LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => AUTRICI e OPINIONISTE. => Discussione aperta da: Admin - Febbraio 07, 2010, 06:34:48 pm



Titolo: YOANI SANCHEZ
Inserito da: Admin - Febbraio 07, 2010, 06:34:48 pm
3/2/2010

Due monete e quattro mercati
   
YOANI SANCHEZ

Ha otto anni e una confusione enorme. Questa mattina suo padre gli ha messo in mano una moneta da 25 centesimi dopo aver detto: “Qui ci sono cinque pesos”. Ha osservato la superficie brillante che da un lato raffigura lo scudo della repubblica e sul dorso la torre slanciata della città di Trinidad. Anche se è nata in un paese economicamente schizofrenico, ancora non è abituata ad alternare i pesos cubani con i suoi parenti convertibili. A scuola la maestra non ha mai affrontato l’argomento, anche perché per spiegarlo a dovere servirebbe un intero corso semestrale. Neppure in casa le forniscono chiarimenti, come se per gli adulti fosse normale tenere in tasca due diversi tipi di monete. A Cuba esistono quattro forme di mercato e due tipi di denaro per pagare. Ogni mattina le donne di casa escogitano - senza tante storie - un piano su quale tipo di moneta convenga usare per fare acquisti in un determinato luogo. Si tratta di un’operazione aritmetica che porta via qualche secondo, dietro i quali si nascondono tre lustri di dollarizzazione economica e del suo “fantasma” successivo: il peso convertibile. La conversione viene fatta continuamente, esistono venditori che accettano sia i simbolici biglietti con cui ci pagano il salario, che gli altri dal valore 24 volte maggiore. Per un ananas possiamo pagare sia 10 pesos in moneta nazionale - la paga di una giornata di lavoro - che cinquanta centesimi del cosiddetto “chavito”. Alcuni turisti non sono al corrente di un tale imbroglio e acquistano la regina della frutta con una decina di pesos convertibili. Se capita una cosa simile, il venditore chiude in fretta il negozio e rientra a casa felice dell’equivoco.

La generazione di mio figlio non riesce a comprendere come si possa vivere con una sola moneta. Credo che i giovani abbiano uno speciale sviluppo cerebrale che permette di accettare le assurdità e connessioni neuronali che inoltrano l’inammissibile. Realizzano le conversioni di valute con la facilità di chi ha imparato due lingue da piccolo e le alterna senza grande sforzo. Soltanto che apprendere diverse lingue è un arricchimento culturale, mentre considerare naturale la dualità finanziaria significa accettare che esistono due esistenze possibili. Una vita è piatta e grigia come i centesimi nazionali, mentre l’altra - vietata in tutta la sua estensione a buona parte della popolazione - sembra piena di colori e filigrane, come un biglietto da venti pesos convertibili.

Traduzione di Gordiano Lupi www.infol.it/lupi


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5/2/2010

Angeli custodi
   
YOANI SANCHEZ

Vedo poliziotti ovunque. Non so se la loro immagine è ormai fissa nelle mie retine o se negli ultimi mesi sono aumentati di numero in maniera allarmante. Circolano sopra camionette Mercedes Benz, si fermano agli angoli delle strade e in diversi luoghi della città mostrano persino i loro cani lupo. Mentre centinaia di moderne e tondeggianti telecamere ci osservano dall’alto, questi uomini in divisa ci controllano a livello della strada e dei suoi marciapiedi dissestati. Escono fuori dal niente e scompaiono quando più servirebbero. Sono abili a individuare un sacco di cemento trasportato senza documenti, ma è raro vederli di notte in un quartiere marginale dove il numero dei delitti è in continuo aumento. Ci sono anche i poliziotti in abiti civili, certi “angeli custodi”, vere e proprie presenze immancabili nelle file, nei centri culturali e ovunque si formi un gruppo di persone. Adesso non è così facile distinguerli perché non indossano più magliette a righe, camicie a quadri e non sfoggiano pettinature dal taglio militare, ma travestimenti che vanno dalle treccine con palline colorate fino alle mutande che escono fuori dai pantaloni. Adesso portano telefoni cellulari, occhiali da sole, sandali di cuoio, ma si continua a capire che sono fuori posto, perché hanno l’espressione di chi non c’entra niente con il luogo in cui si trovano. Si recano al festival del cinema ma non hanno mai visto una pellicola di Fellini, frequentano le gallerie d’arte, ma sono incapaci di distinguere un quadro figurativo da uno astratto. Hanno imparato a camuffarsi, ma non sono stati capaci di perdere il tipico atteggiamento di disprezzo davanti a certe “debolezze piccolo borghesi” come l’arte e le sue manifestazioni. Tuttavia, quel che temo maggiormente non sono i poliziotti che indossano il distintivo di metallo numerato sul petto né gli agenti segreti che redigono rapporti, ma il poliziotto coercitivo che tutti portiamo dentro. Quello che suona il fischio della paura per avvisarci di non osare e che scuote le manette dell’indifferenza ogni volta che tra di noi aumentano le critiche e le opinioni. È passato per l’Accademia dell’autocensura ed è un soldato sveglio a indicare percorsi che non portano difficoltà. Il suo codice penale comprende soltanto un paio di brevi articoli: “Non ti mettere nei guai” e “Tutto quello che farai non cambierà le cose”. Se un giorno ci alziamo decisi a far tacere il rumore dei suoi stivali nella nostra testa, allora lui ci ricorda le sbarre, i tribunali e la freddezza di una prigione di provincia. Non ha bisogno di alzare il manganello contro le nostre costole, perché sa toccare le molle della paura ed eseguire le mosse di karate che lasciano il nostro corpo sofferente in anticipo, immobilizzato, davanti alla frase: “Stai tranquillo, è meglio aspettare”.

Traduzione di Gordiano Lupi - www.infol.it/lupi

da lastampa.it


Titolo: YOANI SANCHEZ Chi ha ucciso Orlando Zapata
Inserito da: Admin - Febbraio 24, 2010, 10:30:57 pm
24/2/2010

Chi ha ucciso Orlando Zapata
   
YOANI SANCHEZ

All’ingresso del dipartimento di medicina legale di Ciudad Habana, dove giaceva il corpo ormai privo di vita del prigioniero politico Orlando Zapata Tamayo, Reina mi ha detto che suo figlio era stato vittima di un assassinio premeditato.

I fatti che hanno portato alla morte questo cubano di 42 anni non hanno avuto fino a oggi una versione ufficiale. Sappiamo per bocca dei suoi familiari che Orlando si era dichiarato in sciopero della fame per protestare sulle condizioni carcerarie di cui soffriva da quando - nella primavera del 2003 - era stato privato della libertà. Nessuna autorità ha confermato o smentito che il prigioniero abbia passato quasi un mese in una cella priva di luce, o che abbia tascorso 18 giorni senza poter bere acqua, fino a quando i comandanti della prigione kilo 8 della provincia di Camaguey hanno deciso di internarlo in un ospedale perchè non morisse sotto la loro giurisdizione. Orlando Zapata è stato ucciso da diverse mani: quella del triste ufficiale che ha messo il catenaccio alla cella di punizione. Non conosco il suo nome, non so se sarà punito per la sua indolenza o premiato per la prodezza. Orlando è stato anche vittima di un negligente trattamento ospedaliero, perchè nella sala dell’ospedale Hermanos Ameijeiras non è giunto soltanto un paziente disidratato, ma un corpo maltrattato sino all’estremo di una persona che aveva sofferto oltre i limiti della sopportazione. Orlando è stato lasciato morire dal governo di un paese dove far trapelare un pensiero anticonformista può condurre un uomo tra le sbarre.

A mezzogiorno in punto di questo mercoledì 24 febbraio, giorno in cui celebrava il suo secondo anno come Presidente, il generale Raúl Castro ha fatto sapere alla stampa che era rammaricato dell’accaduto. Probabilmente nessuno verrà condannato da un tribunale, nessuno verrà destituito o criticato pubblicamente. Ma se questo accadesse, o se si superasse la sottile frontiera che esiste tra rammaricarsi del decesso e chiedere scusa, la morte di Orlando assumerebbe un significato nuovo.

Traduzione di Gordiano Lupi

www.infol.it/lupi

da lastampa.it


Titolo: YOANI SANCHEZ Mafia tropicale
Inserito da: Admin - Marzo 16, 2010, 10:36:05 am
16/3/2010

Mafia tropicale
   
YOANI SANCHEZ

Una pioggia di avvenimenti sta cadendo su Cuba. Le prime gocce sono giunte all’inizio di gennaio, con la morte per freddo e denutrizione di diverse decine di pazienti all’interno dell’Ospedale Psichiatrico avanero. La pioggia di problemi è aumentata con la morte di Orlando Zapata Tamayo, spinto verso la fine dalla negligenza dei carcerieri e dalla testardaggine dei nostri governanti. A questo punto è cominciato lo sciopero della fame del giornalista Guillermo Fariñas e le nostre esistenze sono finite al centro di un tornado politico - sociale i cui venti tempestosi crescono ogni giorno.

Parallelamente a queste burrasche, una sequenza di probabili scandali per corruzione ha messo in crisi il sistema di potere cubano. Corrono voci insistenti di persone vicine ai ministri con valigie piene di dollari nascosti nelle cisterne, di voli commerciali con dividendi nelle mani di pochi e di fabbriche di succhi di frutta con enormi profitti portati a gran velocità fuori dal paese. Pare che tra i coinvolti ci siano uomini che sono scesi dalla Sierra Maestra per arricchirsi concedendo licenze a impresari stranieri in cambio di sostanziose commissioni. Lo Stato si è visto saccheggiare dallo stesso Stato. La deviazione delle risorse ha raggiunto livelli tali che rubare un po’ di latte in un negozio sembra un gioco da bambini. I gerarchi del potere cubano si riempiono le tasche in gran fretta, come se intuissero che la pioggia di oggi finirà per distruggere il tetto sopra le nostre teste. Pare proprio che il paese sia in stato di liquidazione e molti approfittano di un’uniforme verde oliva per cercare di trafugare quel poco che resta.

Intanto la stampa imbavagliata racconta glorie passate e ricorda anniversari da festeggiare, mentre afferma che la Rivoluzione non è mai stata così solida e forte. Dietro il sipario, si verificano una serie di epurazioni mentre i revisori dei conti tastano le viscere delle nostre finanze per verificare che l’avanzata della corruzione è inarrestabile. La generazione che ha fatto la nostra storia ci ha indicato il percorso della simulazione e ha diffuso l’idea che le finanze nazionali debbano essere amministrate come le proprie risorse. Le acque nere delle miserie etiche e morali, che loro stessi hanno alimentato e favorito, finiranno per annegarci tutti.

Traduzione a cura di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

da lastampa.it


Titolo: YOANI SANCHEZ L'orrore dalla dolcezza
Inserito da: Admin - Luglio 04, 2010, 09:03:29 am
3/7/2010

L'orrore dalla dolcezza
   
YOANI SANCHEZ

Per uno di quei casi della vita mi sono imbattuta nelle “Lettere dalla Birmania” di Aung San Suu Kyi in una libreria avanera.
Non le ho trovate in uno di quei luoghi - amministrati da privati - dove si vendono libri usati, ma in un locale statale che vende edizioni colorate in moneta convertibile. Il piccolo esemplare con la sua foto in copertina, era confuso tra manuali pratici e volumi con ricette di cucina. Ho guardato su entrambi i lati degli scaffali per verificare se qualcuno aveva messo quel libro là proprio per me, ma le impiegate sonnecchiavano nel torpore del mezzogiorno e una di loro si scacciava le mosche dal volto senza prestarmi la minima attenzione.
Ho comprato la preziosa raccolta di testi scritti da questa dissidente tra il 1995 e il 1996, ancora sotto l’effetto della sorpresa che mi produceva l’averla incontrata nel mio paese, dove ci troviamo - proprio come lei - sotto un regime militare che impone una forte censura alla libertà di parola.

Le pagine con le cronache di Aung San Suu Kyi, dove possiamo leggere riflessioni, quotidianità, discorsi politici e semplici domande, hanno avuto appena il tempo di riposarsi nella biblioteca di casa mia. Tutti vogliono leggere le sue serene descrizioni di una Birmania segnata dalla paura, ma anche immersa in una spiritualità che rende più drammatica la sua situazione attuale. In pochi mesi - da quando ho incontrato le Lettere… - la prosa limpida ed emotiva di questa donna ha condizionato il modo in cui osserviamo il nostro fallimento nazionale. Un filo di speranza che riesce a intrecciare insieme alle sue parole, porta come risultato una previsione ottimista per la sua nazione e per il mondo. Nessuno come lei ha potuto descrivere l’orrore dalla dolcezza, senza che il grido si impadronisse del suo stile e il rancore le salisse agli occhi.

Non ho smesso di chiedermi come hanno fatto i testi di questa dissidente birmana ad arrivare nelle librerie del mio paese. Forse l’innocente copertina con una donna dagli occhi a mandorla intenta a esibire alcuni fiori - belli come il suo volto - disposti dietro le orecchie è finita in un acquisto all’ingrosso. Forse hanno pensato che si trattava di un’autrice di romanzi o di una poetessa che riproduceva i paesaggi della sua terra con estetismo e nostalgia. Probabilmente chi ha disposto il libro su quello scaffale non sapeva niente dei suoi arresti domiciliari, né del premio Nobel per la Pace che ha meritatamente ottenuto nel 1991. Preferisco immaginare che almeno qualcuno sia stato consapevolmente responsabile del fatto che la sua voce sia giunta fino a noi. Un volto anonimo, due mani frettolose hanno messo il libro alla nostra portata, perché avvicinandoci a lei potessimo sentire e riconoscere il nostro stesso dolore.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/generaciony/grubrica.asp?ID_blog=272&ID_articolo=261&ID_sezione=597&sezione=


Titolo: YOANI SANCHEZ. Amici delle salamandre
Inserito da: Admin - Marzo 19, 2011, 11:07:17 am
18/3/2011

Amici delle salamandre

YOANI SANCHEZ

Poco dopo aver appreso che le caramelle erano dolci e che il fuoco bruciava mi sono resa conto che a noi cubani non era consentito iscriversi nelle organizzazioni create dal governo, ma che venivamo castigati a fini educativi se decidevamo di creare nostri gruppi.

