LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => ESTERO fino al 18 agosto 2022. => Discussione aperta da: Admin - Aprile 25, 2012, 04:21:43 pm



Titolo: BERNARDO VALLI - Sul voto francese il peso della crisi
Inserito da: Admin - Aprile 25, 2012, 04:21:43 pm
L'ANALISI

Sul voto francese il peso della crisi

Europa e mercati ora hanno paura

Invece di pronunciarsi sui programmi dei veri aspiranti all'Eliseo, sei milioni e mezzo di francesi hanno espresso la propria collera.

Dietro il boom di Le Pen l'odio per le banche, finanza e sacrifici

di BERNARDO VALLI

I sei milioni e mezzo di voti a Marine Le Pen sono stati un segnale inquietante. Un brontolio allarmante. Non solo per la Francia. Sensibili le borse europee. Queste hanno registrato ribassi consistenti anche se non proprio insoliti negli agitati tempi finanziari che stiamo vivendo. La società francese ha avvertito politicamente qualcosa di simile a una vibrazione, sul tipo di quelle intercettate dai sismografi sotto la crosta terrestre. Scosse di cui spesso non ci accorgiamo, o alle quali non prestiamo troppa attenzione. Nell'immediato non fanno danni in superficie. Ma li annunciano. Dapprima stupita dal clamore che il successo di Marine Le Pen ha suscitato, al punto da relegare quasi in secondo piano la gara tra i due candidati ammessi al ballottaggio, la società politica si rende via via conto di avere trascurato, o di non avere valutato abbastanza, gli effetti della crisi, anche sul piano psicologico. L'assillo, l'angoscia di chi la vive, o teme di esserne investito, hanno dominato cuori e cervelli durante la campagna elettorale, senza che gran parte dei protagonisti ne fosse cosciente. Adesso il trauma è forte.

In politica il terremoto è la rivolta. La quale non si esprime obbligatoriamente sulle piazze. In democrazia le urne sono ribalte più importanti. Il successo elettorale del Front National ha avvertito che la crisi ha votato. E voterà. Si, proprio la crisi nuda e cruda, che non risparmia i più sfortunati e che angoscia anche chi non è ancora stato investito e teme di esserlo a sua volta. La crisi
ha riversato nei seggi elettorali l'ansia, l'esasperazione della gente. Invece di pronunciarsi sui programmi dei veri candidati al potere, nei quali non hanno più fiducia, i sei milioni e mezzo di cittadini hanno espresso la loro collera, pronta a diventare rabbia, puntando sul partito della protesta e della provocazione. Era un modo di farsi ascoltare.

I due candidati principali, quelli che in queste ore si contendono la presidenza della Repubblica, in vista del ballottaggio del 6 maggio, non si erano accorti di quel che stava accadendo. Gli esperti nelle indagini d'opinione avevano avvertito nevrotiche fluttuazioni nell'elettorato. Giovani, pensionati, piccoli e medi imprenditori, commercianti, donne disoccupate, impiegati anche pubblici, rivelavano intenzioni di voto che cambiavano di mese in mese. E non era chiaro quel che li spingeva a mutare parere. Di fatto era il vento della crisi, sempre più forte, sempre più insistente, che li sbatacchiava da un candidato all'altro, come un carico umano sofferente, ansioso, senza ammaraggio. E alla fine sono finiti tra le braccia del Front National, il partito del rifiuto, della rivolta, della provocazione. Non più soltanto il partito xenofobo, e più degli altri capace di esprimere, in modo diretto, rudimentale, esasperato, non sempre innocente, senza sofisticazioni ideologiche, le inquietudini delle classi popolari più colpite.

Adesso François Hollande e Nicolas Sarkozy, rimasti in gara, inseguono, si contendono quei sei milioni di francesi, i cui voti saranno decisivi alla fine della prossima settimana. Ascoltavo ieri sera il candidato-presidente che a Tours prometteva, ai suoi elettori di cinque anni fa poi sfuggitigli di mano, tutta la sua comprensione. Ripeteva con insistenza di non avere, come il candidato di sinistra, alcun disprezzo per chi ha optato per il Front National. Lui capiva le sofferenze che li aveva spinti a quella scelta, ma proponeva una soluzione più costruttiva di quella suggerita da Marine Le Pen. E alla stessa ora François Hollande tentava la stessa operazione di recupero, dando per scontata la differenza tra gli elettori legati al Front National da un'ideologia xenofoba e quelli spinti dalla collera, dalla disperazione a schierarsi con l'estrema destra.
Quest'ultimi erano attesi dalla sinistra come il figliol prodigo del vangelo.

