammette di gradire il programma stilato dalle due forze. Qualche ora dopo svela l'arcano: "Sì è vero, sono stato contattato. Se mi chiamano, sono pronto". E prova ad abbozzare anche una lista di ministri, indicando Siniscalco per l'Economia. Ma il M5s in seguito smentisce un suo coinvolgimento: "Non è il suo il nome che verrà portato al Colle". In area M5s invece il tecnico preso in considerazione potrebbe essere Giuseppe Conte, già individuato da Di Maio per coprire l'incarico di ministro della Pubblica amministrazione. Le quotazioni di Conte, peraltro, sarebbero in crescita. POLITICA Totopremier: Giuseppe Conte, il giurista che vuole disboscare la giungla della Pubblica amministrazione Di LUCA PAGNI Il tavolo tecnico. Nel pomeriggio è tornato poi a riunirsi, questa volta a Montecitorio, anche il tavolo tecnico del programma, per limare i termini della bozza del contratto, sebbene ci siano state pesanti divergenze su opere pubbliche, sicurezza e migranti. Meloni: "Mai opposizione pregiudiziale". Sugli equilibri del futuro governo la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni chiarisce alla direzione del partito: "Non saremo in un esecutivo a guida Cinquestelle. Mattarella ha fatto una scelta politica nel non dare l'incarico al centrodestra che l'aveva chiesto". E aggiunge: "Voteremo sui singoli provvedimenti, valuteremo i singoli provvedimenti: non ci sarà mai da parte nostra una opposizione pregiudiziale", sottolineando che "lo scenario più angosciante è quello del governo tecnico, del governo calato dall'alto, il governo del presidente: non è assolutamente rappresentativo della volontà popolare". Poi ribadisce la fedeltà alla linea politica: "Mi vergognerei a buttare la mia storia e la mia persona per una poltrona da ministro". Di Battista verso gli Usa. Intanto, in queste ore decisive, Alessandro Di Battista conferma la sua partenza per gli Usa il prossimo 29 maggio. Su Facebook, l'ex deputato 5 stelle, silente da giorni sul nodo premier e ministri dell'esecutivo nascente, ha postato ieri in tarda serata una foto che lo ritrae con il figlio Andrea insieme ad alcuni attivisti campani, compreso un neo deputato, mentre preparano i pacchetti delle bomboniere per il battesimo del figlio. E in un'intervista rilasciata a "Accordi & Disaccordi", il nuovo talk show di approfondimento condotto da Andrea Scanzi e Luca Sommi in onda stasera sul Nove, Di Battista commenta la vicenda della colf di Roberto Fico: "Su questa roba non ci si può dimettere, però dovrebbe intervenire e riuscire a far capire alla propria compagna che bisogna sistemare questa questione. Non è che io abbia mai indagato i rapporti delle fidanzate...poi è evidente che una persona, e io l'ho sempre detta questa cosa, che ricopre un ruolo pubblico, non mi sto riferendo a Roberto Fico, ha il dovere non solo di essere onesto, ma anche di apparire come tale. Io durante la mia attività parlamentare, non ve lo nego, stavo molto, molto attento, e un cinquestelle deve stare ancora più attento, a qualsiasi cosa: fosse anche un semaforo o dove parcheggiare", aggiunge Di Battista. © Riproduzione riservata 14 maggio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/05/14/news/di_maio_e_salvini_da_mattarella_senza_nome_premier-196349442/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr Titolo: MONICA RUBINO. Governo, Mattarella incontra Di Maio. Cottarelli ora al Colle. Inserito da: Arlecchino - Maggio 30, 2018, 11:42:13 pm Governo, Mattarella incontra Di Maio. Cottarelli ora al Colle.