Per questo, i bambini entravano automaticamente a far parte della unione dei pionieri, le donne si trasformavano in federate dopo i 14 anni, i vicini di casa andavano a rafforzare i comitati di difesa della rivoluzione, mentre i lavoratori venivano inseriti nell’unico sindacato autorizzato del paese. Al tempo stesso, gli studenti si univano nella loro confederazione e i contadini si associavano in un solo gruppo a livello nazionale. Tutti sembravamo affiliati a un raggruppamento. Ogni volta che qualcuno presentava domanda per un posto di lavoro, per intraprendere una carriera universitaria oppure pretendeva di ottenere il diritto a comprare un elettrodomestico, doveva riempire moduli dove si chiedeva l’appartenenza alle organizzazioni consacrate dal potere, cominciando - ovviamente - dalle più importanti: il Partito Comunista e l’Unione dei Giovani Comunisti.

Adesso sorrido mentre mi rivedo con un lapis in mano segnando crocette accanto alle sigle OPJM (Organizzazione dei Pionieri José Martí, ndt), CDR (Comitati di Difesa della Rivoluzione, ndt) o FMC (Federazione delle Donne Cubane, ndt). Lo facevo in automatico, senza convinzione, per far credere che ero una cittadina integrata, rivoluzionaria, “normale”. Sono molti anni che non ripeto uno slogan e che non faccio parte di nessuna delle associazioni autorizzate nel paese. Quando mi chiedono qualcosa, rispondo che sono una cittadina indipendente o un elettrone libero e che la mia piattaforma si limita a esigere la depenalizzazione del pensiero non conforme. Ma sono consapevole che siamo molto lontani dal raggiungere questo obiettivo. Nonostante i cambiamenti e le aperture promesse, ancora non è ben visto avanzare critiche, sia al comportamento di un ministro, come all’orario di insegnamento in una scuola. Al tempo stesso non è possibile pensare di poter fondare autonomamente un partito, ma neanche l’innocente club degli amici delle salamandre.

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

Note dal Twitter di Yoani:
Wellcommunity (http://www.well-comm.es/wellcommunity/100-mujeres-con-talento-digital/) ha inserito Yoani Sánchez in un elenco di 100 donne al mondo dotate di talento digitale. Yoani Sánchez denuncia un forte operativo di polizia attorno alla casa di Laura Pollán - coordinatrice delle Dame in Bianco - per impedire di commemorare l’anniversario della Primavera Nera del 2003. La blogger Katia Sonia è stata arrestata dalla polizia alle cinque del mattino mentre cercava di raggiunger la casa della Pollán.


da - lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche


Titolo: YOANI SANCHEZ.
Inserito da: Admin - Marzo 24, 2011, 05:10:55 pm
18/3/2011

Amici delle salamandre

YOANI SANCHEZ

Poco dopo aver appreso che le caramelle erano dolci e che il fuoco bruciava mi sono resa conto che a noi cubani non era consentito iscriversi nelle organizzazioni create dal governo, ma che venivamo castigati a fini educativi se decidevamo di creare nostri gruppi.

Per questo, i bambini entravano automaticamente a far parte della unione dei pionieri, le donne si trasformavano in federate dopo i 14 anni, i vicini di casa andavano a rafforzare i comitati di difesa della rivoluzione, mentre i lavoratori venivano inseriti nell’unico sindacato autorizzato del paese. Al tempo stesso, gli studenti si univano nella loro confederazione e i contadini si associavano in un solo gruppo a livello nazionale. Tutti sembravamo affiliati a un raggruppamento. Ogni volta che qualcuno presentava domanda per un posto di lavoro, per intraprendere una carriera universitaria oppure pretendeva di ottenere il diritto a comprare un elettrodomestico, doveva riempire moduli dove si chiedeva l’appartenenza alle organizzazioni consacrate dal potere, cominciando - ovviamente - dalle più importanti: il Partito Comunista e l’Unione dei Giovani Comunisti.

Adesso sorrido mentre mi rivedo con un lapis in mano segnando crocette accanto alle sigle OPJM (Organizzazione dei Pionieri José Martí, ndt), CDR (Comitati di Difesa della Rivoluzione, ndt) o FMC (Federazione delle Donne Cubane, ndt). Lo facevo in automatico, senza convinzione, per far credere che ero una cittadina integrata, rivoluzionaria, “normale”. Sono molti anni che non ripeto uno slogan e che non faccio parte di nessuna delle associazioni autorizzate nel paese. Quando mi chiedono qualcosa, rispondo che sono una cittadina indipendente o un elettrone libero e che la mia piattaforma si limita a esigere la depenalizzazione del pensiero non conforme. Ma sono consapevole che siamo molto lontani dal raggiungere questo obiettivo. Nonostante i cambiamenti e le aperture promesse, ancora non è ben visto avanzare critiche, sia al comportamento di un ministro, come all’orario di insegnamento in una scuola. Al tempo stesso non è possibile pensare di poter fondare autonomamente un partito, ma neanche l’innocente club degli amici delle salamandre.

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

Note dal Twitter di Yoani:
Wellcommunity (http://www.well-comm.es/wellcommunity/100-mujeres-con-talento-digital/) ha inserito Yoani Sánchez in un elenco di 100 donne al mondo dotate di talento digitale. Yoani Sánchez denuncia un forte operativo di polizia attorno alla casa di Laura Pollán - coordinatrice delle Dame in Bianco - per impedire di commemorare l’anniversario della Primavera Nera del 2003. La blogger Katia Sonia è stata arrestata dalla polizia alle cinque del mattino mentre cercava di raggiunger la casa della Pollán.


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Titolo: YOANI SANCHEZ. Ora il sistema può franare
Inserito da: Admin - Aprile 20, 2011, 04:42:29 pm
20/4/2011

Ora il sistema può franare

YOANI SANCHEZ

Sono ottimista, sono convinta che i cambiamenti decisi dal Congresso faranno cadere il sistema.

Fidel in tuta sportiva e Raúl in guayabera sono la triste immagine di due leader al tramonto che non vogliono uscire di scena. Fidel ha partecipato al conclave del Partito tra applausi scroscianti, ma ha confermato la decisione di non voler ricoprire incarichi direttivi e di governo. Il fratello ha elogiato l’esempio, affermando che anche per lui sarà l’ultimo incarico. In ogni caso resta la concentrazione del potere nelle mani di una sola persona, perché Raúl - già capo del governo - è stato eletto alla guida del Partito Comunista. Il secondo segretario del Partito sarà José Ramón Machado Ventura, un ottantenne al governo dal 1959. È sconcertante come il Partito Comunista Cubano non riesca a esprimere un giovane dotato di capacità direttive.

da - lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/


Titolo: YOANI SANCHEZ. La cronaca non pubblicata
Inserito da: Admin - Maggio 09, 2011, 06:27:27 pm
9/5/2011

La cronaca non pubblicata


YOANI SANCHEZ

Oggi avrei dovuto pubblicare un testo sulla Festa della Mamma, un breve bozzetto dove avrei raccontato che le mani di mia madre profumano di cipolla, aglio e comino… perché passa troppo tempo in cucina. Volevo narrare la gioia che mi dava vederla arrivare alla porta del mio liceo di campagna, portando con sé generi alimentari reperiti con difficoltà dopo un settimana di duro lavoro. Ma proprio mentre stavo dando gli ultimi ritocchi alla mia piccola cronaca materna, si è verificata la morte di Juan Wilfredo Soto a Santa Clara e i miei progetti non sono più stati importanti.

Le aggressioni dei poliziotti arrivano improvvisamente dalle nostre parti. La crescente violenza degli uomini in uniforme viene mormorata a voce bassa e molte persone la descrivono nei minimi dettagli, ma non osano denunciarla pubblicamente. Noi che siamo stati rinchiusi qualche volta in una cella, sappiamo bene che la propaganda edulcorata a base di slogan come “Poliziotto, poliziotto tu sei il mio amico!” che ripete la televisione è ben diversa dalla reale impunità di cui godono questi energumeni in divisa. Se poi il detenuto ha idee diverse dalla ideologia dominante, allora il trattamento sarà ancora più duro. Cercheranno di convincerlo a suon di pugni, visto che i poveri argomenti non sono sufficienti.

Non so come le autorità del mio paese spiegheranno l’accaduto, ma dubito che riusciranno a persuaderci che questa volta la colpa non è stata dei poliziotti. Non è possibile capire come un uomo disarmato, seduto in un parco della zona centrale, possa rappresentare una grave minaccia. Il problema è che quando si stimola l’intolleranza, si alimenta la mancanza di rispetto nei confronti del cittadino e si concede mano libera ai corpi di polizia, si verificano tragedie come questa. Oggi una madre di Santa Clara non siede davanti a una tavola imbandita dalla sua prole, ma in un’oscura sala mortuaria, vegliando il corpo di suo figlio.

Traduzione di Gordiano Lupi www.infol.it/lupi

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La notizia

Muore il dissidente cubano Juan Wilfredo Soto García, colpito selvaggiamente da agenti di polizia nel Parque Vidal di Santa Clara

Il dissidente cubano Juan Wilfredo Soto García, 46 anni, è morto nelle prime ore del mattino di domenica 8 maggio, a Santa Clara, provincia di Villa Clara, vittima di un arresto respiratorio, causato dalle percosse ricevute, il 5 di maggio, da agenti della polizia. La presidentessa della Coalición Central Opositora, Idania Yánez Contreras, ha dichiarato a martinoticias.com che Soto, ex membro dell’organizzazione e del Foro Antitotalitario Unido è stato picchiato e ammanettato all’interno del Parque Vidal. L’oppositore soffriva di ipertensione, insufficienza renale e di altri problemi di salute, per questo motivo è stato condotto alla sua residenza invece che in prigione. Yanez ha aggiunto che nelle prime ore del mattino i familiari di Soto lo hanno portato all’ospedale Arnaldo Milián Castro, ma il dissidente versava già in condizioni disperate. La dissidente ha concluso che dopo la sepoltura di Soto - avvenuta domenica - l’opposizione deciderà che cosa fare per denunciare pubblicamente gli abusi della polizia castrista. “Dobbiamo dare una risposta al Governo per questo omicidio commesso ai danni di Wilfredo Soto”, ha esclamato. Diversi dissidenti hanno reso omaggio al corpo di Soto presso la Funeraria Camacho, a Santa Clara, sotto la stretta sorveglianza della polizia e della Sicurezza di Stato. Il premio Sacharov 2010 per la Libertà di Coscienza, Guillermo Fariñas, ha dichiarato a Radio Martí: “Si tratta di una perdita dolorosa, ma crediamo che sia un’altra vittima del discorso di Raúl Castro durante le conclusioni del Sesto Congresso del Partito Comunista, quando ha dato via libera ai militari e ai paramilitari che lo seguono per compiere aggressioni fisiche”. Il presidente dell’organizzazione Cuba Democracia ¡Ya!, Yuniel Jacomino, ha detto che la morte del dissidente di Santa Clara, Juan Wilfredo Soto García “è un atto ulteriore di barbarie della polizia, compiuto dai corpi di repressione della dittatura castrista”.

Gordiano Lupi

(Fonti: Radio Martí, martinoticias.com, Penultimos Días)
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Titolo: YOANI SANCHEZ - LA NATURA DI GENERACIÓN Y
Inserito da: Admin - Maggio 12, 2011, 10:42:24 am
Generación Y è un Blog ispirato alla gente come me, con nomi che cominciano o contengono una "y greca".
Nati nella Cuba degli anni 70 e 80, segnati dalle scuole al campo, dalle bambole russe, dalle uscite illegali e dalla frustrazione.
Per questo invito a leggermi e a scrivermi soprattutto Yanisleidi, Yoandri, Yusimí, Yuniesky e altri che si portano dietro le loro "y greche".


LA NATURA DI GENERACIÓN Y
Le risposte alle domande più frequenti sul blog di Yoani Sanchez


18/3/2010

La natura di Generación Y

Per rispondere a frequenti domande

YOANI SANCHEZ


Generación Y è un progetto personale e indipendente senza fini di lucro. Questo blog ha come spesa fondamentale il costo del server, ubicato

in Spagna a causa dell’impossibilità per noi cubani di avere un dominio indipendente nei server del nostro paese. GY non produce utili,

tutto il contrario, per farlo funzionare devo collegarmi a Internet - da un hotel - alcune ore a settimana per spedire tramite posta

elettronica i testi che dopo verranno pubblicati. Le numerose traduzioni di GY, sono merito della solidarietà dei cittadini di numerosi

paesi, ma nessuno di loro è stipendiato, né ottengono benefici materiali per rendere i miei testi in altre lingue. Si tratta di un rapporto

basato sulla simpatia e il sostegno personale, che non ha niente a che vedere con vincoli commerciali e lavorativi. Queste traduzioni

potenziano la diffusione dei miei scritti, chi se ne occupa migliora le conoscenze linguistiche e al tempo stesso aiuta una cittadina che

vuole soltanto esprimersi e raccontare la sua vita quotidiana.

