Titolo: Pupi Avati: "Marrazzo? Io sto con chi cade" Inserito da: Admin - Novembre 09, 2009, 11:39:29 am 9/11/2009 (7:12) - INTERVISTA
"Marrazzo? Io sto con chi cade" Pupi Avati: gli ho scritto, anche nei miei film la pietà prevale sull'indignazione MICHELE BRAMBILLA BOLOGNA Quando la tv ha dato la notizia di Marrazzo, io e mia moglie stavamo cenando in cucina. Le ho chiesto: “Ma che cosa fa un eterosessuale a letto con un trans?”. Lei mi ha guardato e ha risposto: “Boh”. Poi siamo rimasti in silenzio: 71 anni io, 65 lei, 136 anni in due, incapaci di capire. Ho passato la notte a immaginare tutte le possibili combinazioni, diciamo così, “tecni-che”, senza riuscire a darmi una risposta. Questo per dire il mio livello di ingenuità e di inadeguatezza. Ma è un’inadeguatezza di cui vado orgoglioso». Incontriamo Pupi Avati a Bologna, la sua città natale. In un mondo, quello del cinema, dove essere legati a valori tradizionali è quasi una colpa, lui non ha mai fatto mistero di esserlo. Ha appena finito di girare un film, “Il figlio più piccolo”, che sarà nelle sale il 12 febbraio. È un film che ha tanto da dire sull’Italia di oggi. «Ho preso spunto da alcuni protagonisti delle cronache recenti. Ricucci, che è stato sul punto di comprarsi la Rcs. Parretti, che stava conquistando la Metro Goldwin Mayer. Coppola, che un giorno è entrato al Grand Hotel di Rimini, il mitico albergo felliniano: non gli piaceva la stanza e allora si è comprato l’hotel. Gente che dal nulla si è trovata ricca e potente; e che poi, in un altro battibaleno, si è sentita addosso il fiato della magistratura. Sono molto incuriosito da questi prestigiatori della finanza. Una volta gli “arricchiti” erano esclusi dai salotti buoni. Oggi sono quasi un esempio da seguire». «Il figlio più piccolo» ha come protagonisti Christian De Sica, immobiliarista, e Luca Zingaretti, commercialista e anima nera. Per mettere insieme una piccola holding convincono la moglie di De Sica - Laura Morante, «che nel film fa la parte della ex sessantottina un po’ fumata» - a cedere due appartamenti. Dopo sedici anni, la piccola holding diventa una grande holding: che, però, comincia a scricchiolare. «Zingaretti convince De Sica a intestare tutto al più piccolo dei figli avuti dalla Morante. Così il ragazzo si ritrova un patrimonio fatto di debiti, denunce e tasse da pagare». Ma non è solo un film sull’equazione più-hai-più-sei. Avati scava più a fondo e va a toccare un altro «disvalore» oggi molto più difficile da denunciare: la disgregazione della famiglia. «Il film fa vedere che per il denaro si finisce per sacrificare tutto, compreso un figlio. Dopo l’Abatantuono di “La cena per farli conoscere” e l’Orlando del “Papà di Giovanna”, De Sica è il terzo tipo di padre che racconto: il peggiore, e ahimè il più somigliante ai padri di oggi. «Non mi imbarazza essere definito un moralista. Sono molto legato a un modello che è stato quello che i genitori hanno trasmesso a me, che io ho trasmesso ai miei figli e che i miei figli stanno trasmettendo ai loro. Sono sposato da 45 anni e pur con tutte le turbolenze io e mia moglie stiamo ancora insieme. Ho una visione superata? Non credo che ci siano alternative a questo modello. E sono convinto che la disgregazione della società sia cominciata dalla disgregazione della famiglia. Tutto è partito da lì: l’economia, la politica, la scuola, perfino la Chiesa che oggi è piena di preti privi di vocazione, così come siamo pieni di medici senza vocazione, di registi senza vocazione, di politici senza vocazione, di insegnanti senza vocazione. Io non credo che la famiglia possa essere oggetto di interpretazioni: c’è un solo modo per essere un buon padre, una buona madre, un buon marito, una buona moglie. «Gli adulteri - continua - ci sono sempre stati. Tradire la moglie è nella cultura tradizionale.Io vengo dal mondo contadino, e in quel mondo la donna era quasi rassegnata a essere cornificata dal marito. Mio nonno, che era il nostro modello, era uno che toccava tutte le donne che poteva. Ma il transessuale è un fatto dei tempi nostri che per me ha dell’inspiegabile. Chissà, forse le donne di oggi si propongono in modo troppo aggressivo, i maschi ne hanno spesso paura e preferiscono in qualche modo ritirarsi, pensando che un rapporto tra uomini sia più rassicurante». Eppure, questo regista così politicamente scorretto, il giorno dopo quella notte insonne passata a cercare di capire come può un uomo andare a letto con un trans, ha preso carta e penna: «Ho scritto una lettera di vicinanza a Marrazzo. L’avevo visto una volta sola in vita mia, non è un mio amico. Ma è nella mia natura sentirmi sempre vicino a chi cade. Per questo il mio non è un cinema di indignazione ma di pietà. Non ho mai puntato il dito contro qualcuno perché penso sempre che il primo da indicare come peccatore posso essere io». da lastampa.it |