La Lega: "Non ostacoliamo soluzioni per emergenze" Il leader pentastellato è stato a colloquio con il presidente. Finora i Cinquestelle hanno detto no all'appoggio a un esecutivo tecnico. Anche il presidente incaricato è tornato al Quirinale per un "incontro informale". Salvini: "Il capo dello Stato risolva l'impasse. Ci dia la data delle elezioni. Esecutivo politico con squadra già presentata". Si affaccia l'ipotesi della "non-sfiducia" al premier incaricato. Castelli (M5S): "Stupisce il no di Savona al passo indietro" Di MONICA RUBINO 30 maggio 2018 ROMA - In uno scenario di caos in cui si sommano tre crisi - politica, istituzionale e finanziaria - al Colle vanno in scena incontri che potrebbero rivelarsi decisivi. Tutti definiti "informali". Prima è stato ricevuto Luigi Di Maio per un colloquio con il presidente della Repubblica. Già ieri il leader 5Stelle aveva archiviato l'impeachment contro il Colle e rilanciato la proposta di ripartire da dove tutto si era interrotto, ovvero dal governo di Giuseppe Conte (rinunciando a Savona). Ma da Matteo Salvini era arrivata una sostanziale chiusura: "Di Maio riapre? Non siamo al mercato, al voto anche subito". Ora bisogna capire se i 5Stelle siano pronti a modificare la loro posizione, dando il via libera a un governo Cottarelli di tipo elettorale (con la formula della non sfiducia) o se stia tornando in pista l'ipotesi del governo gialloverde. Altro tassello importante del puzzle è l'arrivo al Colle del presidente incaricato, Carlo Cottarelli. Si parlava di un incontro imminente di Mattarella con Giancarlo Giorgetti, plenipotenziario di Salvini nella Lega, ma l'ipotesi è stata smentita dal Colle. L'IPOTESI DEL GOVERNO GIALLOVERDE E LA VARIABILE SAVONA Salvini stamattina si è rivolto al capo dello Stato: "Noi abbiamo provato a fare un governo, ma a Mattarella non va mai bene - dice parlando con i commercianti al mercato di Pisa, dove aveva in programma un evento elettorale - Non può dire no a quel ministro (Paolo Savona, ndr) perché è critico con l'Europa. Allora che cosa andiamo a fare? Allora ti arrendi. Il presidente ci spieghi come si esce dall'impasse". E conclude: "Al voto prima possibile, ma non a fine luglio". Poi annuncia: "La Lega domenica sarà in tutte le piazze italiane per chiedere l'elezione diretta del presidente della Repubblica, tanto fa quello che vuole lo stesso e allora tanto vale che lo eleggano i cittadini". Nel pomeriggio a Sarzana (La Spezia) insiste: "Si beccano il programma e la squadra che abbiamo già presentato oppure facciano altro e ci facciano votare". Insomma, nessun passo indietro su Savona. Una posizione che irrita i Cinquestelle: "Stupisce che Paolo Savona, persona di grande spessore culturale e sensibilità politica, non abbia ancora maturato la decisione di fare un passo indietro", dice la parlamentare Laura Castelli, che è entrata anche nel totoministri del governo pentaleghista. • L'IPOTESI DELLA "NON-SFIDUCIA" Fonti del Carroccio chiariscono infine la posizione del partito sulla crisi di governo: "Non ostacoleremo soluzioni rapide per affrontare le emergenze ma ridiamo la parola agli italiani il prima possibile". E si profila l'ipotesi di una non-sfiducia a Cottarelli che porti il Paese al voto a settembre-ottobre. Possibilità che si intravede nelle parole del numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti: "C'è Cottarelli che sta tentando di fare il governo. Se i voti non ce li ha, dovremo studiare un percorso ordinato verso elezioni il prima possibile". Si tratterebbe cioè di astenersi, tutti, nel voto di fiducia all'ex commissario alla spending review, che potrebbe dunque partire come governo in carica, anche se con una sola decina di sì in Parlamento, e si impegnerebbe a mettere a punto una manovra snella per far poi svolgere elezioni anticipate in autunno. Ma dai cinquestelle, che riuniranno i gruppi parlamentari in serata, arriva un netto no all'ipotesi di una "fiducia tecnica" a Cottarelli. A ribadirlo è lo stesso Di Maio: "Non sfiducia tecnica è una pratica da Prima