Questo blog non riceve finanziamenti né aiuti da partiti politici, governi e organizzazioni di carattere ideologico. La sua natura è

indipendente e autonoma, si è sviluppato e si mantiene grazie alla solidarietà cittadina e alla mia spinta personale, per questo sarà online

fino a quando avrò storie da raccontare e voglia di continuare a pubblicarle nel ciberspazio. Anche se GY non mi procura benefici personali,

mi ha consentito di scrivere articoli di opinione su riviste di tutto il mondo. Tra queste riviste e periodici dove pubblico in maniera

frequente o sporadica posso citare Internazionale, La Stampa, Nuevo Día, El Mercurio, Poder, Política Internacional, TAZ, Die Welt,

Impressa, Letras Libres e Gatopardo. I rimborsi per queste collaborazioni costituiscono il mio contributo all’economia familiare e si

trasformano in schede prepagate di connessione a Internet e in ricariche per il mio cellulare e per i telefoni degli altri blogger cubani,

che usiamo fondamentalmente per inviare messaggi su Twitter. Generación Y è organizzato sul software libero Wordpress, scaricato

gratuitamente da http://www.wordpress.org e anche il server dove è ubicato è basato sul programma a licenza libera Linux. La home page di

Desdecuba.com è costruita su un altro sistema aperto e gratuito chiamato Joomla. In questo periodo sta cercando ovunque un grafico disposto

a regalarci un po’ del suo tempo e del suo talento per ricostruirla. Sono molto gradite donazioni di privati, fondazioni di carattere

culturale, giornalistico o accademico che vogliono collaborare al mantenimento di questo blog e permetterci di affrontare i costi

esorbitanti che esistono a Cuba per accedere a Internet. Invece non si accettano fondi da parte di governi e di partiti politici. Gli aiuti

ricevuti da privati non condizionano, né condizioneranno la mia voce e i miei argomenti, continuo a essere l’elettrone libero che gestisce

questo spazio virtuale dall’aprile del 2007. Se volete dare una mano siete i benvenuti, se volete controllare ciò che scrivo perdete il

vostro tempo. Yoani Sánchez

Traduzione di Gordiano Lupi
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Titolo: YOANI SANCHEZ Il mio lunedì
Inserito da: Admin - Settembre 20, 2011, 05:46:03 pm
19/9/2011



YOANI SANCHEZ

Non vado a dormire, passo la notte in bianco e attendo che il telefono squilli. Aspetto di essere chiamata dalla Radio Nazionale Spagnola e di poter parlare in diretta. Mi affaccio al balcone per svegliarmi, è notte fonda, vedo una città immersa nel buio, tra luci fioche, ombre e silenzio. Un mendicante fruga nel bidone dell’immondizia all’angolo della strada, contende ai gatti qualche scatoletta e i resti d’un pasto. In lontananza si vede la fiamma della raffineria Ñico López mentre un’auto della polizia compie un giro di ronda. Non si è svegliata neppure l’avenida Rancho Boyeros, i pochi lampioni di Piazza della Rivoluzione fanno assumere alla torre una forma strana e insolita. Sono quasi le 4 e 30 del mattino: presto la distanza tra Madrid, Ciudad Juárez e L’Avana mi sembrerà molto breve.

Ogni lunedì condivido storie, apprensioni e sogni con Judith Torrea  e Juan Ramón Lucas  nel corso del programma radiofonico “En días como hoy”. Parliamo come se ci trovassimo nel salotto di una casa, senza bere caffè, ma con molta familiarità. Cerchiamo di affrontare alcune tematiche secondo la diversa ottica di persone che vivono in Messico, nel Caribe o nella Penisola Iberica. Judith ha una voce dolce, ma i suoi aneddoti parlano di giornalisti assassinati, persone uccise per strada, donne scomparse. Questa giornalista spagnola, che vive a Juaritos da diversi anni, pubblica un blog nel quale denuncia la violenza incontrollata tipica della zona di frontiera tra Messico e Stati Uniti, rischiando ogni giorno di essere messa a tacere nel modo peggiore.
 
Juanra, da parte sua, fa molte domande e imbastisce un dialogo partendo dalle differenti visioni. È un anfitrione paziente, sa quello che dice e parla con proprietà di linguaggio. E io da qui, dalla mia alba reale e metaforica, cerco di raccontare ciò che è accaduto a Cuba durante l’ultima settimana. Alcuni fatti possono apparire surreali, come se narrassi eventi remoti ed episodi d’un tempo che nessuno di loro può capire. A volte sorridiamo e prima di salutarci proviamo a fare qualche previsione ottimista. Quando la nostra chiacchierata finisce, in Spagna sono già le 10 e 40 del mattino, ma Judith e io siamo ancora avvolte nella penombra. Attacco la cornetta del telefono, torno a percepire la fiammella rossa della raffineria e guardo verso il bidone dell’immondizia all’angolo della strada, per vedere se finalmente il mendicante è riuscito a dividere il suo pasto con i gatti.

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/generaciony/grubrica.asp?ID_blog=272&ID_articolo=444&ID_sezione=597


Titolo: YOANI SANCHEZ Il genio di Jobs e il mio primo Frankenstein
Inserito da: Admin - Ottobre 07, 2011, 04:58:56 pm
7/10/2011

Il genio di Jobs e il mio primo Frankenstein

YOANI SANCHEZ

Avevo bisogno soltanto di un piccolo congegno di aereazione per rendere meno rovente il microprocessore, poi un insieme di cavi e di circuiti avrebbe preso vita e sarebbe diventato il mio primo computer. Ma era quasi impossibile trovare un simile congegno all’Avana, nel 1994, in una situazione caratterizzata dalle mancanze del Periodo Speciale. Senza il meccanismo di ventilazione, il mio Frankenstein, assemblato da circa sei mesi, si riscaldava troppo e si spegneva repentinamente. In quei giorni, pensavo spesso a Steve Jobs a al garage dei suoi genitori adottivi dove aveva creato Apple Computer. Il suo genio ispiratore mi aveva fatto capire che l’innovazione dà maggior piacere rispetto al consumo tacito di una cosa creata per gli altri. Pochi giorni dopo, un impianto composto da un ventilatore casalingo e da alcuni dissipatori di alluminio mi avrebbe permesso di scrivere in WordPerfect 5.1 e di creare un bollettino universitario chiamato Letra a Letra (Parola per Parola). A centinaia di chilometri di distanza dal mio improvvisato laboratorio, era stata chiusa da poco la divisione hardware di NeXT e mancavano ancora diversi mesi prima che la Pixar lanciasse il film Toy Story.

A partire da quel momento, il ricordo di Jobs mi ha sempre accompagnato prima di ogni sperimentazione informatica, a volte intrapresa per curiosità, altre per necessità. Intorno a me c’era molta gente come l’inquieto Steve; adolescenti ingegnosi che, privi di spazio - persino di un garage - e della possibilità legale di fondare un’impresa, avevano deciso di emigrare, portando talento e idee lontano da Cuba. Nonostante la fuga di massa, sono rimasta qui insieme a diversi amici, alimentando il culto di questo guru in maglione nero e jeans scoloriti. Volevamo essere un po’ come lui: brillanti, svegli e intelligenti. Quando ci sentivamo bersagliati dalla mediocrità della censura tecnologica, pensavamo a quel bambino adottato divenuto un punto di riferimento mondiale, ai suoi colpi di genio e agli auricolari bianchi che coprivano gli orecchi. Con tutta probabilità, lui non sapeva che per noi cubani sarebbero dovuti passare ancora dieci anni prima di poter comprare legalmente un computer in un negozio.

L’alunno mai laureato, che frequentava l’Università Reed Collage del Portland (Oregon), è morto ieri all’età di 56 anni. Ci ha lasciato una mela morsicata dipinta sopra un’infinità di meccanismi tecnologici e il dubbio di quante cose avrebbe potuto ancora creare se il tumore al pancreas non se lo fosse portato via così presto. A noi che non abbiamo mai scambiato una parola con lui e che non sopportavamo i suoi atteggiamenti da amministratore delegato, ci resta soltanto il mito, l’edulcorata leggenda della sua genialità. Mi consola credere che il mio ridicolo Frankenstein - costruito 18 anni fa - si sarebbe riscaldato ancora di più senza l’aria fresca e ispiratrice che Steve Jobs è riuscito a emanare su tutti noi.

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/generaciony/grubrica.asp?ID_blog=272&ID_articolo=450


Titolo: YOANI SANCHEZ Momenti terminali
Inserito da: Admin - Ottobre 24, 2011, 05:12:15 pm
22/10/2011

Momenti terminali

YOANI SANCHEZ

Ceausescu voleva scappare con il suo elicottero, Saddam Hussein si nascondeva in una buca, il tunisino Ben Alì era andato in esilio, Gheddafi era fuggito con una carovana e alla fine si è nascosto in un tubo di scarico. Gli autocrati scappano, se ne vanno, non si immolano nei palazzi dai quali dettavano leggi arbitrarie; non muoiono seduti nei seggi presidenziali con la fascia di tela rossa che scende sul petto. Hanno sempre una porta nascosta, un passaggio segreto da imboccare per svignarsela quando si sentono in pericolo. Hanno impiegato decenni per costruire un bunker segreto, un “punto zero” blindato o un rifugio sotterraneo, perché temono che lo stesso popolo che li applaude nelle piazze possa ribellarsi, non appena finirà la paura. Negli incubi dei dittatori, i demoni sono gli stessi sudditi, gli abissi prendono forma di turbe che vogliono abbattere statue e sputare sulle loro foto. Questi dispotici signori hanno il sonno leggero perché devono fare attenzione alle grida e ai colpi contro la porta… spesso vivono in anticipo la loro stessa morte.

Mi sarebbe piaciuto vedere Muammar Gheddafi davanti a un tribunale, messo in stato d’accusa per i crimini commessi contro il suo paese. Credo che la morte violenta conceda ai dittatori un’aureola di martirio che non meritano. Devono restare vivi per ascoltare la testimonianza pubblica delle vittime, vedere i loro paesi andare avanti senza l’intralcio che rappresentavano e rendersi conto di quanto siano volubili gli opportunisti che un tempo li avevano sostenuti. Devono sopravvivere per essere presenti quando verrà riscritta la storia che avevano falsificato, per rendersi conto come le nuove generazioni cominceranno a dimenticarli e per subire accuse, scherno e critiche feroci. Linciare un despota significa salvarlo, concedere un’uscita di scena quasi gloriosa che evita il castigo eterno di essere giudicato di fronte alla legge.

Continuare il ciclo dell’esasperazione che questi tiranni hanno seminato nelle loro nazioni è estremamente pericoloso. Ucciderli perché hanno ucciso, aggredirli perché ci hanno aggredito, manda avanti una spirale di violenza e ci rende simili a loro. Adesso che le immagini di un Gheddafi insanguinato e balbettante fanno il giro del mondo, non esiste un solo dittatore che non si veda riflesso con terrore nello specchio di quei momenti terminali. In questi giorni, gli ordini di rinforzare tunnel segreti e di studiare nuovi piani di fuga circolano senza sosta all’interno di molti palazzi presidenziali. Facciamo attenzione, perché i dittatori hanno molte vie di fuga e tra queste c’è la morte. Meglio che sopravvivano. Restando in vita si renderanno conto che né la storia né i loro popoli li assolveranno mai.

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/generaciony/grubrica.asp?ID_blog=272&ID_articolo=458


Titolo: YOANI SANCHEZ Cancellare Fidel al ritmo lento dell'altro Castro
Inserito da: Admin - Gennaio 01, 2012, 06:40:05 pm
28/12/2011

Cancellare Fidel al ritmo lento dell'altro Castro

YOANI SÁNCHEZ


Viviamo un fine anno senza freddo, un Natale di maniche corte e un po' di sudore, con degli alberelli pieni dappertutto di festoni. A Cuba, con molti alti e bassi, sono trascorsi i dodici mesi di questo 2011, incorniciati da avvenimenti che - come due parentesi - hanno rinchiuso la realtà nazionale tra le scarcerazioni e gli arresti, i controlli e la flessibilità. Ancora a gennaio sono stati liberati - con il contagocce - i prigionieri della «Primavera Nera» del 2003 e proprio in questi giorni hanno ricevuto l'indulto 2900 prigionieri per diversi reati. Quello che è cominciato con la discussione delle linee guida del Sesto Convegno del Partito Comunista, celebrato ad aprile, si conclude ora con i preparativi per una Conferenza Nazionale nella quale pochissimi sperano. Forse è stato questo il periodo durante il quale le nostre autorità hanno avviato il maggior numero di cambiamenti economici e, tuttavia, mai come ora l'impazienza dei cittadini è arrivata a un livello così alto. Sono stati fatti molti passi, ma la strada, come un tapis roulant, procede all'indietro e ci ha lasciati a pochi centimetri del punto di partenza.

Raúl Castro ha intrapreso l'arduo compito di smantellare il fidelismo, di sotterrare in vita il Comandante in Capo. Senza confessarlo, senza neanche fare la critica che ci vuole verso il governo del fratello, il Generale Presidente ha fatto crollare parte dei programmi concepiti dal suo predecessore. Ha cancellato completamente le cosiddette «scuole in campagna», ha aumentato il numero di terreni consegnati in usufrutto ai contadini e ha dato il via al lavoro in proprio. Ha anche cancellato altri deliri come il gigantesco esercito dei «lavoratori sociali», ha messo fine all'«Operazione Miracolo» che importava pazienti da tutta l'America Latina per praticare interventi a Cuba e ha anche smantellato il ministero dello Zucchero, il cui bilancio presenta numeri ogni volta più ridicoli. In una mossa audace e a colpi di decreto, ha permesso la compravendita di automobili e ha aperto il mercato immobiliare in un Paese con decenni d'immobilità in entrambi i settori. Si è addirittura vestito con abiti civili per assistere al vertice della Comunità di Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac) e ha firmato la lettera finale dell'evento con un paio di punti sulla democrazia e il rispetto dei diritti umani. L'erede al trono della Rivoluzione ha cercato in tutti modi di ottenere legittimità nell'ambito regionale durante tutto questo 2011.

