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Forum Pubblico => LA SALUTE, LA CULTURA, IL LAVORO, I GIOVANI, L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA E LA SOCIETA'. => Discussione aperta da: Admin - Gennaio 27, 2011, 05:20:16 pm



Titolo: VIAGGIO DELLA MEMORIA "Salvo tra 130 fucilati ora vivo per raccontare"
Inserito da: Admin - Gennaio 27, 2011, 05:20:16 pm
VIAGGIO DELLA MEMORIA

"Salvo tra 130 fucilati ora vivo per raccontare"

Antonio Ceseri sfuggì alla strage di Treuenbrietzen sepolto dai cadaveri.

Ci hanno coperto di terra e credevo che sarei morto soffocato Ho contribuito a identificare tutti, ogni tomba ha un nome


di SIMONA POLI


Era un giovanissimo soldato fiorentino Antonio Ceseri. L´8 settembre del 1943 la notizia dell´armistizio lo sorprese mentre prestava servizio nella Marina all´Arsenale di Venezia. I tedeschi lo arrestarono e lo spedirono in un campo di lavoro in Germania, vicino ad Hannover. Il 23 aprile del ‘45 le Ss ormai incalzate dai soldati sovietici decisero di uccidere i prigionieri, dopo averli trascinati in una cava di sabbia a Treuenbrietzen. Centotrenta uomini. Per ammazzarli tutti, anche coi mitra, ci vollero tre quarti d´ora. Ceseri è uno dei tre sopravvissuti. Per lui questo è il primo viaggio ad Auschwitz sul Treno della memoria. «Lo faccio per i ragazzi», spiega, «perché non dimentichino».

Ha mai visto il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau?
«Solo una volta, quarant´anni fa. Ma quando mi ha telefonato la direttrice del Museo della deportazione di Prato per propormi di accompagnare le scuole toscane ho accettato subito. Anch´io posso portare la mia testimonianza, sono un sopravvissuto».

Come ha fatto a salvarsi dal massacro di Treuenbrietzen?
«I tedeschi ci avevano messo in fila per tre e ci hanno incanalati in una sorta di fossato, noi in basso e loro in alto. Poi hanno iniziato a sparare, io sono cascato a terra al centro della fila e i corpi dei miei compagni uccisi mi hanno coperto. Sentivo tutte le pallottole che rimbalzavano sugli altri, non finiva mai, per mesi ogni notte ho continuato a saltare nel letto come se avessi le convulsioni. Dopo, credendoci tutti morti, ci hanno coperto di terra e io ho pensato che sarei morto soffocato. Invece si mise a piovere, solo per questo sono ancora vivo».

Quanti anni aveva quando fu catturato?
«Nemmeno 19. Dopo l´arresto i tedeschi ci chiesero se volevamo aderire alla Repubblica di Salò, in quel caso ci avrebbero rimandato in Italia. Ma io non ci pensavo nemmeno a tornare a combattere per Mussolini, la mia era una famiglia di antifascisti».

E così finì nel campo di lavoro.
«Passai una selezione, come tutti gli altri dissi che facevo il contadino ma non ci credette nessuno perché non avevo calli sulle mani. Così mi portarono a Treuenbrietzen a lavorare in una fabbrica di munizioni per armi leggere. Si mangiava solo una volta al giorno una scodella di sbobba fatta di erba, cavolo e acqua, la domenica ci davano tre patate, ho visto un compagno morire di fame».

Nella fabbrica lavoravano anche civili?
«Donne tedesche, sì, con cui era proibito parlare. Ma qualcosa da mangiare ce la passavano sotto banco, una mela, un pezzo di pane, un po´ di cioccolata».

Avevate anche voi la divisa?
«Avevamo gli zoccoli, le scarpe ce le portavano via subito. A me fregarono anche i vestiti della Marina, la camicia non l´ho cambiata per un anno, le pulci ci mangiavano vivi, di notte era un tormento».

Sapevate delle camere a gas?
«Non sapevamo nulla di nulla, neppure di come stesse andando la guerra. Una donna ci disse in gran segreto dello sbarco in Normandia ma non sapevamo se fosse vero. Dei campi di sterminio sono venuto a conoscenza solo una volta tornato in Italia».

Vi picchiavano?
«Tantissimo e senza motivo, quando ci alzavamo la mattina ci battevano col calcio del mitra. Ogni quindici giorni i tedeschi facevano un´ispezione della baracca e ci costringevano a stare in mutande. Il 6 gennaio del ‘44 c´era la neve e ci mettevano fuori in mutande dalle 6 fino a mezzogiorno. Scappare era impossibile, filo spinato dappertutto, 20 Ss a guardia giorno e notte, cattivissime».

Cosa c´è oggi nella cava di sale di Treuenbrietzen?
«Un cippo, ci vado ogni anno a commemorare la strage. Ho contribuito a riesumare e identificare tutti i miei amici, ogni soldato ha una tomba col suo nome nel cimitero dei soldati italiani a Berlino». Piange.
 

(26 gennaio 2011) © Riproduzione riservata

da firenze.repubblica.it