Repubblica. O governo politico o voto". Lo stato maggiore del M5s valuta lo stop all'economista Paolo Savona per far partire Conte. Ma Salvini ripete a più riprese, nel corso della giornata: "O si parte con la squadra concordata o vince chi dice sempre no". • COTTARELLI VEDE MATTARELLA Intanto il premier incaricato Carlo Cottarelli è salito di prima mattina al Quirinale per un incontro informale con Sergio Mattarella. Poi, senza rilasciare dichiarazioni, è tornato al lavoro alla Camera (dove ha una stanza a disposizione). Dall'entourage del premier incaricato: "Durante l'attività del Presidente del Consiglio incaricato per la formazione del nuovo Governo sono emerse nuove possibilità per la nascita di un Governo politico. Questa circostanza, anche di fronte alle tensioni sui mercati, lo ha indotto - d'intesa con il Presidente della Repubblica - ad attendere gli eventuali sviluppi". • RIFLETTORI PUNTATI SUI MERCATI Mentre va avanti la trattativa, sui mercati si vive una giornata meno drammatica di quella di ieri. Persino gli Usa ci stanno monitorando. "Stiamo tenendo d'occhio l'Italia molto da vicino" ha detto la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders ai giornalisti a bordo dell'Air Force One. Mentre il portavoce della Commissione Ue fa sapere che "il presidente Juncker ribadisce la sua fiducia nell'Italia e in Mattarella". • L'AGENDA INTERNA E INTERNAZIONALE L'imperativo è fare presto, anche perché l'agenda italiana è fitta di impegni internazionali. L'8 giugno è in programma il G7 in Canada, il 10 giugno è la volta delle elezioni amministrative in 783 comuni, di cui 21 capoluogo di provincia e uno anche capoluogo di Regione (Ancona). Il 28 giugno ci sarà il Consiglio europeo e l'11 luglio il vertice Nato. • L'APPELLO DELLA CEI Anche dalla Conferenza episcopale italiana arriva un appello alla concordia e al dialogo. "Questo è il tempo grave della responsabilità. Mai come oggi c'è bisogno di rispettare la volontà popolare, che si è espressa liberamente il 4 marzo, e tutte le istituzioni civili, dalla più elevata, il Capo dello Stato, alla più rappresentativa, il Parlamento", scrive su Avvenire il cardinale Gualtiero Bassetti presidente della Cei. Nel pomeriggio la versione online dell'Osservatore romano, il giornale del Vaticano, pubblica un'intervento: "Scenario sempre più confuso". • MANIFESTAZIONI 2 GIUGNO, PIAZZE TRANQUILLE Dopo la rinuncia dei cinquestelle a procedere con la messa in stato d'accusa del presidente della Repubblica, il capo della polizia Franco Gabrielli assicura che "non c'è nessun innalzamento, nessuna preoccupazione di piazze più o meno effervescenti" in occasione delle manifestazioni del 2 giugno. Il presidente della Camera Roberto Fico fa sapere che non parteciperà alla manifestazione M5s del 2 giugno alla Bocca della Verità. • LE ALTRE FORZE Se ieri, a sorpresa, Giorgia Meloni ha messo sul piatto la disponibilità di Fdi ad appoggiare un nuovo tentativo di governo giallo-verde, Silvio Berlusconi è tornato oggi a riunire a Palazzo Grazioli lo stato maggiore di Forza Italia per fare per fare il punto sull'ipotesi della fiducia tecnica a Cottarelli. © Riproduzione riservata 30 maggio 2018 Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/05/30/news/trattativa_m5s_lega_cottarelli_colle-197707709/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr Titolo: MONICA RUBINO. “Ecco "Piazzaweb", la sfida digitale del Pd di Zingaretti al ... Inserito da: Arlecchino - Marzo 22, 2019, 11:24:15 pm Ecco "Piazzaweb", la sfida digitale del Pd di Zingaretti al modello Rousseau: "Partecipazione vera