Ma il raulismo e le sue mosse economiche non hanno dato gli esiti attesi. Un kilogrammo di fagioli continua a costare il salario di tre giorni e per il 2012 il Paese dovrà spendere 1700 milioni di pesos per importare cibo. Nonostante il silenzio della stampa ufficiale, in questi ultimi mesi alcuni casi di corruzione hanno alimentato le voci popolari. Nel suo discorso all'ultima sessione dell'Assemblea Nazionale, il primo segretario del Pcc ha anche affermato che «la corruzione è oggi uno dei nemici principali della Rivoluzione, molto più pericoloso dell'attività sovversiva». Ha indicato l'alto profilo di coloro coinvolti nelle rapine, definendoli «reati commessi dai "colletti bianchi"», ma in realtà sembrerebbero «reati imputabili ai colletti verde militare».

Ogni ispezione ha portato alla luce deviazioni e sottrazioni per cifre allucinanti. Se continua a scavare in quella direzione, Raúl Castro potrebbe guadagnarsi molti nemici nelle proprie file. Come se non bastasse già la fibrillazione e la crescita che si registra tra i dissidenti e altri movimenti civili molto critici con la sua gestione.

Ottobre ha portato una prova difficile sia per gli oppressi che per gli oppressori, con la morte di Laura Pollán, leader delle «Damas de Blanco», e l'agitazione scatenatasi. In quei giorni, la polizia politica ha messo a punto quello che sarebbe stato il suo marchio sul terreno della repressione dell'attuale governo. Arresti brevi, a scopo «pedagogico», senza tracce legali, diversi dai grandi show giudiziari che tanto amava Fidel Castro. Gli attivisti hanno dovuto lottare anche con l'intensificarsi delle campagne mediatiche contro di loro e con la paramilitarizzazione degli organi della Sicurezza di Stato. Di notte, in un angolo, tre sconosciuti si lasciano cadere su un oppositore e lo fanno salire con la forza su una vettura, senza identificarsi, senza portare una divisa, senza indicare il reato che si sta commettendo. La Cuba raulista, pertanto, è più imprevedibile per quanto riguarda le punizioni, perché l'incertezza della pena si erge come il suo miglior metodo di coazione.

L'insicurezza è anche generata dalla lentezza e dall'esitazione nell'avvio di certe riforme sociali e politiche. La cancellazione delle restrizioni migratorie è rimasta fuori del bilancio annuale, con la conseguente frustrazione di tutti coloro che la aspettavano. Il Generale non ha avuto neanche il coraggio di autorizzare la creazione di altri partiti e, invece di aprire il dibattito nazionale, continua a ripetere che si tratta di un tema «tra rivoluzionari». Per lui, questo 2011 è stato una prova dura, perché ha dovuto fare dei cambiamenti che irrimediabilmente gli toglieranno del potere e, tuttavia, percepisce che la sua popolarità diminuisce giorno dopo giorno. Questo non è stato per niente l'anno di Raúl Castro: la sua testardaggine e la propria salute glielo hanno rovinato.

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9592


Titolo: Il Brasile concede il visto alla Sánchez la blogger che critica il regime cubano
Inserito da: Admin - Gennaio 28, 2012, 06:20:39 pm
La storia

Dilma, Yoani e lo sgarbo ai Castro

Il Brasile concede il visto alla Sánchez la blogger che critica il regime cubano.

Ma serve l'autorizzazione del regime


RIO DE JANEIRO - «Quando ho visto quella foto, la giovane e fragile Dilma Rousseff davanti ai militari senza volto che la interrogavano, mi sono riconosciuta. Ora spero che lei (oggi presidente del Brasile, ndr ), possa fare qualcosa per me». Nuovo capitolo del braccio di ferro della blogger attivista Yoani Sánchez con il governo cubano, ennesimo tentativo della ragazza di ottenere un permesso per viaggiare all'estero. Mai come stavolta, a quanto pare, la possibilità è concreta. Il governo brasiliano ha rilasciato alla Sánchez un visto di ingresso, per partecipare a un evento a Bahia alla quale è stata invitata. E lei, come decine di altre volte, ha presentato i documenti alle autorità dell'Avana per ottenere la tarjeta blanca, la lettera indispensabile ai cubani per poter lasciare l'isola, anche solo per un breve viaggio. «Mi hanno detto che la risposta arriverà venerdì della prossima settimana», ha scritto lei ieri pomeriggio su Twitter.

Il passaporto di Yoani è un caleidoscopio di visti. Inutili. Da anni riceve inviti all'estero, porta il documento alle rispettive ambasciate a Cuba e ottiene il timbro. Poi si infila nella burocrazia del proprio Paese e aspetta. Finora non ha mai funzionato. O le negano l'autorizzazione al viaggio, oppure la lasciano aspettare a vuoto per settimane. Per un totale di diciotto «no» dal 2004 a oggi. Stavolta le circostanze potrebbero invece giocare a suo favore. L'invito a partecipare al lancio di un documentario girato tra Honduras e Cuba (dove la blogger viene intervistata) segue di pochi giorni la visita ufficiale che la leader brasiliana effettuerà sull'isola. La Rousseff arriverà lunedì prossimo, accompagnata da vari ministri. Incontrerà Raúl Castro e forse anche Fidel. Il tema del viaggio è di carattere economico, il nuovo porto di Mariel che verrà finanziato con capitale pubblico brasiliano. Su parole e gesta della Rousseff sono puntati gli occhi, soprattutto in Brasile. Si cercherà di capire se l'erede di Lula è più sensibile al tema dei diritti umani di quanto lo fosse l'ex presidente, amico storico della Revolución; se anche su Cuba la diplomazia brasiliana confermerà l'aggiustamento dell'ultimo anno, che l'ha allontanata da posizioni troppo amichevoli con l'Iran o il Venezuela di Chávez. Nell'ultimo viaggio a Cuba, nel 2010, Lula ignorò gli appelli dei dissidenti e fu molto criticato in patria.

Ispirata dal parallelo con Dilma, che da giovane fu vittima della dittatura militare del suo Paese, la Sánchez le ha prima scritto una lettera aperta via Internet, che il governo brasiliano ha definito freddamente «non protocollata»; poi ha fatto domanda per il visto, con successo. Negli ultimi giorni appelli alla leader brasiliana sono arrivati da altre organizzazioni di dissidenti, come le Damas de Blanco. Chiedono un incontro durante la permanenza della Rousseff sull'isola. O almeno una parola sulla repressione del dissenso che continua, alternando aperture (le recenti scarcerazioni) e nuovi drammi, come la morte per sciopero della fame di un altro detenuto, pochi giorni fa. Il Brasile mantiene la formula di rito di queste occasioni - non vogliamo interferire negli affari interni di un altro Paese - e si esclude che la Rousseff possa incontrare dissidenti durante la sua permanenza. Come peraltro nessun capo di Stato estero ha mai fatto durante una visita ufficiale. Mentre non si può escludere che a Yoani Sánchez venga finalmente concesso un permesso di viaggio, e proprio in Brasile, nei giorni successivi. Ai due governi basterà parlare di «coincidenza», per evitare imbarazzi. Il braccio destro della Rousseff sugli affari esteri, Marco Aurelio Garcia, assai vicino a Cuba, ha detto ieri a O Globo che la Sánchez sarebbe la benvenuta in Brasile, «e non credo che voglia venire per restarci, per chiedere asilo politico». Anche perché «chi ottiene l'asilo non può svolgere attività politica».

Rocco Cotroneo

28 gennaio 2012 | 10:11© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/esteri/12_gennaio_28/crotoneo-dilma-yoani-sgarbo-ai-castro_1d79e38e-497a-11e1-a339-d42b0f14f392.shtml


Titolo: YOANI SANCHEZ La dissidente cubana: troppi compromessi della Chiesa col regime
Inserito da: Admin - Marzo 25, 2012, 11:57:28 am
25/3/2012

"Giovanni Paolo II ci aveva fatto sperare. Non ci crediamo più"

La dissidente cubana: troppi compromessi della Chiesa col regime

YOANI SANCHEZ

Gennaio 1998 fu un momento di scoperta e di creatività, di scene inedite e di preghiere a voce alta. Giovanni Paolo II ci fece visita e in Piazza della Rivoluzione - punto rosso della Cuba atea - recitò un’omelia durante la quale pronunciò parecchie volte la parola libertà. Ma oltre il rito e la liturgia, per strada e tra la gente, anche la vita era in ebollizione.

La produzione di barzellette andò alle stelle. Una valanga di battute e di storie satiriche vedevano protagonisti sia il Papa che l’allora presidente Fidel Castro. Proprio quando credevamo che il gusto per la battuta ci avesse abbandonato e i rigori economici del «periodo speciale» avessero trasformato il nostro sorriso in un ghigno, risorgeva la canzonatura e la risata fragorosa. Persino Pepito (il Pierino italiano, ndt), l’eterno bambino terribile dei nostri racconti, riapparve tra lo stupore di chi pensava che avesse preso il largo durante le fughe dei balseros. Alla destra del bastone papale e alla sinistra del guerrigliero in verde oliva, una testolina con i capelli irsuti si burlava delle cose umane come di quelle divine.

Tuttavia, adesso, a poche ore dall’atterraggio di Joseph Ratzinger, il fiume del nostro sarcasmo sembra esaurito. Soltanto una ridicola e banale barzelletta sta passando di bocca in bocca. Una battuta rozza che indaga sulle somiglianze tra il ministero dell’Agricoltura e il Vaticano. Senza meditarci troppo, la risposta: «Sì… lo so. Pure loro in 50 anni hanno prodotto solo quattro papi…» (il termine in spagnolo significa papa e patata, ndt). Chiara allusione alla mancanza di quel tubero, che in questi giorni genera conversazioni, voci e persino lunghi reportage sui canali tv ufficiali. Mi chiedo se questo impoverimento satirico sia un indice delle poche aspettative generate dalla visita del massimo rappresentante della Chiesa cattolica. Potrebbe essere anche un senso di stanchezza tipico della nostra società e che si riassume nella frase «non cambierà niente, nessuno ci riuscirà».

Alla fine degli Anni 90, Karol Wojtyla ci fece sperare nel cambiamento. Ma in questo 2012, il cinismo nazionale cospira contro l’entusiasmo. Sappiamo già, per esempio, che la frase «Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba» è rimasta soltanto una stupenda intenzione di un Papa polacco. Sono passati quasi tre lustri, la Chiesa ha guadagnato spazi nella vita pubblica. Ma per ottenerli, la sua gerarchia ha dovuto fare concessioni che hanno deluso parte dei fedeli, molti laici e persino alcuni atei. Quando si indaga tra i sacerdoti sui passi in avanti, lenti e prudenti, che ha compiuto la Chiesa cubana, rispondono sempre: «Siamo sopravvissuti due millenni nonostante difficoltà peggiori, non possiamo avere fretta proprio adesso». Ma la vita di un Paese, l’esistenza di diverse generazioni non può essere costruita in migliaia di anni, al ritmo di un eterno incensiere che oscilla.

Giovanni Paolo II affermò che «l’uomo è il primo compito della Chiesa» e la difesa dei diritti umani è la pietra angolare di quella premessa. Nel caso di Cuba, di fronte all’evidenza che altri spazi di libertà civica sono proibiti e demonizzati, i templi e i seminari dovrebbero assumere un ruolo meno prudente. Il negoziato tra il governo e il cardinale Jaime Ortega per la scarcerazione dei prigionieri politici della Primavera Nera non si è concluso - come si sperava - con un aumento del prestigio della Chiesa. Tutt’altro. Ci sono state discussioni e critiche, persino tra i familiari degli stessi liberati. Prima di tutto perché al tavolo dove è stato siglato quel patto è mancata la voce delle Damas de Blanco, che per sette anni avevano fatto pressione dalla strada per riportare a casa i loro mariti condannati nel marzo 2003. Il governo ha scelto l’interlocutore meno scomodo per consegnare gli ostaggi, senza curarsi di chi si era fatto portavoce della denuncia.

Il Papa arriverà in un Paese dove la gerarchia ecclesiastica è riuscita a ottenere un numero maggiore di chiese, ha aperto un nuovo seminario, ha creato una cattedra di discussione su temi sociali per invitati molto selezionati. A Cuba nessuno viene più espulso dal lavoro o dallo studio per aver recitato il Padre nostro, inoltre la tv ufficiale trasmette la messa domenicale e altre omelie. Il Papa incontrerà un cardinale che ha oltrepassato l’età della pensione, un presidente che da un lustro ha superato gli 80 e un popolo dove scarseggiano i giovani, sia per l’emigrazione che per la bassa natalità. Arriverà in un momento segnato da un’economia più flessibile, da un discorso politico più radicale, ma anche da molte aspettative economiche e dalla disillusione ideologica. La sua visita, senza dubbio, non sarà preceduta da quel vortice di speranza, curiosità e umorismo che scatenò Giovanni Paolo II. Ma chi può saperlo? Forse nemmeno lo stesso Pepito è riuscito ad anticipare le sorprese che ci porterà Ratzinger. Da parte mia, sogno che l’atea e comunista Piazza della Rivoluzione proponga che «Cuba si apra a Cuba».

Il blog di Yoani Sanchez www.lastampa.it/generaciony

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9924


Titolo: YOANI SANCHEZ Cuba e la musica, il divieto cade perché già caduto
Inserito da: Admin - Agosto 16, 2012, 06:53:09 pm
15/8/2012

Cuba e la musica, il divieto cade perché già caduto

YOANI SANCHEZ

D’ora in poi Celia Cruz, Bebo Valdés e Willy Chirino potranno essere ascoltati alla radio e in tv a Cuba. Per decenni, più di cinquanta artisti, critici nei confronti del regime, sono stati censurati dalla programmazione radiofonica e televisiva di Cuba. Ma questa settimana è stato fatto trapelare a diversi media stranieri, fra cui la Bbc, che questi artisti stavano per uscire dalla lista nera. La lista è un elenco di nomi proibiti che non è stato mai reso pubblico, né ora viene ufficialmente annunciata alcuna cancellazione.