Marine Le Pen ha liberato il partito da quell'odore di zolfo che emanava quando Jean-Marie, il padre fondatore, lo gestiva. Gli ha tolto, o ha ben occultato, il carattere demoniaco. Lo ha spogliato dell'antisemitismo che lo rendeva infrequentabile, non degno di appartenere alla società politica normale. Ha alleggerito anche gli accenti razzisti. E l'idiosincrasia per i musulmani che un tempo era un'ossessione. A Lione, nel grande anfiteatro dove teneva un comizio davanti a una fitta folla di giovani e pensionati, di medi imprenditori e piccoli negozianti ridotti al fallimento dalle grandi aree commerciali, Marine Le Pen affrontava soltanto di striscio, marginalmente, l'ostilità per gli immigrati, in particolare quelli magrebini.

Lei, la sola dichiarata "candidata del popolo", li inseriva nell'elenco dei nemici dei poveri. Così i poveracci, i lavoratori africani clandestini, accusati di approfittare della costosa assistenza sanitaria nazionale, figuravano accanto ai banchieri, ai finanzieri internazionali, ai ricchi che investono i loro miliardi in opere d'arte perché meno tassate degli altri beni, ai mercanti di beni di lusso che non sentono la crisi, ai tecnocrati di Bruxelles, ai colpevoli della mondializzazione, agli inventori dell'euro che avvelena l'economia europea, ai politici dei grandi partiti di governo, di sinistra o destra non importa, che sono da mandare a casa. Tutti facevano parte di una schiera di fantasmi in cui i giovani, i pensionati, gli operai, i commercianti che l'ascoltavano vedevano i colpevoli della crisi.

Conosciuto il risultato elettorale, domenica sera Marine Le Pen si è vantata di avere fatto "esplodere il monopolio dei due grandi partiti della banca, della finanza delle multinazionali, della rinuncia e dell'abbandono". Vale a dire il partito del candidato socialista François Hollande e il partito del candidato di destra Nicolas Sarkozy. Lei non dimentica nessuno: mette insieme gli immigrati che vivono alle spalle dei francesi, i finanzieri miliardari presentati come tanti dracula che succhiano il sangue del popolo, e i politici profittatori. Circa il venti per cento dei voti ottenuti da Marine Le Pen al secondo turno andrà a François Hollande, circa il sessanta per cento si riverserà invece su Nicolas Sarkozy. Ma questo riporto di suffragi non basterà al presidente per essere riconfermato. Del resto lei si guarda bene dal desiderarlo. Non può infatti che puntare sulla sconfitta di Sarkozy. L'uscita di scena del candidato di destra aprirà una crisi nel suo partito, l'UMP, lasciando al Front National un ampio spazio. Anzitutto l'occasione di diventare la forza d'opposizione al presidente di sinistra. Sarebbe la grande promozione di un'estrema destra, sfrondata degli eccessi che l'hanno caratterizzata fin dalla sua fondazione. E' il sogno di Marine Le Pen. La sua abilità è consistita nell'approfittare della crisi.

Se il progetto di Marine Le Pen si dovesse realizzare la società politica non conoscerebbe i fremiti, i brontoli, le vibrazione avvertite la notte di domenica, all'annuncio del 18 % per cento ottenuto dalla candidata del Front National, ma vivrebbe un vero terremoto. L'estrema destra, ripulito il linguaggio ma non del tutto liberata dal suo originale carattere xenofobo, provocatore, populista e antieuropeo avrebbe un ruolo primario che non ha mai avuto nella società politica francese.

 

(24 aprile 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/esteri/2012/04/24/news/sul_voto_francese_il_peso_della_crisi_europa_e_mercati_ora_hanno_paura-33836382/?ref=HREC1-2