Lotta alle fake news, una task force sui flussi social e una piattaforma per coinvolgere i militanti. Entro aprile una giornata di mobilitazione per dare vita al nuovo "digital party" Di MONICA RUBINO 14 marzo 2019 Rivoluzione digitale in arrivo per il Pd. Il segretario Nicola Zingaretti ha in mente un'operazione a tappe per potenziare la presenza del partito sui social. E superare il modello partecipativo del M5s con una nuova piattaforma web alternativa a Rousseau, che sta rivelando via via tutti i suoi limiti. Il primo passo per il neosegretario dem è il costante monitoraggio dei flussi di informazione, con una task force di "sentinelle dei social", impegnate a smascherare troll, fake news o notizie virali montate ad arte. E, se è il caso, contrattaccare. La seconda tappa sarà la creazione di una "Piazzaweb social", un vero e proprio "ecosistema digitale" dove le persone possono dialogare, scambiarsi informazioni, aprire comitati, organizzare iniziative. Un modo concreto, insomma, per far discutere le persone e "aprire" il partito, rendendolo modernamente inclusivo. La deadline è il mese di aprile, entro il quale Zingaretti ha intenzione di organizzare una giornata in cui chiamare a raccolta tutti quelli che vogliono dare una mano a creare il nuovo "digital party". Una mobilitazione aperta a tutti, con lo scopo di aggiornare il modello partecipativo del Pd alle modalità e ai sistemi della comunicazione contemporanea. L'esempio a cui guardare non è nostrano ma si trova oltreoceano, ed è quello del partito democratico Usa. Il monitoraggio costante dei flussi è "un'operazione molto utile dal punto di vista politico" secondo Dino Amenduni, consulente di comunicazione politica e socio di Proforma, l'agenzia barese che negli ultimi anni ha lavorato a molte campagne elettorali del centrosinistra. "Il capitale contemporaneo dei politici è la reputazione - spiega Amenduni - quindi Zingaretti fa bene a tenere d'occhio eventuali procedure di disinformazione nei confronti suoi o del Pd, nate in Italia o all'estero". Allo stesso tempo però, l'esperto sottolinea l'urgenza di avviare in parallelo anche due altre azioni: "La prima questione riguarda la produzione dei contenuti, coerenti con la linea politica che si intende adottare. È fondamentale alimentare il dibattito anche creando contraddizioni nella maggioranza". Ma c'è una terza questione ancora più urgente, ossia quella del coinvolgimento dei militanti: "Il Pd ha una lunga tradizione di partecipazione che passa dai circoli sui territori", continua Amenduni. Ossia una rete "fisica" già esistente, composta dalle migliaia di militanti che già durante la campagna congressuale hanno fatto sentire la loro presenza, ma che adesso va potenziata anche nel mondo digitale. "Nel frattempo - sostiene l'esperto - il mito della partecipazione su Rousseau sta scemando, perché oramai è chiaro che non si tratta di un posto in cui si costruiscono le politiche pubbliche insieme ma dove si vanno a ratificare decisioni prese altrove. Il Pd ha pertanto una grande occasione di superare il M5s sul piano della partecipazione: tutto sta a capire come includere le persone nelle scelte, in maniera continuativa e con regole stabili". In questa fase, fanno sapere dallo staff di Zingaretti, qualsiasi esperienza che possa andare nella direzione dell'avanzamento tecnologico del Pd è ritenuta molto utile - come ad esempio anche la piattaforma di blockchain "HackItaly" del deputato dem Francesco Boccia, messa a disposizione del partito durante le primarie - perché bisogna recuperare il gap digitale con il M5s con qualsiasi mezzo. L'approfondimento quotidiano lo trovi su Rep: editoriali, analisi, interviste e reportage. La selezione dei migliori articoli di Repubblica da leggere e ascoltare. © Riproduzione riservata 14 marzo 2019 Da - https://www.repubblica.it/politica/2019/03/14/news/pd_zingaretti_rivoluzione_digitale-221514432/?fbclid=IwAR1adsBU7tuyPNp3Hl2chOuR1TnpMKuGa5LuxePbjk4kDbnlAz6Kz-t-dPI |