Oltre all’ormai defunta Celia Cruz, svariati artisti sono stati vietati per molti anni, compresi la cantante di bolero Olga Guillot, il sassofonista Paquito D’Rivera e il pianista Bebo Valdés. Anche il celebre artista spagnolo Julio Iglesias ha subìto la censura, come conseguenza della sua posizione critica nei confronti del governo de L’Avana. Presto la musica di tutti costoro dovrebbe cominciare a risuonare dalle emittenti cubane, dopo che varie generazioni di cubani se la sono persa. Comunque, quest’apertura non sembra ancora aver iniziato a influenzare la programmazione musicale. Da questo giornale ho telefonato a diverse emittenti nazionali e locali: i dipendenti sondati si sono detti sorpresi dalla notizia e non ne sapevano nulla.

Sul mercato clandestino, le produzioni musicali di questi artisti sono state commercializzate per anni. Nelle feste private era un fatto comune sentire Willy Chirino e Gloria Estefan. A volte la loro musica risuonava anche, furtivamente, nelle attività e negli eventi istituzionali. E le nuove tecnologie hanno dato ai cubani la possibilità di sentire quelle voci vietate, grazie a riproduzioni fatte circolare attraverso cd, dvd e chiavette usb. Quindi, questo rilassamento delle norme del regime segue la stessa logica di altre «riforme» del regime di Raul Castro, costretto ad accettare ciò che non può più essere impedito, ad autorizzare ciò che sta già accadendo in una dimensione che non si può bloccare. La censura a 360 gradi pretendeva di tenere i cancelli sprangati, mentre questa nuova misura riconosce l’impossibilità di subordinare i gusti musicali a considerazioni ideologiche.

Ma, come detto, la fine del divieto non significa che questi artisti possano suonare immediatamente. Adesso le emittenti radio e tv dovranno acquistare i loro album, e molti direttori di programmi preferiranno attendere (con cautela) per essere sicuri che la decisione non sia suscettibile di ripensamento a livello politico. Si attende inoltre di sapere se certe singole canzoni del repertorio di un artista non più vietato resteranno proibite, come è sicuro che avverrà per quelle che alludono al tema della libertà o di una possibile transizione politica a Cuba. Ad esempio la popolarissima canzone «La nostra giornata sta arrivando», interpretata da Willy Chirino.

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10430


Titolo: YOANI SANCHEZ Non tornerò più…
Inserito da: Admin - Settembre 30, 2012, 02:03:56 am
 28/09/2012

Non tornerò più…

 
YOANI SANCHEZ

Festival di Varadero, Girasoles Opina, Bossa Nova all’Avana… una sfilata di artisti progressisti e talentuosi percorse il paese negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Io seguivo i loro temi più contagiosi, imitavo come si pettinavano e come vestivano. Canticchiavo quel motivetto “Chi le disse che ero solo sorrisi, mai pianto…”, “Che sarà, che sarà, che vanno sospirando per le alcove”, “Pedro Navaja, le mani sempre dentro la giacca”. Ricordo che mia sorella rideva di me, diceva che avevo “capelli da brasiliana” perché il mio profilo ricordava una lampada da tavolo, come il profilo di María Betania e di altre dive che andavano per la maggiore in quel periodo. Mi piaceva così tanto quel paragone! Erano tempi in cui si potevano vedere spesso Ana Belén e Víctor Manuel calcare i palcoscenici nazionali. Persino “La Negra”, Mercedes Sosa, intonava “Grazie alla vita” di fronte ai microfoni di casa nostra. 

Ma quegli artisti abituali smisero di farci visita. Alcuni morirono, altri finirono per restare delusi dagli abusi e dagli eccessi della Rivoluzione, mentre molti semplicemente smisero di inserire Cuba tra le piazze imprescindibili dei loro itinerari. Dai cartelli promozionali dove prima si leggeva “Parigi, Berlino, New York, Buenos Aires… L’Avana”, scomparve la maggiore delle Antille. Da tappa obbligata dei tour canori finimmo per trasformarci in un posto frequentato soltanto da artisti ideologicamente convinti. La politica mise le mani su tutto, determinò arpeggi, tonalità, ritornelli. La musica venne ripartita tra artisti “legati alla causa” e “traditori” che non meritavano di presentarsi davanti al pubblico cubano. L’ultima volta che ascoltai Joaquín Sabina in un teatro avanero, un’amica salì sul palcoscenico e gli dette un bacio su una guancia. “La carezza dell’addio”, avremmo chiamato in seguito quel gesto, perché dopo non vedemmo più né i capelli né la bombetta dell’artista andaluso. Il personaggio (o alter ego) di una delle sue storie in musica dirà in merito al suo viaggio a Cuba: “non tornerò più, non mi andò bene”. 

Gli assidui ospiti di quei decenni si sommarono alla lista di altri musicisti che non avremmo più visto dal vivo. Così, abbiamo perso la bocca impudica di Mick Jagger, l’ancheggiare di Shakira, l’eccentricità di Lady Gaga e il soave movimento di Willy Chirino. Siamo cresciuti senza sperimentare direttamente la grazia di Celia Cruz, la luce del palcoscenico che cade su Ricardo Arjona e la confusione di un teatro mentre si esibisce Freddy Mercury. Madonna non è venuta mai all’Avana, Michael Jackson è morto senza calpestare il suolo cubano e, se andiamo avanti di questo passo, diverse generazioni di artisti concluderanno le carriere senza aver cantato davanti a noi. Per fortuna abbiamo avuto la visita di Juanes, Olga Tañón e Miguel Bosé per un concerto indimenticabile che si è tenuto nel 2009.

Essere un cittadino del secolo XXI vuol dire potersi collegare a Internet, avere il diritto di associazione e di libera espressione. Non solo. Tra questi diritti rientra pure un contatto culturale e musicale in sintonia con la propria epoca. Purtroppo, ciò che evidenzia il nostro cartellone internazionale è che siamo rimasti al secolo passato, arenati in un’epoca in cui Milton do Nascimento e Fito Páez cantavano a pochi metri da noi. 

 
Traduzione di Gordiano Lupi 
www.infol.it/lupi 

da - http://lastampa.it/2012/09/28/blogs/generacion-y/non-tornero-piu-Y85clVihuxaEe6TKfRtOsN/index.html


Titolo: Cuba, arrestata Yoani Sanchez
Inserito da: Admin - Ottobre 06, 2012, 11:48:16 am
esteri

05/10/2012 - il caso

Cuba, arrestata Yoani Sanchez

La blogger fermata a Bayamo insieme al marito Reinaldo Escobar per aver cercato di assistere al processo contro lo spagnolo Ángel Carromero.

In manette anche Fariñas

Gordiano Lupi

La blogger Yoani Sánchez e suo marito, il giornalista indipendente Reinaldo Escobar, sono stati arrestati ieri a Bayamo, dove si erano recati per cercare di assistere al processo contro lo spagnolo Ángel Carromero, accusato di omicidio colposo per la morte dei dissidenti Oswaldo Payá e Harold Cepero.

 

Yoani Sánchez “è venuta a Bayamo per mettere in scena una provocazione e danneggiare il processo a Carromero. E’ stata arrestata dalle autorità locali”, ha scritto su Twitter il giornalista di regime Yunior Garcia Ginarte, corrispondente della Televisione dalla provincia di Granma, qualificando la blogger come “filostatunitense”. García Ginarte ha accusato Sánchez ed Escobar di seguire gli ordini della Sezione di Interessi degli Stati Uniti all’Avana, per creare uno show mediatico. 

 

In realtà, Yoani Sánchez è corrispondente da Cuba per El Pais, quindi era suo preciso dovere di giornalista recarsi a Bayamo per reperire informazioni sul processo. Cuba la considera una “corrispondente illegale”, non accreditata, perché il regime dei fratelli Castro vuole scegliere i giornalisti autorizzati a parlare del Paese. Il blog della Sicurezza di Stato conferma l’arresto di Yoani, “per impedire il teatro in occasione del processo” e la “manipolazione della realtà”. 

 

Ieri, intanto , la polizia cubana ha arrestato a Santa Clara Guillermo Fariñas, Premio Sacharov 2010 del Parlamento Europeo, e altri 21 dissidenti, colpevoli di aver organizzato una riunione per dibattere argomenti politici. Il tema fondamentale: “Domanda civica per un’altra Cuba”. 

 

Le detenzioni arbitrarie per motivi politici sono in forte aumento a Cuba, secondo la Commissione per i Diritti Umani, che negli ultimi sei mesi ha denunciato ben 533 arresti immotivati. Le autorità cubane accusano i dissidenti di essere mercenari al servizio degli Stati Uniti. Nelle ultime settimane la televisione di Stato sta dedicando grande attenzione al problema dissidenza, visto secondo l’ottica del regime. I media parlano di finanziamenti stranieri per distruggere la rivoluzione cubana. 

 

Un tribunale di Bayamo sta giudicando lo spagnolo Ángel Carromero, accusato di omicidio colposo per la morte degli oppositori Oswaldo Payá e Harold Cepero nel corso di un incidente stradale accaduto a luglio nell’oriente di Cuba. Carromero guidava l’auto. Il pubblico ministero chiede una condanna a sei anni di reclusione. Secondo la versione ufficiale l’incidente sarebbe accaduto a causa di un eccesso di velocità e per altri errori del conducente che non avrebbe prestato attenzione alle condizioni dei luoghi. La famiglia di Payá insiste per ottenere un’indagine indipendente e - per bocca della figlia - ribadisce di non credere alla spiegazione ufficiale. Tra l’altro non si è costituita parte civile contro Carromero. Le autorità cubane hanno diffuso un video dove Carromero si prende ogni responsabilità e chiede alla comunità internazionale di fare il possibile per farlo uscire da Cuba e di non usare l’accaduto per scopi politici. L’altro sopravvissuto, lo svedese Modig, ha fatto rientro al suo paese ma ha dichiarato di non ricordare niente sul sinistro perchè stava dormendo.

 

I media cubani accusano Carromero e Modig di essere entrati a cuba con visto turistico, ma di essersi occupati di attività politiche a carattere controrivoluzionario, tra queste la consegna di denaro al movimento dissidente diretto da Payá. Il Governo spagnolo ha chiesto massima discrezione sul caso e spera di poter rimpatriare in tempi brevi il proprio cittadino. 

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Gli ultimi tweet 

Gli ultimi tweet postati da Yoani Sanchez sulla sua pagina raccontano il viaggio dall’Avana verso Bayamo, includendo la notizia dell’arresto di Guillermo Farinas, un altro dei volti più noti dell’opposizione al governo dell’isola.

«Mi informano che Farinas è stato arrestato. Non ho altri dettagli. La copertura dei cellulari sulla strada è pessima», poco prima del suo tweet finale (segnato come trasmesso oltre 18 ore fa) nel quale Sanchez osservava, includendo una foto, i «chilometri e chilometri di marabu», una pianta invasiva considerata una piaga a Cuba, che vedeva dal suo finestrino.

«Verso est, la situazione epidemiologica si deteriora, Poliziotti ci fermano a Camaguey per fumigare la macchina», racconta la blogger e tre ore dopo aggiunge «ci fermano un’altra volta per fumigare la macchina. Chiedo al poliziotto se è per il dengue e non mi risponde».


da - http://www.lastampa.it/2012/10/05/esteri/cuba-arrestata-yoani-sanchez-Zuo0ygxiuwzOdSL7pl1aKM/index.html


Titolo: Liberata la blogger cubana Yoani Sánchez
Inserito da: Admin - Ottobre 06, 2012, 11:49:02 am
CUBA

Liberata la blogger cubana Yoani Sánchez

Era stata fermata insieme al marito perché voleva seguire il processo contro Carromero, accusato della morte dei dissidenti Payá e Cepero.
La denuncia si Twitter: «In carcere non ci hanno dato acqua né cibo per 30 ore»


La nota blogger cubana Yoani Sánchez è stata liberata venerdì notte dopo trenta ore di detenzione. Lo ha annunciato lei stessa su Twitter, ringraziando «tutti quelli che hanno alzato al loro voce e i loro tweet». Poi la denuncia: «Siamo stati tenuti senza acqua né cibo - scrive - Il primo bicchiere d’acqua che ho bevuto, a casa, è stato come fuoco nell’esofago».

La blogger era stata arrestata giovedì sera a Bayamo, Cuba, insieme al marito, il giornalista Reinaldo Escobar, e altri attivisti, mentre andava in tribunale. Voleva coprire il processo al giovane attivista politico spagnolo Angel Carromero, accusato di omicidio dopo la morte in un incidente stradale dei dissidenti Oswaldo Paya e Harold Cepero.

AL PROCESSO DA GIORNALISTA - «Avevo intenzioni unicamente giornalistiche», ha spiegato via twitter la blogger, che in Italia scrive per Internazionale. «Volevo assistere al processo di Angel Carromero» e «raccontare» il processo di Bayamo «su twitter», ha sottolineato. Riferendosi sempre al processo Carromero, la blogger ha aggiunto che Granma, quotidiano del Pc cubano, «dice bugie quando afferma che il processo a Carromero era pubblico... non lo era». Angel Francisco Carromero Barrios, cittadino spagnolo e membro del movimento dei giovani del Partito popolare (conservatore) al potere a Madrid, è accusato di omicidio per un incidente automobilistico nel quale lo scorso 22 luglio sono morte 2 persone, tra cui un dissidente cubano. Il giornalista cubano Garcia Ginarte ha twittato che Sanchez aveva in programma di compiere azioni illegali per disturbare il processo, in programma al Tribunal Provincial y Popular de Granma.

«ISOLATA IN COMMISSARIATO» - Yoani Sanchez e il marito sono rimasti per 30 ore «irraggiungibili in quanto i loro cellulari sono in mano alla polizia segreta cubana», aveva detto il dissidente Elizardo Sanchez, che ha riferito di aver avuto conferma degli arresti a Bayamo attraverso «familiari della Sanchez». «A Bayamo sono d'altra parte stati arrestati - ha aggiunto l'oppositore cubano - almeno sei dissidenti locali per impedire loro di avvicinarsi al tribunale. «A quanto pare, solo la stampa internazionale potrà seguire il processo grazie a un circuito tv allestito in una sala vicino alla sede del tribunale», ha commentato alla Cnn in spagnolo Sanchez, della Commissione cubana dei diritti umani (Ccdhrn, organismo illegale ma tollerato dalle autorità).

I TWEET PRIMA DELL’ARRESTO - Gli ultimi tweet prima della liberazione raccontavano il viaggio della sociologa dissidente dall'Avana verso Bayamo, includendo la notizia dell'arresto di Farinas, un altro dei volti più noti dell'opposizione al governo dell'isola. «Mi informano che Farinas è stato arrestato. Non ho altri dettagli. La copertura dei cellulari sulla strada è pessima», poco prima del suo tweet finale nel quale Sanchez osservava, includendo una foto, i «chilometri e chilometri di marabù», una pianta invasiva considerata una piaga a Cuba, che vedeva dal suo finestrino. «Verso est, la situazione epidemiologica si deteriora, Poliziotti ci fermano a Camaguey per fumigare la macchina», racconta la blogger e tre ore dopo aggiunge «ci fermano un'altra volta per fumigare la macchina. Chiedo al poliziotto se è per il dengue e non mi risponde».

LIBERATO UN ALTRO DISSIDENTE- La Sanchez, aveva anche annunciato l'arresto di un altro dissidente cubano, Guillermo Faras, Premio Sakharov del Parlamento europeo per i diritti umani. Dopo essere stato trattenuto alcune ore, Faras è stato liberato dalla polizia cubana insieme a una trentina di militanti dell'opposizione: erano stati arrestati mentre si preparavano a dare inizio a una riunione politica a Santa Clara, nel centro dell'isola.

Redazione Online

5 ottobre 2012 (modifica il 6 ottobre 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA

DA - http://www.corriere.it/esteri/12_ottobre_05/arrestata-sanchez-attivista-cuba_2758b87e-0ee3-11e2-8205-e823db4485d4.shtml


Titolo: YOANI SANCHEZ Così Chávez ha vinto
Inserito da: Admin - Ottobre 13, 2012, 03:59:48 pm
 Tre elezioni, un paese

Così Chávez ha vinto

 
Yoani Sanchez

Com’è la voce di Henrique Capriles? Mi ha chiesto alcuni giorni fa un vicino. Non ho saputo dire se sia dolce o ferma, soave o energica, perché i mezzi di diffusione cubani evitano di trasmetterla. Al suo posto abbiamo avuto solo la possibilità di ascoltare l’agitato clamore di Hugo Chávez, gli attacchi verbali scagliati contro il suo giovane contendente durante la campagna presidenziale. Così questa mattina abbiamo visto il presidente, da 13 anni al potere, celebrare il suo nuovo trionfo elettorale. Va da sé che altri sei anni di presidenza per lui rappresentano anche una garanzia di sopravvivenza per il governo dell’Avana. 

Il governo di Raúl Castro si è giocato molto nel corso dei comizi elettorali di questo 7 ottobre. Avrebbe potuto perdere il sostegno imprescindibile del suo alleato più generoso. Il sussidio venezuelano ha permesso al generale Presidente di implementare, in maniera molto tiepida e lenta, cambiamenti che riguardano solo la sfera economica. Ma questo tipo di dipendenza, una volta che si stabilisce, finisce per diventare una situazione cronica. La consegna di terre in usufrutto e un maggior numero di licenze per i lavoratori privati non sono riusciti a far muovere a Cuba i primi passi verso l’autonomia materiale e la sovranità finanziaria. La necessità di farsi mantenere dall’estero non è tanto una congiuntura, quanto parte fondamentale del castrismo, frutto diretto della sua incapacità a gestire con profitto l’economia nazionale. Non dimentichiamo la gran messe di aiuti inviati dal Cremlino… adesso sostituito da Miraflores. Piazza della Rivoluzione si è vista firmare ancora una volta un assegno in bianco, per altri sei anni. 

Il 54% dei venezuelani ha confermato Hugo Chávez come leader del paese, per questo motivo il raulismo tira un sospiro di sollievo. Ma la patria di Bolívar ha fatto registrare un voto molto polarizzato, che renderà più difficile sostenere pubblicamente il mantenimento di Cuba. Si avvicinano mesi complicati per il governo dell’Avana. Quella del Venezuela è stata la prima di un ciclo di tre elezioni che influenzeranno in maggiore o minor misura la nostra vita nazionale. Le presidenziali degli Stati Uniti vengono immediatamente dopo nella lista dei procedimenti elettorali che ci attendono. Mitt Romney ha annunciato mano dura con le autorità dell’Isola, ma anche Barack Obama potrebbe risultare deleterio per il sistema cubano se approfondisse la sua politica di avvicinamenti familiari, accademici e culturali. 

Il primo mandato di cinque anni di Raúl Castro si concluderà nel febbraio del 2013. Pochi scommettono che pensi di ritirarsi dall’incarico per lasciare il passo a una figura più giovane. Quelle elezioni, le terze che ci riguardano nei prossimi mesi, sono anche le ultime in ordine d’importanza e per aspettative generate. È già cominciato il procedimento per nominare i delegati al Potere Popolare e tutto finirà con l’obbediente Assemblea Nazionale, che approverà la candidatura per il Consiglio di Stato. Se nelle urne venezuelane è stato deciso un sussidio di migliaia di milioni e nelle schede nordamericane sono in gioco i rapporti della nostra Isola con il potente vicino del Nord, i comizi elettorali cubani sanno di giochi già fatti. Non serve neppure fare inchieste e sondaggi sulle intenzioni di voto. Non esiste alcuna possibile sorpresa.

da - http://lastampa.it/2012/10/09/blogs/generacion-y/tre-elezioni-un-paese-cosi-chavez-ha-vinto-QTXV9WjSQXlUbkR348wLXJ/pagina.html


Titolo: YOANI SANCHEZ “Ecco le mie ore in prigione”
Inserito da: Admin - Ottobre 19, 2012, 06:07:41 pm
Esteri

06/10/2012 - la testimonianza Yoani racconta il suo arresto “Ecco le mie ore in prigione”

La blogger collaboratrice della Stampa: «Hanno cercato di denudarmi, ma ho resistito e ho pagato per questo»

Yoani Sànchez

Hanno voluto impedire che raggiungessi il luogo dove si teneva il processo ad Ángel Carromero. Erano le cinque della sera del 4 ottobre, un ampio spiegamento di forze di polizia nei pressi della città di Bayamo ha fermato l’auto sulla quale viaggiavo insieme a mio marito e a un amico. «Voi volete boicottare il processo», ci ha detto un uomo in divisa verde oliva poco prima di arrestarci. Sembrava che stessero fermando una banda di narcotrafficanti o che fosse la cattura di un pericoloso serial killer. In realtà eravamo solo tre individui interessati a seguire un processo, entrando da spettatori in un’aula giudiziaria. Credevamo che l’udienza fosse davvero pubblica, come aveva scritto il Granma. Ma dovevamo saperlo che il Granma non dice mai la verità. 

 

Nonostante tutto, arrestandomi, finivano per regalarmi l’altro volto della storia. Vivere le stesse sensazioni di Ángel Carromero e la pressione che circonda un detenuto. Conoscere sulla propria pelle le macchinazioni di un Dipartimento del Ministero degli Interni. Prima di tutto si sono avvicinate tre donne in uniforme e mi hanno tolto il telefono mobile. Fino a quel punto si trattava di una situazione confusa, aggressiva, ma non aveva ancora niente di violento. Dopo, quelle stesse robuste signore mi hanno fatto entrare in una stanza e hanno provato a denudarmi. Ma esiste qualcosa di intimo che nessuno può toglierci di dosso. Non so, forse è l’ultima foglia di fico alla quale ci aggrappiamo quando si vive sotto un sistema che sa tutto delle nostre esistenze. Potrei citare quel cattivo e contraddittorio verso che dice «potrai avere la mia anima… non il mio corpo». Per questo ho resistito e ne ho pagato le conseguenze. 

 

Dopo quel momento di estrema tensione è arrivato il turno del poliziotto “buono”. Uno che si è presentato dicendo di portare il mio stesso cognome - come se significasse qualcosa - e di amare il dialogo. Ma l’inganno è fin troppo noto, si è ripetuto così spesso, che non ci sono caduta. Mi è venuto subito in mente Carromero sottomesso alla stessa tensione composta da un mix di minacce e “atteggiamenti comprensivi”… non è facile sopportare a lungo una simile situazione. Nel mio caso, ricordo di aver fatto un respiro profondo e dopo una lunga discussione sulla illegalità del mio arresto ho cominciato a ripetere per più di tre ore una sola frase: «Esigo che mi facciate fare una telefonata, è un mio diritto». Avevo bisogno di certezze e ripetere le stesse parole mi tranquillizzava. Il ritornello mi faceva sentire forte di fronte a persone addestrate in accademia su come distruggere la volontà umana. Tutto quello di cui avevo bisogno per affrontarli era un’ossessione. Ed è così che ho finito per ossessionarmi. 

 

Sembrava che la mia insistente cantilena fosse stata inutile, ma dopo le una del mattino mi è stato permesso di fare la chiamata. Poche frasi con mio padre, anche se la linea era sicuramente controllata, e avevo già detto tutto. Potevo passare alla tappa successiva della mia resistenza, che ho definito “ibernazione”, perché quando si dà un nome a una cosa significa classificarla e crederci. Ho rifiutato di mangiare e non ho voluto ingerire nessun tipo di liquidi; ho rifiutato di sottopormi ai controlli medici di alcuni dottori che volevano visitarmi. Ho rifiutato di collaborare con i miei aguzzini, dicendoglielo chiaro. Non potevo cancellare dalla mia mente la resa di Carromero in oltre due mesi di lotta con quei lupi che ogni tanto recitavano il ruolo delle pecore. 

 

Per buona parte del tempo tutto quel che facevo veniva filmato dalla telecamera maneggiata da un sudaticcio paparazzo. Non so se un giorno o l’altro trasmetteranno qualche sequenza alla televisione ufficiale, ma ho impostato le mie idee e la mia voce in modo tale che non potessero essere usate per colpire le mie convinzioni. Possono scegliere tra mantenere le immagini con l’audio originale che contiene la mia domanda o ripetere il trucco di sovrapporre la voce di un doppiatore. Ho cercato di rendere il più difficile possibile il montaggio successivo di quel materiale. 

 

Ho fatto solo una richiesta in 30 ore di detenzione: devo andare al bagno. Io ero pronta a dare battaglia fino alla fine, ma la mia vescica no. Dopo mi hanno condotta in una cella di lusso. Avevo passato diverse ore in una prigione con le tende alle sbarre e all’interno faceva un caldo terribile. Per questo trovarmi in una sala più ampia, con televisore e diverse sedie, che terminava in una camera munita di un letto confortevole è stato davvero un colpo basso. Osservando il tessuto delle tende, ho avuto il presentimento che fosse lo stesso posto dove era stata fatta la prima registrazione circolata in Internet delle dichiarazioni di Ángel Carromero. 

 

Ho capito subito che non mi trovavo in una camera, ma in un set cinematografico. Per questo non ho voluto sdraiarmi su quelle lenzuola pulite e ho rifiutato di mettere la mia testa su quei cuscini tentatori. Ho raggiunto una sedia in un angolo della stanza ed è lì che mi sono raggomitolata. Due donne vestite con abiti militari sorvegliavano ogni mia mossa. Stavo vivendo il dejà-vu di un’altra persona, il ricordo dello scenario dove Carromero aveva trascorso i primi giorni di detenzione. Non era facile, non tanto per le botte o per la tortura, ma perché ero convinta che non mi potevo fidare di ciò che stava accadendo tra quelle pareti. L’acqua poteva non essere acqua, il letto sembrava una trappola e il premuroso dottore aveva le sembianze di una spia. Non restava che immergersi negli abissi dell’“io”, chiudendo le porte al mondo esterno. È proprio quello che ho fatto. La fase “ibernazione” si è conclusa in un letargo auto provocato. Non ho più detto una parola. 

 

Quando mi hanno riferito che stavano per trasferirmi all’Avana, mi è costato fatica aprire le palpebre e la lingua sembrava uscirmi dalla bocca per colpa della sete prolungata. Ma sapevo di aver vinto. In un gesto finale, uno dei miei aguzzini mi ha teso la mano per aiutarmi a salire sul pulmino dove si trovava anche mio marito. «Non accetto cortesie dai repressori», gli ho detto, fulminando con lo sguardo. Il mio ultimo pensiero è stato per il giovane spagnolo che in quel 22 luglio ha visto cambiare la sua vita e ha dovuto lottare contro tutta quella serie di inganni. 

 

Arrivata a casa ho saputo degli altri detenuti e che la stessa famiglia di Oswaldo Payá non è stata ammessa nella sala del tribunale. Ho saputo anche che il pubblico ministero ha chiesto sette anni di detenzione per Ángel Carromero e che il processo di questo venerdì era ormai “concluso in attesa di sentenza”. Il mio era stato solo un incidente, il vero dramma continua a essere la morte di due uomini e la reclusione di un altro. 

 

Traduzione di Gordiano Lupi 

www.infol.it/lupi 

da - http://lastampa.it/2012/10/06/esteri/yoani-racconta-il-suo-arresto-ecco-le-mie-ore-in-prigione-YmSrN27rgoqxCDGPxrxnRP/index.html


Titolo: YOANI SANCHEZ L’urna, la barella
Inserito da: Admin - Ottobre 24, 2012, 03:55:03 pm
 22/10/2012

L’urna, la barella

Yoani Sanchez

Mattonelle alle pareti, un paravento ricoperto di tela verde, un tavolo metallico sul quale di solito si dispongono siringhe e cotone.
Era proprio così il luogo dove questa mattina ho votato per eleggere il delegato all’Assemblea Municipale del Potere Popolare. Questa domenica un ambulatorio medico ha fatto le veci di un collegio elettorale per i residenti del quartiere. “Premonizione”, ho pensato soltanto a restare sola con la mia scheda accanto al grande lavandino dove si lavano gli strumenti ospedalieri. “Premonizione”, perché il mio paese è in pieno “coma” di abulia e apatia, e serve una rianimazione profonda - quasi una defibrillazione - capace di dare ai cittadini un effettivo potere decisionale. In 36 anni, da quando è stato creato il sistema elettorale vigente, non ci ha mai fatto capire di rappresentare il popolo di fronte al potere, ma ci siamo abituati all’esatto contrario. 

Per questo, tra l’odore di formalina e una barella che spuntava in un angolo, ho annullato la mia scheda. Dopo anni di astensionismo, questa volta mi sono decisa a partecipare a dei comizi elettorali che non cambieranno proprio niente. Nessun delegato ratificato dal voto popolare potrà minimamente influire sui temi più scottanti della nostra realtà. Non conosciamo neppure il loro pensiero sulle grandi problematiche quotidiane, perché la legge elettorale ci permette soltanto di accedere a biografie munite di foto. E così oggi nel mio quartiere siamo stati convocati a scegliere tra due volti, tra due nomi, tra due curriculum… Proprio per questo motivo, diversi vicini e amici - consapevoli di quanto sia inutile riempire la scheda - hanno scelto di astenersi. Ma io volevo curiosare e tornare a esperimentare il nonsense di un pezzo di carta che non cambia niente, non decide, non smuove le acque. 

Per prima cosa ho scritto la lettera “D”. Enorme, come un grido senza voce, abbozzando l’iniziale di un’idea a lungo desiderata: “Democrazia”.
E l’ho fatto nel bel mezzo di una scenografia clinica in piena sintonia metaforica con il mio gesto di annullamento, con l’urgente riforma di cui in questo paese necessita l’istituzione del Potere Popolare. Una chirurgia profonda, un’estirpazione totale della docilità dell’Assemblea Nazionale, un electroshock di libertà affinché i parlamentari cessino di approvare all’unanimità e di applaudire senza pensare.

Abbiamo bisogno di resuscitare, di rinascere come società e dobbiamo cominciare a comportarci da cittadini. 

 
Traduzione di Gordiano Lupi 

www.infol.it/lupi 


da - http://www.lastampa.it/2012/10/22/blogs/generacion-y/l-urna-la-barella-FByaDvodYRniueCy5l2xQN/pagina.html


Titolo: YOANI SANCHEZ Sette proposte dopo il passaggio di Sandy
Inserito da: Admin - Ottobre 30, 2012, 05:37:20 pm
 27/10/2012

Sette proposte dopo il passaggio di Sandy

 
Yoani Sánchez


Migliaia di persone che vivono nell’Oriente cubano non dimenticheranno mai le prime ore del mattino di giovedì scorso. Il vento, i tetti che volano, le forti piogge, gli alberi che cadono su strade e case, saranno il ricordo perenne dell’uragano Sandy. Non riusciranno mai a togliersi di mente la prima notte, dopo il disastro, quando da un letto malconcio o da un divano a pezzi si sono resi conto che tra i loro volti e la notte stellata non c’era più separazione. Alcuni hanno perso tutto, anche se non avevano molto. Altri si sono visti portare via dall’uragano le modeste proprietà messe da parte con i sacrifici di una vita. Un dramma umano si è abbattuto su una zona già segnata da carenze materiali, emigrazione costante verso occidente e da epidemie di dengue e colera. Per i danneggiati piove sul bagnato, letteralmente e metaforicamente. La natura inasprisce il collasso economico e i problemi sociali di una regione del paese. Per questo dobbiamo moltiplicare la solidarietà, rimboccarci le maniche per aiutare a rimettere in piedi un’abitazione, dividere un pezzo di pane e farci in quattro per dare una mano agli sfortunati cubani che Sandy si è lasciato alle spalle. 

 

Credo che tutti sappiamo ciò che possiamo dare e quel che siamo in grado di fare, ma nonostante tutto provo a rivolgere alcune proposte alle autorità cubane. Le decisioni che verranno prese nei prossimi giorni saranno determinanti per ridurre le dimensioni della tragedia. Spero che le autorità riescano a mettere da parte le differenze ideologiche e diano ascolto anche a noi cittadini che vogliamo contribuire al recupero del nostro paese. La solidarietà non deve essere monopolio istituzionale, non lo è mai stato, ed è proprio quella convinzione a far nascere proposte solidali, come le seguenti: 

 

- Eliminare le tasse doganali per favorire l’ingresso nel paese di alimenti, medicinali, elettrodomestici e materiali da costruzione. 

 

- Fare in modo che la cittadinanza si organizzi per raccogliere, trasportare e consegnare vestiti, medicine e altre risorse necessarie alle zone colpite. 

 

- Stimolare e autorizzare la raccolta di fondi e risorse da parte degli emigrati cubani da portare sull’Isola, sia in maniera individuale che tramite gruppi e istituzioni.

 

- Sollecitare accertamenti e collaborazione da parte di organismi internazionali che forniscano aiuti, crediti e consulenze per fronteggiare il disastro. 

 

- Semplificare nelle province più danneggiate tutte le pratiche per ottenere licenze edilizie e anche per l’assegnazione di terre in usufrutto. 

 

- Decretare una moratoria nella riscossione delle imposte dai lavoratori privati delle regioni dove Sandy ha distrutto una parte importante delle infrastrutture economiche e agricole. 

 

- Rinunciare al monopolio istituzionale sulla somministrazione della solidarietà, favorendo e rispettando l’esistenza di canali civici per distribuire gli aiuti.

 

Traduzione di Gordiano Lupi 

www.infol.it/lupi 

da - http://lastampa.it/2012/10/27/blogs/generacion-y/sette-proposte-dopo-il-passaggio-di-sandy-IhxXkLUpBNK7eQR1z5O92N/pagina.html


Titolo: YOANI SANCHEZ Libertà di stampa, Yoani Sánchez vicepresidente della commissione
Inserito da: Admin - Novembre 11, 2012, 03:52:11 pm
Esteri
10/11/2012

Libertà di stampa, Yoani Sánchez vicepresidente della commissione


L’incarico per la blogger cubana arriva dalla Società Interamericana della stampa, che riunisce 1.300 testate di tutto il continente

Miami

La blogger dissidente cubana Yoani Sanchez, il cui blog per l’Italia è ospitato da LaStampa.it, è stata scelta come vicepresidente regionale della Commissione per la libertà di stampa della Società Interamericana della Stampa (Sip), associazione che riunisce gli editori di oltre 1.300 testate di tutto il continente americano.

Sanchez, nota in tutto il mondo per il suo blog «Generazione Y», ha detto di aver accettato l’incarico «perché ho sofferto sulla mia pelle cosa sono le limitazioni della libertà d’espressione e la persecuzione di chi vuole soltanto fare il giornalista».

La blogger, che due giorni fa è stata fermata ed interrogata per otto ore per «disturbo dell’ordine pubblico», ha aggiunto che «appartenere alla Sip e trovarmi in questa commissione per me sarà una protezione. Da una parte mi creerà dei problemi, ma probabilmente me ne eviterà degli altri». 

da - http://lastampa.it/2012/11/10/esteri/liberta-di-stampa-yoani-sanchez-vicepresidente-della-commissione-tcJwf8HRUPVeczkEgowqkN/pagina.html


Titolo: YOANI SANCHEZ Pechinese albino
Inserito da: Admin - Novembre 26, 2012, 12:15:20 pm
 24/11/2012

Pechinese albino

 
Yoani Sanchez

Si potrebbe fare una storia sociale della Cuba degli ultimi anni a partire dai suoi cani, da quegli animali che popolano le nostre strade e le nostre case. Non solo per le attenzioni o i maltrattamenti ricevuti, ma anche per le razze canine che la gente ha scelto per condividere il quotidiano. Ricordo che alcuni anni fa arrivò la moda dei dalmata - scatenata da Disney con i suoi 101 cuccioli - e dopo comparve la predilezione per i chow chow che praticamente non si trovano più. Confesso che a me piacciono molto i meticci, i bastardini e i cani privi di lignaggio. Forse perché la mia mancanza di pedigree e di alto lignaggio mi porta a simpatizzare con mascotte che come me sono prive di albero genealogico. Nonostante tutto seguo con attenzione come l’attenzione sociale prenda in considerazione anche questi esseri muniti di quattro zampe, olfatto acuto e latrato. 

 

Dietro le alte inferriate delle ville di Miramar ringhiano i Rotweilers. Avere un cane così è un simbolo di potere e di eccellente status economico. Alimentarlo, portarlo a passeggio e allenarlo perché metta in fuga il ladro che salti il muro compongono parte dei passatempi dei loro benestanti proprietari. In questo periodo sono quello che i pastori tedeschi rappresentarono negli anni ottanta: una razza energica per un settore che vuole mostrare la sua scalata al potere. Dopo arrivano i labrador, con padroni che possiedono giardino o piscina e che comprano cibo in scatola per animali. Cani che vanno dallo stilista e qualcuno che li porta a correre di mattina; li vedono spesso sulla Quinta Avenida e a far bagni di mare. Cani fortunati. 

 

Ma non credete che a ogni zona della città o a ogni settore sociale corrisponda un tipo di mascotte o un’altra. Nel condominio più deteriorato di Centro Habana può usciere al guinzaglio del padrone uno splendido cocker spaniel color champagne o un rapido doberman con espressione poco amichevole. Abbondano esempi di enormi levrieri afghani che vivono in appartamenti senza balcone, ho visto persino un grande danese sporgersi tra i pezzi di latta di una casa improvvisata in un “llega y pon”* dell’Avana. I cani prescelti dicono molto di ciò che vogliamo diventare, rivelano le nostre ansie di grandezza… o della nostra piccolezza. È proprio una razza piccola che fa furore in questi giorni sull’Isola, i pechinesi con il naso schiacciato e il collo corto. I più valutati sono gli albini, che si vendono al prezzo di tre salari mensili: attorno ai 50 USD per ogni cucciolo. 

 

Ieri ho incontrato una di quelle “palle di cotone” all’uscita di un quartiere in Cayo Hueso. Mi sono messo a ridere per il contrasto causato dal suo pelo bianchissimo proprio accanto a una tubatura fognaria rotta. E sono uscita di lì riflettendo sulla storia che potremmo raccontare tramite i cani, il percorso nazionale che possiamo narrare contemplando i loro musi e le loro zampe. Una realtà di contrasti che vanno dal forte torace di un boxeur del Vedado, fino a vedere un meticcio abbandonato in una strada qualsiasi. 

 

*Quartieri improvvisati con appartamenti precari fatti di materiale di scarto. 

Traduzione di Gordiano Lupi 

www.infol.it/lupi 

da - http://www.lastampa.it/2012/11/24/blogs/generacion-y/pechinese-albino-Uzg4OW1FfUUtXkSnFBFtZL/pagina.html


Titolo: YOANI SANCHEZ Burro della Nuova Zelanda
Inserito da: Admin - Dicembre 29, 2012, 07:46:19 pm
 Burro della Nuova Zelanda

 
Yoani Sanchez

Il pollo proviene dal Canada, l’etichetta del sale indica l’origine cilena, la salsa creola è “made in USA” e lo zucchero arriva dal Brasile.
Il latte mostra una vacca olandese dipinta sulla confezione, il succo di limone è di produzione messicana e gli hamburger annunciano a caratteri cubitali che sono “Cento per cento carne argentina”. Nella confezione del formaggio si dichiara che è un prodotto proveniente da terre germaniche, nei biscotti alcuni caratteri cinesi rivelano la loro origine, mentre il riso risulta coltivato in zone umide vietnamite.
Siamo sommersi dai prodotti stranieri! 

 

E così ho chiesto a un’amica economista perché il burro in vendita nel chiosco del nostro quartiere provenga dalla Nuova Zelanda.
Non possiamo produrre a Cuba un alimento così basilare? - ho aggiunto - Non abbiamo un posto più vicino dal quale importarlo? La ragazza, laureata all’Università dell’Avana, mi ha risposto con la stessa frase che dà il titolo a un programma umoristico: “Lascia che ti racconti…”.
Mi ha narrato che quando ha terminato gli studi è stata mandata a svolgere il Servizio Sociale presso una dipendenza del Ministero dell’Industria Alimentare. Quando si è resa conto del pesante esborso per importare merci da paesi così lontani, ha portato al direttore una lista di fatture, tra quelle una riguardava l’acquisto di latte in polvere in un lontano paese dell’Oceania. L’uomo, imbarazzato, ha risposto: “Non ti occupare di queste cose, perché si mormora che quella fabbrica sia proprietà di un gerarca cubano”. 

 

Non mi sorprenderebbe che individui ben inseriti nei centri di potere di questa Isola possedessero industrie straniere intestate a semplici prestanome. In ogni caso sarebbe inaccettabile che privilegiassero le importazioni da quelle imprese al posto di altre più vicine e più economiche. In questo modo, parte del denaro delle casse nazionali finirebbe nelle tasche di pochi privilegiati cubani, di fatto coloro che decidono da chi dobbiamo fare acquisti. Come se un abile illusionista facesse passare, senza farsi vedere, un mazzo di banconote dalla mano sinistra alla mano destra. Forse questo è uno dei motivi per cui certe marche - davvero cattive e con prezzi esorbitanti - occupano gli scaffali dei nostri negozi. Il vecchio trucco di “comprare da se stesso” starebbe causando nel paese un eccesso di spesa e la scomparsa dei prodotti nazionali qualitativamente migliori e meno costosi. 

 

Lo so, amico lettore, tutto questo può essere frutto soltanto di una paranoia esagerata della mia amica… e anche mia; ma spero che un giorno o l’altro verremo a sapere tutta la verità. 

 

Traduzione di Gordiano Lupi

www.infol.it/lupi

da - http://www.lastampa.it/2012/12/28/blogs/generacion-y/burro-della-nuova-zelanda-hQO8TFqUv9hTUxMJimdTuL/pagina.html


Titolo: YOANI SANCHEZ In questo 2013: motivi per restare
Inserito da: Admin - Gennaio 02, 2013, 05:19:08 pm
 02/01/2013

In questo 2013: motivi per restare

 
Yoani Sanchez

Qualcuno deve salire sulla scaletta dell’aereo, sta per dire addio, aprire il fazzoletto e muoverlo da un lato all’altro. Qualcuno deve ricevere lettere, cartoline dai colori brillanti, chiamate telefoniche da molto lontano. Qualcuno deve prendersi cura della casa che un tempo è stata piena di bambini e parenti, innaffiare le piante che altri hanno lasciato e alimentare il vecchio cane che è sempre stato fedele. Qualcuno deve conservare i ricordi familiari, l’armadio di mogano della nonna, il largo specchio provvisto di abbondante mercurio agli angoli. Qualcuno deve conservare quelle battute che non fanno più ridere, i negativi delle fotografie che non sono mai state stampate. Qualcuno deve restare per il solo fatto di restare.

 

Questo 2013, nel quale molti confidano per il potenziamento della Riforma Migratoria, può diventare un anno che ci farà dire molte volte “addio”. Anche se rispetto la decisione di ognuno sul fatto di stabilirsi in un luogo o in un altro, non finisce di rattristarmi il salasso costante di persone talentuose e creative di cui soffre il mio paese. Fa spavento sapere quanti cubani non vogliono più vivere qui, né crescere figli in questa Isola, né realizzare progetti professionali nel territorio nazionale. Una tendenza che negli ultimi mesi mi ha fatto salutare colleghi e amici che sono andati in esilio, vicini che hanno venduto case per pagarsi un volo in direzione di un luogo qualsiasi; conoscenti che una settimana dopo averli visti mi sono resa conto che abitavano a Singapore o in Argentina. Persone stanche di attendere, di rimandare i loro sogni. 

 

Ma qualcuno deve restare per chiudere la porta, spegnere la luce e accenderla di nuovo. Molti devono restare perché questo paese deve rinascere con idee fresche, con gente giovane e proposte per il futuro. Almeno l’illusione deve restare, la capacità di rigenerarsi deve rimanere qui; l’entusiasmo deve restare aggrappato a questa terra. In questo 2013, tra i molti che decideranno di restare deve esserci soprattutto la speranza. 

 

Traduzione di Gordiano Lupi 

www.infol.it/lupi 

da - http://www.lastampa.it/2013/01/02/blogs/generacion-y/in-questo-motivi-per-restare-vnJ4JBbgrEdz3BIzw8XHpJ/pagina.html


Titolo: YOANI SANCHEZ Proibizioni
Inserito da: Admin - Marzo 06, 2013, 12:18:35 pm
 05/03/2013

Proibizioni

 
Yaoni Sanchez


Cosa c’è di diverso? Gli odori e la temperatura, penso in un primo momento. In seconda battuta vengono i rumori che sono così peculiari in ogni luogo, il grigiore del cielo in inverno, il colore oscuro delle acque di un fiume che attraversa una parte d’Europa. Ma qual è la vera novità? Continuo a chiedermi mentre gusto un sapore sconosciuto e stringo per la prima volta una mano. Forse la musica, il rumore del tram mentre si arresta alla fermata, la neve che si ammucchia ai lati del marciapiede, i fiori di primavera che lottano per uscire fuori anche se sono attesi da una terribile gelata. Dove sento qualcosa di strano? Nelle campane delle Chiese che sembrano gareggiare per suonare puntuali a ogni ora, o in certe case così antiche da far sembrare recenti le costruzioni dell’Avana vecchia? 

 

Per me la vera novità non sta nel gran numero di auto moderne o nel segnale wifi che mi permette quasi ovunque di collegarmi a Internet. Neppure nei chioschi pieni di periodici, negli scaffali dei negozi ricolmi di prodotti o nel cane che in mezzo al corridoio della metropolitana viene trattato da signore e sembra il vero padrone della situazione. La cosa strana non è l’amabilità dei dipendenti, la quasi assenza di code, le gronde fatte di artigli e denti affilati che sporgono dalle facciate o il vino fumante che si beve più per scaldare il corpo che per soddisfare il palato. Nessuna di queste sensazioni nuove o quasi dimenticate da un decennio trascorso senza viaggiare, sono quelle che segnano la differenza tra l’Isola che adesso vedo da lontano e i paesi che sto visitando. 

 

Il contrasto principale sta nelle cose permesse e in quelle vietate. Da quando sono scesa dal primo aereo sto aspettando che mi rimproverino, che qualcuno si presenti per intimare: “questo non si può fare”. Cerco con lo sguardo il custode che verrà a dirmi: “non è consentito scattare foto”, il poliziotto dal volto ombroso che mi griderà: “cittadina, mi dia i documentii!”, il funzionario che in qualche corridoio mi taglierà la strada per affermare: “qui non si può entrare”. Nonostante tutto non incontro nessuno di questi personaggi così comuni a Cuba. Ecco perchè per me la grande diversità non sono i deliziosi pani di segale, la perduta carne di manzo che finalmente rivedo nel piatto o il suono di un’altra lingua nei miei orecchi. No. La grande diversità è che non sento in ogni istante sopra di me il segnale rosso del vietato, il fischio che mi sorprende in qualcosa di clandestino, la costante sensazione che qualunque cosa faccia o pensi potrebbe essere proibita. 

Traduzione di Gordiano Lupi - www.infol.it/lupi

da - http://www.lastampa.it/2013/03/05/blogs/generacion-y/proibizioni-Ut9fqajJJ2JN8yCWY0XDhP/pagina.html


Titolo: YOANI SANCHEZ Piccante, piccante
Inserito da: Admin - Marzo 15, 2013, 06:35:41 pm
 15/03/2013

Piccante, piccante

 
Yoani Sanchez


Il Messico non consente mezze misure, non ammette indifferenza. È come il cibo piccante nella lingua, la tequila che scorre in gola e il sole negli occhi. Ho trascorso cinque giorni nella terra del serpente piumato e mi è costato fatica salire sull’aereo, un desiderio intenso mi spingeva a restare per continuare a esplorare una realtà affascinante e complessa. Ho visto edifici moderni a pochi metri dalle rovine del Templo Mayor; tremendi imbottigliamenti nelle strade, mentre sui marciapiedi le persone camminano con la calma tipica di chi non ha fretta di arrivare. Mi sono resa conto che i simboli funebri si alternano senza problemi alle tele dai colori vivaci in mezzo alla folla de La Ciudadela. Il Messico mi ha affascinato con la sua risata sarcastica, il cappello piumato e i fianchi in bella mostra. Qualcuno mi ha fatto provare una ghiottoneria, molto dolce, cosparsa di abbondante zucchero velato; ma quando ho assaggiato un tamal, il chili a contrasto con il palato mi ha fatto versare qualche lacrima. Il Messico non ammette sentimenti tiepidi, puoi soltanto amarlo. 

 

Tra tutti questi contrasti ho cominciato il mio viaggio azteco. Da Puebla a Città del Messico, ho incontrato amici e visitato diverse redazioni di periodici, emittenti radiofoniche e - soprattutto - ho parlato con molti colleghi giornalisti. Ho voluto conoscere da fonti di prima mano le soddisfazioni e i rischi che si corrono per fare informazione in questa società. Ho incontrato molti professionisti preoccupati, ma in ogni caso persone che lavorano. Gente che rischia la vita - specialmente al nord del paese - per produrre notizie, gente che come me crede necessaria una stampa libera, responsabile e aderente alla realtà. Ho imparato molto da loro. Al tempo stesso mi sono persa nel dedalo di negozietti e chioschi del centro città ed è lì che ho sentito pulsare la vita. Una vita che già percepivo nell’aria prima di atterrare, quando nella prime ore di sabato mattina ho notato quel gran formicaio di Città del Messico - le molte città che contiene - in piena ebollizione, nonostante fosse così presto. 

Per un momento ho avuto l’impressione di vivere un frammento del romanzo I detective selvaggi di Roberto Bolaño. Solo che non stavo cercando - come i protagonisti del libro - una poetessa di culto, smarrita nell’oblio. Stavo solo cercando di vedere e di scoprire il mio paese attraverso gli occhi dei messicani. E l’ho trovato. Un’Isola reinterpretata e molteplice, ma vicina; che scatena passioni ovunque e non lascia indenne nessuno. Un amico mi ha chiesto prima di partire: “Come trovi il Messico?”. Non ci sono stata tanto a pensare: piccante - ho risposto - come il gusto piccante che scuote il corpo e fa sgorgare lacrime di piacere e tormento. “E Cuba?” - ha incalzato - “Come la trovi?”… Cuba, Cuba è agrodolce…

 

Traduzione di Gordiano Lupi 

www.infol.it/lupi 

da - http://lastampa.it/2013/03/15/blogs/generacion-y/piccante-piccante-CiMHDzLroLWKjudrwNwpjM/pagina.html


Titolo: YOANI SANCHEZ Nobiltà e servitù
Inserito da: Admin - Agosto 23, 2013, 11:40:43 pm
 17/08/2013

Nobiltà e servitù

 
Yoani Sanchez


Mia nonna lavava e stirava per strada. Quando morì, a metà degli anni Ottanta, sapeva soltanto scrivere le tre lettere del suo nome: Ana. Per tutta la sua vita lavorò come collaboratrice domestica di una famiglia, persino dopo il 1959 quando la propaganda ufficiale si vantava di aver emancipato tutte le donne di servizio. In realtà, molte donne come lei, continuarono a lavorare nel servizio domestico senza copertura legale. Per me e per mia sorella, Ana passava parte delle sue giornate nella “casa di calle Ayestarán”, non dicevamo mai a voce alta che in quel posto la pagavano per pulire il pavimento, lavare i piatti e preparare il pranzo. Non la vidi mai lamentarsi, né venni mai a sapere che l’avessero maltrattata. 

Un paio di giorni fa ho udito una conversazione che contrasta con la storia di mia nonna. Una tronfia signora vestita con abiti costosi, raccontava alla sua amica - mentre bevevano vino bianco - come andavano le cose con la sua giovane domestica. Trascrivo qui, senza aggiungere neppure una parola, quel dialogo che mi ha lasciato un senso di repulsione e tristezza:
 

- Secondo quel che mi dici hai avuto fortuna.

- Sì, non mi posso lamentare, è vero. Susy ha cominciato a lavorare da noi quando aveva 17 anni e ne ha appena compiuti 21. 

- Il problema è che se adesso partorisce, la dovrai licenziare.

- No, lei conosce bene la situazione. Le ho già detto che se resta incinta perde il lavoro. 

- Sì. Ma tu sai che “la capra tira verso la montagna”. Può darsi che vada dietro a qualche uomo che vive nel paesino dove è nata. 

- Nemmeno per idea! In quel posto sperduto non ci va neppure in vacanza. Pensa che non hanno nemmeno la luce elettrica, il pavimento della casa dei genitori è di terra e ben quattro famiglie usano la stessa latrina. Lei ha visto un altro mondo da quando vive con noi. Inoltre non le manca niente. Deve solo ubbidirmi, non le chiedo altro. 

- Cominciano così, ma dopo si fanno altre idee e pretendono di più.

- Per il momento non potrebbe andare meglio. Ha mezza giornata libera la domenica sera per fare quel che crede, ma deve rincasare prima di mezzanotte. Nella maggior parte dei casi non esce neppure, perché non conosce nessuno all’Avana. Meglio così, perché non mi piacciono le cattive compagnie.”.

- Sì la strada è molto pericolosa. E poi è meglio che queste campagnole non la frequentino, perché imparano un sacco di cose.
- Apprendono troppo. Per questo controllo anche le chiamate telefoniche. Non vorrei che alla fine si rendesse conto di quel che non deve capire.

- Mi dicesti che aveva un fidanzato? Che fine ha fatto? 

- No, è tutto finito. Le abbiamo chiarito che non vogliamo visite di uomini in casa nostra. E lei, in verità, non può permettersi di innamorarsi, i miei figli le assorbono molto tempo. Il parco, i compiti per scuola, la pittura prima di andare a letto, la lettura di un racconto, un film da guardare insieme. Poveretta, quando va a letto deve essere matta.

- Caspita… puoi dirti davvero soddisfatta. Io non ho avuto fortuna, ogni volta che assumo una persona, non dura più di un mese.

- Se vuoi ti presento la sorella minore di Susy che sembra molto seria. 

- Quanti anni ha? 

- 15 anni, così la puoi educare come credi. 

- Sì, dai pure il mio telefono e dille che mi chiami. Ah…falle capire che se la assumo, le compro tutto: vestiti, scarpe. Ma se un giorno se ne va, non esce dalla mia casa neppure con una spilla. Fai in modo che lo comprenda bene, perché quando si montano la testa è impossibile domarle! 


Le due donne continuano a parlare e la bottiglia di vino è ormai arrivata oltre la metà. Riesco ad ascoltare una vanteria sulle oltre sessanta paia di scarpe che possiede il marito. Ridono tra loro e io sento alla bocca dello stomaco un tremito che conosco, l’ira repressa che mi provocano i prevaricatori. Esco in strada a prendere un po’ d’aria e vedo l’auto da dove sono uscite le “signorone”. Ha una targa verde che risalta sullo splendente color grigio metallico dell’auto. È la nuova classe aristocratica, la nobiltà in verde oliva, senza scrupoli né prudenza. Sputo sul parabrezza, per Susy, per Ana e per me. 

 

Traduzione di Gordiano Lupi 

www.infol.it/lupi 


da - http://lastampa.it/2013/08/17/blogs/generacion-y/nobilt-e-servit-dY8r1n7lKlVLAbSCHHK9SO/pagina.html